il supplemento quartieri sette strade

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g4FRECCE c sosta a... PIETRALATA # 10

al di là del fiume storia - mappa - itinerario - racconto - fumetto - curiosità


CoNtaCHILoMEtRI SOMMARIO

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4FRECCE Supplemento di SETTESTRADE Anno XII n. 4 ottobre 2013 4frecce.wordpress.com 4frecce.redazione@gmail.com Direttore Responsabile Umberto Cutolo Redazione, testi e progetto grafico Michela Carpi, Andrea Provinciali Hanno collaborato: Fabiana Calvo, Valeria Calò e Chiara Fontana

contagiri editoriale retromarcia storia retrovisore passato presente tergicristallo foto autostop racconto navigatore mappa scuola guida itinerario autoradio playlist frizione cultura marmitta fumetto revisione memorie a confronto lunotto citazione

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Stampa PoLigraf srl Via Vaccareccia, 41/b Pomezia (RM) www.poligrafsrl.it SETTESTRADE Bimestrale dell’Automobile Club di Roma Registrazione Tribunale di Roma n. 184 del 17.05.2001 Editore Acinservice Srl Sede legale, pubblicità e redazione Via C. Colombo, 261 – 00147 – Roma http://www.roma.aci.it/

Foto e illustrazioni di copertina rispettivamente di Fabiana Calvo e Chiara Fontana


EDITORIALE CoNtaGIRI

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Nata solo all’inizio degli anni violenta e Ragazzi di vita hanno trovato Trenta, Pietralata si è trasfor- in Pietralata lo sfondo in cui stagliarsi mata presto in una delle zone immortali. La gioventù, l’arte di arranpiù popolose di Roma. Addos- giarsi, la voglia di farcela, le passioni sata all’Aniene, cresciuta irre- estreme e l’estremamente domestico, golarmente, disordinatamente, è stata tutto ciò che è illecito (droghe, giochi terra di frontiera, confine indistinto tra d’azzardo, furti e assassinii) e tutto ciò che è rassicucittà e campaRaccontateci il vostro quartiere rante e lecito (i gna, rifugio per inviando foto o testi a cortili in cui far contadini, operai, sfollati e di4frecce.redazione@gmail.com scorrazzare i ragazzini, il dibatsoccupati, simbolo della resistenza romana alle retate tito politico consumato in osteria, le dei nazifascisti e poi turbolento ma pa- famiglie enormi, allargate) convivono cifico terreno di convivenza tra fedi di- qui quasi immutati da allora. Che non verse (nella religione, nel partito, nel sono certo passati molti anni, rispetto calcio locale). Oggi ospita anche alcuni al fatto che si tratta pur sempre della locali alla moda, e certe nuove ten- periferia di una città eterna. Che ne denze dell’arte contemporanea. Ma sono trascorsi anzi pochissimi, consinon ha perso la sua anima più pura, derato che letteratura e cinema hanno già trasformato le sue vicende schietta e popolare. Lo scrittore Pier Paolo Pasolini, poi, l’ha da storia a mito. resa poetica. Come solo lui sapeva Azionate le vostre quattrorendere poetiche le borgate romane. frecce, e venite a scoprirla Pagine crude, feroci e liriche di Una vita con noi. a

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Campo dell'Albarossa via Marica, di F. Calvo

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REtRoMaRCIa STORIA PICCOLA RUSSIA Ottant'anni di resistenza

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l fiume scorreva sotto delle scarpate impuzzolite […], dall’altra parte si alzavano altre scarpate, dove si vedevano case e casette, qualche cantiere, altri villaggi di tuguri. Al di là dell’Aniene, si stendevano i campi, verso i colli di Tivoli, confusi nell’aria fredda. I cantieri e le costruzioni, dopo qualche curva cominciavano a infittirsi: si paravano davanti un po’ dappertutto, sui monticelli, contro il cielo, o giù, negli affossamenti, tra i resti degli orti e dei prati, contro lo scolo del fiume». È così che Pier Paolo Pasolini descriveva la borgata come la si poteva vivere negli anni Cinquanta. In principio non era che questo - un grande latifondo della campagna ro-

mana, Pietralata, o Prata Lata (grandi prati) - e tale era rimasto fino agli anni Trenta: nient’altro che un insieme indistinto di piccoli appezzamenti, orti e pascoli di qua e di là dal fiume Aniene. Quando arrivò il fascismo, e con lui i primi sventramenti edili nel cuore di Roma, ecco che questo terreno ben si prestò a ospitare i tantissimi sfollati del centro città, e a farsi borgata. Tra il 1935 e il 1940 Pietralata diventa dunque il nome una delle 12 borgate “ufficiali” realizzate dal Governatorato di Roma nell’Agro Romano per trasferirvi gli sfrattati; qui ci si arrangia a vivere come si può, la vita costa poco, il lavoro si rimedia, e una casa anche: a questi anni risale la costruzione delle “casette

