Un’Adorazione del Bambino di Gerolamo Giovenone (e Bernardino Lanino)
grotta o l’angelo dell’Annuncio, che risultano in qualche misura esasperati dalle vicissitudini conservative. È immediato il rapporto che lega questo dipinto ad altri due di Gerolamo Giovenone con lo stesso soggetto, conservati rispettivamente nella sacrestia della chiesa di San Cristoforo (fig.1) e nel Museo Leone2 (fig. 2): come ha dimostrato Thierry Radelet in queste stesse pagine, le tre composizioni sono state ricavate da un unico cartone, in tempi probabilmente molto ravvicinati. Nel primo caso, il gruppo della Natività con sant’Antonio è pressocché identico; il san Francesco, modificando il colore dell’abito e aggiungendo la palma del martirio, è diventato il domenicano san Pietro Martire e, al centro, è inserita l’immagine di sant’Antonio Abate; le modifiche più profonde riguardano lo sfondo dove non troviamo più la roccia centrale ma una capanna vista in scorcio prospettico. Queste stesse considerazioni possono essere estese anche alla tavola del Museo Leone che, anche in questo caso, presenta un più ampio rimaneggiamento compostivo sullo sfondo, lasciando quasi inalterato il gruppo dei protagonisti principali. La versione più simile alla tavola qui presentata va riconosciuta in un disegno delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, anch’esso dubitativamente riferito a Giovenone e probabile preparatorio per l’opera: oltre alla perfetta corrispondenza dei personaggi principali – inclusi i santi Francesco e Antonio – troviamo qui la quinta rocciosa dalla quale si affacciano i pastori; un altro pastore è seduto nella finestra naturale sulla destra, mentre l’episodio dell’Annuncio sullo sfondo è più simile, nella distrubuzione delle figure nello spazio, al dipinto oggi in San Cristoforo. La tavola del Museo Leone, già nella confraternita di San Giuseppe, ripropone il gruppo della Sacra famiglia con l’angelo aggiungendo un san Francesco, raffigurato qui secondo un modello differente rispetto a quello dello stesso santo (e di san Pietro Martire) nelle altre due redazioni, una santa Apollonia, ispirata a una delle figure del polittico di Santhià, insieme con un pastore.
MASSIMILIANO CALDERA
L’inedita Adorazione del Bambino con i santi Francesco d’Assisi e Antonio da Padova presentata in quest’appuntamento espositivo è una grande pala centinata, a spazio unificato, oggi racchiusa in una cornice ottocentesca di collezione che ha sostituito, in un momento non precisabile, quella originale1: le tracce della battuta si leggono comunque sulle zone lasciate a risparmio ai lati della centina. Introduce il fedele alla scena un arco dorato, ornato di lacunari; in primo piano un angelo dai capelli fulvi e dalle ali iridescenti presenta il Bambino Gesù alla Vergine, inginocchiata in preghiera sulla destra; al centro, san Giuseppe, in atteggiamento devoto con le mani incrociate sul petto, contempla il Figlio; alle sue spalle, in piedi, san Francesco osserva la scena: il personaggio è identificabile, oltreché per la tonaca grigia dell’ordine, per la piccola croce di legno che impugna nella mano destra, per il libro e per le stimmate; all’altro lato sant’Antonio da Padova – il giglio fiorito spunta dalle braccia – chiude la composizione; in secondo piano, un pilastro roccioso suggerisce l’idea di una grotta ombrosa e ricca di vegetazione: da dietro la rupe si sporgono incurositi due pastori, mentre sulla destra, in un prato circondato da dirupi boscosi altri pastori ricevono da un angelo l’annuncio della Natività. L’opera presenta alcune disuguaglianze qualitative: accanto a brani d’intensa nobiltà formale – l’angelo in primo piano, il volto commosso di san Francesco, le misteriose penombre che avvolgono le rocce – si riconoscono invece momenti più deboli e corsivi, come il bue e l’asinello nella
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