La Sicilia dopo la Seconda Guerra Mondiale

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1. Il manifesto del Movimento Indipendentista Siciliano

Alla fine della Seconda Guerra mondiale il desiderio siciliano di autonomia si esasperò al punto di sfociare nel separatismo, cioè la volontà di rendere la Sicilia una nazione autonoma dallo Stato Italiano. Il documento più importante delle rivendicazioni separatiste è il manifesto lanciato il 12 giugno 1943 da Andrea Finocchiaro Aprile, padre ed animatore del Movimento per l'Indipendenza della Sicilia (M.I.S). Il manifesto esprimeva le delusioni e il malessere dei siciliani per le vessazioni subite nell'arco degli oltre ottanta anni di storia unitaria e ne gridava la volontà di riscatto. Proponeva inoltre la linea politica della resistenza passiva di fronte all'imminente sbarco alleato.

2. La resistenza passiva

Le parole di Finocchiaro Aprile erano cariche di passione e colpivano al cuore i siciliani provati dalle sofferenze della guerra. Rivolgendosi ai Palermitani e al popolo di Sicilia per avvertirli che «l'ora delle grandi occasioni» li chiamava a raccolta, il manifesto declamava: «Interpreti del sentimento del popolo, noi diciamo basta alla banda che spadroneggia sui nostri averi e sulle nostre vite. In nome del popolo, noi imponiamo al servo di Hitler e ai suoi accoliti e manutengoli grandi e piccoli, a quelli del continente italiano e ai rinnegati che

Finocchiaro Aprile

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Finocchiaro Aprile


vivono tra noi e di noi, di ritirarsi dalla scena del mondo. Si suicidino se hanno ancora un minimo di senso di onore e di coraggio, o fuggano come la viltà loro consiglia; noi ci sottraiamo al loro dominio. Vogliamo far sapere al mondo che la Sicilia è la prima a non riconoscere più la loro autorità e il loro arbitrio. [...] La resistenza passiva sìa la nostra prima arma. [...] Siate pronti alla riscossa: il giorno della giustizia si approssima. Noi non ci troveremo tra i rei, ma fra i giudici» (il testo originale del manifesto, dattiloscritto, è conservato presso l'Istituto Gramsci Siciliano di Palermo).

3. Le adesioni al M.I.S.

Movimento per lʼIndipendenza della Scilia

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Andrea Finocchiaro Aprile era un vero leader. Attorno alle rivendicazioni del separatismo era riuscito a coagulare schiere di parlamentari ed illustri esponenti della cultura siciliana, come il giurista Antonio Canepa, lo storico dell'arte Stefano Bottari, il grecista Valerio Milio, gli storici Antonino De Stefano e Luigi Tomeucci, il matematico Renato Calapso. La grande forza d'urto del Movimento era data però soprattutto dalla massa dei suoi aderenti, oltre 480.000. La variegata composizione interna del Movimento, in cui convivevano ribelli, religiosi, intellettuali di diversa ed incompatibile provenienza politica e culturale, fu all'origine della scelta della linea della resistenza passiva. Sarebbe stato impossibile infatti organizzare in una resistenza militare attiva un Movimento che conteneva forze così eterogenee e metteva insieme separatisti, comunisti e azionisti! Ma quale fu l'origine di questa spinta separatista? Di sicuro l'atteggiamento del regime fascista verso la Sicilia aveva contribuito ad allargare lo scollamento che divideva l'isola


dallo Stato Italiano. Dopo averla usata come fonte di consenso e di propaganda, durante la guerra Mussolini l'aveva abbandonata a sé stessa e alle sue sofferenze, con scelte avventate e penalizzanti. Quando poi al Duce giunse voce dei fermenti che agitavano la società siciliana, la sua reazione brusca e umiliante provocò lo strappo definitivo.

