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Ritorno in famiglia: la collezione dei “Giovenone” al Museo Borgogna
CINZIA LACCHIA
Il prestigioso acquisto di Banca Patrimoni Sella della inedita pala d’altare di Gerolamo Giovenone, con il suo generoso deposito a Vercelli, offre un’opportunità signifi cativa per il Museo Borgogna. Il suo arrivo permette fi nalmente di arricchire il corpus del pittore all’interno di un nucleo museale già rilevante ma dove mancava una testimonianza della sua produzione matura. La collezione di pittura antica, raccolta alle aste antiquarie dal fondatore Antonio Borgogna (1822- 1906), vantava già a fi ne Ottocento alcune opere di primitivi piemontesi, anche se solo tardivamente il collezionista dedicò attenzione alla scuola vercellese. Alla vendita della prestigiosa collezione del marchese Mercurino Arborio di Gattinara del 1899, Borgogna si aggiudicò due grandi tavole fi rmate e datate: una di Boniforte Oldoni con Sacra famiglia e santi del 1548; l’altra di Giovanni Battista Giovenone, nipote di Gerolamo, del 1547, raffi gurante il Matrimonio mistico di santa Caterina, la cui composizione riprende l’analogo dipinto di Gaudenzio Ferrari del 1530-1535 collocato nel duomo di Novara 1 . Alla stessa asta acquistò anche alcune piccole tavole a monocromo che erano attribuite a Gaudenzio Ferrari (Angelo che suona l’arpa e Angelo che suona la viola ora dati a Lanino e Salita al calvario) oltre a una copia tarda dello stralcio con l’Adorazione dei magi tratta dal ciclo ad affresco di San Cristoforo. Il collezionista dedicò attenzione anche ad alcuni disegni, copie ottocentesche di riproduzione, di particolari degli affreschi di Gaudenzio Ferrari in San Cristoforo e uno di Lanino nella chiesa di San Nazaro Maggiore a Milano 2 . Alla successiva asta Bevilacqua La Masa, nel 1900, l’interesse cadde nuovamente su un’opera data a Gaudenzio Ferrari, ma oggi ormai assestata sull’attribuzione all’allievo vercellese Bernardino Lanino: si tratta della preziosa tavoletta “Dal Pozzo” con la Sacra conversazione 3 (fi g. 5 a p. 31). Nel 1902, all’asta della vedova Arrigoni di Milano, comprò una Sacra famiglia data a Gaudenzio e ancora all’ultima asta Genolini del 1905, alla quale partecipò poco prima della morte, acquisì il piccolo Presepe con il monogramma di Cristo di Defendente Ferrari. Completava la serie di opere di Lanino anche l’acquisto presso la marchesa Mensi di Milano della tavola raffi gurante una Sacra conversazione, fi rmata e datata al 1563, detta “Madonna del cane” per la presenza del cucciolo di volpino con un vezzoso collare a campanellini, acciambellato sullo sperone di roccia ai piedi della Vergine 4 . Come notiamo, non suscitava grande interesse per il collezionista la produzione di Giovenone, le cui opere erano piuttosto rare alle aste alle quali partecipò e qualora fossero presenti risultava più vantaggioso restituirle al più quotato e noto artista valsesiano. Sappiamo comunque che nell’Ottocento iniziavano a circolare opere con fi rme e date falsifi cate anche di Giovenone per alimentare le richieste del mercato antiquariale. Ne abbiamo un esempio proprio nella grande pala, trasportata su tela ed esposta nel salone, raffi gurante la Madonna col Bambino in trono incoronata dagli angeli tra i santi Giovanni Battista e Bovo, che riporta un piccolo cartiglio, con fi rma e data apocrife, da avvicinarsi alla produzione dell’astigiano Gandolfi no da Roreto o, come suggerito da Caldera, a Pascale Oddone, pittore piemontese del primo Cinquecento, di cui è documentata l’attività tra il 1523 e il 1546 5 . Nel contempo le opere dei Giovenone erano comunque ben rappresentate sugli altari delle chiese cittadine, dove lo stesso Gustavo Frizzoni, nel suo percorso vercellese, le aveva puntualmente identifi cate ed elencate, mentre il locale Istituto di Belle Arti, di cui Borgogna era socio, provvedeva ad acquisirle e a ricoverarle nella propria Pinacoteca 6 . Un episodio che può avallare il disinteresse
