CHECK-IN 15 - Dicembre 2022

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n°15 - dicembre 2022 - Anno II
I sorprendenti
gusti
Il fascino nascosto dell’Etna in inverno
colori e
di Atene

in COpertina

Il fascino nascosto dell’Etna in inverno

Il più grande vulcano attivo d’Europa, con i suoi 3.350 metri di altezza, è un paradiso per i viaggiatori di tutto il mondo, mai uguale a sé stesso tra scorci nordici, colline lunari, impianti da sci e fitti boschi

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Sciare su un vulcano? Sull'Etna si può

Sull'Etna a caccia di vini d'autore

Dal pistacchio al miele, dalle fragole alle mele Tutto il gusto dell’Etna

Grand Hotel Timeo Un rifugio siciliano a Taormina

Principe Cerami

La casa di un maestro della cucina mediterranea

La Capinera, ogni giorno in tavola il meglio della Sicilia

Shalai, boutique hotel dove brilla la stella Michelin

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Nei vini Etna Doc i racconti austeri del vulcano Indice
24 32 162 52 172 Clicca invece sull'icona della mappa per vedere la geolocalizzazione 58 Vuoi scoprire ancora più contenuti multimediali? All'inizio di ogni articolo trovi questo pulsante Clicca e approfondisci su www.italiaatavola.net CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO

Zash, rifugio mediterraneo per il benessere contemporaneo

Esperia Palace, buon gusto ed eleganza tra le colline dell’Etna

Restaurant Week

Proseguono le cene con le eccellenze lombarde

Feste di fine anno esclusive all’Hotel Principe di Savoia

Natale con la famiglia in Trentino Alto Adige Ecco tre hotel da non perdere

Antinori, simbiosi tra architettura, turismo e natura

I sorprendenti colori e gusti di Atene... anche d'inverno

A Lisbona, dove insegnano a vivere con leggerezza e poesia

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ECCELLENZE EUROPEE DEL GUSTO

Editoriale

Etna e dintorni, meta ideale per le vacanze invernali

Dopo i blocchi per la pandemia, sciare è la parola d’ordine che caratterizza le scelte di molti turisti per le vacanze invernali. Se n’è avuta una prima conferma con il tutto esaurito per il ponte dell’Immacolata e con le prenotazioni per le festività che hanno superato ogni più rosea previsione.

Sulla neve si può stare in molti modi, anche per semplici passeggiate, ciaspolate o per andare in slitta. Ciò che conta è trovare l’hotel giusto per ogni esigenza: sulle piste, dedicato ai bambini, con ristorazione d’eccellenza o con una Spa in cui farsi coccolare nel corpo o nello spirito. E a partire dal numero di dicembre, e finché durerà la “stagione bianca”, Check-In offrirà ai lettori alcuni spunti sugli hotel più interessanti nelle diverse località montane.

E proprio partendo dallo sci, una delle mete più interessanti è quella dell’Etna. In questo caso lo sci può essere una delle tante motivazioni per visitare l’area del vulcano che fra paesaggi, arte, storia e gastronomia offre uno dei ventagli in assoluto più interessanti del turismo italiano. L’inverno in questo senso è una stagione che permette di cogliere anche gli aspetti meno scontati di un territorio che negli ultimi anni ha puntato con decisione su uno sviluppo del vino e su un’ospitalità fra le più qualificate di tutto il Mediterraneo.

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Il fascino nascosto dell’Etna in inverno

La lunga estate 2022 è ormai lontana. E anche nella calda e assolata Sicilia si è dato il benvenuto all’inverno. Scie di ombrelloni colorati, voci di bagnanti esultanti, grida festose di bambini che giocano… tutto questo è ormai così distante. Solo il rumore delle onde del mare è rimasto tale, eppure sempre diverso a se stesso. Il mare che si infrange giorno e notte, ad ogni alba e a ogni tramonto, ora sulle nere scogliere di lava raffreddata da secoli, ora sulle dorate spiagge di sabbia della playa catanese.

L’Etna, ‘a Muntagna

Ma una cosa l’estate non è riuscita a portar via con sé, qualcosa che appartiene a quest’isola da sempre e che appare davvero intramontabile: il suo fascino! Un fa-

scino esercitato in tutte le stagioni, compreso l’inverno, quando cambiano i colori del territorio, la temperatura si fa più fredda. E lei è lì, sempre lì, maestosa e sublime, fiera e spumeggiante, come le onde del mare. È lì, l’Etna, declinata al femminile perché è ‘a Muntagna, per i catanesi; e poi declinato anche al maschile, l’Etna, se si indica la sua natura di vulcano, il più alto d’Europa tra quelli attivi.

I catanesi e tutti gli altri siciliani lo sanno: l’Etna è come un faro naturale per questa terra immensa e variegata, per quest’isola che detiene tanti primati, belli e meno belli, nel cuore del Mediterraneo. Un’isola amata e spesso incompresa, ma che va avanti, come una nobile donna senza tempo e senza età, che si beffa di tutti e che rimane consapevole del proprio valore.

E lei è lì, l’Etna, ora calma, contemplativa, soave, generosa… ora calda, arrabbiata, incandescente, nervosa. Proprio come

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di Antonio Iacona CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO L'Etna visto da Taormina

il popolo che contempla, che protegge e che al contempo minaccia da sempre, sia che esso già parlasse in tempi remoti il greco, il latino, l’arabo o altre lingue…

Nella terra del mito

Chi si appresta ad ammirarla, può farlo già mentre l’aereo sta atterrando all’aeroporto internazionale “Vincenzo Bellini” Fontanarossa di Catania, che nel 2021 si è affermato a livello nazionale come primo scalo in Italia per traffico, superando perfino l’aeroporto di Roma Fiumicino, con oltre 4 milioni di passeggeri.

E ci si pente subito! Si guarda dal finestrino, si intravede, abbracciato dalle nuvole, il cratere centrale, baciato dal sole dell’alba o coccolato dai raggi del tramonto, e ci si pente di avere acquistato anche il biglietto di ri-

torno. Perché si diventa subito consapevoli che si sta atterrando nella terra del mito!

I suoi 3.357 metri non sono mai uguali a se stessi. Mutano nel tempo, con il sopraggiungere o il perdurare di nuove eruzioni, di nuove colate. La cenere minaccia spesso voli e traffico aereo, ma le si perdona anche questo.

E poi, chi contempla l’Etna, non può farlo separando il paesaggio, ma deve immergersi nella prospettiva dei pittori en plein air, come quegli impressionisti che ammiravano Parigi nei suoi affascinanti angoli e particolari, ma senza dimenticarne il magico “tutto”.

E il tutto dell’Etna comincia dal mare Jonio, da quelle onde ora calme ora spumeggianti ora burrascose che accarezzano o schiaffeggiano Catania.

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14 CHeck-in • dicembre 2022 L'etna e i suoi sentieri Ferrovia Circumetnea SS284 SP92 SP92 SS120 SS120 SP 64 ET NA SUD C. Nordest RifugioTimpa ross a Ri fugio M. Manfre ' Cratere di Sudest V oragine Fa gg io de lla Rocca Torrette in pi etra Ri f. Mont e M aletto Rif Santa Ba rba ra Rif Saletti Pia no Fiera Nav e Poggio Monaco Gia rdi no Bot anico Grotta Cass one Grotta Intraleo G rotta di M. Nunz ia ta G rotta de Burrò C ase M irio Pirao Rif Bosco Ch iuso Pineta Rag abo Ilice di Carr inu Q uerce M Egitto Zappi n Bocca Nuova G rott a del Gelo Grotta dei Lamponi GalvRifugio a rina Ri f. Poggio La Caccia Rif. Monte Scav o Ri fugio C itelli Rif. Monte Ba racc a Rif. Monte Spagno lo Ma reneve Marenev G rotta S Ba rba ra Rif.Sant a Ba rba ra Torre del Filosof o Pista Altomontana Pia n dell’a Osservatorio Vulca nologico G rotta dei L adroni G rotta dei treliv elli A bisso di M.Nero Bos co Centorbi Case Zam pi ni o Lago di Gurrid a G rotta de lle Femm ine M.I n traleo M. F on t ane M.ti C en tena ri M Sona M. N uovo M. Lep re M Egitto M S im on e M. Z occo laro M. C agli ato M. Gro sso M Vetore M.ti De Fiore M Ruvolo do M. T urchio M. M aletto M Pizzillo M Rinatu La M on tagnola M.Nero M Sartorius M Rittmann M Do lce M Pomi ciaro M. Co ll aba sso M San ta M a ria I Due M onti M. C al anna M. Frum en to Supino M Escrivà Crateri Barbaga ll o M.ti Silvestri M.N un ziata M Scav o Fratelli Pii M. Crisim M. Cicirello M. Arc imis M Serra Pizzuta Cal vari na M Spagnolo M. C acc iatore M.Conc a M.N ero delle C oncazze M.Frum en to delle Conca zz e Pizzi Deneri Rocca de ll a Vall e M Scorson e M. Cerasa M. Ars o M Rosso M.Cap re M.ti N es po le M Palestra M.F orene llo M.ti Tre Frati Peloso M.Al bano M.F on tane lle M.Nero M.Nero degli Zappini M Parmen telli M. C al carazzi RANDAZZO Pa ss opisciaro Solicch iata Cu ba Biza ntina Rov ittello ET NA NORD G r Cra Passo dei Dammusi Sciara del Follone Pun ta Lu cia Eruzione 2002 Rif.C arpinter i M Scav o M Den za M Pomi ciaro M Piluso M. La Nave M. La G ua rdia M. M onaco Trof a du Camperi 6 8 7 5 4 3 9 2 1 dell ’E tn a , yo u c an s t art from 1 9 00 me t er s a . s. l and arrive T he n it begi n s a tre k king aro u nd the 2 0 01 a n d 20 02 eruptive ranges from t h e g u lf of Cat a ni a t o t h e Io n ia n coa s t wi th C a a n d t h e m a jes t ic Va l le del Bove a s a frame b i rc h t ree s , su rro un di n g th e ve nts s o c a l led ist Wolfg an g S a rtori us Pa t h su i ta ble for a l l ume Ferrovia Circumetnea Ferrovia Circumetnea Circumetnea Pog Atomon a um S ZAFFERANA Sa T R st GIARRE M d anga PEDARA ADRANO G Sa Ven TRECASTAGNI NICOLOSI DI LICODIA BELPASSO M RANDAZZO MALETTO P M MASCALI L tt SER U Pu T po Sa 6 4 3 ATHW (+ 9) 33 (+ 9) 0 Are M Pro Cic opi: +3 95 32 lo nd from th of ilici Milia Poggio La H gi pic poi op olored by Sapien n, g jes ube de volca rekk begi clo the Rifugio Ragabo, long gabo Grotta dei Lamponi gio C pt poi Monte Nero/2002 types iking, ric dep give veryio ltern la be Gro ged by Rep alle del Bove Alo he trek the “Serra cave” ption gio Sap no, any Trails on Etna

COME ARRIVARE

In auto: l’Etna dista da Catania meno di un’ora. Da Catania basta prendere l’autostrada A18 Catania-Messina, uscire a Gravina di Catania e seguire le indicazioni per Nicolosi-Etna Sud. È anche possibile salire sul versante nord-est (dal lato di Zafferana Etnea), in questo caso l’uscita consigliata è Giarre.

In aereo: l’aeroporto più vicino è il Fontanarossa di Catania, che si trova a circa 40 chilometri dal Vulcano. Mezzi pubblici: con i mezzi pubblici si può optare di visitare il vulcano dal “basso” con i treni della ferrovia Circumetnea oppure arrivare al Rifugio Sapienza, punto di partenza della ferrovia, con un bus della compagnia locale Ast in partenza da Catania. C’è una sola corsa al giorno e la durata del viaggio è di un’ora.

In camper: l’area sosta più comoda è Spuligni a Zafferana Etnea in via Paracquara 7.

La Città Metropolitana si staglia come una principessa alle falde del vulcano. È la sua amante dichiarata, devota. Chi giunge a Catania impara subito due nomi, due parole d’ordine che non possono prescindere dai sentimenti dei suoi abitanti: Etna e Sant’Agata, la Vergine e Martire Patrona della città, celebrata con una festa di carattere mondiale il 5 febbraio di ogni anno.

Il parco dell’Etna

L’immagine di Sant’Agata ci richiama al cielo. E, se c’è un volo che non è mai disturbato dalla cenere del vulcano, questo è il volo di una splendida coppia di Aquile Reali, che

ATTIVITÀ Cosa fare sull’Etna

Trekking

Da facili camminate di un’ora o poco più a escursioni impegnative di più giornate che richiedono esperienza in montagna. A seconda del livello e dell’esperienza che si vuole fare esistono sentieri da fare da soli, in compagnia di una guida privata o partecipando a un tour trekking di gruppo. Il più famoso tra i sentieri adatti a tutti è chiamato Schiena dell’Asino: lungo 5 km, inizia nei pressi del Rifugio Sapienza e raggiunge un punto da cui è possibile ammirare la valle del Bove. Un’altra possibilità per chi voglia camminare senza guida è un sentiero di circa 4 km sul versante nord-est che parte dal Rifugio Citelli.

Escursioni in bici L’Etna è anche il paradiso per gli amanti della mountain bike che qui trovano tanti percorsi tra cui scegliere, compresa la possibilità di effettuare la scalata dell’Etna. I paesaggi da esplorare in bici sono diversissimi, così come i terreni su cui pedalare: pinete, boschi, strade asfaltate, piste fuori strada, sentieri con fondo di sabbia e roccia vulcanica.

Tour in jeep o a cavallo

I meno sportivi che non vogliono rinunciare a questa esperienza possono optare per diverse altre soluzioni come tour in jeep, a cavallo o in sella a un asino. È, inoltre, possibile vedere l’Etna dall’alto partecipando a un tour in elicottero.

dominano con i loro battiti di ali e le loro scie naturali il Parco dell’Etna. I loro occhi contemplano e ispezionano i 59mila ettari del Parco, in cerca di prede, magari una volpe o una lepre. Il Parco dell’Etna è diviso in 4 zone, denominate A, B, C e D. Affascinante è certamente la zona A, per intenderci quella che nel 2013 è stata proclamata Patrimonio Unesco, inserita ufficialmente nella prestigiosissima Wrold Heritage List. È la cosiddetta “area sommitale”, quella dei crateri, la più elevata.

«Il fascino dell’Etna è certamente immutato, ma dopo i due anni di pandemia da Covid sembra avere ricevuto una nuova energia - dice a “Italia a Tavola” Carlo Caputo, presidente del Parco dell’Etna da due anni - e ancora adesso continuiamo a registrare un aumento sempre crescente di nuovi turisti, soprattutto stranieri. Sono anche semplici camminatori, amanti del trekking, anche a bassa quota, che ammirano e contemplano i paesaggi del nostro vulcano». Anche in autunno e in inverno, infatti, anzi soprattutto in queste stagioni l’Etna assume un fascino del tutto particolare.

«Certamente gioca una parte importante il fenomeno del foliage in autunno - ricorda il presidente Caputo - che anche da noi comincia ad assumere connotati importanti. L’autunno, infatti, si conferma una delle stagioni più belle per vivere appieno i sentieri e i percorsi naturali nel parco. Ci si muove immersi in tappeti di foglie, con i colori tipici che solo questo periodo riesce a regalare, tra il silenzio del bosco e la presenza di castagne». Senza dimenticare la magia della neve sul vulcano. Tra le esperienze da mettere in programma una volta nella vita c'è, infatti, anche l'emozione di

sciare sull'Etna. Il vulcano siciliano d'inverno di riempie di neve e mette a disposizione due comprensori: quello di Nicolosi (a sud, i 1910 e i 2700 metri) e quello di Piano Provenzana - Linguaglossa (sul versante nord, tra 1800 e 2317 metri). Per sciare sospesi tra i crateri e il mare.

Dall’enoturismo allo sci

Anche Carlo Caputo conferma che il turismo sull’Etna continua a destagionalizzarsi. «L’estate appartiene più agli italiani - dice - mentre l’autunno e l’inverno sono più gli stranieri ad essere presenti. Una parte importante la giocano certamente le tante aziende vitivinicole che operano

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sul territorio, che offrono pacchetti sempre più interessanti con visite e degustazioni nelle cantine, che inevitabilmente si ripercuotono anche sul territorio naturalistico e paesaggistico. Non cerchiamo, però, un turismo di massa questo sarebbe sbagliato per una terra così bella. L’Etna vive e deve vivere di turismo lento, fatto non di grandi presenze, ma di grandi appassionati».

Sull’Etna, come dicevamo, esistono anche degli impianti sciistici, uno sul versante sud, a Nicolosi (Ct), e l’altro sul versante nord, a Linguaglossa (Ct). Ma sarebbe sbagliato, come confermato dal presidente Caputo, puntare sulla monocultura dello sci, non essendo sempre garantita la presenza di neve costante sul vulcano. Molto più im-

CIRCUMETNEA

Il vulcano in treno

C’è un modo insolito e altamente romantico per visitare l’Etna, ossia salendo a bordo dei treni della ferrovia Circumetnea. Si tratta di uno storico percorso ferroviario che corre intorno al vulcano toccando tutti i principali borghi della zona in circa tre ore. La partenza è dalla stazione di Catania Borgo e l’arrivo è a Riposto. Il treno rimane a bassa quota, quindi non è possibile vedere i crateri durante la corsa, ma rappresenta un mezzo affascinante per ammirare l’Etna nella sua interezza. È un mezzo utile per raggiungere i borghi da cui partono i sentieri ma, non essendo un treno turistico, è bene programmare l’itinerario consultando gli orari aggiornati. Sempre legato alla Ferrovia Circumetnea c’è il Tour del Treno dei vini dell’Etna: un viaggio slow alle pendici del vulcano alla scoperta di vini, prodotti tipici, paesaggi e piccoli borghi. Si parte da Riposto e si arriva a Randazzo; da qui con il Wine Bus si visitano territori e cantine accompagnati da un esperto tra informazioni enoiche e storiche. www.circumetnea.it

L'Etna dal treno

portante, invece, destagionalizzare appunto le presenze sull’Etna, mentre l’Ente sta continuando nella sua azione di valorizzazione.

Ultima testimonianza concreta, l’approvazione del Marchio collettivo del Parco dell’Etna, che dà la possibilità alle aziende che operano e producono sul territorio secondo i criteri della sostenibilità e del rispetto dell’ambiente, seguendo rigide politiche green, di fregiarsi di tale marchio. E al centro di tutto questo affascinante ecosistema c’è ancora lei, sempre lei, l’Etna, con il suo confine litologico di 250 km, l’altezza di circa 3.350 m e una superficie di circa 1.260 km quadrati. Sono 20 i Comuni che ricadono nel territorio del Parco: Adrano, Belpasso, Biancavilla, Bronte, Castiglione

di Sicilia, Giarre, Linguaglossa, Maletto, Mascali, Milo, Nicolosi, Pedara, Piedimonte Etneo, Ragalna, Randazzo, Santa Maria di Licodia, Sant’Alfio, Trecastagni, Viagrande, Zafferana Etnea, con una popolazione di circa 250mila abitanti.

Cosa vedere sul monte Etna

Le cose da vedere comprendono sia bellezze paesaggistiche sia attrazioni storiche e culturali. La maggiore attrazione rimangono, in ogni caso, i crateri. Il punto accessibile più alto dell’Etna permette di ammirare i crateri sommitali a 3.300 metri di altezza, la cosiddetta bocca del vulcano (o meglio il punto più vicino ad essa). La vista qui è incredibile: appena sotto il cratere,

Cratere Silvestri
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più in là verso l’orizzonte il mar Jonio. I crateri sommitali solitamente inclusi nei tour sono tre: il Cratere Centrale, che comprende quelli noti come Voragine e Bocca Nuova, il Cratere di Nord-Est e il Cratere di Sud-Est

Un tipico tour ai crateri sommitali inizia con un viaggio in funivia dal Rifugio Sapienza (a 1900 metri) fino a quota 2500, da lì si prosegue in speciali mezzi 4×4 fino a quota 2900 e infine si sale a piedi per circa 2 km (dislivello di circa 400 metri); si ridiscende poi a piedi fino alla funivia. Sono possibili alcune varianti con pezzi a piedi più o meno lunghi ma, in generale, si tratta di un’escursione impegnativa ed è obbligatorio farsi accompagnare da una guida esperta. Da ricordare inoltre che i movimenti del vulcano sono costantemente monitorati e il minimo dubbio sulla sicurezza delle escursioni ne comporta la sospensione

Più in basso rispetto al cratere centrale, lungo il versante sud si trovano i crateri silve-

Valle del Bove

stri, formati con l’eruzione del 1892 e oggi spenti: sono facilmente raggiungibili in auto e pertanto sono i più visitati. La visita ai crateri silvestri non richiede obbligatoriamente una guida ed è adatta anche a chi ha poco tempo a disposizione.

Una via di mezzo tra il cratere centrale e i crateri silvestri sono i crateri laterali ancora attivi a quota 2900 metri. Si raggiungono con una breve camminata dal punto in cui vi si fermano i mezzi 4×4.

Le grotte vulcaniche

Tra i tour ce n’è uno davvero spettacolare che permette di entrare “dentro il vulcano” visitando una grotta di scorrimento lavico ora spenta in compagnia di una guida alpina vulcanologica. Le grotte vulcaniche più famose sono la Grotta dei Lamponi, la Grotta delle Palombe, la Grotta del Gelo e la Grotta dei Tre Livelli.

Valle del Bove

La Valle del Bove è una profonda vallata che si estende per circa 7 km ed è delimitata da pareti alte fino a 1.000 metri. Questa grande caldera a ferro di cavallo si trova sul versante orientale del vulcano ed è una zona di grande bellezza. Borghi etnei

Per conoscere il lato “umano” dell’Etna fondamentale visitare i paesini che sorgono sulle sue pendici tra borghi e cittadine più o meno grandi, palazzi storici, caratteristiche chiese, prodotti tipici locali come vini e pistacchio. Tra i più famosi borghi etnei ci sono Zafferana Etnea, Nicolosi, Bronte e Trecastagni

Sede dell’Ente Parco

L’ex monastero benedettino San Nicolò La Rena a Nicolosi ospita la sede dell'ente Parco dell'Etna, aperta ai visitatori. Al piano terra è presente un interessante Museo Vulcanologico, ottimo punto di partenza per conoscere questo monte particolare, la storia della sua formazione e le sue caratteristiche geologiche.

Proprio all’esterno della sede ha inizio il Sentiero del Germoplasma, un facile percorso lungo il quale crescono numerose erbe aromatiche e officinali, alberi da frutto, vigne.

Per informazioni: www.parcoetna.it

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Bronte
24 CHeck-in • dicembre 2022 Sciare su un vulcano? Sull'Etna si può L'Etna, con i suoi 3.340 metri, è il vulcano più alto d'Europa e gli amanti della neve possono provare l'esperienza di sciare nei suoi due comprensori, quello di Nicolosi e quello di Provenzana Linguaglossa

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Sciare su un vulcano attivo è un'esperienza da provare e sull'Etna è possibile farlo. A' Muntagna, con i suoi 3.340 metri, è il vulcano più alto d'Europa e sa regalare emozioni anche nella stagione invernale. La sua forma conica si presta infatti sia alle escursioni sia allo sci. Sono due i comprensori: Nicolosi, sul versante meridionale, si sviluppa da 1.910 a 2.700 metri, mentre Piano Provenzana-Linguaglossa, sul versante nord, tra i 1.800 e i 2.300 metri. Certo, la stagione sciistica è particolarmente condizionata dall'innevamento, considerato che si tratta di solo innevamento naturale, ma solitamente inizia intorno al Natale e, nelle annate fortunate, può arrivare fino a Pasqua.

Nicolosi e Provenzana Linguaglossa, i comprensori per sciare

sull'Etna

Il comprensorio di Nicolosi è il più grande e può contare su una telecabina a sei posti che porta al Piccolo rifugio, quota 2.700 metri, dove si trova una pista rossa, su una seggiovia biposto che conduce ad un'altra pista rossa, a 2.142 chilometri e su tre skilift che conducono a 2.294 metri, dove si trovano una pista rossa e una blu.

La seconda ski-area si trova appunto a Linguaglossa, comprende una seggiovia biposto e tre skilift che raggiungono quattro piste rosse e due blu in discesa, raccontati dalla Scuola Sci Etna-Nord, che offre anche il servizio di noleggio attrezzatura:

Seggiovia Pouchoz: serve una pista blu, ideale per i principianti. È una seggiovia quadriposto ad agganciamento automatico con copertura antivento, la stazione di partenza si trova a 1.810 metri mentre la lunghezza della pista principale è di 1,5 km.

Skilift Monteconca: serve una pista rossa/blu. La pista è di media difficoltà con sezioni più impegnative e altre più semplici. La stazione di partenza dello skilift si trova a 1.828 metri mentre l'arrivo a 2.090 metri, la lunghezza della pista principale è di 1,6km.

Skilift Coccinelle: serve la pista più tecnica dell'Etna. È stata protagonista anche di gare di sci alpino internazionali ed è ricca di cambi pendenza. La stazione di partenza dello skilift si trova a 2.000 metri

mentre l'arrivo a 2.323 metri, la lunghezza della pista principale è di 1,4 km.

Skilift Anfiteatro: serve due piste rosse, di cui una omologata per gare di sci alpino. La stazione di partenza dello skilift si trova a 2.050 metri mentre l'arrivo a 2.336 metri, la lunghezza della pista principale è di 1,3km.

Sci alpinismo e sci di fondo sull'Etna

Oltre agli impianti, l'Etna garantisce diverse possibilità per chi ama lo sci. Nella stazione di Provenzana è possibile praticare lo sci di fondo in una pista “Poiana” perfettamente battuta che raggiunge la lunghezza di 5 km. L’accesso alla pista si ha

dall’area monte Conca lontano dagli impianti di sci e immersa nel bosco. Ci sono poi le piste di Piano Vetore, sul versante sud del vulcano. Disponibili tre anelli: la pista facile di un chilometro e 300 metri; la pista da gara di 2,5 chilometri; ed una pista più ampia, collegata a quella di gara, di tre chilometri e 500 metri.

Anche gli appassionati di sci alpinismo possono trovare sull'Etna pane per i loro denti. Il clima della zona favorisce la stabilizzazione rapida delle nevicate, compattando il manto nevoso e rendendolo così perfetto per lo sci alpinismo.

La salita ai crateri sommitali, che può essere effettuata sia dal versante nord sia da quello meridionale, è l'escursio-

ne più apprezzata. Si gode infatti di un panorama incredibile, a pochi passi dal cuore del vulcano.

Per informazioni: www.etnasci.it

Nei vini Etna Doc i racconti austeri del vulcano

Idati più recenti parlano di 4,5 milioni di bottiglie prodotte, riferiti a tutte le tipologie di vino: rossi, rosati, bianchi, bollicine… Numeri cui fa seguito una qualità indiscussa della materia prima, un unicum che sta segnando la grande originalità di ogni annata prodotta e tutto il fascino di un territorio unico al mondo. Il contesto di cui scriviamo è naturalmente quello dell’Etna Doc, il cui nome risuona ormai da anni in ambito mondiale. Se il vulcano Etna è il “faro naturale” per i siciliani, ecco che anche sul fronte dei vini il vulcano sta segnando ormai da anni il passo di una produzione sempre più eccellente, apprezzata moltissimo in ambito nazionale e internazionale.

Sempre secondo i dati aggiornati, sono 166 i produttori di vini Etna Doc, che inter-

pretano ciascuno a modo proprio la grande varietà dei terreni lavici di questa straordinaria “creatura” di oltre tremila metri e che vanta una storia di 600mila anni e una nascita da eruzioni sottomarine.

Già solo in questa breve descrizione ci si accorge del grande fascino che esercita il territorio anche sulle produzioni vitivinicole, che diventano non solo cifre di marketing e commerciali, ma soprattutto story telling che sfiorano miti e leggende.

Alla scoperta dei vini del vulcano

Per conoscere più da vicino questa straordinaria produzione vitivinicola, abbiamo sentito il presidente del Consorzio di tutela vini Etna Doc, Francesco Cambria. Giovane produttore, 44 anni, titolare con la famiglia dell’azienda Cottanera, Cambria è alla

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CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO Francesco Cambria, presidente Consorzio di tutela vini Etna Doc

guida del Consorzio dal dicembre scorso e prima ancora ha fatto parte del direttivo.

Presidente, l’Etna Doc ci sembra che goda di ottima salute?

Assolutamente sì, sia sotto il profilo dei nuovi investimenti e dello sviluppo sia sotto quello della percezione da parte dei consumatori. Un apprezzamento che si traduce in una richiesta continua e costante dei nostri prodotti, testimoniata dai numeri degli imbottigliamenti, come dimostra il primo semestre del 2022, abbondantemente oltre rispetto al recente passato.