Grotte rifugio bombardamenti via di Pietralata, di F. Calvo

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Parrocchia San Vincenzo Pallotti via M. Tondi, di F. Calvo

da sette lire", che tanto costavano, prive com’erano di bagni, cucine e acqua corrente. Sul finire della guerra Pietralata diventa, come altre borgate limitrofe, terreno in cui si alimenta e protegge la Resistenza romana. Finché, nell’ottobre del 1943, un gruppo di partigiani non assaltò la caserma del Forte Tiburtino per procurarsi viveri, armi e medicinali. La rappresaglia fu immediata e il giorno seguente, il 23 ottobre, dopo un processo estremamente sommario, in un valloncello tra i campi, furono trucidati dai soldati tedeschi nove partigiani:

in realtà i prigionieri condannati a morte erano dieci ma l’ultimo di loro, appena un ragazzino, venne risparmiato. Al suo posto fu ucciso un comune civile, un ciclista che si trovava in quel momento a passare lungo la via Tiburtina. Finita la guerra le vecchie casette vengono sostituite da abitazioni più moderne, e i lotti originari sostituiti dai palazzi. Il Partito Comunista e la Chiesa sono i due principali punti di riferimento per gli abitanti della borgata; lo sono entrambi, anche se a valerle il titolo di Piccola Russia contribuì senz’altro il primo. a

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REtRoVIsoRE PASSATO PRESENTE A RIDOSSO DEL CIELO Il sogno di piazze e palazzi

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Acquedotto Felice, di V. Garofalo

Case Popolari via Pomona, di F. Calvo

cco che un giorno cominciarono a impiastrare di palazzi tutto lì intorno, sulla Tiburtina, poco più su del Forte: era un’impresa dell’INA Case, e le case cominciarono a spuntare, sui

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prati, sui montarozzi. Avevano forme strane, coi tetti a punta, terrazzette, abbaini, finestrelle rotonde e ovali: la gente cominciava a chiamare quei caseggiati Alice nel Paese delle Meraviglie, Villaggio Fatato, o Gerusalemme:


LARGO DI PIETRALATA

(Pier Paolo Pasolini, Una vita violenta)

Scultura largo di Pietralata, di F. Calvo

e tutti ci ridevano, ma tutti quelli che abitavano nelle borgate in quei paraggi, cominciarono a pensare: “Aaah, finalmente anche a me danno un harem!” E non c’era nessuno dei baraccati, degli sfrattati, degli sfollati che non c’aveva provato, a presentare la domanda, per stanare da quegli accrocchi miserabili dove abitava. Anzi, nientedimeno, appena il quartiere fu quasi finito e si parava vuoto e tutto linto e pinto fra l’immondezza e le marane, una notte, tutti gli abitanti dei dintorni, d’accordo, conbuffolarono e imbastirono il movimento: presero e l’andarono a occupare, come nel Far West, chi primo arrivava quello che occupava era suo». a

Avrebbe dovuto chiamarsi piazza Risarcimento ma gli abitanti del quartiere volevano che fosse dedicata a Pasolini. Piazza Pier Paolo Pasolini, doveva chiamarsi. Si è scelto un nome di compromesso, largo di Pietralata, e un soprannome, piazza Tangentopoli. Per non dimenticare che la piazza - uno spazio ellittico in mattoni rossi in travertino, circondato da gradinate e con una vistosa fontana al centro - è stata realizzata recuperando fondi rubati per la costruzione della metropolitana.

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tERGICRIstaLLo FOTO

PRODUZIONE PROPRIA di Fabiana Calvo 8

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aUtostoP RACCONTO COMPLOTTO DI FERRAGOSTO di Valeria Calò

Era tornata e per di più con tutta la puntualità che gli abitanti di Pietralata erano soliti riconoscerle.

