L'autonomia siciliana dal 1946

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1. Lo Statuto dell始Autonomia Siciliana parte integrante della Costituzione Italiana Il 26 febbraio 1946 lo Statuto dell始Autonomia Siciliana, cos矛 come confermato dall始Assemblea Costituente, diveniva parte integrante della Costituzione Italiana. A redigere il testo statutario, che da oltre sessanta anni regola la vita politica siciliana, fu, nel dicembre del 1945, la Consulta Regionale, composta da esponenti politici e giuristi di chiara fama.

2. Le votazioni del 20 aprile 1947

Il 20 aprile 1947 avevano luogo le votazioni in Sicilia per eleggere la prima Assemblea Regionale. Il responso delle urne vedeva l'affermazione del Blocco del Popolo, forza di sinistra che, con una percentuale del 29,13% dei voti, conquistava la maggioranza relativa e ventinove seggi. Alla Democrazia Cristiana, uscita sconfitta nella competizione, toccavano venti seggi, mentre alla destra del Blocco Liberalqualunquista ne toccavano quattordici. Gli indipendentisti, presentatisi in due tronconi (Movimento Indipendentista Siciliano e Movimento Indipendentista Siciliano Democratico Repubblicano) conseguivano un risultato inferiore alle attese - rispettivamente otto seggi e un seggio - sintomatico di una crisi in atto. La competizione elettorale si era svolta in un clima incandescente, registrando vari episodi di intimidazione di matrice reazionaria.

Votazioni 20 Aprile 1947

Votazioni 20 Aprile 1947

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Si andava verso una esasperata radicalizzazione della lotta politica. Lʼincupirsi dello scenario politico a fronte dei gravi problemi del dopoguerra poneva seri interrogativi sul destino stesso dell'autonomia.

3. La strage di Portella della Ginestra

La sfida delle forze reazionarie nei confronti della sinistra si spinse fino all'agguato in località Portella della Ginestra. La banda di Salvatore Giuliano attaccò dirigenti politici e sindacali e manifestanti in occasione delle celebrazioni della Festa del Lavoro il 1° maggio del 1947. L'ispettore di pubblica sicurezza Messana era oggetto di accuse e sospetti sulla possibilità che dirigesse il banditismo politico invece di combatterlo. Commemorazione Strage Portella della Ginestra

Commemorazione Strage Portella della Ginestra

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4. Il Governo Alessi e lʼacutizzazione della lotta politica

Dopo le elezioni si pose il problema di individuare una formula di governo capace di dare risposte opportune alle difficoltà del momento. Si decise, sotto la regia della D.C., per la presidenza dell'On. Giuseppe Alessi, espressione delle forze giovani cattolico-sociali e di ispirazione anticomunista. A presiedere l'Assemblea fu chiamato il liberalqualunquista Ettore Cipolla.


Il quadro politico italiano e quello internazionale, segnati, rispettivamente, dall'avanzata del centrismo e dallʼacuirsi della Guerra Fredda, si riflettevano sul gioco delle parti dei partiti politici, non favorendo certo il dialogo necessario al rafforzamento dell'autonomia. Anzi, si verificavano preoccupanti cedimenti del governo regionale verso quello centrale, sempre più deciso ad esercitare un costante controllo sulla situazione isolana. Una serie di misure prese nel settore dei lavori pubblici, come la legge per l'edilizia scolastica, la legge per la istituzione dell'Ente Siciliano per le Case ai Lavoratori (E.S.C.A.L.), la legge per la creazione delle unità ospedaliere circoscrizionali, si connotava per rispondere alle esigenze di sviluppo della società siciliana. Ma queste misure comportavano l'uso di cospicue risorse pubbliche, a tutto vantaggio di interessi privati. Le forze progressiste restavano in posizione di allerta e pronte a sollecitare interventi di rettifica, che spesso portavano a soluzioni più eque. Per quanto riguarda il rapporto della Regione con gli organi centrali, cominciavano segnali di malessere. Il governo centrale veniva accusato di stringere sempre più la Sicilia nella morsa, impugnando le prime leggi regionali.

5. Il movimento per la terra e la Riforma Agraria Il settore in cui la Regione esercitò l'azione più incisiva fu quello dellʼagricoltura, che in quel tempo rappresentava il cardine dell'economia locale. Per larghi settori dell'opinione pubblica e della classe politica siciliana la riforma agraria era l'asse portante della svolta autonomistica.

