frecce rioneponte

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g4FRECCE c sosta a... RIONE PONTE # 14

vicoli sublimi storia - mappa - itinerario - racconto - fumetto - curiositĂ


CoNtaCHILoMEtRI SOMMARIO

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contagiri editoriale retromarcia storia retrovisore passato presente tergicristallo foto autostop racconto navigatore mappa scuola guida itinerario autoradio playlist frizione cultura marmitta fumetto revisione memorie a confronto lunotto citazione

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4FRECCE Supplemento di SETTESTRADE Anno XIII n. 4 ottobre 2014 4frecce.wordpress.com 4frecce.redazione@gmail.com Direttore Responsabile Umberto Cutolo Redazione, testi e progetto grafico Michela Carpi, Andrea Provinciali Hanno collaborato: Giulio Romaldi, Valeria Calò, Pierfrancesco Matarazzo e Antonello Lipori

Stampa Tipografia PoLigraf srl via Vaccareccia, 41/b - Pomezia (RM) www.poligrafsrl.it SETTESTRADE Bimestrale dell’Automobile Club Roma Registrazione Tribunale di Roma n. 184 del 17.05.2001 Editore Acinservice Srl Sede legale, pubblicità e redazione Via C. Colombo, 261 – 00147 – Roma http://www.roma.aci.it/

Tutte le foto di Michela Carpi. Copertina: illustrazione di Antonello Lipori; foto di Giulio Romaldi.


EDITORIALE CoNtaGIRI

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Nello stemma e nel nome un barocco romano; e poi ristoranti, teatri luogo che non gli appartiene e locali che da decenni intrattengono i più, ponte Sant’Angelo. Ge- romani. mello negletto di Parione Perdersi tra i suoi vicoli è un piacere: (Ponte&Parione nella mente qui la storia si nasconde ancora nei dei romani sono una cosa sola) il rione nomi delle strade e delle piazze, nelle si stende intorno a una delle piazze piccole edicole nascoste in angoli bui, in chiese sconpiù note di Raccontateci il vostro quartiere sacrate e anRoma, piazza cora occhiegNavona, lungo inviando foto o testi a gianti dalle facl’ansa ricurva 4frecce.redazione@gmail.com ciate, e poi si ladel Tevere che lo avvolge come in un abbraccio. Da scia scoprire nei grandi musei, nei proteggere qui c’è molto: le vie di anti- vistosi palazzi voluti da nobili e comquari e artigiani invase da boutique e mercianti, nelle tracce che secoli di negozi di souvenir, i grandi palazzi Chiesa e pellegrini hanno imdella Roma rinascimentale sopraffatti presso lungo le sue vie. dallo smog, le chiese, quelle meravi- Armatevi di sandali, azionate gliose chiese dimenticate che ospitano le 4frecce, e venite a scole opere dei più importanti artisti del prirlo con noi! a

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REtRoMaRCIa STORIA TRA PASSATO E PRESENTE Un rione in difficile equilibrio

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n ponte incastonato in un’insegna: è lo stemma che rappresenta il rione e il luogo da cui prende nome; si tratta di ponte Sant’Angelo - in antichità ponte Elio, in omaggio all'imperatore Publio Elio Adriano che lo volle per collegare il proprio mausoleo al resto della città. Il ponte però è appartenuto all’omonimo rione solo fino a quando Papa Sisto V non lo incorporò nel nuovo “Borgo”; oggi non ne resta che il ricordo e la vista suggestiva quando dal dedalo dei suoi vicoli si arriva al Lungotevere. Luogo misterioso, sibillino e “gonfio di agguati”, come ricorda Ovidio nei Fasti, il rione Ponte era, in origine, una distesa di paludi. Nell’antica Roma veniva considerato parte della zona del Campo Marzio; qui si trovava il porto utilizzato per portare i materiali necessari alla costruzione delle grandi opere realizzate appunto nel Campo Marzio. Un significativo incremento di popolazione vi si ebbe solo nel Medioevo, quando molti romani iniziarono a trasferirsi dalle zone collinari della città - gradevoli, ma in cui l’acqua scarseggiava - alle aree più vicine al Tevere, sfruttato allora come fonte d’acqua potabile.

