4 minute read

Quale sarà l’auto di domani?

Mattia Piola

Il mondo delle quattro ruote sta cambiando ad un ritmo forse mai visto prima. Un’evoluzione spinta da diversi fattori, tutti con un impatto assai rilevante su scala mondiale. Dai costanti contributi della tecnologia, dalle sperimentazioni delle motorizzazioni alternative e delle strumentazioni digitali di bordo, fino all’aggiornamento delle priorità e dei gusti degli automobilisti. Una cosa appare certa: l’auto del futuro avrà un’identità piuttosto diversa da quella che ha avuto sinora.

Andiamo con ordine. Se pensiamo all’auto elettrica oggi, tutte le case costruttrici hanno prodotto modelli elettrificati, moltissime ne progettano di nuovi e qualcuna, anche tra le più grandi, ha già annunciato che procederà alla realizzazione di auto esclusivamente a trazione elettrica. Una rivoluzione semplicemente inimmaginabile anche solo qualche anno fa, che sta comportando un riassetto complessivo dell’industria automotive globale. Molteplici e da più parti sono le voci che si sono spese a favore di questa scelta, evidenziandone i vantaggi ambientali e i benefici in termini di costruzione (l’assemblaggio di una vettura elettrica è più “facile” rispetto ad un’auto tradizionale). Ma altrettanti sono i pareri contrastanti che rilevano le incertezze e gli ingenti costi deri- vanti da una sostanziale riconversione delle linee di produzione. A pesare sullo scenario complessivo c’è l’obiettivo della Commissione europea di contenere le emissioni climalteranti vietando la vendita di auto a benzina e diesel a partire dal 2035. A partire da quell’anno, tutte le nuove auto e i furgoni venduti in Europa avrebbero dovuto essere a emissioni zero. Una decisione del Consiglio Europeo del marzo scorso pensata per allineare tutto il settore del trasporto stradale verso gli obiettivi della normativa comunitaria sul clima, che impone di centrare la neutralità climatica entro il 2050. Una misura severa che non sembrava tenere nella dovuta considerazione l’apporto di altre motorizzazioni. Così, grazie ad una mobilitazione della Germania, potranno continuare ad essere immessi sul mercato veicoli a combustione, a condizione però che questi siano alimentati con e-fuel, i carburanti sintetici di nuova generazione che riescono a garantire un ridotto impatto ambientale insieme a prestazioni elevate. Tra tre anni poi si potrà procedere a valutare in sede europea l’opzione di mantenere anche le motorizzazioni ibride. Dall’accordo sono però rimasti esclusi i biocarburanti, promossi proprio dall’Italia che contava sul fattore ambientale di questa tecnologia.

L’auto elettrica in ITALIA

È un rapporto in agrodolce quello tra gli abitanti del Belpaese e le vetture a trazione elettrica. Basti pensare che dopo un primo moderato gradimento, nei primi nove mesi dello scorso anno, in termini di vendite, le elettriche hanno registrato una flessione netta, del 23,6%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In termini assoluti abbiamo contato 36.090 immatricolazioni contro 47.241, mentre la fetta di mercato si è intaccata dal 4 al 3,6%. Un discorso inverso a quello che si è manifestato nel resto del Vecchio Continente dove le auto a batteria hanno segnato nel 2022 nel complesso una crescita del 26%.

L’INTERVISTA

Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un’impennata dei prezzi dei carburanti e della bolletta energetica. Fino a che punto ha influito il conflitto in Ucraina?

Il conflitto ucraino ha acuito il trend preesistente, ma le misure adottate, in primis la diversificazione degli approvvigionamenti e la riduzione dei consumi di imprese e famiglie stanno riportando la situazione verso la normalità in tempi più rapidi di quelli inizialmente previsti.

La Commissione europea ha di recente confermato lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel dal 2035. Una decisione che ha sollevato numerose perplessità e critiche. Che cosa ne pensa?