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del nostro collezionista per la produzione di Gerolamo Giovenone è documentato nella corrispondenza rintracciata da Doriana Guglielmetto in relazione alla collezione dell’avvocato Leone Fontana. Nella lettera del 17 luglio 1899 Gustavo Frizzoni, rispondendo a quella del collezionista torinese del 15 luglio, scrive di trattenere pure le fotografi e della sua “madonnina” di Giovenone – si tratta della Madonna col Bambino copia della Madonna d’Orléans di Raffaello (fi g. 8, p. 42) – e di presentarle a qualche amatore per poterla vendere a non meno di duemila lire. Al nome di Borgogna (ma lo chiama Francesco, forse riferendosi al nipote anch’egli collezionista e poi primo presidente del Museo), suggerito da Fontana nella precedente missiva come possibile acquirente per la tavola, Frizzoni prende le distanze dicendo di conoscerlo bene e che si guarderà dal rivolgersi direttamente a lui, perché sa “che non ama le offerte in genere, ma si compiace essenzialmente di fare da sé le sue scoperte e conquiste” 7 . Sarà solo nel 1915, a sette anni dall’apertura al pubblico della casa-museo di Antonio Borgogna, che una tavola di Gerolamo Giovenone entrerà in collezione come deposito. L’Adorazione del Bambino in una stalla con i santi Nicola da Tolentino ed Eusebio rappresenta infatti la prima opera antica a essere musealizzata. Essa proveniva dalla confraternita di San Bernardino di Vercelli, anche se in origine si trovava nella vicina chiesa-confraternita soppressa di San Nicola da Tolentino, come dichiara la presenza del santo tra i protagonisti della scena, in posizione centrale con il libro aperto sul passo di sant’Agostino che recita “Precepta patris mei servavi fi deliter” (fi g. 1) 8 . Quel deposito, richiesto dai confratelli e che divenne perpetuo, diede avvio alla nuova funzione del Museo Borgogna: da casa-museo di un collezionista acquisì anche il ruolo di museo del territorio, garantendo negli anni successivi ‘una nuova casa’ a molte opere dalle provenienze diversifi cate. Si deve proprio a Pietro Masoero (Alessandria, 1863-1934), fotografo e professionista affermato, appassionato e competente promotore del patrimonio artistico territoriale anche attraverso la sua attività di divulgatore, spesso richiesto da cri
1 Gerolamo Giovenone Presepio o Adorazione del Bambino in una stalla con i santi Nicola da Tolentino ed Eusebio. Vercelli, Museo Borgogna, in deposito dal 1915 dalla confraternita di San Bernardino di Vercelli già in San Nicola da Tolentino
tici e studiosi per ottenere le riproduzioni di opere d’arte, l’intenzione di favorire questa opportunità di incremento del patrimonio museale quando divenne uno dei consiglieri del museo e successivamente presidente nel 1924 9 . Per questa ragione e nell’occasione di questa mostra, il Museo Borgogna ha promosso e sostenuto il recupero conservativo di una parte dell’importante fondo di lastre storiche lasciate da Masoero che documentano, attraverso le autocromie, la preziosa campagna fotografi ca attuata in funzione dello studio e della conoscenza delle opere d’arte del territorio 10 . Ancora nel 1921 la direzione del museo, di cui Masoero era vicepresidente, cercò di recuperare le cinque tavole attribuite a Gaudenzio Ferrari appartenenti alla chiesa di San Pietro di Gattinara 11 . Attualmente sono esposte con parte della originaria predella, quest’ultima smembrata tra la Pinacoteca di Varallo e una collezione privata. Le funzioni di tutela e di valorizzazione propri di un grande museo pubblico furono man mano accresciute dopo i vari depositi che, a partire dal 1934 con l’arrivo del cospicuo nucleo di dipinti dell’Istituto di Belle Arti-Museo Leone, si susseguirono per volontà della Soprintendenza e per sopperire alle necessità di provvedere alla conservazione e
2 Defendente Ferrari e Gerolamo Giovenone Madonna col Bambino in trono e angeli musicanti, san Francesco e il beato Angelo Carletti, san Sebastiano e santa Marta. Vercelli, Museo Borgogna, in deposito dall’Istituto di Belle Arti di Vercelli (inv. 56)
conoscenza del patrimonio da parte di diversi enti territoriali. La costruzione dell’identità della collezione ha subito non solo incrementi quantitativi di opere ma ha visto anche l’opportunità di diventare un luogo attivo per lo studio, fi nalizzato alla schedatura del patrimonio, favorendo nuove piste di ricerca, grazie anche ad approfondimenti diagnostici in occasione di restauri, mostre e confronti tra esperti. Il catalogo sui dipinti redatto nel 1969 da Vittorio Viale, il terzo direttore del Museo Borgogna, depositava e in qualche modo fi ssava gli esiti di
almeno tre decenni di studi e di confronti scaturiti grazie alle mostre territoriali, da Gotico e Rinascimento in Piemonte a Torino del 1938-1939, a quelle vercellesi su Sodoma del 1950 e su Gaudenzio Ferrari sempre al Museo Borgogna nel 1956. Da allora, e in seguito alle nuove campagne di restauro e di ricerca archivistica in occasione delle mostre sui cartoni dell’Accademia Albertina del 1982, della mostra e dei cataloghi su Bernardino Lanino del 1985-1986 curate da Giovanni Romano (fi g. 7), delle ricognizioni territoriali con i relativi volumi della collana Arti fi gurative a Biella
