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OSTACOLI E LUSINGHE DEL METAVERSO
Siamo pronti a fare shopping in realtà virtuale immersiva? Forse ancora no, ma bisogna dare tempo al tempo. Il settore della moda e del lusso è stato, insieme all’industria del gaming, uno tra i primi a debuttare in questo mondo, che più correttamente dovremmo identificare come Web3, una rete fatta non solo di luoghi digitali immersivi, ma anche di sistemi di distribuzione e verifica dei dati (la blockchain), metodi di pagamento e di scambio di valore (le criptovalute e gli Nft, i token non fungibili). Citiamo il caso di Nike, che l’anno scorso ha venduto l’Nft di un modello di sneaker in edizione limitata per 45 ether, corrispondenti in quel momento a circa 130.000 dollari. Sfizi o investimenti da collezionisti, che in quel caso era possibile sfoggiare poi su Snapchat grazie a un filtro ad hoc. E su Decentraland (piattaforma e marketplace su cui poggiano luoghi ed eventi fruibili in realtà virtuale immersiva) sono già andate in scena due edizioni della “Metaverse Fashion Week”, una settimana della moda a cui hanno partecipato marchi come Adidas, Clarks, Dolce e Gabbana, Tommy Hilfiger, tra sfilate, negozi virtuali e afterparty. Oggi si inizia a parlare di metaverse commerce e si tratta di una dimensione interessante da sperimentare se non altro per ragioni di ritorno d’immagine, prima che di ritorno economico. Per farlo diventare un canale di vendite rilevante servirà tempo. Sarà necessario, per esempio, definire gli standard tecnologici (i protocolli di interscambio dei dati, i sistemi di pagamento), le regole di tutela della privacy e della cybersicurezza, i meccanismi di controllo delle identità e altri “mattoni” fondanti senza i quali l’edificio rischia di nascere fragile. L’attuale arcipelago di “mondi” isolati dovrà comporre un ecosistema di piattaforme connesse. Inoltre per un’adozione di massa è condizione importante l’abbassamento della soglia di accesso, perché i visori di realtà virtuale sono ancora un lusso per pochi. Suggeriscono cautela anche i tentennamenti di Meta, la società che ha fatto da apripista con grandi annunci e investimenti, salvo poi sospendere il supporto agli Nft su Facebook e Instagram a meno di un anno dalla loro introduzione. Le premesse per il futuro successo però non mancano. Gartner prevede che entro il 2026 un utente su quattro trascorrerà almeno un’ora al giorno in un metaverso per attività di lavoro, studio, svago o shopping. La società di ricerca TechNavio stima (nel report “Metaverse in E-Commerce Market”) che le attività di vendita nel Web3 nel 2026 arriveranno a valere quasi 86 miliardi di dollari. Da qui ai prossimi tre anni la crescita sarà sostenuta dalla sempre maggior diffusione delle tecnologie di realtà aumentata e mista (tra l’altro, secondo molte indiscrezioni, è forse prossimo il lancio degli attesi visori di Apple), anche se le preoccupazioni riguardanti privacy e cybersicurezza potranno agire in senso opposto.
Intanto già oggi l’interesse non manca, e non solo tra i giovanissimi. Da un sondaggio di Zipline (azienda di servizi di consegna tramite drone) è risultato che l’idea di fare acquisti online o in negozio usando visori di realtà aumentata o virtuale attrae l’85% dei giovani della Generazione Z, il 75% dei Millennial e il 69% degli appartenenti alla Generazione X. Dal punto di vista tecnologico, i programmi di intelligenza artificiale generativa probabilmente daranno una spinta alla maturazione delle piattaforme del Web3 e soprattutto alla qualità della loro user experience, contribuendo a popolarle di avatar (non umani) in grado di sostenere conversazioni, oppure creando in tempo quasi reale una scenografia immersiva che segue passo passo gli spostamenti degli utenti.
V.B.