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La vicinanza con San Pietro ne fece poi luogo di transito per numerosi pellegrini contribuendo ad arricchire, non molto diversamente da oggi, l’economia della zona: c’erano locande, osterie, luoghi per il commercio di oggetti sacri… Papa Sisto IV Della Rovere fu il primo restauratore del rione: fece selciare tutte le vie, ripulì la zona di ponte Sant’Angelo da tutti i tuguri fatiscenti, e fece realizzare una delle chiese più importanti, Santa Maria della Pace. Papa Sisto V operò la separazione tra il rione Ponte e Borgo, togliendo al primo la zona al di là del Tevere. Nel frattempo molte famiglie aristocratiche e mercantili avevano costruito nel rione i loro palazzi affidandone il progetto ai più grandi artisti del tempo, rendendolo così uno dei più importanti e ricchi della città. Nonostante Ponte fosse una zona ricca e rigogliosa, era però anche quella più colpita dalle frequenti alluvioni del Tevere. L’aspetto fu completamente trasformato dopo che Roma divenne capitale nel 1870: furono costruiti i muraglioni del Tevere per fermare le piene del fiume, oltre a nuovi ponti per collegare la zona del Vaticano e Prati al resto della città. Molti dei vicoli che portavano sulla riva del Tevere sono scomparsi per fare posto all’ampia strada del Lungotevere; ciononostante Ponte riesce a conservare ancora il suo aspetto tipico, con i vicoli sovrastati da magnifici palazzi e con i suoi ampi rettilinei rinascimentali convergenti verso ponte Sant’Angelo, riuscendo a mantenere un perfetto equilibrio tra passato e presente. a


Santa Maria della Pace


REtRoVIsoRE PASSATO PRESENTE IL TRIONFO DEL BAROCCO La Chiesa e il Chiostro

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nconfondibile lo spiazzo su cui sopravanza la chiesa, con quella tipica facciata convessa che fonde il luogo di culto con le case vicine, la piazza antistante con l’interno della Chiesa. L’edificio venne inizialmente fatto realizzare da Papa Sisto IV sul luogo in cui avrebbe sanguinato un’immagine della Vergine. Il Papa, colpito dall’evento, fece voto di edificarvi una grande chiesa. E lo fece. Nel 1500 il Bramante realizzò poi il convento e il Chiostro annesso, straordinario esempio di architettura rinascimentale, oggi sede di numerose mostre itineranti. La Chiesa venne successivamente fatta

ampliare da Papa Alessandro VII che affidò l’incarico a Pietro da Cortona, il quale realizzò appunto la famosa facciata barocca: al pianterreno, coppie di colonne sorreggono il caratteristico portico semicircolare, al di sopra del quale corre un'iscrizione latina che così recita: “Portino i monti la pace al popolo e i colli la giustizia”, in riferimento alle sei cime dello stemma Chigi di Alessandro VII, situato sotto il portico stesso. Tra le numerose opere che si trovano al suo interno spiccano Le Sibille e Angeli realizzate da Raffaello all’interno della bellissima cappella Chigi. a

Chiostro del Bramante


Santa Maria della Pace

CAFFÈ GRECO

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tERGICRIstaLLo FOTO

M’ILLUMINO di Michela Carpi 8

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aUtostoP RACCONTO UN GIORNO DI VACANZA di Pierfrancesco Matarazzo

Ho sete. Vorrei andare a nascondermi nel vicolo di San Celso, fra il gelsomino notturno e quella piccola finestra con le inferriate nere. Fermo a guardare il mio quadro: un vescovo col suo mantello rosso.