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artita con le infradito ai piedi, lo spazzolino in tasca e il fularino rosso legato al collo era atterrata sul cassonetto di Via del Peperino, all’altezza del civico 57, del tutto incolume e con la divisa da viaggio ancora intatta. Innervosita dal pericoloso silenzio di un quartiere deserto e schiacciato dal caldo asfissiante del quattordici agosto, tornò a perlustrare l’area con più attenzione. Nessuna minaccia nei paraggi, nessuno l’aveva vista. Eppure non si sentiva tranquilla, era certa che la stessero aspettando. Difatti il manifesto affisso accanto alla serranda chiusa della bottega del Sor Franco annunciava: “Quest’anno la caccia alla zanzara Fulvia inizia la sera del 14. As-

Targa caduti via del Peperino, di F. Calvo

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semblea di coordinamento alla Casa del Popolo, ore 19. E non fate tardi che quest’anno, cascasse il mondo, il Ferragosto si festeggia!”. Per schiarirsi le idee e stiracchiarsi le righe costeggiò in volo gli scatoloni di cemento lungo il vialetto che segna il confine tra i due lotti più antichi del quartiere, il sette e l’otto. Superata la targa di commemorazione dell’eccidio nazifascista la situazione si rivelò in tutta la sua gravità: il quartiere era tappezzato di quadratini rossi che inneggiavano alla Missione Fulvia. D’altronde, tanto allarmismo non era certo da biasimare: l’attesissima festa a base di pollo in umido con i peperoni, cocomero freddo e vinello rosso dei castelli, negli ultimi dieci anni era stata soppiantata da un isteri-


Ben presto considerò quella sentenza come l’unica opportunità che avrebbe mai avuto per scoprire cosa ci fosse di tanto speciale in quella ricorrenza. smo collettivo, tanto diffuso e incontrollato da compromettere irrimediabilmente le operazioni che preparavano il prelibato banchetto. Tanta confusione non si vedeva più da quando gli abitanti delle baracche di Via Pomona marciavano, muniti di fagotto, verso “le case nuove, quelle vere fatte coi mattoni”, resistendo agli sgomberi delle forze dell’ordine che, il più delle volte, risultavano efficaci solo al terzo tentativo. La riunione serale durò diverse ore: perfino il volto di Berlinguer, immobile su quelle pareti da quasi trent’anni, sembrava aver cambiato espressione, tanta era la stanchezza. Alla fine i sostenitori della politica dell’indifferenza, rassegnati all’indesiderata presenza della Zanzara Fulvia nella sacra occasione del Ferragosto a Pietralata, ebbero la meglio sui sostenitori di un ennesimo e disperato inseguimento. L’imputata, che nascosta sul davanzale della finestra più alta aveva ascoltato e compreso tutto, sulle prime fu indispettita e dunque tentata dalla possibilità di tornare all’attacco più spietata che mai, per punirli e dimostrargli che nessuno poteva ignorarla. Ma ben presto considerò quella sentenza come l’unica opportunità che avrebbe mai avuto per scoprire cosa ci fosse di tanto speciale in quella ricorrenza. La mattina seguente fu svegliata da spadellamenti e risate. Si alzò di scatto e seguendo la provenienza di quell’allegro rumoreggiare arrivò nei cortili di Via Silvano. Affascinata da tanta ilarità si abbassò un po’ per vedere meglio, sempre di più, fino a cadere, neanche a volerlo,

via di Pietralata, di F. Calvo

accanto al bicchiere del Sor Maurizio, il quale con un sorriso un po’ storto ma sincero le disse: - Sei un pochetto in ritardo! So’ dieci anni che famo avanti e indietro pe’ acciaccatte. E guarda se pe’ corpa tua ‘sta strada non torna più bassa de prima. E allora sai che c’è? Che c’hai stufato. Mo’ mettite a sede, fatte un bicchiere, qui c’è er cocommero, e se proprio me voi ringrazià butta ‘sto spazzolino che sei un po’ ridicola e me levi l’appetito … - Posso tenere il fularino? - Sì certo, ma mo’ magna, che c’hai ‘n aria un po’ sbattuta… La Zanzara Fulvia, vittima di tanta succosa dolcezza, subì un’intossicazione da cocomero fresco e morì. La sua vicenda, divenuta leggenda, viene raccontata ancora oggi al termine di ogni pranzo di Ferragosto; proprio lì, a Pietralata, dove nessuno sa se questo incredibile racconto sia realtà o fantasia. a

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NaVIGatoRE MAPPA PIETRALATA di Chiara Fontana


http://4frecce.wordpress.com

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sCUoLa GUIDa ITINERARIO LUNGO LA FRONTIERA di Michela Carpi

Sinuosa come un fiume - come l’Aniene che le scorre accanto, a tratti parallelo, sodale - via di Pietralata si snoda tra la Nomentana e la Tiburtina, quasi a segnare un confine, a marcare un passaggio.