4. Il provvedimento dellʼagosto del 1941

Mussolini nell'agosto 1941 adottò un provvedimento sconsiderato: la deportazione dei funzionari siciliani sospettati di tradimento, atto brutale che allargò la frattura fra la Sicilia e l'Italia. Il malcontento popolare si tradusse presto in veri e propri atti eversivi, per esempio le scritte inneggianti all'indipendenza della Sicilia che apparvero nell'estate del 1942 sui muri di Catania e di Caltagirone.

5. Il programma del M.I.S.

Gruppo Speciale C.C.

Il 23 luglio 1943 Finocchiaro Aprile consegnò al Generale Alexander, comandante delle forze alleate, un memoriale che illustrava il programma del Movimento e conteneva la richiesta di formare un Governo provvisorio. Obiettivo ultimo, sollecitare la convocazione di un plebiscito con il compito di eleggere il Capo dello Stato Siciliano, per trasformare la Sicilia in una repubblica indipendente retta da una democrazia

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parlamentare a larga base sociale. Il documento, inviato ai governi di Londra e di Washington perché ne condividessero lo spirito e si impegnassero a sostenere le rivendicazioni dei Siciliani, suscitò reazioni diverse. Se a Londra il Daily Mail, nel darne notizia il 28 luglio 1943, riportava un commento favorevole alla tesi separatista a firma del suo corrispondente Alexander Clifford, in America, invece, il New York Times del 22 agosto 1943, nel riferire del manifesto e dei suoi 40 firmatari, criticava il fatto che essi chiedessero l'indipendenza non al popolo siciliano, bensì alle forze occupanti.

6. Lʼarmistizio

Finita il 25 luglio 1943 la parabola politica di Mussolini, il nuovo Governo guidato da Pietro Badoglio firmò l'armistizio in due fasi. Dopo la firma del cosiddetto “Armistizio Corto” (Cassibile, 3 settembre), venne firmato a Malta, il 29 settembre, l' ”Armistizio Lungo”. Duri i commenti del tempo: definito il primo documento «un assegno in bianco», per il secondo si disse che furono aggiunte le cifre. Le “cifre”, fuori dalla metafora, consistevano nella resa senza condizioni per l'Italia.

7. Le responsabilità di Badoglio

Emergevano intanto le gravissime responsabilità della linea, assolutamente ambigua, seguita da Pietro Badoglio nel corso di quegli eventi.

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L'Italia era strozzata dai vincoli dell'armistizio, in totale balìa del comando militare anglo-americano. Questo scenario, paradossalmente, alimentava le speranze dei Siciliani per il conseguimento dell'indipendenza. Da Brindisi, intanto, capitale di un minuscolo regno sabaudo formato dalle terre pugliesi liberate dalle truppe alleate, un fatto nuovo faceva preoccupare gli autonomisti siciliani. Vittorio Emanuele III, forte del consenso degli anglo-americani, proclamava, il 13 ottobre, la dichiarazione di guerra alla Germania. Così, con questa operazione di trasformismo, come osserva con acre sarcasmo il Duca di Carcaci, i «fuggiaschi di Pescara erano diventati cobelligeranti dei propri vincitori, e sul nuovo fronte del Garigliano, insieme allʼUnion Jack ed alla bandiera stellata si sarebbe potuto vedere il Tricolore e la bianca croce dei Savoia. Da quel giorno il Governo di Brindisi andò consolidandosi, se non di fatto, certamente de jure; e questo, naturalmente, era un pericolo mortale per la libertà dei Siciliani» (Il Movimento, cit., p. 26).

8. Indipendentisti e A.M.G.O.T.

Il 30 novembre 1943 il Colonnello americano Poletti assunse la carica di Capo della Commissione di Controllo, riunendo a Catania i prefetti dell'isola. Cartia, prefetto di Ragusa, presentò un ordine del giorno nel quale veniva caldeggiato il tempestivo passaggio della Sicilia all'amministrazione brindisina. Alla proposta aderì solo il democristiano Cammarata, prefetto di Caltanissetta, mentre gli altri sette si opposero pronunciandosi per lo status quo.