Non crede che questa grande richiesta e attenzione verso il territorio possa portare a un certo stress la stessa produzione?

No, poiché proprio il Consorzio in maniera lungimirante già dallo scorso mandato, quando ancora ero semplicemente nel direttivo, ha deliberato la chiusura a impian-

tare nuove vigne, per cui il rischio di una inflazione del prodotto è tenuto abbastanza sotto controllo.

E sul rischio, invece, che tutta questa attenzione possa essere solo una “moda” dell’Etna? C’è stata una grande attenzione in passato per il Nero d’Avola, ad esempio, e anche lì si parlò di “moda”, senza rendere onore a questo grande vitigno?

No, i nostri impianti sono tutti sotto controllo e l’areale per produrre l’Etna Doc è, naturalmente, molto più piccolo rispetto a quello dedicato e vocato per il Nero d’Avola.

In cosa consiste, dunque, l’unicità dei vini della Doc Etna?

Nella sua speciale diversità e nelle tante biodiversità che insistono sul nostro territorio, dalle caratteristiche uniche. Parliamo di un unicum con tante sfaccettature, che emergono da vigna a vigna, dove le colate

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laviche di diverse annate la fanno da padrone. Da qui, la mineralità, il territorio che esce fuori da ogni produzione, ciascuna diversa, anche a distanza di poche centinaia di metri tra un’azienda e l’altra, tra una cantina e l’altra.

Allora, nella “mezzaluna” che disegna l’Etna Doc, tutti i versanti hanno la loro importanza?

Assolutamente sì, ciascuno con le proprie caratteristiche uniche.

Un toscano, Andrea Franchetti, scomparso da poco e da tutti stimato e ricordato giustamente come grande produttore tra la Toscana e il vulcano, ha fondato “Contrade dell’Etna”. Questo, assieme ai tanti investimenti che arrivano da fuori dell’Isola, conferma l’apertura del territorio etneo?

Assolutamente sì! Tra l’altro, oggi sull’Etna, se si escludono gli imprenditori e produttori siciliani, troviamo grandi nomi di imprenditori di altre regioni, piemontesi o veneti ad esempio, che hanno deciso di investire qui da noi e questo non può che farci crescere.

Per informazioni: www.consorzioetnadoc.com

I VITIGNI DELL’ETNA DOC

Nerello Mascalese

È il vitigno rosso simbolo dell’Etna, la cui origine si perde nell’antichità. La sua coltivazione può essere considerata “eroica”, viste le pendenze a cui molte vigne dell’Etna Doc sono sottoposte. Tra le caratteristiche che contraddistinguono la sua coltivazione e, di conseguenza, la produzione dei vini dell’Etna, certamente ci sono le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte e le diverse condizioni climatiche da un versante all’altro del vulcano.

Nerello Cappuccio

Il colore è di un rosso davvero molto intenso e, proprio per questo, la sua percentuale utilizzata per l’Etna Doc dona alle produzioni un colore deciso e caratteristico del vulcano. Non trascurabile nemmeno il suo potenziale olfattivo, che si aggiunge a quello già intenso del “fratello maggiore” Nerello Mascalese.

Carricante È l’antico vitigno a bacca bianca del vulcano e ha una tempra molto forte, arrivando spesso a pendenze dove perfino il Nerello Mascalese fatica a maturare. È, forse, l’espressione più elegante e intensa della tanto decantata mineralità dell’Etna, coltivato com’è su terreni di sabbie vulcaniche, ricche di minerali.

Catarratto

Si può utilizzare per la produzione di Etna Bianco Doc fino al 40%. Anch’esso ha una storia antica ed entra di diritto nella “nobiltà” dei vitigni dell’Etna. È di grande tempra, con personalità e carattere.

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Sull'Etna a caccia di vini d'autore

L'Etna nel panorama italiano, anzi europeo, è unico, perché vulcano, alto ben 3.350 metri, attivo con frequenti e spettacolari colate laviche, perché nelle sue pendici insistono attraenti borghi, perché nei suoi terreni cresce un’agricoltura di alto pregio, perché è terra di vigneti, storici palmenti (le cantine rustiche di una volta quando le uve si pestavano coi piedi), affascinanti cascinali di campagna oggi sede di aziende e cantine vinicole e specialmente perché dai suoi vigneti che si spingono fin oltre i mille metri di quota si producono apprezzati vini Doc da uve autoctone, addirittura di gran moda e tanto richiesti.

Diventa pertanto logico che l’Etna sia frequentata meta di turismo, spesso colto, curioso e amante dei vini e dei prodotti agricoli del territorio. Così ormai sono

molte le aziende che si dedicano all’enoturismo sia con visite e degustazioni, sia con accoglienza di tipo alberghiero, principalmente come affittacamere e bed&breakfast. In tutte si ha la possibilità di acquistare bottiglie magari facendosele spedire. Diventando un buon canale di vendita e specialmente di fidelizzazione del cliente che una volta conosciuta personalmente l’azienda e apprezzandone i vini, continuerà ad acquistarli. Ne abbiamo selezionato alcune.

Al-Cantara, il vino abbraccia l’arte

La prima è Al-Cantara. Siamo a Randazzo (Ct) nell’estremo versante nord del vulcano, a confine col fiume Alcantara. Un’azienda di proprietà di Pucci Giuffrida, un distinto commercialista con l’aplomb da altri tempi, amante dell’arte e della letteratura siciliana dialettale a cui piace scoprire poeti e scrittori quasi dimenticati.

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CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO Pucci Giuffrida | Al-Cantara

Questa sua passione Giuffrida l’ha trasferita nell’azienda creando in vecchi locali in pietra un interessante e unico museo con circa 400 piccole opere d’arte a tema vinicolo di artisti contemporanei che spesso hanno anche disegnato i capolavori delle etichette delle bottiglie.

Il turista che visita l’azienda, su prenotazione nei contatti del sito, si immerge nei vigneti con sullo sfondo l’Etna che sbuffa, partecipa a degustazioni anche abbinate a semplici prodotti del territorio e visita il museo guidato da un esperto collaboratore. Se è fortunato, o un gruppo numeroso lo richiede per tempo, si può godere della guida appassionata e competente del proprietario, capace col suo racconto di coinvolgere e commuovere anche recitando le poesie che hanno ispirato i nomi dei vini.

Donnafugata, tra le più famose cantine dell’Etna

L’azienda marsalese Donnafugata, tra le più note della Sicilia, della famiglia Rallo, che spazia in tutta l’isola con quattro tenute, ha fatto dell’enoturismo un vero business con un sito dedicato dove prenotare, cominciando da anni con l’evento “vendemmia notturna” nel trapanese. Siamo in territorio di Randazzo (Ct) nel versante nord con 35 ettari di vigneti e la cantina etnea accoglie con visite e degustazioni di vario tipo, dalla più semplice a veri brunch dove il cibo si accompagna ai vari vini

A proposito di questi, le degustazioni possono comprendere anche famosi vini di altre tenute, tutte si concludono col vino dolce siciliano più noto ed apprezzato il

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Donnafugata

Non ho mai intrapreso un viaggio senza averne prima sognato il sapore.

Coda Nera, Reserva e Noah sono marchi di proprietà La Nef S.p.A
www.lanefdeluxe.it

Ben Ryè passito di Pantelleria. Accanto alla cantina c’è un agriturismo e un buon ristorante, di altrui proprietà, così per un’immersione più totale nel territorio ci si può fermare per più giorni.

La Gelsomina, immersione totale nel vino del vulcano

La Gelsomina costituisce la tenuta sul vulcano di Cantine Ermes, il colosso isolano delle cooperative con territori anche in Puglia e Veneto.

Siamo nel versante nordest, a Presa, frazione di Piedimonte Etneo (Ct), un paesaggio unico, che spazia dal mare al vulcano, sottolineato da un anfiteatro naturale dove insistono gradoni in pietra con le viti che si affacciano su un laghetto. Sono 15 ettari di cui 11 vitati.

Vigneto La Gelsomina Al-Cantara Tel 095 222644 www.al-cantara.it Donnafugata Cantina Randazzo Tel 095 7991949 www.donnafugata.it La Gelsomina Tel 349 1540589 www.tenuteorestiadi.it Cantine Nicosia Tel 095 7806767 www.cantinenicosia.it Murgo Tel 095 950520 www.murgo.it LE CANTINE

Oltre alle degustazioni e alle visite, possibili su prenotazione anche per una singola persona, si può effettuare un vero soggiorno con quattro mini appartamenti soppalcati e due camere nel corpo principale dove esiste la piccola cantina con barricaia e dove si possono allestire delle cene riservate.

Tutti i fabbricati sono ricostruiti filologicamente con pietra lavica creando un’atmosfera che trova il clou nelle serate estive con eventi a tema che richiamano un pubblico selezionato. Si prenota dal sito.

Cantine Nicosia, due location per l’enoturismo

Cantine Nicosia, storica azienda etnea della famiglia Nicosia nel versante sud a Trecastagni (Ct), 50 ettari di vigneti e

una particolare caratteristica, ossia l’enoturismo si sviluppa in due siti: nella cantina dentro il centro abitato e nella tenuta di Monte Gorna, a pochi minuti, con antichi fabbricati, dove spicca un vecchio palmento, con un panorama mozzafiato in mezzo ai vigneti. In entrambi l’aspetto architettonico è notevole.

Oltre ai vini fermi, non solo etnei, spiccano anche tre eccellenti spumanti metodo classico. Si inizia con le visite, si prosegue con le degustazioni accompagnate da pane fino ad arrivare a veri pranzi o cene nell’Osteria, un buon ristorante aperto al pubblico, all’interno dell’azienda, con eccellente cucina sia tradizionale sia moderna dove “il vino non accompagna il cibo, ma lo guida”.

Visite anche a Monte Gorna, che è particolarmente di fascino. Sul sito le informazioni per prenotare anche solo il ristorante.

L'Osteria di Cantine Nicosia

Murgo, la cantina

Murgo, la prima a imbottigliare uno spumante a metodo classico

Murgo, l’azienda familiare del Barone Scammacca del Murgo risale al 1860 ed è stata la prima sull’Etna a imbottigliare uno spumante metodo classico. La Tenuta San Michele, dove c’è l’azienda e buona parte dei 30 ettari di vigneti si trova tra Santa Venerina (Ct) e Zafferana (Ct), a sud-est della cima, e in uno dei fabbricati è stato ricavato un agriturismo con ristorante, 15 camere e piscina per poter offrire ai visitatori la possibilità di vivere i vigneti, visitare la cantina e di potere alloggiare, degustare, pranzare e cenare in azienda con i vini Murgo Etna

Doc e da altre tenute, che accompagnano il menu fisso, ampio, che cambia giornalmente con cibo alla sicula, semplice ma curato. I turisti possono limitarsi alle semplici degustazioni a partire da cinque vini fino ai pasti nell’agriturismo dove l’abbinamento col cibo valorizza gli ottimi vini della casa. Si prenota nel sito.

Cinque cantine che producono grandi vini, ognuna con la sua personalità, con i propri servizi a disposizione dei visitatori che hanno il piacere di trascorrere qualche ora o più giorni immersi in un territorio unico, facendo godere lo spirito e il corpo gustando quello che di buono sa produrre questo angolo di Sicilia.

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Dal pistacchio al miele, dalle fragole alle mele Tutto il dell’Etnagusto

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Non c’è un solo Etna. O meglio, c’è un solo vulcano circondato però da un territorio ogni volta diverso. Microclimi differenti che hanno dato vita a vere e proprie eccellenze, frutto di tradizioni tramandate e di un terreno vulcanico unico, perché ricco e minerale Scopriamo allora questi “morsi” di vulcano, gusti imperdibili per chi si appresta a scoprire l’Etna e il suo territorio.

Il Pistacchio verde di BronteDop

Bronte (Ct) è un paese poggiato sulle pendici occidentali del vulcano. Non arriva nemmeno a ventimila abitanti, ma è la culla del prodotto etneo più famoso, non soltanto in Italia, ma in tutto il mondo. Stiamo parlando del Pistacchio verde di Bronte, che dal 2009 può fregiarsi del titolo di Dop.

L’Oro Verde, secondo il disciplinare, può essere prodotto soltanto nei territori di Bronte, Adrano e Biancavilla e deve avere un colore verde intenso e un sapore aromatico forte. La raccolta non avviene tutti gli anni, ma con cadenza biennale. Negli anni dispari, solitamente agli inizi di settembre, si procede alla raccolta della tignosella (il nome del frutto smallato ed asciugato).

Negli anni pari, invece, si procede con la potatura verde, una tradizione tramandata di padre in figlio che permette alla

pianta di riassorbire dal terreno vulcanico le sostanze necessarie alla produzione dell’anno successivo.

Il Miele di Zafferana Etnea: l’oro dell’Etna

Alle pendici del vulcano non c’è però soltanto l’Oro Verde di Bronte, ma anche l’Oro dell’Etna. Di cosa si tratta? Del Miele di Zafferana Etnea (Ct). Il comune, che si trova sul versante orientale del vulcano, è considerato una delle capitali italiane del

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miele, sia per la quantità sia per la qualità. Si parla infatti di circa 700 apicoltori che garantiscono il 15% della produzione nazionale di miele. Le varietà sono le più disparate: si va dal millefiori al miele di castagno, dal miele d’arancio al miele di zagara.

I Custodi dell’Ape Nera

Api e miele non sono però prerogativa della sola Zafferana Etnea. Siamo infatti di fronte a una tradizione diffusa in tutta la zona dell’Etna, custode, tra le altre, di storie che raccontano di rinascita. È il caso dell’Ape nera, sottospecie autoctona che si credeva ormai scomparsa. Dopo aver resistito per millenni, gli apicoltori siciliani le avevano preferito la più redditizia Ape ligustica. Poi tre fratelli, Giuseppe, Simo-

ne e Gianluca Lazzaro, hanno deciso che la storia dell’Ape nera non poteva finire e l’hanno riportata sulle pendici del vulcano, dando vita al progetto “I Custodi dell’Ape Nera” a Macchia di Giarre. Il risultato? Prodotti d’eccellenza, salutari e in grado di riportare in auge sapori che si pensavano persi per sempre.

La Dop di tutto il vulcano: la Ciliegia dell’Etna

Tra le eccellenze etnee non può mancare la Ciliegia dell’Etna Dop, che può essere considerata la denominazione di tutto il vulcano. La zona di produzione si estende infatti dal mare Ionio fino a 1.600 metri di altitudine sui versanti Est e Sud-Est dell’Etna e comprende i comuni di: Giarre, Riposto, Mascali, Fiumefreddo

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di Sicilia, Piedimonte Etneo, Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Randazzo, Milo, Zafferana Etnea, S. Venerina, Sant’Alfio, Trecastagni, Pedara, Viagrande, Nicolosi, Ragalna, Adrano, Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Belpasso, Aci S. Antonio, Acireale. Di pezzatura medio-grande, la Ciliegia dell’Etna viene raccolta tra giugno e luglio e ha tempi di maturazione molto più lunghi rispetto ad altre varietà.

La Fragola di Maletto De.Co.

A pochi passi dalla già citata Bronte, c’è Maletto (Ct). Qui l’orgoglio locale non è il pistacchio, bensì la fragola. Stiamo parlando della Fragola di Maletto, che può fregiarsi del titolo di De.Co., Denominazione comunale, e che fa parte dei prodotti dell’Arca del Gusto di Slow Food, che raccoglie le eccellenze che appartengono alle comunità, che si sono impegnate per mantenerle vive. Di pezzatura grande, dolce e molto profumata, la Fragola di Ma-

letto deriva da una cultivar francese, la “Madame Moutot”, coltivata nella Ducea dell’Ammiraglio Nelson a Bronte. Il prodotto oggi è a forte rischio di estinzione. Avendo il cuore vuoto è, infatti, altamente deperibile e quindi poco adatta alla commercializzazione.

Le antiche mele dell’Etna

Se il destino della Fragola di Maletto è a rischio, quello delle mele dell’Etna appare altrettanto critico. La loro storia somiglia però più a quella delle Api nere che a quella della fragola. Storicamente, infatti, le pendici del vulcano hanno sempre ospitato numerosi frutteti, soprattutto meleti, con varietà tipicamente locali: la mela cola, la gelato, la gelato cola e la cirino. Poi, negli anni ’70, la scelta di puntare su varietà più fruttuose a livello economico e più apprezzate dal mercato. Così oggi sono pochissimi i coltivatori che lavorano per preservare le varietà storiche etnee. Si

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parla, secondo Slow Food, si poche centinaia di quintali, vendute esclusivamente nei mercati locali.

Arancia Rossa di Sicilia Igp

Parli di Sicilia e non puoi non parlare di arance e nello specifico di Arancia Rossa di Sicilia Igp. La sua zona di produzione è vasta e comprende diversi comuni delle province di Enna, Siracusa e Catania. Tra questi anche Biancavilla, Adrano, Belpasso e Santa Maria di Licodia, poggiati sulle pendici meridionali dell’Etna. Si tratta di arance ottenute dalle varietà Tarocco, Sanguinello e Moro.

A dar loro il tradizionale colore rosso è la presenza di antocianine. Il frutto è ricco di vitamine, polifenoli (flavonoidi), aci-

do folico e sostanze benefiche utili per regolare le funzioni digestive e metaboliche, nonché prevenire infezioni e invecchiamento cellulare, grazie alle notevoli quantità di antiossidanti.

Monte Etna Dop, l’olio Evo del vulcano

Tra le Dop etnee figura anche l’olio Monte Etna Dop. Gusto erbaceo, fresco, fruttato leggero, può essere prodotto nei comuni di: Adrano, Belpasso, Biancavilla, Bronte, Camporotondo Etneo, Castiglione di Sicilia, Maletto, Maniace, Motta Sant'Anastasia, Paternò, Ragalna, Randazzo, Santa Maria di Licodia, San Pietro Clarenza, Centuripe, Malvagna, Mojo Alcantara, Roccella Valdemone e Santa Domenica Vittoria. La cultivar preponderante è la

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Nocellara Etnea, che può essere utilizzata anche come oliva da tavola.

La Pera Coscia dell’Etna

Accanto alle mele, sulle pendici dell’Etna crescono storicamente anche le pere. La varietà di riferimento è la Pera Coscia, caratterizzata da una polpa bianca e un gusto molto dolce. Coltivata sul versante occidentale del vulcano, ha un colore verde brillante su cui compaiono spesso striature rosse.

Non si tratta però dell’unica varietà etnea. Oltre alla Coscia c’è, infatti, la Pera Spinelli, conosciuta anche come “pira spineddi”. Al contrario della sua “collega”, si tratta di una pera dura e aspra al palato, perfetta per essere cotta. Durante la cottura rilascia in maniera naturale i suoi zuccheri, creando un’incredibile caramellatura naturale. Per lo stesso motivo sono ottime per le marmellate.

La Salsiccia al ceppo di Linguaglossa

Le eccellenze non sono soltanto quelle della natura, abbiamo visto, ma anche quelle frutto di tradizioni che si tramandano da secoli. È il caso, per esempio, della Salsiccia al ceppo di Linguaglossa, presidio Slow Food. Un tempo, tutti i macellai siciliani avevano la loro “chianca”, un ceppo in legno su cui lavorare la carne. Questa tradizione prosegue ancora oggi a Linguaglossa (Ct).

Alla base della salsiccia c’è un mix di di tagli di coscia, pancetta, guanciale, lar-

do e capocollo, che vengono tagliuzzati in pezzi piccolissimi con il “partituri” (un coltello locale) e poi impastati a mano e conditi con sale, pepe nero e semi di finocchietto selvatico raccolto sull’Etna. La Salsiccia al ceppo di Linguaglossa si mangia fresca e cotta, ma alcuni macellai la appendono in un luogo fresco e ventilato per una essicazione leggera che dura 20, 25 giorni.

La ricetta più classica, racconta Slow Food, è la salsiccia alla brace con i caliceddi, una verdura spontanea moto diffusa sulle pendici dell’Etna, che si sbollenta e si passa in padella. Secondo la tradizione, “caliceddi e sasizza” non possono mancare dalla tavola l’11 novembre, il giorno di San Martino.

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Fico d’India dell’Etna Dop Quante proprietà!

Lo chiamiamo erroneamente fico d’India, per via di Cristoforo Colombo che credette di avere scoperto le Indie, ma dovremmo nominarlo d’America dato che è originario del Centro America. Nome a parte il fico, l’Opuntia ficus indica, in Sicilia ai piedi del vulcano Etna ha trovato il suo habitat naturale idoneo allo sviluppo e alla crescita, rendendo unico il paesaggio al punto di essere diventato un simbolo di questa terra

È un concentrato di proprietà benefiche, è dolce, energetico ma al contempo a bas so contenuto calorico; è indiscutibilmen te una coltura sostenibile, basti pensare che per la produzione di un frutto occorre un quarto d’acqua rispetto alla coltivazio ne di una mela.

Solitamente siamo abituati a vederlo, con le sue caratteristiche piante, ai bordi delle strade, come divisorio degli appezzamen ti di terreno, allo stato puro e selvatico. In realtà esiste una vera e propria coltiva zione che vede il suo principio nelle talee dalle quali si ottengono piante uguali alle

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madri che nel tempo sono state selezionate per avere le migliori varietà di frutto. È importante diversificare e rigenerare vecchi impianti che dopo circa 15 anni vengono sostituiti per dar spazio a nuovi filari di piante giovani.

Indispensabile per la resa del prodotto finale è il suolo ricco e fertile dei territori che ricadono nell’area della Dop dell’Etna, i Comuni di Adrano, Biancavilla, Belpasso, Paternò, Motta Sant’Anastasia, Santa Maria di Licodia, che per le particolari condizioni pedoclimatiche, danno vita a frutti ricchissimi sia in termini di gusto che di proprietà nutritive.

Per evitare di ricorrere a pesticidi dannosi per la salute e l’ambiente, si ricorre a trappole ad ormoni per le mosche, alla lotta integrata o alle aree in biologiche. La coltivazione viene scandita dai ritmi della natura,

sce frutti più ricchi di sostanze nutritive e più grandi di dimensioni.

Un’altra tecnica è la scozzolatura, che consiste nel far cadere dalla pianta tutti i piccoli frutti nati in seguito alla prima fioritura, per stimolare la pianta e dar vita così a una seconda fioritura, che produce verso la metà di settembre frutti più grandi con meno semi e molto succosi.

I fichi d’India colti dopo la prima fioritura, tra agosto e settembre, vengono detti nostrani o primo fiore, quelli nati dalla scozzolatura, colti tra settembre ottobre e inizio novembre, vengono detti scozzolati o bastardoni.

Pur essendo una coltura che cresce e si propaga persino sulle rocce laviche più scoscese, per garantire frutti di qualità necessita di molta cura e mano d’opera, dalle varie tecniche di coltivazione fino

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selezionato, calibrato e confezionato. Anche il packaging ha una sua importanza, motivo per cui è fondamentale combinare confezioni pratiche di diverso formato, a un design accattivante, e soprattutto realizzate con materiali 100% riciclabili.

Tre sono le varietà della Dop La Gialla, o Sulfarina, è la varietà più diffusa, caratterizzata da frutti che presentano una buccia gialla con screziature verdi, ed una polpa morbida di un intenso color giallo-arancio, dolce e succulenta. La Rossa, o Sanguigna, è molto popolare e apprezzata, soprattutto per il suo intenso color rubino che cattura l’occhio ancora prima che il palato. La sua polpa friabile, zuc-

cherina e succosa contiene meno semi rispetto alle altre varietà. La Bianca, o Muscaredda, è la varietà più pregiata. Il colore verde chiaro della sua buccia viene spesso percepito come indice di scarsa maturazione, ma non lo è affatto! Non lasciatevi ingannare dal colore meno sgargiante; all’interno troverete infatti un frutto chiaro dalla polpa croccante, fresca e dal sapore dolce e delicato.

Le proprietà del Fico d’India dell’Etna Dop

Il fico d’India è un prodotto dalle molteplici proprietà, ricco di vitamine A, gruppo B e C, sali minerali (ferro, potassio, magnesio, calcio e fosforo). L’alto contenuto di fibre e la presenza dei semi aiutano a favorire il transito intestinale e ad aumentare il senso di sazietà, rendendolo alleato per il mantenimento del peso-forma anche grazie alla modesta quantità di zuccheri. Inoltre è ricco di proprietà terapeutiche in particolare quelle antinfiammatorie e antiossidanti contenute nelle betalaine e betaxantine del suo interno.

Curiosità: della pianta del fico d’India non si butta via nulla.  È una coltivazione a “spreco zero” visto che può essere mangiata sia la buccia del frutto che le pale (cladodi) della pianta, ricche di proprietà cicatrizzanti e lenitive, adatte anche a diverse preparazioni in cucina.

Si utilizza anche il fiore essiccato per la preparazione di infusi depurativi, così come i semi da cui deriva uno degli oli più pregiati al mondo e impiegato principalmente in ambito cosmetico.

Molino Braga S.r.L. Via Ponte Rosso, 34/11 - 25020 Dello (BS) Italia | Tel. +39 030 9770782 E-mail: farine@molinobraga.it | www.molinobraga.eu 21-25 Gennaio 2023 Da 160 anni, un sogno di Farina.
Christmas
Merry

Nella pancia del Vulcano...

L’

Etna è una destinazione perfetta per ogni momento dell’anno e in ogni stagione è in grado di offrire gusti e profumi unici. Lo sanno bene i ristoratori nella zona, che amano valorizzare i prodotti locali, sia restando nel

perimetro della tradizione, sia sperimentando. E, una volta riempita la pancia, non resta poi che sbizzarrirsi nella scelta del luogo giusto per riposare, rilassarsi e ricaricare le batterie. Ecco la nostra selezione.

TAORMINA

TAORMINA

ETNA

CATANIA
La Fucina di Vulcano Ristorante Coria
Sapio Grand
Esperia Palace Hotel Relais
Donna
Zash country boutique hotel
Principe
Cerami
St. George La Capinera Ernesto
Hotel Faraglioni
San Giuliano
Carmela Resort
Shalai Resort Grand Hotel Timeo La Plage Resort

Grand Hotel Timeo Un rifugio siciliano a Taormina

Un hotel, una leggenda. Stiamo parlando del Grand Hotel Timeo a Taormina (Me), del Gruppo Belmond. Situato sulle colline rocciose della costa orientale della Sicilia, con il monte Etna come sfondo, il Timeo è da tempo la destinazione preferita dalle star internazionali più glamour: Audrey Hepburn, Marcello Mastroianni ed Elizabeth Taylor, solo per citarne alcuni, sono stati tra gli ospiti che si sono lasciati stregare dalla sua bellezza.

Al suo interno il ristorante Otto Geleng, una stella Michelin (entrato recentemente a far parte delle Krug Ambassade): solamente “otto” i tavoli, incorniciati in un terrazzo fio-

rito di buganvillee e affacciati su Taormina, baia di Naxos e sull’Etna. In cucina lo chef Roberto Toro propone un menu capace di raccontare la sua Sicilia con molte interpretazioni personali.

Costruito nel 1873 in una splendida posizione adiacente al Teatro Greco, l'hotel è all’interno di un parco di sei acri, con giardini che circondano una piscina panoramica. È famoso per la sua terrazza, anch'essa panoramica, che da decenni rappresenta il punto d'incontro preferito di ospiti illustri. Una navetta gratuita conduce gli ospiti a Taormina Mare dove, nell’appartata baia di Mazzarò, è situato l’hotel partner, Villa Sant'Andrea, che si affaccia sul mare. Gli ospiti di entrambi gli hotel possono usufruire di tutti gli eccezionali servizi offerti dalle due strutture.

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Al Timeo si può scegliete tra 46 camere e 24 suite, la maggior parte con terrazza o balcone con una vista mozzafiato sulla costa. L'arredamento evoca lo stile tradizionale siciliano con una miscela affascinante di eleganza e comfort. Oltre che al Timeo, gli ospiti possono soggiornare a Villa Flora, una casa di campagna a soli 50 metri di distanza.

Otto Geleng, esperienza culinaria unica

Cenare da Otto Geleng è un’esperienza unica. Padrone di casa Roberto Toro, executive chef del Grand Hotel Timeo, ambasciatore della cultura gastronomica italiana, nonché un grande sostenitore dei valori incarnati dalla dieta mediterranea. La sua filosofia di cucina è influenzata dalle memorie di bambino e dai giorni

trascorsi in cucina con la sua famiglia: «Quando si ha a disposizione un’ottima materia prima non serve snaturare gli ingredienti: basta saperli accompagnare bene esaltandoli nel giusto modo».