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a una parte i palazzi immersi nel traffico, i supermercati, le sale gioco e i centri commerciali, a ricordarci che il consumo sembra ormai vincere su tutto, anche sulla crisi. Dall’altra le casette basse, gli argini del fiume, e prati e campi. Che sopravvivono. Si scende dalla metropolitana (fermata omonima), e ci si trova nel cuore del quartiere. Sulla sinistra la parte più vecchia e storica, i lotti dello IACP nel rettangolo delimitato da via Flora, via Marica, via Pomona e via di Pietralata; sulla destra la collinetta chiamata ancora “monte del pecoraro”, dove un tempo pascolavano le pecore e che oggi è occupata da alti palazzoni a schiera, con la chiesa San Vincenzo Pallotti a benedire il confine che la separa dal Tiburtino terzo.

Ci si inoltra nel quartiere, dunque. Su via Pomona, prima, tra il centro anziani – fonte di preziose memorie – e il vicino parchetto, e poi su via Marica, dove la chiesa di San Michele Arcangelo e il Campetto del 25 Aprile ricordano i tempi in cui fede e politica andavano a braccetto come Don Camillo e Peppone: su un lato della strada l’oratorio e gli scout, sull’altro le feste popolari e le partite dell’Alba rossa. Nome seducente e carico di promesse, Alba rossa, squadra di calcio locale “sponsorizzata” dal PCI, che aveva la sua sede in via del Peperino (poi sede di Rifondazione comunista e oggi di Sinistra, Ecologia e Libertà). Il PCI aveva regalato ai bambini della borgata il Parco del 25 Aprile e tra comizi e iniziative benefiche aveva raccolto così tanti consensi da far meritare a Pietralata l’appellativo Piccola Russia.

via del Peperino, di F. Calvo

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Forte Pietralata, di F. Calvo

E al PCI è legata anche la vicenda della Casa del popolo in via Silvano: cantine occupate nel ‘67 perché gli abitanti del quartiere potessero condividere una spazio di socialità e divenute presto luoghi di incontri e dibattiti (calcio e politica i temi dominanti). Tra via del Peperino e via Silvano una targa ricorda l’eccidio nazifascista del 23 ottobre 1943 in cui i tedeschi trucidarono alcuni dei partigiani che il giorno prima avevano fatto parte dell’assalto alla caserma del Forte Tiburtina. Via di Pietralata ci riconduce invece a tempi più vicini: un moderno Colosseo si affaccia sulla via Ramiro Fabiani, complesso residenziale dalla struttura circolare creato negli anni Ottanta e già sulla via del degrado. Su via del Forte di Pietralata si trova invece la Caserma Gandin, o Forte Pietralata, la prima costruzione della zona. Ed è sempre proseguendo su via di Pietralata che arriviamo a via del Casale Rocchi, collinetta quasi interamente circondata dall’Aniene, dove il tempo sembra essersi fermato agli anni Sessanta: fratte, casali storti, terreni incolti; da

qualche parte si nasconde una grotta che durante la guerra veniva usata come rifugio. Vicino, intanto, scorre il fiume, con la poco nota Riserva Naturale della Valle dell’Aniene. Sul finire di via Pietralata, infine, i locali della notte e della modernità: l’ex lanificio (in prossimità dell’incrocio con via Nomentana); il Fishmarket e il Laboratorio3, locali abbastanza di moda oggi, anche se chi li frequenta non sa di trovarsi in un quartiere chiamato Pietralata. a

Fishmarket, F. Calvo

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aUtoRaDIo PLAYLIST

XYZMNPQRSTUV RADIO 4FRECCE

titolo: pietralata durata: 43 ‘00’’

on air: www.youtuBe.Com/user/radio4freCCe

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01 - Claudio lolli - io ti raCConto (4 ‘ 46 ‘’)

