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g4FRECCEsostac a... PIGNA # 16

rione gesuita storia - mappa - itinerario - racconto - fumetto - curiositĂ


CoNtaCHILoMEtRI SOMMARIO

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4FRECCE Supplemento di SETTESTRADE Anno XIV n. 2 aprile 2015 4frecce.wordpress.com 4frecce.redazione@gmail.com Direttore Responsabile Umberto Cutolo Redazione, testi e progetto grafico Michela Carpi, Andrea Provinciali Hanno collaborato: Marina Berarducci, Valeria Calò e Giusy B.

contagiri editoriale retromarcia storia retrovisore passato presente tergicristallo foto autostop racconto navigatore mappa scuola guida itinerario autoradio playlist frizione cultura marmitta fumetto revisione memorie a confronto lunotto citazione

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Stampa Tipografia PoLigraf srl via Vaccareccia, 41/b - Pomezia (RM) www.poligrafsrl.it SETTESTRADE Bimestrale dell’Automobile Club Roma Registrazione Tribunale di Roma n. 184 del 17.05.2001 Editore Acinservice Srl Sede legale, pubblicità e redazione Via C. Colombo, 261 – 00147 – Roma http://www.roma.aci.it/

Tutte le foto di Michela Carpi. Copertina: illustrazioni di Giusy B; stemma Rione della Pigna, da Google.


EDITORIALE CoNtaGIRI

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Prendete una mattina soleg- mensioni possa offrire così tanto da giata di primavera, l’aria fre- vedere e fare. Non abbiate fretta, dunsca e allegra, la città quando que, aggiratevi con calma nel quadrisi risveglia e si anima. Il traf- latero di vicoletti e piazze che lo fico che intasa le strade della compongono, e gustatevi la fortuna di Capitale risparmia almeno in parte il poter trascorrere qualche ora a vagaCentro Storico; qui, tra ZTL e vie bondare nella nostra bella Capitale. pedonali, è ancora possibile dimenti- Facendo magari vostro il monito di Wagner: «Guarcare di trovarsi Raccontateci il vostro quartiere datevi attorno e in una delle citinviando foto o testi a vedete in quale tà più caotiche d’Italia. 4frecce.redazione@gmail.com luogo fate queste imprese! Approfittate della bella stagione, dunque, per avven- Ecco, quei templi, quelle colonne vi diturarvi alla scoperta del cuore di cono: è la Roma antica, libera, grande, Roma. Tra resti di antichi monumenti che una volta dominò il egizi e maestosi palazzi seicenteschi, mondo, i cui cittadini si chiatra chiese di stupefacente bellezza ba- marono re dei re!» (Richard rocca e negozi tra i più vari, rimarrete Wagner, Rienzi, l’ultimo dei stupiti che un rione così piccolo per di- tribuni). Scopritelo con noi. a

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La Pigna romana, nell'omonimo cortile del Vaticano, da Google

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REtRoMaRCIa STORIA FORME DEL SACRO Dai templi egizi alle chiese barocche

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l IX rione di Roma deve la nascita ufficiale a un atto di papa Benedetto XIV del 18 maggio 1743, ma la sua storia va ben più indietro nel tempo e ruota attorno alla figura di una “pigna”, probabilmente la stessa citata da Dante nel XXXI canto dell’Inferno: “La faccia sua mi parea lunga e grossa, come la pina di San Pietro a Roma”. Che il toponimo ri-

salga alla pigna bronzea che oggi si trova nel cortile del Belvedere in Vaticano dopo aver campeggiato nel tempio di Iside al Campo Marzio o forse come fontana nelle Terme di Agrippa (ipotesi poco accreditate per via di alcune discrepanze cronologiche) oppure che discenda dalla Vigna Tedemari, proprietà del nipote dell’abate Campone di Farfa


cevimenti di ambasciatori. L’Iseo Campense, il già citato tempio in stile egizio dedicato a Iside e Serapide, sorgeva tra la piazza di Sant’Ignazio e la chiesa della Minerva. Oggi non ne resta traccia. Gli obelischi e le statute che lo adornavano sono sparsi dentro e fuori il rione (Campidoglio, Vaticano, persino al Louvre di Parigi). Il rione Pigna fu abitato anche durante il Medioevo, ciò che ne consentì la conservazione della struttura urbanistica. La più importante risistemazione delle strade fu effettuata tra il XVI e il XVII secolo. a

