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Un Adorazione del Bambino

Un’Adorazione del Bambino di Gerolamo Giovenone (e Bernardino Lanino)

MASSIMILIANO CALDERA

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L’inedita Adorazione del Bambino con i santi Francesco d’Assisi e Antonio da Padova presentata in quest’appuntamento espositivo è una grande pala centinata, a spazio unifi cato, oggi racchiusa in una cornice ottocentesca di collezione che ha sostituito, in un momento non precisabile, quella originale 1 : le tracce della battuta si leggono comunque sulle zone lasciate a risparmio ai lati della centina. Introduce il fedele alla scena un arco dorato, ornato di lacunari; in primo piano un angelo dai capelli fulvi e dalle ali iridescenti presenta il Bambino Gesù alla Vergine, inginocchiata in preghiera sulla destra; al centro, san Giuseppe, in atteggiamento devoto con le mani incrociate sul petto, contempla il Figlio; alle sue spalle, in piedi, san Francesco osserva la scena: il personaggio è identifi cabile, oltreché per la tonaca grigia dell’ordine, per la piccola croce di legno che impugna nella mano destra, per il libro e per le stimmate; all’altro lato sant’Antonio da Padova – il giglio fi orito spunta dalle braccia – chiude la composizione; in secondo piano, un pilastro roccioso suggerisce l’idea di una grotta ombrosa e ricca di vegetazione: da dietro la rupe si sporgono incurositi due pastori, mentre sulla destra, in un prato circondato da dirupi boscosi altri pastori ricevono da un angelo l’annuncio della Natività. L’opera presenta alcune disuguaglianze qualitative: accanto a brani d’intensa nobiltà formale – l’angelo in primo piano, il volto commosso di san Francesco, le misteriose penombre che avvolgono le rocce – si riconoscono invece momenti più deboli e corsivi, come il bue e l’asinello nella grotta o l’angelo dell’Annuncio, che risultano in qualche misura esasperati dalle vicissitudini conservative. È immediato il rapporto che lega questo dipinto ad altri due di Gerolamo Giovenone con lo stesso soggetto, conservati rispettivamente nella sacrestia della chiesa di San Cristoforo (fi g.1) e nel Museo Leone 2 (fi g. 2): come ha dimostrato Thierry Radelet in queste stesse pagine, le tre composizioni sono state ricavate da un unico cartone, in tempi probabilmente molto ravvicinati. Nel primo caso, il gruppo della Natività con sant’Antonio è pressocché identico; il san Francesco, modifi cando il colore dell’abito e aggiungendo la palma del martirio, è diventato il domenicano san Pietro Martire e, al centro, è inserita l’immagine di sant’Antonio Abate; le modifi che più profonde riguardano lo sfondo dove non troviamo più la roccia centrale ma una capanna vista in scorcio prospettico. Queste stesse considerazioni possono essere estese anche alla tavola del Museo Leone che, anche in questo caso, presenta un più ampio rimaneggiamento compostivo sullo sfondo, lasciando quasi inalterato il gruppo dei protagonisti principali. La versione più simile alla tavola qui presentata va riconosciuta in un disegno delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, anch’esso dubitativamente riferito a Giovenone e probabile preparatorio per l’opera: oltre alla perfetta corrispondenza dei personaggi principali – inclusi i santi Francesco e Antonio – troviamo qui la quinta rocciosa dalla quale si affacciano i pastori; un altro pastore è seduto nella fi nestra naturale sulla destra, mentre l’episodio dell’Annuncio sullo sfondo è più simile, nella distrubuzione delle fi gure nello spazio, al dipinto oggi in San Cristoforo. La tavola del Museo Leone, già nella confraternita di San Giuseppe, ripropone il gruppo della Sacra famiglia con l’angelo aggiungendo un san Francesco, raffi gurato qui secondo un modello differente rispetto a quello dello stesso santo (e di san Pietro Martire) nelle altre due redazioni, una santa Apollonia, ispirata a una delle fi gure del polittico di Santhià, insieme con un pastore.