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l viso sembra fatto d’aria, lasciando tutto lo spazio agli occhi. Neri e allungati, hanno un nervoso scintillio all’interno che non permette di distrarsi. È per questo che mi piace, mi fa sentire osservato. Potrei rimanere sospeso a guardarlo per ore. Questa volta berrei prima alla fontanella che sta proprio sotto la finestra. Certo, dovrei aspettare qualcuno che mi aiutasse, facendo schizzare un po’ d’acqua anche su di me. Non riesco a fare molto da solo. Nulla di veramente utile. Dio, che sete. Se almeno piovesse. Sono giorni che il cielo si gonfia di nubi per poi mangiarsele tutte da solo. Lo fa per prendersi gioco di me, mentre sono piazza dell’Orologio

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bloccato in questa piazza. Piazza dell’Oro. Un bel nome, vero? A me è piaciuto subito. Il giornalaio di vicolo della Moretta ha una gigantesca mappa del Rione Ponte attaccata tutt’intorno all’edicola. E io mi diverto a correrle attorno senza guardare, per poi fermarmi di colpo e puntare un posto da scoprire. A me piace molto viaggiare, il mio lavoro mi fa muovere di continuo. Ma ogni tanto mi concedo una piccola vacanza, un giorno tutto per me in cui fermarmi a osservare le persone. Siete così buffe. Così nervose. Oggi sono capitato in questa piazza. Poco più di uno slargo, con la chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini a espropriare ogni germoglio d’aria con la sua gradinata di travertino sporco. In un angolo della piazza c’è un portone con una cornice di ferro battuto intarsiata con decine di piccole frecce che puntano verso il basso. Se fossi fatto di carne come voi, avrei paura a passarci sotto, ma la donna che mi ha attraversato per mettersi a rovistare nella borsa a forma di cane bassotto non sembrava per nulla intimorita. Cercava e cercava, poi a un certo punto ha lanciato la borsa a terra e l’ha rovesciata, trasformando una distesa di sampietrini sbocconcellati in un bouquet variopinto di piccoli oggetti. Ci si è avventata con rabbia. Le chiavi non le ha trovate, così ha citofonato e qualcuno le ha aperto. Non poteva farlo subito? L’ho detto che siete strani? Ma è per questo che mi piacete.


L’ho detto che siete strani? Ma è per questo che mi piacete.

Non come il mio quadro, s’intende, quello è speciale, ma c’è qualcosa in voi che mi elettrizza. Ma anch’io vi piaccio. Oggi pomeriggio una donna con un velo grigio sulla testa stava attraversando la piazza. Faceva molto caldo e lei sbuffava (come farete a farlo?). A metà della piazza si è fermata e si è guardata attorno. Non c’era nessuno, nessuno a parte me, ma voi dite che sono invisibile. Mi sono avvicinato senza muovere troppo l’aria intorno a lei, stava sudando sotto quel velo, indossava anche delle calze grigie che non la facevano respirare. Aveva bisogno di aiuto. Le ho girato attorno per un po’, era il mio giorno libero e non mi andava di lavorare. Poi lei mi ha fissato con quegli occhi fatti d’acqua e io non ho resistito. Sapevo che non stava guardando davvero me, ma anche voi vi ingannate spesso e capisco il perché. E allora l’ho fatto. Ho cominciato a muo-

vermi intorno a quel velo sempre più veloce e lei mi ha sentito. Fresco e dolce, mi sono insinuato fra i capelli rossicci tagliati così male sotto la cuffia bianca cui era attaccato quel velo. E lei ha sorriso. Io non posso sorridere e questo mi manca. Ha ripreso a camminare con me fino all’inizio di via Giulia, una strada che scorre veloce come un fiume perfetto e riesce a conservare dei quadratini d’ombra anche nelle ore più calde. Ho provato a toglierglielo quel velo, un bimbo con i capelli d’oro ha iniziato a indicarlo. I vostri cuccioli corrono quasi quanto me, come se tutto il loro corpo fosse fatto d’aria, come se quella di volare fosse l’unica possibilità di esistere. Voi però non fate che rimproverarli quando lo fanno. Rimproverereste anche me? Mi piacerebbe. Dio che sete. Ora che ci conosciamo, se corro alla fontanella di vicolo di San Celso, me la date una mano a bere? a

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NaVIGatoRE MAPPA di Antonello Lipori

foce tevere tor san michele idroscalo porto di roma


http://4frecce.wordpress.com

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sCUoLa GUIDa ITINERARIO LUNGO È IL CAMMINO di Tom Tom

La nostra passeggiata ha inizio al Caffè della Pace, alle spalle di Piazza Navona, per un caffè di metà mattina in uno dei bar storici della Capitale (ha aperto nel 1891): vale la pena vederlo finché si può, che ormai da tempo è a rischio sfratto.