e a Vercelli nel 2005 e nel 2003, dei contributi di Simone Baiocco 12 , del restauro e della mostra sul polittico di Bianzè del 2015 13 , si sono precisate attribuzioni e si sono aperti nuovi e ancora fruttuosi campi di ricerca rispetto al riconoscimento delle plurime mani operanti nelle botteghe vercellesi per tutto il Cinquecento. I pannelli illustrativi sulla diagnostica non invasiva realizzata con Thierry Radelet, all’interno del progetto Esponente del 2013, affi ancano nell’attuale allestimento alcune delle opere piemontesi indagate e restituiscono i dati emersi sulle tecniche pittoriche, sulle caratteristiche strutturali e sul loro stato di salute. Nel percorso espositivo del museo a oggi si possono elencare, per attribuzione ormai consolidata, le seguenti opere che coprono buona parte della produzione cronologica del maestro Gerolamo Giovenone (Barengo, Novara, circa 1490 - Vercelli, 1555), capo bottega di una fl orida équipe di artisti. Il trittico, esposto nel salone, con la Madonna in trono col Bambino e due angeli musicanti, san Francesco e il beato Angelo Carletti, san Sebastiano e santa Marta (fi g. 2), è un’opera che appartiene alla sua produzione giovanile ed è stata realizzata in collaborazione con il collega chivassese Defendente Ferrari (attivo in Piemonte occidentale dal 1509 al 1535 circa) con il quale si era formato nella bottega del casalese Giovanni Martino Spanzotti. Le tre tavole, assemblate ancora nella loro cornice originale a eccezione della base, provengono dalla chiesa cuneese di Sant’Antonio fuori le mura dove rimasero fi no al 1537 quando l’opera fu trasferita nella chiesa di Santa Maria degli Angeli sempre a Cuneo e successivamente passò all’Istituto di Belle Arti di Vercelli come dono da parte del direttore Edoardo Arborio Mella che l’aveva acquistata dall’antiquario Baslini nel 1865 14 . È interessante notare nel pannello centrale la tessitura pittorica dei volti attribuiti, come per il pannello destro, a Giovenone e osservare l’attenta costruzione e la raffi nata capacità prospettica del disegno architettonico che si fonde ed entra in continuità con gli elementi della cornice, creando una studiata illusione spaziale, con effetto quasi tridimensionale delle paraste a grottesche e dei paffuti visi degli angioletti ripresi in scorcio e di profi lo nella fascia orizzontale. Oltre alla visione scorciata del gradino su cui siedono i due angioletti suonatori e il disegno geometrico dell’intero trono, arricchito da una tessitura di fi - lamenti dorati che evidenziano le luci, il soffi tto a botte entro cui si aprono i lacunari riprende uno schema compositivo scorciato simile alla fascia centinata a fi nti cassettoni lignei che incornicia lo spazio della scena sacra della nuova tavola Banca Patrimoni Sella. Qui però la composizione si apre sul paesaggio naturale, secondo un impianto che Giovenone aveva già sperimentato in modo esemplare con la soluzione proposta nella fi rmata e datata “pala Buronzo” del 1514 per la chiesa domenicana vercellese di San Paolo e ora alla Galleria Sabauda (fi g. 3 a p. 38). A questo momento stilistico è ricondotta anche l’altra grande pala, dal formato quasi quadrato e unitario, purtroppo senza la sua cornice originaria, raffi gurante l’Adorazione del Bambino in una
3 Autocromia di Pietro Masoero: particolare della tavola di Gerolamo Giovenone, Adorazione del Bambino con i santi Nicola da Tolentino e Eusebio. Vercelli, Museo Borgogna, Archivio fotografi co storico
4 Gerolamo Giovenone Presepe con angeli adoranti; Annunciazione; Gesù di Pietà tra san Rocco e san Sebastiano. Vercelli, Museo Borgogna, in deposito dall’Istituto di Belle Arti di Vercelli (inv. 109)
stalla con i santi Nicola da Tolentino ed Eusebio, già citata in precedenza (fi gg. 1-3). Lo spazio architettonico diventa un elemento compositivo sul quale si incentra l’intera scena: la struttura lignea della capanna con, in primo piano, il palo che la sorregge con l’inserimento realistico di un cuneo ligneo; la paglia di copertura sul reticolato del tetto e lo scorcio prospettico con la fuga degli edifi ci e del simbolico arco spezzato sul fondo. Un piccolo Presepe con angeli adoranti o Natività, databile al 1510-1513, riporta la fi rma dell’artista (“ HIERONIMI / IUVENONIS / OPIFICIS”, fi g. 4) entro un cartiglio che compare in primo piano su un piccolo leggio sistemato in scorcio. È ancora nella sua cornice originaria, ornata di grottesche a chiaroscuro e di tondi con mezze fi gure che narrano in miniatura la scena dell’Annunciazione con l’Angelo annunciante e la Vergine annunciata e, al centro in basso, il Cristo di Pietà tra San Rocco e san Sebastiano. La studiosa Giovanna Galante Garrone scriveva che il Presepe rappresenta un “saggio tra i più elevati e sensibili dell’attività giovanile di Giovenone” che “mostra un’impronta spanzottiano-defendentesca nel corteggio degli angeli e nell’impianto compositivo che consente la ‘prova prospettica’ del fondo e i nordicismi cari a Defendente, anche se una nuova morbidezza tradisce l’interesse per le novità gaudenziane” 15 . Prima di arrivare in deposito al Borgogna nel 1934, è appartenuto alla collezione Fortina e, fi no al 1865, si trovava presso il Ricovero di Mendicità di Vercelli, dove lo acquistò l’Istituto di Belle Arti per 500 lire insieme con altre quattro piccole tavole dello stesso artista. Queste ultime sono esposte sul setto di fronte e raffi gurano i Santi Cristoforo, Giovanni Battista con un monaco eremitano, Caterina e santa martire (Dorotea?). Michela di Macco le restituiva a un polittico smembrato non ancora rintracciato e indicava nella signifi cativa presenza del monaco inginocchiato la possibile committenza degli Eremitani, presenti a Vercelli nella chiesa agostiniana di San Marco e in San Bernardo 16 . I documenti riferiscono infatti della commissione e dei pagamenti a Gerolamo Giovenone nel 1519 e nel 1521 per due ancone “belle e lodevoli” da porre nella cappella di Santa Dorotea in San Marco, a cui potrebbero riferirsi le nostre tavole compatibili anche per cronologia stilistica, e l’altra nella cappella del protettorato di Giovanni Battista Avogadro di Valdengo nella chiesa di Sant’Eusebio 17 . Possiamo cogliere con evidenza la permeabilità allo stile di Defendente grazie al raffronto immediato che il visitatore è invitato a fare sulla stessa parete dove sono affi ancate, una accanto all’altra, la paletta di Gerolamo Giovenone e la tavoletta devozionale di Defendente Ferrari con lo stesso soggetto. Il confronto del piccolo Presepe con un altro trittico, databile al 1518-1520 e inserito in una cornice in stile ma novecentesca che raffi gura l’Adorazione del Bambino tra i santi Michele arcangelo e Gerolamo (fi g. 5), apre il dibattito sui prestiti disinvolti di motivi compositivi che connotano la permeabilità stilistica di Gerolamo Giovenone. Esso proviene già smembrato e senza la cornice originaria dalla confraternita di Sant’Antonio
5 Gerolamo Giovenone Adorazione del Bambino tra i santi Michele arcangelo e Gerolamo. Vercelli, Museo Borgogna, in deposito dall’Istituto di Belle Arti di Vercelli (inv. 62)
6 Gerolamo Giovenone Crocifi ssione. Vercelli, Museo Borgogna, in deposito dall’Istituto di Belle Arti di Vercelli, proveniente dall’orfanotrofi o delle Maddalene di Vercelli
a Vercelli, che era intitolata ai due arcangeli Gabriele e Michele, dalla quale lo acquistò, nel 1873, l’Istituto di Belle Arti 18 . Le infl uenze delle novità gaudenziane ancora convivono con le rassicuranti tradizioni defendentesche, di cui però abbandona i grafi smi nordicizzanti pur mantenendo lo schema del Bambino a terra. La tavola centrale con l’Adorazione del Bambino richiama nella costruzione prospettica un tema già presente nella produzione precedente dell’artista, ma si colora di una maggiore dolcezza nelle fi gure e nel sentimentalismo della Vergine. Quest’ultima riprende nell’impostazione, con le mani aperte e incrociate al petto, un preciso modello di Gaudenzio Ferrari e, in particolare, quello del registro superiore del polittico di San Gaudenzio a Novara. Insieme con il precoce aggiornamento gaudenziano, che segnerà anche una collaborazione più stretta dei Giovenone nella bottega del maestro valsesiano e un progressivo allontanamento dal collega Defendente, nel pannello laterale raffi gurante San Michele arcangelo si coglie un altro prestigioso debito fi gurativo di Giovenone nei confronti di Perugino: la fi gura del santo sembra una citazione esplicita da quello della pala del maestro marchigiano realizzata per la certosa di Pavia, ora alla National Gallery di Londra. Sono elementi indiziari per cogliere l’inizio della trasformazione di Giovenone verso una maggiore morbidezza e un disegno più amplifi cato, sotto la regia compositiva e l’infl uenza di un nuovo collega, Gaudenzio Ferrari. Un atteggiamento “in accordo con quella linea di conciliazione tra due tradizioni fi gurative” 19 attuata dal caposcuola dei Giovenone per gran parte della sua produzione fi gurativa e su cui si innesterà anche la nuova e giovane fi gura del promettente Bernardino Lanino, imparentatosi con la famiglia dei Giovenone dopo aver sposato Dorotea, la fi - glia di Gerolamo. La grande pala, di 2,40 metri in altezza, con la scena della Crocifi ssione, esposta nel salone, proviene dall’orfanotrofi o delle Maddalene di Vercelli che, nel 1865, la depositò all’Istituto di Belle Arti (fi g. 6) 20 . La scena è dominata dalla verticalità della croce, intorno alla quale si ammassa il gruppo degli astanti. Si riconosce, in primo pia
no, la Maddalena che abbraccia la croce, mentre le pie donne sorreggono il corpo svenuto della Vergine e una di loro fi ssa intensamente il riguardante. In secondo piano si collocano Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea. Lo sfondo di paesaggio si apre su una veduta straordinaria della Gerusalemme terrena, un “paesaggio cristallino di mura di città e montagne azzurre” 21 , evocando gli edifi ci che al Sacro Monte di Varallo erano da qualche anno cantiere vitale della memoria visiva e del percorso devozionale sulla Passione di Cristo affrescata e plasmata da Gaudenzio Ferrari. Lo stesso paesaggio si trova nella pala di Gerolamo raffi gurante il Compianto del Museo del Territorio biellese mentre l’eleganza e la preziosità dei panneggi si ripetono simili e meglio conservati nella tavola con l’Adorazione dei magi esposta nella Pinacoteca dell’Arcivescovado a Vercelli. Questa tavola rientra nella produzione tarda di Giovenone, nella seconda metà degli anni trenta del Cinquecento, dove si collocherebbe anche la nuova opera di Banca Patrimoni Sella. Sono anni in cui è ben assestata la collaborazione nella bottega di Giovenone di altre mani, che si esprime in una qualità esecutiva a volte dissonante e spesso con riferimenti a modelli e repertori ormai consolidati e di successo entro i quali, usando le parole di Baiocco, “pesca ormai più di una persona, con una certa libertà”. In questa serie di opere si collocherebbe la nostra Crocifi ssione nella quale è stata notata “la compresenza di elementi ancora defendenteschi, di spunti gaudenziani e di materiali di provenienza milanese, in particolare bramantiniani per il san Giovanni sulla destra” 22 . Il confronto ravvicinato tra opere non solo di Gerolamo Giovenone, ma anche di Bernardino Lanino e delle rispettive botteghe famigliari, offre la possibilità di chiarire i meccanismi di lavoro della bottega, i debiti e i crediti rispetto a invenzioni compositive e riusi di modelli come bene documenta il prezioso nucleo di cartoni dell’Accademia Albertina, generosamente e utilmente messi a disposizione anche per questa occasione di studio. Questi materiali fi gurativi suggeriscono ulteriori contributi di ricerca, anche in direzione del territorio, grazie alla importante e nuova cam
pagna fotografi ca che questo catalogo illustra. Confi diamo che l’occasione di questo deposito al Borgogna stimoli i visitatori e gli studiosi al fondamentale confronto dal vivo con le altre due tavole con lo stesso soggetto, una conservata nella sacrestia della chiesa di San Cristoforo (fi g. 1 a p. 28) e l’altra esposta, ma bisognosa di un intervento conservativo, al Museo Leone a Vercelli, proveniente dalla confraternita di San Giuseppe (fi g. 2 a p. 29). Il percorso potrà quindi arricchirsi e completare la lettura del nostro inedito con un interessante itinerario presso le altre sedi che ospitano signifi - cative presenze in città di Gerolamo Giovenone, osservandole nel loro contesto. Nella vicina chiesa di Sant’Agnese già San Francesco, la tavola raffi gurante Sant’Ambrogio, parte di un trittico smembrato, rappresenta il vertice supremo tra le opere di alta qualità dei primi anni trenta del Cinquecento 23 . Altre opere sono gli affreschi, anche se molto sofferti, di San Giuliano; la preziosa tavola con il Matrimonio mistico nel coro di Santa Caterina (fi g. 8 a p. 32), che apre ulteriori spunti di collaborazione tra gli artisti della bottega giovenoniana e Lanino; la raffi nata tavola con l’Adorazione dei magi presso la Pinacoteca Arcivescovile. Un invito rivolto a percorrere le presenze del pittore sul territorio dove si possono ancora ammirare il trittico “Raspa” nella chiesa di San Bartolomeo a Trino (ma dipinto per la chiesa di San Paolo a
7 Inaugurazione della mostra su Bernardino Lanino al Museo Borgogna (20 aprile - 7 luglio 1985); accanto alle opere di Lanino era esposta una selezione dei cartoni dell’Accademia Albertina. Archivio “La Stampa” di Vercelli
Vercelli), il polittico fi rmato e datato al 1531 della parrocchiale di Sant’Agata di Santhià e il trittico in Santa Maria del Rosario di Gattinara, ancora nella loro collocazione originale e dotati della originaria carpenteria, o la tavola con la Vergine col Bambino tra i santi Rocco e Sebastiano della basilica collegiata di San Lorenzo a Mortara. L’occasione dell’arrivo in museo di una nuova opera non diventa così solo “un evento espositivo” fi ne a se stesso. Intende costruire un’esperienza di conoscenza di un artista e del suo contesto e favorire uno sguardo nuovo e accessibile per il pubblico e per gli studiosi, come è nella missione dei musei.
1 S. Ghisotti, Giovanni Battista Giovenone (Vercelli 1525 c. - Vercelli 1573), in Gaudenzio Ferrari e la sua scuola. I cartoni cinquecenteschi dell’Accademia Albertina, a cura di G. Romano, catalogo della mostra (Torino, Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, 22 marzo - 30 maggio 1982), Torino 1982, pp. 123-128: pp. 123-124. 2 A. Schiavi, in Museo Borgogna. I disegni, a cura di G. Bora, Cologno Monzese 2003, pp. 134-139, nn. 81, 82, 83. 3 V. Viale, Civico Museo Borgogna. I dipinti. Catalogo, Vercelli 1969, p. 45, n. 52, tav. 57 (data a Gaudenzio Ferrari); S. Ghisotti, in Bernardino Lanino, a cura di P. Astrua e G. Romano, catalogo della mostra (Vercelli, Museo Borgogna, aprile-luglio 1985), Milano 1985, pp. 38-39, n. 2; A. Quazza, Repertorio delle opere di Bernardino Lanino, in G. Romano (a cura di), Bernardino Lanino e il Cinquecento a Vercelli, Torino 1986, p. 277. 4 Viale, Civico Museo Borgogna cit., p. 53, n. 67, tav. 67; P. Astrua, in Bernardino Lanino cit., pp. 100-102, n. 24. 5 Viale, Civico Museo Borgogna cit., pp. 36-37, n. 35, tav. 41, inv. 57, ancora riferita a Gerolamo Giovenone; M. di Macco, Gerolamo Giovenone, in Gaudenzio Ferrari e la sua scuola cit., pp. 91-94: p. 94. 6 C. Lacchia, Gustavo Frizzoni (1840-1919) e la ricognizione del patrimonio artistico vercellese nel secondo Ottocento, in “Bollettino Storico Vercellese”, XXXII, 60, 2003, pp. 29-98; A. Rosso, Storia di una collezione. Il museo Camillo Leone dal 1907 alla direzione di Vittorio Viale, in “Bollettino Storico Vercellese”, XLVI, 88, 2017, pp. 181-244; A.M. Rosso, Scuola di formazione professionale e Accademia: il doppio ruolo dell’Istituto di Belle Arti dal 1861 ad oggi, in A. Ruffi no (a cura di), Vercellesi illustri. Educatori e Istituzioni formative, Vercelli 2017, pp. 115-151. 7 D. Guglielmetto Mugion, La collezione Fontana: genesi e sviluppo di una raccolta piemontese, tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere, relatore professoressa Maria Beatrice Failla, a.a. 2007-2008, appendice documentaria n. 56, trascritta alle pp. 299-300; D. Guglielmetto Mugion, Leone Fontana, collezionista d’arte antica, in S. Baiocco (a cura di), Defendente Ferrari a Palazzo Madama. Studi e restauri per il centenario della donazione Fontana, Savigliano 2009, pp. 49-67; S. Baiocco, Una Madonna di Gerolamo Giovenone, in “Palazzo Madama. Studi e notizie”, I, 0, 2010, pp. 143-149. 8 Archivio Storico Museo Borgogna (AMB), “Museo Borgogna Verbali, n. 1”, Seduta del 9 dicembre 1915. Presenti: Francesco Borgogna, presidente, e i consiglieri Ferdinando Rossaro, Pietro Masoero, Teodoro Mella. Assente giustifi cato Achille Giovanni Cagna. “Deposito quadro della Confraternita di San Bernardino: il presidente comunica una lettera della Confraternita di San Bernardino in data 18/7/1915 con la quale si annuncia che con autorizzazione prefettizia n° 19649 si intende depositare nel Museo Borgogna la tavola di Gerolamo Giovenone posseduta dalla confraternita stessa. Il cav. Masoero si allieta di questo deposito che spera sarà seguito da altri togliendo così da immancabili deperimenti opere preziose per esporle all’ammirazione ed allo studio del pubblico. La tavola in questione è magnifi ca e più che al Giovenone egli ritiene sia da attribuirsi a Defendente DeFerrari [sic]. Il consiglio delibera di accettare il deposito ed autorizzare il presidente a fi rmare il necessario verbale di consegna”. Il dipinto “in adatta cornice” risulta già esposto nelle sale del Museo come dichiara il verbale di Consiglio del 12 giugno 1916. Viale, Civico Museo Borgogna cit., p. 36, n. 34, tav. 40; E. Serrani, Storia e arte nella chiesa di San Bernardino in Vercelli, Vigliano Biellese 2006, pp. 95- 96, 285, fi g. 53 e scheda conservativa del Museo Borgogna compilata da A. Meglio (R0156042). 9 AMB, Verbale consiglio di amministrazione, seduta del 12 novembre 1924. 10 P. Cavanna, Pietro Masoero: la documentazione della scuola pittorica vercellese, in Bernardino Lanino cit., pp. 150-154 e “Sebbene rari e qua e là sparsi”. Fotografi a e immagine del territorio tra Biella e Vercelli, in V. Natale (a cura di), Arti fi gurative a Biella e a Vercelli. L’Ottocento, Candelo 2006, pp. 149-154: p. 153. Durante la sua conferenza La scuola pittorica vercellese, tenuta al Politeama Facchinetti a Vercelli il 4 aprile 1900, Masoero illustrò, attraverso le sue diapositive, le seguenti opere: “Parte prima-La pittura nel Vercellese 1400-1480: 1 affresco (Oratorio di S. Giovanni a Borgovercelli), 3 affreschi (chiesa parrocchiale di Casalvolone), 6 affreschi (chiesa di S. Marco e Carmine di Vercelli), 2 affreschi (chiesa di S. Anna di Vercelli), 1 affresco (Tomba di Tomaso Gallo in S. Andrea di Vercelli). Fondazione della scuola-1460-1500: 1 tavola di Boniforte Oldoni – 1412- 1477, 1 tavola di Eusebio Ferrari da Pezzana – 1470-1533, 2 Tavole di Martino Spanzotti da Casale – 1456-1530, 4 tavole di Defendente Deferrari da Chivasso – 1470-1533, 1 Gruppo di Gaudenzio Ferrari con ritratto dello Scotto. Fioritura della Scuola 1500-1565. Gaudenzio Ferrari 1474- 1546: 1 affresco: Cenacolo (Asilo di S. Cristoforo in Vercelli), 2 particolari dell’affresco nella chiesa della Madonna delle Grazie in Varallo, 1 tavola: polittico (chiesa di S. Gaudenzio in Novara), 1 tavola: polittico (chiesa di S. Caterina in Varallo), 1 tavola: Icona (Duomo di Novara), 1 tavola: Icona (Chiesa di Canobbio), 1 tavola: particolare (Museo Civico di Novara), 2 tavola e particolare (Chiesa parrocchiale di Arona), 1 tempera (Duomo di Como), 1 gruppo colossale (Cappella della Crocifi ssione in Varallo), 4 particolari dello
stesso, 1 tavola: Icona (Chiesa di S. Cristoforo in Vercelli), 1 affresco: Crocifi ssione (id.), 1 affresco: Assunta (id.), 4 Particolari: Via di M.V. (id.), 3 Particolari: Vita di S. Maddalena (id.), 3 affresco e particolari: Cupola santuario di Saronno, 1 tavola: Deposizione (R. Pinacoteca di Torino), 1 Cena (Chiesa della Passione in Milano), 1 tavola: S. Caterina (R. Pinacoteca di Milano), 1 tempera (id.), 1 tavola (Chiesa di S. Caterina in Vercelli), 1 tavola (Chiesa di S. Francesco in Vercelli), 1 affresco (Chiesa di S. Andrea in Vercelli). Parte seconda. Fioritura della Scuola 1500-1565. Giovanni Antonio Bazzi detto il “Sodoma” 1477-1549. 1 tavola: Il presepio (Accademia di Belle Arti di Siena), 1 tavola: Deposizione (id.), 1 tavola: Tre Magi (chiesa di S. Agostino in Siena), 1 Madonna (Palazzo comunale di Siena), 1 tavola: Deposizione (Cattedrale di Pisa), 1 tavola (R. Pinacoteca di Torino), 1 tavola (id.). Gerolamo Giovenone 1491-1555: 1 tavola: Natività (Pinacoteca Istituto di Belle Arti in Vercelli), 1 affresco (Battistero di Varese), 1 affresco: Natività (Confraternita di S. Bernardino in Vercelli), 1 tavola (Pinacoteca Istituto Belle Arti in Vercelli), 1 tavola (R. Pinacoteca di Torino), 2 affreschi (Chiesa di S. Giuliano in Vercelli), 1 tavola (Palazzo arcivescovile in Vercelli), 1 tavola (Galleria Leone in Vercelli), 1 trittico (Chiesa di S. Anna in Vercelli). Bernardino Lanino 1510-1586: 1 affresco (Sacristia del Duomo di Novara), 5 affreschi (Pinacoteca Istituto di Belle Arti in Vercelli), 2 affreschi (Chiesa di S. Caterina in Vercelli), 1 Stendardo (Pinacoteca Istituto di Belle Arti in Vercelli), 1 affresco (Confraternita di S. Bernardino in Vercelli), 1 tavola: Deposizione (Chiesa di S. Giuliano in Vercelli), 1 tavola: Deposizione (R. Pinacoteca di Torino), 1 tavola (Chiesa di S. Sebastiano in Biella), 1 Madonna (Galleria Casa Arborio di Gattinara in Albano), 1 tavola (Galleria Borgogna in Vercelli), 1 tavola (R. Pinacoteca di Torino), 1 tavola: Icona (Chiesa di S. Paolo in Vercelli), 1 tavola (id.). La decadenza 1565-1600: 1 tavola (Sala d’Amministrazione dell’Ospedale di Vercelli), 1 tavola di Battista Giovenone (Galleria Borgogna in Vercelli), 1 tavola di O. Boniforti (id.), 1 tavola di Gerolamo Lanino (Chiesa si S. Giuliano in Vercelli), 2 affreschi di Gerolamo Lanino (Candia Lomellina), 1 tavola di Gerolamo Lanino (Chiesa di S. Cristoforo in Vercelli), 1 tavola (Chiesa di S. Francesco in Vercelli), 1 tavola (Brefotrofi o di Vercelli), 1 tavola di Gerolamo Lanino (S. Spirito in Casale), 1 tavola di Gerolamo Lanino (id.), 1 tavola di Pietro Francesco Lanino (Candia), 2 tavole (Palazzo arcivescovile in Vercelli), 2 tavole (Palazzo arcivescovile in Vercelli), 1 tavola (Proprietà Canetti), 1 tavola (Chiesa di Palazzolo Vercellese). Il documento a stampa è in Archivio di Stato di Vercelli, Famiglia Arborio Mella, mazzo 105, carte a classare, n. 521. 