piazza Venezia

(“pigna” sarebbe appunto una corruzione di “vigna”), il rione è delimitato dal Pantheon, largo di Torre Argentina, via delle Botteghe Oscure e piazza Venezia. Il simbolo del rione, essendo venuta a mancare la “pigna” principale, è ora rappresentato da una fontana in travertino di forma simile, opera dell’architetto Pietro Lombardi, autore di numerose fontane romane soprattutto negli anni Venti del Ventesimo secolo. In epoca romana, nella zona si estendeva la “villa pubblica” che, circondata da portici, ospitava eventi di massa e ri-


REtRoVIsoRE PASSATO PRESENTE IL RIONE DEI GESUITI Mangia, prega, ama

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Il 13 marzo 2013 il gesuita Jorge Maria Bergoglio viene eletto papa, col nome di Papa Francesco. È la prima volta nella storia che un membro dell’ordine di sant’Ignazio sale al Soglio Pontificio. È un papa dall’aspetto bonario, Francesco, che saluta le folle con un semplice buongiorno e spende le sue giornate in un’infaticabile attività a sostegno dei poveri. È un papa rivoluzionario, nel pensiero, nelle azioni, nel linguaggio. È un “contemplativo nell’azione”, da buon gesuita.

Raccontando il perché, da giovane, scelse di entrare proprio nei gesuiti, papa Francesco risponde: “Della Compagnia mi hanno colpito tre cose: la missionarietà, la comunità e la disciplina. Curioso questo, perché io sono un indisciplinato nato, nato, nato. Ma la loro disciplina, il modo di ordinare il tempo, quello mi ha colpito». E i gesuiti, intanto, iniziano ad essere osservati con uno sguardo più curioso e senz’altro meno diffidente. Il rione di cui ci occupiamo è un buon modo per esplorare il loro mondo: visitando le due chiese dell’Ordine, Sant’Ignazio e il Gesù, o passeggiando lungo via del Seminario, o a piazza del Collegio Romano, storiche sedi dei loro seminari, o percorrendo via degli Astalli, soprattutto verso sera, quando la sede del Jesuit Refugee Center, il servizio dei gesuiti per i rifugiati, apre la mensa e i consultori per i richiedenti asilo politico in città. a via del Seminario

via di Sant’Ignazio

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CHIESA DEL GESÙ domina l’omonima piazza e la cupola con tamburo ottagonale sono opera di Giacomo Della Porta. Nell’interno a croce latina c’è un’unica grande navata, ai lati della quale si aprono sei cappelle con opere di importanti autori. Negli anni 2000 si sono succeduti delicati interventi di restauro degli affreschi, della cappella, dell’altare e del crocifisso.

piazza del Gesù

Nella chiesa del Gesù (per esteso: chiesa del Santissimo Nome di Gesù all’Argentina), tra i più importanti e visitati monumenti di Roma, è conservata la tomba del suo fondatore, sant’Ignazio di Loyola. La chiesa in stile barocco fu costruita tra il 1568 e il 1584 dal Vignola su commissione del cardinale Alessandro Farnese. La facciata che

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tERGICRIstaLLo FOTO

PASSI DA GIGANTE di Michela Carpi 8

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Piè di Marmo


aUtostoP RACCONTO MA-NO di Maria Berarducci

«Luigi, te sei lavato bene le mano?» Quando penso a te sento sempre quella voce forte e calma dire queste parole, prima di intravedere il tuo sguardo, mentre strizzo il mio nello sforzo di mettere a fuoco i ricordi.

