L'Eco di Bergamo del 24 febbraio 2014

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L’ECO DI BERGAMO LUNEDÌ 24 FEBBRAIO 2014

Atalanta, se n’è andato un mito Ciao Ezio­gol, bomber della gente Un male incurabile ha stroncato Bertuzzo a 61 anni. La curva lo mise tra le leggende «È il meglio che possa capitare a un giocatore». Ha sempre avuto Bergamo nel cuore

PIER CARLO CAPOZZI

Non poteva che andar­ sene di domenica, Ezio­gol. E l’ha fatto prendendo una di quel­ le sue tipiche rincorse, come quando tirava i calci di punizio­ ne. Solo che, stavolta, invece di fregare portieri e barriere avver­ sarie, ha fregato noi. Che pur sapevamo quanto stesse male, ma non volevamo saperne di convincerci. Anche perché è successo tutto maledettamente in fretta. Ezio Bertuzzo era stato ope­ rato la scorsa estate, ma l’inter­ vento era apparso completa­ mente risolutivo. Era felice, so­ prattutto per essere tornato in Piemonte dopo anni a Bassano del Grappa, lui, figlio di emigran­

IL RICORDO ELIO CORBANI

La gente costrinse Bortolotti a riprenderlo

ti veneti che si erano stabiliti a Settimo Torinese, dov’era nato. Con Luisa, la seconda moglie, che si chiama curiosamente co­ me la prima, aveva trovato la casa dei suoi sogni, a Gassino, colline torinesi. Immersa nel verde e nella tranquillità, con la basilica di Superga appena so­ pra, tanta roba per un cuore Toro come il suo. E tutti i controlli del caso stavano andando benone e lui lo raccontava agli amici per tranquillizzarli e per dire che non vedeva l’ora che arrivassero le belle giornate per saltare sulla mountain bike e farsi le colline in su e in giù. Perché Ezio non stava mai fermo. Ma nell’ultimo mese la situa­ zione è precipitata. Non era da

lui non rispondere ad un sms. È stato in quel momento che gli amici hanno capito. Ezio era nato il 23 luglio 1952 ed aveva cominciato da piccolo a giocare a pallone, proprio nella cinta torinese dove s’era da poco trasferito di nuovo. Questo lun­ go giro della vita lo divertiva. Dopo le giovanili del Torino (Ezio fece il raccattapalle nel­ l’ultima partita di Meroni) ecco l’esperienza all’Asti Ma.Co.Bi. col giovane Antognoni, e poi il salto al Brescia (25 reti in 80 partite): Ezio, insieme a Chico Nova, riesce a non creare ecces­ sive discussioni tra i tifosi divisi dall’Oglio. Anzi, anche per lui, questa rivalità a volte troppo ac­ cesa è motivo di dispiacere. Poi

arriva Bologna e, nel 1976, l’ap­ prodo a Bergamo, con residenza in via Cappuccini, agli ordini di Titta Rota («Un padre piuttosto che un allenatore», ricordava spesso) e la cavalcata gloriosa verso la serie A, segnando la bel­ lezza di 13 gol, culminata con lo spareggio di Genova. Chi ha l’età per potersela ricordare, quella stagione, capisce perfettamente che il calcio non è fatto solo di numeri e di quoziente reti. Ber­ tuzzo è stato uno degli artefici di quei giorni lontani nella memo­ ria, ma vicini nel cuore. Quella promozione è nell’immaginario di ogni tifoso: i risultati per arri­ vare agli spareggi, la lunghissima teoria di pullman sull’autostra­ da, gente che arrivò a Genova

zio­gol» ci ha lasciato. Nato a Settimo To­ rinese, aveva compiuto 61 anni nel luglio scorso. Aveva conquistato il cuore dei bergamaschi con quei suoi 13 gol che avevano contribuito alla storica pro­ mozione dell’Atalanta nella stagione 76/77, ottenuta con i famosi spareggi di Genova sotto la guida di Titta Rota, che da grande motivatore lo aveva praticamente rilancia­ to. Le sue due reti realizzate all’ultima di campionato in casa contro il Rimini, erano state determinanti per assi­ curare all’Atalanta l’ammis­ sione agli spareggi. Bertuzzo a Bergamo era ar­