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Allora venne emesso l'appello rivolto all'A.M.G.O.T. (Allied Military Government for Occupied Territories), l'Organo di Governo Militare degli alleati per i territori occupati, affinché «fosse risparmiata alla Sicilia la sciagura di essere consegnata al cosiddetto Governo Badoglio». Tra i firmatari c'era anche Andrea Finocchiaro Aprile, leader del Movimento per l'Indipendenza della Sicilia.

9. La campagna propagandistica del M.I.S.

Disegno di Giuliano

Con un'intensa campagna di propaganda, intanto, i separatisti richiamavano l'attenzione della gente sulle cause dell'arretratezza in Sicilia, addebitandola alla scellerata politica antimeridionalista dello Stato unitario. Inoltre illustravano il proprio programma, fondato sulla riforma agraria e la salvaguardia della grande tradizione culturale e linguistica dell'isola. Questi appelli attecchirono facilmente in un popolo che non solo soffriva il profondo malessere materiale causato dalla guerra, ma viveva anche uno scollamento morale e politico nei confronti dello stato unitario italiano, percepito come ancora più distante e indifferente. Così, sull'onda dell'entusiasmo popolare, il Movimento vedeva crescere i propri consensi a dismisura.

10. Autonomia Siciliana e M.I.S.

Il Movimento Indipendentista divenne nel periodo post-bellico il vero asse portante di un progetto di autodeterminazione del popolo siciliano. Sebbene non assimilabile ad un vero e proprio partito a causa della sua eterogeneità

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interna, esso ebbe certamente un ruolo storico fondamentale: avere impresso una spinta propulsiva al processo di conquista dell'autonomìa.

11. Fine delle speranze riposte negli Alleati

Smentite ufficialmente dai governi statunitense ed inglese le voci che davano per sicuro un decisivo sostegno alla causa separatista siciliana, le speranze riposte sugli anglo-americani svanirono. Finocchiaro Aprile si spostò allora su posizioni federaliste passando dal sostegno per la Repubblica a quello per la Monarchica in occasione del Referendum del 1946 che avrebbe sancito la nostra attuale forma di Governo. Questi cambiamenti così repentini non devono stupire, se si pensa che il Movimento mancava di una ben definita eredità ideologica e che al suo interno convergevano confusamente elementi di svariata natura: dall'atteggiamento mafioso, al filocomunismo, ed interessi inconciliabili sulla carta.

Truppe Alleate

12. Caratteri del M.I.S.

A causa della sua eterogeneità il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia non si può assimilare ad un partito organizzato, con un programma definito, né si può confrontare con le forze politiche allora in campo. Mario Scelba nel 1944 scriveva: «Se il Separatismo siciliano, spezzando le incrostazioni centralistiche tuttora ben radicate nei cervelli e negli istituti, indurrà anche i più restii ad accogliere l'Autonomia regionale, si potrà concludere: non

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tutto il male viene per nuocere. Una grande battaglia per la libertà sarà vinta, e con la libertà, l'unità spirituale di tutti gli italiani: unità che non può significare uniformità, ma convergenza ai fini, comunanza di destino di un popolo veramente libero» (M. Scelba, Separatismo no, Regionalismo sì, in Sicilia DC, 1943-1953, Palermo, 1954, p. 139).

13. LʼE.V.I.S. e Antonio Canepa

Gruppi E.V.I.S.