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02 - stone temple pilots - interstate love song (3 ‘ 50 ‘’)

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03 - BanCo del mutuo soCCorso - non mi rompete (5 ‘08 ‘’)

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04 - the field - everyBody’ got to learn sometimes (6 ‘ 48 ’’)

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05 - faBrizio de andre’ - via del Campo (2 ’ 33 ’’)

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06 - the stone roses - i wanna Be adored (4 ’ 34 ’’)

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07 - fine Before you Came - piovono pietre (3 ’ 33 ’’)

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08 - jefferson airplane - white raBBit (2 ’ 30 ’’)

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09 - pieBald - graCe kelly with wings (5 ’ 25 ’’)

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10 - marlene kuntz - ti giro intorno (4 ’ 34 ’’)


CULTURA FRIZIoNE I FILM Luigi Zampa L’oNoREVoLE ANGELINA (1947) Una splendida Anna Magnani, combattiva e coraggiosa, che si fa “capopopolo” per le donne di Pietralata.

Vittorio De Seta DIARIo DI UN MAESTRo (1973) L’esperienza di un maestro rivoluzionario, “di frontiera”, mostrata da un artista che ha fatto della realtà lo strumento per raccontare la speranza in un futuro migliore. Inizialmente sceneggiato televisivo e poi lungometraggio per il cinema, il film è tratto dal libro autobiografico Un anno a Pietralata di Albino Bernardini.

IL LIBRO Pier Paolo Pasolini UNA VITA VIoLENTA (1969) Romanzo di formazione crudo, feroce, carnale. La storia del giovane Tommaso che diventa, come scrisse Gadda, “rappresentazione lucida e spietata, delle persone e degli atti, dell'ambiente e delle fatalità” delle borgate romane.

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MaRMItta FUMETTO LA SOTTILE LINEA BLU di Chiara Fontana



REVIsIoNE MEMORIE A CONFRONTO SE ME LEVI DA QUI IO MORO di Valeria Calò Signora Marina, di F. Calvo

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a storia della Signora Marina è antica quanto quella della borgata Pietralata. Nascevano insieme nel 1940. La incontro nel giardino del Centro anziani di via Pomona, dove le sue compagne di briscola, non appena mi vedono arrivare, si avvicinano incuriosite chiedendomi se sono proprio io “quella della televisione”. Ci accomodiamo su un divanetto. Da come mi guarda capisco che è impaziente di raccontarmi la sua storia, e io, emozionata almeno quanto lei, non la faccio aspettare.

«Prima degli sventramenti fascisti i miei genitori abitavano a Porta Metronia. Poi sono stati sfollati a Tiburtino III, al primo lotto, il più vecchio. Quegli appartamenti erano comodi, con due camere, la cucina e l’acqua corrente. Nel 1940, quando sono nata io, la mia famiglia è stata spostata un’altra volta, alle casette delle sette lire, qui a Pietralata. Si chiamavano così perché l’istituto della casa popolare ci faceva pagare sette lire al mese. Una famiglia di sei persone viveva in una sola camera, dove si faceva tutto: si dormiva, si preparava da mangiare… l’acqua si prendeva alla fontana e per andare in bagno dovevi attraversare il piazzale e metterti in fila perché ce ne stava solo uno, per tutti gli abitanti del lotto. Stavamo messi proprio male! Oltre alla casette non c’era niente, era tutta campagna e quando pioveva si allagava tutto. Soprattutto vicino la chiesa di via Flora». Come nel film con Anna Magnani, L’onorevole Angelina? Sì, Proprio così.

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Eppure la denuncia di Luigi Zampa a Pietralata ha sollevato molte critiche, alcuni abitanti del quartiere si sono sentiti offesi… Io invece sono contenta, perché così tutti possono vedere quanto stavamo male. Nell’agosto del 1953, quando la borgata si è allagata per tre notti e per tre dì [come recita la canzone scritta per l’occasione] sono intervenuti perfino i pompieri. [Ride e inizia a canticchiare. Incuriosita le chiedo perché ricordare l’intervento dei pompieri la diverta tanto. È sorpresa, sembra non essersene quasi accorta]. È vero, mi diverte. Non so, c’era acqua ovunque, la gente era disperata; tra tanto grigiore quel camioncino rosso brillava su tutto, che sembrava uno scherzo. Vivendo a distanze così ravvicinate si era creata una forma di solidarietà tra gli abitanti dei lotti? C’era un po’ di tutto. La fame, la paura, gli allagamenti, il fascismo, un disastro di case… [Si blocca un momento e mi guarda come se dicesse “Non ti sembra forse abbastanza?”]. C’era tanto ma so-