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rrivato in piazza della Pigna, tutto è come non me lo ricordo. L'enoteca con prodotti sardi, il bar all'angolo, la “lavasecco monoprezzo”. Che non ho mica tanto capito che significhi poi… se porto a lavare uno smoking o un paio di mutande fa lo stesso? C’è anche una specie di boutique per cani, e mentre m’immagino cosa ne avresti pensato tu di un piumino antivento per barboncini, alle mie spalle suonano le campane. Quelle me le ricordo bene, quelle sì che sono uguali all’ultima volta, quarantadue anni fa. E girandomi verso la chiesa mi accorgo che anche il ristorante omonimo del rione è ancora al suo posto. Avevo detto a Sophie che ce le avrei portate, lei e Agnese, a mangiare in piazza della Pigna. Questo viaggio dovevamo farlo tutti insieme, noi tre. Finalmente. Ma Sophie mi ha lasciato un biglietto con il numero dove potrò chiamare mia figlia nei prossimi giorni, e mi ha chiesto di darle spazio. O tempo. O tutti e due, non ricordo. Comunque mi ha lasciato. Costruisco tra me e me infinite varianti della scena in cui lei sta scrivendo che se ne va su un post-it color luce al neon, mentre io sono al solito in viaggio per lavoro, e m’immagino cosa ne diresti tu di tutta questa faccenda. Me lo immagino ma più che altro lo so. Solo che vorrei tanto non saperlo e potertelo chiedere. Vorrei tanto che mi facessi sedere come quando avevo otto anni e litigavo a

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scuola, quando mi spiegavi che essere deboli non significa prenderle ma darle. Mentre ci penso imbocco via del Gesù, passo davanti al civico 87 e c’è ancora la trattoria in cui ti trovavi con la tua amica Elide a prendere il marsalino la sera. Quando venivo con te, se ero tornato coi calzoni intatti, potevo chiedere se mi facevano salire sulla scala di legno a prendere una bottiglia, tra tutte le centinaia disposte sulle scaffalature che toccavano il soffitto. Ma succedeva di rado, in effetti. Perché io e Gianmarco, il figlio dell’oste di un anno più grande di me, facevamo spesso a gara a chi faceva prima dalla casa di Federico Tozzi, lì un po’ più avanti, a Palazzo Altieri. E a fare a gara, si sa, ci si sporca sempre. A Palazzo Altieri oggi c’è la sede dell’Associazione Bancaria Italiana. Ci arrivo davanti e mi sembra di avere di nuovo le ginocchia di fuori, ci entro e mi sembra che tutti quelli che incontro siano molto vestiti, e bene. Il primo cortile rettangolare è completamente invaso da macchine di grossa cilindrata e scooteroni, come si dice a Roma. Nei miei ricordi in quel cortile c’erano tante biciclette e figli di famiglie importanti che giocavano senza pensieri con figli di famiglie povere, che di quel palazzo dalle lunghissime scalinate di marmo ne avevano abitato le soffitte, dopo essersi trovate con le case bombardate dalla guerra. Mi sembra di essermi intrufolato come un ladro, cerco di mimetizzarmi parlando


per finta con l’auricolare del cellulare e salgo tutti i gradini. Mi ricordo di te che aiutavi Elide quella mattina, mentre lei piangeva scendendo le scale e si scordava i vestiti che doveva prendere per la funzione. Mi ricordo che era il mio compleanno, quel 28 settembre del ’73, e tu mi avevi spiegato che quella volta non avremmo festeggiato con la torta alla panna come al solito. Mi avevi spiegato che saremmo andati alla basilica di piazza della Minerva a salutare una persona che nella sua vita non aveva fatto caso alle differenze tra le persone, e che non importava se i pantaloni mi si erano un po’ sdruciti insieme alle rotule dopo aver fatto la corsa col mio amico. E, visto che quel giorno facevo dieci anni, mi hai chiesto se invece di ricevere un regalo ero diventato abbastanza grande da farne uno a te: di tenerti a braccetto in chiesa e comportarmi bene. Pochi giorni dopo mamma tornò a prendermi e restai con lei a Bruxelles, da quel momento in poi. Ho studiato, ho trovato un lavoro, mi sono sposato con Sophie e abbiamo avuto Agnese. Che adesso ha esattamente gli anni che compivo io quel giorno triste del funerale, quella mattina in cui ho visto per la prima volta così tanta gente insieme. Torno alla trattoria del tuo marsalino per cenare, e vorrei raccontarti perché sono qui da solo. Quando ho conosciuto mia moglie avevo appena iniziato a fare fotografie. Ero vivo, ero puro, ero attento. Ero come mi hai tirato su tu. Poi i viaggi diventavano troppi, la voglia di emozionarmi la barattavo con dieci gocce di alprazolam, e non mi sedevo mai a spiegare le cose a mia figlia. Sophie mi diceva che stavo cambiando, io le rispondevo che non eravamo in una commedia americana, si arrabbiava e io sbattevo la porta. L’ultima