rivato dopo una deludente stagione nel Bologna dove aveva esordito in serie A di­ sputando 15 partite realizzan­ do una sola rete, smentendo così la sua fama di bomber che si era costruito a Brescia con 25 gol in tre campionati di serie B. Nell’Atalanta aveva trovato l’ambiente ideale, in una squadra ricca di ottimi gioca­ tori come Scala, Festa, Tavola, Mastropasqua, Fanna. Per i bergamaschi era diventato un idolo. Quando al termine di quella stagione (76/77) il presidente Achille Bortolotti lo ha ceduto al Cesena c’è stata una specie di insurrezione da parte della tifoseria nerazzurra, tanto da indurre la società a fare mar­

cia indietro, riportarlo a Ber­ gamo nel cosiddetto mercato di riparazione, trasferendo nella società romagnola Anto­ nio Percassi il quale dopo due sole partite ha deciso di ab­ bandonare il calcio per dedi­ carsi con successo alla sua at­ tività imprenditoriale. La sua fama di bomber Ber­ tuzzo se l’era costruita nel Brescia con 24 gol in tre cam­ pionati di serie B. Nella massi­ ma divisione con la maglia dell’Atalanta non ha avuto molta fortuna perché nelle 26 gare disputate in due stagioni, ha realizzato solo 4 reti. Non possedeva un particolare ba­ gaglio dal punto di vista tecni­ co, ma in quegli anni era il più bravo di tutti davanti alla por­ ta perché possedeva la classe,

«E

fuori tempo massimo, quella partita col Cagliari con i tifosi della Sam­ pdoria gemellati coi no­ stri, i panini imbottiti e la cocacola sul lungomare, i caro­ selli di auto a Bergamo. Chissenefrega se, negli anni successivi, Ezio Bertuzzo farà fatica a giocare. E ancor di più a segnare. Ormai lui è nella leg­ genda. Però, nel 1977, è ancora del Bologna che, per questioni mai chiarite del tutto, preferisce girarlo al Cesena. Per Ezio e per i tifosi nerazzurri è un brutto colpo. Verrà esposto uno storico striscione e il mensile «Forza Atalanta» ne farà una copertina: «Achille, dopo la A regalaci

Ezio». E il presidente Bortolotti, che aveva dato la sua parola, ragionò col cuore e riportò Ezio a casa in autunno, accettando perfino che il Cesena alzasse il prezzo. Da lì in poi, per Ezio, non ci sarà gloria eccessiva: un parco attaccanti affollato lo relegherà ai margini perfino in serie C. Ma ormai il suo nome è scolpito nel cuore dei tifosi che, nel maggio del 2012, espongono la sua ma­ glia gigante in Curva Nord, insie­ me ad altri sei monumenti del­ l’atalantinità. Ezio non voleva crederci. «Penso che questo gesto sia quanto di meglio possa capitare a un giocatore. Io non riesco a capacitarmene, ma un affetto così è il miglior riconoscimento che si possa desiderare». Appese le scarpette a 37 anni, con una bella parentesi a Croto­ ne, Ezio inizia la sua carriera di allenatore, specializzandosi nel­ l’insegnamento ai più piccoli. E dopo otto anni al Bassano era felicissimo di ricominciare pro­ prio a Gassino Torinese, dove abitava e dove aveva tirato anche i primi calci. Intanto non trascurava i lega­ mi del suo passato che poi altro non era che un me­ raviglioso presente: nel luglio del 2012 la sua ulti­ ma apparizione alla Festa della Dea, portato in trionfo co­ me sempre dai tifosi. E gli amici di Bergamo, quelli da contattare via Facebook, ma anche quelli da sentire al telefono ogni settimana e coi quali, magari, orga­ nizzare una cena per contarla un po’ su. Ezio era una perso­ na splendida: ammi­ rata da tifoso, cono­ sciuta da giornalista, frequenta­ ta da amico. Ezio era una perso­ na generosa e perbene, strappa­ ta alla moglie Luisa, ai figli Fran­ cesca e Filippo, ma anche a tutti quelli che hanno avuto il privile­ gio di frequentarlo. Rimangono cristallizzate le immagini che nessuno potrà portarci via. Dai calzettoni arrotolati alla sua esultan­ za in campo, dalla zazzera al vento ai capelli rasa­ ti degli ultimi anni, dalle sue risate contagiose ai rac­ conti c o n l’entu­ siasmo da ragazzo. E quegli occhi celesti in cui ti specchiavi alla fine di ogni ab­ braccio. Siamo tantissimi a volerti be­ ne. Ciao, Ezio, è solo un arrive­ derci. n ©RIPRODUZIONE RISERVATA