1 Gerolamo Giovenone Adorazione del Bambino. Vercelli, chiesa di San Cristoforo, sacrestia

Incontriamo, ancora una volta, questa stessa composizione in un’ancona della chiesa di Santa Maria della Consolazione a Milano (fi g. 3), riferita al fratello minore di Gerolamo, Giuseppe Giovenone il Vecchio, databile intorno alla metà del secolo: si tratta, in questo caso, di una ripresa abbastanza fedele dell’Adorazione di San Cristoforo 3 . Il nucleo di dipinti fi n qui esaminato sembra avere come referente stilistico l’Adorazione del Bambino eseguita da Gaudenzio Ferrari intorno al 1526-1528 in due versioni per il vescovo di Novara, Giovanni Angelo Arcimboldi (l’unica rintracciata è a Sarasota, John and Mable Ringling Museum of Art) dove ritroviamo la quinta rocciosa e l’invenzione dell’angelo che porge il Bambino a Maria: differenti però risultano sia la postura di Maria, sia quella di san Giuseppe, inginocchiato sulla destra. È possibile, in realtà, che dietro questo nucleo di dipinti ci fosse un altro pensiero gaudenziano sul tema dell’Adorazione: oggi non lo conosciamo più direttamente ma solo attraverso una serie di rielaborazioni che si scalano a partire dagli anni trenta e coinvolgono anche il principale allievo (e futuro genero) di Giovenone, Bernardino Lanino 4 : l’immagine di Maria in preghiera a mani giunte davanti al Figlio è così riutilizzata in una serie di dipinti e di disegni laniniani che, partendo dal cartone n. 330 dell’Accademia Albertina di Torino (generalmente riferito alla bottega giovenoniana ma riferibile, per la bella tensione qualitativa oggi appannata da ripassature e danni, a Gerolamo e a Lanino, fi g. 1 a p. 85), includono l’affresco della confraternita di Santa Caterina a Vercelli (ripreso in controparte), la piccola tavola della Galleria Sabauda (cat. n. 45), e, ormai nella fase tarda della sua carriera, la pala Olgiati per la chiesa di San Paolo a Vercelli (e il relativo cartone preparatorio oggi a Milano, Pinacoteca di Brera, n. 267), il dipinto già nella raccolta Fontana a Torino e l’affresco della parrocchiale di San Giorgio a Valduggia 5 . L’attribuzione a Giovenone dell’ancona ora in proprietà di Banca Patrimoni Sella & C. trova conforto non solo nella fi tta rete di riscontri for

2 Gerolamo Giovenone, Adorazione del Bambino. Vercelli, Museo Leone

3 Giuseppe Giovenone il Vecchio, Natività. Milano, chiesa di Santa Maria della Consolazione

4 Gerolamo Giovenone Madonna col Bambino in trono e i santi Giulio d’Orta e Giuseppe. Torino, Galleria Sabauda

mali che la saldano alle due redazioni vercellesi dello stesso soggetto ma anche alle altre opere dell’artista che si scalano lungo il quarto decennio del Cinquecento: andrà osservata, per esempio, la puntuale corrispondenza fra il volto della Vergine e quello della santa Caterina nel polittico santhiatese o con quello di Maria nella pala con la Madonna col Bambino in trono e i santi Giulio d’Orta e Giuseppe passata dalla chiesa parrocchiale di San Germano Vercellese alle raccolte ducali torinesi (oggi alla Galleria Sabauda, fi g. 4). In quest’ultimo dipinto, importante anche per la presenza della data – 1533 – che mette un punto fermo in una stagione ricca di notizie biografi che ma povera di sicuri agganci cronologici per la produzione pittorica dell’artista, si deve notare anche la coincidenza della gamma cromatica nei rossi accesi, nei verdi densi e illuminati di serici rifl essi gialli 6 . In taluni punti – nel manto di san Giuseppe o nel paesaggio sullo sfondo – riconosciamo anche la stesura pittorica compendiaria e un po’ routinière della maturità giovenoniana. Importa, giunti a questo punto, affrontare il problema della seriazione cronologica delle tre Adorazioni: la più antica sembra essere quella della sacrestia di San Cristoforo dove il sant’Antonio Abate è gemello del san Giulio nella pala della Sabauda; i volti di Maria e di sant’Antonio da Padova, poi, presentano ancora quell’aspetto porcellanato, quella gamma cromatica nitida e primaverile, quella cesellatura di dettagli che indicano come il pittore non abbia ancora defi nitivamente accantonato i preziosismi defendenteschi per aderire alla nuova ondata gaudenziana non solo nei modelli tipologici ma anche nel dettato pittorico. Una scrittura più unita e pastosa connota invece l’Adorazione oggi al Museo Leone dove andrà registrato un addensarsi e un ingrigirsi delle ombre, soprattutto per quanto riguarda il san Giuseppe e il pastore in secondo piano, che indica un fare più sciolto e, nello stesso momento, più fuso. La vicinanza con la pala Frichignono, oggi nel duomo di Biella, opera databile al 1538, oltre a orientare la data di quest’ultima Adorazione

