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Riflessione in quarantena: piovosa ironia d’aprile
Andrea Portigliatti Barbos 1
Sottofondo: rumore di pioggia, sorella (e professoressa e compagni) nella stanza accanto in video-lezione, Genesis – Supper’s Ready . 2
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Riassunto spunti: corpo/mente, macchina, rete, rituali.
Scrivo queste poche righe, che riceveranno una revisione e possibili aggiunte il 30 aprile, mentre fuori piove, a metà tra un libro e l’altro per una tesi che leggeranno al più quattro persone.
Il robot tagliaerba – lo chiamiamo Tino, il vicino lo chiama Pluto – avanza imperterrito anche sotto lo scrosciare che da ore ricorda ai miei concittadini di non uscire. Ma Tino non respira, non si ammala, al massimo si bagna, e finché i suoi sensori non rilevano una certa umidità, lui parte e lavora le sue sei ore, per poi ricevere vitto e alloggio. Le sue prospettive di carriera sono legate al posizionamento nel giardino anteriore o posteriore, ma gode di circa 3 mesi di vacanza nel periodo invernale. Con la velocità con cui l’erba cresce in questo periodo di alternanza tra pioggia e sole, sono grato che se ne occupi Tino.
È uno strumento che sostituisce il mio corpo, salvandomi dalla pioggia. Nello stesso modo, il tagliaerba tradizionale mi protegge dal dover recidere ogni singolo
Classe 1996, residenza a Giaveno (TO), laureato in Filosofia con la tesi “Fenomenologia del 1 Videogioco”, laureando in Filosofia Teorica presso l’Università degli Studi di Torino, Counselor Filosofico in formazione (I anno) SSCF & ISFiPP.
filo d’erba con le cesoie. E queste dal doverlo strappare con i guanti. Quest’ultimi, infine, dall’usare le mani nude.
La civilizzazione nel suo slancio verso il progresso (sia esso considerato positivamente o negativamente) punta a liberare sempre più l’uomo “civilizzato” dai bisogni del corpo e dal bisogno del corpo attraverso l’uso di appropriati strumenti. Rispetto ad anche solo un secolo fa, la tecnologia ha avuto una spinta esponenziale sulla quasi totalità degli ambiti, portandoci a ridefinire sempre più i concetti associati a quei campi. Quello che la fantascienza già sognava, la trasmissione delle menti, sembra ormai raggiungibile. Il progresso, si può dire, è il manifestarsi dello Spirito in quanto Geist, spirito, fantasma. Fantasma nella macchina che è il corpo.
Uno sguardo alla cultura greca ci rivela che il corpo non aveva importanza minore di mente e spirito. La ginnastica era una parte fondamentale dell’educazione dei giovani e della persona nella sua interezza, secondo l’ideale di kalòs kai agathòs, cui si unisce l’intellettualismo etico socratico (se si conosce davvero il bene, non si può volere il male). Già nei greci, tuttavia, era presente una distinzione che si sarebbe andata sempre più incrinando: il corpo è soggetto delle passioni, è passivo; la mente, al contrario, può controllare le passioni, è attiva, e di conseguenza, la mente controlla il corpo, e la mente virtuosa non si lascia controllare dai bisogni del corpo. Fantasma nella macchina.
Cartesio scinde totalmente corpo e spirito/mente. Il corpo non è altro che un involucro in cui / con cui la mente opera sul mondo esterno, che in ogni caso rischia di essere parzialmente o completamente falso, e dunque soltanto una conoscenza può essere salvata, penso dunque sono. Sono in quanto pensiero, in quanto mente. Non in quanto corpo. Fantasma nella macchina.
Il nostro corpo non ci consente di volare, né di esplorare gli abissi o spingerci fuori dal pianeta. La mente, al contrario, dopo aver usato i suoi strumenti iniziali, i suoi organi e articolazioni, ne crea altri, capaci di svolgere compiti inauditi per la mera carne. Ed ecco che la mente pian piano non necessita più del corpo per esplorare i suoi desideri (che sono nobili, a differenza di quelli del corpo, sensuali, inferiori), ma sfrutta questi artefatti per i suoi scopi, per spingere il limite sempre più lontano. Fantasma nella macchina.