Otto Geleng è stato lanciato da Grand Hotel Timeo in occasione dei suoi 145 anni di attività. Aperto nel 2018 come ristorante gourmet, solo un anno più tardi ottiene la prima stella Michelin. Questo luogo esclusivo è accessibile solo a cena e per un massimo di 16 commensali, delineandosi come la scelta d’elezione per momenti unici. L’esperienza è pregiata perché rappresenta un motivo di viaggio a sé, fruibile sia agli ospiti dell’hotel sia a quei viaggiatori esigenti che erigono la Sicilia a meta regina dell’estate.

Lo chef Toro ha studiato un menu capace di raccontare la sua Sicilia, con molte

interpretazioni personali. Vincono la tradizione, ma in chiave moderna, e l’esaltazione delle migliori materie prime che la terra offre.

Più di 400 etichette di vini sono disponibili per accompagnare questo viaggio gastronomico, con eccellenze autoctone, nazionali e francesi, e molte chicche di piccoli produttori locali suggerite dalla sommelier Veronica Bonelli

La carta è completata da bevande pre e dopo pasto da sorseggiare nell’area lounge del ristorante: una selezione di cocktail, creati appositamente con ingredienti siciliani per preparare il palato all’esperienza gastronomica, e, per gli appassionati del dopo cena, distillati di pregio, come Grappa Romano Levi dalle etichette realizzate a mano prendendo spunto dai dipinti originali di Renato Missaglia.

Roberto Toro IN CUCINA

Siciliano, classe 1975, Roberto Toro è cresciuto in una famiglia contadina a Palagonia, vicino Catania. Si appassiona ai sapori del territorio fin dall’infanzia attraverso i piatti semplici ma ricchi di tradizione preparati dalle donne di casa. Dopo aver conseguito il diploma alberghiero, inizia a viaggiare e fare esperienze internazionali. In Nord Europa Roberto si confronta con nuove tradizioni culinarie, ma il suo stile rimane legato alle radici della cucina italiana e siciliana. Nel 2006 Roberto torna in Sicilia, al Grand Hotel Timeo, di cui è executive chef dal 2012. «Volevo tornare a casa e alle mie radici mediterranee per costruire qualcosa di importante nella mia terra».

La chiave del suo successo sta nella riscoperta della cucina siciliana nella sua semplicità. «La nostra terra vanta prodotti straordinari e quando si ha a disposizione un’ottima materia prima non serve snaturare gli ingredienti: basta saperli accompagnare bene esaltandoli nel giusto modo», dice Roberto.

La cucina di Roberto si basa sull’equilibrio e l’armonia tra sapori semplici e prodotti genuini e la sua filosofia di cucina è influenzata dalle memorie di bambino e dai giorni trascorsi in cucina con la sua famiglia. I suoi piatti richiamano i colori, gli odori e i sapori della sua infanziale arance rosse coltivate dal padre, l’odore del pane fresco fatto in casa da sua madre e la salsa di pomodoro preparata dalla nonna.

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E per finire, infusi e tè digestivi con prodotti locali e biologici selezionati dal Museo dell’Erboristeria di Catania, e caffè preparato con l’antica caffettiera a sifone.

Otto Geleng è un omaggio al pittore tedesco che per primo vide in Taormina una meta di alto livello turistico. Primo ospite di casa La Floresta, fu colui che convinse la famiglia ad aprire nel 1873 il Timeo, primo hotel in città.

Risotto con seppia tenerumi e polvere di mare Grand Hotel Timeo �� 0942 6270200 ��www.belmond.com
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58 CHeck-in • dicembre 2022 Principe Cerami La casa di un maestro della cucina mediterranea Lo chef Massimo Mantarro si è ripreso la stella Michelin con il suo ristorante all'interno del San Domenico Palace di Taormina. Lo abbiamo intervistato per conoscere meglio la sua cucina e i progetti futuri del locale

Lo chef Massimo Mantarro si è ripreso la stella Michelin. La notizia non è più fresca, forse era anche già nell’aria molto prima che la Guida annunciasse le new entry. Ma possiamo aggiungere, senza tema di essere smentiti, che l’autorevolezza di questo Mae stro della cucina mediterranea non si è mai sbiadita ta della sua saggezza, con la sempre più marcata consapevolezza di lavorare in un contesto unico, magico, al cospetto di pa esaggio e materie prime tali da segnare sempre nuove storie gastronomiche, di anno in anno, di stagione in stagione. E tutto, comunque, nel nome della più ele gante semplicità.

Lo abbiamo voluto intervistare, mentre il San Domenico Palace, a Four Seasons Hotel a Taormina (Me) è in pausa, in vi brante dormiveglia, mentre si eseguono alcuni lavori di ristrutturazione della Spa e mentre l’autorevole Executive Chef del Principe Cerami, figlio del territorio etneo, si prende una pausa (giustamente meri tata) ma, ne siamo certi, con l’occhio e la mente rivolti alla continua ricerca, allo studio, alla sperimentazione.

Chef, si è ripreso la stella Mi chelin. Più che una do manda, una certez za… Credo che oggi ci siano altri parame tri, altri punti

Come un quadro Arcimboldo, verdure cotte e crude secondo stagione

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questa strada, pur mantenendo naturalmente la presenza di patti a base di carne e pesce, che non possono mancare in una struttura come la nostra. Ma credo che anche la Michelin (per chiudere il discorso sulla stella) abbia cambiato rotta, vedi ad esempio l’assegnazione delle stelle verdi.

Passate le feste natalizie, c’è una nuova stagione alle porte. Programmi per affrontarla?

Continuare su questa strada. Questo periodo è stato molto arduo, abbiamo avuto una brigata nuova e personale nuovo. Qualcuno è stato mandato a casa, perché non rispondeva alla nostra filosofia. Coordinare 42 persone che compongono la

brigata non è semplice. Il primo periodo, soprattutto, è stato molto difficile. L’ultimo periodo, invece, siamo andati molto meglio. Stiamo lavorando su una squadra compatta. E secondo me sarà completa fra un anno e mezzo o due. È un aspetto fisiologico anche che qualcuno non torni. Ma in un biennio avremo certamente un quadro più completo.

In cosa si differenzia la cucina del Principe Cerami dalle altre strutture Four Seasons?

Ciò che noi facciamo è rispettare la materia prima, con una grande ricerca e senza stravolgere mai il prodotto. Questo lo si impara col tempo, con l’esperienza, con la pratica, lo capisci dopo accurate riflessioni e guardandoti indietro per capire dove si è fatto bene e dove si è fatto male. Se no, non c’è crescita. Lo trasmetto anche alla mia squadra, perché ci sia un pensiero unanime. Con la proprietà mi sento libero e mi lascia libero di esprimermi, Four Seasons tiene molto al benessere del personale. Se lavori bene, puoi fare ancora meglio. Four Seasons lavora su questa strada da sempre. A Toronto, per esempio, già al 70% si lavora sulla cucina vegetale e molte nostre strutture hanno intrapreso questa strada.

Quando avete riaperto, ha espresso la volontà di tornare ad una cucina più semplice, che le riesce sempre ai vertici. Mantiene, dunque, questo proposito? Certo, anzi: voglio accentuare questo proposito. I nostri clienti per il 90% vengono in vacanza e vogliono mangiare bene senza appesantirsi. Lo noto ovunque, vogliono stare molto più attenti in fatto di salute e partono proprio dalla tavola. Dalle

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Panella palermitana, pomodori appassiti, mozzarella di bufala

camere, ad esempio, mi arrivano richieste anche molto particolari, che rispecchiano regimi alimentari e dietetici osservati dai nostri clienti. E noi dobbiamo loro delle risposte.

Quale, tra i vostri piatti, ritiene sia più iconico e pensa che sarà mantenuto? Abbiamo avuto un piatto vegetale, “Come un quadro di Arcimboldo”, che ancora sarà presente a marzo, alla riapertura, seppure con qualche nuova sfumatura. Ogni anno, infatti, rivediamo e modifichiamo i nostri piatti. Un altro è rappresentato dagli “Spaghettoni Monte Etna”, un omaggio al nostro grande vulcano, alla cultura che esprime e alla filosofia di cucina che si sviluppa attorno ad esso, coi suoi prodotti. Cosa farà fino a marzo?

Studio, ricerca, sperimentazione di nuove ricette, ma anche un po’ di riposo, che ci vuole. E poi, iniziamo a lavorare sulla nuova carta, tra schede tecniche e menu.

Principe Cerami �� 0942 613310 ��www.principecerami.com

St. George

Le stelle di Heinz Beck brillano anche a Taormina

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In quanto a stelle Michelin, Heinz Beck  ha sicuramente pochi rivali. Nella Guida 2023 il suo palmares si è arricchito e alle tre stelle de La Pergola di Roma si è aggiunta la seconda stella per il St. George by Heinz Beck, il ristorante all'interno del lussuoso The Ashbee Hotel di Taormina, in provincia di Messina. In cucina, dall'estate 2022, lo chef Salvatore Iuliano, che da tempo collabora con Beck. Insieme propongono menu moderni e raffinati, in linea con uno dei principi cardini della proposta del cuoco tedesco: la leggerezza.

Il primo punto di forza del St. George by Heinz Beck è subito evidente ed è la sua

"casa". Il ristorante, aperto nel 2018, si trova infatti all'interno del The Ashbee Hotel, luogo storico e riferimento per l'accoglienza di alto livello a Taormina e non solo. Dal design unico ed elegante, offre in camere e suite il massimo del lusso e della privacy, con un occhio molto attento alla ristorazione.

Al St. George si affiancano, infatti, la colazione al Roof Terrace, il Pool Bar, all'ombra degli ulivi secolari, e The Ashbee Bar, ideale per un cocktail.

Tutte le proposte hanno una cosa in comune: la vista. Se all'interno della sala del St. George domina un'atmosfera elegante, con un tocco "british" e una straordinaria attenzione al dettaglio, nella sta-

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gione calda il modo migliore per godersi l'offerta gastronomica di Beck e Iuliano è in terrazza, accanto alla piscina a sfiore e al lussureggiante giardino. Lì gli occhi non saranno rapiti soltanto dai piatti, ma dall'impareggiabile vista sul mare, che arriva fino allo Stretto di Messina.

Stagione e territorio nel menu degustazione

namento di vini. Si posso assaggiare Ricciola marinata, variazione di pomodori, levistico, cipolla oppure Scampo, zucca, cavolo, nocciola. Spaghetti, gambero, melanzana alla brace, pomodoro ossidato, menta, ma anche Bottoni ripieni di maialino dei Nebrodi, sedano, mela, gel di cipolla alla genovese, tuma persa. Triglia, funghi al fieno, sedano rapa ossidato o Agnello in crosta di olive nere, carote, ravanello in carpione.

George by Heinz Beck

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St.
La proposta gastronomica del St. George si muove intorno a due principi cardine: territorio e stagionalità. Nei menu degustazione, cha cambiano in base al periodo dell'anno, c'è la costante valorizzazione dei prodotti locali e il mare gioca un ruolo fondamentale. Iuliano riesce a mantenere il dettame della leggerezza tipica di Heinz Beck e lo fa muovendosi in perfetto equilibrio tra proposte creative e "conservative". Si può scegliere di cenare alla carta oppure optando per i menu degustazione, con 5 o 7 portate e abbi�� 0942 23537 ��www.theashbeehotel.it
CHeck-in • dicembre 2022 65 Forniture per hotellerie, ristorazione e catering. Via Don Lorenzo Milani, 1 24050 Zanica (BG) – Italy Strada Privata Gaspare Bugatti, 13 20144 Milano (MI) – Italy (SOLO SU APPUNTAMENTO) Tel.: 035.670299 mail: info@ros.bergamo.it www.ros.bergamo.it

La ResortPlageTaormina Vista mozzafiato e ottima cucina

La Plage

Risotto zafferano, gambero e limone

La Plage Resort si trova a Taormina (Me), famosa cittadina sulla costa orientale della Sicilia, a metà strada fra Messina e Catania. Immerso in un vero e proprio paradiso naturale di fronte all’Isola Bella, il resort gode di una vista impareggiabile sul mare e sull’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa (3.323 metri di altezza). Nota anche come la Perla del Mediterraneo, l’Isola Bella deve il suo nome al barone tedesco, Wilhelm von Gloeden, che ne decantò lo straordinario fascino rendendola famosa in tutto il mondo. Nel 1990 l'isola è stata poi messa all'asta e acquistata dall'Assessorato dei Beni Culturali, sino ad essere istituita riserva naturale, gestita dal Wwf, nel 1998.

La Plage Resort ha cambiato proprietà e gestione alla fine del 2007, anno in cui è entrato a far parte di Ragosta Hotels Collection, per poi essere riaperto a maggio 2010 a seguito di un’imponente ristruttu-

razione. La Plage è stato realizzato secondo i dettami di un accurato design e utilizzando materiali nel pieno rispetto dell’ambiente, così da renderlo un tutt’uno con la fauna e la flora locali. La location, il paesaggio naturalistico senza eguali, la calda accoglienza riservata agli ospiti, un centro benessere all’avanguardia e il servizio attento e qualificato, fanno di questo resort un luogo esclusivo dove trascorrere indimenticabili soggiorni di puro piacere, scegliendo fra i graziosi bungalow privati, situati nella secolare pineta del parco marino, o le spaziose camere adatte a soddisfare qualsiasi esigenza e ideali anche per le famiglie.

La filosofia

La Plage Resort racchiude perfettamente nella sua struttura la filosofia Define your Lifestyle del gruppo Ragosta Hotels Collection che vuole regalare ai propri ospiti un’esperienza indimentica-

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bile di soggiorno, puntando sull’eccellenza dell’ospitalità alberghiera e delle sue componenti: design delle camere, gastronomia, benessere e aree comuni.

La Plage Resort rappresenta un modo di vivere ben definito, rivolto a tutti quegli ospiti che alla vita chiedono il meglio anche durante un viaggio: unicità, importanza e storia di una destinazione.

Massima attenzione all’enogastronomia

Il resort è anche una meta ideale per scoprire le caratteristiche della cucina siciliana e mediterranea, la cui regia è affidata allo chef Giovanni Puglisi. Il percorso culinario del “Fusion” inizia dalla terra di Sicilia e dai suoi sapori, perfettamente “fusi” con la tradizione medi-

terranea. La sensibilità e le sensazioni della cucina sono focalizzate nel “sapore dell’eleganza”. Un’atmosfera moderna e d’impatto e una cucina chic, rendono un pranzo o una cena al Fusion, una vera e propria esperienza dei sensi.

Il Beach Bar si trova, invece, sulla spiaggia de La Plage Resort ed è perfetto per una sosta di piacere a diretto contatto con la brezza marina, gustando squisiti ice cream, frullati di frutta e cocktail.

Il benessere al centro

La Plage Resort, grazie al suo centro fitness all’avanguardia e al suo centro benessere dove è possibile sperimentare tutte le virtù dell’aroma-cosmesi, è l’indirizzo giusto per una totale rigenerazione psico-fisica.

Le ExPure Spa di Ragosta Hotels Collection rappresentano una nuova firma del benessere per i trattamenti e programmi Define Your Lifestyle che includono l’uso di particolari e speciali prodotti. La spa de La Plage Resort è dotata di: bagno turco, docce emozionali, maxi hydro, area relax e cabine massaggi.

Location da sogno anche per eventi e congressi

Non solo relax. La Plage Resort rappresenta anche il contesto ideale per organizzare conferenze, meeting, viaggi di lavoro e piccoli seminari. Il centro congressi offre due sale meeting che possono ospitare fino a 200 persone e sono tutte attrezzate con sistemi audio-video di base. L’ambiente circostante, calmo e tranquillo, assicura un’atmosfera perfetta

per eventi, discussioni e attività di gruppo inframmezzati da piacevoli momenti di relax. Senza dimenticare i matrimoni da sogno fronte mare con vista e spiaggia privata che rendono il resort meta molto richiesta sia dagli italiani sia dagli stranieri.

Plage Resort

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��www.ragostahotels.com
0942626095

La Capinera Ogni giorno in tavola il meglio della Sicilia

La Capinera, come l’uccello da cui trae nome e ispirazione, si trasforma e si evolve. Dal 2003 il ristorante, una stella Michelin, affacciato sulla spiaggia di Spisone a Taormina (Me), è la casa dello chef Pietro D’Agostino: è qui che da anni esprime tutte le ricchezze di una cucina siciliana con una creatività intelligente e innovativa. Lo chef inventa giornalmente piatti di grande armonia: vivaci eppure essenziali, ricchi di tradizione ma moderni, pensati e voluti secondo il quasi “religioso” rispetto delle stagioni della terra e del mare.

Un intenso restyling e un nuovo design della mise en place caratterizzano oggi il ristorante stellato: tavoli rovere massello lavorati da sapienti artigiani, inserti di

maioliche di Scicli e luci dal caldo sapore retrò che s'inseriscono nel quadro naturale tutto blu e bianco in cui la Capinera è nata.

Le materie prime sono semplicemente eccellenti: lo chef mette la firma, e cuore, anche selezionando personalmente i migliori sapori siciliani, gli stessi utilizzati nella sua cucina, da gustare dentro il locale o da portare a casa.

Nasce così, e con lo spirito che abbraccia ricercatezza e semplicità, la proposta di prodotti con l’etichetta che porta il suo nome: "Io Pietro D’Agostino", una linea di prodotti che esprime il suo mondo; è l’essenza del lavoro fatto insieme ad appassionati produttori che, come lui, esprimono ogni giorno il loro amore per l’isola e per i suoi splendidi e unici prodotti.

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CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO Filetto di San Pietro

Il menu ispirato ai quattro elementi naturali

Ma torniamo alla cucina de La Capinera. Dai quattro elementi che generano la vita, D’Agostino riprende il racconto della sua cucina. Il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra sono diventati per lo stellato il paradigma attraverso il quale creare nove nuovi piatti che si aggiungono ai vecchi must in un menu

La cucina di D’Agostino ha una forte impronta territoriale, legata ai cicli stagionali, in cui l’elemento “terra” si delinea sempre più come rifugio, appartenenza, radici. Ma è anche “liquida”, essenziale e contemporanea in un racconto dove il pesce è indubbiamente un caposaldo. Inaspettato ma vero, nei menu de La Capinera ci sono anche tanti piatti di carne, quelli in cui la potenza del “fuoco” viene domata da tecniche di cottura morbide e centrate. I sapori intensi sono ottenuti attraverso un

EASY GOURMET

Kistè

Kistè è l’ultima creatura della stella Michelin taorminese, un nuovo contenitore gastronomico nel cuore di Taormina, caratterizzato da cucina essenziale che mette in evidenza la straordinaria bontà di ingredienti esclusivamente prodotti in Sicilia. Una cucina d’autore, ricercata ma senza troppi fronzoli, con una formula easy gourmet.

Il nome Kistè è un omaggio alle origini greche della città, oggi crocevia di mode e tendenze internazionali, ma è soprattutto ispirato alla presenza all’interno dei locali, in Via Santa Maria De’ Greci, di due enormi cisterne di epoca romana intercomunicanti e ispezionabili. Kistè, un luogo suggestivo, una casa privata della famiglia Cipolla del Quattrocento, dichiarata monumento nazionale per il suo interesse storico e artistico, raro esempio di stile tardo Rinascimento siciliano, dove ogni dettaglio è stato curato per un’accoglienza semplice ed elegante. www.kiste.it

sapiente uso del fuoco che anima ed esalta gli ingredienti che ne sanno reggere la forza. E infine, anche l’elemento della forza rinnovatrice, “l’aria”, si insinua nei fornelli del cuoco. È intesa come connessione “sostenibile” con l’ambiente e come “esperienza” attraverso il viaggio e “contaminazione” con altre culture.

«È grazie ai viaggi che molti dei miei piatti fortemente isolani assumono una netta allure internazionale e moderna - commenta D’Agostino - trasformando ed evolvendo il mio modo di essere sostenibile per scelta». Così, sono nati nove piatti per questa stagione, inseriti in due proposte di menu degustazione. In Fuoco e Terra, composto da nove portate, ci sono gli agnolotti in salsa di crostacei, «un vero e proprio must - sottolinea D’Agostino - che nella mia cucina ho scomposto e ricomposto mille

volte, mettendo a nudo le materie prime, per un piatto essenziale e riconoscibile in ogni suo singolo ingrediente, giocando con un po’ di creatività». Un piatto che dai tradizionali spaghetti ai frutti di mare cui si ispira, inverte l’ordine dei fattori: la polpa di crostacei la ritroviamo all’interno della pasta, mentre all’esterno solo un leggero e gustoso condimento. Il tocco finale è dato dal finocchietto selvatico, presente come nella ricetta tradizionale, ma sotto altra consistenza, in un infuso essenziale, spruzzato a fine preparazione. Nuova ricetta anche per i tagliolini neri tirati a mano con rosso di Mazara, zucchine e ricci di mare. Qui il gioco del cuoco è rappresentato dalle diverse consistenze degli ingredienti: la pasta, spessa e callosa incontra la morbidezza del gambero e la delicatezza dei ricci, entrambe avvolte dalla croccantezza della mollica “atturrata”.

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Lombatina di agnello con cavolfiori, broccoli e patate

Il menu Mare e Aria è composto da sei portate di mare. «Amo cucinare il pesce, si sacommenta il cuoco - la mia sfida è lasciare ogni singolo sapore inalterato al palato, mi piace giocare solo un po’ sugli abbinamenti con gli ortaggi, ma per il resto è un piatto schietto». Un filetto di pescato di fondale del giorno è un piatto straordinariamente semplice, condito con una salsa squisita alle nocciole e bieta, verdure croccanti e una chips di riso allo zafferano.

«Cucinare in maniera consapevole significa rispettare le materie prime, valorizzandole in ogni fase, dalla produzione alla conservazione fino alla loro trasformazione finale, attraverso un metodo di cottura ideale che ne conservi gusto e proprietà La cottura è intesa come celebrazione di un ingrediente», spiega lo chef. Seducente al gusto, dal tocco leggermente frivolo,

è la nuova pietanza di calamari ripieni con pane, mortadella, pomodoro di salsa allo zafferano.

E naturalmente, non possono mancare le novità anche nella carta dei dessert. Una vera prelibatezza, il nuovo semifreddo al torroncino croccante in salsa al cioccolato e rum.

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La Capinera ��
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338
www.pietrodagostino.it

Shalai Boutique hotel dove brilla la stella Michelin

Guardarsi intorno e ogni giorno godere di un territorio appassionato e vero. Questa è la fortuna più grande di essere siciliani e vivere in Sicilia. L’Etna, il mare, le bellezze paesaggistiche e monumentali, la natura, la grandezza dei luoghi e di chi li rende veri sono requisiti che fanno battere il cuore! Shalai, nel cuore del centro storico del paesino di Linguaglossa, alle pendici dell’Etna, in provincia di Cata-

nia assolve alla rappresentazione di questa magia. Shalai è un boutique hotel con 13 stanze, prestigiose e suite. Ha al proprio interno l’omonimo ristorante stella Michelin, la cui cucina è firmata da Giovanni Santoro e ancora un ricercato e armonioso centro benessere.

Proprietaria dell’edificio, in passato residenza nobiliare risalente all’800, è la famiglia Pennisi, rappresentata dai cugini Luciano Pennisi, Leonardo Pennisi, Maria

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Concetta Pennisi, Lucia Papa e Rosario Pennisi che hanno attuato la filosofia di famiglia: «Questi luoghi sono come una calamita, attirano e avvolgono. Shalai è al centro della scena, uno sguardo rivolto verso ‘A Muntagna, l’altro verso il mare, in mezzo ci siamo noi che vi aspettiamo per trasmettervi il senso dell’accoglienza in Sicilia!». Un progetto che ha visto, sin dal primo giorno dal maggio del 2009 in cucina Santoro, con cui nel 2015 è stata conquistata la stella Michelin, di anno in anno riconfermata sino ad oggi.

Boutique hotel dal sapore contemporaneo

Shalai sorge in un’antica dimora dall’identità ottocentesca in passato residenza signorile, oggi boutique hotel dal sapore contemporaneo, la cui progettazione è stata affidata dalla famiglia Pennisi agli architetti Lucia Papa

e Paola Mariotto. L’edificio si trova nel cuore pulsante del comune montano di Linguaglossa (Ct), lontano da occhi indiscreti, in un dedalo di stradine, al termine del quale appare con tutta la sua maestosità ed imponenza, quasi da togliere il fiato.

Tanti i tratti “nobili” che sono in evidenza, dal prospetto esterno fino all’interno dei locali. Già nell’angolo bar, al pian terreno, da ammirare ci sono le mattonelle originarie ottocentesche. Salendo al piano superiore, alla sommità delle scale vi si aprirà innanzi il bellissimo salone le cui volte sono finemente affrescate. La stessa magia si coglie nei soffitti di alcune suite che travolgono per bellezza e gusto. All’interno si respirano eleganza, vita, silenzio, accoglienza, una ricercatezza mai ostentata, scandita anche da piccole accortezze, come nelle profumazioni ambientali e nel set di cortesia che troverete nelle stanze, realizzati con fragranze appositamente create per Shalai.

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foto del servizio Stefano Butturini

Camere e suite sono piccoli scrigni diversificati. Ciascuna ha propria identità e carattere. Ognuna di esse è il capitolo di una storia ultradecennale, scandita dall’assoluta e genuina volontà della famiglia Pennisi di accogliere i propri ospiti in un luogo magico, dove il tempo ha un incedere lento e l’armonia regna sovrana.

In estate, soprattutto, è meraviglioso trascorrere qualche minuto nel piccolo giardino interno, godendo del solo cinguettio degli uccellini e del senso di rilassatezza che vi pervaderà. Attraverso questo spazio esterno, potrete accedere al centro benessere, la cui atmosfera, l’eleganza e la professionalità del personale vi trascineranno in una dimensione di benessere sublime. Oltre ai trattamenti, avrete a disposizione una grande vasca idromassaggio, la sauna

A punta di coltello

e il bagno turco. Personale altamente qualificato è a disposizione degli ospiti. È stata anche realizzata un’apposita sala per ritemprarsi con centrifughe e tisane aromatiche.

Shalai è un’esperienza così corroborante da far perdere a chiunque la cognizione del tempo e dello spazio, immersi in luoghi che hanno una storia antica, un sapore contemporaneo, un gusto ricercato, un’identità romantica e un sorriso che vi avvolgerà.

Il menu, elegante con un tocco ironico

Elegante, in parte ironico, legato al territorio dell’Etna che guarda con benevolenza il mare, intuitivo e calmierante, con alcune contaminazioni nipponiche e radici

ben salde. Questo e tanto ancora altro è il nuovo menu che è stato “scritto”, è proprio il caso di dirlo, da Santoro. Era stato semplicemente chiesto, allo chef, un restyling per rendere il menu sempre attuale e in linea con le evoluzioni e la pianificazione di ciò che rappresenta il costante flusso dei giorni. Santoro ha fatto molto di più, spiazzando la proprietà, rappresentata dalla famiglia Pennisi, stordendo la brigata di sala e affascinando gli ospiti. Lo chef ha quasi azzerato il menu precedente, mantenendo appena un paio di piatti che rimangono i must per eccellenza di Shalai, e ha proposto tutti piatti inediti. Passaggi epocali! Solitamente, queste decisioni in un ristorante stellato vengono considerate tali!

Il nuovo menu è un crescendo di sensazioni che stupiscono e coinvolgono, in un continuo alternarsi tra pesce e carne, e anche piatti esclusivamente vegetariani. Anche nelle ricette è valorizzata la posizione baricentrica che Shalai geograficamente vive, nell’equa distanza tra il mare e ‘A Muntagna

In modo molto più affinato, in questo nuovo menu, c’è una ricerca rigorosa e di cuore compiuta sulla materia prima che in modo alternato, come si fosse sul palco di un teatro, entra ed esce di scena, mantenendo il ruolo da protagonista indiscussa e prestando il fianco allo chef e alla sua vena creativa. Il fil rouge che lega ciascun piatto è la presenza di note agrumate, tra emulsioni e confetture, definendo il gusto e lasciando in calce la firma di Giovanni Santoro e del-

Risotto di montagna Giovanni Santoro

la famiglia Pennisi, punto di riferimento nel territorio di appartenenza nell’ambito della ristorazione e dell’accoglienza.

Ciascun piatto rilascia vita propria. Tutti insieme dialogano in sintonia, soprattutto nei menu degustazione proposti, in cui lo chef Santoro vi prenderà, idealmente, per mano e vi farà conoscere luoghi, anfratti, piccole nicchie dove risiedono il gusto, la passione, l’armonia, la singolarità e l’unicità che raccontano, in istantanee, la splendida terra di Sicilia!

In cantina l’inno alla Sicilia

L’altro elemento determinante, oltre ad una sala attenta e ad un personale accorto che vi farà sentire a casa vostra, è la cantina. Un luogo magico e ricco di referenze veramente selezionate. Centinaia e centinaia le bottiglie che raccontano e celebrano la Sicilia e la viticoltura etnea fiorente e molto ricca in zona

Numerose anche le bottiglie di champagne tra le maison nazionali ed internazio-

nali più ricercate per farvi divertire a tavola, esaltare ulteriormente i piatti che vi proporrà la cucina e godervi il momento magico ed intenso, come è giusto che sia.