la scaltrezza, l’eleganza, la ra­ pidità del bomber di razza. Così i bergamaschi lo hanno eletto «Ezio­gol». Ha lasciato l’Atalanta al termine della stagione 81/82 con l’Atalanta in serie C. E do­ po un anno ad Asti ha chiuso la sua carriera. Ha continuato a mantenere il legame con la nostra città, la nostra tifose­ ria, la maglia nerazzurra, di­ mostrando un attaccamento del tutto particolare. Nel­ l’Atalanta ha collezionato in totale 150 presenze realizzan­ do 33 reti, e soprattutto ha conservato la fama del bom­ ber di razza. Ezio Bertuzzo per i berga­ maschi è ancora e sarà sempre «Ezio­gol». Addio. Ezio Bertuzzo

©RIPRODUZIONE RISERVATA


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L’ECO DI BERGAMO MARTEDÌ 25 FEBBRAIO 2014

Calcio

La scomparsa di Ezio­gol

L’intervista I funerali di Ezio Bertuz­ zo si svolgeranno domani alle 11, nella parrocchia di San Benedetto, in via Papa Giovanni XXIII 26, a San Mauro Torinese

ANTONIO PERCASSI presidente dell’Atalanta

«Io e l’Atalanta «L’ abbiamo perso un grande amico»

Atalanta per­ de un pezzo importante della sua sto­ ria, io perdo un grande amico. Il dolore è doppio». Ieri sul far della sera, dopo una giornata di contatti e riflessioni alternati al lavoro, il presidente dell’Atalanta Antonio Percassi ha proposto questo primo pen­ siero per ricordare Ezio Bertuz­ zo, suo compagno di squadra nella memorabile stagione degli spareggio di Genova (1976/77, Atalanta promossa in A col Pe­ scara, Cagliari rimasto in B). Domenica sera la notizia, pur non cogliendolo di sorpresa (le indiscrezioni sulla malattia di Ezio­gol erano circolate nel­ l’ambiente atalantino), lo aveva profondamente addolorato. La società aveva subito presentato le condoglianze alla famiglia con un comunicato ufficiale sul sito, ma il presidente aveva preferito il silenzio. Ieri la decisione di proporre il suo contributo. Presidente, qual è il suo ricordo di Ezio Bertuzzo?

«Ezio era entrato nel cuore dei tifosi, di tutti i tifosi dell’Atalan­ ta. Perché quando indossava i colori nerazzurri dava sempre tutto, in ogni partita. Per lui era assolutamente normale uscire dal campo con “la maglia sudata sempre”, come gli dicevano i tifosi. E quel suo modo di fare, lo aveva reso un simbolo per

Arrivò a Bergamo dal Bologna La cessione? La vide sul giornale Ci sono storie, e momenti di quelle storie, in cui i numeri e le stati­ stiche contano fino a un certo punto, perché il cuore, smarrito, segue altri itinerari, altri criteri. Accade anche nel calcio: le misteriose dinamiche che nascono fra un giocatore e il suo pub­ blico non sempre discendono dalle fredde cifre: a volte, anzi, sembrano prescinderne.

Gli almanacchi son lì da vedere, del resto; e lui stesso era il primo ad ammetterlo, forse con il com­ piacimento dell’uomo acuto e modesto: Ezio Bertuzzo a Ber­ gamo ha segnato, perfino gioca­ to, meno di tanti altri attaccanti, eppure è stato amato più di tanti altri, per alcuni più di tutti. Te lo diceva lasciando guizza­ re i suoi vividi occhi azzurri: all’Atalanta sapeva di non aver fatto chissà che; perciò, restava stupito di tutto l’affetto che Ber­ gamo puntualmente gli dimo­ strava. E, insieme, ne era felice. L’apice di quella gioia lo toccò quando la curva, nel 2012, espo­ se le maglie gigantesche dei gio­ catori simbolo della storia ne­ razzurra: fra tanti miti, per la precisione fra Gardoni e Strom­ berg, c’era anche lui, Ezio Ber­ tuzzo. Il suo cuore era stato anzitut­ to granata, perché era nato e cresciuto nella cintura della cit­

