CHI È MAI COSTUI?
Le parole
INSOPPORTABILI di Gesù, ma
INDISPENSABILI alla nostra FELICITÀ
Presentazione di S.E. Mons. C laudio M aniago
Coll ana De-Sidera
Dante Carolla
Chi è mai costui?
Le parole insopportabili di Gesù, ma indispensabili alla nostra felicità
Presentazione di S.E. Mons. Claudio Maniago
Nelle edizioni Itaca
Benedetto XVI / Joseph Ratzinger
Fatti per l’Infinito
Giorgio Sgubbi
Li amò fino alla fine. Le ultime parole di Gesù dalla croce
Giacomo Biffi
Se Cristo è risorto ed è vivo cambia tutto
Henri de Lubac, Hans Urs von Balthasar
Conversazioni sulla Chiesa. Interviste di Angelo Scola
Traduzione e postfazione di Giorgio Sgubbi
Dante Carolla
Chi è mai costui? Le parole insopportabili di Gesù, ma indispensabili alla nostra felicità www. itacaedizioni. it/chi-e-mai-costui
Prima edizione: luglio 2024
© 2024 Itaca srl, Castel Bolognese
Tutti i diritti riservati
Tutte le citazioni bibliche sono tratte da La Sacra Bibbia
nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana
© 2008 Fondazione di Religione Santi Francesco d'Assisi e Caterina da Siena
ISBN 978-88-526-0781-3
Stampato in Italia da Mediagraf, Noventa Padovana (PD)
Col nostro lavoro cerchiamo di rispettare l’ambiente in tutte le fasi di realizzazione, dalla produzione alla distribuzione. Questo libro è stato stampato su carta certificata FSC ‰ per una gestione responsabile delle foreste. Stampiamo esclusivamente in Italia con fornitori di fiducia, riducendo così le distanze di trasporto.
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Presentazione
Sfogliando le pagine di quest’ultima fatica di monsignor Dante Carolla, siamo colpiti da due aspetti importanti. Il primo è che ci troviamo di fronte a una intensa testimonianza di fede di un presbitero dalla lunga esperienza ministeriale, che non si stanca di cercare, in un percorso che non trova mai un termine definitivo, di conoscere e gustare i tratti di un rapporto di fede che è intensa unione con il Signore Gesù, origine e forza del suo ministero. Una ricerca, la sua, che avviene soprattutto meditando e riflettendo sulla parola di Dio che di questo incontro è una fonte indispensabile e inesauribile.
Un altro aspetto importante che si coglie in queste pagine è il desiderio dell’autore di condividere questa esperienza personale di fede, cercando in ogni modo di facilitare questo incontro con Gesù Signore che è davvero risposta alle domande che tormentano l’animo di ogni essere umano. Una condivisione che diventa invito ai credenti a riprendere in mano la Scrittura per crescere nella consapevolezza di un Dio che si è davvero fatto prossimo nell’umanità di Gesù, ma anche ai non credenti che attraverso la sapienza “umana” di Gesù possono aver parte alla Sapienza di Dio.
E questa volta lo scopo dell’autore si fa ancora più arduo, perché intende portare il credente e il non credente a scoprire come le parole e i detti di Gesù, che ci sono offerti per rendere possibile l’incontro con Gesù, anche nella loro versione più insopportabile e dura, sono tramite fecondo alla sua Verità.
chi è mai costui?
L’autore non teme di addentrarsi nei Vangeli e negli altri testi del Nuovo Testamento, che sono sempre portatori di un messaggio d’amore e di misericordia, anche affrontando quelle parole dure, quelle parole che sorprendono il lettore, che possono essere per lui inciampo, quasi uno scandalo; parole che sconvolgono il nostro buon senso, la nostra sensibilità, la nostra ragionevolezza. Parole di fronte alle quali ci si può domandare: sono formulazioni eccessive, retoriche, provocatorie?
