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Allimprovviso?
Anna Cristina Tavazza 1
Senza rumore, senza apparente preavviso: il Covid-19 Impercettibilmente e lentamente arriva da lontano; esplode ed introduce una rottura con il nostro quotidiano. Fissa la nostra attenzione
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Abitiamo in un risultato: è emergenza Mi fermo, insieme all’Italia Stupita. Sospesa. Il mio pensiero per ora tace Divento ospite di un Tempo tutto a disposizione
Casa-Orto-Giardino-Garage-Cantina-Spesa: al momento questa è la mia nuova geometria; non mi pesa, perché ho da tempo cose in sospeso da fare e colgo l’occasione per metterci mano a fondo.
Ancora ferma, ma ora con il mondo intero: pandemia Più si allarga il raggio d’azione del virus, più il nostro palcoscenico si restringe È cambiata la geografia di tutti i corpi nello spazio Mentre l’umanità è amputata della socialità -e non solo- la sbandierata retorica dell’“Andrà tutto bene” avanza e si converte in mantra.
E allora mi bussa una sensazione e le apro: il processo di mascheramento del reale è iniziato e mantra come questo non fanno che inaugurare l’inizio della sospensione del giudizio e della riflessione.
Che cosa andrà bene, di preciso?
Laureata in pedagogia, con approfondimenti nella terapia della famiglia e nelle dinamiche 1 comunicative all’interno dei sistemi, con incursioni nella pnl, nei corsi per formatori, nella pedagogia steineriana , nei corsi di teatro, nei corsi di massaggio. Attualmente insegno in una scuola primaria. Counselor Filosofico in formazione (I anno) SSCF & ISFiPP 163
Scampoli di pensieri, figli di una mia momentanea auto-legittimazione all’inconcludenza riflessiva che mi concede di non cucire concetti e conclusioni, galleggiano a singhiozzo su un rumore di fondo dalle mille voci:
Emergenza/Necessità Insinuante linguaggio bellico Cinesi/Americani Quarantena Quarantena: ginnastica per pesi massimi Libertà/Costrizioni/Confinamenti Tempo: continente da esplorare
Tempo: siamo sorprendentemente liberi, tanto il tempo è come ce lo raccontiamo e come noi lo percepiamo
Tempo: rischia di diventare un cerchio: mattino-pomeriggio-sera colazionepranzo- cena
Tempo: si restringe, si allarga, s’inabissa Tempo: è troppo e in quel troppo naufraghiamo
Tempo: costruzione di un nuovo copione personale per farlo fruttare e non perderlo
Tempo: bello averne così tanto, una ricchezza tutto sommato Durata/Ritmi Spazio/Limite Solidarietà/conflitto Equilibrio/Ricerca della giusta misura No sport
Trasformazione dei legami famigliari/Prossimità forzate /Lontananze forzate/ Solitudini
Distanziamento sociale: no abbracci- no baci,-no strette di mano-no vicinanza dei corpi
Vuoti: scuole/strade/negozi/teatri/musei/cinema/bar/ristoranti/luoghi di ritrovo Riduzione: Confinamento/Confinamenti nel confinamento (anziani e malati) /Isolamento
Meno globali e anche meno onnipotenti Paure/Rabbie/Dolore Morte: Morti in solitudine/Morti con Virus/Morti di virus/Morti per ingiustizia sociale (i non assistiti) Certezze/false certezze Intasamento ospedali Disorientamenti/Impotenze Futuri incerti/Perdite di senso/Perdite di significato Tutto ha un senso, la natura si ribella Mascherine/guanti/volti coperti Violenza/Menzogne/Verità? Manipolazione dell’informazione/Imbavagliamento dell’informazione alternativa/Oscuramento emittenti libere/Democrazia? Fase1
Non sono spaventata
Non perché la situazione non sia degna del mio spavento casomai, ma perché -quando mi trovo in un imprevisto scomodo, o grave- rimango in una sorta di sospensione temporale in cui navigo non sospinta inizialmente da alcun pensiero preciso. Né da opinioni.
E’ un sistema rodato, che non ho idea da dove mi arrivi. Ma sempre so dove mi porta.
