g4FRECCE c sosta a... QUADRARO #9
il nido di vespe storia - mappa - itinerario - racconto - fumetto - curiositĂ
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4FRECCE Supplemento di SETTESTRADE Anno XII n. 3 giugno 2013 4frecce.wordpress.com 4frecce.redazione@gmail.com Direttore Responsabile Umberto Cutolo Redazione, testi e progetto grafico Michela Carpi, Andrea Provinciali Hanno collaborato: Elisabetta Frau Valeria Garofalo e Tito Lima
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Stampa PoLigraf srl Via Vaccareccia, 41/b Pomezia (RM) www.poligrafsrl.it SETTESTRADE Bimestrale dell’Automobile Club di Roma Registrazione Tribunale di Roma n. 184 del 17.05.2001 Editore Acinservice Srl Sede legale, pubblicità e redazione Via C. Colombo, 261 – 00147 – Roma http://www.roma.aci.it/
Foto e illustrazioni di copertina rispettivamente di Valeria Garofalo e Elisabetta Frau
EDITORIALE CoNtaGIRI
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Si scende da Porta Furba e si antico acquedotto che domina i prati e scivola lungo la Tuscolana, un i campi di calcetto. Un mausoleo. Un violone ingolfato dal traffico, altro parco e una quercia centenaria. E luccicante di negozi, baretti e poi, qua e là, sparse, palazzine in stile sale giochi. Ci si guarda in- liberty che chissà quale storie nascontorno, e non si vede nulla, se non mac- dono. E ancora, palazzi che si studiano chine che si contendono la seconda fila nei manuali di architettura, frutto di quel periodo in cui si e mamme che Raccontateci il vostro quartiere tentava di far virimangono iminviando foto o testi a vere in maniera bottigliate col passeggino sul 4frecce.redazione@gmail.com dignitosa la povera gente. E marciapiedi. Mamme che, ostinate, non si arren- poi, ancora, tanta, tantissima gente, vodono, e anche se le strade sono peri- gliosa di raccontare e ricordare un colose e magari anche mal frequentate quartiere medaglia d’oro al merito cie sicuramente troppo caotiche, si av- vile. Un quartiere orgoglioso, fiero, e venturano con ragazzini piccoli e grandi bello, bello a modo suo, in un nel dedalo di vie che si dipartono tutt’in- modo per niente convenziotorno. Dove vanno? Le seguiamo, e nale. scopriamo l’insperabile. Un parco dal- Azionate le quattro frecce e l’orizzonte vastissimo, con i resti di un venite a scoprirlo con noi. a
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Piazza dei Consoli, di V. Garofalo
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REtRoMaRCIa STORIA GIOVANE NIDO Dove la Resistenza è di casa
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un quartiere moderno, senz’altro, il Quadraro. Difficile ricondurne il nome a qualche antica struttura quadrata - la forma di un accampamento romano, o un quadrilatero di case costruito intorno a due strade che si intersecano - che se pure gli antichi vi passarono, se ne andarono anche molto presto. Più facile invece collegare il nome a quello di un tal G. G. Guadralis,
Parco 17 aprile, di V. Garofalo
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vissuto nella seconda metà del XII secolo e qui proprietario di un terreno (a sua testimonianza e ricordo rimane una torre, oggi “Torre del Quadraro”, in piazza dei Consoli). Da allora l’area rimase una zona agricola, al limite della città, piccolo borgo di contadini sulla via dei Castelli Romani, controllato dalle famiglie nobiliari romane che se ne trasmettevano la proprietà.