Giuseppe Alessi

La Riforma Agraria in Sicilia

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Il “movimento per la terra” era l'unico grande movimento collettivo di questo periodo, a cui tutte le correnti politiche potevano far riferimento. Il Governo Alessi procedette alla presentazione del disegno di legge n. 4, approvato nella seduta del 24 giugno 1947: «Norme per la ripartizione dei prodotti cerealicoli e delle leguminose da granella e da foraggio per l'annata agraria 1947/48». Questo provvedimento fissava il sistema di ripartizione dei prodotti fra colono e proprietario, disponendo che al primo venisse assegnato il 60%, mentre al secondo il 40%. È stata sottolineata la netta distinzione della legge rispetto alle altre varate a livello nazionale, sia da quella per la valorizzazione dell'Altipiano Silano, sia da quella denominata “legge stralcio”: rispetto a queste essa appare più completa ed organica, poiché investe in pieno il campo della trasformazione e della buona coltivazione.

6. Il settennio felice La Riforma Agraria in Sicilia

Il Presidente Franco Restivo

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Con la seconda legislatura si entrò in un periodo di maggiore stabilità. Il nuovo Presidente della Regione Siciliana era Franco Restivo, subentrato al dimissionario Giuseppe Alessi. Il Governo di Restivo, coincidente in campo nazionale con l'esperienza centrista, venne definito da Silvio Milazzo come «il settennio felice della Regione Siciliana». Il nuovo Presidente si fece apprezzare per equilibrio e capacità operativa. Quando un primo stanziamento di quindici miliardi di lire pervenne alla Regione, egli destinò tutta la somma alla costruzione di scuole elementari, specialmente nei comuni periferici. Restivo diede applicazione alle norme d'attuazione del-


l'autonomia speciale e incentivò nuove fonti d'occupazione. Fu con scarsi mezzi ma con molto entusiasmo che l'istituto dell'autonomia raggiunse alti livelli di credibilità. Tuttavia anche questo periodo non fu esente da quel malcostume e da quell'arrivismo che faceva ricorso a espedienti di tipo clientelare, inquinando la vita politica e sociale. Anche questo periodo fu segnato da contrasti con il Governo centrale, attestato su posizioni antimeridionalistiche e ostili all'autonomia siciliana. Ne è una prova il fatto che il 7 dicembre 1950 il Governo centrale impugnava il testo contenente la Riforma Agraria regionale. Sarebbe successivamente intervenuta l'Alta Corte per sancirne legittimità costituzionale.

7.L'elezione di Gronchi e la crisi del centrismo

Un fatto clamoroso rappresentò, nel 1955, l'elezione di Giovanni Gronchi alla Presidenza della Repubblica. L'asse politico nazionale si stava spostando verso sinistra. Una delle cause è da ricercare nella divisione interna al partito democristiano. Proprio nel 1955, infatti, assunse la carica di segretario Amintore Fanfani e il partito si divise tra “fanfaniani” e “antifanfaniani”. Ciò che lo rendeva inviso a parte del suo stesso partito, era l'invasività in tutti i settori della vita dello Stato, insieme ad una gestione autoritaria del partito. Di fatto egli puntava alla trasformazione del partito in un apparato di potere, capace di esercitare capillarmente un rigido controllo su tutte le realtà amministrative del Paese, dal Governo nazionale alla più minuscola comunità locale. Nel settembre del 1961, ad un governo di centrosinistra, la Sicilia fu teatro di una esperienza precorritrice: nacque il

Festa della Regione, 1952

Il Presidente Giovanni Gronchi

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primo Governo di centrosinistra. Difatti il Governo nazionale di centro-sinistra si formò ventisette mesi dopo, nel 1963. La stessa caduta di Fanfani avvenne prima in Sicilia, attraverso la vicenda che coinvolse La Loggia, suo diretto rappresentante (estate-autunno del 1958), per poi ripetersi nella sede nazionale nel gennaio del 1959.

8. Fattori del fallimento del fanfanismo e problemi dell'industrializzazione nell'isola

Enrico La Loggia

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In Sicilia due fattori principali hanno impresso una forte accelerazione al processo di disgregazione del fanfanismo. Il primo attenne al rapporto tra economia e politica e si riferisce al dibattito, allora in corso nell'isola, sul tema dello sviluppo industriale, a motivo di ciò si fronteggiarono i portatori di interessi contrapposti, gli uni disposti ad accettare i compromessi dei grandi monopoli settentrionali, gli altri sostenitori della necessità di ampliamento e potenziamento di imprenditoria locale. I problemi si avvertirono con la promulgazione della legge sull'industrializzazione il 5 agosto 1957: arrivarono voci di pressioni che la Confindustria avrebbe esercitato sul Presidente La Loggia, perché il testo legislativo fosse strutturato in modo da risultare “funzionale” alla grande industria settentrionale. La Loggia veniva visto al servizio dei nemici dell'autonomia, prevaricatore e antidemocratico. Queste vicende sul tema dell'industrializzazione mostrano uno scenario inquinato dai tentativi di asservire l'autonomia alle mire egemoniche del grande capitale privato. Si ritiene tuttavia che le presunte pressioni esterne di Confindustria non abbiano condizionato la legge sullʼindustrializzazione, che anzi attribuì un ruolo di rilievo alla