lidarietà non lo so proprio. Potevamo stare con la porta aperta, è vero, ma mica per aiutarci: in realtà nelle baracche non c’era niente da rubare. Perfino le suore ti facevano pagare tutto. Infatti i bambini delle famiglie povere come la mia venivano accolti dall’asilo e dalla scuola materna. Ci portavano in chiesa e a giocare in giardino, facevamo anche il pranzo, perché almeno lì il vitto non si pagava; il pomeriggio ci mettevano tutti in fila per darci l’olio di ricino e le pasticchette rosse di vitamine. Ricorda un episodio relativo al periodo di occupazione tedesca? È stato terribile. L’eccidio dei dieci [ottobre 1943] è stata la storia più brutta: hanno ammazzato anche due ragazzi di quindici e diciotto anni, i fratelli Cibei. Ma ce ne sono stati tanti altri. I tedeschi erano ovunque, anche nelle scuole. Io ero piccola ma non mi sono dimenticata quanto ci spaventavano. Uno, in particolare, era così brutto e scuro che per quanto mi faceva paura ho iniziato a chiamarlo scimmia. Lui baccaiava ma mamma mi diceva di stare tranquilla perché tanto non poteva capire. E invece

una volta ha capito: è entrato in casa e con la pistola puntata ha cominciato a urlare “Kaput Kaput”; mamma m’ha acchiappato e ha iniziato a picchiarmi dicendo al tedesco “è piccolina non capisce”, ma lui non voleva sentire ragioni. Poi quando ha visto tutte quelle botte e noi che piangevamo come disperate… finalmente si è calmato ed è andato via. Da quel giorno non ho mai più dimenticato il rumore del suo camion e quando arrivava lo riconoscevo subito. E i luoghi scomparsi? Il Monte del Pecoraro, che si chiamava così perché ci portavano le pecore al pascolo. E quel pecoraro aveva pure i cavalli, l’orto, le galline… Prima di costruirci la chiesa San Vincenzo Pallotti questa collinetta era piena di grotte; durante la guerra quando suonavano le sirene le usavamo come rifugio. Ci davano sicurezza. All’angolo tra via Tiburtina e via di Pietralata invece, dove adesso c’è il bar tabacchi, ai tempi del fascio c’era la posta e il banco di distribuzione del cibo. E la Casa del Fascio, ovviamente, che stava all’angolo tra via di Pietralata e via Tondi, ma se è scomparso non ci di-

Mercato viale G. Stefanini, di F. Calvo

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Complesso Case Popolari "Il Colosseo" via R. Fabiani, di F. Calvo

spiace. Mio padre ce l’hanno portato tante volte perché non si voleva fare la tessera. Quanto olio di ricino gli hanno fatto bere, poveraccio! E uno per cui prova tanta nostalgia… Il cinema! [Il viso le si illumina] Il Nevada, che si chiamava Lux al tempo dei fascisti, era tutto quello che avevamo. L’estate i film li facevano all’aperto, dietro il capannone. Ormai sono vent’anni che al suo posto c’è la fermata della metropolitana. Negli anni Cinquanta iniziano a scomparire anche le casette delle sette lire. L’emergenza abitativa raggiunge un momento di svolta quando lo IACP inizia la costruzione dei complessi residenziali che avrebbero sostituito le baracche… Proprio così, finalmente le case vere! Le prime sono quelle gialle di via dell’Acqua marcia e via del Peperino. Qui la pigione era costosissima, allora tremila lire al mese erano proprio tante! In genere le famiglie che non potevano pa-