Il quartiere iniziò ad assumere la forma attuale ai primi del Novecento, frutto di una lottizzazione progettata a tavolino che prevedeva villini liberty a due/tre piani, con intorno ampie aree verdi. La svolta ci fu sotto il fascismo quando, nel 1937, venne inaugurata Cinecittà e al Quadraro si svilupparono numerose botteghe artigiane che rifornivano di manufatti gli impianti cinematografici, mentre molti dei suoi abitanti iniziarono a trovarvi lavoro come manovalanza o semplici comparse. Nel frattempo vennero edificati dei cinema, un ufficio postale, e un’importante casa del fascio. Nono-
stante quest’ultima, durante la Seconda Guerra Mondiale e poi con l’occupazione nazista, il Quadraro rappresentò un vero e proprio presidio per la lotta al fascismo: era tanto antifascista che si diceva che, per sfuggire dai tedeschi, se non si andava al Vaticano si andava al Quadraro. Nido di vespe, lo chiamavano i nazisti. E i partigiani si nascondevano qui, nelle vecchie cave di pozzolana o al Sanatorio Ramazzini. Finché Il 17 aprile 1944 l'esercito tedesco rastrellò per rappresaglia il quartiere e oltre 900 uomini furono deportati in Germania. Alla fine del conflitto solo la metà fece ritorno. a
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REtRoVIsoRE PASSATO PRESENTE UN TETTO SULLA TESTA Tra rovine, paglia e mattoni PALAZZI INACASA Famoso per via delle grandi torri e del palazzo a forma di boomerang, il progetto dell’InaCasa al Tuscolano rientrava nel programma Fanfani per la realizzazione di edifici destinati alle abitazioni di famiglie più povere, e progettati da nomi illustri dell'architettura. Ai tempi (era l’inizio degli anni Cinquanta) l’area della Tuscolana tra
Porta Furba e il parco degli Acquedotti era ancora scarsamente abitata: fu qui, nei terreni del marchese e senatore DC Alessandro Gerini, che venne realizzata quella che sarebbe apparsa come una cattedrale nel deserto della periferia sud-est della capitale. L’intervento fu massiccio: su di un' area di circa 36 ettari vennero edificati più di tremila alloggi per circa
ACQUEDOTTO FELICE
Acquedotto Felice, di V. Garofalo
Realizzato da Papa Sisto V nel 1585, in origine attraversava tutta la zona est di Roma, portando l’acqua fino al Quirinale e terminando alla fontana del Mosè presso la stazione Termini. Progressivamente abbandonato e ridotto in rovine, spicca come un monolite nel verde in un parco di terra battuta e panorami vastissimi. Durante la seconda guerra mondiale fece da riparo agli immigrati che dal sud (ma anche dalla Sardegna o dal Veneto) cercavano rifugio dalla guerra e dagli stenti. a
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18mila abitanti. Per prime furono realizzate una serie di costruzioni intensive dai quattro ai sei piani, disposte in modo da rinchiudere al centro uno spazio condominiale; venne poi realizzato l’edificio a forma di “v” aperta, (il cosiddetto “boomerang”) di De Renzi e Muratori, e infine l’”Unità di
abitazione orizzontale” di Adalberto Libera (già autore delle poste di via Marmorata a Testaccio). Pare che per questi edifici Libera si fosse ispirato a un viaggio compiuto in Marocco, dove le case si mescolavano armonicamente agli spazi sociali: negozi, luoghi d'incontro, spazi verdi.
da Google
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tERGICRIstaLLo FOTO
LA QUERCIA di Valeria Garofalo 8
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aUtostoP RACCONTO MARCIA NUZIALE di Tito Lima
L’autoradio è un modello stravecchio, l’altoparlante destro sembra più che altro gracchiare, e tutto questo è meravigliosamente fantastico, dice Sciupa.