Rimango immersa in una sorta di Senza-Tempo, seduta sull’oasi del Non-So, consapevole –per esperienza- che è così che io trovo le mie nuove, intime coordinate.
E so che arrivano. Non le cerco, non saprei cosa cercare e dove cercarle: arrivano e basta.
Uno stallo apparente, fertile, in cui il mio unico merito è stare in ascolto con tutta me stessa di Me Stessa.
Una rendersi disponibile alla possibilità di non coincidere con la situazione: mi disadatto momentaneamente.
Poi mi rimodulo. 165
Rieccomi.
Aumento la mia verticalità: leggo, studio, scambio pareri con mia figlia e con i miei amici, cucino con mia figlia, lavoro da casa, mi tengo informata, o disinformata. Scrivo. Mi stufo dei pareri: miei e altrui. Provo a mettermi nei panni dei partner che devono stare a lungo separati; nei panni dei commercianti angosciati; di chi ha persone care in terapia intensiva; di chi è intubato e non può ricevere visite; di chi non ha potuto salutare una persona cara che è morta; di chi è morto in solitudine; delle persone costrette ad una vicinanza forzata e penso che per nutrire affetti, riscoperte a parte, occorrano anche distanza e separazione. E via immedesimandomi.
Divago. Guardo film. Coccolo i gatti. Rifondo dei pareri. Cerco humus nei miei guizzi riflessivi contradditori. Mi sento fortunata. Mi sento un po’ in colpa a sentirmi fortunata. Poi faccio pace col senso di colpa e mi sento fortunata e basta. Poto il fico.
E poi pratico una ponderata disubbidienza che mi permette di prendermi cura di me stessa con serenità, sapendo che il mio disubbidire non mette in pericolo né me, né il prossimo, essendo non lesivo del suo diritto alla sicurezza: abito in una zona verdeggiante, a qualche minuto dalla città, ma anche a qualche metro dalla possibilità di ”fuga” lungo sterrati non frequentati che, tra gli alberi e una fitta vegetazione che la primavera ha fatto esplodere giusto in tempo, portano nelle vicinanze delle rive del fiume che attraversa la città.
Così riservo anche un po’ di spazio alla mia orizzontalità e a giorni alterni mi riconcedo questo riaffratellamento con la natura, di cui sento veramente molto la mancanza. Mi ricarica e le sono grata, come sempre.
La rassegnazione acritica mi richiederebbe più energia della disubbidienza.
Mi richiede molto meno dispendio di energia uno strappo che mi faccia uscire dai vincoli che la situazione impone se i vincoli, portati all’estremo, sono palesemente irragionevoli e lesivi in modo insensato della mia libertà di decisione.
Sempre per predisposizione personale, senza quindi alcun merito, mi conduco un giorno alla volta, non perdendo però di vista il binario che ho impostato, ma senza impiccare l’esistenza alla smania di volere a tutti i costi delle certezze.
Diciamo che in geometrie preordinate e preconfezionate (persino da me stessa) mi sento soffocare, mentre invece la possibilità di sorprendermi mi è di respiro ed è un modo per sintonizzarmi, creare e agire.
Mi dà sicurezza sapere che posso concedermi uno scarto, perché mi si riossigenano i pensieri e l’azione e magari si creano le condizioni per affacciarmi su possibilità inattese, o per scorgere -in me- risorse inaspettate. 166
Così, posso essere una responsabile custode di me stessa. E quindi di mia figlia
Il rumore di sottofondo continua ad accompagnare le mie giornate: Vaccino/Non vaccino/Consenso libero /Beneficio collettivo? /Case farmaceutiche Tamponi/esami sierologici Comunità vulnerabile/Comunità atomizzata/Comunità tenuta all’oscuro e manipolata Totalitarismo dei media Ulteriore imbavagliamento dell’informazione alternativa a quella ufficiale: sempre di più l’unica riconosciuta e legittimata. Riaperture Scaglionate? /Uscite per scaglionamenti d’età? Stai ancora a casa/stai nel tuo comune/stai nella tua regione/chiedi il permesso Braccialetti/app immune/chip/droni Libera scelta? Qual è, ora, la giusta misura? Abbassamento calcolato del livello cognitivo pericoloso chi ne è portatore e per la comunità Costituzionale/non costituzionale/Carta dei diritti fondamentali della UE Dichiarazione dei diritti dell’uomo Calpestamento di convenzioni internazionali/dei diritti dell’uomo/dei dati ufficiali/del buon senso Accentuazione crescente del divario economico Educazione all’ignoranza Media compiacenti/ Finti dibattiti? Ancora distanza sociale Annunciata la fase2
Continueremo ad essere figli di un atomismo minore: individui-particelle che non possono aggregarsi?