In effetti, il messaggio di Gesù a volte sembra voler portare la divisione, la spada nel nostro vivere quotidiano, quasi provocare uno scandalo del quale il lettore è invitato a non essere preda (cfr. Mt 11,6). Sulla bocca di Gesù, come ci sono state parole dolci, piene di tenerezza, di mansuetudine, di infinita e paziente bontà, ci sono anche parole dure. Si potrebbero addurre anche altre spiegazioni per queste parole dure, tutte plausibili, a patto di non essere mosse da intenzioni apologetiche che in qualche modo intendono aggirare il problema. Resta infatti un dato incontrovertibile: vi è un buon numero di detti di Gesù che urtano la nostra sensibilità e generano in noi anche un senso di rifiuto. Come è successo a Pietro all’annuncio di Gesù sulla importanza della sua passione, morte e risurrezione (cfr. Mc 8,31-33), o ai discepoli dopo il discorso di Gesù sul mangiare la sua carne e bere il suo sangue (cfr. Gv 6,5358). In quell’occasione molti discepoli commentano: «Questa parola è dura! chi può ascoltarla?» (Gv 6,60). Ma proprio in queste insopportabili parole di Gesù si esprime quell’umanità attraverso cui la salvezza ci raggiunge. Quell’umanità che ci fa comprendere come la proposta evangelica chieda con forza un radicale cambiamento. Queste parole dure umanamente non celano ma, al contrario, lasciano trasparire la buona notizia del Vangelo e sono per questo fonte di salvezza. Riflettere sulle parole insopportabili di Gesù insegna a noi cristiani, troppo spesso tentati di usare parole dure ma solo come mezzo per condannare senza misericordia, a riscoprire la bellezza del parlare evangelico, chiaro e forte, che può essere
talvolta scomodo, che rifugge gli accomodamenti, un parlare profetico che insegna la via di Dio secondo verità.
Raccogliendo l’invito dell’Autore, recuperiamo allora l’immediatezza e l’efficacia delle parole di Gesù, di tutte le parole di Gesù, con lo stesso stupore delle guardie inviate per arrestare Gesù che, tornando a mani vuote dai sacerdoti e farisei, riferirono: «Mai un uomo ha parlato così» (cfr. Gv 7,45-46).
✠ Mons. Claudio Maniago Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace
Introduzione
Stimolato da una provocazione del cardinal Biffi, mi è venuta spontanea l’idea di fare un salto di duemila anni e catapultarmi al tempo di Gesù. Ho provato così a mettermi nei panni di uno che vedeva Gesù, che lo incontrava per la strada, lo sentiva parlare, lo vedeva mangiare, insegnare, rimproverare, polemizzare etc. Non più dunque il Gesù divino, il Gesù della gloria, il Gesù trascendente; mi sono fatto mentalmente contemporaneo del Gesù feriale, del Gesù uomo, umano.
L’interrogarmi su Gesù come lo vedevano i suoi contemporanei mi ha immerso nel Gesù storico, oggettivo, ma, incontrando quel Gesù così umano, così feriale, non potevo prescindere dall’intero Gesù, dall’interezza della sua Persona e della sua identità, del suo magistero. Incontrando il Gesù terreno ho incontrato le sue parole, le sue affermazioni, le sue pretese inaccettabili, insopportabili, inaudite sulla bocca di un uomo, pretese scandalose, sconcertanti da parte di una creatura umana.
D’altra parte chi vedeva Gesù vedeva un Uomo. Spogliarlo temporaneamente della sua divinità e considerarlo uomo fra gli uomini è stato salutare. Perché? Perché proprio questa riduzione, letta alla luce di quelle affermazioni così “insopportabili”, mi ha fatto riscoprire che il Gesù di Nazareth non si può prendere in parte, quella che ci fa comodo, ma il Gesù umano, feriale, è anche il Gesù che si attribuisce caratteristiche divine, che si identifica con Dio, che afferma di sé cose
chi è mai costui?
impensabili quali “Io sono la Verità, Io sono la Vita, Io sono la risurrezione”.
Il paradosso è che il Gesù feriale, il Gesù umano, mi si è rivelato più divino che mai. Proprio il recupero del personaggio storico, terreno, mi costringe a render ragione di quel di più, di quel mistero che il Gesù della Palestina contiene in sé. Gesù o si accoglie o si rifiuta. Se si accoglie bisogna accoglierlo tutto e render ragione di tutta la sua Persona.
In particolare mi ha colpito il constatare che i vangeli affermano delle cose che chiaramente, se fossero frutto dell’invenzione fanatica dei primi cristiani, non avrebbero potuto trovare spazio in un racconto costruito apposta per ingannare e ottenere il consenso e l’adesione dei seguaci.
Questo viaggio a ritroso alla ricerca del Gesù terreno mi ha fatto capire che, proprio limitandomi solo al Gesù umano, non sono in grado di spiegare il fatto, il fenomeno del Gesù dei Vangeli e del Nuovo Testamento. È stato come un secondo incontro con Lui, un modo nuovo di incontrarlo fino a scoprire che il Gesù della storia non si spiega solo con la storia. L’affermazione di Gesù circa la sua divinità è l’unica spiegazione che rende ragionevole, sensato il fenomeno Gesù, l’evento Gesù e anche l’evento dei vangeli.