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seduto al posto del passeggero - più che altro è incollato. La città che sfila alla nostra destra/sinistra sembra collassare su se stessa. Ogni dieci o quindici minuti circa Sciupa stende il braccio fuori dal finestrino, giocando a lasciarsi piegare la mano dal vento, che entra a fiotti caldi e fa frusciare i giornali sistemati sul retro, aggiungendo ulteriori problemi acustici a quelli già garantiti dall’autoradio mezza sfasciata. Però è anche rilassante. Il frusciare. La macchina rallenta: c’è un matrimonio a Santa Maria del Buon Consiglio: stanno montando in mac-
Giardino dei Ciliegi, di V. Garofalo
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china, sposi e invitati, e partono in corteo. I clacson svegliano il quartiere addormentato e danno l’impressione di salire al cielo, di sbattere contro la volta azzurra e scintillante, e di ripiombare sulle nostre tempie già gravate dal sudore e dalla tensione. È un gioco da ragazzi, mi dico. Per quei pochi secondi in cui la guardo, non riesco a stabilire se la sposa sia bella o no: nell’abito bianco è come se tendessero a somigliarsi tutte. Diceva ti amo troppe volte al giorno. Lo diceva guardandomi negli occhi. Poi ho capito che il suo sguardo era vuoto. Gli occhi di una statua, sta dicendo Solo
Dall’altoparlante sinistro, l’unico che funziona, viene fuori un pezzo decisamente brit pop e anche parecchio nuziale, devo dire, ma non riesco a capire quale. Io, e riprende ad accelerare. Nessuno gli chiede di aggiungere altro. Se vuole parlare, Solo Io è il tipo da farlo senza essere imbeccato o tempestato di domande. Dall’altoparlante sinistro, l’unico che funziona, viene fuori un pezzo decisamente brit pop e anche parecchio nuziale, devo dire, ma non riesco a capire quale. Suede, forse. Per fare i fichi potremmo suonarlo stasera, qualcosa di brit pop, voglio dire. Sciupa si fa in avanti per prendere qualcosa dal cruscotto - un accendino rosso, là dentro da chissà quanto - e la maglia bianca che indossa rivela una chiazza di sudore più che raddoppiata rispetto a mezz’ora fa. Siamo quasi arrivati. Per le strade luminose e battute dal sole, adesso non c’è anima viva, il corteo si è dileguato verso i Castelli. I palazzoni sulla Tuscolana a quest’ora producono pochissima ombra. Solo Io accende la freccia e si prepara a parcheggiare. Suo padre ci ha detto che l’autobus svolterà in via dei Lentuli, perché lì c’è il magazzino. Sarà un gioco da ragazzi, ma adesso non lo sto pensando io, è Solo Io che lo sta dicendo, mentre Sciupa non ha bisogno di dirlo, è convinto di suo, e la sua sicurezza mi fa star bene. La vecchia quercia è un cadavere imbalsamato. Ci siamo. Ci appostiamo ai lati del marciapiede, dopo aver rovesciato sulla strada cassonetti, mentre il camion guidato da Tempia - l’abbiamo visto già piazzato nel punto convenuto - penserà
Giardino dei Ciliegi, di V. Garofalo
a sbarrare il retro della strada al momento giusto: questo: il momento in cui l’autobus della Banda della Polizia di Stato, guidato dal padre di Solo Io, entra in via dei Lentuli, perché è lì, nel magazzino in fondo, che scarica contrabbassi, chitarre, violini, percussioni, viole, vibrafoni e timpani e clarinetti: lo minacciamo, lui scende giù con le mani dietro il collo, ci facciamo consegnare la roba velocemente, la chiudiamo nel camion di Tempia e filiamo via - sposi e invitati ci stanno aspettando, dobbiamo iniziare a suonare. a
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NaVIGatoRE MAPPA QUADRARO di Elisabetta Frau
http://4frecce.wordpress.com
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sCUoLa GUIDa ITINERARIO NEL NIDO DI VESPE di Tito Lima
Bisogna partire da un monumento, anche questa volta, perché Roma è così, un connubio magico, a volte doloroso, di vite e storia; storia che passa e cambia e si evolve, proprio come accade al Quadraro, sottoposto da qualche tempo a un processo di gentrfication simile a quello che ha riguardato prima il Pigneto.