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ui si sono ritrovati poeti e pittori molti artisti della Scuola Romana erano suoi frequentatori - e poi cineasti, commediografi, personalità di spicco dello spettacolo e della moda. Nei suoi tavolini all’aperto è un piacere godere del sole che filtra tra i vicoli e rischiara gli animi. Accumulate le energie, siamo pronti per avventurarci nel rione. Visita obbligata è la Chiesa di Santa Maria della Pace, in cui si trovano le affascinanti Sibille di Raffaello, e il celebre Chiostro del Bramante, sede di importanti mostre periodiche. La visita si può concludere con qualche acquisto nel rifornito bookshop e con un pranzo leggero nella caffetteria/bistrot nel loggiato superiore, con il suo sofisticato menu e

Tor Sanguigna

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opere di artisti emergenti. Tornati alla realtà più caotica del rione, sfuggiamo la calca dei turisti inoltrandoci nella silenziosa via Arco della Pace. Sulla sinistra la bella piazza Montevecchio dove ha sede il Teatro l’Arciliuto, che da metà degli anni Sessanta offre un ricco programma di poesia e musica. Da qui proseguiamo fino a via dei Coronari. La percorreremo tra poco. Per ora, invece, svoltiamo sulla destra fino al termine della strada: di fronte a noi, su Corso Rinascimento, spicca Tor Sanguigna, con le sue pareti in laterizi e blocchi di tufo. La torre fu residenza della nobile famiglia romana dei Sanguigni, e oggetto di racconti intrisi di delitti e violenze. Nel Rinascimento l’omonima piazza divenne quartier generale delle cortigiane che abitavano nei dintorni: tra loro spicca il ricordo di Matrema nun vòle, come la risposta che dava agli uomini una giovane (“Mamma non vuole”), almeno fino a quando “mamma volle”. Alle spalle della torre Palazzo Altemps - una delle sedi del Museo Nazionale Romano - che ospita prestigiose collezioni di scultura antica appartenute a nobili famiglie romane. Proseguendo da qui su via dei Pianellari si arriva a via dei Portoghesi, dove si affaccia la raffinata Chiesa di Sant’Antonio dei Portoghesi. Tornando verso Corso Rinascimento riprendiamo via dei Coronari, la celebre via degli antiquari, ora trasformata per lo più in vetrina per boutique di


piazza Fiammetta

piazza San Simeone

lusso. Anche qui riecheggia il nome di una famosa cortigiana, la quattrocentesca dama fiorentina Fiammetta (alle sue cure si abbandonò Cesare Borgia). A lei è dedicata la graziosa piazza Fiammetta, sulla quale si affaccia appunto la casa che le è attribuita, un piccolo edificio a due piani con altana e porticato antistante. Fascino e mistero aleggiano ancora nell’aria. Integrata a via dei Coronari è invece piazza San Simeone con la sua piccola fontana: la piazza prende il nome dalla chiesa dedicata a San Simeone della quale oggi resta soltanto la facciata che si affaccia sull’adiacente e quasi sempre silenziosa piazza Lancellotti. Più ampia e vistosa è invece la piazza San Salvatore in Lauro, che prende nome dall’omonima chiesa (e da un boschetto di lauro un tempo situato sulle limitrofe sponde del Tevere), spesso animata dai ragazzini che escono chiassosi dalla vicina scuola (il grande edificio rosso, che si affaccia sul Lungotevere, è anche sede dell’Accademia di Costume e Moda). Proseguendo su via dei Coronari sbuchiamo a via di Panico; la percorriamo verso sinistra per sbucare a via di Monte Giordano: il monte appariva realmente tale ai pellegrini che si recavano a San Pietro (persino Dante, nella sua Commedia, lo cita) e oggi è in gran parte occupato dall’affascinante quanto inaccessibile palazzo Taverna.

