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Parole silenziose
Mariacarla Zunino 1
Per fortuna il cielo in questi ultimi mesi (accidenti, mi soffermavo per quantificare il tempo, ma non sono neanche due mesi di isolamento forzato!) è stato azzurro per molti giorni; non che non ami la pioggia, anzi, a Torino, al di là delle inondazioni, è sempre benedetta perchè ci protegge dai danni dell’inquinamento, lava l’aria, pulisce le strade, aiuta la vegetazione… eppure… nei momenti più bui, quando il silenzio anomalo di corso Francia era interrotto solo dalle sirene delle ambulanze, quando attraverso i media eravamo travolti dall’affanno di chi era impegnato in prima linea nell’aiuto ai malati e dai carri dell’esercito che trasportavano feretri da una regione all’altra, quando abbiamo toccato con mano la nostra precarietà di creature; beh, in quei momenti quel cielo azzurro ha nutrito la speranza che ci potesse essere un domani. Quel cielo azzurro ha protetto la nostra umanità e l’ha custodita.
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Scrivo in un tempo in cui si sta organizzando quella detta “fase 2”; una fase in cui ci si arrovella su come poter convivere con il virus che ha cancellato il nostro tranquillo tran. Sì, perché una cura certa non esiste ancora e il vaccino è un miraggio, un anno, forse di più perché sia pronto, ipotizzano gli scienziati, ipotizzano, appunto, quindi ancora un’ estate, un autunno, un inverno, una primavera... in questo tempo immobile, in cui tanto si dice e si ascolta, ma l’agire è limitato tra le mura domestiche, rifletto su quanti sentimenti e su quante emozioni ci hanno travolto a partire da febbraio 2020… emozioni e sentimenti collettivi ma, alla fine, individuali ed intimi.
E penso a quante parole abbiamo messo in campo per dare vita alla nostra interiorità, per poterla condividere con l’altro perchè con gli incontri limitati, distanziati e protetti da maschere, il linguaggio del corpo si è ammutolito: le nostre mani non stringono più e le nostre braccia non avvolgono più il corpo di parenti e
amici, la mimica facciale è appannaggio degli incontri virtuali. Il sentire passa solo attraverso la parola.
Parole donate, come quelle dei testi sacri e delle guide spirituali, che hanno accarezzato il cuore e goccia a goccia tenuta viva la speranza.
Parole cercate, per darci una spiegazione di ciò che stavamo vivendo, per affrontare una quotidianità fatta di equilibri da bilanciare, o ancora per mettere in atto ricette culinarie da sperimentare o per proseguire in casa un minimo di attività fisica.
Parole dette, a coloro che, molto avanti negli anni, hanno visto infrangersi il sogno della vacanza al mare, oppure che da una casa di riposo non si capacitavano di non poter più fare il giretto in cortile.
Parole ascoltate, come quelle dell’amica che pur avvezza ad affrontare a denti stretti e con coraggio le prove della vita, si trova di fronte ad un’incognita economica per la ripresa del suo salone di parrucchiera; oppure quelle di chi, nell’imminenza di un trasloco nell’appartamento tanto sognato, aspetta, circondata da scatoloni, due pigiami e un frigorifero imprestato dalla vicina, di poter di nuovo circolare liberamente.
Parole taciute con la lingua, ma che urlavano nel petto tutta la partecipazione al dolore dell’umanità intera a cui mai, come in questo tempo, abbiamo sentito di appartenere e di condividerne il destino, al di là di differenze di Stato o di colore di pelle.
Parole, insomma, che potessero raccogliere e mettere in ordine tutto quel materiale in bilico sul farci impazzire, morire di crepacuore o divenire bulimici.
Tutta quella moltitudine di parole, però, anziché produrre intorno rumore, sono rimaste come sospese nell’aria, senza suono.
Ognuno di noi ne ha trattenuta qualcuna tra le tante, forse quelle che in questo momento storico di pandemia si sono incrociate con la propria personale
esperienza di vita, che si sono appiccicate al cuore e che infine, tutte rinchiuse nel silenzio dell’anima, aspettano un tempo per rinascere.
Mi piace pensare, ed è il mio auspicio per il futuro, che ci fermeremo ad ascoltare quel silenzio e, ringraziando la vita per il dono di esserci ancora, andremo a riprenderle ad una ad una, una parola alla volta e le indagheremo con calma e rispetto, sul sentiero della conoscenza di sé, riconoscendole come eco di una moltitudine di voci, un arcobaleno che, attraverso di noi, raggiungerà coloro che, attenuata la tempesta, ci interpelleranno alla ricerca di senso e significati.
Le parole che io custodisco sono queste:
fiducia; solitudine; stupore; timore; affanno; fedeltà; creatività; tristezza; condivisione; precarietà; dono; attesa; riorganizzazione, rumore; silenzio; morte; risurrezione; ascolto; riconoscimento; appartenenza; pietà; lacrime (tante) di gioia, di commozione, di dolore, di impotenza, di gratitudine; delusione; bontà; amore; speranza.