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a storia (e il luogo) da cui bisogna partire è quella che racconta la statua posta nel parco 17 aprile, l’area verde che sormonta il Monte del Grano, il mausoleo dell’imperatore Alessandro Severo, uno dei più grandi della città. È la vicenda di una ferita profonda, come novecento lame affondate nella carne della Capitale. Novecento e più furono i romani rastrellati dalle squadre naziste nell’aprile del ’44, perché il quartiere per i nazisti era un “vespaio”, e facevano fatica ad avventurarvisi. Il Quadraro è uno dei cuori pulsanti della Roma popolare, relativamente piccolo attraversato da via Tuscolana, esteso da un lato verso Centocelle e dall’altro verso l’acquedotto Felice, che confluisce nel vicino parco degli acquedotti, composto
da sette costruzioni romane. Un agglomerato urbano nato proprio intorno all’acqua, un elemento spesso sottovalutato a Roma eppure così visibile e presente con decine di fontane monumentali. Come la fontana “bella” intitolata a Clemente XII, sistemata accanto alla Porta Furba, l’arco monumentale fatto costruire nel Cinquecento da papa Sisto V. Intorno a pezzi di storia pervasi da umanità e memoria, il Quadraro si sta progressivamente affermando come una delle zone a più alto tasso di fermento della Capitale, un processo che procede per strappi, con una discontinuità caotica tipica della città. Locali e ristoranti si moltiplicano. C’è Accasadi, in viale Opita Oppio, strada centrale nel lato destro del quartiere: un
Porta Furba, di V. Garofalo
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la Torre del Quadraro, di V. Garofalo
locale accogliente e con pietanze semplici. Attraversando la via Tuscolana e passando dall’altra parte del Quadraro, tra case basse intonacate, marciapiedi alberati - un posto che di giorno riverbera di una luminosità speciale - si trova il bistrot Grandma, aperto relativamente da poco e già punto di riferimento per abitanti del quartiere e non solo, grazie a un rapido passaparola. Arredato secondo un gusto vivace e se vogliamo poco “italiano”, è elegantemente integrato con la zona: offre menu sofisticati e ha una vasta selezione di vini e birre. Acqua, si diceva, e verde: il quartiere è puntellato, oltre che dal parco 17 aprile, dal giardino dei Ciliegi, esteso lungo via Filippo Re. E poi, in via dei Juvenci, ecco la Farnia del Quadraro, la più grande e antica quercia della città. Con i suoi quattrocento anni, per quanto ne sappiamo, è l’essere vivente più antico di Roma: nel 2009 violente raffiche di vento la spazzarono via, e fu come aver abbattuto un gigante; successivamente un gruppo di tenaci abitanti si sono fatti carico della sua tutela, reimpiantandola. A proposito di alberi: il cedro è il simbolo
del Libano e proprio Il Cedro del Libano si chiama il ristorante con cucina e specialità libanesi di via Aurelio Cotta, uno dei tocchi di apertura multiculturale del quartiere, una zona da sempre accogliente verso migranti e cittadini del mondo. Non molto lontana, in piazza dei Consoli, svetta la “torètta”, la Torre del Quadraro, come un occhio vigile su questo scorcio di Roma che possiede i suoi motivi di incanto, un paese nella città che si sta riscoprendo sempre più vivace. a
Grandma, V. Garofalo
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aUtoRaDIo PLAYLIST
XYZMNPQRSTUV RADIO 4FRECCE
titolo: quadraro durata: 35 ‘00’’
on air: www.youtube.com/user/radio4frecce
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01 - robba de quadraro - tra na poesia e no sparo (3 ‘ 14 ‘’)
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02 - stefano di carlo - fuori piove (3 ‘ 44 ‘’)
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03 - baby k - sparami (3 ‘ 36 ‘’)
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04 - diluviio - indelebile (3 ‘ 44 ’’)
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05 - gente de borgata - per tutti (5 ’ 05 ’’)
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06 - metal carter - pagliaccio di ghiaccio (4 ’ 09 ’’)
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07 - noyz narcos - via con me (3 ’ 12 ’’)
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08 - nido di vespe - meta’ strada (1 ’ 31 ’’)
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09 - lunapop - vespa 50 special (3 ’ 36 ’’)
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10 - blind melon - no rain (4 ’ 06 ’’)
CULTURA FRIZIoNE IL QUADRARO IN SALA Pier Paolo Pasolini mAmmA RomA (1962) È tra sfollati e povera gente che si trasferisce a vivere Mamma Roma/Anna Magnani, nel comprensorio dell’InaCasa.