La cantina è stata strutturata, anno dopo anno, cercando di inserire referenze che diano una visione di insieme del top oggi presente sul mercato e anche alcune chicche per intenditori che hanno voglia di sognare!

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Shalai
�� 095 643128 ��www.shalai.it
Resort
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Zash, rifugio mediterraneo per il benessere contemporaneo

Lasciarsi avvolgere dalla natura, da odori densi e sfuggenti, per allontanarsi dal quotidiano. Zash è la natura profonda di un suono, quello dell'aria tra le foglie, è un suono come i tanti infiniti suoni che solo il vivere in campagna permettere di percepire e godere. Ma soprattutto è riscoprire il tempo di vivere un'altra dimensione, partendo dalla cosa più originaria: i suoni istintivi e reconditi della natura. Questo è il mondo Zash, un country boutique hotel a Riposto (Ct), dove i frammenti storici incontrano il gusto contemporaneo.

Il resort ha 17 camere per un soggiorno limited edition living. Quattro camere sono le camere in casa, distribuite al primo piano dell’antica casa padronale, caratterizzate da alti tetti a volta, godono tutte di enormi finestroni, che si affacciano sull’Etna da una parte, e sul mar Ionio dall’altra. Il candore degli ambienti, protagonista as-

soluto di ogni stanza, voluto per esaltare il paesaggio, è una scelta progettuale che si declina anche sugli arredi, tutti “sartoriali” e site specific, per il massimo comfort degli ospiti. Doghe in legno di rovere per i pavimenti, grandi lastre di pietra lavica per i rivestimenti, accompagnati da elementi di design contemporaneo, sono le uniche addizioni a questi spazi ricchi di storia.

CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO Giuseppe Raciti

Tre camere si trovano negli spazi che in passato erano dedicati alla conservazione del vino: la bottaia. L’azione progettuale è stata compiuta mediante l’inserimento di volumi bianchi che racchiudono al loro interno intime camere da letto, in cui la pulizia delle pareti e dei pavimenti in resina bianca contrasta nettamente con le murature preesistenti realizzate con pietra lavica faccia vista che, abilmente restaurata e illuminata, fa rivivere al visitatore il fascino della storia ma da una prospettiva contemporanea.

Tre camere sono completamente immerse nel verde della campagna. Grandi vetrate fanno sì che le pareti di queste stanze siano gli alberi dell’agrumeto circostanti. Un sapore lievemente più rupestre ma molto contemporaneo contraddistingue questi ambienti, dominati da cromie grigie che annunciano la materica presenza

della pietra lavica, usata per rivestire dalla vasca da bagno fino alla testata del letto. Un rifugio remoto e raffinato.

Ci sono poi tre nuove camere per continuare a dialogare con la natura del luogo. Quella che un tempo era la casa del custode oggi si trasforma in un’altra area per gli ospiti. Tutte con grandi vetrate che si aprono sul verde del giardino privato e a pochi passi dalla piscina, giocano tra passato e presente e la storia dell’architettura rurale anche stavolta diventa design.

Non mancano quattro private pool villas immerse totalmente nel verde di Zash con piccola piscina privata. È questa la nuova proposta luxury country stay. Qui la sfida è quella di integrare il massimo comfort con la volontà di riportare gli spazi dell’ospitalità alla loro più originale natura: far percepire il luogo in modo autentico rega-

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lando privacy e unicità. Le 2 pool villas & spa, con sauna e bagno turco in camera, sono concepite per ricreare una piccola spa nell’intimità del proprio rifugio.

Il ristorante una stella Michelin

Basole di pietra lavica levigate dall’usura del tempo, sequenza maestosa di volte a crociera fatte di calce e pietra pomice: è questa l’atmosfera dove un tempo si pigiava il vino e che oggi si offre all’ospite per il suggestivo ristorante. In questo scenario lo chef Giuseppe Raciti, membro di Euro-Toque Italia, e la sua brigata creano nuove storie culinarie, in quel connubio unico e irreperibile fatto di creatività, tradizione e territorio. Il giovane chef Giuseppe Raciti ha già al suo attivo importanti riconoscimenti come Miglior chef under 30 Sud Italia, ma soprattutto per 2 volte in gara per la finale italiana del Bocuse D’Or, il concorso di cucina più importante del mondo. È una storia intensa quella dello chef, che, prima di approdare da Zash, inizia fin da giovanissimo il suo tour alla corte di diversi stellati in Italia e all’estero, ed oggi conquista la sua stella Michelin.

La natura entra nella spa

Dentro la Natura di Zash c'è la natura di Zash: un rifugio mediterraneo per il benessere contemporaneo. Qui nulla è lasciato al caso: la pietra della piscina è quella lavica dell'Etna. I piedi nudi sfiorano l'acqua e sentono il legno, mentre il caldo tepore degli spazi riservati incontra gli aromi mediterranei. In questo rifugio inti-

mo e privato la combinazione di influssi mediterranei e vulcanici rende unico e naturale il relax. Sauna, bagno turco, doccia emozionale, cabina massaggio e piscina con bolle d’aria per regalare autentici momenti di benessere.

Zash country boutique hotel & Spa �� 095 7828932 ��www.zash.it

Donna Carmela Un giardino dell'Eden ai piedi dell'Etna

Tra il mar Ionio e l’Etna sorge Donna Carmela, una villa padronale di fine ‘800 a Carruba di Riposto (Ct), circondata da giardini rigogliosi che si affaccia su un vivaio di piante mediterranee e subtropicali. Una sintesi di ospitalità siciliana, piacere conviviale e antico otium, per restituire un'esperienza autentica godendo di una natura incontaminata a pochi passi dal mare e dalle ricchezze uniche del territorio. Il resort nasce dal desiderio di permettere ai propri ospiti di disporre di comfort ed eleganza in un

ambiente originale dove un sapiente restauro ha saputo coniugare personalità e rispetto di elementi architettonici legati alla storia dell’edificio e del luogo.

Ogni spazio è circondato da vegetazione mediterranea e non solo, e cela angoli di relax e privacy. I cortili in pietra lavica e ciottoli di fiume, l'antica cisterna, la piscina circondata dagli ulivi secolari, le zone lounge dislocate nel verde, la riservata sala lettura, gli ampi saloni e la familiare sala da pranzo: tutto è pensato e realizzato per un soggiorno unico, ricco di tradizione

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Elemento caratterizzante è la presenza di giardini, che si susseguono negli spazi del resort creando un dialogo continuo tra ambienti interni ed esterni, permettendo di vivere un soggiorno in armonia con la natura.

Tra suite ed ecolodge

Donna Carmela dispone di 18 suite circondate da giardini che contano più di 5mila varietà di cespugli e fiori che diffondono profumi siciliani di agrumi e gelsomini, e da cui si può godere di suggestivi panorami incontaminati sospesi nel tempo.

A queste si aggiungono otto ecolodge realizzati nel rispetto dei dettami della bioarchitettura grazie all’impiego di pannelli solari termici, a una coibentazione naturale e a tetti piani ventilati, immersi nella “giungla” mediterranea e rivolti verso il mare blu della Sicilia, per un soggiorno davvero fuori dall’ordinario.

Dal 2021 il Donna Carmela resort fa parte della famiglia di Small Luxury Hotels of the world, il brand di affiliazione internazionale che raccoglie intorno a sé alcuni dei più lussuosi piccoli hotel e resort indipendenti nel mondo con cui si condivide la stessa filosofia di accoglienza.

La cucina secondo natura di Piergiorgio Alecci

La cucina di Donna Carmela è il regno del giovane cuoco Piergiorgio Alecci che qui sperimenta sapori a chilometro zero potendo contare su un orto e un frutteto curati dalla famiglia Faro, vivaisti da oltre 50 anni, che hanno dato vita a un vero giardino dell’Eden dove oltre a verdure, piante edibili, erbe officinali e frutta, si trovano anche varietà esotiche che, grazie al micro-clima unico dato dalla convivenza millenaria dell’Etna e del mar Ionio, crescono in maniera rigogliosa. «Quella che oggi è una tendenza nelle cucine dei più grandi cuochi - foraggiarsi solo dai propri ortiqui è un’abitudine, un ininterrotto richiamo alla vita contadina che da sempre cucina secondo natura» spiega il cuoco.

Il risultato è una proposta gastronomica che rende omaggio alla cucina del territorio e a quella di “casa”, vera e autentica, esaltata dalla curiosità di Alecci che esplora combinazioni insolite di ingredienti e tecniche di cottura capaci di rivelare

sapori pieni e decisi, sempre in equilibrio tra il gusto di materie prime genuine e la ricerca di prodotti antichi e dimenticati che tornano a nuova vita con la sua inventiva che nei piatti racconta un vero e proprio viaggio al centro della terra.

La cucina di Donna Carmela propone un menu Come natura, declinato tre volte l’anno in base alla stagionalità dei prodotti. All’interno di questo è possibile assaggiare piatti speciali come le Alici croccanti sul mar Rosso, in cui al primo boccone si rivela il “Primo Sale” siciliano, abbinamento insolito per ammorbidire i sapori salini e lasciare spazio al gusto mediterraneo di olive e pomodori oppure le Caserecce tradizionali accompagnate da gamberi, verdure di campagna e la Tuma persa dei contadini, un formaggio antico per secoli scomparso dall’isola, ma riportato in vita nel 1930. La consistenza pastosa unita a un gusto erboso, rendono la tuma il perfetto completamento per questo piatto dai sentori di campagna, ricordandoci le origini di questo luogo.

Tra gli speciali merita una nota anche La nostra Etna, tributo a “La Muntagna”, interpretazione creativa del cannolo siciliano alla maniera di Alecci, con una spuma di ricotta e crumble di limoni. Si passa poi a declinazioni speciali del menu per viaggiare insieme al cuo-

La nostra Etna

co tra presente e passato della sua terra, riscoprendo storie millenarie e sapori migranti che vengono da lontano ma che in Sicilia hanno potuto mettere radici come ben racconta il Sarago, mandorle, verdure amara, dushy allo yuzu, un viaggio tra il Mediterraneo e l’oriente, un omaggio anche a Venerando Faro che in tempi lontani, consapevole delle capacità generose della sua terra, cominciò a piantare semi esotici, come lo yuzu, il celebre agrume cinese che oggi cresce anche nei vivai Faro.

La cucina è completata poi da un’attenta selezione di vini tra cui spiccano quelli di Pietradolce, virtuosa cantina ai piedi dell’Etna della famiglia Faro che porta avanti un progetto basato sulla valorizzazione esclusiva di varietà autoctone di vigneti: Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Carricante. Le vigne, in gran parte costituite da piante pre-phylloxera tra i 90 e i 130 anni di età, sono coltivate con

metodi biologici senza l’impiego di pesticidi o insetticidi e si presentano nella classica forma ad "alberello”, caratteristica del paesaggio viticolo etneo, nel rispetto dell’ecosistema locale.

Accanto alle esperienze della cucina, gli ospiti possono godere di golose proposte fresche anche nel giardino grazie al Sintesi, una terrazza immersa nel verde vicino alla piscina. Sempre aperto il Rizo Bar, regno di Giuseppe Costanzo esperto barman che propone signature drink come Donna Amara e Citrange Lemon sour, per personalizzare con un tocco siciliano i cocktail in lista.

Immersione nel verde al Parco Botanico Radicepura

Il Parco Botanico Radicepura, a pochi minuti dal resort, offre agli ospiti un’esperienza fuori dal comune, passeggiando tra

giardini permanenti e installazioni create da alcuni tra i più importanti paesaggisti italiani e non, fino alla piccola collezione d’arte ospitata dalla Fondazione Radicepura. Un’occasione per entrare in contatto con il mondo della famiglia Faro che in questo parco racchiude la propria storia di vivaisti e promuove la cultura del paesaggio mediterraneo attraverso rassegne, eventi, mostre e infine il Festival Radicepura, Biennale del paesaggio mediterraneo. Donna Carmela

90 CHeck-in • dicembre 2022
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095 809383
www.donnacarmela.com

Napule è mille culure

Mille colori e mille sapori legano la storia di Napoli a quella del nostro Mulino. Una storia fatta di passione, generosità e rispetto della tradizione.

l m u lin o di N apoli

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mulinocaputo.it @mulinocaputo
Esperia Palace Buon gusto ed eleganza tra le colline dell’Etna L'hotel 5 stelle si trova a Zafferana Etnea, sulla pendice est del vulcano in un territorio che si dipana tra il mare, la collina, e la montagna. Da non perdere il ristorante Sabir di Seby Sorbello Il riccio sullo scoglio
Seby Sorbello

La struttura è considerata una “tappa obbligata” per chi va alla piacevole scoperta dell’Etna. La considera tale la stampa di settore, la consigliano e la “taggano” con ammirazione i cultori dei viaggi all’insegna del relax e del buon gusto e perfino molti personaggi del mondo dello spettacolo, cantanti, attori, artisti ad ogni loro soggiorno si sentono come a casa. Alcuni nomi? Da Al bano a Gino Paoli, da Francesco Gabbani a Bruno Vespa, da Renzo Arbore a Rita Pavone, a Massimo Lopez, Cristiano De André, Red Ronnie…

Scriviamo dell’affascinante “Parco dei Principi” di Zafferana Etnea (Ct), al cui interno sono incastonati, gemme preziose

tra verdi sentieri, vegetazione tipica del vulcano e pietra lavica, l’Esperia Palace Hotel 5 stelle e il ristorante Sabir.

A nascere per primo, nel 1991, è stato proprio il Parco dei Principi, sorto alle falde dell’Etna come ristorante e sala per eventi. Un vero e proprio laboratorio del buon gusto, dove già traspariva tutto l’amore per l’accoglienza e la ristorazione che ha sempre contraddistinto la famiglia Sorbello, proprietaria della struttura, oggi tra le più rinomate della Sicilia. Motori infaticabili di questo sogno, infatti, sono stati e sono tutt’oggi la professoressa Enza Cutuli, per trent’anni stimata e apprezzata docente di Tecnica di ricevimento all’Istituto alberghiero della vicina Giarre (CT), e il figlio, lo chef Seby Sorbello, membro di Euro-Toques Italia, alla prestigiosa guida del Sabir, patron delle cinque cucine e della pasticceria presenti all’interno del Par-

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di Antonio Iacona CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO

co dei Principi e oggi apprezzato maestro nella sublime arte del catering e del banqueting, con il suo “Seby Sorbello Cooking Out”. Ristorante, ospitalità e catering di alto livello

Ma procediamo con ordine nel racconto di questo sogno diventato realtà. Eravamo rimasti al 1991, con l’apertura del “semplice” ristorante. Passeranno vent’anni, all’insegna di successi, di organizzazione di eventi e di una crescita professionale costante, quando, nel maggio del 2011, dopo due anni di costruzione, sorge all’ingresso di Zafferana l’Esperia Palace Hotel. Enza e Seby sono ormai pronti per portare avanti i loro obiettivi: creare una ristorazione di alto livello che si coniughi con un’offerta turistica di pregio ed eleganza

Tutto questo senza dimenticare l’altra loro grande passione: l’organizzazione di eventi, sempre più grandi, sempre più di spessore nazionale e internazionale. Uno su tutti: le tante edizioni di Cibo Nostrum, la grande festa della cucina italiana, allestita dapprima con una decina di chef stellati guidati da Seby Sorbello e poi presa come esempio dei grandi eventi targati Federazione italiana cuochi, di cui lo chef fa parte e in cui ha sempre creduto, ricoprendo importanti incarichi dirigenziali, come gli otto anni trascorsi alla guida di Fic Promotion, il settore commerciale di Federcuochi.

Oggi l’Esperia Palace Hotel conta 42 camere, di cui 12 deluxe, 5 junior, 23 superior e 2 bellissime suite. Ciascuna di esse, da qualunque angolazione, offre uno sguardo su paesaggi incantati: di qua, la calma distesa d’acqua del Mediterraneo,

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con le carezze del mare Jonio lungo la costa; di là, la nera pietra lavica, che abbraccia l’hotel alternandosi a piante e fiori tipici del vulcano.

Percorsi emozionali nella spa

Spa e centro benessere sono i locali più frequentati e richiesti in hotel, soprattutto dopo l’arrivo delle novità legate ai percorsi emozionali con l’utilizzo di prodotti del territorio, fragranze del vulcano, riscoperta del miele, valorizzazione dell’uva e delle sue foglie, e molto altro. A questa offerta, si aggiunge un'accogliente piscina coperta, mentre il centro congressi e numerose sale polifunzionali fanno dell’Esperia un punto di riferimento dell’accoglienza non solo turistica, ma anche congressuale e lavorativa

I “vulcanici” padroni di casa

«La forza della nostra struttura dipende in gran parte dal territorio che viviamo da sempre, l’Etna, e in gran parte dal nostro carattere, che abbiamo ereditato dal territorio stesso - dice Enza Cutuli, lei stessa vulcano di idee, di progetti e di sogni realizzati - Ho sempre avuto la passione per i progetti di ristorazione e per l’accoglienza turistica, derivata e coltivata naturalmente anche con il mio lavoro di docente di Istituti alberghieri. Una passione che sono riuscita a trasmettere a mio figlio Seby, che oggi sta dimostrando quanto sia grande in lui l’amore per la cucina, con solide radici nella cultura enogastronomica siciliana, mediterranea e, soprattutto, del vulcano».

Non è la prima volta, infatti, che sia Enza sia Seby vengono definiti “vulcanici”, di tempra e di carattere. Lo dimostrano an-

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che nel grande amore che trasmettono alla loro famiglia, che si completa con papà Nino Sorbello, marito di Enza, instancabile lavoratore dietro le quinte della struttura, con il piccolo Lorenzo, figlio dello chef Seby e di Marilena Sanzone, e con quest’ultima, presenza preziosa al Sabir e responsabile delle pubbliche relazioni negli eventi del “Seby Sorbello Cooking Out”.

«Siamo riusciti - aggiunge l’imprenditrice Cutuli - a imboccare da tempo la strada del turismo destagionalizzato. Le presenze, infatti, nella nostra struttura sono di vario tipo: si va dai vacanzieri del nord Italia che amano l’Etna in estate ai turisti stranieri che prenotano per vivere al meglio la stagione autunnale, fino alle coppie e alle famiglie che scelgono il nostro hotel tutto l’anno per trascorrere piacevoli

Il crudo di pesce autunnale

momenti di relax, grazie alle tante nostre offerte. In tutto ciò, giocano un ruolo fondamentale le forti attrattive del territorio circostante».

Un’accoglienza, quella proposta dall’Esperia Palace Hotel, resa ancor più gradevole dalla presenza di personale altamente qualificato, uno staff in grado di far sentire gli ospiti come a casa loro e al centro di un territorio unico.

Il ristorante Sabir e il patron Seby Sorbello

Il suo motto è sempre stato: «Il cuoco non inventa, ma crea attraverso la sapienza e la conoscenza…». E nel tempo, fedele a sé stesso e alla sua idea di cucina, raffinata e

curata nei minimi dettagli, lo ha dimostrato. Seby Sorbello lo scettro di chef Ambasciatore del vulcano Etna se l’è conquistato un passo alla volta, con la tenacia e la passione che lo contraddistinguono, sin dalla sua adolescenza. Una passione nata nella cucina di casa e che egli ha coltivato a prescindere da tutte le altre attività.

Le sue espressioni più alte sono, infatti, quelle legate al Mare Nostrum! Ricette come il Gambero rosso di Mazara, tartufo dell’Etna e fonduta di Ragusano Dop sono ormai un “cavallo di battaglia” del Sabir da diversi anni, un elegante biglietto da visita gastronomico che dà il benvenuto agli ospiti, proiettandoli in una sublime dimensione della cucina siciliana. È da qui che comincia il loro percorso di degustazione che li porterà verso emozioni sempre più ampie, fatte di Spaghettone con sugo di ricciola e “muddica atturata” o ancora di Dentice con cremoso alle erbette, torta di patate con julienne di zucchine e cioccolato bianco. Si odono i canti del mare, un boccone dietro l’altro, si risvegliano le antiche tradizioni dell’Isola, ma con i suoni della contemporaneità. Altri piatti e ricette i aggiungono al risveglio dell’estasi gastronomica, portando i sapori delle colline circostanti, tra l’Etna e i vicini Nebrodi.

Piatti a chilometri illimitati

«Ho sempre considerato i miei piatti a chilometri illimitati - dice Seby Sorbello a Check-In - perché sono convinto che le radici profonde della nostra cultura gastronomica isolana debbano costantemente dialogare con ingredienti di altre prestigio-

se zone e regioni d’Italia e, perché no, del resto del mondo. Da qui, la mia continua sperimentazione di piatti dove l’armonia tra i sapori deve essere al pari di una grande orchestra, che ha più voci ma è come se fosse unica».

�� 095 7082335 ��www.esperiapalace.com
Gambero rosso di Mazara, Ragusano Dop e tartufo dell’Etna Hotel Esperia Palace
98 CHeck-in • dicembre 2022 Al Grand Hotel Faraglioni, lungo il sentiero di miti e leggende L'hotel 4 stelle è divenuto a pochi anni dal suo restauro e recupero punto di riferimento per soggiorni all’insegna del relax e del buon gusto. Fiore all'occhiello la cucina fine dining di Simone Strano

Proprio quest’anno si celebra il centenario della morte del grande scrittore verista catanese Giovanni Verga (1840 - 1922). La città di Catania lo ha celebrato, e continuerà a farlo fino alla fine dell’anno, con eventi culturali, convegni e incontri accademici, mentre nei teatri della città si ripropongono e vanno in scena opere tratte dalla sua fervida penna.

Una delle piazze più importanti e celebri del capoluogo etneo porta il suo nome, quella piazza Giovanni Verga dove non sorge soltanto il Tribunale di Catania, ma anche l’imponente Fontana dei Malavoglia, dello scultore Carmelo Mendola, che ritrae mirabilmente il momento tragico del naufragio della Provvidenza, la barca appunto dei

Malavoglia, dal celebre omonimo romanzo dello scrittore. Ecco, chi giunge a Catania per scoprire la sua cultura, i suoi gusti, le sue tradizioni, non si può esimere dal compiere un viaggio lungo il sentiero del mito e della letteratura che questa parte di Sicilia ha suscitato e suscita ancora. E proprio sul sentiero del mito, nella vicina Aci Trezza, frazione di Aci Castello, a pochi chilometri dall’aeroporto e da Catania, sorgono e brillano le 4 stelle del Grand Hotel “Faraglioni”, divenuto a pochi anni dal suo restauro e recupero punto di riferimento per soggiorni all’insegna del relax e del buon gusto.

Situato sulla via Lungomare dei Ciclopi, proprio dinanzi ai Faraglioni, il Grand Hotel consta oggi di 50 camere doppie/matri-

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di Antonio Iacona
Albergo elegante, suggestivo e… gourmet
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moniali (16 classic, 15 superior, 16 superior vista mare, 3 deluxe). Tutte le camere sono con doccia e le 3 deluxe, oltre alla doccia, vantano anche la vasca con idromassaggio.

Sono numerosi gli angoli e i contesti, eleganti e suggestivi, dove potere rilassarsi e ritrovare il piacere di una vacanza: dal Bar Itaca, con le prelibate e tradizionali proposte da colazione e da primo pomeriggio, al Fararaglioni Restaurant, che propone la cucina fine dining dello chef con la Coppola Simone Strano, coadiuvato in sala dal sommelier Filippo Mangano, che cura nei dettagli la ricca carta dei vini, e dal maître Giuseppe Cusimano, dalla lunga esperienza maturata in grand hotel all’estero, prima di fare ritorno nella sua Isola.

Angolo delizioso anche la Terrazza Lounge Itaca, con il suo american bar e le

proposte cocktail del bartender, da sorseggiare contemplando il mare Jonio. Un angolo di paradiso siciliano, a cui si lega la novità del Canto delle Sirene, con la cucina d’acqua salata sempre dello chef Simone Strano, proposta nella terrazza al primo piano.

E, per chi senza il mare non può proprio vivere, la grande novità del 2023 che possiamo svelare sarà Salsedine, la piattaforma solarium con accesso direttamente tra le onde joniche e il servizio di light meal e beach bar con dj.

Meta ideale anche per il business

Ma il Grand Hotel “Faraglioni”, pur mantenendo la sua aura da sogno, si propone anche con ottimo punto di riferimento per il turismo congressuale e come importante “sede di lavoro” e convegnisti-

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ca, con la sua ampia sala meeting con platea da 90 posti, con i 40 posti disposti a “ferro di cavallo” e infine con postazioni a banchi da 48 posti e cabaret da 45 posti. Inoltre, sono già tante le famiglie che in questi ultimi anni lo hanno riscoperto anche come gradevolissima sede per i loro banchetti e ricevimenti.

Calamaro alla Norma su spuma di ricotta salata e basilico Il maître Giuseppe Cusimano, il cuoco Simone Strano e il sommelier Filippo Mangano Grand Hotel Faraglioni ��095 277463 ��www.grandhotelfaraglioni.com

Ristorante Coria La memoria della cucina siciliana

Il Ristorante Coria a Caltagirone (Ct), una stella Michelin, comincia da una storia di amicizia, di stima, di sfida con se stessi, di lungimiranza e di ideali, ma anche per mantenere saldo il rappor-

to con il territorio siciliano, rispettando il magnifico e profondo lavoro di ricerca e conservazione della tradizione della cucina siciliana portato avanti dal colonnello Giuseppe Coria, a cui il ristorante è dedicato, come omaggio all’autore del libro Profumi di Sicilia che è stato a tutti

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CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO Il Ristorante Coria nasce dal sogno di Francesco Patti e Domenico Colonnetta nel centro storico di Caltagirone. È dedicato al colonnello Giuseppe Coria, autore del libro Profumi di Sicilia
Coniglio mangia e bevi, salsa di carote e zenzero e verdurine in agrodolce.

gli effetti un maestro per tantissime generazioni di chef.

Era il 2008 quando un giovanissimo appena ventiquattrenne Francesco Patti e il collega e amico Domenico Colonnetta, tre anni più grande di lui, decidono di aprire un ristorante tutto loro, Coria, appunto, a Caltagirone, nel cuore del centro storico del comune calatino, noto per i suoi pregiati manufatti in ceramica artigianale.

Una location unica nel cuore della città

Il Ristorante Coria sorge nel centro di Caltagirone distante pochi metri dall’imponente scalinata di Santa Maria del Monte che conferisce quella bellezza senza tempo dal fascino inconfondibile dei 142 gradini interamente decorati con cerami-

che policrome a cui hanno lavorato artigiani del posto specializzati in maioliche. Ovunque la bellezza è disarmante e si respira quell’aria di storia dei siti a cui è stato conferito il riconoscimento Unesco per il loro meraviglioso patrimonio monumentale barocco.

Coria al cospetto di tutto ciò ha respirato l’arte, ha incamerato bellezza, ha vissuto il principio dell’artigianalità e dello “sporcarsi” le mani affondandole nella creta, modellandola, creando meraviglie uniche. Inevitabili queste contaminazioni che giungono dalle peculiarità del territorio.

Questa contaminazione ha investito Francesco Patti e Domenico Colonnetta che hanno “respirato” l’armonia del fatto a mano, modellando anche il loro stile in cucina. Così l’aria nobile dei luoghi ricrea all’interno di Coria quell’atmosfera senza tempo

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Domenico Colonnetta e Francesco Patti

Pizza tonno e cipolla, estratto di pomodoro, marmellata di cipolle e olive nere

che sublima e cattura l’attenzione per un percorso tutto da scoprire e custodire!

La filosofia di cucina e di sala

«Abbiamo preso “in prestito” i cunti della tradizione siciliana, abbiamo attinto a ricette e curiosità magistralmente raccontate dal colonnello Giuseppe Coria, abbiamo scritto più volte la nostra storia basandoci sulle certezze che avevamo e scoprendo luoghi inesplorati che sono stati la nostra sfida, oggi Coria ha quell’identità riconosciuta già nel 2011 anche da La Rossa che ci gratifica immensamentecontinuano gli chef - pranzo e cena da Coria li abbiamo sempre immaginati come la possibilità di staccare dal mondo e ritagliarsi uno spazio di pieno relax all’interno di una sala elegante ma informale, dove il piacere della tavola e del buon bere deve essere ciò che si ricerca».

Tra la sala e la cucina c’è una parete con una bella finestra a vista dove poter se-

guire movimenti, sguardi, attimi di vita di cucina tra gli chef Colonnetta e Patti insieme alla loro brigata. Un modo anche immediato e piacevole di comunicare con i ragazzi e le ragazze di sala sempre pronti alle esigenze dell’ospite. «L’eleganza di un luogo - sostengono Patti e Colonnetta - risiede in quell’atmosfera alcune volte magica che si crea quasi inavvertitamente e diventa il leit motiv di un pasto, di un incontro, di un percorso di degustazione, di un viaggio misto a mistero che vi farà scoprire sapori ancestrali, sfumature di gusto impercettibili, nuance velata da cromaticità ricercate… ma tutto in modo assolutamente naturale ed espresso, come fosse un’immagine che si scopre al vostro cospetto!».