Il recente stop al phase-out dei veicoli a benzina e gasolio a par- tire dal 2035 era una delle ipotesi che avevo preso in considerazione in un articolo uscito il giugno scorso sulla rivista “Energia” (“Per una riconversione eterodiretta dell’industria automotive”). Preso atto che le polemi¬che si erano concentrate soprattutto su questa proposta, conclusi che indubbiamente aver fissato una data per il phase-out aveva creato le condi¬zioni per ottenerlo comunque.

Infatti, l’eventuale cancellazione del divie¬to sa¬rebbe stata letta come un successo da chi considerava una forzatura la politica di Bruxelles per l’elettrificazione ac¬celerata del trasporto privato, ma avrebbe ottenuto come contropartita la conferma degli at¬tuali limiti emissivi da qui al 2030, su cui si basano gli inve- sti¬menti, in corso o già effettuati dai big dell’auto. Di conseguenza, «con l’obbligo, per le auto immatricolate nel 2030, di un’emis¬sione media di 95 g CO2/km, quante vetture dotate di propulsore endo¬termico saranno immatricolabili? Di quanto aumenterà il loro costo, per effetto del conseguente calo del¬la produzione?». E concludevo affermando che la strada allo stop della produ¬zione di auto a benzina e a gasolio negli anni ‘30 sarebbe stata ugualmente tracciata.

Questa consapevolezza me l’aveva fornita la conversazione con un esperto in materia di mobilità, noto per la sua ostilità all’auto elettrica, secondo cui, con i limiti emissivi previsti al 2030, si sarebbero potute immatricolare ben poche vetture diesel e a benzina.

Questa affermazione mi spinse ad effettuare alcune verifiche, che la confermarono.

La conclusione dell’articolo scritto poco meno di un anno fa non è per nulla modificata dalla circostanza che a cambiare le carte in tavola sia stato il ministro dei trasporti tedesco, il liberale Volker Wissing, probabilmente stimolato anche da un crollo del suo partito nelle elezioni dell’ottobre scorso nel Land della Bassa Sassonia così clamoroso da farne prevedere la scomparsa politica alle prossime elezioni per il Bundestag. Anche perché la sua contestuale richiesta che Bruxelles non esoneri i veicoli alimentati con carburanti sintetici, non sta in piedi.

La crescita delle mobilità alternative e dei servizi di mobilità ridurrà il numero delle vetture immatricolate. Tenere in piedi contemporaneamente due filiere produttive, entrambe penalizzate da costi maggiorati per via della ridotta produzione annua di vetture, sarebbe un esercizio di acrobazia finanziaria che difficilmente le case automobilistiche vorranno affrontare. E, visti gli investimenti sull’auto elettrica già fatti o programmati entro il 2030 (globalmente 1,2 trilioni di dollari), sussistono pochi dubbi sulla loro scelta.

Si parla molto di auto elettrica. Le opinioni vanno dallo scettiscismo assoluto alla più granitica fiducia verso questa tecnologia. Qual è la sua opinione?

L’auto elettrica presenta diversi vantaggi. A parità di taglia e di prestazioni, consuma circa un terzo dell’energia delle auto diesel e a benzina; trattandosi di kWh, può essere tutta green, con il suo costo non condizionato dall’andamento delle quotazioni del petrolio. Il numero di componenti di un veicolo elettrico si aggira intorno ai 200, a fronte dei 1.400 che devono essere assemblati in un veicolo tradizionale a motore endotermico, per cui gli interventi di manutenzione e di sostituzione saranno notevolmente inferiori. Il conseguente costo ridotto dell’energia consumata per km percorso e delle spese per O&M renderà conveniente l’acquisto di una vettura elettrica prima ancora che il suo prezzo eguagli quello di una tradizionale con pari prestazioni.

Per molti l’idrogeno avrà un ruolo importante come nuova fonte energetica. Che rilievo potrà avere secondo lei per la mobilità del futuro?

Scarso. Il costo della produzione di idrogeno green continuerà a renderlo un vettore energetico, prezioso, da destinare prevalentemente ai settori “hard to abate”

This article is from: