GEROLAMO GIOVENONE - Un Capolavoro ritrovato

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Ritorno in famiglia: la collezione dei “Giovenone” al Museo Borgogna

Nazaro Maggiore a Milano2. Alla successiva asta Bevilacqua La Masa, nel 1900, l’interesse cadde nuovamente su un’opera data a Gaudenzio Ferrari, ma oggi ormai assestata sull’attribuzione all’allievo vercellese Bernardino Lanino: si tratta della preziosa tavoletta “Dal Pozzo” con la Sacra conversazione3 (fig. 5 a p. 31). Nel 1902, all’asta della vedova Arrigoni di Milano, comprò una Sacra famiglia data a Gaudenzio e ancora all’ultima asta Genolini del 1905, alla quale partecipò poco prima della morte, acquisì il piccolo Presepe con il monogramma di Cristo di Defendente Ferrari. Completava la serie di opere di Lanino anche l’acquisto presso la marchesa Mensi di Milano della tavola raffigurante una Sacra conversazione, firmata e datata al 1563, detta “Madonna del cane” per la presenza del cucciolo di volpino con un vezzoso collare a campanellini, acciambellato sullo sperone di roccia ai piedi della Vergine4. Come notiamo, non suscitava grande interesse per il collezionista la produzione di Giovenone, le cui opere erano piuttosto rare alle aste alle quali partecipò e qualora fossero presenti risultava più vantaggioso restituirle al più quotato e noto artista valsesiano. Sappiamo comunque che nell’Ottocento iniziavano a circolare opere con firme e date falsificate anche di Giovenone per alimentare le richieste del mercato antiquariale. Ne abbiamo un esempio proprio nella grande pala, trasportata su tela ed esposta nel salone, raffigurante la Madonna col Bambino in trono incoronata dagli angeli tra i santi Giovanni Battista e Bovo, che riporta un piccolo cartiglio, con firma e data apocrife, da avvicinarsi alla produzione dell’astigiano Gandolfino da Roreto o, come suggerito da Caldera, a Pascale Oddone, pittore piemontese del primo Cinquecento, di cui è documentata l’attività tra il 1523 e il 15465. Nel contempo le opere dei Giovenone erano comunque ben rappresentate sugli altari delle chiese cittadine, dove lo stesso Gustavo Frizzoni, nel suo percorso vercellese, le aveva puntualmente identificate ed elencate, mentre il locale Istituto di Belle Arti, di cui Borgogna era socio, provvedeva ad acquisirle e a ricoverarle nella propria Pinacoteca6. Un episodio che può avallare il disinteresse

CINZIA LACCHIA

Il prestigioso acquisto di Banca Patrimoni Sella della inedita pala d’altare di Gerolamo Giovenone, con il suo generoso deposito a Vercelli, offre un’opportunità significativa per il Museo Borgogna. Il suo arrivo permette finalmente di arricchire il corpus del pittore all’interno di un nucleo museale già rilevante ma dove mancava una testimonianza della sua produzione matura. La collezione di pittura antica, raccolta alle aste antiquarie dal fondatore Antonio Borgogna (18221906), vantava già a fine Ottocento alcune opere di primitivi piemontesi, anche se solo tardivamente il collezionista dedicò attenzione alla scuola vercellese. Alla vendita della prestigiosa collezione del marchese Mercurino Arborio di Gattinara del 1899, Borgogna si aggiudicò due grandi tavole firmate e datate: una di Boniforte Oldoni con Sacra famiglia e santi del 1548; l’altra di Giovanni Battista Giovenone, nipote di Gerolamo, del 1547, raffigurante il Matrimonio mistico di santa Caterina, la cui composizione riprende l’analogo dipinto di Gaudenzio Ferrari del 1530-1535 collocato nel duomo di Novara1. Alla stessa asta acquistò anche alcune piccole tavole a monocromo che erano attribuite a Gaudenzio Ferrari (Angelo che suona l’arpa e Angelo che suona la viola ora dati a Lanino e Salita al calvario) oltre a una copia tarda dello stralcio con l’Adorazione dei magi tratta dal ciclo ad affresco di San Cristoforo. Il collezionista dedicò attenzione anche ad alcuni disegni, copie ottocentesche di riproduzione, di particolari degli affreschi di Gaudenzio Ferrari in San Cristoforo e uno di Lanino nella chiesa di San

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