Non più soggetti, ma individui isolati che si rifugiano nella comunità virtuale: ma cosa c’è di comunitario nel sostituire un’esperienza vissuta in presenza, con una esperienza surrogata che ha a che fare più con l’assenza che con la presenza?
Saremo in grado di uscire da questo simulacro di comunità, una volta spogliati dalla paura?
In che modo ricostituiremo una comunità presente a se stessa e così coraggiosa da uscire dall’ imbozzolamento nebbioso della paralisi figlia della paura, per impegnarci a scegliere e ad agire?
O, aspettando Godot, i più avranno radicato- compiacenti- delle abitudini?
Perché i fatidici ventisette giorni, utili ai comportamenti per trasformarsi in abitudini (così almeno sottolinea certa teoria), li abbiamo largamente oltrepassati: siamo oltre la circostanza e la comunità potrebbe esser entrata nell’area dei comportamenti fissi.
Educati ogni giorno a vivere nello spavento, celati da una mascherina che ci copre metà volto ed elimina l’olfatto, abbiamo gradualmente impostato un silenzioso alfabeto che centellina al cervello-mente l’informazione che gli altri sono non-annusabili e temibili, quindi da evitare.
Fino a che punto abbiamo interiorizzato gli imperativi del distanziamento sociale?
Ci faremo abitare da una componente autistica pensando di essere al sicuro?
Vivere nello spavento e nella diffidenza reciproca è una miscela perfetta verso l’implosione di una comunità
Questa situazione sarà stata integrata in una comune maniera di vedere le cose e la rinuncia alla libertà personale sarà vista come una “possibilità” per avere-salvala-vita, e non come una mostruosità?
La realtà aveva degli odori, dei gusti, delle temperature, dei contatti; ora la realtà è fatta di immagini di un Durante.
Dove siamo trascinati in questo durante? Da quali correnti?
Se la comunità riuscirà a scrollarsi di dosso lo spavento, avrà voglia e interesse –ora- a stare nell’ascolto globale e non solo parziale?
Sarà così responsabile (e quindi libera) da voler individuare almeno lo spruzzo sufficiente che le faccia capire che tipo di correnti sotterranee ci stanno trascinando da tempo in un processo silenzioso di deriva? …così, tanto per non ritrovarci poi catapultati, per inerzia, in un risultato confezionato da cui non riusciremo a districarci?
Come fare? Quali aspetti custodisce e cela questa matrioska di correnti silenziose in cui siamo inseriti? Quali pulsioni, quali aspetti, quali contraddizioni, quali brandelli?
Che cosa le implica una nell’altra?
Quel che sta accadendo oggi, da un certo punto di vista, è che si sta forse portando all’estremo –accelerato dall’emergenza virus- un processo verso cui questa società ci fa tendere da tempo? Vale a dire all’evaporazione dei rapporti intersoggettivi?
L’idea stessa di “comunità” è in pericolo?
L’idea stessa di democrazia come mezzo per promuovere una comunità di soggetti è in pericolo? O è già tramontata?
Cosa fare, insieme, per fare emergere intelligibilità diverse?
Come potremmo riorganizzare le nostre risorse e metterle al servizio della comunità, consapevoli ovviamente del gioco delle influenze e delle coincidenze che tutti i fattori del mondo esercitano reciprocamente gli uni sugli altri?
Come potremmo creare uno ying e uno yang tra fattori di sano adattamento e fattori di “estroversione”?
Come mantenerci vitali e non perdere di vista né la nostra personale Itaca né, quindi, l’Itaca della comunità in cui siamo inseriti?