Abisso (Sara Allegrini)

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Sara Allegrini ABISSO

Sara Allegrini Abisso

e rilegata, ha qualcosa di affascinante. nome impresso, passione probabilmente resterà appassionati.

I personaggi e le vicende di questo romanzo sono immaginari. Ogni riferimento a persone o fatti reali è da ritenersi casuale.

Abisso

Nicolò, socio in questo progetto, in grado di realizzare questo mio sogno. va a lui per aver “sposato” messo obiettivo. a tutti gli intervistati permesso di incontrare particolare Pietro Manganoni, Gigi Soldano, ci ha fornito la maggior parte delle pubblicazione. sempre sostenuto soprattutto amici di sempre che ancora prima di aver riservargli naturalmente.

www.itacaedizioni.it/abisso

Scrivi all’autrice: 21lettori@gmail.com

Prima edizione: luglio 2023

© 2023 Itaca srl, Castel Bolognese Tutti i diritti riservati

ISBN 978-88-526-0757-8

Cura editoriale: Margherita Orsi

Progetto grafico: Daniela Dal Pane, Isabel Tozzi

Crediti di copertina CooiCo/Shutterstock.com

Stampato in Italia da Modulgrafica Forlivese, Forlì (FC)

Col nostro lavoro cerchiamo di rispettare l’ambiente in tutte le fasi di realizzazione, dalla produzione alla distribuzione. Questo prodotto è composto da materiale che proviene da foreste ben gestite certificate FSC‰ , da materiali riciclati e da altre fonti controllate. Utilizziamo inchiostri vegetali senza componenti derivati dal petrolio e stampiamo esclusivamente in Italia con fornitori di fiducia, riducendo così le distanze di trasporto.

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DENTRO

Uno

L’edificio era un cubo di cemento. Ricordava la carcassa di un grosso cetaceo. Era stato Robo a scoprirlo e a esplorarlo per primo, nella zona industriale, in mezzo a un campo di sterpi ed erba agonizzante.

«C’è da divertirsi, fratelli!» aveva anticipato con occhi scintillanti da lucignolo.

Lui chiamava tutti “fratello”; di sicuro guardava troppi telefilm. Almeno quando non andava a cercare posti nuovi per fare pazzie.

«Chi va per primo?»

Claudia guardò la trave che attraversava il vuoto per parecchi metri, perdendosi nel buio dall’altra parte.

«Sei sicuro che non finisce all’inferno?» gli chiese con aria dubbiosa Malco.

Fidarsi era bene, ma non fidarsi di Robo era sempre meglio. Raccontava delle balle galattiche e i suoi scherzi finivano spesso per prendere una pessima china.

«Anche fosse? Comunque, certo, cagasotto: dall’altra parte c’è un distributore con ancora le patatine dentro» confermò quello.

Claudia fissò di nuovo la trave, stretta e lunghis-

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sima; la voragine che si apriva sotto esercitava su di lei un fascino ineluttabile. Era come se l’abisso la stesse chiamando.

«Vado io» si decise.

«Claudia, non fare la scema» cercò di trattenerla Elena, la sua migliore amica.

Evidentemente lei non sentiva la voce insinuante dell’abisso che la attirava a sé.

Claudiaaaa…

Chiamava distintamente il suo nome.

Nell’abisso c’è la vitaaaa.

La voce trascinava le “a”, ipnotica come un cobra che ti guarda negli occhi prima di scattare.

Si tolse la borsa a tracolla e lo sciarpone di lana, per essere più libera nei movimenti.

Elena la stava ancora tenendo per una manica, ma Claudia la scrollò via. Non la sopportava quando faceva la pappamolle paurosa: mostrava troppo rispetto delle regole e un timore eccessivo di essere beccata.

Claudia mise un piede sulla trave. Il cemento sfarinava, e in alcuni punti pareva trasudare un plasma marcescente e nerastro.

«Se muoio» sorrise storta «salutatemi i miei e ditegli che non gli ho voluto bene.»

In genere era quella la frase noncurante di addio con cui si accomiatava dal mondo, ogni volta che si apprestava a fare qualcosa di pericoloso o scemo. O entrambe le cose. Ma tutti risero comunque, anche se l’avevano già sentita cento volte.

Avanzò di altri due passi. Fin lì era ancora pos-

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sibile tornare indietro, e proprio per questo accelerò, un piede dopo l’altro, con le braccia aperte come bilancieri, la gonna cortissima che scopriva le gambe snelle e muscolose sotto le calze nere, foracchiate come le avesse ripescate da una tana di tarme.