Siamo ora a piazza dell’Orologio (chiamata così, ovviamente, per via dell’Orologio che la sovrasta). Qui si affacciano la ricca Biblioteca Comunale dell’Orologio, e l’omonimo teatro. Torniamo ora sui nostri passi: proseguiamo un tratto di via del Governo Vecchio, linea di confine col rione Parione, per svoltare a sinistra su via del Corallo. Ci troviamo a Piazza del Fico col celebre bar del fico, dove gli anziani giocano a scacchi in piazzetta come se fossero al paese, e dove la notte gli alcolici si bruciano fino a tardi. Se non è ancora così tardi, approfittatene per una cena da Etablì, in via delle Vacche (ottimo il menù, e ospita spesso anche buona musica dal vivo) o nelle più tradizionali osterie dei vicoli intorno. Dopo cena, infine, immancabile la visita da Jonathan’s Angels, in via della Fossa: che sia o no il vostro genere, vi stupirà! a

Bar del Fico

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aUtoRaDIo PLAYLIST

XYZMNPQRSTUV RADIO 4FRECCE

titolo: rione ponte durata: 38 ‘00 ’’

on air: www.youtube.com/user/radio4frecce

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01 - red hot chili peppers - under the bridge (4 ‘ 25 ‘’)

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02 - elettrojoyce - balena (3 ‘ 28 ‘’)

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03 - liz durrett - we built bridges (3 ‘ 51 ‘’)

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04 - francesco de gregori - pezzi di vetro (3 ‘ 11 ’’)

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05 - simon and garfunkel - bridge over troubled water (4 ’ 52 ’’)

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06 - fast animals and slow kids - pontefice (2 ’ 11 ’’)

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07 - shotgun jimmie - suzy (2 ’ 23 ’’)

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08 - lucio dalla - cara (5 ’ 140 ’’)

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09 - samiam - the bridge (3 ’ 21 ’’)

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10 - riccardo sinigallia - bellamore (4 ’ 58 ’’)


CULTURA FRIZIoNE I FILM RITRATTO DI SIGnORA (1996) Verso la metà degli anni Novanta la neozelandese Jane Campion arriva a Roma per girare parte del suo Ritratto di Signora, adattamento dell’omonimo romanzo di Henry James, ambientato sul finire dell’Ottocento tra l’Italia e l’Inghilterra. Il set è allestito a Palazzo Taverna, dove viene ricreata la residenza della protagonista (Nicole Kidman).

IERI, OGGI, DOMAnI (1963) In una terrazza affacciata su piazza Navona Vittorio De Sica gira l’episodio Mara del film Ieri, oggi, domani. Celebre la scena della Loren in négligé che danza sinuosa per un Mastroianni in veste bolognese.

POvERI MA BELLI (1957) Nelle strade intorno a piazza Navona è ambientato Poveri ma belli di Dino Risi, storia d’amore nella Roma popolare e scanzonata della fine degli anni Cinquanta. Memorabili le scene dei bagni nel Tevere, col celebre stabilimento Il Ciriola sotto Ponte Sant’Angelo, distrutto da una piena del fiume negli anni Novanta.