largo di Torre Argentina

volta, poco prima di partire, devo averla sbattuta troppo forte. Ho dimenticato come non essere debole, come non fare differenza tra le persone in base alla loro provenienza, e ho dimenticato di lavarmi bene le mani. Come mi dicevi sempre tu. Quel mio compleanno del ’73, in realtà, poi un regalo me l’avevi fatto. La mattina dopo, sul comodino, c’era una piccola pigna. D’oro, col cerchietto per infilarla nella catenina. Me la rigiro tra le dita mentre una vociona forte e calma mi chiede se voglio qualcos’altro. Ordino un marsala e ti risento nelle orecchie come se mi sedessi di fronte, mentre andando via dal funerale della signora Magnani mi ripetevi “assicurete de avé le mano pulite bene prima de toccà er core de ’na persona”. D’istinto faccio una cosa stupida, peraltro a fine pasto: mi alzo, vado in bagno e mi lavo le mani. Quando torno, al tavolo mi aspetta il mio marsala. Ne rovescio un po’ per terra prima di berlo. Credo di aver individuato una mattonella che di sicuro hai calpestato un buon numero di volte, e boh, mi sembra un modo per brindare alla tua. Che sei stata la prima Agnese della mia vita. Nonna. a

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NaVIGatoRE MAPPA di Giusy B.


http://4frecce.wordpress.com

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sCUoLa GUIDa ITINERARIO TRA LE SQUAME DELLA PIGNA di Tom Tom

Dicevamo nell’Editoriale: prendete una mattina soleggiata di primavera… e iniziate la vostra passeggiata da piazza Venezia, percorrendo via del Plebiscito; alla vostra destra troverete subito il negozio delle Sorelle Adamoli, che dal 1886 rifornisce l’intera città di arredi per casa e cucina.

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e nostre bisnonne e trisnonne, che qui si sono fatte il corredo, rimarrebbero basite dal vedervi anche biciclette vintage e merchandising dellla Triumph. Ma tant’è. Inalterata nei secoli è rimasta invece la barocca (e splendida) chiesa del Gesù, che troverete, superato il berlusconiano Palazzo Grazioli, nell’omonima piazza (cfr. Retrovisore). Dando le spalle alla chiesa avete, a sinistra, la sede di Radio Città Futura, fondata a Roma nel 1975 e poi ampliatasi nel resto d’Italia, pur conservando un’attenzione specifica alla capitale e ai suoi problemi. Alla vostra destra, invece, su via del Plebiscito, potete vedere l’imponente facciata del seicentesco Palazzo Altieri.

piazza della Minerva

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Proseguendo oltre, mentre via del Plebiscito si trasforma in corso Vittorio Emanuele II in onore del primo re d’Italia, voi vi troverete su largo di Torre Argentina, con i suoi ruderi, il teatro, i gatti, la Feltrinelli e un recente negozio della catena Tiger, il regno dell’oggettistica low cost. Prendete ora la prima traversa a destra, che si apre con il largo delle Stimmate, e se vi siete fermati dalle Sorelle Adamoli potreste anche affacciarvi alla Chiave, negozio etno-chic nel quale rischiate di trovare qualcosa di veramente carino da portare a casa (anche la carta da pacchi, per dire); fatelo, prima di proseguire su via dei Cestari e di scoprire che vi aspettano solo vetrine dedicate ad arredi e indumenti sacri (come quelle della celebre sartoria Barbiconi o del negozio di abiti ecclesiastici De Ritis Marcello). Poco oltre, sulla sinistra, si affaccia via della Pigna, con il maestoso Palazzo Maffei. Rapidamente vi troverete su piazza della Minerva il cui nome deriva dal tempio dedicato a Minerva Calcidica cui si credeva appartenessero i ruderi che vi furono trovati. Vi si affaccia la chiesa di Santa Maria sopra Minerva (a destra della facciata si possono vedere le lapidi che ricordano l’altezza raggiunta dalle alluvioni del Tevere tra Quattrocento e Cinquecento in quest’area particolarmente bassa della città). I domenicani costruirono accanto alla chiesa, là dove un tempo sorgeva il