Gli anfibi erano rigidi ma tenevano bene la caviglia. Tutto intorno, il mondo era scomparso. Il gruppo, alle sue spalle, doveva aver smesso di respirare, ma per lei era come se non ci fosse più nessuno. Erano solo lei e il baratro cieco lì sotto. Arrivare dall’altra parte sarebbe stata una vittoria. Ma, per come la vedeva, lo sarebbe stato anche cadere nel vuoto. Vivere. Morire. Che differenza faceva? Proprio nessuna.

Qualcosa si mosse sotto di lei. Un sorcio, di sicuro, ma bastò a distrarla e a farle perdere l’equilibrio. Il rumore che uscì dalla bocca di Elena (un risucchio con cui doveva aver ingoiato un ettolitro d’aria), i grugniti degli altri la riportarono sul pezzo. Accelerò, perché fermarsi o esitare sarebbe equivalso a cadere, e in un lampo fu dall’altra parte.

Urli, ululati, bestemmie, applausi si sollevarono in un coro scomposto di festeggiamenti. Claudia era una dura. Non aveva paura di niente. Era come un maschio. Anzi, era meglio di un maschio. Infatti era andata lei per prima, mentre gli altri se l’erano fatta addosso.

«Ehi, Robo!» si sentì la sua voce dall’altra parte, proveniente dal buio. «Qui ci sono solo cartacce! Niente patatine. Lo sapevo che eri un brutto stronzo.»

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«Cerca meglio» urlò Robo, mentre già setacciava attorno per decidere chi sarebbe stato il prossimo.

«Secondo me tocca a Pantegana.»

Pantegana era uno che aveva avuto la sfortuna di essersi unito da poco al loro gruppo. Si era subito guadagnato il soprannome grazie a un panino ripieno di tutti gli avanzi che aveva evidentemente trovato nel frigo. Tipo cioccolata, insalata, mais e mortadella. Roba da pattumiera, insomma. E il soprannome aveva cancellato il nome vero, che probabilmente già nessuno ricordava più.

Pantegana aveva la faccia di uno che avrebbe preferito andare a vuotare i cassonetti alle quattro di mattina piuttosto che scavalcare assurdamente quel burrone. Tra l’altro aveva due in ginnastica, ed era perfettamente consapevole dei propri limiti: della totale mancanza di equilibrio, ad esempio, oltre che di altre cose necessarie in certe imprese, tipo il fegato e gli occhi.

«Gente, non mi pare il caso» esitò, ridacchiando.

«A me, invece, pare proprio il caso.»

Il gruppo cominciò a spintonarlo verso la trave.

«Pan-te-ga-na! Pan-te-ga-na!» gridavano, seguendo il primo che aveva dato inizio al tifo.

«Dai, non potete costringerlo» provò a far sentire la sua esile opinione Elena. Aveva un pessimo presentimento, ma non voleva dirlo. Aveva ancora lo stomaco stretto per l’esibizione appena conclusasi di Claudia. Per un attimo l’aveva vista spiaccicata di sotto. Ora, invece, ci vedeva già Pantegana, ridotto a un risotto.

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Pantegana si incamminò come un prigioniero sulla passerella dei pirati, con le cicce tremolanti e gli occhiali che scivolavano sul naso, rendendo ulteriormente difficile la prova.

Claudia rispuntò dall’altra parte, una sagoma nera che si confondeva nel buio. La sua faccia bianca sembrava fluttuare a un metro e cinquanta da terra come un ectoplasma. Dal rumore che emetteva, era evidente che aveva trovato le patatine.

«Ehi, Robo» disse noncurante e con la bocca piena, la voce che arrivava perfettamente, viaggiando nell’aria immobilizzata dalla tensione, «perché non ci hai detto che c’erano le scale?»

A quella notizia, il gruppo se ne uscì in schiamazzi e maledizioni all’insegna di Robo e abbandonò Pantegana al suo destino, uscendo dall’edificio di corsa, in una gara a chi arrivava per primo alle patatine gratis. Pantegana si distrasse, perse l’equilibrio e gridò.

Fu questione di un istante. Se avesse avuto abbastanza sangue freddo, come Claudia, avrebbe trovato modo di riprendersi, invece la sua mente era in preda al panico e precipitare fu un attimo. Il rumore del corpo sul pavimento fu orrendo. Elena, l’unica del gruppo a essere rimasta, lanciò un urlo acuto e stridente che fece tremare l’aria.

«Omioddio!» strillò, e continuò a ripeterlo come una pazza, le mani tra i capelli, cercando di vedere di sotto, di capire.

«Pantegana, tutto bene?» s’informò Claudia, continuando a infilarsi in bocca patatine.

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Nessuno rispose.

«Come può stare bene!» gridò isterica Elena fissando Claudia con occhi omicidi. «Saranno come minimo cinque metri!»

Il gruppo comparve accanto a Claudia, ansimante. «Pantegana?» chiese Robo, non vedendolo più sulla trave.