Francesca Archibugi QuESTIonE DI CuoRE (2009) Ambientato nelle borgate romane, tra Quadraro, Pigneto e Mandrione, con omaggi a Germi e Pasolini.
mario monicelli un boRGhESE PICCoLo PICCoLo (1977) Il lungo pedinamento dell’impiegato Giovanni Vivaldi (Alberto Sordi) sulle tracce dell’assassino del figlio si conclude, drammaticamente, in Largo Spartaco, nel palazzone «boomerang» dell’InaCasa.
Ascanio Celestini SCEmo DI GuERRA (2006) Il giorno della liberazione di Roma attraverso gli occhi di un ragazzino. Dal bombardamento di San Lorenzo al rastrellamento del Quadraro, le storie raccontate per trent’anni a Celestini dal padre, e poi messe in scena in uno dei suoi più intensi spettacoli.
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MaRMItta FUMETTO
REVIsIoNE MEMORIE A CONFRONTO TEMPI DI RUBAGALLINE di Michela Carpi
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i trova, in Internet, un sito preziosissimo per conoscere il quartiere e per entrare a contatto con quello spirito, orgoglioso e indomabile, che ancora lo anima. Il sito è ilquadraro.it, ed è ricchissimo di storie: video, interviste, documentari, lettere. Per raccontare il Quadraro di ieri e quello di oggi, per seguire la tradizione della sua Resistenza. Per combattere non più contro «l’oppressore straniero», ma «contro il degrado, la sciatteria degli amministratori, l'inciviltà, la precarietà di una esistenza che vuole essere altra». Abbiamo deciso di provare a resistere con loro, e ad affidare a loro la parola. VIVERE «Erano gli anni Sessanta e in via Giulio Igino, una piccola traversa di via Columella al Quadraro, c'era tutto un proliferare di piccole attività. Erano casette molto basse che iniziavano dall'ingresso della via, dove si accedeva da un arco di marmo e si prolungavano parallelamente, un po’ in salita, una di fronte all'altra fino a via dell'Aeroporto, erano tutte bianche tinte a calce, sembrava una piccola Casbah araba». (Luciano Muratori) «Il Quadraro era un vecchio quartiere povero, fatto tutto di casette costruite dai loro stessi proprietari con le loro mani, oppure misere palazzine a due o tre piani. L’intonaco non c’era, o era vecchio, decrepito. Anche i marciapiedi erano poco più che piste di terra lungo le case, separate da uno sconnesso listone di pietra dall’asfalto slabbrato delle stradine. Tra le case c’erano dei vuoti, disordinatamente riempiti da orti-
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Parco 17 aprile, di V. Garofalo
celli o ripostigli all’aperto, pieni di stecconate, tettoiette di bandone, e una quantità di attrezzi abbandonati sul terriccio duro e maleodorante. Le vecchie imposte delle finestrelle erano tutte chiuse, come del resto i portoncini dei miseri anditi o le saracinesche dei negozietti. Solo l’illuminazione pubblica spandeva la sue luce giallina». (Pier Paolo Pasolini) LAVoRARE «Alle quattro del pomeriggio passava con la sua bicicletta Peppe il fusaiaro. Non so se si chiamava veramente Peppe, a Roma tutti i fusaiari si chiamavano Peppe, lo sentivamo arrivare da lontano perché spingendo la sua bici a piedi gridava ad alta voce fusaieee...! Allora uscivamo dalle case ma non prima di aver chiesto ai genitori dieci o cinque lire perché c'era Peppe, correvamo per andargli incontro e alla nostra vista lui si fermava con la bici e noi sceglievamo tra le sue cose. A destra e a sinistra del manubrio c'erano i secchi delle olive e delle fusaie, al centro c'era