Pantheon, da Google

cosiddetto tempio di Iside e Serapide, un enorme complesso, poi sede dell’Inquisizione romana. Probabilmente per questo l’elefantino del Bernini (al centro della piazza gli dà le spalle). Il monumento, detto Pulcin della Minerva, propone, poggiato sul piccolo elefante, un obelisco egizio rinvenuto appunto nel tempio di Iside e Serapide, il più antico ed esteso santuario egiziano presente a Roma. L’allegoria della bizzarra composizione è spiegata nell’epigrafe: “Ci vuole una mente robusta per sostenere un'acuta intelligenza”. Chiudono la cornice della piazza, suggestiva nella sua spoglia ma elegante compostezza, un insolito scorcio sul Pantheon e il prestigioso Hotel de la Minerve. Percorrendo ora via di Santa Caterina da Siena, troverete la libreria Di Cave, aperta dal 1908 da (Salvatore) di Cave, poi gestita dal figlio Luigi, poi dal nipote Luciano, e infine da Paolo Cremisini, morto qualche mese fa. Vi si trovano libri antichi, un’ampia sezione di libri sulla storia di Roma, testi di filosofia, storia e arte. La via diventa ora via del Piè di Marmo, prendendo il nome dall’enorme piede di marmo che si trova in via di Santo Stefano del Cacco (il Piè di Marmo apparteneva a una colossale statua del tempio di Iside e Serapide). Se si è fatta ora di pranzo fermatevi per uno spuntino da Cento11: ottimi panini, piadine e insalate, a prezzi davvero con-

tenuti. Proseguendo su via del Piè di Marmo, un’altra libreria, la libreria (Antonio) Cesaretti aperta nel 1895; secondo il nipote del fondatore e attuale gestore Saverio Lefevre, il libro più prezioso della libreria è il Don Chisciotte nell'edizione Ibarra. Sulla stessa via, la Cioccolateria dei cugini torinesi Moriondo e Gariglio, servitori della real casa Savoia; aprirono la cioccolateria nel 1870, che ora vanta 80 tipi diversi di bonbon. Giunti sulla vasta piazza del Collegio Romano, ex collegio dei gesuiti ora occupato dal liceo classico Visconti, se voltate a sinistra sotto gli archi di via di Sant’Ignazio arrivate all’omonima chiesa: al confine tra più rioni, affacciata su una piazzetta stupefacente, merita senz’altro la visita. Tornando sui vostri passi, proseguite su via della Gatta e alzate gli occhi ai palazzi: sulla destra, al palazzo d’angolo con piazza Grazioli, una piccola gatta marmorea si affaccia da un cornicione: apparteneva anch’essa al tempio di Iside e Serapide; leggenda narra che nella direzione in cui guarda l’animale dovrebbe essere sepolto un tesoro. Nessuno l’ha ancora mai trovato. a

Cento11, via del Piè di Marmo

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aUtoRaDIo PLAYLIST

XYZMNPQRSTUV RADIO 4FRECCE

titolo: pigna durata: 47 ‘00 ’’

on air: WWW.youtuBe.com/user/radio4frecce

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01 - Jesus and mary chain - april skies (4 ‘ 06 ‘’)

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02 - Wilco - Jesus, etc (3 ‘ 52 ‘’)

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03 - depeche mode - personal Jesus (3 ‘ 47 ‘’)

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04 - Bad religion - american Jesus (3 ‘ 18 ‘’)

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05 - the VelVet underground - Jesus (3 ‘ 25 ’’)

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06 - soundgarden - Jesus christ pose (5 ’ 52 ’’)

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07 - green day - Jesus of suBurBia (9 ’ 09 ’’)

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08 - ministry - Jesus Built my hotrod (4 ’ 53 ’’)

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09 - luca carBoni - caro gesu’ (5 ’ 03 ’’)

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10 - Jesus lizard - then comes dudley (4 ’ 20 ’’)


«Il Pantheon sorge quasi al centro dei tortuosi meandri della città moderna, e spesso si presenta dinanzi al forestiero confuso quand’è in cerca di altri oggetti». A metà dell’Ottocento rimase attratto da cuore della città anche lo scrittore statunitense Nathaniel Hawthorne, che dedicherà il suo Il fauno di marmo al viaggio compiuto in Italia.