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MaRMItta FUMETTO AL DI LÀ DEL PONTE di Antonello Lipori



REVIsIoNE MEMORIE A CONFRONTO UNA STORIA DIMENTICATA di Valeria Calò

Arrivo alla fine di Corso Vittorio Emanuele II lasciandomi alla spalle la Chiesa Nuova, il Chiostro del Bramante e la casa di Raffaello. Supero decine di turisti che tenendo in mano una mappa stropicciata guardano per aria, come se si aspettassero che i vicoletti del Rione Ponte proseguissero lungo le facciate dei palazzi. Tra volti spaesati e sfilate di taxi isterici raggiungo la signora Bruna a piazza San Giovanni dei Fiorentini. Anche lei si guarda intorno con gli occhi rivolti verso l’alto, come se avesse colto una nota stonata, come se non fosse nata e cresciuta al 9 di via Paola. Contenta di rivedermi è pronta per una passeggiata tra i luoghi della sua infanzia. Inizia raccontandomi la storia della sua casa.

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uando nel 1943 è stata aperta via Acciaioli l’ultimo tratto di via Paola con i suoi due palazzi è stato demolito. Dovevano abbattere anche il mio, dove allora abitavo con la mia famiglia. In quei giorni eravamo così preoccupati che, anche se ero piccola, il nome della ditta

ponte del soldo

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che stava eseguendo i lavori mi è rimasto impresso, la Sensadini, non l’ho mai più dimenticato; poi invece, fortunatamente, l’intervento è stato revocato e dopo quasi settant’anni abito ancora qua. Insieme ai ventiquattro appartamenti sono sparite anche via delle Telline e via del Grancio. Da allora sono sparite molte altre cose: il ponte del soldo, io non me lo ricordo bene, ma mia mamma mi ha raccontato spesso di quando si è ritrovata dall’altra parte del Tevere quando sono iniziati i bombardamenti a Roma e per tornare a casa è stata accompagnata da un soldato tedesco che le ha coperto il capo mentre attraversava il ponte. E le grate metalliche lungo il muretto del Tevere che sono state sostituite dal marmo perché dopo la guerra il ferro era diventato una necessità primaria. Per non parlare delle botteghe dove si vendeva una sola cosa. A via dell’Oro c’era il varacchinaro, ti dovevi portare la bottiglia da casa e lì veniva riempita per mezzo di un tubo lungo e storto. Poi dove oggi


ponte Sant'Angelo durante la piena del '37

sta la taverna Giulia c’era Piero che faceva le tendine da osteria, quelle con le perline. Al Banco di Santo Spirito c’era il frutta e verdura di Marcella, una donnona piena di romanità, per cui quello è sempre stato un luogo di ritrovo tra le donne del quartiere, la mattina era tutto un chiacchiericcio! E all’angolo con via delle Palle il vini e oli di Bordoni, un omone alto e robusto che portava sempre un grembiule grigio, e quando gli dicevo che la mamma si era raccomandata di scolare bene il misurino del quartino d’olio lo facevo ridere di tutto gusto! Ovviamente questo genere di persone non le trovi più. Adesso chi abita ai Coronari è una elite che quando dice dove abita fa un sacco di moine e si atteggia riccone smaltato.

E che prima c’erano i purciari, gli straccivendoli, gente tanto povera, forse, neanche lo sa! Perché, Mara Venier non vendeva gli stracci a Campo de’ fiori? Poi è stata raccattata da Renzo Arbore, ma questa è un’altra storia… Quello del rione Ponte è un cambiamento diffuso, e forse naturale, ma i luoghi della quotidianità sono punti di riferimento importanti nella vita di un quartiere, e qui ne ho dovuti cercare sempre di nuovi… Ma non è tutto così triste, ci sono anche delle cose belle… Da Loreto mangi ancora la pasta fatta a mano, da Odradek trovi il libraio di una volta e piazza del Fico… beh, è troppo piccola per essere ricollocata in un qualsiasi altro quartiere di Roma, per adesso possiamo stare tranquilli che non la spostano!».