tà sabauda, al Torino si era for­ mato come calciatore e, per uno scherzo del destino, contro il Toro aveva esordito in serie A, vestendo la maglia del Bologna e segnando la rete della vittoria. Salire a Superga con Ezio era una specie di pellegrinaggio sa­ crale: l’uomo era tutto fuorché retorico, ma capivi che quella collina l’aveva dentro, un po’ perché amava percorrerla a pie­ di o in bicicletta, un po’ perché il suo calcio era quello lì, fatto di uomini, di storie, di lealtà e di serietà: il calcio di uno che aveva segnato i primi gol al Filadelfia, vedendo Gigi Meroni e la prima squadra allenarsi a pochi metri di distanza; il calcio che ha poi insegnato per anni nel settore giovanile del Bassano, a ragazzi che ora lo piangono con bellissi­ me parole di stima e riconoscen­ za. L’altro grande amore di Ezio era l’Atalanta, ma anche la sua vicenda bergamasca fu molto particolare: un idolo della curva, per non dire di tutto lo stadio; uno che coi suoi gol aveva porta­ to in A l’Atalanta da capocanno­ niere, rimase a Bergamo senza però trovare lo spazio che si pensava potesse competergli. Nell’ottobre del 1977 Ezio lega il suo nome all’Atalanta, ma per

Un’immagine recente di Ezio Bertuzzo, per tutti «Ezio­gol»

iniziare un lungo, lento e sor­ prendente crepuscolo, che ac­ cetta con grande senso di disci­ plina: mai una polemica, mai una parola sopra le righe. Ancora più incredibile ciò che accade dopo: il mito di Ezio­ gol, dei suoi baffi e dei suoi cal­ zettoni abbassati, delle sue pu­ nizioni e delle sue reti, anziché spegnersi piano piano, resta vi­

vo e addirittura cresce. A favo­ rirlo sono anche internet e le possibilità che esso offre: Ezio, per esempio, è in Facebook, e, quando i tifosi atalantini della sua epoca se ne accorgono, ecco che trovano grande disponibili­ tà e sensibilità nel loro antico bomber: se gli scrivono, rispon­ de; se lo invitano, un paio di vol­ te all’anno Ezio, da Bassano e poi

tutta la gente dell’Atalanta».

fu una scelta tattica del Titta».

E per i compagni di squadra, invece, cos’era Ezio Bertuzzo?

Come no, Titta Rota. Un altro simbo­ lo dell’Atalanta.

«Quello che a volte pare detto per retorica, ma in questo caso non lo è: un modello di compor­ tamento da seguire. Un uomo vero che viveva il calcio con grandissima professionalità. Stavi con lui nello spogliatoio e vedendo come si preparava al lavoro, con quella sua dedizione davvero speciale, non potevi che seguirne l’esempio. Proprio per questo era entrato nel cuore anche di tutti i compagni, non solo dei tifosi».

«Un grande allenatore, un moti­ vatore incredibile, il Colantuo­ no di quei tempi. Era la persona giusta al posto giusto».

E per Antonio Percassi calciatore, cos’era Ezio Bertuzzo?

Poi a fine partita, ci fu una festa memorabile. Anche se era solo la prima partita.

«Sì, la festa fu incredibile. Quel giorno lo porterò per sempre dentro di me, ricordo ogni mo­ mento, ricordo la te­ nerezza finale di Ro­ ta, i grandi abbracci con tutta la squa­ dra». E la festa con Ezio­gol.

«Normale, Ezio era il «Tra noi c’era meno di simbolo di quell’Ata­ un anno di differenza, lanta, per tutti il vero lui era nato nel luglio trascinatore. Con i ’52, io nel giugno ’53, Antonio Percassi suoi gol e con il suo quindi il feeling era modo di giocare sem­ anche generazionale. Noi erava­ pre al massimo, senza rispar­ mo tra i giovani del gruppo, c’era miarsi in alcun modo». intesa sul modo di intendere il calcio, sull’approccio al lavoro di Quella era stata la stagione d’oro di ogni giorno, che fosse l’allena­ Bertuzzo: 13 gol. mento o la partita cambiava po­ «Agli spareggi ci aveva trascina­ co». ti lui, ricordo che aveva segnato più del doppio dei gol di tutti gli Lei e Bertuzzo eravate entrambi altri compagni andati a segno. nella squadra che ha giocato e vinto E quel suo modo di giocare ci gli spareggi promozione del contagiava sempre tutti». 1976/77. Ricorda quel 29 giugno a Genova, quel 2­1 al Cagliari?