«La notte, a Roma, par di sentire ruggire leoni»: è il folgorante inizio dell’Orologio, di Carlo Levi (lo scrittore abitò a lungo a Palazzo Altieri). Scritto fra il 1947 e il 1949, pubblicato nel 1950 (viene considerato il seguito di Cristo si è fermato a Eboli), L’Orologio è un romanzo amaro sugli inizi della Repubblica. Alcuni anni fa l’editore Donzelli pubblicò una bella raccolta di prose dell’autore dedicata a Roma, Roma fuggitiva: «vissuta dall’interno, nella sua più viva concretezza, la Roma degli anni Cinquanta e Sessanta appare una meraviglia minacciata, quasi mitica, che tuttavia ancora ci incanta con il suo fascino di cose perdute».

da Google

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Lunghi furono i soggiorni romani dello scrittore Stendhal, inizialmente diffidente verso la città, poi affascinato. Tra il 1814 e il 1816 fu ospite dell’Hotel de la Minerve, come riporta una targa sullo stesso edificio. Nelle sue Passeggiate romane commenta: «Il più bel resto dell’antichità romana è senza dubbio il Pantheon. Questo tempio ha così poco sofferto, che ci appare come dovettero vederlo alla loro epoca i Romani».

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CULTURA FRIZIoNE

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MaRMItta FUMETTO ABOUT GIRL di Giusy B.



REVIsIoNE MEMORIE A CONFRONTO CRONISTA PER UN GIORNO di Valeria Calò

Nell’Hostaria Corsi il tempo sembra essersi fermato. La maniglia della porta d’ingresso è difettosa, ma nessuno viene in mio soccorso.

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ai vetri scorgo quattro signori seduti al tavolino più lontano. Li raggiungo attraversando il locale sgombro di clienti nel silenzio pomeridiano che divide il pranzo dalla cena. Ad accompagnarmi nel tragitto, luci basse e l’inconfondibile rumore delle carte da gioco che impattano su una superficie piana. I bicchieri sul tavolo sonno vuoti, a suggerirne il contenuto solo una lacrima rossa sul fondo. Chiedo di Fabrizio Corsi che annuncia la sua presenza senza staccare gli occhi dalla coppia di assi che tiene tra le mani rugose. Non ha nessuna fretta di raccontarmi la sua storia; come se la conoscessero già tutti, perché scritta sul portone di Palazzo Altieri, o dietro l’insegna di De Rittis, o sotto l’altare della Chiesa San Giovanni della Pigna o nella proboscide dell’Elefantino della Minerva. Guadagna altro tempo spiegandomi le regole del Tressette e facendomi notare che nella vita “tutto può servire”. Infine, divertito dal mio imbarazzo, congeda i suoi compagni di gioco che si rivestono della parannanza e tornano alle cucine. “Allora, che ti racconto?” e senza aspettare una risposta mi travolge di storie, ricordi e aneddoti del rione in cui è “nato, cresciuto e invecchiato”. Elefantino, piazza della Minerva

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«Sono nato a Palazzo Altieri nel 1940. Durante la guerra quelle soffitte erano un piccolo paese abitato da trenta famiglie. Molte di loro avevano perso la casa durante i bombardamenti, così su concessione del principe Altieri erano venute a vivere qui con noi. C’era una bella atmosfera, ci si conosceva tutti; i ragazzini correvano e giocavano per i corridoi d’ingresso e gli spazi assegnati a ciascuna famiglia, in assenza di altri mezzi, erano stati divisi con pezzi di cartone e compensato. Non era il massimo, ma ognuno dava il suo piccolo contributo e le cose funzionavano». E questa osteria, da quanto tempo esiste? È stata aperta da mia madre nel 1935. Negli anni Settanta è diventata una trattoria, ma fino ad allora è stato un via vai continuo di vecchiette che alle 7.30 di mattina venivano a prendere il marsalino; e mio padre si lamentava perché non gli lasciavano leggere il giornale in santa pace. Ma d’altronde il caffè non c’era, erano tempi duri e il marsalino della mattina era una pratica diffusa, qualche guaio lo faceva scordare… E le leggende che si raccontavano nel rione? C’è una storia molto divertente che si raccontava spesso e che ho il piacere di ricordare prima che venga dimenticata del tutto; ma non è una leggenda, è successa davvero! Risale ai tempi della guerra, quando si campava di borsa