la cassetta dei bruscolini, del castagnaccio, i zeppi di liquirizia, le pesche a sorpresa, le caramelle… la merce aveva tre prezzi che andavano dalle cinque alle venti lire, e a seconda di quanto potevi spendere ti indicava cosa potevi scegliere, lui passava tutti i giorni puntuale alle 16 però con il passare degli anni la sua voce si faceva sempre più bassa e gridava solo eee…, poi non l'abbiamo visto più. A casa veniva il barbiere a farci i capelli: eravamo in tre, mio padre, io e mio fratello, allora si concordava il prezzo a forfait per tutti e tre i tagli. All'angolo di via Cincinnato, con via Monte del Grano, dove tuttora c’è lo smorzo, il pomeriggio si posizionava sempre Nicoletta per vendere le caldarroste, aveva una pensione sociale e le castagne le facevano arrotondare un po' il suo misero mensile». (Luciano Muratori) «Il Quadraro era composto da gente che veniva dalla fame e aveva voglia di iniziare un nuovo futuro lavorando. C'era il barbiere di nome Lillo con il pi-
schello come aiutante (il più delle volte era lui che si allenava sulla mia capa). Poi c’era la Torrefazione Carra, che quando tostava il caffè emanava il profumo per tutto il quartiere, e il Bar Carfagna, ritrovo di tutti. Ricordo la prima schedina che giocai lì, ero piccoletto, invece de mette’ 12 X, misi i risultati 1-0, 2-1, 2-0, ecc., ancora stanno a ride! C'era anche er carbonaro, vendeva la legna e il carbone per le case del quartiere, e c’era il fornaio, moje e marito, mettevano paura, lui alto tipo Frankenstein, lei piccola bianca e magrissima. Vendevano la pasta sciolta, ancora ricordo dentro ai cassetti lo zucchero sciolto, e io ci andavo perché avevano la cioccolata bicolore nocciola e cioccolata, bona. Nella pasticceria Napoletana (di Salvatore) credo che adesso ci siano i fiji, che dolci ragazzi, provatela». (Pietro) «Nell'ambito di Cinecittà c'erano elettricisti, falegnami tipografi, stagnari, tutti i mestieri che si possono fare in questo mondo». (Sisto Quaranta)
Acquedotto Felice, di V. Garofalo
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Piazza dei Consoli, di V. Garofalo
«Una volta so’ andata a fa’ spesa m’ha fermato una macchina m’ha detto che voi venì a fa’ la comparsa a Cinecittà? Eh no! È come se m’avessero detto “che vieni a letto insieme?”! ‘Che ‘na donna sposata, la chiamano, te dicono “va a fa’ la comparsa”… era disdicevole!». (Liliana Menenti) «E poi c’erano le varie hosterie, si mangiava cucina romana oppure molisana, abbruzzese. Il Bar Gigi era quello che aveva nel retro le galline, infatti vendeva uova fresche, e poi era l'unico che nel quartiere aveva la tv, la sera era pieno di gente, famiglie intere, sedute per vederla. Al Quadraro c'è una grande Villa era del Dottore del rione, bravissima persona, la sorella poi fu mia maestra. Sul marciapiede c'erano le bancarelle, no dei cinesi o altri, ma i cozzari, ti aprivano le cozze – due gocce di limone e vai – oppure i cocommerari con le fette fresche e i fusaiari e i gelatari con i carrettini. Poi c'erano le falegnamerie, i fabbri, I
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calzolai, i mariuoli, ogni tanto si sentivano le sirene, sgommate, inseguimenti, erano tempi di rubbagalline, non come adesso». (Pietro) SoGnARE «Il cinema Quadraro, alla fine della discesa di via Tuscolana, negli anni Cinquanta era Il Cinema, quello buono delle prime visioni, mentre all'interno del quartiere, in via dei Quintili, avevamo il cinema Folgore, “er pidocchietto”. Il nome era già tutto un programma: qui andavamo a vedere le pellicole di seconda visione, i vari Totò e Maciste. Americano o italiano che fosse il film, il biglietto costava 80 lire e alla cassa si potevano comprare i bruscolini o il mustacciolo a 20 lire (il mustacciolo era una sorta di biscotto duro, ma cosiì duro che spesso spaccava i denti, sempre poco curati, a chi masticava troppo in fretta per la fame). Quando uscivamo dopo la nostra visione “partecipata” - con gli sputi a