La conclusione allora è che le parole cosiddette “insopportabili” non sono affatto tali, non si tratta in nessun modo di pretese, ma della semplice verità dei fatti che si spiega con l’origine divina del Protagonista. È quello che cercherò di dimostrare nelle pagine che seguono.
parte prima
Fatti per l’infinito
Il bisogno di durare, il bisogno di Assoluto
Vorrei iniziare questa riflessione con la citazione di una canzone di Vasco Rossi che mi ha molto impressionato, Dannate nuvole.
Quando cammino su queste
Dannate nuvole
Vedo le cose che sfuggono
Dalla mia mente
Niente dura, niente dura
E questo lo sai
Però
Non ti ci abitui mai
Quando cammino in questa
Valle di lacrime
Vedo che tutto si deve
Abbandonare
Niente dura, niente dura
E questo lo sai
Però
Non ti ci abitui mai
Chissà perché…?
Quando mi sento di dire la “verità”
Sono confuso
Non sono sicuro
Quando mi viene in mente
Che non esiste niente
Solo del fumo
Niente di vero
Niente è vero, niente è vero
E forse lo sai
Però
Tu continuerai
Chissà perché…?
Quando mi viene in mente
Che non esiste niente
Solo del fumo
Niente di vero
Niente dura, niente dura
E questo lo sai
Però
Tu non ti arrenderai
Chissà perché…?
Quando mi viene in mente
Che non esiste niente.
Non possiamo non riconoscere che questo testo è la testimonianza di una ricerca: disperata, ma anche ostinata. È la confessione di un dolore a cui l’autore cerca una risposta, un rimedio, una salvezza che non riesce a intravedere.
Però in questo buio terribile, in questo fumo denso, in queste nuvole opache, emerge, nonostante tutto, un filo di speranza. Quale?
Niente dura, niente dura, niente è vero… Però non ti ci abitui mai, però tu continuerai, chissà perché…? Però tu continuerai, chissà perché…? Però tu non ti arrenderai, chissà perché…?
C’è un desiderio nell’uomo che non gli permette di arrendersi al vuoto, al nulla, alla fine. L’uomo è irriducibile al visibile; ciò che lo distingue da tutto il resto del creato è il suo essere
oltre il visibile, oltre sé stesso; che lo riconoscano anche i non credenti è un grande segno per tutti!
Un’altra canzone di Vasco Rossi, Il Manifesto futurista della nuova umanità, dice:
La cosa più semplice
Ancora più facile
Sarebbe quella di non essere mai nato
Invece la vita
Arriva impetuosa
Ed è un miracolo che ogni giorno si rinnova
Ti prego perdonami ti prego perdonami
Ti prego perdonami se non ho più la fede in te
Ti faccio presente che
È stato difficile
Abituarsi ad una vita sola e senza di te
Mi sveglio spesso sai
Pieno di pensieri
Non sono più sereno
Più sereno Com’ero ieri
La vita semplice
Che mi garantivi
Adesso è mia però
È lastricata… di problemi
Ho l’impressione che
La cosa più semplice
Sarebbe quella di non essere mai nato
In fondo la vita
È solo una scusa
È lei da sola che ogni giorno si rinnova
Ti prego perdonami ti prego perdonami
Ti prego perdonami se non ho più la fede in te
Ti faccio presente che
Ho quasi finito
Ho quasi finito anche la pazienza che ho con me
Sarà difficile
Non fare degli errori
Senza l’aiuto di
Di potenze Superiori
Ho fatto un patto sai
Con le mie emozioni
Le lascio libere
E loro non mi fanno fuori
Voi direte: “Che c’entra Vasco Rossi con il nostro tema?”. Anche questa canzone mi ha colpito, per due motivi: anzitutto, la dichiarazione lucida e fredda che la vita non vale la pena di essere vissuta, che la soluzione più semplice al problema della vita sarebbe il nulla, il non esistere, e dunque che l’uomo non ha in sé la ragione di sé.
In secondo luogo perché anche Vasco Rossi chiede perdono a Dio di non avere più fede in Lui e riconosce che è stato difficile abituarsi ad una vita sola e senza di te e che, anche se ora la vita è sua, non è più serena come lo era prima.
Sembra di risentire Dostoevskij quando diceva che sì, allorché l’uomo riuscisse a estromettere Dio dalla sua esistenza, certo diventerebbe il re dell’universo, ma… chi amerà? A chi rivolgerà i suoi inni di riconoscenza?
Mi pare che anche in alcuni settori del mondo cattolico si stia facendo strada una sorta di rassegnazione, di riduzione, con l’illusione di andare più incontro alla gente di oggi. Si cerca cioè di “abbassare il tiro”, di non puntare troppo in alto, per paura che in questo modo la gente non segua la proposta della Chiesa. Si finisce così per parlare il linguaggio del mondo, per offrire le stesse cose limitate e deludenti del mondo, che la gente già conosce, di cui è già nauseata.