Palazzo Altieri

nera e bisognava stare attenti, perché se la polizia militare americana ti scopriva erano guai seri. Così una volta, con la polizia alle calcagna, due vecchi inquilini di piazza della Minerva furono costretti a buttare un sacco di zucchero da 25 nella fontana etrusca di palazzo Altieri. Nei giorni che seguirono ci fu un gran parapiglia perché i cavalli che si avvicinavano alla fontana non finivano più di bere e i vetturini, che non riuscivano più a portarseli via, iniziarono a litigare e a insultarsi tra di loro, accusandosi reciprocamente di avere il cavallo scemo. A quando risale una prima e significativa trasformazione? Agli anni Sessanta, con il boom economico. Il cambiamento non ha interessato gli spazi o le strade, quelli non sono mai cambiati: da fuori sembra tutto identico a settant’anni fa. Il cambiamento si è sviluppato internamente, e forse così è anche più doloroso. Le persone con cui ero cresciuto e che avevano sempre vissuto qui hanno cominciato ad andare via, per trasferirsi in periferia o fuori Roma. E così il rione, nel giro di pochi anni, si è svuotato per lasciare spazio ai ricconi, che avevano la possibilità di

comprarsi una casa nel centro storico che intanto, con la nascita delle borgate, aveva acquisito prestigio. È questo il periodo in cui anche Anna Magnani si trasferisce a vivere nel rione… Abitava nelle soffitte di palazzo Altieri, proprio dove vivevo da ragazzo. Ma questo è stato il più bello dei cambiamenti! Era una donna tanto spontanea e di gran cuore, anche se per lei le amicizie e i rapporti importanti iniziavano sempre con una grassa litigata. Ricordo di quel vecchietto che aveva fatto la guerra sul Carso e che quando passava di qui, tra un marsalino e l’altro, mi diceva sempre guarda come mi sono ridotto. Immagini questo vecchietto storto e malaticcio su una bicicletta da bambini: poteva fare solo tenerezza! La prima volta che incontrò Anna Magnani fu proprio davanti la mia osteria mentre prendeva a calci un gatto che gli stava graffiando le ruote della bici. Anna prese le difese della bestiola e così i due iniziarono a litigare. Ciononostante, quando si è accorta che questo vecchietto era bisognoso, lo prese a cuore e alla fine diventò il suo assistito.

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Pantheon

E veniva qui qualche volta? Come no! Era una nostra cara amica! Si era talmente affezionata a mia moglie che quando le portava le bottiglie a casa, la invitava a restare in sua compagnia per una sigaretta e quattro chiacchiere. Le ripeteva sempre Stai qui con me, non andà giù che te fanno lavorà. Ogni volta tornava dal servizio ridacchiando perché al citofono rispondevano due merli indiani che chiedevano “chi è, chi è?”, poi chiamavano Anna, e proprio quando sembrava che la scenetta fosse finita, prima che si aprisse il portone, gli uccelli pronunciavano “vaff………o!”, ripetendolo sempre per due volte! Ci sono dei luoghi che ricorda con affetto? Sono tanto affezionato al cinema teatro Altieri. Stava accanto al palazzo, proprio dove adesso c’è la biblioteca. Qui proiettavano i film dalle tre alle cinque, poi iniziava lo spettacolo di varietà che era la vera attrazione della serata. Tutti