11 AMB, Verbale consiglio di amministrazione, seduta del 9 marzo 1921 convocazione d’urgenza. Alla presenza di Masoero (vicepresidente), Ferdinando Rossaro e Paolo Germano Stroppa, segretario il direttore Vittorio Petterino appena insediato: “Comunicazione circa pratiche per deposito tavole attribuite a Gaudenzio Ferrari: il direttore ha iniziato le pratiche presso il parroco di Gattinara per avere il deposito di cinque tavole dipinte attribuite a Gaudenzio Ferrari. Ha fi ducia che queste potranno essere condotte secondo i desideri di modo che le sale del Museo potranno essere arricchite di opere di un discreto valore artistico-storico-regionale. Chiede l’autorizzazione a proseguire le pratiche, ciò che l’amministrazione concede all’unanimità”. Le tavole, ormai smembrate dalla loro cornice originaria, arriveranno in museo solo dopo la mostra su Gaudenzio Ferrari del 1956. Si veda: P. Astrua, Fortuna e tutela, in Il polittico di San Pietro a Gattinara, quaderno per la presentazione del restauro, Vercelli 1989. 12 S. Baiocco, ad vocem Giovenone Gerolamo, in Dizionario Biografi co degli Italiani, vol. LVI, Roma 2001, pp. 412-415; S. Baiocco, Gerolamo Giovenone e il trittico di Gattinara, in D. Sanguineti (a cura di), Gerolamo Giovenone in Santa Maria del Rosario a Gattinara. Il restauro del trittico e del suo contesto, Genova 2003, pp. 11-21; S. Baiocco, Gerolamo Giovenone e il contesto della pittura rinascimentale a Vercelli, in E. Villata, S. Baiocco, Gaudenzio Ferrari. Gerolamo Giovenone. Un avvio e un percorso, Torino 2004, pp. 145-226. 13 Il Polittico di Bianzè al Museo Borgogna. L’autunno di Defendente Ferrari, a cura di C. Lacchia, M. Caldera, catalogo della mostra (Vercelli, Museo Borgogna, 27 febbraio - 17 maggio 2015), Milano 2015. 14 Viale, Civico Museo Borgogna cit., pp. 32-33, n. 29, tavv. 30-33, inv. 56; P. Manchinu, in Napoleone e il Piemonte. Capolavori ritrovati, a cura di B. Ciliento con M. Caldera, catalogo della mostra (Alba, Fondazione Ferrero, 29 ottobre 2005 - 27 febbraio 2006), Savigliano 2005, pp. 210-211, n. 32. 15 Viale, Civico Museo Borgogna cit., p. 35, n. 33, tav. 39; G. Galante Garrone, in Opere d’arte a Vercelli e nella sua provincia. Recuperi e restauri 1968-1976, catalogo della mostra (Vercelli, Museo Borgogna, Varallo, Pinacoteca, San Marco, Santa Maria delle Grazie, Sacro Monte, Biella, Museo civico, San Sebastiano, giugno-settembre 1976), Torino 1976, pp. 136-137, scheda Natività, tav. p. 153. 16 Istituto di Belle Arti di Vercelli (IBAVC), Verbali di Adunanze del Consiglio di Direzione, 1861-1868, n. 172, verbale del 23 febbraio 1865, “Acquisto 5 tavole Ricovero di Mendicità”; Mandato di pagamento dell’Istituto di Belle Arti, n. 33 del 9 marzo 1865 su delibera del 23 febbraio 1865 e quietanza del Ricovero del 11 marzo per lire 500; Viale, Civico Museo Borgogna cit., p. 37, n. 36, tavv. 42-43, inv. 41, 128, 43, 124); M. di Macco, Gerolamo Giovenone, in Gaudenzio Ferrari e la sua scuola cit., pp. 91-94: p. 93; Galante Garrone, in Opere d’arte a Vercelli cit., p. 137. 17 S. Ghisotti, in Gaudenzio Ferrari e la sua scuola cit., p. 95; su San Marco si veda: M.C. Perazzo (a cura di), La chiesa di San Marco in Vercelli, Vercelli 2010, in part. p. 48. 18 Viale, Civico Museo Borgogna cit., pp. 37-38, nn. 37, 38, 39, tavv. 44-45, inv. 62. 19 G. Romano, Gerolamo Giovenone, Gaudenzio Ferrari e gli inizi di Bernardino Lanino. Testimonianze d’archivio e documenti fi gurativi, in Bernardino Lanino e il Cinquecento a Vercelli cit., pp. 24 e 29. 20 Viale, Civico Museo Borgogna cit., p. 39, n. 40, tavv. 46- 47. 21 Galante Garrone, in Opere d’arte a Vercelli cit., p. 138. 22 S. Baiocco, Gerolamo Giovenone e il contesto della pittura rinascimentale a Vercelli, in Villata Baiocco, Gaudenzio Ferrari Gerolamo Giovenone cit., p. 180, fi g. 59. 23 S. Baiocco, Gerolamo Giovenone e il contesto della pittura rinascimentale a Vercelli, in Villata, Baiocco, Gaudenzio Ferrari Gerolamo Giovenone cit., p. 180.