2 minute read
Economia circolare nel settore automotive: una strada piena di insidie
by ACI
Marco Di Eugenio
Anche nel settore automotive la parola d’ordine sembra essere diventata la sostenibilità. L’impatto ambientale condiziona le scelte di istituzioni e governi. Non solo. Condiziona pure le strategie di case produttrici, rivenditori, aziende che si occupano di logistica. E condiziona, soprattutto, le scelte dei consumatori. Tutti vogliono dare il loro contributo per limitare l’impatto ambientale della mobilità. Intento nobile e prospettiva auspicabile. Ma, in alcuni casi, non è così facile trasformare le parole in fatti. Si parla molto spesso di come alimentare l’automobile in termini energetici. Una questione che ha ricadute di grande importanza sia sul piano del reperimento delle fonti energetiche che su quello più generale della riconversione industriale, con ovvie implicazioni anche di natura occupazionale. Si parla poco, però, di alcune questioni tecniche riguardan- ti il riciclo dei pezzi delle automobili. È un tema che dovrebbe essere approfondito, perché presenta delle difficoltà di non facile risoluzione. Ogni automobile, infatti, è composta da circa 30.000 parti: alcune di queste, prima di poter essere riciclate, servono come ricambi, perché sono ancora funzionanti. Insomma, riciclare un’auto non è come riciclare una bottiglia di plastica. È una cosa decisamente più complessa. C’è poi una questione culturale. E riguarda il modo in cui è stato concepito per molto tempo il nostro rapporto con i veicoli personali. Per anni, abbiamo dato per scontato che la macchina di proprietà fosse la normalità. Oggi invece dobbiamo guardare a servizi nuovi come car sharing, leasing, mobility as a service ecc. Il cambiamento dovrà passare anche da una ridefinizione del ruolo giocato dalle case automobilistiche, che dovranno passare da un modello proiettato esclusivamente sulla vendita ad un modello integrato che tenga conto del ciclo di vita del mezzo. Questo significa un maggiore coinvolgimento di tutti gli attori della catena del valore, in modo da accompagnare il percorso del prodotto in tutte le sue fasi. Il futuro green della mobilità, dunque, non è così scontato e facile come può sembrare. Di sicuro è una strada (è il caso di dire) da percorrere. Per la salvaguardia del Pianeta, ma anche per motivi economici. Infatti, un nuovo approccio al settore automotive che integri le necessità di un’economia circolare porta sicuramente dei guadagni. Secondo una recente ricerca di “Accenture” - realizzata in collaborazione con World Economic Forum e World Business Council for Sustainable Development, gli incrementi in termini di guadagni per tutti gli attori della value chain si attestano attorno al 50%. Che questa sia la strada lo dimostrano pure gli investimenti realizzati dalle maggiori case automobilistiche del mondo. Un esempio su tutti: Stellantis. La storica fabbrica di Mirafiori sarà la cornice per un polo dedicato all’economia circolare e ai motori ibridi. Anche Renault ha intenzione di percorrere la stessa via. È pronto, infatti, un piano per decarbonizzare tutte le attività entro il 2038. Le parole d’ordine Rigenerazione, riparazione, riutilizzo, riciclo.
La via verso un’economia circolare è quindi tracciata. Ma si tratta di una via piena di curve, ostacoli e possibili rallentamenti, come dimostra il rinvio del voto Ue sullo stop ai motori diesel e benzina entro il 2035. Bisogna andare avanti, ma senza sminuire le difficoltà che certamente esistono.