MEMORIE A CONFRONTO REVIsIoNE quelli della platea e i lanci di cicche di sigarette - ci sentivamo tutti Maciste, amici di Totò o di Alberto Sordi, a secondo della pellicola (piena di giunte che accorciavano il film di almeno mezz’ora) e che per un'ora soltanto era passata in quel vecchio proiettore ad arco voltaico. Questi erano i sogni che quei vecchi cinema ci hanno lasciato nella memoria più remota, e che né la TV né il festival di Sanremo sono riusciti ad affievolire. Ho avuto la fortuna di viverli e di conoscerli e spero di ricordarli ancora per molto tempo affinché possa raccontarli a tutti quelli che lo desiderano, e poi non importa se i miei racconti saranno pieni di giunte come quelli di una seconda visione, per noi sono stati sempre quelli di prima e unica». (Luciano Muratori) «Le mura cadenti del vecchio cinema Folgore mi riportano a quando, in compagnia dei miei fratelli, andavo a vedere i film di J. Wyine che non moriva mai nonostante le frecce degli indiani. Era bello allora andare al cinema potevi vedere più volte lo stesso film e nessuno ti mandava via, non c'era l'aria condizionata e qundo l'aria si faceva pesante si apriva il soffitto e si vedeva il cielo». (P. di Tempora)
FARE LA GuERRA «Mio padre era nato a Roma nel 1935. Era nato al Quadraro che è una borgata di Roma. Stava a via dei Laterensi 35 in un palazzo fatto a forma di bara e tutti lo chiamavano il palazzo a cassa da morto. Mio padre aveva 8 anni quando arrivò il 4 giugno del 1944. Quel giorno mio padre vide i soldati fermi all’Arco di Travertino. Mio padre raccontava che nessuno capiva di che esercito si trattasse. Qualcuno pensava che finalmente fossero gli americani. Qualcuno pensava che fossero ancora i tedeschi. Qualcun’altro temeva che fossero tedeschi travestiti da americani. [...] Durante la guerra la notte era la fine del mondo. Senza tutta la caciara dell'esseri umani, per dodici ore ci stava solo il silenzio e le finestre chiuse. Le nove di sera e le cinque di mattina si rassomigliavano come due minuti dello stesso quarto d'ora, e da Val Melaina al Quadraro era tutto un chiacchiericcio di grilli. Con tante migliaia di poveri cristi che stavano chiusi dentro casa per il coprifuoco le strade si svuotavano. La sera c'avresti potuto passare un velo di zucchero e la mattina lo ritrovavi ancora lì che neanche le mosche c'avevano camminato». (Ascanio Celestini, Scemo di guerra) a
RINGRAZIAMENTI La Redazione di 4frecce ringrazia tutti coloro che con segnalazioni, ricordi, racconti, hanno reso possibile la realizzazione di questo numero. Un grazie particolare va ai collaboratori di questo numero: Elisabetta Frau, vive a Roma ma viene dalla terra dei nuraghi. Di giorno lavora nella comunicazione e di notte fa disegnetti; Valeria Garofalo, abita a Roma ed è una fotografa specializzata in food e still life, ha da poco fondato l'associazione culturale Arttivo; Tito Lima (1983) bazzica Roma da diverso tempo dopo aver vissuto tra Puglia e Friuli Venezia Giulia. Scrive su diverse riviste, alcune anche cool. A scuola scriveva più sui banchi che sui quaderni; infine, Angelo Tantaro e ilquadraro.it, per la disponibilità nel fornirci i materiali.
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LUNOTTO «Il Quadraro non è soltanto un quartiere, è uno stato d’animo» (Fernando Acitelli, Sulla strada del padre)
Acquedotto Felice, di V. Garofalo