«Quel giorno non lo scordo per tutta la vita, con quasi 20 mila bergamaschi arrivati a Marassi con ogni mezzo. Ezio era in cam­ po, come sempre, io sono entrato dalla panchina a metà ripresa al posto di Scala, che aveva segnato da poco il momentaneo 2­0. Do­ vevamo difendere il vantaggio,

da Torino, accompagnato dalla deliziosa Signora Luisa, viene a Bergamo e si ferma qualche giorno, per una pizza con gli uni, un pranzo con gli altri, un aperi­ tivo con gli altri ancora. Così, i ragazzini che guarda­ vano incantati dalle tribune del Comunale il giovane puntero in maglia nerazzurra, ora, attem­ pati, trovano un signore brizzo­ lato di squisita gentilezza, abile narratore, sempre disponibile e onesto. Chi ha avuto occasione di av­ vicinarlo, lo sa: quelle chiacchie­ rate volavano, Ezio raccontava senza reticenze e senza edulco­ rare nulla, mostrando sempre il senso della misura e l’equilibrio tipici delle persone intelligenti e per bene. Nelle sue parole si ritrovava il sapore di un football che non c’è più, si intravedevano i volti dei protagonisti di allora: poteva narrare di quando il pic­ colo Astimacobi fece fortuna vendendo i suoi due gioielli An­ tognoni e Bretuzzo rispettiva­ mente a Fiorentina e Brescia; oppure descriverti il Maestro Bernardini che gli aveva inse­ gnato tattica nelle rondinelle, o il «petisso» Pesaola, distratto allenatore a Bologna; memora­ bile il resoconto della sua estate del ’76: è in Sardegna, attende di conoscere in quale squadra gio­ cherà e ogni mattina apre ansio­ samente la «Gazzetta», finché un giorno non legge che lo han­ no ceduto all’Atalanta, si arma di gettoni e chiama in sede per sapere se è vero, trovando con­ ferma da Giacomo Randazzo

Presidente, domenica ci ha lasciati un gran pezzo di storia...

«Scusate… ma io mi fermo qui… Ezio è stato un grande amico, con lui ho condiviso momenti importanti della mia vita. Mi viene difficile anche solo pensa­ re che se ne sia andato…». n Pietro Serina ©RIPRODUZIONE RISERVATA

(altro che i calciatori di oggi, con il loro corredo di telefonini, veli­ ne e procuratori…); sempre bel­ le le rievocazioni dell’anno me­ raviglioso che seguì a quella te­ lefonata, o delle rare ma intense soddisfazioni arrivate dopo, co­ me una micidiale doppietta a Vicenza sul finire dell’anno in C. Bastava chiedere ed Ezio ri­ spondeva, mai atteggiandosi ad alcunché, e lasciando che fosse­ ro i suoi interlocutori a com­ prendere (ci voleva davvero po­ co) lo spessore dell’uomo. Sape­ va anche essere un amico solle­ cito, Ezio, con chi gli entrava nel cuore. Se ne avevi la ventura, era poi il primo lui a mandare un sms di auguri, a chiamare qualo­ ra lo preoccupasse un troppo lungo silenzio, a darti una mano se ne avevi bisogno. Ora che un male implacabil­ mente rapace ce lo ha tolto, il vuoto appare grande, amaro, in­ giusto. È come se avessero ri­ mosso quella maglia dalla curva e l’avessero riposta in un luogo inaccessibile. Senza avvisarci e senza una ragione. Per moltissi­ mi se ne è andato un atleta esemplare, mai dimenticato; per una generazione, un idolo degli anni più belli, quelli in cui, se ci si affeziona a un calciatore, è per sempre; per non pochi ber­ gamaschi un amico grande, buo­ no e generoso, cui non basta dire grazie per la sua bellissima uma­ nità e non consola chiedere scu­ sa se ci accade di ricordarla con così inadeguate parole. n Stefano Corsi ©RIPRODUZIONE RISERVATA


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