Società Finanziaria SO.FI.S. a partecipazione regionale di maggioranza. Ma una sconfitta inaspettata per l'imprenditoria locale avvenne in occasione dell'esclusione dalla presidenza della SO.FI.S. dell'Ing. Domenico La Cavera, Presidente degli industriali siciliani e punto di riferimento per quanti speravano nel rinsaldarsi dell'economia isolana. La Loggia fu accusato per avere assecondato questo veto nei confronti di La Cavera alla presidenza di SO.FI.S. Il secondo fattore che in Sicilia contribuì alla disgregazione del fanfanismo fu la lotta faziosa divampata (anche a livello nazionale) in seguito al responso delle urne per le elezioni del 25 maggio 1958. Malgrado il successo riportato dalla D.C., i tempi erano maturi perché fosse sferrato un attacco decisivo al Presidente della Regione La Loggia. Lʼinsofferenza del popolo siciliano era dovuta al piglio autoritaristico ed accentratore del Presidente, che operava un riformismo solo di facciata.

9. Ascesa e caduta di Silvio Milazzo

Il 2 agosto 1958 l'A.R.S. respinse il bilancio presentato dalla Giunta La Loggia. Fu la fine della Presidenza La loggia. Il 30 ottobre 1958 Silvio Milazzo costituì un Governo di unità siciliana, in aperto dissenso con i vertici del partito democristiano, rappresentata proprio dall'uscente La Loggia. Questo gruppo uscito dall'alveo del partito cattolico formò il Movimento Cristiano Sociale. La formula politica con cui si costituì il gruppo di Governo era assolutamente inedita e eterogenea, al punto da meritare il conio della formula di “milazzismo”. Ebbe un effetto determinante nell'affermazione di Milazzo il supporto dell'opposizione di sinistra, che

Movimento Cristiano Sociale

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Silvio Milazzo

LʼOn. Majorana Della Nicchiara

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conduceva una battaglia contro lo strapotere di La Loggia. Ma contribuì anche la spaccatura interna allo schieramento parlamentare democristiano, e quella dei gruppi collocati a destra e all'estrema destra (Partito Monarchico e Movimento Sociale Italiano). Le loro motivazioni erano per ridimensionare o liquidare l'invasione fanfaniana. Il 31 ottobre entrò in carica il primo Governo Milazzo, in cui si trovavano a convivere espressioni della dissidenza democristiana, della sinistra socialista e della destra. Anche i comunisti avevano in Giunta un indipendente eletto nelle loro liste. In ragione di questa anomalia Milazzo volle sottolineare il carattere non politico bensì amministrativo di quella maggioranza. Gli obiettivi che si pose questo Governo furono di procedere all'applicazione fedele delle leggi in vigore, alla spoliticizzazione della struttura burocratica regionale, alla vigilanza sul fenomeno delle giacenze di cassa, alla rigorosa tutela dello Statuto Siciliano. La reazione dellʼopinione pubblica fu favorevole. Ciò che veniva maggiormente apprezzato era l'impegno assunto, sotto il profilo etico, di perseguire gli interessi della Regione ed assicurare la massima trasparenza nel modo di amministrare. Si guardava con fiducia alla possibilità di governare al di là della logica di schieramenti in favore di risultati concreti. Tuttavia le contraddizioni interne allo strano gruppo di Governo vennero fuori in occasione dell'applicazione delle leggi agrarie, dell'arginamento e della penetrazione dei monopoli industriali nella Società Finanziaria Regionale, della modernizzazione in senso democratico dei consorzi di bonifica, tradizionalmente esposti alle pressioni mafiose e della tutela dello Statuto. Nel febbraio del 1960 l'esperienza di Milazzo volse al termine, quando l'On. Majorana della Nicchiara, forte dell'impegno scritto da parte dei vertici della D.C. di portarlo alla Presidenza della Regione, lasciò la compagine milazziana, seguito da altri dissidenti. Così si aprì la crisi di Governo. Il 22 febbraio Majorana venne eletto Presidente della Regione, guidando un Governo di centrodestra.




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