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Nell'aprile del 1945 nacque lʼE.V.I.S., Esercito Volontario per l'Indipendenza della Sicilia, organizzazione militare a braccio armato del Movimento per l'Indipendenza della Sicilia. A comandarlo Antonio Canepa, del quale il Duca di Carcaci disegna un incisivo ritratto nelle pagine del suo bel libro-testimonianza Il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia (Palermo, Flaccovio, 1977, pp. 171-176). Canepa, pseudonimo di Mario Turri, era docente di Storia delle Dottrine Politiche all'Università di Catania e la sua figura aveva un alone fascinoso di temerarietà grazie alle voci che circolavano sul suo conto: avrebbe tentato un colpo di Stato nella Repubblica di San Marino, sarebbe stato l'artefice di un sabotaggio, effettuato nell'estate del 1942, contro la base aeroportuale tedesca a Gerbini, avrebbe combattuto nelle file dei partigiani in Toscana. Di certo era lʼautore di un volumetto che circolava clandestinamente sotto il titolo La Sicilia ai Siciliani, a firma di Mario Turri. Quella pubblicazione, nota come la «Bibbia del Separatismo», venne definita dal Duca di Carcaci un «abile compendio delle mille ragioni che militano a favore dellʼ indipendenza della Sicilia». All'inizio lʼE.V.I.S. si limitò a contrastare con le armi le continue irruzioni vessatorie delle forze dell'ordine italiane contro le sedi del M.I.S.. Il corpo armato, costituito sul modello dei partigiani jugoslavi, era formato da una cinquantina di uomini, reclutati dallo stesso Canepa. Tuttavia, il leader si dimostrò impreparato a coprire il ruolo di capo militare di un


esercito clandestino. Infatti a poco più di un mese di distanza dall'avvìo delle operazioni dellʼE.V.I.S., il 17 giugno 1945, fu ucciso in un conflitto a fuoco con i Carabinieri nei pressi di Randazzo (CT). L'uccisione di Canepa provocò scompiglio nel Movimento Separatista, portando a conoscenza dell'opinione pubblica l'esistenza del suo braccio armato.

14. La G.R.I.S. e le bande armate

Dopo qualche mese dalla scomparsa di Canepa, lʼE.V.I.S. allargò le sue fila con l'inserimento di molti militanti del M.I.S.. Nello stesso tempo però la sua azione si dirigeva sempre più verso atti sovversivi e legati al brigantaggio. Un'ulteriore svolta incontrollabile dell'azione del M.I.S. fu la nascita, nell'ottobre del 1945, di un «movimento nel movimento» fondato dai personaggi più intransigenti. Il nuovo corpo armato indipendentista fu chiamato Gioventù Rivoluzionaria per l'Indipendenza Siciliana (G.R.I.S.). La sua guida venne affidata, per la Sicilia orientale, a Concetto Gallo e al Duca Guglielmo di Carcaci. Per quella occidentale, a Giuseppe Tasca. Organizzare un esercito partigiano senza il sostegno delle bande criminali che scorrazzavano per le campagne siciliane nel 1945 era impossibile. Per questo il G.R.I.S. giunse nella Sicilia orientale ad un'intesa con alcune bande malavitose, mentre in quella occidentale si ufficializzò l'inserimento nellʼE.V.I.S. del noto bandito Salvatore Giuliano col grado di colonnello. Giuliano, chiamato il “Re di Montelepre”, avrebbe effettuato incursioni terroristiche nel palermitano contro i Carabinieri e l'Esercito tra la fine del ʼ45 e

Gruppi G.R.I.S.

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lʼinizio del ʼ46 (cfr. F. Gaja, Lʼesercito della lupara, Milano, 1962, p. 378), mentre altre scorribande avvenivano nel messinese e a Niscemi. Alla fine per volontà del Governo Parri fu catturato Concetto Gallo, i capi del M.I.S. vennero mandati al confine e nel contempo si avviò un'operazione di riappacificazione e di reinserimento nella legalità del Movimento Separatista. Così grazie a Giuseppe Romita, fattosi carico di quel compito, nella primavera del 1946 uno storico accordo poneva fine alla guerriglia separatista, così il dialogo sull'autonomia tornava a correre lungo i binari della normale dialettica politica. Osserva in proposito Battaglia: «La lotta politica siciliana si ricomponeva, a quel punto, attorno alle forze politiche e ai gruppi sociali rispondenti, fatti salvi i loro connotati specifici, al quadro nazionale. Dalle ceneri del separatismo prendeva forza la proposta autonomista, come soluzione storica del problema siciliano e come risposta politica alla domanda indipendentista" (R. Battaglia, Il Movimento Separatista, in AA.VV., Storia della Sicilia, Palermo, 1978, vol. IX, p 240).

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