Il nuovo menu

«In carta abbiamo tre menu degustazione. Ragione con sette portate. Effetto con nove portate. Equilibrio con cinque portate che diventa interamente ed esclusi-

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vamente vegetariano - spiegano gli chef - Una scelta di pancia compiuta seguendo l’istinto e la richiesta, immaginando che un menu interamente vegetariano sia una bellissima tavola con ciò che la natura ci racconta ogni giorno, seguendo le stagioni, le evoluzioni, cogliendo i racconti di campagna, dando un valore al lavoro duro e costante di chi nella terra ha trovato la sua ragione di vita nel secolo scorso come oggi. I piatti cambiano sistematicamente, non solo per seguire la stagionalità dei prodotti, ma anche per creare effervescenza e nuovi incanti da poter raccontare».

Così anche i piatti considerati must non rimangono mai invariati, hanno sempre quella ventata di novità generata dall’estro e dalla ricerca che Francesco e Domenico non si stancano mai di compiere.

La memoria della cucina siciliana è il loro punto di partenza, poi le esperienze che vivono diventano archetipi di gusto da

raccontare a modo loro, snocciolando in questo modo storie di tutti i giorni e anche di quelli passati, mantenendo sempre punti fermi. Uno per tutti, le cotture di carne e pesce, ad esempio, sono sempre fatte al carbone, e mai in griglia o padella. Un metodo che hanno affinato e che serve a custodire gusti, odori, consistenze, memoria. Ristorante Coria

0933 26596

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www.ristorantecoria.it

La Fucina di Vulcano Emozioni antiche e gusti moderni

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C’ è un altro angolo privilegiato da cui godere della vista dell’Etna, e non solo. Per continuare a scoprire i suoi sapori, i suoi colori e i suoi profumi. Un angolo meraviglioso e suggestivo in tutte le stagioni, ciascuna con la propria identità e con il proprio fascino. È la parte occidentale del vulcano, quella adiacente alla storica città di Bronte (Ct), anch’essa ricca di arte e di leggende. È qui, a pochi chilometri di distanza, in Contrada Difesa, che sorge La Fucina di Vulcano, ristorante e hotel il cui progetto è nato nel 2014 già con radici profonde, che affondano in una grande passione.

È quella della titolare e fondatrice di questo luogo incantevole, la giovane imprenditrice Irene Foti. È proprio in quell’anno che Irene (in realtà farmacista, ma con

una grande attrazione per il mondo della ristorazione e dell’accoglienza) incontra colui che diventerà l’attuale executive chef del suo locale, Sandro Rinaldo Chiù.

Ed è così che già l’anno dopo, a poca distanza dall’inaugurazione, i due decidono di ristrutturare il locale, per dare sia al ristorante che all’hotel l’attuale conformazione, caratterizzata da un design elegante, moderno ed accogliente, che tiene sempre conto, da qualunque angolazione, di Sua Maestà l’Etna, proprio dinanzi a sé!

In tavola inno al territorio

Un vero gioiello, insomma, della gastronomia e dell’accoglienza, in cui il vulcano si racconta senza più segreti, a cominciare dalla tavola. I piatti, infatti, a La Fucina di Vulcano rappresentano il territorio stesso, con ampio uso, ad esempio, del pistacchio di Bronte, del maialino locale,

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CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO Irene Foti con l’executive chef Sandro Rinaldo Chiù

cucina locale, certamente, ma molto creativa e saporita, gourmet e mediterranea, in un ambiente estremamente moderno. Qualche citazione gustosa, che si può trovare in carta? Da provare assolutamente la Guancia di vitello glassata al miele con

con sauna all’interno.

«Il nostro - spiega Irene Foti, che ci tiene a parlare sempre al plurale, per trasmettere ancora di più il senso della squadra - rappresenta un progetto in continua evoluzio-

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ne. L’intera brigata di sala ha frequentato corsi di sommelier e di specializzazione, per offrire un servizio quanto più completo possibile al cliente, che viene a trovarci perché vuole scoprire sapori nuovi e giusti abbinamenti. Inizialmente abbiamo indirizzato la nostra cantina solo ai vini dell’Etna, ma oggi è in fase di ampliamento verso etichette nazionali e qualche bio. Anche l’estero è rappresentato, con la Francia e qualche Icewine».

È inutile precisarlo, però: qui il vulcano domina non solo paesaggisticamente, ma anche enologicamente. E perché mai, aggiungiamo noi, non dovrebbe essere così, specialmente in un momento in cui l’Etna enoica sta conquistando il mondo? E poi, l’anima vuole la sua parte e il vino aiuta la meditazione.

Le vetrate del locale con vista sull’Etna, infatti, regalano emozioni uniche, come il giardino usato moltissimo in estate. Siamo a mille metri di altezza. La Circumetnea, il trenino storico che parte da Catania, passa accanto alla struttura, per il saluto tradizio-

nale, prima di scomparire tra rocce laviche e pistacchieti. Il prossimo anno la struttura si doterà anche di una infinity pool e la piscina guarderà, indovinate chi? Proprio Lei, l’Etna!

«Ho fatto anche un orto di biodiversitàconclude Foti - la cui filosofia non è semplicemente quella di recuperare i prodotti persi, ma anche di avere prodotti poco conosciuti». Un motivo in più per tornare tutte le volte che vogliamo, per restare anche noi incantati dalla maestosità della Muntagna…

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La Fucina di Vulcano ��095 693730 ��www.fucinadivulcano.it
110 CHeck-in • dicembre 2022 Relais San Giuliano Eleganza e storia condite dalla cucina di Gaetano Procopio Un affascinante boutique hotel a Viagrande, ricavato da una dimora storica nel cuore dell’Etna tra natura e cultura. Il giovane cuoco è l'abile direttore d’orchestra del ristorante interno, I Palici

Il Relais San Giuliano sorge in uno degli angoli più eleganti dell’Etna, in una antica villa padronale a Viagrande (Ct), recuperata rispettando l’identità del territorio, la sua cultura e le sue tradizioni. Un rispetto che si traduce anche nelle attività che offre questo lussuoso boutique hotel, con piscina, spa e camere che accolgono gli ospiti secondo il più gradevole comfort.

L’edificio, con la sua corte interna e gli appartamenti tutt’intorno, era un’antica residenza di campagna già nel ‘700. Apparteneva ai Marchesi di Sangiuliano e già all’epoca era stata concepita come Palmento, dove sorgevano la grande bottaia, la casa del massaro, la carretteria e le stalle. Tutto ruotava attorno alle vigne e al tempo scandito dal vino e dalla vendemmia. Grande lavoro per i contadini e grande relax per i nobili, che trascorrevano qui soprattutto i mesi più caldi dell’anno.

Cucina attenta e ricercata

È al Relais San Giuliano che oggi si può ritrovare l’antica armonia della Muntagna, come i catanesi chiamano da sempre l’Etna, con il valore aggiunto di una cucina attenta e ricercata: quella del giovane executive chef Gaetano Procopio, abile direttore d’orchestra del ristorante interno, I Palici.

La sua cucina si incastona perfettamente in tale contesto. Le sue radici profonde,

che prendono vita grazie al suo legame con la Sicilia, si traducono in piatti colti e raffinati, che non rinnegano, anzi esaltano l’origine catanese del giovane cuoco.

Tra le novità proposte, il nuovo Carrello di vegetali come insolita entrée, in realtà il companatico di una volta, ma servito in chiave vegetale: ricotta di mandorla, prosciutto di zucca, mortadella di cavolo trunzo, salame di verdure, formaggio a crosta fiorita di mandorle e giardiniera di pala di ficodindia. Tra i secondi, il cuoco ripropone la classica passeggiata in via Plebiscito, storica strada di Catania, servendo agli ospiti Punta di petto di cavallo, ketchup al barbecue, acqua di ricotta salata e una cipolla alla brace laccata con umami di cipolla.

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Al posto di pasta e cavolo, poi, un Raviolo del plin di segale ismana e spuma, cotta con acqua di cavolo. Poco meno di un migliaio le etichette della curatissima cantina, che propone l’isola ma anche aziende italiane e internazionali.

E poi, c’è lui: il Cavolo trunzo di Aci, presidio Slow Food, a cui il cuoco dedica gran parte della sua attenzione in cucina. Un ingrediente che era già tra i suoi cavalli di battaglia e che gli ha consentito nel tempo di studiare e progettare almeno una quarantina di ricette. È possibile trovarlo in carta a I Palici, in diverse versioni.

Ad accompagnare il ristorante, completando la note nobile gastronomica del Relais San Giuliano, infine, è il lounge bar Palmento del Serra, concepito per coccolare i palati degli ospiti prima e dopo il pranzo o la cena. È il cuore stesso del vecchio palmento, dove avveniva la vinificazione e dove sorgeva il torchio ed è

qui che il bartender propone i suoi drink e cocktail agli ospiti della struttura. Grazie alle peculiari caratteristiche del clima e del terreno, l’Etna vanta un’importante e variegata produzione vitivinicola.

Ai cultori del buon vino la cantina del San Giuliano propone, con oltre 150 etichette, l’intensa esperienza di una degustazione di vini pregiati del territorio etneo e siciliano con interessanti fuori programma nazionali e internazionali.

Benessere ai piedi dell’Etna

Oltre alla ristorazione, spicca anche il benessere nella incantevole spa. Completa di tutti i comfort la spa Sabbia Nera accoglie nella sua rilassante atmosfera per restituire vigore, bellezza e benessere. A disposizione diversi trattamenti pensati con la vasca idromassaggio, la sauna, la doccia emozionale e altre innovative dota-

zioni. Trattamenti viso corpo con prodotti naturali massaggi drenanti, tonificanti, anti-stress aiutano a recuperare l’equilibrio psicofisico durante il soggiorno.

L’esclusivo uso di preparati di produzione naturale come oli essenziali, cera d’api, creme vegetali, argille, sabbie cosmetiche e uno staff qualificato consente al centro benessere del San Giuliano di proporre vari trattamenti per recuperare bellezza, forma fisica e salute.

Beauty Treatment con diversi percorsi rigeneranti per il corpo, il viso e l’equilibrio psicofisico sono a disposizione degli ospiti come, ad esempio, trattamenti viso-corpo idratante, esfoliante, rivitalizzante, trattamenti con argilla e con sabbie naturali dell’Etna, massaggio rilassante, sauna, doccia emozionale, bagno aroma-

tico. Le biologiche Tisane rilassanti, depurative, energizzanti, infine, scandiscono ogni attimo di un benessere ritrovato.

Relais San Giuliano

www.relais-sangiuliano.it

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095 9891671

Nei piatti del Sapio la storia di Ingiulla

Ricordi, incontri, sapori. Questo si trova al Sapio, nei piatti di Alessandro Ingiulla, giovane chef del ristorante di via Messina, a Catania, una stella Michelin. Ed è lui stesso, in poche parole, a fotografare al meglio la sua idea di cucina: «Cucinare, per me, è sentire il richiamo della mia terra e dei luoghi in

cui sono cresciuto. Sono la mia fonte di ispirazione in quell’incontro costante tra “a Muntagna”, l’Etna, che dall’alto guarda il mare, in un perfetto gioco delle parti».

Il risultato di questa visione è, appunto, il Sapio, nato nel dicembre 2016 e stellato dal novembre 2018. Un ristorante nelle cui sale si percepisce la cura del dettaglio e si respira eleganza e raffinatezza, che arrivano poi nel piatto. Ricette semplici e una ricerca meticolosa della materia

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prima, che si concretizza nell'orto di famiglia, una vera e propria filiera biologica con coltivazioni stagionali e varietà autoctone, fatte crescere ai piedi dell'Etna: mela gelato cola, pere spinelli, ciliegie, mandorle, fichi d'india e gli uliveti.

Abbiamo intervistato Alessandro Ingiulla, per scoprire qualcosa di più sul sul suo modo di intendere la cucina e conoscere le sue idee per il futuro.

Grande soddisfazione per la conferma della stella. Ma non è tutto! La conferma è ogni giorno, con la propria clientela?

La conferma della stella è stata una notizia che abbiamo accolto con grande gioia, si tratta pur sempre di un importante riconoscimento sia per il ristorante in sé e per sé che per la città di Catania. Io dico sempre che la stella non è solo per me, ma per tutti i catanesi. Peraltro, a monte, c'è sicuramente la soddisfazione di vede-

re chi, ogni giorno, si siede ai nostri tavoli per provare i nostri percorsi degustazione e si alza con un sorriso.

Quali novità gastronomiche, e non solo, (se ci sono) sono previste con l'arrivo del nuovo anno?

Stiamo lavorando a dei nuovi piatti da inserire nei menu del 2023, ad oggi possiamo solamente dire che punteremo a valorizzare sempre di più i prodotti del nostro orto.

Contaminazioni, riscoperta dei sapori tradizionali, nuove ricerche? Dove va la cucina italiana e, in particolare, quella siciliana?

Dove va la cucina italiana? Beh, sicuramente non si può dire che siamo arrivati ad un punto di arrivo, al più ad una nuova partenza. Ognuno cerca di portare un messaggio sempre più chiaro, creare un percorso, un piatto è sempre più associa-

Alessandro Ingiulla

to alla volontà di mandare un messaggio. E lo stesso vale per la Sicilia. Il trend più in voga riguarda sicuramente l'aspetto green della cucina, fa piacere vedere sempre più colleghi che prestano attenzione per quanto riguarda l'offrire un piatto capace di essere sia buono sia sostenibile. A riprova di ciò, basta vedere il boom di stelle verdi quest'anno.

Cucina e vino: in Sicilia è un progresso paritario o presentano discrepanze?

Secondo me è corretto definirlo un progresso paritario. Penso, da un lato, al fatto che quest'anno la guida Michelin non solo ha confermato tutte le stelle in Sicilia, ma ne ha anche assegnate di nuove, valorizzando soprattutto il coraggio di tanti giovani come me che si sono messi in gioco e stanno finalmente raccogliendo i frutti del loro lavoro. Dall'altro, certamente anche il vino sta avendo il suo exploit: faccio un esempio su tutti, l'Etna, i cui vini ormai si possono trovare nelle carte di diversi ristoranti sia fuori dalla Sicilia che fuori dall'Italia.

Cosa c'è nel futuro di Ingiulla? Progetti che possiamo svelare?

Nel mio futuro c'è sicuramente la mia azienda agricola. Ogni mattina mi reco personalmente in campagna per controllare il mio orto, orto da cui riforniamo la nostra dispensa (sia frutta che verdura). Per esempio, stiamo portando avanti la produzione di due prodotti: il nostro olio extravergine d'oliva, con le nostre olive di varietà nocellara etnea, e le nostre confetture.

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Sapio �� 095 0975016 ��www.sapiorestaurant.it
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Allo storico Bar Ernesto di Catania i gelati e le granite… gourmet

Gli ultimi riconoscimenti ricevuti, in ordine cronologico, sono stati la nomina a “Cavaliere del gelato” da parte dell’Associazione italiana gelatieri e il Premio “Mondo Donna 2022” per l’enogastronomia, ricevuto da Comune e Pro Loco di Capo d’Orlando (Me). E poi ci

sono altri traguardi prestigiosi da citare, come l’essere stata qualche anno fa l’unica donna selezionata in Sicilia per partecipare alla semifinale del Gelato Festival World Masters. Lei è Serena Urzì, giovane chef glacier catanese che sta letteralmente bruciando le tappe, registrando un successo dopo l’altro. Anche se (ed è lei la prima ad ammetterlo!) le più grandi soddisfazioni sono quelle che arrivano dal pubblico.

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Serena Urzì

Sono, infatti, migliaia ogni anno i clienti e gli avventori che raggiungono lo storico Bar Ernesto, rinomata caffetteria e gelateria sul lungomare di Catania, per godersi una pausa rilassante all’insegna del buon gusto. Il bar è lì da sempre, da quando è nato tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, dove per una decina d’anni il papà di Serena ha lavorato come dipendente, per poi rilevarlo e diventarne il titolare. Ed è qui che l’allora piccola Serena Urzì ha mosso i primi passi nel laboratorio, tra gelati e pasticcini, che assieme alla tipica tavola calda catanese facevano (e fanno) letteralmente impazzire gastronomicamente etnei e non, turisti e siciliani.

Originalissimi i gusti

Volete alcuni gustosi esempi di quanto scriviamo? Eccoli qui… Partiamo proprio da un gusto autunnale, con il Gelato alle Rame di Napoli, i famosi biscotti catanesi consumati nel periodo di tutti i Santi e dei Defunti. Bene, Serena Urzì è riuscita a realizzare una versione “gelato” di questa

storica ricetta, andata a ruba già l’anno scorso, quando la propose. Si registrarono anche scene di clienti che si recavano al Bar Ernesto con l’articolo di giornale ritagliato, chiedendo proprio quel gusto di cui si parlava tanto in città!

La granita… gourmet

E se, tra una preparazione e l’altra, è riuscita a dimostrare con una degustazione tecnica che il gelato può tranquillamente essere assaporato “scientificamente”, come si fa con il vino, non possiamo non citare, infine, alcune delle preparazioni fatte per esaltare un’altra produzione tipica e storica del territorio: la granita! È della scorsa estate, infatti, il gradevole incontro che la chef glacier ha organizzato con il supporto dell’amica panificatrice Valeria Messina, oggi tra le più apprezzate panificatrici in città. “Grani e granite all’ombra dell’Etna” è stato il tema dell’appuntamento gastronomico, tra la vegetazione elegante del Corthé, locale sito nel cuore di Catania, dove le due professioniste

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Gelato al panettone

hanno fatto degustare, alla stampa e ad un pubblico selezionato, cotanta prelibatezza: una Granita al pistacchio siciliano e fiori di gelsomino con pane integrale di Russello e Timilia. Una Granita al limone dell’Etna Igp e finocchietto selvatico con chips di pane integrale con semi di zucca, girasole e lino. Una Granita al cioccolato di Modica Igp 70% con pane semintegrale di Maiorca e Perciasacchi con frutta secca. Una Granita alla ricotta di pecora con pane integrale di Maiorca e segale con cioccolato e scorze d’arancia. Ed ancora, una Granita alle fragoline di bosco di Maletto e Syrah “leggermente appassito” con pane semintegrale di miscuglio evolutivo. Ed infine, una Granita alle fave fresche con crostini di farro semintegrale.

L’idea era ed è infatti quella di riscoprire la vecchia cara abitudine tipica della colazione catanese, cioè quella di consumare le granite non con l’oggi famosa brioche col tuppo, bensì accompagnata con il pane. Insomma, crediamo che di materiale ce ne sia davvero tanto per scrivere, ancora una volta, nuove pagine della storia gastronomica, anche dolce e “gelata”, della bella Sicilia…

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Bar Ernesto ��095 491680 ��www.fb.com/ernestogelateria
Gelato alle Rame di Napoli
CHeck-in • dicembre 2022 121 IMPORT EXPORT INGROSSO ORTOFRUTTICOLO

Restaurant Week Proseguono le cene con le eccellenze lombarde

CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO da 4 portate - antipasto, primo, secondo, dessert - realizzate con tre diverse stagionature di Grana Padano DOP: 12, 18 e oltre 20 mesi. In abbinamento alle portate e alle diverse stagionature di Grana Padano DOP, saranno servite diverse tipologie di vini lombardi di qualità selezionati da Ascovilo.

redici ristoranti di alto livello sono diventati testimonial degli abbinamenti d’eccellenza tra Grana Padano DOP e i vini lombardi di qualità promossi da Ascovilo (Associazione dei Consorzi dei Vini Lombardi). Questo l’obiettivo del progetto Finanziato dall’Unione Europea intitolato “Eccellenze europee del gusto (www.borntobetogether.eu) Nati per stareL'elenco completo degli appuntamenti

con fonduta di Grana Padano DOP oltre 20 mesi Raviolo aperto, gambero rosso di Mazara pancettato, la sua bisque, patata e Grana Padano DOP 18 mesi

San

ttori a LaBarca IL

T L'iniziativa | Nati per stare insieme
MENU | dal 18 gennaio
Frolla di
crema
scaglie di fondente Trattoria La Barca via Achille Ratti 54 20017 Rho (Mi) ��02 9303976 ��www.trattorialabarca.com D omenico Virg ilio
Bocconcino di pescato d’altura impanato
Pietro alla parmigiana (Grana Padano DOP oltre 20 mesi)
Grana Padano DOP 12 mesi,
al caramello salato, mousse alla pera e
Ristorante Dove Data Ristorante La Sprelunga Seveso (Mb) 21 settembre Antica Cascina San Zago Salò (Bs) 28 settembre Osteria da Pietro Castiglione delle Stiviere (Mn) 11 ottobre Trattoria Masuelli San Marco Milano 19 ottobre Hotel Ristorante Il Belvedere Torno (Co) 26 ottobre Ristorante La Filanda Macherio (Mb) 02 novembre Umberto de Martino San Paolo D'Argon (Bg) 09 novembre VIVA Viviana Varese Ristorante Milano 16 novembre Tano Passami l'Olio Milano 23 novembre Ristorante Lino Pavia 30 novembre Trattoria La Barca Rho (Mi) 18 gennaio Derby Grill - Hotel de la Ville Monza 25 gennaio Castello Malvezzi Brescia 1 febbraio

Fabio Silv

Derby Grill

Viale Cesare Battisti 1 20900 Monza ��039 39421 ��www.derbygrill.it

Tuorlo d’uovo di selva in olio cottura, patata all’extravergine, spuma di Grana Padano DOP 12 mesi e tartufo nero

Riso carnaroli “Riserva San Massimo” al Grana Padano DOP 18 mesi, fichi secchi caramellati, zenzero e rognone di coniglio

Guancia di vitello alla senape in grani, Grana Padano DOP oltre 20 mesi e purea di zucca “Cascina Gallina”

Pera e Grana Padano DOP 18 mesi

erby G rill

Animelle di Vitello panate alla farina di Storo, salsa e Grana Padano DOP 12 mesi

Spaghetti al rosso peperoncino selezione “Felicetti”, aglio, olio, aria di prezzemolo, lievito essiccato e crema di Grana Padano DOP 18 mesi

Salmerino alpino con erbette e Grana Padano DOP oltre 20 mesi e purea di patate

The Fruit con crumble di cacao e Grana Padano DOP 12 mesi

Castello Malvezzi via Colle di San Giuseppe 1 25123 Brescia ��030 2004224 ��www.castellomalvezzi.com

L'iniziativa Nati per stare insieme
Cast e llo Mal
IL MENU | dal 25 gennaio IL MENU | dal 1° febbraio
a Al b e rto Riboldi
Umberto De Martino Ascovilo, Grana Padano DOP sono stati ospiti di Umberto De Martino a San Paolo d’Argon (Bg) per la cena dedicata all’abbinamento del formaggio DOP più consumato al mondo con il meglio dei vini lombardi
Alberto Lupini, Monia Remotti e Umberto De Martino

CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO con una spiccata impronta mediterranea, retaggio delle sue origini campane. Un incontro originale della tavola bergamasca con i sapori della Penisola Sorrentina. Una cucina che rende omaggio alla tradizione, rivisitata con originalità e carattere, che pone attenzione assoluta sulla materia prima e sulla stagionalità dell’ingrediente. L’obiettivo è di rispettare il prodotto, sempre, e sorprendere il palato senza snaturare l’ingrediente. Ed è qui che si è svolto il settimo appuntamento di “Nati per stare insieme (https://borntobetogether.eu):

Una location curata e lussuosa immersa nel verde e nel silenzio delle colline bergamasche. Florian Maison, una stella Michelin, si trova a breve distanza dal complesso abbaziale di San Paolo d’Argon (Bg), visibile dall’alto dalla spaziosa terrazza del locale. All’interno, la sala ha enormi vetrate che regalano alla vista il giardino curato e il verde circostante. I tavoli eleganti sono disposti con semplicità ed arricchiti da elementi di design. Alle pareti vi è inoltre una ricca selezione di quadri, una collezione che comprende opere di Brescianini, Rovato ed altri artisti locali.

Umberto De Martino (socio Euro-Toques Italia), coadiuvato dalla moglie Monia Remotti, regista di sala, propone una cucina schietta e spontanea, legata al mare e

Restaurant Week Ascovilo-Grana Padano DOP”, il progetto europeo che comprende la cena di 4 portate realizzate con le tre diverse stagionature di Grana Padano DOP in abbinamento ai vini lombardi di qualità (supportati nell’organizzazione delle attività da PG&W).

Ma prima della cena vera e propria si è svolta la masterclass dedicata ad addetti ai lavori, giornalisti e gourmand.

L'iniziativa Nati per stare insieme
Federico Bovarini, Alberto Lupini, Augusto Enrico Semprini e Umberto De Martino

Il training formativo

A moderare Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola con il contributo di Federico Bovarini (Ais), Augusto Enrico Semprini (Onaf), Grazia Mercalli (Onaf), Giovanna Prandini (presidente Ascovilo e titolare dell’Azienda Perla del Garda) e Simone Nera (Azienda Caven Camuna). Un momento in cui scopri-

re storia e caratteristiche del Grana Padano DOP nelle sue diverse stagionature e giocare con gli abbinamenti dei vini lombardi di qualità proposti nella serata. Il Grana Padano DOP 12 mesi ha note di latte, burro e panna, gusto delicato in cui affiorano leggere note vegetali; il 18 mesi più saporito ma non piccante, un aroma che ricorda il burro che diventa fuso, note appena accennate di frutta secca e frutta tropicale; infine la stagionatura oltre i 20 mesi, gusto saporito e pieno, fragrante con note più decise, intense e amplificate rispetto alle altre due stagionature.

La degustazione guidata da Federico Bovarini

“Madonna della Scoperta” Lugana Superiore DOC 2019 - Azienda Perla del Garda Questo turbiana in purezza si presenta dorato acceso. Al naso un'esplosione di profumi. Dalla frutta esotica a polpa gialla, alle belle venature speziate legate al mondo del legno come il pepe bianco e

la leggera nota di vaniglia. Si rincorrono le erbe aromatiche come la salvia e spicca la leggera tostatura di pinoli e mandorle. Degustando la pienezza di sorso è equilibrata dalla freschezza netta e piacevole. Ci racconta di un vino pronto oggi di bella beva, ma dal potenziale sicuramente eccezionale nei prossimi anni.

“Al Carmine” Valtellina Superiore DOCG

Inferno 2016 - Azienda

Caven

Il colore inconfondibile della chiavennasca di Valtellina, rosso rubino tendente al granato e dalla massa colorante scarica. Al naso piccoli frutti rossi, l’arancia sanguinella, il chiodo di garofano, l’anice, la parte di liquirizia mentolata che verte verso le spezie nere. La florealità chiude il finale del corredo aromatico. Il sorso è succoso, fresco e con una trama tannica vellutata e decisa.

“Leonatus”

Garda DOP Merlot 2016

Azienda Perla del Garda Rosso tra il rubino e porpora. Al naso non ci sono note sovramature, cotte, ma tutt’altro. Una parte ancora fresca ed erbacea, un frutto croccante, una spezia in parte pungente, sintomo di gioventù. Il sorso è verticale, muscoloso, strutturato e vigoroso. Allo stesso tempo abbiamo una grande bevibilità e una golosità non indifferente. Un vino con davanti a sé tanti anni.

La cena

Ed eccoci al momento clou della serata, la cena di quattro portate orchestrate da Umberto De Martino. Come antipasto il “Flan di Grana Padano DOP 18 mesi, zuppetta di funghi, brodo affumicato”, gusto

Flan di Grana Padano DOP 18 mesi, zuppetta di funghi, brodo affumicato

Agnolotti ripieni di guancia di vitello, spuma di Grana Padano DOP oltre 20 mesi, bietole e cavoli

rotondo e pieno, impreziosito dalla sapidità del brodo. In abbinamento il “Madonna della Scoperta” Lugana Superiore DOP 2019 dell’Azienda Perla del Garda.

Tradizione del nord anche nel primo piatto: “Agnolotti ripieni di guancia di vitello, spuma di Grana Padano DOP oltre 20 mesi, bietole e cavoli”, gusto e consistenza che ben si sposano al Nebbiolo de “Al Carmine” Valtellina Superiore DOCG Inferno 2016 dell’Azienda Caven.

E il secondo, il “Filetto di Fassona arrosto, fonduta di Grana Padano DOP oltre 20 mesi, pere al salto, pinoli tostati”, dove la dolcezza della fonduta fa da contrappunto alla succosità della carne e, a chiudere il cerchio, la dolcezza delle pere. In abbinamento il “Leonatus” Garda DOP Merlot 2016 dell’Azienda Perla del Garda.