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gare venivano sgomberate, qualcuno invece trovava pure il modo di restare. E poi si facevano tante occupazioni… dappertutto! Appena si costruivano palazzi nuovi e si spargeva la voce si partiva in gruppo. Si occupavano anche le cantine degli edifici. Al dipartimento D di via Silvano ci vivono le stesse famiglie di allora. Ovviamente appartengono ancora all’istituto ma la situazione non è mai stata sistemata, quindi ancora oggi gli inquilini non pagano. In altri casi ancora le case dello IACP sono state comprate dagli assegnatari [riscattandole]. Pietralata veniva chiamata anche la Piccola Russia perché qui il PCI ha raccolto molti consensi. Concretamente, per il quartiere, quanto è stato importante il contributo del partito? Il PCI ha lavorato molto e ci ha aiutati in tante battaglie. Quando si facevano le riunioni a scuola la Democrazia Cristiana non era mai presente, lo sapeva bene che qui non era la benvenuta! Insomma, facevano picche! Gli scioperi


MEMORIE A CONFRONTO REVIsIoNE che abbiamo fatto neppure si contano. Si scendeva per strada tutti insieme, a frotte, ovviamente con il partito. Appena lo sciopero veniva annunciato: tutti pronti! Anche le donne? Noi eravamo le mejo, più caciarone degli uomini! E poi con le iniziative del partito si creavano anche delle belle situazioni per stare tutti insieme. A settembre organizzava sempre una festa al parchetto di via Pomona. Si mangiava, si beveva, e poi c’era il gioco della ruota, un biglietto costava 50 lire e potevi vincere una gallina, o un prosciutto. E l’occupazione delle cantine di via Silvano dove hanno fatto la casa del popolo e l’Alba rossa… sono stati momenti importanti. Un altro episodio che ricorda con gioia? Quando è cascato il Fascio! E stato bellissimo… s’è fatta notte e giorno, una grande festa che non finiva più! Quando parlo di Pietralata ad abitanti di altri quartieri romani… [qui mi interrompe, ha intuito perfettamente il senso della domanda] Je pia ‘n corpo! Ci considerano gentaccia! Gente brutta che ruba, delinquenti insomma! E infatti tanta gente della borgata dice di abitare a Tiburtina. E io mi chiedo “E perché?!” Si vergognano, capito? Ma qui ci stanno pure le persone oneste. Pietralata è bella perché…

Perché ce semo nate! Se me levi da qui io moro! E comunque si sta bene, le comodità ci sono tutte. La metropolitana, i supermercati, l’ospedale vicino, farmacie, tre linee di autobus. Ma anche senza queste cose nuove io stavo bene lo stesso, forse perché siamo stati abituati a non avercele. Noi qui non abbiamo vissuto niente. Si andava a rubare per gli orti, per mangiare qualcosa. Dalla fine della guerra a oggi la borgata non è cambiata molto. Ci sono i palazzi nuovi, la metro, l’ospedale, ed è importante perché per questo abbiamo lottato tanto. Ma la sera sembra che c’è ancora il coprifuoco. Alle otto è tutto chiuso, per strada non c’è nessuno. Sembra che ancora oggi la gente è tutta impegnata a trovare un modo per sopravvivere e che non c’è spazio per tutto il resto. Una cosa che aggiungerebbe? Non serve tanta fantasia. Se finivano quel poco che avevano iniziato stavamo già un pezzo avanti. L’edificio abbandonato di via Pomona, doveva diventare un centro sportivo con piscina, campi da tennis e tanto altro. Anche i lavori per sistemare il parchetto sono stati abbandonati: hanno messo un muretto, la rete, il cancello e si sono fermati, lasciando tutto a metà… E una che eliminerebbe? Bah… niente. Non c’è tantissimo e quand’è così, tutto serve. a

RINGRAZIAMENTI La Redazione di 4frecce ringrazia tutti coloro che con segnalazioni, ricordi, racconti, hanno reso possibile la realizzazione di questo numero. Un grazie particolare va ai collaboratori di questo numero: Fabiana Calvo, laureata in storia dell'arte, inizia a scattare pur di non essere fotografata e non smetterà più; Valeria Calò, libraia felice; Chiara Fontana, nasce a Siracusa e vive a Roma, disegna per diletto, ha mille hobby che non diventeranno mai un lavoro e sogna di ricevere una telefonata da Papa Francesco.

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LUNOTTO

«Via delle Messi d’Oro, coi cerasi e i mandorli al primo sboccio, era tutta vuota, mentre si sentivano, da dietro i casali, delle voci di giovanotti che cantavano facendo i Claudio Villa, e, più lontano ancora, le trombe del Forte che suonavano la libera uscita» (P.P. Pasolini, Una vita violenta)

Cortile lotti tra via del Peperino via dell'Alabastro, di F. Calvo


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