In realtà la Chiesa esiste unicamente per indicare quel Tutto di cui l’uomo è affamato.
Ho fatto questa riflessione perché più vado avanti e più mi convinco che il buio è foriero di luce, che i problemi sono,
come dice papa Francesco, opportunità, che anche la morte apre alla vita.
Insomma per vedere la bellezza delle stelle abbiamo bisogno del buio, altrimenti, senza di esso, non si vedrebbe niente. Più scendiamo nell’abisso delle nostre domande, dei nostri dubbi, delle nostre paure, più scopriamo l’abisso della nostra grandezza. Sprofondando nell’abisso della nostra povertà, delle nostre impotenze, scopriamo l’altezza della nostra vocazione all’Infinito e all’Eterno.
Il bisogno di “durare” in alcuni scrittori
Il bisogno di “durare” coincide col bisogno di Assoluto, col bisogno di Eterno.
È impressionante il fatto che proprio l’esperienza “laica” di chi dice di non credere confermi così clamorosamente l’esigenza di Assoluto, di Trascendente, di Eterno, in una parola, di Dio, insita nella natura stessa dell’uomo1.
L’esigenza di “durare”, l’esigenza di Assoluto, di Eterno del cantautore di cui sopra, la troviamo più ancora sviluppata ed elaborata in alcuni autori della letteratura contemporanea. Ad essi padre Ferdinando Castelli, critico letterario de «La Civiltà Cattolica», ha dedicato tre volumi, di complessive duemila pagine, di cui mi avvarrò ampiamente in questo breve excursus2 .
1 A questo proposito mi permetto di rimandare anche al mio Tra il nulla e l’infinito. Il credo dei non credenti, Cantagalli, Siena 2014.
2 Ferdinando Castelli (1920-1913) fu docente di letteratura cristiana in diverse università pontificie. Fu attento a cogliere l’anima profonda degli scrittori e il loro senso religioso, pur nascosto in pagine dissacranti. La convinzione che «la letteratura fissa lo sguardo sull’uomo nel tentativo di comprenderne la struttura, i fremiti, le nostalgie, le esigenze, la storia. Insomma il mistero» è all’origine dei tre volumi dal titolo Volti di Gesù nella letteratura moderna, nei quali mostra la ricerca del volto di Gesù negli scritti degli autori più rappresentativi del nostro tempo.
Indice
parte prima Fatti per l’infinito
I. Il bisogno di durare, il bisogno di Assoluto 12
parte seconda Una pretesa inaudita
II. «Io sono»: Gesù si pone al centro della questione umana 44
III. Le parole “insopportabili” di Gesù alla luce dell’annuncio del regno di Dio 99
IV. Le parole “insopportabili” di Gesù si spiegano unicamente con la sua divinità 113
parte terza La credibilità storica di Gesù
V. L’affidabilità storica dei Vangeli rende ragionevoli e affidabili le “pretese” di Gesù 130
VI. L’archeologia conferma l’affidabilità storica dei vangeli 153
parte quarta Ricolmi di tutta la pienezza di Dio
VII. Cristo è tutto: le lettere di Paolo 168 Conclusione 179
Prendere sul serio la pretesa di Gesù è profondamente razionale, poiché essa si è posta come fatto nella storia, e come fatto generatore di un “nuovo essere”, di una nuova creazione.
Servo di Dio Luigi Giussani
Tu hai parole di vita eterna.
Gv 6,68
Coll ana
De-Sidera
Ho provato a mettermi nei panni di uno che vedeva l’uomo Gesù, che lo incontrava per la strada, lo sentiva parlare, lo vedeva mangiare, insegnare, rimproverare. Ho incontrato le sue pretese inaccettabili, insopportabili, sconcertanti da parte di una creatura umana.
Proprio il recupero del personaggio storico mi costringe a render ragione di quel di più, di quel mistero che Gesù contiene in sé.
Gesù ha l’ardire di mettersi al centro; non della questione religiosa, né di quella morale, bensì semplicemente della questione umana nella sua totalità e complessità. La domanda che ci dobbiamo porre è: si tratta di mania di grandezza, di vanagloria, oppure del desiderio di servire l’uomo, di offrire una chiave di volta agli innumerevoli, insoluti e insolubili nodi che l’uomo stesso si trova davanti da sempre?
Gesù pretende di essere colui mediante il quale si vive di più e si vive meglio, più intensamente e più veramente. Allora come oggi.
Dante Carolla
€ 18,00 itacaedizioni.it