ponte del soldo

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Castel Sant'Angelo

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così, almeno in qualche angolo, il rione non sembra come un grande involucro riempito e svuotato secondo le tendenze del momento. Tendenze che cavalcano logiche commerciali e speculano su quell’immagine del centro storico per cui sembra che tutto sia concesso. Superiamo decine di negozi che non si capisce bene cosa vendano, agghindati come se il diritto di trovarci un senso sia riservato solo a chi ci lavora. Ci avviamo verso via dei Banchi vecchi. Vuole farmi conoscere un suo amico, dice che ci sta aspettando in un posto davvero speciale, un posto capace di dimostrare come i cambiamenti portati dagli stranieri del rione non sono necessariamente il risultato di un abuso. Bruna non manca alla promessa fatta. Il giardino di palazzo Pizzicaria è un paradiso terrestre. Un posto incontaminato, un ritrovo per chi vive il quartiere e fa quindi il possibile per proteggerlo da mani piedi e ta-

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sche che trasformano in usa e getta tutto quello che toccano. Seduto in un angolo, tra le piante di pomodori e quelle di melanzane, l’architetto Franceschini intercetta subito la mia meraviglia; senza mai smettere di fumare mi racconta come ha preso forma quella strana commistione di spazi, lontana dai tragici destini del “consumismo territoriale” contro cui gli abitanti del rione lottano ogni giorno:

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ello vero? Il disegno è stato realizzato da un mio amico architetto, Francesco Pecoraro, oggi uno scrittore che è entrato nella cinquina del Premio Strega. Nell’83 ha voluto risanare questo posto che era una specie di marana e ha realizzato il progetto tracciando la mediazione tra il rudere e il pergolato interno dando l’idea dell’impluvium, il giardino interno della casa romana. La bellezza di questo giardino è quella di essere uno spazio chiuso, com’è nella


MEMORIE A CONFRONTO REVIsIoNE tradizione sivigliana arabo normanna dei patii, l’interno di un esterno, perché ha intorno palazzi diversi; dunque Pecoraro è intervenuto dando misura, figura e chiusura a uno spazio informe. Questo posto fa parte di una quotidianità a cui non potrei mai rinunciare. Anche andare a vedere i tre Rubens nella Chiesa Nuova, piuttosto che i Lanfranco alla Chiesa dei Fiorentini, è qualcosa di insostituibile, starei male se non potessi cibarmene costantemente: ora non voglio fare il teatrino da intellettuale perdigiorno, però è così, in qualsiasi altro angolo della città non potrei entrare e uscire continuamente da

chiese e palazzi; così posso almeno illudermi che la parte di mondo che mi sono ritagliato, con cose a cui ho deciso di sentirmi legato, le ho a portata di mano. Una forma di riscatto per tutti gli elementi molesti con cui siamo costretti a convivere: a cominciare dalla tendenza a sostituire negozi e botteghe di artigiani con locali affittacamere, per cui anche la stato dell’ecologia sonora è stato devastato da trolley che passano in continuazione, di giorno e di notte… non hanno ancora inventato le valige con le ruote silenziose, che sembra una cosa marginale, eppure… Dio non sta forse nelle piccole cose?». a

ponte Vittorio

RINGRAZIAMENTI La Redazione di 4frecce ringrazia tutti coloro che con segnalazioni, ricordi, racconti, hanno reso possibile la realizzazione di questa rivista. Un grazie particolare va ai collaboratori di questo numero: valeria Calò, appassionata reporter, libraia felice; il nostro “astro-navigatore” Tom Tom, oramai noto ai lettori di Settestrade per il suo Motoroscopo; Pierfrancesco Matarazzo, lettore, osservatore e maniaco della scrittura, collabora con riviste e blog letterari come www.sulromanzo.it, ha creato imago2.0 (imago2punto0.blogspot.com), blog in cui sperimenta nuove vie di comunicazione con chiunque faccia della parola una vorace ossessione; Antonello Lipori, ispirato dai colori delle vallate lucane in cui è nato, arriva a Roma e disegna fumetti e illustrazioni per giornali, libri e mostre, tra peperoni cruschi, fagioli di sarconi e botti di aglianico che in casa non mancano mai.

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LUNOTTO

«E se paesani / zoppicanti sono questi versi è / perché siamo pronti per un’altra / storia di cui sappiamo benissimo / faremo al dunque a meno» (Amelia Rosselli)

vicolo del Fico


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