La quarantena ci ha spinto ancora di più verso questa direzione. Il distanziamento sociale, l’allontanarsi fisico dagli altri, ha richiesto di sopprimere in toto la corporeità. In un’epoca come il ventunesimo secolo, lo sperimentiamo con frequenza, ma mai lo abbiamo fatto con tale continuità. Non ne siamo ancora pronti.
Tino l’assassino, l’altro nomignolo che, più che altro, ci serve per sospirare ogniqualvolta si blocca su di una buca lasciata da una talpa. Il crimine peggiore di Tino è stato spappolare una lumaca che per sbaglio aveva incrociato il suo cammino a spirale. Avesse preso una talpa avrebbe ricevuto una medaglia al valore; in questo caso, solo una lavata di lama. Per il resto, non esce mai dal giardino. Lavora da casa, è l’epitomo dello smart-working, con le sue sei ore al giorno, l’assistenza sanitaria e le ferie invernali. Fantasma nella macchina.
Non va a protestare in strada. Internet, o meglio, i social sono potenzialmente portatori di una democrazia quasi assoluta: consentono a chiunque abbia una connessione al web di poter esprimere la sua opinione e commentare l’opinione altrui, talora persino proteggendo l’identità reale con una falsa. Con lo schermo in mezzo, non c’è velo a ciò che si può dire, fare, essere. Interpretare il proprio pensiero, interpretare il proprio agire, interpretare un altro personaggio. Palcoscenico e piazza sono mischiati, e spesso domina la voce più forte. Perché anche la rete fa rimbalzare l’eco di alcune frasi, positive, neutrali o negative che siano, purché la gente le condivida. Un corpo condiviso si spezza, perde pezzi. La mente priva di corpo che viaggia per la rete può moltiplicarsi, caricarsi e scaricarsi nelle menti altrui, in tutto il mondo. Fantasma nella macchina.
Così le piazze delle città restano semi-deserte. Si nota di più quando un gruppo – anche piccolo – va a protestare la sua reclusione, senza mascherine né guanti, sbraitando a pochi centimetri o pollici di distanza. Libertà da, sogno americano. Non siamo privi dei nostri furbastri anche in Europa.
Il nemico (è una strana guerra, ma la propaganda c’è sempre) è stato chiamato scaltro, pur non avendo nemmeno un cervello. Un essere che è a metà tra il vivente e il non vivente, una capsula di proteine con un nucleo genetico che, come ogni creatura del mondo, punta a riprodurre i suoi geni. “Muore” per riprodursi, perché deve iniettare il suo codice genetico in quello di una cellula e riprodursi tramite essa. Un parassita. Una serie di informazioni dal corpo multiforme. Un algoritmo 150
capace di influenzare la realtà, di resistere e contagiare chiunque, in tutto il mondo. Fantasma nella macchina.
Con lo spazio della rete siamo senza spazio dove far stare il corpo. Stupido corpo che si ammala. Se fossimo soltanto una serie di informazioni in una capsula non rimpiangeremmo gli spazi aperti. Saremmo liberi nel cyberspazio. Fantasma nella macchina.
Tino si è bloccato, grazie al cielo ho una scusa per andare fuori, fuori dalla macchina. Metto in pausa i Genesis, non si sa mai.
Sembro più uno zombie che un fantasma in una macchina, ultimamente. Ma questo è tipico degli universitari. Esami posticipati, lezioni saltate, dispense che sostituiscono il contatto con il professore. L’università è migliore rispetto ad una pura formazione autodidatta soltanto per il confronto diretto con gli insegnanti, per la possibilità di usare strumenti e apparecchiature troppo costose se non inottenibili da un privato cittadino, e per la registrazione degli esami. Non è poco, ma due terzi delle sue peculiarità sono stati spazzati via dal nemico. E del terzo non eravamo nemmeno certi in tempo di pace.
Tempo, anche il tempo è alterato. C’è chi ne approfitta per lavorare quando gli fa comodo, c’è chi lavora senza sosta perché la routine è stata abbattuta dalla staticità dello smart-working. I contatti sono ridotti, i rituali annientati.
Senza i rituali appropriati, anche gli dei muoiono e il mondo collassa. Per questo Tino è una benedizione, per chi non ha un cane. Ha smesso di piovere, forse il quattro si esce. Maggio di maieutica?