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i personaggi che poi sono diventati famosi sono passati di qui: Alberto Sordi, Aldo Fabrizi, Totò, Renato Rascel, Di Maggio, e poi O’Brien, il primo spogliarellista di Roma. E ci andava spesso? Tutti i giorni! Alle tre in punto mi presentavo all’ingresso con un bel panino sotto il braccio e la Sora Nena, la mascherina del teatro, mi faceva entrare gratis perché mamma poi le regalava una bottiglia di vino. Io mi mettevo in quarta fila, mi guardavo il film, poi l’avanspettacolo. Quando stava per iniziare la seconda proiezione arrivava un vecchietto che mi dava cinquanta lire per farsi cedere il posto. Figuriamoci, io non aspettavo altro! Non avevo speso niente e mi prendevo pure il regalino! Qui le compagnie teatrali si fermavano per una settimana. Si davano appuntamento a piazza Colonna e dopo lo spettacolo andavano a mangiare alla trattoria di Arturo o a quella via Piè di Marmo, anche largo di Santa Chiara


MEMORIE A CONFRONTO REVIsIoNE queste ormai scomparse; dei vecchi locali è rimasto solo quello a piazza della Pigna, ma è completamente diverso da allora. Ma il teatro Ennio Flaiano esiste ancora, e anche questo è molto vecchio… Esiste ancora ma ai miei tempi si chiamava Arlecchino. Aveva la forma di una bomboniera ed era nato prima della guerra come ritrovo per i militari. Lì c’era un po’ di tutto, lo spogliarello era solo l’inizio… Poi Aldo Fabrizi lo prese in gestione stravolgendone completamente la programmazione. Oggi si chiama Ennio Flaiano perché proprio con Flaiano, nel 1969, passò alla prosa. C’è ancora un archivio delle recensioni agli spettacoli, e delle locandine e dei manifesti che venivano appese fuori… ha una storia straordinaria! Negli anni Sessanta, con la sede della Democrazia Cristiana il rione iniziò a movimentarsi anche politicamente… La Democrazia Cristiana si insediò a piazza del Gesù e ci rimase fino al 1994. Ricordo quando è stato ritrovato il corpo di Aldo Moro. Alle nove di mattina passò un gruppo di esponenti della

DC: camminavano velocemente, con fare frenetico e spaventato, ma nessuno voleva dirmi cos’era successo. Poi le monache di Santa Maria dei Filippini, nostre amiche, ci hanno permesso di salire sul campanile e da lì abbiamo visto le sirene e la confusione di via Caetani; poi la Renault 4 rossa, quel cofano aperto… e lì, abbiamo capito tutto quello che c’era da capire. Queste circostanze territoriali l’hanno coinvolta in altri episodi particolari? Durante gli scontri studenteschi del ’68 sono stato cronista per un giorno. E chi se l’aspettava!? Una mattina all’improvviso abbiamo sentito un gran fracasso: affacciandoci abbiamo visto volare bombe, lacrimogeni e chiavi inglesi, tra ragazzi e poliziotti che facevano la guerriglia. E allora ci siamo chiusi dentro il locale e abbiamo giocato a carte fino a che non è finita la rivoluzione. Ma nel frattempo sono stato contattato da un giornale spagnolo per fare la cronaca di quello che stava succedendo su via del Gesù. Così, con l’orecchio al telefono e gli occhi sulla strada gli ho raccontato tutto quello che vedevo; e lì, a dire il vero, me la sono divertita parecchio! a

RINGRAZIAMENTI La Redazione di 4frecce ringrazia tutti coloro che con segnalazioni, ricordi, racconti, hanno reso possibile la realizzazione di questa rivista. Un grazie particolare va ai collaboratori di questo numero: Valeria Calò, appassionata reporter, libraia felice; il nostro “astro-navigatore” Tom Tom, oramai noto ai lettori di Settestrade per il suo Motoroscopo; Marina Berarducci - classe 1981, nata e cresciuta a Roma, diventata grande altrove. Una mezza dozzina di lavori, una macchina col bagagliaio sempre pieno e una terrazza con vista sui monti. Molto spesso con la testa per aria, quando la riconnette al cuore, scrive; Giusy B., romana d’adozione ma catalana nel sangue, “scarabocchia” il mondo dall’eta di 10 anni e ama ritrarre Ciro, il suo paffuto cagnolone.

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LUNOTTO «Piazza del Gesù è un centro storico senza puzza sotto al naso» (Fulvio Abbate, Roma)

vicolo della Minerva


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