A chiusura il dolce, questa volta di ispirazione partenopea, la “Frittella di Grana Padano DOP 12 mesi, miele d’acacia e tartufo nero”. Un ricordo di struffoli, impreziosito da una delicata grattata di tartufo.

Filetto di Fassona arrosto, fonduta di Grana Padano DOP oltre 20 mesi, pere al salto, pinoli tostati Ristorante Umberto De Martino �� 035 4254202 ��www.florianmaison.it L'iniziativa | Nati per stare insieme Frittella di Grana Padano DOP 12 mesi, miele d’acacia e tartufo nero
Ascovilo, Grana Padano DOP ospiti di Viviana Varese a Milano (1 stella Michelin) per l’8° appuntamento delle Restaurant Week. Una cena di 4 portate con abbinamenti tra il formaggio DOP e i vini lombardi di qualità L'iniziativa | Nati per stare insieme Michael Ferri, Federico Bovarini, Giovanna Prandini, Alberto Lupini, Viviana Varese, Cornelio Marini e Paolo Fabiani Viva! Viviana Varese

La brigata al completo

Melillo

Al secondo piano di Eataly Smeraldo, affacciato su Piazza XXV Aprile a Milano troviamo Viviana Varese (socia Euro-Toques Italia), chef e titolare dell’omonimo ristorante una stella Michelin, Viva Viviana Varese. L’impronta di Viviana è visibile in ogni elemento del ristorante, a partire dall’ambiente, vibrante e colorato. Dall’arredamento alla mise en place, fino alla cucina sono diverse le grandi firme che si accostano alla creatività della chef, da Riva 1920 a Giò Ponti fino a Matteo e Renzo Piano. La cucina di Viviana Varese è diretta espressione della propria personalità. È fatta di slanci ed equilibri, di

dedizione e passione, di sostanza e colore e subisce l’influenza cosmopolita, inclusiva e accogliente della città meneghina. A lavorare gomito a gomito con lei troviamo una brigata giovane e preparata che sa assecondare la sua forte personalità grazie ad un’attenta conoscenza degli ingredienti, delle preparazioni e dell’idea che c’è dentro ogni piatto

Ed è proprio qui, nelle colorate e accoglienti sale di Viva che si è tenuto l’ottavo appuntamento di “Nati per stare insieme (https:// borntobetogether.eu): Restaurant Week

Ascovilo-Grana Padano DOP”, il progetto europeo che comprende la cena di 4 portate realizzate con le tre diverse stagionature di Grana Padano DOP in abbinamento ai vini lombardi di qualità (supportati nell’organiz-

di Riccardo CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO
Nati per stare insieme
L'iniziativa

zazione delle attività da PG&W). A precedere la cena, la masterclass formativa dedicata ad addetti ai lavori, giornalisti e gourmand.

Il training formativo

Momento importante in cui degustare le diverse stagionature di Grana Padano DOP e giocare con gli abbinamenti dei vini proposti, moderato da Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola, con Federico Bovarini (Ais), Cornelio Marini (Onaf), Paolo Fabiani (Tenuta Roveglia), Giovanna Prandini (presidente Ascovilo e titolare dell’Azienda Perla del Garda) e Michael Ferri (Azienda Agricola Pratello).

Il Grana Padano DOP 12 mesi ha spiccate note lattiche, sentori di burro appena sciolto, panna e ha un gusto delicato in cui ritorna tutto il sapore del latte con leggeri sentori vegetali; il 18 mesi è più saporito ma non ancora piccante, ha un aroma che ricorda la frutta secca, il fieno e l’ananas; in-

L'iniziativa | Nati per stare insieme
Viva l’autunno | Uovo con verdure di stagione, broccolo, grano saraceno soffiato e fonduta di Grana Padano DOP 18 mesi ed erbe aromatiche

fine l’oltre 20 mesi ha un gusto più saporito e pieno, fragrante, l’umami si fa più intenso e con note più decise di frutta secca.

La degustazione di Federico Bovarini

“Limne” Lugana DOC 2021 Tenuta Roveglia

Il colore è giallo paglierino molto delicato e con bei riflessi vivaci. Nel calice il vino si muove in maniera sinuosa e compatta. Al naso il vino sprigiona la propria espressione olfattiva con un bouquet intenso. La pera williams, ananas, leggere note di gelsomino, erbe aromatiche come il rosmarino che rinfrescano il profumo carico di succosità. l'ingresso in bocca è piacevole e pieno. Tra sapidità e freschezza non si ha una vincitrice, ma si percepiscono entrambe in maniera equilibrata. il vino pur essendo un 2021 dà un’idea fresca, ma di una prontezza invidiabile.

“Madre Perla” Lugana DOP Riserva 2018Azienda Perla Del Garda Colore giallo paglierino pieno con leggeri riflessi dorati, un vino dalla consistenza e importanza già percepibile alla vista. al naso i profumi sono fini ed eleganti. Le sensazioni tostate di nocciola tostata appunto sono d'impatto. Arrivano a seguire note di frutta a pasta gialla matura, ma non vanno ad appesantire un naso che scalpita ancora. Belle le note di erba aromatica essiccate in questo caso come il timo. La nota di pietra focaia è il finale che avremmo voluto sentire e siamo stati accontentati per un lugana riserva in piena evoluzione. Il sorso è preciso, netto e verticale. La freschezza è equilibrata e non tagliente come la sapidità

Il profumo del sottobosco | Raviolo del plin con funghi porcini e scaglie di Grana Padano DOP 18 mesi

Timido con carattere | Royale di agnello cotto a bassa temperatura con pan di spagna al Grana Padano DOP oltre 20 mesi, cipolle e cicoria

L'iniziativa Nati per stare insieme

che risulta un po' più ruvida. La persistenza è da segnalare in quanto è totalmente affascinante e armoniosa.

“Nero Per Sempre” Garda Rosso DOC 2019

Azienda Agricola Pratello

Il colore è particolarmente acceso di un rosso rubino intenso. Massa colorante impenetrabile. I profumi ricordano a pieno il Rebo, ma ingentilito. Note erbacee balsamiche, liquirizia, cacao, la ciliegia sotto spirito, la casella, il pepe nero, un vino particolarmente complesso. Il sorso è pieno e vellutato. il Tannino è particolarmente rotondo e piacevole esaltato da una freschezza che sgomita per raggiungere l'equilibrio. la nota alcolica non è fastidiosa, ma regala una bella struttura al vino. La persistenza è importante e dona grande piacevolezza alla conclusione del sorso. Per chi ama la struttura e la golosità si sorso.

La cena

Spazio quindi per le creazioni di Viviana Varese, si parte con un fresco benvenuto della cucina e poi subito l’antipasto: “Viva l’autunno | Uovo con verdure di stagione, broccolo, grano saraceno soffiato e fonduta di Grana Padano DOP 18 mesi ed erbe aromatiche”. Cremoso e piacevole, dolce e amaro, contrasti e consistenze abbinate al “Limne” Lugana DOC 2021 di Tenuta Roveglia.

Sontuoso il primo, “Il profumo del sottobosco | Raviolo del plin con funghi porcini e scaglie di Grana Padano DOP 18 mesi”, saporito e consistente, un trionfo di funghi e di sottobosco appunto. Abbinato al “Madre Perla” Lugana DOP Riserva 2018 dell’Azienda Perla Del Garda.

Il secondo, “Timido con carattere | Royale di agnello cotto a bassa temperatura con pan di spagna al Grana Padano DOP oltre 20 mesi, cipolle e cicoria”, ottima la cottura e ben bilanciato. In contrappunto con il “Nero Per Sempre” Garda Rosso DOC 2019 - Azienda Agricola Pratello.

A chiusura il dessert, “Prima che si trasformi in carrozza | Mousse ghiacciata di Grana Padano DOP 12 mesi con zucca e castagne”. Un dolce che ricorda l’autunno, fresco e sapido.

Prima che si trasformi in carrozza | Mousse ghiacciata
L'iniziativa | Nati per stare insieme VIVA | Viviana Varese Ristorante �� 02 49497340 ��www.vivavivianavarese.it
di Grana Padano DOP 12 mesi con zucca e castagne
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Distributore Ufficiale Food Service Italia studioverde.it
Tano Passami l'Olio Ascovilo e Grana Padano DOP, per il nono appuntamento delle Restaurant Week, il progetto europeo volto a valorizzare gli abbinamenti tra prodotti d’eccellenza lombardi, sono stati ospiti di Tano Simonato a Milano
Tano Simonato

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L'ARTICOLO COMPLETO (https://borntobetogether.eu): Restaurant Week Ascovilo-Grana Padano DOP”, il progetto europeo che comprende la cena di 4 portate realizzate con le tre diverse stagionature di Grana Padano DOP in abbinamento ai vini lombardi di qualità (supportati nell’organizzazione delle attività da PG&W). Il tutto preceduto da una costruttiva masterclass di approfondimento dedicata ad esperti, addetti ai lavori o semplici appassionati.

Tano Passami l’Olio, una stella Michelin, è un’icona della buona cucina italiana dal 1995. Milano, via Petrarca, zona Parco Sempione, il nome del ristorante fa presto intuire il buon rapporto dello chef e titolare Gaetano “Tano” Simonato (socio Euro-Toques Italia) con il prezioso oro verde, per lui garanzia di fragranza e incontaminazione dei prodotti, sia in cottura che a freddo, e che non manca mai di proporre ai suoi ospiti attraverso interessanti degustazioni. Gli ingredienti principali della sua cucina sono creatività, ricerca e professionalità, ma sempre conditi da tanta passione, duro lavoro e una simpatia genuina e dirompente. Tano propone una cucina moderna in cui mischia sapientemente sapori e consistenze.

Qui si è svolto, come anticipato, il nono appuntamento di “Nati per stare insieme

Il training formativo

Momento, dicevamo, di approfondimento e cultura, moderato da Alberto Lupini (direttore di Italia a Tavola), con la partecipazione di Federico Bovarini (Ais), Cornelio Marini (Onaf), Andrea Lorenzi (Tenute del Garda), Paolo Fabiani (Tenuta Roveglia) ed Edoardo Medolago Albani (Azienda Medolago Albani). Momento per capire e conoscere le diverse stagionature del Grana Padano DOP e divertirsi abbinando ad esse i vini lombardi di qualità poi proposti durante la cena.

L'iniziativa Nati per stare insieme
Paolo Fabiani, Andrea Lorenzi, Edoardo Medolago Albani, Federico Bovarini, Alberto Lupini, Cornelio Marini e Tano Simonato

Il Grana Padano DOP 12 mesi ha al naso note lattiche, di burro e panna, ha un gusto delicato in cui torna predominante il latte, accompagnato da leggere note vegetali; il 18 mesi è leggermente più saporito ma non ancora piccante, ha un aroma che ricorda la frutta secca e il fieno; infine l’oltre 20 mesi, il naso si fa più complesso e lascia presagire un gusto saporito e pieno, fragrante con note più decise e intense di frutta secca e umami.

La degustazione di Federico Bovarini

“Riesling” Garda DOP 2018

Tenute Del Garda

I profumi sono netti del Riesling: pietra focaia, solfurei, minerali. Piacevoli le note di frutta gialla ancora croccante e le sfumature floreali intriganti. Salvia e maggiorana rinfrescano e mantengono la tensione al naso. In bocca un vino diretto ed esplosi-

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Uovo di cristallo ripieno di morbido albume, Grana Padano DOP oltre 20 mesi e patata, con il suo tuorlo su riso nero, oro e tartufo bianco

vo. Dalla bella morbidezza ben equilibrata dalla freschezza e grande sapidità. Un vino che legge molto bene il territorio. Lineare e schietto come chi lo produce.

“Vigne Di Catullo” Lugana DOC Riserva 2018 Tenuta Roveglia

Giallo paglierino e in parte dorato. Al naso grande tripudio di frutta gialla matura ed esotica. Mango e papaia. La balsamicità mentolata è alimentata dalle erbe aromatiche come il timo. In bocca l’equilibrio, l’eleganza e la finezza la fanno da padroni. Un sorso ricco e di grande piacere legato alle morbidezze in equilibrio con una freschezza non aggressiva e una sapidità lineare e non ruvida. Un finale persistente che inneggia al ricordo della qualità intrinseca del Lugana riserva di Tenuta Roveglia.

“I Due Lauri” Valcalepio DOC Rosso Riserva 2018 - Medolago

Albani

Il colore è di un rubino acceso e vivace. Il naso ci porta nel mondo del Cabernet Sauvignon e del Merlot. Foglia di pomodoro, mora succosa, bella balsamicità erbacea, speziatura terziaria ricca e complessa. In bocca particolarmente schietto. La parte di morbidezza percepita al naso si perde leggermente e lascia spazio alle freschezze. Un tannico vigoroso è una potenza alcolica di struttura che non infastidisce, anzi esalta. Un vino che, come detto, regalerà grande piacevolezza quando raggiungerà l’equilibrio della maturità.

La cena

Per iniziare bene la serata, Tano ha deciso di iniziare con un amuse-bouche extra menu, "Raviolo liquido, grana padano,

Vellutata di Grana Padano DOP con asparagi, crostini di Grana Padano DOP oltre 20 mesi e uovo in camicia al tartufo bianco

Filetto di maialino Patanegra in crosta di mandorla, laccato al Grana Padano DOP 18 mesi, cavoletti di Bruxelles caramellati

L'iniziativa | Nati per stare insieme

Crème brûlée al Grana Padano DOP 12 mesi, uva e frutti di bosco

formaggella di montagna, uovo e brodo al Grana Padano DOP". Poi via con l’antipasto: “Uovo di cristallo ripieno di morbido albume, Grana Padano DOP oltre 20 mesi e patata, con il suo tuorlo su riso nero, oro e tartufo bianco”, un classico della cucina di Tano, gustoso e opulento, ma perfettamente bilanciato, in ottimo e gradevole abbinamento con il “Riesling” Garda DOP 2018 dell’Azienda Tenute Del Garda.

matrimonio perfetto con il corpo e le note di frutta secca del “Vigne Di Catullo” Lugana DOC Riserva 2018 di Tenuta Roveglia.

Il secondo dunque, “Filetto di maialino Patanegra in crosta di mandorla, laccato al Grana Padano DOP 18 mesi, cavoletti di Bruxelles caramellati”, perfetta sintesi di cremosità (del formaggio) e acidità (i cavoletti), ottimo sodalizio con l’eleganza e la persistenza de “I Due Lauri” Valcalepio DOC Rosso Riserva 2018 di Medolago Albani.

Prima dell’ultima portata, il dolce, spazio ancora una volta alla creatività dello chef con un predessert: “Zucca, yogurt, caffè, crumble di amaretti e Grana Padano DOP”.

Spazio poi alla “Vellutata di Grana Padano DOP con asparagi, crostini di Grana Padano DOP oltre 20 mesi e uovo in camicia al tartufo bianco Tano Passami L’Olio �� 02 8394139 ��www.tanopassamilolio.it
Ed eccoci, “Crème brûlée al Grana Padano DOP 12 mesi, uva e frutti di bosco” dolcezza e acidità che rincorrono la sapidità del formaggio per un dolce davvero notevole.
142 CHeck-in • dicembre 2022 Feste di fine anno esclusive all’Hotel Principe di Savoia Occasioni conviviali legate al Natale nel segno dell’eleganza milanese: che sia un cocktail fra colleghi o una cena di gala, ogni evento sarà indimenticabile. Tre i menu speciali proposti dal ristorante Acanto

L’Hotel Principe di Savoia, vero e proprio punto di riferimento per il lusso a Milano, è la cornice ideale per celebrare le festività di fine anno. Grazie agli eccezionali standard di ospitalità e all’attenzione verso il cliente, si può vivere un’esperienza indimenticabile e immergersi nel fascino unico della città.

Un Natale in pieno stile italiano è dunque un’occasione imperdibile: prenotando un soggiorno in una delle lussuose camere e suite dell’Hotel Principe di Savoia, si avrà la possibilità di gustare la colazione comodamente in camera e provare il delizioso tè del pomeriggio al Salotto. Ad attendere l’ospite in camera ci saranno inoltre un dolce natalizio e una sorpresa a tema per i più piccoli.

Compresi nel prezzo l’accesso al Club 10 Fitness & Beauty Center e il servizio di trasporto gratuito da e per il centro storico.

Eventi conviviali nel segno dell’eleganza

All’Hotel Principe di Savoia le occasioni conviviali legate al Natale sono nel segno dell’eleganza milanese: che sia un cocktail fra colleghi o una cena di gala, ogni evento sarà indimenticabile. L’Acanto, il ristorante gourmet dell’Hotel Principe di Savoia, anche quest’anno si trasforma in un incantevole luogo di festa, dove le candele risplendono in modo invitante e la musica dal vivo s’intreccia con l’atmosfera di magia. Come non lasciarsi tentare da un brindisi così esclusivo, coccolati dalla proposta ga-

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stronomica firmata dallo chef Alessandro Buffolino? Tre in particolare le proposte di menu speciali per le ricorrenze di fine anno, che prevedono piatti della tradizione rivisitati con originalità.

Il Menu della Vigilia di Natale sarà composto da: flûte di benvenuto (Franciacorta Cuvée Prestige Brut Ca’ del Bosco); Scampi, lime e caviale; Risotto alla barbabietola con champagne rosé, melograno, pistacchi e crudo di gamberi rossi; Astice affumicato con purea di carote e salsa allo yuzu; Sfera al torroncino con miele e pralinato di mandorle; Caffè e piccola pasticceria delle feste, torroncini, clementine e frutta secca. Il costo è di 160 euro a persona.

Il Menu del Pranzo di Natale prevede: flûte di benvenuto (Cuvée Selection Brut Chassenay d’Arce); Trilogia di foie gras d’anatra con chutney di mango, zafferano e Sauternes; Bottoni ripieni di Parmigiano Reggia-

no in doppio consommé di cappone con cardi gobbi; Baccalà con hummus di ceci, topinambur e spuma di patate profumata al tartufo bianco; Costoletta di agnello in crosta di nocciole con crema di castagne, bieta, soffice di patate e jus alla liquirizia; Cremoso al pistacchio di Bronte profumato al limone con gelato al pain d’épices; Panettone tradizionale artigianale lievitato 72 ore con salsa al cioccolato e salsa inglese; Caffè e piccola pasticceria natalizia, torroncini, clementine e frutta secca. Il costo è di 190 euro a persona.

Il Menu del Cenone di Capodanno comprende: flûte di benvenuto (Thèophile Brut Louis Roederer, Vinnae Jermann, Crognolo Tenuta Sette Ponti); Ostrica e champagne; Veli di culatello di Zibello con mozzarella di bufala e basilico; Salmone affumicato scozzese con crema di formaggio e lime; Tartare di tonno con guacamole, mango e salsa orientale; Tagliolini con crema di ostriche,

segnalazioni

carciofi, limone e caviale; Rana pescatrice con salsa ai frutti di mare, limone, salicornia e bottarga; Filetto di manzo irlandese alla Wellington con jus al tartufo nero; Crema al mandarino e anice stellato; Cioccolato in cinque consistenze con sorbetto al limone; Caffè e piccola pasticceria delle feste, torroncini, clementine e frutta secca. Dopo la mezzanotte, si darà il benvenuto al nuovo anno con cotechino di Modena Igp e lenticchie di Norcia. Il costo della cena è di 415 euro a persona, vini inclusi.

Il Salotto, paradiso di golosi e buongustai

Oltre ai menu dell’Acanto per le ricorrenze di fine anno, l’Hotel Principe di Savoia può contare anche su altre proposte, come Il Salotto, luogo caldo e accogliente con divani eleganti e scintillanti decorazioni natalizie, l’ambiente perfetto per godersi un dolce artigianale accompagnato da una tisana o da un bicchiere di vino. Qui è possibile assaporare le specialità della tradizione, tra cui il famoso Panettone Principe. E per una coccola speciale, il “Chocolate Afternoon Tea” è il regalo perfetto per lasciarsi tentare dalla raffinata pasticceria degli chef, dalle torte appena sfornate alle creazioni di cioccolato, il tutto accompagnato da tè o un bicchiere di vino Marsala.

Festa di Capodanno al Principe Bar

La notte di Capodanno il Principe Bar è tra le location più ambite in città: il luogo giusto dove fare festa e trascorrere una serata indimenticabile, con dj set e champagne

Allo scoccare della mezzanotte sarà servito il tradizionale cotechino con lenticchie e il panettone.

Per informazioni e prenotazioni, telefonare allo 02 62304029 o scrivere a: groups.hps@dorchestercollection.com.

Hotel
��
��www.dorchestercollection.com segnalazioni
Principe di Savoia
02 62302026

Il nuovo volto del Garberhof

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Dove
il lusso diventa... silenzioso

L'hotel 4 stelle lusso di Malles riaprirà a Natale dopo un importante intervento di ristrutturazione con l’obiettivo di offrire ai propri ospiti un ambiente all’insegna del “lusso silenzioso”, non superficiale

Silent Luxury, un lusso silenzioso, che non risiede negli aspetti superficiali, ma nella possibilità di potersi esprimere e muoversi in libertà con i propri tempi e spazi durante la vacanza. Questo l'obiettivo che ha guidato l'importante intervento di ristrutturazione che ha visto coin-

volto il Garberhof, hotel 4 stelle di Malles (Bz), in Val Venosta, nato negli anni '70 da un'idea della famiglia Pobitzer e inaugurato nel 1981. Riaprirà il 25 dicembre, con un volto nuovo, ma lo stesso spirito: una proposta gourmet di alto livello, un'architettura amica dell'ambiente e spazi di benessere pensati per mettere al centro il relax e i bisogni della persona.

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Guidata dal proprietario Klaus Pobitzer, con la collaborazione dell’architetto nonché amico di famiglia Thomas Rampp, questa trasformazione ha coinvolto le camere, gli ambienti comuni e l’architettura esterna. Gli spazi abitativi si rinnovano nel look e si ampliano con 23 nuove stanze per una nuova offerta complessiva di 20 camere, 20 suite e 2 chalet.

Il giardino esterno si arricchisce di un laghetto balneare naturale trattato in modo completamente biologico. L’ampia area benessere “Mii: Amo” di 2.200 metri quadrati si rinnova completamente nell’interior design introducendo materiali naturali quali l’argilla, il larice, il legno di abete rosso e rovere che rispecchiano la natura circostante e donano comfort, calore e benessere, migliora l’isolamento acustico e si arricchisce di una nuova spaziosa sala relax con accesso al giardino. Vanno ad aggiungersi l’Hamam - tra i più grandi d’Italia e comprensivo di 6 diverse aree per il rituale di purificazione - biosauna, sauna finlandese panoramica,

docce emozionali, zona esterna con vasca ad acqua fredda, piscina interna ed esterna riscaldata panoramica, area fitness e zona beauty per massaggi e trattamenti con la linea cosmetica sviluppata in esclusiva per Garberhof a base di albicocca Prunus Armeniaca, antica cultivar dell'Alto Adige.

Il Ristorante Pobitzer  e il Lounge Bar 1981

L'enogastronomia ha un ruolo centrale nella proposta del Garberhof. C'è il  Lounge Bar 1981 che, oltre ad offrire una selezione di 70 etichette di gin - incluso il Felix Luis realizzato in esclusiva per il proprietario Klaus a base di albicocca - si arricchisce di una nuova sala dedicata alle bollicine e una stanza per le degustazioni di vini locali per un’esperienza di piacere del palato e c'è il Ristorante Pobitzer, guidato dallo chef Christian Lechthaler, che esalta le ricette tradizionali altoatesine, strizzando un occhio alla cucina mediterranea e internazio-

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nale, utilizzando prodotti regionali e di stagione e le erbe dell’orto.

Sostenibilità al centro

Sin dalla sua nascita, Garberhof ha sempre avuto l’amore per la natura circostante tra i suoi principali interessi, da qui l’intuizione di piantare un vigneto di vitigni autoctoniSouvignier Gris, Solaris e Johanniter - nel giardino della struttura, a oltre 1000 metri di altitudine, che quest’anno è stato vendemmiato per la prima volta con un risultato molto soddisfacente. Anche nella progettazione della struttura alberghiera l’attenzione all’ambiente è sempre stata alla base della filosofia della famiglia Pobitzer: già nel 1983, solo dopo 2 anni dall’inaugurazione, il riscaldamento di tutti gli ambienti proviene unicamente dall’utilizzo del cippato; Garberhof fu tra i primi in Val Venosta a utilizzare questo tipo di riscaldamento naturale.

Nel corso degli anni, si è aggiunto l’uso del fotovoltaico da cui oggi proviene il 25% del fabbisogno energetico elettrico ed è già nei progetti della famiglia Pobitzer un nuovo

impianto per arrivare al 50%. La nuova ristrutturazione ha visto coinvolta anche l’architettura esterna: la facciata esposta a sud viene lavorata con la sabbiatura del legno affinché la struttura possa inserirsi al meglio nel paesaggio alpino circostante; una riqualificazione energetica e un progetto di isolamento della struttura attraverso l’utilizzo del legno sulle facciate esterne crea elementi di ombreggiamento volti a migliorare la termoregolazione e a favorire la riduzione del calore dovuto all’esposizione solare. L’obiettivo nei prossimi tre anni è quello di ottenere le principali certificazioni ambientali e arrivare ad essere sostenibili energeticamente, fino al 90%.

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Garberhof �� 0473 831399 ��www.garberhof.com

Natale con la famiglia in Trentino Alto Adige

Ecco tre hotel da non perdere

L'inverno sta per entrare nel vivo e per le famiglie che sono alla ricerca di una destinazione perfetta per una vacanza rilassante e divertente possono contare, senza dubbio, sul Trentino Alto Adige.

La regione al confine con l'Austria è, infatti, nota per i suoi hotel, attrezzati con numerosi servizi per i più piccoli.

Lo sa bene bimboinviaggio.com, portale per la prenotazione di vacanza in famiglia, che ha scelto tre strutture da non perdere. Scopriamole insieme!

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Falkensteiner Family Resort Lido, la vacanza family in Val Pusteria

È pura sorpresa il Falkensteiner Family Resort Lido in Val Pusteria: dal tetto alle camere, dalle piscine alla spa. Il resort si è rinnovato per offrire un’innovativa esperienza di vacanza per la famiglia. Sul tetto c’è il Rooftop Sky Adventure Park con pista da sci, con impianto di risalita e corsi di sci, un’area “Valo Jump” con trampolino interattivo, la pista da Bobby Car, quella da pattinaggio sul ghiaccio e moltissimo altro. Il divertimento continua anche nell’Acquapura SPA & Water World che si affaccia su un laghetto privato e include piscine, onde, scivoli tra cui lo scivolo d’acqua più lungo di tutto l’Alto Adige. Per i bambini e i ragazzi ci sono il Baby-Land, il Falky-Land e il Teenie-Land. Sono nuove anche le camere, dove in alcune è stato realizzato il Falky-Nest, una sorta di nido, fissato con solide funi al soffitto, per giocare o per dormire sospesi.

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Falkensteiner Family Resort Lido �� 0472 694154 ��www.falkensteiner.com

Cavallino Bianco, Val Gardena per i più piccoli

Il primo Family & Spa Grand Hotel dell’Alto Adige, più volte premiato come miglior family hotel al mondo da Tripadvisor e vincitore del 4° Bimboinviaggio Award Excellence 2021, è la meta perfetta per una vacanza senza pensieri con i bambini, bebè compresi. Il Cavallino Bianco mette a disposizione camere family super attrezzate con culla per il bebè, fasciatoi, scada-biberon e molto altro. Una nursery con amache per il relax, percorsi morbidi dove gattonare, una piscina di palline e giochi che stimolano la crescita dei piccoli. Per i fratellini più grandi c’è il miniclub Junior. Inoltre, al Cavallino Bianco di Ortisei (Bz) i bambini e i ragazzi partono direttamente dell’hotel guidati dagli istruttori delle scuole di sci e snowboard di Ortisei per una giornata sui campi da sci.