5 Bernardino Lanino Sacra conversazione, detta ‘pala Dal Pozzo’. Vercelli, Museo Borgogna

6 Gerolamo Giovenone Adorazione del Bambino, particolare con San Francesco. Collezione Banca Patrimoni Sella & C.

(e, va da sé, anche della versione che stiamo esaminando), pone il problema dei rapporti con Lanino: è un dato acquisito, infatti, che Gerolamo Giovenone, nel suo dipinto biellese, riveli l’attrazione nei confronti della pala di Ternengo, licenziata dal più giovane collaboratore nel 1534 (oggi a Torino, Galleria Sabauda), all’indomani del suo ingresso nell’entourage gaudenziano 7 . Lo snodo di una diretta collaborazione tra i due artisti si avvista anche nella bellissima ancona con il Matrimonio mistico di santa Caterina e i santi Giuseppe, Antonio da Padova, Francesco d’Assisi, Eusebio e Giovannino (fi g. 8), un dipinto anch’esso destinato alla confraternita vercellese dedicata alla santa e appartenente a questo stesso giro di anni. Nell’opera si è voluto di recente riconoscere il frutto dell’intervento dei due Giovenone insieme con Lanino 8 : l’incantevole dolcezza delle espressioni e dei gesti si veste di una gamma cromatica vellutata e di un chiaroscuro avvolgente e calibratissimo che trovano riscontro anche nella laninana paletta Dal Pozzo (Vercelli, Museo Borgogna, fi g. 5), databile alla seconda metà degli anni trenta. Proprio nell’Adorazione qui presentata, tanto la fi gura dell’angelo (fi g. 7) – una bellissima rielaborazione degli Angeli adoranti di Gaudenzio già ai Musei Civici di Novara – quanto il volto di San Francesco (fi g. 6) sembrano meglio convenire a Lanino piuttosto che al pittore più anziano, come suggeriscono i confronti con uno degli apostoli dell’affresco con l’Ultima cena già nel convento degli Umiliati di Vercelli (oggi al Museo Borgogna) e, per quanto riguarda l’Assisiate, con il San Rocco della pala di Ternengo, dove ritroviamo la stessa morbida conduzione pittorica, le stesse ombre rossastre e gli stessi rifl essi setosi osservati poc’anzi nell’ancona in esame. Resta infi ne da chiarire la provenienza dell’opera dal momento che le informazioni fi nora note non vanno oltre l’inizio del secolo scorso 9 : la presenza dei due santi francescani accanto alla Sacra famiglia comporterebbe dunque un’origine da una chiesa dell’ordine ma è diffi cile preci

7 Gerolamo Giovenone e Bernardino Lanino Adorazione del Bambino, particolare dell’Angelo. Collezione Banca Patrimoni Sella & C.

8 Gerolamo Giovenone (con Giuseppe Giovenone il Vecchio e Bernardino Lanino?) Matrimonio mistico di santa Caterina e i santi Giuseppe, Antonio da Padova, Francesco d’Assisi, Eusebio e Giovannino. Vercelli, confraternita di Santa Caterina

sare quale e, a oggi, è una ricerca ancora tutta da costruire 10 . Il riutilizzo dello stesso modello compositivo in altre due pale eseguite sempre per Vercelli, a tutta prima, porterebbe a escludere le due principali sedi cittadine – San Francesco e Santa Maria di Biliemme – dal novero delle candidature possibili ma, in realtà, come abbiamo visto, erano sovente gli stessi committenti a imporre come modello una soluzione iconografi ca già nota e affermata, a maggior ragione quando come in questo caso essa proviene da quella prestigiosa fucina d’immagini rappresentata da Gaudenzio und seine Schule.

1 Per i dati tecnici sull’opera si rimanda al contributo di Thierry Radelet in questo stesso volume. 2 La ricostruzione dei modelli e delle derivazioni su questo soggetto è affrontata da S. Ghisotti (in Gaudenzio Ferrari e la sua scuola. I cartoni cinquecenteschi dell’Accademia Albertina, a cura di G. Romano, catalogo della mostra [Torino, Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, 22 marzo - 30 maggio 1982], Torino 1982, pp. 116-120) e da G. Romano (Gerolamo Giovenone, Gaudenzio Ferrari e gli inizi di Bernardino Lanino. Testimonianze d’archivio e documenti fi gurativi, in G. Romano [a cura di], Bernardino Lanino e il Cinquecento a Vercelli, Torino 1986, pp. 56-59). L’attribuzione a Lanino dell’Adorazione, già nella chiesa di San Giuseppe, è superata da S. Ghisotti (in Gaudenzio Ferrari e la sua scuola cit. pp. 117-118) che la riferisce alla fase matura di Giovenone, ormai infl uenzato dal più giovane pittore. Per un aggiornato consuntivo bibliografi co sull’Adorazione di San Cristoforo si rimanda alla scheda di S. Riccardi, in V. Natale (a cura di), Arti fi gurative a Biella e a Vercelli: San Sebastiano, San Cristoforo, Candelo 2009, p. 39 (II a sezione del volume). 3 R. Sacchi, Bernardino Lanino in Lombardia, in Romano (a cura di), Bernardino Lanino cit., p. 156. 4 La felice identifi cazione dell’Adorazione di Sarasota con quella commissionata dal vescovo Arcimboldi (S. D’Italia, Appunti sulla fortuna di Gaudenzio: due Natività gemelle tra Italia e Francia, in “Arte Lombarda”, n.s., 178, 3, 2016, pp. 73-76) ha fatto defi nitivamente cadere l’ipotesi di riconoscere l’opera in quella commissionata nel 1528 a Gaudenzio da Dorotea Avogadro di Valdengo per il proprio altare nella chiesa della Trinità a Vercelli (E. Villata, Gaudenzio ed Eusebio Ferrari: ingresso e trionfo della Maniera Moderna a Vercelli, in V. Natale [a cura di], Arti fi gurative a Biella e a Vercelli. Il Cinquecento, Candelo 2003, pp. 81-83): secondo i termini contrattuali, il dipinto, perduto, doveva raffi gurare la Natività con i santi Giuseppe, Rocco, Sebastiano, Antonio e Cristoforo (G. Colombo, Vita ed opere di Gaudenzio Ferrari pittore con documenti inediti, Roma-Torino-Firenze 1881, pp. 135, 306). Tenuto conto dei rapporti cronologici e della grande fortuna cittadina di questo modello compositivo per un’Adorazione con santi, tutto lascia pensare che possa essere stato questo il prototipo gaudenziano cui si rifanno Giovenone e Lanino. 5 Il successo di questa declinazione compositiva travalica, anche dal punto di vista cronologico, i confi ni della stretta cerchia gaudenziana, come dimostra la serie di fotografi e del Fondo Rovere dei Musei Civici di Torino (scatola 21: sono stato indirizzato in questa ricerca da Serena D’Italia che ringrazio di cuore): accanto alle due Adorazioni di Vercelli, troviamo infatti una pala di area lombarda della Galleria Franchetti alla Ca’ d’Oro di Venezia (circa 1530-1540; il modello, ripreso in controparte e arricchito da altri angeli musicanti, è in relazione con altri due disegni di bottega giovenoniana: S. Ghisotti, in Gaudenzio Ferrari e la sua scuola cit., pp. 118-119), l’affresco di Pier Francesco Lanino nella chiesa di San Michele a Candia Lomellina (1589) e, infi ne, due tele secentesche di area sabauda (una nella sacrestia del santuario di Vicoforte e l’altra nella parrocchiale di Vische Canavese). La fortuna di questo modello resta dunque molto alta e costante in ambito vercellese fi no alla fi ne del secolo ma sembra poi interrompersi e sopravvivere nel Piemonte occidentale: ciò indurrebbe a sospettare che il perduto prototipo possa essersi spostato, all’inizio del Seicento, verso Torino, seguendo così l’onda del collezionismo ducale, particolarmente interessato, in questi anni, a procurarsi originali di scuola gaudenziana. 6 Per la ricostruzione di questo momento dell’attività giovenoniana si rimanda, anche per la bibliografi a precedente, a Romano, Gerolamo Giovenone, Gaudenzio Ferrari cit., pp. 31-41; S. Baiocco, Girolamo Giovenone, in Gaudenzio Ferrari e Girolamo Giovenone: un avvio e un percorso, Torino 2004, passim; cfr. anche V. Inselvini, Gerolamo Giovenone accanto a Gaudenzio Ferrari, in P. Zambrano, Arte e storia a Vercelli nel Cinquecento, in E. Tortarolo (a cura di), Storia di Vercelli in età moderna e contemporanea, Torino 2011, pp. 449-450. 7 Sul problema degli scambi fra Giovenone e Lanino all’ombra di Gaudenzio cfr. Romano, Gerolamo Giovenone, Gaudenzio Ferrari cit., pp. 43-61; S. Baiocco, Il Cinquecento, in V. Natale (a cura di), Arti fi gurative a Biella e a Vercelli, Biella 2003. pp. 97-104; Baiocco, Girolamo Giovenone cit. 8 Il riferimento a Giovenone si deve a A.M. Brizio, Catalogo delle cose d’arte e di antichità d’Italia. Vercelli, Roma 1935; la proposta di riconoscere nell’opera la mano di Gerolamo e Giuseppe Giovenone con Bernardino Lanino è stata formulata da S. Riccardi (Per la storia della pittura a Vercelli: dalla partenza di Gaudenzio alla metà del Cinquecento, in VII Congresso Storico Vercellese. Vercelli fra Quattro e Cinquecento, Vercelli, 30 novembre - 1-2 dicembre 2017, in c.d.s.). 9 Le informazioni date dagli ultimi proprietari riferiscono che l’Adorazione proverrebbe dalla vendita, effettuata a Milano dalla casa d’aste Genolini nell’aprile 1902, della collezione Mastai Ferretti di Senigallia: il controllo sul catalogo effettuato da Filippo Timo che ringrazio, non ha però confermato la notizia; è forse utile ricordare che nella vendita Mastai si trova un’altra pala di Lanino – la Resurrezione di Cristo del 1564, oggi di proprietà Unicredit – identifi cabile in quella vista, insieme con una Trasfi gurazione fi nora irreperita, nella raccolta del conte Luigi Montagnini, consigliere di cassazione a Vercelli intorno alla metà dell’Ottocento (C. Mossetti, Regesto, in Bernardino Lanino, a cura di P. Astrua, G. Romano, catalogo della mostra [Vercelli, Museo Borgogna, aprile-luglio 1985], Milano 1985, p. 32; A. Quazza, Repertorio delle opere di Bernardino Lanino, in Romano (a cura di), Bernardino Lanino cit., p. 264). 10 Gli elenchi delle soppressioni napoleoniche per Vercelli non sono così dettagliati da permettere un sicuro riconoscimento delle opere: va comunque osservato che un dipinto raffi gurante la Natività risulta compreso tra quelli requisiti in Santa Maria di Biliemme ma è oggi identifi cato nell’Adorazione mistica del Bambino, opera giovanile di Gaudenzio (Francoforte, Staedel Museum e Torino, Museo Civico d’Arte Antica: V. Natale, E. Villata, Vercelli e Biella, in Napoleone e il Piemonte. Capolavori ritrovati, a cura di B. Ciliento con M. Caldera, catalogo della mostra [Alba, Fondazione Ferrero, 29 ottobre 2005 - 27 febbraio 2007], Savigliano 2005, pp. 83-84).

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