«È andato giù» comunicò neutra Claudia.

«Sei pazza?» si spaventò Robo. Sembrava che solo in quel momento gli si palesasse la possibilità che qualcuno potesse davvero finire di sotto.

«Tu lo vedi?» fece Claudia, accennando alla trave. «Ti dico che è di sotto.»

«Panteganaaaa!» strillò Robo con le mani a imbuto intorno alla bocca.

Anche gli altri si misero a chiamare. Elena singhiozzava come una disperata, mezzo nascosta nel collo alto del maglione. Claudia pescava le ultime patatine dal fondo della bustina. Quegli snack erano delle vere fregature, pensava. Dentro al pacchetto c’erano sì e no dieci patatine in tutto; ci voleva un bel coraggio a farle pagare due euro. Per fortuna lei le aveva… prese in omaggio.

Pantegana, dal fondo del burrone, non rispondeva; il gruppo iniziava a sentire aleggiare una specie di paura per quello che era successo, e soprattutto per quello che sarebbe accaduto dopo.

«Io me la do» fece il primo cuordileone, e in poco tempo si dileguarono tutti, uno dopo l’altro.

Rimasero solo Claudia, Robo e Elena, che coi suoi lamenti dava sui nervi agli altri due.

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«E adesso che facciamo?» piagnucolò.

«Che vuoi che facciamo!» rispose aggressivo l’ideatore di tutta quella faccenda.

La verità era che non ne aveva idea. Dovevano chiamare la polizia? L’ambulanza? Nessuno di loro voleva problemi.

«Io devo essere a casa prima delle otto. Devo badare alla Piaga» soffiò impaziente Claudia. La Piaga era suo fratello piccolo, Nico.

Elena fissò Claudia con occhi pesti e increduli: possibile non si rendesse conto che lì sotto, a pochi metri da loro, c’era Pantegana morto?

«Zitti!» fece a un tratto Robo. Gli era parso di sentire un rumore provenire dal basso.

«Pantegana, ci sei?»

Un gemito rispose.

Era vivo!

«Chiamiamo un’ambulanza!» gridò Elena.

«Chiamala tu, io non voglio finire nei guai» disse Robo.

«Vigliacco.»

Claudia accartocciò il pacchetto di patatine finito e lo gettò di sotto, nel buio.

«Non ho nessuna intenzione di tornare in Quelposto.»

Quelposto era un luogo dove Robo aveva vissuto per un certo tempo, ma la faccenda era ammantata di un’omertà impenetrabile. Si capiva che non scherzava, per il semplice fatto che quando lo nominava, gli calava una cataratta opaca sugli occhi. Non voleva mai raccontare di come ci era finito, e

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cosa era successo lì. Non voleva tornarci, punto e basta.

«Resto io, dai» si sacrificò Claudia con aria di sufficienza. «Dammi il tuo telefono, il mio è scarico» disse a Elena, e lei ubbidì senza discutere, come sempre.

Robo uscì nel buio; Claudia e Elena rimasero ad aspettare di veder comparire i lampeggianti.

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Indice DENTRO Uno 6 Due 14 Tre 20 Quattro 25 Cinque 33 Sei 40 Sette 48 Otto 56 Nove  67 Dieci 73 Undici 81 Dodici 89 Tredici 96 Quattordici 104 Quindici 109 Sedici 118 Diciassette 127 Diciotto 131
319 FUORI Uno 138 Due 153 Tre 166 Quattro 173 Cinque 182 Sei 192 Sette 199 Otto  208 Nove 218 Dieci 225 Undici  238 Dodici 248 Tredici 255 Quattordici 261 Quindici 272 Sedici 282 Diciassette 288 Diciotto 295 Diciannove 302 Venti 306 Ringraziamenti 317

Ti stavo aspettando, finalmente sei arrivato!

Madre Elvira

Sono le parole con cui viene accolta ogni persona che bussa alle porte del Cenacolo.

QUANTE VOLTE AVEVA TENTATO

DI FARLA FINITA SENZA RIUSCIRCI, E ORA CHE AVEVA SCOPERTO

DI DESIDERARE ARDENTEMENTE

DI VIVERE, CHE FORSE UNA FELICITÀ

ESISTEVA ANCHE PER LEI, ORA L’ABISSO LA CHIAMAVA.

Sara Allegrini è laureata in filosofia morale e insegna filosofia e scienze umane. Autrice di diversi romanzi per ragazzi, tra i quali Léon (Einaudi Ragazzi) e Come inchiostro nell’acqua (Il Castoro HotSpot), ha vinto il Premio Selezione Bancarellino 2018 con Mina sul davanzale (Itaca) e il Premio Orbil 2020 con La rete (Mondadori).

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