152 CHeck-in • dicembre 2022
CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO Cavallino Bianco Family & Spa �� 0471 783333 ��www.cavallino-bianco.com

Sci e coccole formato famiglia al

Dolce Casa Resort di Moena

Il resort Dolce Casa si trova vicino al centro di Moena (Tn), immerso nel silenzio dei prati innevati. Vincitore del Bimboinviaggio Awards, offre tantissimi servizi dalla Spa al miniclub, dalla piscina all’assistenza per i bimbi già da 6 mesi. Chi viagga con i piccolissimi può richiedere il Baby Kit che comprende vaschetta per il bagnetto, fasciatoio, lettino da campeggio, seggiolone o alza sedia, tovagliette, stoviglie e posate per la pappa, scalda biberon, sterilizzatore, luce di cortesia, riduttore per il w.c. Il Tina Baby accoglie i bambini da 6 mesi ai 4 anni mentre al Tina Mini si ritrovano i bambini dai 4 anni e per i più grandicelli, dagli 8 anni, c’è il Tina Junior con numerose aree gioco dove è impossibile annoiarsi. E con la Tina Scuola Sci, i bambini a partire dai 4 anni frequentano il corso di sci. CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO

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�� 0462 573126 ��www.dolcecasa.it
Dolce Casa Resort

L’Osteria Fratelli Mori celebra il quinto quarto con tre piatti speciali

L’Osteria Fratelli Mori in via dei Conciatori, all’Ostiense, dedica ai componenti del quinto quarto un’iniziativa speciale dal tono simpaticamente provocatorio, “O li ami o li odi”, inserendoli in menu tre volte a settimana: il lunedì c’è la coratella, il giovedì la pajata e il venerdì le animelle. La materia prima è freschissima - non potrebbe essere altrimenti - e le autentiche ricette sono rigorosamente osservate da Alessandro e Francesco Mori e niente va in tavola se non con l’imprimatur di mamma Giuliana. Sono tante in questa trattoria le ricette di famiglia, e non solo di frattaglie, quelle lasciate in eredità da papà Ambrogio che nel 2004 volle aprire l’osteria che allora si chiamava Novecento, coinvolgendo nella sua passione per la cucina tutta la famiglia. E quasi 20 anni dopo poco è cambiato nello spirito del locale ma grande è stata l’evoluzione verso un’offerta di altissimo livello e un’accoglienza speciale. La coratella o corata è l’insieme delle interiora di agnello o di capretto che vengono cotte in olio e cipolla ma con tempi diversi: prima reni, milza e fegato e poi per la diversa consistenza, i polmoni e il cuore. Tocco finale con pepe e alloro. Procedura più complessa per la pajata, tanto amata dal Marchese del Grillo, la parte che ancora oggi fa torcere il naso a molti perché si tratta dell’intestino tenue del vitello. Si lascia spurgare a lungo sotto l’acqua corrente, poi spellata e legata ad anelli con un filo per mantenerne il contenuto, si cuoce a lungo con cipolla, sedano, pomodoro. Delicate e squisite anche le animelle. Ottime brasate, ma vero trionfo se servite con carciofi. Anche altri tagli meno nobili, come la coda di bue fatta alla vaccinara o la trippa alla romana con pomodoro, pecorino e mentuccia, sono stati sempre presenti nel menu dei fratelli Mori, che hanno sempre reso omaggio alla cucina basata sui frutti del generoso Agro Romano. La carta è contenuta, stagionale e coerentemente mirata, ma può capitare qualche interessante fuori-menu se c’è un arrivo speciale. I primi piatti immancabili, Cacio e Pepe, Rigatoni all’Amatriciana, Carbonara e la domenica a pranzo non manca mai la lasagna, come nelle famiglie una volta. Tra i secondi le Polpette di bollito, sempre presenti per la pressante richiesta, e l’Agnello con i carciofi.

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Osteria Fratelli Mori �� 331 3234399 ��www.osteriafratellimori.it LOCALI IN PILLOLE
di Mariella Morosi

Frezza, la cucina romana... "de coccio" secondo Claudio Amendola

C'è tutto l'amore per Roma e per la sua cucina solo apparentemente rustica ma piena di sfumature di gusto nel ristorante che l'attore e regista Claudio Amendola ha aperto nel centro di Roma, a Via della Frezza 64-66, a un passo da piazza del Popolo e Piazza di Spagna. Insieme ad alcuni amici e soci lo ha voluto proprio al centro della città mentre da alcuni anni è già impegnato un'altra sua attività ristorativa, l'Osteria del Parco, che si trova a Valmontone, un borgo a 35 km dalla Capitale. A caratterizzare il nuovo locale è il coccio, caratteristica terracotta romana, usata anche come piatto da portata, già ampiamente usata dagli antichi romani tanto che dai frammenti di quelle rotte è nata a Testaccio l'ottavo "colle" di Roma, il Monte dei cocci. È subito chiara l'idea della cucina, leggendo il menu, cominciando dagli antipasti, ed è difficile trovare la tanto abusata parola "rivisitato". Per questo si è affidato come consulente al cuoco Davide Cianetti di grande esperienza ed executive chef di Numa al Circo. Ancora prima aveva guidato a cucina di altri ristoranti della Capitale, tra cui Pierluigi e Dal Bolognese di Piazza del Popolo. Evidenti radici ben salde nella tradizione sono anche nei primi piatti che comprendono Tonnarelli Cacio e Pepe, Rigatoni all’amatriciana, Spaghetto fresco alla carbonara e Linguine alla Puttanesca. Anche i classici, storici secondi vengono celebrati dalla Cucina de coccio: ed ecco le Polpettine al sugo, gli Involtini alla Romana (fettine di manzo con mentuccia e pecorino cotte alla pizzaiola), il Pollo alla cacciatora, la Coda alla vaccinara, i Broccoletti affogati con salsiccia e il Baccalà alla romana da accompagnare alle verdure di stagione degli orti laziali. Per concludere in dolcezza la Zuppa inglese, i Dolci della Nonna, le Crostate e le ciambelline al vino da inzuppare nel brindisi finale. Non mancano piatti fuori menu, a seconda degli arrivi e delle offerte del mercato. Il locale è ampio e diviso in due sale per un totale di 150 mq e 50 posti interni, a cui si andranno ad aggiungere quelli esterni. Un luogo informale che esalta la sobrietà, «un luogo in cui chi arriva - sostiene Amendola - deve sentirsi a proprio agio e mangiar bene».

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Frezza �� 06 70452605 ��www.frezzaromana.it LOCALI IN PILLOLE
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di Mariella Morosi

“Ieri, Oggi, Domani”: cucina e pizza secondo la tradizione napoletana

La crisi non avvertita, ma non per la magia della buona sorte, bensì per come essa è stata “stroncata sul nascere” grazie alla creatività e alle intuizioni del patron Pasquale Casillo che, non a caso, si avvale di squadra forte e compatta. Siamo in zona Ferrovia a Napoli. A Napoli, zona Ferrovia significa il quartiere dove il giorno e la notte non hanno confine. A dormire ci sarà tempo un’eternità, si usa dire! E qui praticamente, in zona Ferrovia, l’allday-long è stato già inventato. Esiste da sempre, come da sempre ci si è cibati per strada, è lo street food, spiluccando fritti da agguantare con le mani, è il finger food. A suggello di tali connotazioni alte della Ferrovia, il ristorante “Ieri, Oggi, Domani” ha spontaneo flusso di clientela quasi all-day-long, al punto tale che non fa a tempo a uscire dal locale l’ultimo dei clienti del pranzo, che già entra il primo dei clienti della cena. Qui la falsa, stucchevole a tratti, dicotomia fra tradizione e modernità è superata de facto: si cucina il meglio del mercato e del pescato e lo si cucina secondo il mix fascinoso di tecniche e competenze sedimentate nel tempo lungo in mescolanza con le fantasie del momento, secondo i guizzi creativi dello chef Antonio Castellano. Lodevole il servizio di sala la cui direzione è affidata alla bravissima Emanuela Coppola Il riferimento che strizza occhio già dal nome del locale è sì un omaggio che il cinefilo patron rende ai grandi della cinematografia italiana della seconda metà dello scorso secolo, ma è anche un modo frivolo quanto saggio per lasciare intendere: “panta rei”, tutto scorre e ciò che ieri era vero, magari non sarà vero domani! Spettacolarità vera, letterale, con cene e pranzi in cui è vivace e graditissima la componente di spettacolo reso possibile dalla presenza di attrici e attori.

Non da meno la pizzeria, acclarata la valentia del pizzaiolo Gaetano Quintano, con una proposta saggiamente non sterminata. Ottimi anche i fritti. Molto buoni i dolci fatti in casa, tra questi imperdibile la mela cotta farcita con crema pasticcera e cannella. Ottime le proposte sia dei vini, in prevalenza campani, sia delle birre. Prezzi di commovente onestà.

158 CHeck-in • dicembre 2022
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Vincenzo D’Antonio Trattoria Pizzeria Ieri, Oggi, Domani �� 081 206717 ��www.ierioggiedomani.it LOCALI IN PILLOLE
di

“Giardini del Massimo”, alta cucina nell’iconico Teatro Massimo di Palermo

Se c’è un monumento che può considerarsi come baricentro di Palermo, il centro del centro, questo è il Teatro Massimo, progettato dall’architetto Giovan Battista Basile e inaugurato nel 1897. Non esiste turista che non l’abbia ammirato. Al piano terra, a destra guardandolo, è aperto dal 24 luglio Giardini del Massimo, un ristorante di alta classe, un lounge bar specializzato in un’ampia scelta di vini, tanti cocktail anche originali per un aperitivo oltre ad un cafè con ottima pasticceria. Insomma, un esercizio a tutto tondo che deriva dalla ristrutturazione tutelata di circa 300 mq, più altrettanti nel prato antistante, per iniziativa di 4 soci tra cui Davide Alamia, che da anni organizza Sherbeth Festival del gelato arrivato alla 14ª edizione, e Peppe Biundo, titolare del birrificio Bruno Ribadi. Ma non basta la capacità imprenditoriale e una location unica, c’è bisogno di una squadra professionale, entusiasta e competente. Cominciamo dallo chef, il 27enne Gianvito Gaglio che ha iniziato la sua avventura con i passi giusti, studiando e diplomandosi ad Alma. Ha trascorso ben 4 anni nella cucina di Villa Crespi, regno di Cannavacciuolo, dove cominciando dal basso ha scalato le varie qualifiche in tutte le partite.

In sala l’ospitalità è curata da Paola Gioia e dalla sommelier

La cena è di quelle che non si dimenticano facilmente per l’ambiente elegante ed esclusivo e per la bontà dei piatti, tutti eseguiti con perfezione e mano sicura dallo chef, serviti con attenzione e con la sorridente gentilezza di tutto il personale, che mostra di lavorare con entusiasmo e convincimento.

Ampia la carta dei vini non solo regionali e nazionali anche al bicchiere nonché tanti champagne e spumanti, un attento approfondimento alle nuove tendenze come la proposta (anche al ristorante) di oltre 40 cocktail, dai tradizionali alle invenzioni dei due competenti barman. Il costo medio è di circa 55 euro per due portate e dessert, che rapportato all’esclusività dell’offerta e all’eccellenza delle pietanze, risulta addirittura economico.

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Alessandra Surdo; al bar Marzia Di Falco e Leonardo Romano si dedicano specialmente alla mixology.
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Paternò Giardini del Massimo �� 379 2829209 ��www.giardinidelmassimo.it LOCALI IN PILLOLE
Gianni

Les Hauts de Loire, oasi di pace tra castelli ricchi di storia

A partire dal 2000 l’intera Val de Loire è divenuta patrimonio mondiale dell’Unesco. E lo merita proprio, perché una simile collezione di castelli ricchi di storia, tradizione e arte è rara da trovare nel mondo. In questa regione non è difficile scoprire sistemazioni alberghiere alloggiate in costruzioni d’epoca di grande fascino. Uno degli alberghi di maggior stile della Loira, un cinque stelle della prestigiosa collezione francese dei Relais & Châteaux, si trova in un paesino di poche case di nome Onzain, nel cuore della regione Centre-Val de la Loire.

Les Hauts de Loire è una costruzione a forma di piccolo castello con un cottage separato, un tempo usato per le stalle e le scuderie, che offre in tutto soltanto 31 camere e lussuose suite. È stato in effetti un castello da caccia ottocentesco, immerso in un grande parco alberato con prati ben curati, laghetto dei cigni, piscina, campi da tennis, sala fitness, baby club, campo di bocce, ampio parcheggio e anche campo di atterraggio per gli elicotteri. Qui si possono fare lunghe passeggiate ed escursioni in un parco di dozzine di ettari, pesca sportiva in uno stagno da tre ettari, pedalate senza fine in bicicletta; un campo da golf è a poca distanza. La piccola spa, aperta dalle 10 del mattino alle 8 di sera su prenotazione, si trova al piano terra del cottage e comprende una sauna, un hammam, cabine di trattamenti da una a tre persone e un tranquillo spazio relax. Ma al di là dell’indubbio fascino della sua posizione, è la ristorazione di altissimo livello il punto di forza dell’hotel. Questo è il regno dello chef Dominique Pépin con la sua brigata di cucina formata da 15 professionisti. Originario della regione, lo chef lavora qui da 37 anni, un tempo lunghissimo in un mestiere in cui si cambia sede anche ogni paio d’anni, segno evidente di un attaccamento al luogo e alla proprietà. Nelle due raffinate salette del suo ristorante gastronomico, insignito di ben 2 stelle Michelin, una cena è una vera esperienza di art de vivre alla francese.

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Leonardo Felician Les Hauts de Loire �� +33 02 54207257 ��www.hautsdeloire.com LOCALI IN PILLOLE
di
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Antinori Simbiosi tra architettura, turismo e natura

Antinori nel Chianti Classico è la cantina "da visitare almeno una volta nella vita". Il riconoscimento della classifica World Best Vineyard 2022 assume un significato speciale perché arriva in occasione del decimo anniversario dall’inaugurazione, nell’ottobre 2012, dopo 7 anni di lavori.

A firmarla è stato l’architetto Marco Casamonti, socio fondatore dello studio Archea Associati, con l’ingegnerizzazione di Hydea, sempre seguendo le indicazioni della committenza che fin dalla sua ideazione chiedeva funzionalità produttiva e bellezza estetica e in costante dialogo con la natura, valorizzando l’eccellenza di un’area dal passato con radici profonde.

Nella Toscana più evocativa, a San Casciano in Val di Pesa (Fi), a metà strada tra Firenze e Siena, la struttura è perfettamente integrata, tra vigneti, ulivi e boschi di querce e lecci. Qui il confine tra arte e tecnologia quasi svanisce, esaltando il legame storico della famiglia di vitivinicoltori, attiva da 26 generazioni, con il territorio. La produzione del vino nei rustici edifici rurali ormai appartiene al passato.

Come in altre cantine storiche degli Antinori, la scelta è stata di puntare sul dialogo con l’ambiente per offrire all’enoturista la visione di un luogo dove funzione produttiva e infrastruttura tecnologica sono perfettamente integrate con le forme architettoniche, diventando quasi invisibili all’occhio del visitatore. Si tratta di un ulteriore passo verso l’innovazione e la sostenibilità anche sul fronte dell’accoglienza. Per questo la cantina Antinori nel

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Chianti Classico fa parte di Toscana Wine Architecture, il circuito che riunisce cantine d’autore e di design, firmate dai grandi maestri dell’architettura contemporanea.

Riconoscimento per tutto l’enoturismo italiano

Grande la soddisfazione espressa per il riconoscimento di World Best Vineyard 2022 da Albiera Antinori, presidente di Marchesi Antinori, che aveva seguito fin dall’inizio la progettazione e la costruzione della struttura. «Oltre che un onore per la nostra famiglia e per tutta la nostra azienda - ha detto- questo prestigioso premio rappresenta un importante riconoscimento per tutto l’enoturismo italiano. Un movimento che negli ultimi anni è cresciuto in maniera esponenziale e che vede sul territorio italiano tantissimi esempi di grandissima eccellenza».

Albiera, insieme alle sorelle Allegra e Alessia, rappresenta la nuova generazio-

ne della famiglia, la cui origine può essere datata al 1385, all’iscrizione di Giovanni di Pietro Antinori all’Arte dei Vinattieri di Firenze. Il padre è il marchese Piero che prese il timone aziendale nei critici anni 60 e che fu protagonista del rilancio del brand. Come ama dire, «le antiche radici giocano un ruolo importante nella nostra filosofia, ma non hanno mai inibito il nostro spirito innovativo».

L’equilibrio tra architettura e funzione

La struttura è quasi invisibile dall’esterno perchè ricoperta da vigneti. Solo due aperture-fenditure svelano, senza evidenziarlo, l’interno ipogeo articolato in tre piani collegati da una scala elicoidale. La geometria e le linee sono essenziali, i colori caldi tra il marrone e il rosso e i materiali naturali richiamano quelli della terra. La cantina si distingue per il basso impatto ambientale e il risparmio energetico ma soprattutto offre un percorso

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emozionale che unisce cultura del vino e arte. La vinificazione è “per gravità”, cioè a caduta delle uve, dal piano più alto. Il processo permette di preservare al massimo l’integrità delle uve senza l’uso di pompe, facilitando anche il lavoro con un processo meno invasivo e il risultato è nel calice con un vino è più equilibrato, elegante e con tannini più morbidi.

Anche la pigiatura avviene con un sistema più delicato e anche il mosto cade nei serbatoi in acciaio posti in loro corrispondenza al piano inferiore. A processo concluso, dopo la macerazione, il mosto è pronto per andare incontro al periodo di maturazione in legno nelle barrique situate proprio accanto ai tini di vinificazione. Anche le temperature sono mantenute in maniera naturale, senza refrigerazione, sfruttando la struttura ipogea, con un triplice beneficio: basso impatto ambientale, risparmio energetico e migliore espressione del vino. Niente, in questa fase, è cambiato rispetto al tempo dei Medici

che usavano anche la neve compattandola nelle neviere per mantenere la temperatura giusta.

Aree espositive e produttive

La struttura comprende zone produttive ed espositive che vanno dall’auditorium, l’area museale, le sale di degustazione e il negozio fino al piano che ospita l’orciaia, la vinsantaia e il ristorante Rinuccio 1180. Gli uffici sono in una successione di corti interne che prendono luce attraverso fori circolari disposti sul vigneto-copertura. La cantina è circondata dai vigneti con la varietà tipica del Chianti Classico, il Sangiovese, insieme alle altre storicamente affiancate: Canaiolo, Ciliegiolo, Colorino, Malvasia nera, Mammolo. Presenti anche in limitata quantità vitigni internazionali come il Cabernet Sauvignon e il Cabentet Franc. Una parte di essi, coltivati direttamente sul tetto, ricoprono la cantina come un manto. Un’etichetta, “Vi-

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gna sul tetto” Chianti Classico Docg Riserva è nata proprio dalla sfida avvincente: produrla da questa vigna di Sangiovese. E così è stato, a partire dalla vendemmia 2015.

Il legame con l’arte

A partire dalla storica vocazione mecenatistica, il legame con le arti della famiglia Antinori non è nuovo. Oltre all’arte di far vino, ci sono l’architettura, con la pittura e la scultura. Il loro stemma cinquecentesco è opera di Giovanni della Robbia e con Accademia Antinori gran parte della collezione di famiglia di dipinti, ceramiche, tessuti pregiati e antichi manoscritti ha trovato la sua collocazione in questa cantina ed è accessibile al pubblico. Poi c’è Antinori Art Project indirizzato verso le arti e gli artisti contemporanei e a giovani ma già affermati protagonisti della scena artistica internazionale e che prevede esposizioni temporanee e seminari in collaborazione con fondazioni e mu-

sei. Gli interventi hanno visto il coinvolgimento, a cura di Chiara Parisi, di artisti come Yona Friedman, Rosa Barba e Jean-Baptiste Decavèle, poi con l’arrivo di Ilaria Bonacossa e di Tomàs Saraceno autore di Biosphere 06. Altre opere installate, “Clessidra” di Giorgio Andreotta Calò, “Giant Fruit” di Nicolas Party, “Portal del Angel” di Jorge Peris, "Altorilevo” di Stefano Arienti, opera nata per essere in dialogo con un capolavoro dell’arte rinascimentale: La Resurrezione di Cristo, lunetta realizzata agli inizi del XVI secolo da Giovanni Della Robbia su commissione di Niccolò di Tommaso Antinori. Ultima, nel 2019, l’opera site-specific “Untitled” (Antinori) a cura dell’artista americano Sam Falls Il ristorante sul tetto

Sul tetto della cantina c’è il ristorante, Rinuccio 1180 con ampie vetrate, dedicato a Rinuccio degli Antinori, capostipite della famiglia. L’ambiente confortevole e

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informale si ritrova anche nel menu con piatti della tradizione chiantigiana ma con un tocco contemporaneo. È una cucina semplice caratterizzata dai sapori autentici, realizzata con prodotti del territorio in accordo con il ritmo delle stagioni. In abbinanento, la più ampia selezione dei vini delle tenute di famiglia. Tutte le etichette delle varie tenute sono disponibili nel wine shop, da degustare anche al calice, così come i prodotti provenienti dalle tenute toscane di famiglia e produzioni artigianali.

Numerose sono le atre realtà produttive degli Antinori in Toscana e ognuna racconta l’espressione sensoriale di un terroir ben preciso, un capitale enologico e culturale che l’azienda si impegna a tutelare e valorizzare attraverso l’esaltazione delle sue diversità. Nel Chianti Classico

sono presente anche le tenute Tignanello, Badia a Passignano e Pèppoli, mentre a Montalcino c’è Pian delle vigne, a Bolgheri la Tenuta Guado a Tasso, Villa Antinori (Del Cigliano), dove tante generazioni sono nate e vissute dal 1546, anno in cui Alessandro di Niccolò Antinori ne divenne proprietario. Antinori nel Chianti

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��www.antinori.it
Classico
055 2359700
Tenuta di Artimino Tra natura e atmosfere rinascimentali A 20 chilometri da Firenze, la Tenuta di Artimino è il luogo perfetto per un soggiorno memorabile: un microcosmo unico ricco di attività, tra benessere e prodotti d'eccellenza

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Benessere e cucina d'eccellenza, un binomio perfetto per chi cerca una vacanza riposante e lontana dal caos. Dove andare, quindi? La Tenuta di Artimino, a 20 chilometri da Firenze, è senza dubbio una destinazione da prendere in considerazione, ancora di più con l'inverno che entra nel vivo: il periodo dei sapori caldi e avvolgenti, del vino, dei funghi e delle castagne, del camino acceso. Un'occasione da non perdere.

La Spa, situata nel borgo medievale di Artimino, offre coccole e benessere fisico a cui si aggiunge la Wine Therapy con speciali trattamenti che utilizzano le preziose proprietà “detox” del vino per combattere i segni del tempo. Amatissimo dagli ospiti è il bagno di coppia in tinozza, accompagnato da un calice di vino della Tenuta di Artimino, un’esperienza che coinvolge e stimola tutti i sensi.

Questo trattamento è straordinario, perché, grazie all’azione dei polifenoli, importanti antiossidanti in grado di aiutare il corpo a contrastare la formazione di radicali liberi, dona elasticità e levigatezza alla pelle.

Arte, cultura e storia nel cuore della Toscana

La Tenuta è anche il luogo dove s’incontrano storia, cultura, arte e natura, un luogo dalla bellezza toscana senza tempo. La Tenuta è stata dapprima insediamento etrusco, poi borgo medievale e dal 1596 amata residenza di caccia della Famiglia

Medici, voluta da Ferdinando I De Medici Granduca di Toscana, realizzata dal geniale architetto Bernardo Buontalenti.

In questo privilegiato angolo di Toscana di oltre 730 ettari, la Villa Medicea La Ferdinanda, è il cuore della Tenuta, Patrimonio dell’Umanità Unesco dal 2013, che è possibile visitare con una guida dedicata per scoprirne tutti i segreti e il valore storico e artistico. Per gli appassionati di storia, è d’obbligo anche una tappa al Museo Etrusco che si trova sempre nel borgo.

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Il ristorante Biagio Pignatta, adiacente all’hotel, è il luogo delle tradizioni e dei sapori locali dove un pranzo o una cena si trasformano in un’esperienza sensoriale. I piatti “signature” sono quelli della grande tradizione culinaria medicea, come l’Anatra all’Arancia legata alla figura di Caterina de’ Medici. Piatti particolari, reinterpretati con competenza e creatività per riscoprire le ricette che derivano dalla storia dei Medici e che costituiscono l’origine di molti piatti della cucina francese. Tradizione, innovazione e gusti intensi, sono il mix vincente che conquista italiani e stranieri.

Tenuta di Artimio è un microcosmo davvero unico e ricchissimo di attività, tutto da scoprire, un luogo autentico, immerso tra viti e uliveti, campagne coltivate e natura incontaminata, che regalerà ai suoi ospiti

una fuga invernale memorabile. E per i wine lovers la Tenuta è un luogo speciale. Vengono organizzati wine tasting per scoprire i vini della Tenuta, accompagnati da assaggi dei sapori rigorosamente locali. Un sommelier dedicato accompagnerà gli ospiti in un “tour” enologico tra le colline del Carmignano Docg, tra le più antiche e piccole Docg d’Italia, e le colline del Chianti Montalbano, simbolo della Toscana nel mondo. Tenuta di Artimino

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Un'offerta esclusiva per i wine lovers
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www.artimino.com

I colorisorprendenti e gusti di Atene... anche d'inverno

Gli arredamenti sono fra i più diversi tra loro, ma tutti originali, glamour e coinvolgenti. Da quelli con mille contaminazioni ai più rigorosi design minimal, dai pub irlandesi alle taverne delle isole dell’Egeo, da quelli in linea con le ultime tendenze newyorkesi a quelli tradizionali con semplicissimi tavoli e sedie di legno di campagna. Parliamo dei locali del centro di Atene, tutti accomunati dalla stessa voglia di fare divertire e stare bene in compagnia per una cena o un drink. E il tutto senza eccessi e, soprattutto nel weekend, senza limiti di orari notturni

Insomma, il clima di ottimismo e di voglia di vivere che si respira nei bar e ristoranti che si incontrano per chilometri di strade e piazze del centro è uno dei motivi più originali per visitare Atene anche d’inverno. Si tratta di un ambiente festoso e colorato (non solo per le festività) che favorisce un sentimento generale di piacere e relax, grazie anche all’accoglienza greca che sa dare il meglio di sé proprio in questi momenti.

I quartieri del centro, in primis la Plaka e Monastiraki, ai piedi dell’Acropoli che da secoli domina la città, di giorno si riempiono per gli uffici e migliaia di negozi (molti di souvenirs), ma col tramonto cambiano pelle e al traffico sostituiscono la movida e una vita notturna che ha pochi eguali in altre metropoli. Piazze e strade sono piene di dehors che ampliano i già ampi spazi interni di locali dove gli ateniesi, senza differenza d’età, mangiano, ballano e… si divertono. E lo stesso vale per l’affaccio sul mare del Pireo che, pur comune

autonomo e con la centralità del suo porto, è diventato un altro dei luoghi più frequentati dell’accoglienza di una metropoli da oltre 5 milioni di abitanti (la metà di tutta la popolazione della Grecia).

Atene cresce... e cresce il turismo

Ed è proprio il numero degli abitanti che ha fatto crescere d’importanza Atene negli ultimi anni. Bisogna salire su qualche attico al

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Monastiraki CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO

centro della città (per tutte il roof garden del prestigioso Grand Hotel Grande Bretagne, 5 stelle lusso, nella centralissima piazza Syntagma o all’Hotel Herodion, 4 stelle lusso da dove si può fare una jacuzzi guardando il Partenone) per rendersi conto della distesa a perdita d’occhio di case bianche che dal mare e dalla pianura che circonda l’Acropoli salgono lungo le pendici delle montagne che le fanno da corona. L’assenza di grattacieli, i grandi stadi olimpionici e alcune aree verdi (il Giardino Nazionale, dove ad un ingresso c’è l’arco di Adriano, e le colline di Licabetto e Filopappo) interrompono la teoria quasi infinita di case che sembrano fare parte da sempre del paesaggio.

La città moderna (in cui sono pochi, ma straordinari, gli edifici antichi dopo le distruzioni fatte dagli ottomani) quasi stordisce per la

sua sostanziale omogeneità ovunque la si guardi. Un traffico caotico giorno e notte (in parte bypassabile grazie ad una metropolitana efficiente che con una linea collega il Pireo con l’aeroporto e che in alcune stazioni ha organizzato dei piccoli musei archeologici di grande interesse sui ritrovamenti fatti durante gli scavi), commerci di ogni tipo e uno dei porti più importanti del Mediterraneo (fra navi da crociera e traghetti delle isole il turismo quasi equipara l’imponente movimento di merci) sono oggi i suoi tratti caratteristici. Ma proprio questa contemporaneità fa emergere per contrasto tutta la potenza del suo patrimonio “archeologico” che data 3mila anni.

L’attuale capitale è un po’ il cuore dell’antica civiltà ellenica che nei suoi monumenti del V secolo a.C. ha uno dei suoi simboli più ri-

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conosciuti. Creta, Delfi, Micene o Salonicco, pure carichi di storia, spariscono al confronto col fascino e il mito dell’Acropoli, la cittadella in cima alla collina al centro della città dove spiccano il Partenone e le Cariatidi. Ed è proprio nel collegamento fra modernità e storia che si può partire per entrare nell’anima di Atene: il modernissimo museo dell’Acropoli (uno dei più interessanti al mondo realizzati negli ultimi decenni) dove il tempio di Athena Parthenos (il Partenone) viene quasi ricostruito in grandezza originale, comprese le copie dei fregi di cui i greci attendono la restituzione dal British museum di Londra.

Dal museo, ai piedi dell’Acropoli, in uno dei quartieri storici più eleganti della città, Makrigianni, dove si può mangiare cucina contemporanea di ottimo livello al Gargaretta ristorante, si può salire alla cittadella pas-

COSA MANGIARE

La gastronomia ad Atene

Ma vediamo alcune delle proposte della cucina greca che è facile trovare ad Atene. Una premessa è d’obbligo: parliamo di una tradizione gastronomica di oltre 4.000 anni che nel corso dei secoli è stata influenzata da moltissime culture che si sono sovrapposte, dai romani ai veneziani, dai turchi agli inglesi. Questi i piatti più comuni:

Dolmades: foglie di vite ripiene di carne, risotto e verdure.

Fakes: zuppa di lenticchie.

Fasolada: zuppa, con olio d'oliva, di fagioli, pomodori, carote e sedano.

Fava: purè di piselli.

Horiatiki: insalata con pomodoro, cetriolo, cipolla, peperone, olive e formaggio feta.

Keftedes: polpette fritte con origano e menta.

Koulouri: ciambella tipica greca.

Loukoumades: gnocchi fritti con miele e cannella.

Loukoumi: dolce a base di fecola e zucchero.

Melitzanosalata: insalata di melanzane.

Metaxa: miscela di brandy e vino.

Ouzo: liquore dal sapore dolce e dall'odore di liquirizia, con 37-50 gradi

Patsas: Zuppa con interiora.

Pikilia: assortimento di sottaceti, sedano, gamberetti, cipolle, gamberi, pomodori, cetrioli, olive e formaggio feta.

Psarosoupa: zuppa di pesce.

Saganaki: formaggio fritto.

Souvlaki: spiedino alla griglia. Può essere di agnello, pollo, maiale, pesce o gamberi.

Spanakotiropites: calzone con formaggio e spinaci.

Spanokopita: pasta ripiena di spinaci ed erbe.

Tyropita: pasta ripiena di formaggio feta.

Tzatziki: salsa di yogurt con cetriolo ed aglio.

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sando per il teatro di Dioniso e l’Odeon di Erode Attico (di epoca romana). Una volta superati i Propilei si potranno ammirare il Partenone, le Cariatidi, l'Erecteo e il tempio di Atena Nike, o dominare dall’alto l’Agorà (il secondo luogo più visitato della Grecia classica), la Torre dei Venti e i tanti templi che circondano la collina, alcuni dei quali, anche se in non buone condizioni di conservazione, permettono di capire meglio come era organizzata la città antica.

Non solo cultura!

Ma oltre all’incredibile ricchezza archeologica, ammirabile anche al museo nazionale o in quello del Pireo (dove si trovano alcune delle più antiche statue in bronzo del mondo), la capitale greca ha molto da offrire anche sul piano gastronomico. Splendide e intriganti insalate “greche”, saporite carni, pesce fresco e ottimi formaggi che si possono trovare in preparazioni tradizionali invece che interpretate in modo contemporaneo. Ed è ai piedi dell’Acropoli che si può assaporare il

Anafiotika

meglio della cucina greca oltre al ritmo e alla vitalità della città moderna. Passando per le stradine di Anafiotika che richiama le case di un’isola delle Cicladi, scendendo dall’Acropoli si raggiunge un quartiere da non perdere:

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Monastiraki, che deve il nome all’omonimo monastero ortodosso che dà anche il nome ad una delle piazze più frequentate della città ad ogni ora del giorno.

Si tratta di una delle principali zone commerciali del centro città. A Monastiraki (dove si possono visitare la Moschea Tzisdarakis, il Museo d'Arte Popolare Greca e i resti della Biblioteca di Adriano) si può trovare qualsiasi tipo di articolo, dall'abbigliamento vintage alla musica, libri e oggetti d'antiquariato. Il mercato di Monastiraki ha un aspetto simile a quello dei souk e si mercanteggia sul prezzo come in Turchia. Ed è qui che ci si può sedere in uno dei tanti suoi ristoranti all'aperto a bordo strada o sui terrazzi, per assaporare i piatti tipici della gastronomia greca in locali mediamente molto popolari. Si trovano tanti Giros Pitta (dove mangiare il kebab greco) la famosa pasticceria Little

Kook, dove luci e scenografie fantastiche dedicate ad ogni festa dell’anno caratterizzano una viuzza che sembra uscire da Alice nel paese delle meraviglie.

Per esperienze culinarie un po’ più “ricercate” in genere si deve passare a la Plaka, il Quartiere degli Dei, per la sua vicinanza all'Acropoli. È una è una delle aree più antiche di Atene ed è fra quelle con la scelta più ampia di locali, dai bar ai pub, dalle taverne ai ristoranti di lusso, senza escludere nuovi format assolutamente da provare come la Naxos Apothecary, una farmacia erboristica dove si può mangiare una cucina ricercata all’insegna dell’essenza stessa della gastronomia greca, le erbe, o il piacevolissimo Ergon House di via Mitropoleos 23, uno dei ristoranti con annessa gastronomia che richiamano le esperienze italiane di Eataly o il mercato centrale. Da non perdere l’Aomi kafektopoio loumidi torrefazione, uno dei più antichi caffè della città.

Pur essendo frequentato dai turisti, Plaka conserva ancora il suo affascinante aspetto antico, grazie alle sue strette e labirintiche stradine acciottolate, dove si ergono delle belle case neoclassiche del XIX secolo in mezzo a palazzoni degli anni Ottanta e Novanta pieni di negozi. Sul piano culturale da non perdere la Cattedrale dell’Annunciazione e il museo Bizantino cristiano. La ricchezza di locali ne fa la sera il luogo più frequentato dagli ateniesi, di ogni età.

Moussakà e gyros

La moussakà è un piatto consistente, che normalmente si serve molto caldo ed è, pertanto, perfetto per riscaldarsi nelle fred-

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de serate d'inverno. È una specie di lasagna, i cui ingredienti sono la carne macinata d'agnello, le melanzane e il pomodoro. Alcune versioni includono altri ingredienti, come le patate e le zucchine. La maggior parte dei locali di Atene offre un cibo tipico chiamato gyros. È un panino ripieno di carne arrosto (di pollo o agnello), con pomodori, cipolle e salsa. Il suo nome è dovuto al fatto che la carne viene cucinata girando continuamente, con la stessa tecnica con cui si prepara la carne dei kebab.

Gli orari dei pasti ad Atene sono molto simili ai nostri. Il pranzo si serve dalle 13:30 alle 16:00 e la cena fra le 21:30 e le 23:00. Essendo abituati alla presenza di turisti provenienti da tutte le parti del mondo, non ci sono problemi per pranzare o cenare praticamente quando si vuole.

Il Pireo fra porto e cultura

Nella zona del Pireo è dove sono avvenuti forse i cambiamenti più radicali degli ultimi anni. A parte l’espansione a macchia d’olio di Atene, è con la fusione urbanistica col suo porto (che fa capo al comune autono-

mo del Pireo) che molte cose sono cambiate. L’antica città del Pireo era unita dai tempi di Temistocle ad Atene dalle mura che proteggevano la strada che le collegava. Ora non c’è più soluzione di continuità e anche le mura sono state inglobate nella moderna urbanizzazione.

Il nuovo tempio della cultura

E a fare da saldatura di queste due realtà municipali distinte c’è quello che potremmo definire il moderno tempio della cultura ellenico. Si tratta dell’incredibile complesso progettato da Lorenzo Piano, il SNFCC Stavros Niarhos foundation cultural center (in località di Kallithea), che su una superficie di 210mila mq, comprende la biblioteca nazionale e il Greek national opera teatro. Oltre a spazi per conferenze, mostre , tempo libero, giardini, un orto botanico, un canale per gare di canottaggio e una pista di pattinaggio su ghiaccio.

Un centro all’insegna della sostenibilità e della positività, realizzato in piena crisi economica della Grecia grazie al contributo della fondazione Niarkos. È uno dei

simboli della nuova Atene, metropolitana e aperta al mondo, ma fiera della sua storia. Dalle sue terrazze si ha fra l’altro una delle più belle viste del mare e della vicina isola di Salamina.

E dal centro cultruale SNFCC il passaggio al Pireo è davvero questione di pochi minuti anche a piedi. Se un tempo parlando del Pireo si faceva riferimento solo al porto principale (il più importante del Mediterraneo per numero di passeggeri) oggi tutta l’area portuale è in trasformazione e si punta a riqualificarla in una decina d’anni come è successo a Genova o a Marsiglia.

Un edificio in costruzione da anni verrà ad esempio trasformato in una torre green all’insegna della sostenibilità, e dovrà essere il nuovo simbolo della città-quartiere. Nel frattempo, la costa è stata urbanizzata per chilometri facendone la zona residenziale più costosa di Atene ed una teoria ininterrotta di bar e ristoranti fron-

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SNFCC Stavros Niarhos foundation cultural center La biblioteca nazionale

Sky express

Arrivare ad Atene è oggi più comodo, e conveniente, di quanto si possa immaginare. La compagnia aerea greca Sky Express collega infatti Roma Fiumicino e Milano Malpensa con Atene e 34 destinazioni greche, oltre a Cipro, offrendo ai viaggiatori una nuova opzione, affidabile ed economica.

La compagnia opera sul mercato italiano da Luglio 2021 da Roma Fiumicino e da ottobre di quest’anno con voli giornalieri. Inoltre, dal 26 ottobre 2022 la compagnia aerea con la flotta più green della Grecia e una delle più eco-sostenibili d’Europa, ha iniziato ad operare un volo diretto da Milano con cinque frequenze settimanali (lunedì, giovedì, venerdì, sabato, domenica). I passeggeri possono scegliere tra diverse tipologie di tariffe: SKY joy, SKY joy+, SKY enjoy, mentre a bordo, oltre ad un servizio gratuito, hanno la possibilità di gustare prodotti a marchio premium con il servizio SKY Drinks & Bites. Il percorso del successo di SKY express si basa su una strategia ben definita, servizi di alto livello con tariffe competitive, personale con esperienza e soprattutto investimenti in linea con le aspettative odierne: sensibilità per l’ambiente ed attenzione per la soddisfazionedel passeggero.

teggiano i due porti più piccoli dedicati alle barche da diporto private.

Il porto del Pireo, oltre che polo crocieristico e dei traghetti è il porto più importante della Grecia, seguito a grande distanza da quello di Salonicco, ma anche uno maggiori d’Europa e la porta d’ingresso fondamentale nel continente per le merci in arrivo da Cina & company, la manifattura del pianeta. Insomma, soldi e interessi e un pizzico di geopolitica al Pireo sono di casa. Non a caso il futuro e il presente parlano cinese.

COSCO (China Ocean Shipping Group), detiene il 51% delle quote del porto, che vuole trasformare nel principale punto di approdo europeo dell’ambizioso progetto OBOR (One Belt One Road cioè la Nuova Via della Seta che rivoluzionerà il mondo di domani). Ma al Pireo ci sono come ricordato altri due porti “turistici”: il Pasalimani e il più piccolo Mikrolimani.

Pasalimani

IN
AEREO

Pasalimani porto

Il Pasalimani è la parte bella del Pireo. Si tratta di un'insenatura naturale, perfettamente circolare, dove si trova uno yacht club molto popolare, la Marina Zea. Il lungomare è un luogo più che gradevole per passeggiare come per farsi una corsetta mattutina, non è disturbato da negozi e il traffico sempre intenso è nascosto da una piacevole fila d’alberi. Il Pasalimani non ha nulla di artefatto, non fa niente per attirare il turista col risultato di farsi amare e invidiare.

C’è il circolo canottieri, tante imbarcazioni a vela e piccoli pescherecci, edicole e dehors, fermate del filobus, motorini e palme. Proprio dove finisce, il Pasalimani diventa ancora più interessante: obbligatorio arrivare sino in Piazza (Plateia) Alexandras dove si trova il monumento dedicato al genocidio dei Greci del Ponto, una storia che noi italiani conosciamo poco ma che merita una riflessione.

Mikrolimano porto

ll Mikrolimano (piccolo porticciolo in greco) si trova solo un pò più in là dal Pasalimani. È minuscolo, e se possibile, ancora più caratteristico. Il Mikrolimano è un quartiere dove barchette di legno sono parcheggiate accanto a Jeep in doppia fila, dove le case sono costruite così fitte che sembra si trattengano a vicenda per non gettarsi in mare. Sono quelle della collina di Kastella, che è un piacere visitare prima o dopo cena, uno degli insediamenti più antichi del Pireo, dove un tempo c’era l’acropoli della città.

Il Mikrolimano va vissuto soprattutto la sera, anche d’inverno, tra una cena con concerto di musica greca dal vivo e una tavolata con gli amici più cari. Per godersi la vista del porto e buoni piatti si può puntare sul ristorante Mira.

Hotel Grande Bretagne

La storia moderna della Grecia passa da qui

La storia dell'Hotel Grande Bretagne, il più elegante della città, è intrecciata con la storia di Atene e lo stato della Grecia moderna. Parliamo di un lusso europeo posto nella centralissima piazza Syn-

tagma proprio accanto all'ex palazzo del re, ora edificio del parlamento, tanto che da qualsiasi finestra è possibile assistere al cambio delle guardie di Evzone o vedere l’Acropoli. L'hotel fu costruito nel 1842 come casa di Antonis Dimitriou, un ricco greco di Trieste, la cui famiglia era originaria dell'isola

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di Limnos. Era uno dei tanti greci e stranieri dall'estero giunti in Grecia dopo che il paese era stato liberato dagli ottomani appena dodici anni prima. All'epoca Atene era una piccola cittadina di strade sterrate, polverosa d'estate e un mare di fango d'inverno. Non è stata presa sul serio come capitale perché la gente credeva che la vera capitale della Grecia sarebbe stata Costantinopoli e Atene era solo una tappa temporanea del viaggio dalla capitale originaria a Nafplio. Nel 1874 Stathis Lampsas, un greco nato in Russia e che era stato cuoco del re nel palazzo accanto, entrò in società con Savas Kendros, proprietario dell'hotel Grande Bretagne, che era in un’altra zona, e acquistato il palazzo Dimitriou ne fece la nuova sede dell’hotel Grande Bretagne.

Avere un hotel così lussuoso in cui re e dignitari si sentissero a proprio agio in una

città come Atene, dove i polli correvano per le strade e la scarsità d'acqua era un evento comune, era un compito a dir poco difficile. A volte i dipendenti dovevano portare l'acqua in lattine da carrozze trainate da cavalli e nonostante l'albergo fosse considerato lussuoso anche per gli standard europei, c'erano solo 2 bagni per ospitare gli ottanta posti letto. Nel 1888, dopo la morte di Savas Kendros, Stathis Lampsas installò l'elettricità nell'hotel quando Atene ottenne il suo primo generatore. L'albergo era anche un centro di intrighi, dove si stringevano e si rompevano alleanze, dove dormivano spie e agenti e dove si formavano e si abbattevano governi. La sua sala da ballo era il centro di cerimonie, feste e incontri sociali. Nel 1900 le strade di Atene furono asfaltate, i tram trainati da cavalli furono sostituiti da quelli elettrici e c'era persino un treno dal centro al porto del Pireo. A quel punto il Grande Bretagne

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disponeva di acqua corrente, riscaldamento centralizzato, telefoni e ascensori.

Con l'istituzione della Repubblica nel 1924 la Grande Bretagne divenne il luogo d'incontro centrale per i greci e gli stranieri che stavano plasmando la vita politica, economica e sociale del paese. Nei suoi saloni di ricevimento si riunivano quotidianamente industriali, armatori, magistrati, diplomatici, funzionari governativi e giornalisti mentre nei suoi eleganti appartamenti soggiornarono e in alcuni casi vissero illustri stranieri. La nuova ala su Panepistimiou fu costruita nel 1930 per accogliere i presidenti e i re, le sinfonie e le delegazioni che venivano ad Atene.

Durante la seconda guerra mondiale il Grande Bretagne fu rilevato dallo Stato maggiore generale e tutti gli ospiti furono invitati ad andarsene. Ma quando Atene cadde in mano ai nazisti il 28 aprile 1941 divenne il quartier generale del terzo Reich e si riempì di centinaia di ufficiali. Per tre anni i nazisti visse-

ro nell'albergo con visite regolari di Goering e Himmler. Rommel e Hitler soggiornarono qui anche alla vigilia dell'invasione sovietica del 1941. Quando i tedeschi se ne andarono e l'albergo divenne il quartier generale del corpo di spedizione britannico nell'autunno del 1944. Ma la pace fu di breve durata quando scoppiò la guerra civile tra l'esercito greco e la resistenza comunista che controllava la maggior parte di Atene ad eccezione del Grande Bretagna. L'hotel divenne teatro di conferenze tra il governo di George Papandreau e le delegazioni britanniche guidate da Harold Macmillan e successivamente da Winston Churchill e Anthony Eden. Il Grande Bretagne era insieme fortezza e campo profughi con mitragliatrici piazzate all'ingresso, alle finestre e nei corridoi, mentre le stanze erano date ai millecinquecento senzatetto stipati nell'albergo.

Nel 1956, dopo la fine della guerra civile, all'hotel furono aggiunti altri quattro piani. Negli anni a seguire l’hotel fu testimone di

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numerose manifestazioni, comizi elettorali, parate militari e colpi di stato militari. Quando la giunta dell'aprile 1967 crollò nel luglio 1974, fu al Grande Bretagne che Costantino Karamanlis visse per quattro mesi mentre formava il nuovo governo nella sua suite al 5° piano e lo stesso anno l'arcivescovo Makarios si rivolge al popolo greco da un balcone del secondo piano sulla via del ritorno a Cipro dopo il suo quasi assassinio e l'invasione e l'occupazione turca dell'isola.

Da quando è stato trasformato dalla dimora più lussuosa di Atene in uno degli hotel più rispettati ed eleganti del mondo, il Grande Bretagne ha avuto tra i suoi ospiti oltre 40 re, regine e capi di stato. È qui che vengono tutti i leader internazionali e qui si svolgono quasi tutti i banchetti ufficiali, il cibo gourmet

servito con fine porcellana e cristallo e argenteria d'oro del XIX secolo. Mentre Atene è cambiata, il Grande Bretagne continua a offrire uno standard di eleganza che è quasi scomparso dal mondo un secolo fa.

Nel 2003 il Grande Bretagne è stato sottoposto al rinnovamento più esteso della sua lunga storia e non ci sono più molti dubbi sul fatto che non sia solo il più elegante ma anche il migliore anche da un punto di vista dell’offerta di ristorazione curata da Asterios Koustoudis.

Hotel
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0000 ��www.marriott.it/hotels
Grande Bretagne
30 21 0333
Asterios Koustoudis

A Lisbona

Dove
insegnano a vivere con leggerezza e poesia

Capita grazie al nostro lavoro di ricercatori di viaggiare e, grazie al cielo, questo ci porta sempre più spesso a riempirci gli occhi di nuovo e di bellezza. “Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda”: Italo Calvino aveva ragione, anche e soprattutto se una degli interrogativi ai quali ho cercato più spesso di rispondere è: “Dove si mangia?”.

Scherzi a parte, Lisbona si presenta come una città capitale, ma che non ha voglia di prendersi troppo sul serio: queste strade enormi, questi palazzi moderni e luminosi

fanno filò con lo stile classico e sornione della Região bagnata dall’Atlantico. In questa stagione il profumo di caramello e di banchetti di caldarroste si sposano benissimo con il rosso mattone dei tetti ed i sorrisi della gente.

Nei momenti in cui il sole scavalca le nuvole, si specchia negli Azulejos creando nuovi motivi e sfumature fra gli scorci nei vicoli, creati dall’ammucchiarsi di case e di gradini che sembrano star vicini per permettere al vento dell’Oceano di fischiare e di mescolarsi con i suoni ed il vociare dei borghi.

Le salite e le discese di una città costruita sulle colline sembrano ricordare gli alti e i bassi fonetici di una lingua fatta apposta per essere sussurrata o spesa

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Torre di Belem di Fabio Di Pietro CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO

per racconti in qualche taverna di fronte ad un calice. Ci troviamo qui perché stiamo conoscendo nuove realtà, nuovi luoghi per eventi e nuovi importatori... ma è innegabile che con il team abbiamo dedicato del tempo per vivere la città e le sue sfumature il più possibile e quindi, fra un incontro ed un altro, ci lasciamo trasportare intenzionalmente dalla nostra voglia di perderci in città per scoprire i luoghi più suggestivi.

Una città vocata al turismo

Questa attitudine ci permette di osservare i ritmi di una vita portoghese che scorre all’insegna dell’accoglienza e del turismo internazionale che proviene da ogni dove per provare le stesse nostre sensazio-

ni.  L’orologio sociale sembra scandito a ritmo di musica o, meglio, di Fado (Patrimonio immateriale Unesco) in una perfetta improvvisazione dove fuori menu, artigianato prodotto al momento e musica vengono offerti ad ogni angolo della città.

Qui i Fenici hanno per primi condiviso la tecnica di vinificazione in anfora e hanno contribuito a costruire il Dna di viaggiatori al popolo Lusitano.

Il quartiere di Belem, oltre a custodire la tradizionale ricetta dei Pasteis de Nata (dei meravigliosi tortini di sfoglia e uova), è anche uno dei luoghi suggestivi della periferia della capitale portoghese: la sua Torre (altro patrimonio Unesco) sembra primeggiare sull’orizzonte lievitando sul bagnasciuga della foce del Tago quasi a

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Pastéis de Belém

protezione delle ricette del posto; non è difficile imbattersi in luoghi dove il marisquo è il re delle taverne ed i codfish cake sono il valido sostituto dello street food.

Il Bacalhau è proposto in tutte le sue sfaccettature e c’è chi giura che neanche la più gagliarda delle nonne portoghesi conosca tutte le più di 365 ricette tipiche per proporre il baccalà.

Baccalà e scoperte

Il Baccalà è così diffuso perché, essendo terra di viaggi e di esplorazioni (bellissimo anche il maestoso monumento degli esploratori sempre a Belém) si è tramandata una cucina povera e con la necessità di sviluppare tecniche di conservazione: anche il Porto, nato con il metodo soleras, è un prodotto che rispecchia fedelmente questa identità.

Oltre al Blanco, al Tawny ed al Ruby una

vera sorpresa è il Brandy di Lourinha che degnamente rappresenta la regione nel mondo dei distillati. Una bella sensazione di relax che vi consigliamo è anche sorseggiare (ma neanche troppo lentamente) un bicchiere di Ginja al tramonto: anche se è un liquore di marasche di sapore dolce, qui è un tutteleore che i più anziani bevono anche a colazione.

La cosa più bella in assoluto di una città come questa, e che ti colpisce dentro, è il colore del cielo e la pioggia fine che ti inumidisce il viso fra uno spruzzo di sole ed un altro, mentre la vita scorre allegra fra i chioschi della città e fra i negozi che si svegliano piano ed assonnati a mezzogiorno, per durare fino alla sera inoltrata.

La mia rubrica mi porta sempre a scovare delle maestrie specifiche da sottolineare o da condividere ma, in questo caso, mi sento di dire che la vera maestria in questo popolo è quella di come qui viene interpretata la vita.

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Bolinho de Bacalhau

Dai cornetti gourmet alla Pandorata, i dolci unici di “Zio Rocco”

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L’obiettivo del pastry chef Rocco Cannavino, alias “Zio Rocco”, consiste nell’elevare i piccoli lievitati a prodotti di pasticceria gourmet, valorizzando i prodotti del territorio. Il pasticcere realizza cornetti e brioche, frutto di grande studio e sperimentazione dei gusti, con massima attenzione all’estetica. Utilizza i prodotti del territorio, fra i quali ci sono le farine di Mulino Caputo, particolarmente adatte anche per dolci e pasticceria.

Ogni mese, nei Lab Store a Napoli e a Pomigliano d’Arco, lancia un nuovo prodotto in limited edition. Tra questi c’è ‘O Miracolo,

il cornetto più costoso al mondo, venduto a 20 euro: una sfoglia ischitana al cioccolato di Modica unita ad un impasto brioche al succo di lamponi selvatici, cuore di crema al latte di bufala e vaniglia del Madagascar, ragù di lamponi selvatici al pepe rosa e composta di albicocca pellecchiella del Vesuvio, finito in superficie con polvere di pura liquirizia calabra e a completare foglioline e scaglie d’oro puro 24 carati.

In passato andò a ruba anche il Mr. Orange, formato da un friabilissimo impasto doppia sfoglia al cacao criollo poco amaro, unito ad un impasto brioche all’arancia candita, ripieno di un cremoso latte-panna all’arancia Tarocco e un cuore al cioccolato bianco. Non da meno il Santha Giorgia, con impasto brioche con polpa di mirtilli selvatici,

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Briosce CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO

segnalazioni

sfoglia ischitana girata a 36 strati, all’interno cremoso leggero alla cheesecake e frutti rossi selvatici semi canditi.

Cornetti gourmet

Nato ai Quartieri Spagnoli di Napoli, Rocco Cannavino trova sempre l’occasione per ricordarlo: «La mamma per merenda ci preparava la fetta di pane con ricotta e zucchero: da tutto questo è nato Q-Esse, appunto Quartieri Spagnoli». Si tratta di una brioche pandoro in crosta croccante ai 7 cereali semi caramellati, prima cotta a vapore al 30% e poi asciugata in forno rotativo con all’interno ricotta di bufala in due consistenze - cremosa al naturale e in spuma leggera dolce - con un cuore fresco di cantalupo, in superfice bacca di vaniglia in puro cioccolato 70%, crumble di pane cotto a legna essiccato e zucchero di canna.

Nelle sue creazioni si percepisce l’influenza della sua esperienza a Londra al ristorante Quaglino’s, che vantava la consulenza dello chef Gordon Ramsay, e a Parigi al Bristol Hotel sotto lo chef Lauren Jeannin.

Oggi il pastry chef, classe 1984, è in grado di attirare clientela da tutta Italia, forte anche dei suoi seguitissimi social network. Tutti in fila, anche di notte, per assaggiare il vero cornetto gourmet.

Pandorata

E per Natale Rocco Cannavino propone la Pandorata, lievitato che nasce da un impasto

ibrido tra la semplicità e sofficità di una brioche pandoro e l’intensa consistenza e profumazione di un panettone. «Ho scelto di impastarla completamente a manospiega Zio Rocco - per conferirgli a pieno la mia filosofia e pensiero di grande lievitato. Ecco perché ci sono solo 100 pezzi disponibili in serie limitata».

Si tratta di un prodotto il più naturale possibile realizzato con burro di latteria, bacche di vaniglia Bourbon, uova fresche e buccia di agrumi grattugiata. Il tutto viene confezionato all’interno di una scatola in legno rivestita di velluto, fatta a mano da un artigiano falegname locale, dove sono inserite anche due sac a poche con crema al pistacchio e crema al latte di bufala, da utilizzare per farcire a piacere ogni singola fetta della Pandorata.

Ischitano e Natalone

L’ischitano è il suo pezzo forte, con doppio impasto (sfoglia e brioche), una fermentazione a massa di 8 ore a 4°C e una seconda in cui - a seguito dell’unione dei due impasti - il prodotto ultimato va in lievitazione per altre 12 ore a 21°C. E nel menu lo troviamo farcito con materie

Ischitano

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prime a km 0 come la pellecchiella del Vesuvio, le nocciole di Visciano, il latte Nobile di Agerola, il burro di bufala campana o prodotti d’eccellenza come il cioccolato di Modica, la vaniglia del Madagascar o la liquirizia calabrese.

Zio Rocco

Lab Store

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Natalone
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Tra le sue proposte anche una brioche panettone che prende il nome di Natalone, proposto ogni anno in una variante diversa, ad esempio con burro di bufala e cioccolato al 70%, ripieno con doppia crema al gianduia 45% nocciola viscianese e un cuore di cremino al caramello salato. Il topping è a base di ganache al cioccolato al latte, arachidi, popcorn salati e, infine, gocce di caramello mou filante. ��
081 0608830
fb.com/zioroccolabstore

I dolci toscani raccontano il territorio e le tradizioni

La Toscana punta sui dolci della tradizione per raccontare il territorio e la propria identità culturale. I dolci sono molto legati alle festività religiose con un forte valore identitario, sono simbolo di condivisione e accoglienza, di festa e ricorrenza. Raccontano di tradizioni, storie familiari e generazionali, di identità e peculiarità. Ogni piccolo borgo ha il suo

dolce, ogni ricorrenza ha le sue “chicche”, tenerne traccia è il modo di riappropriarsi di una memoria che rischia di scomparire. Tra sacro e profano, tra tradizioni contadine e la cucina dei monasteri, i dolci scandivano le varie stagioni in una sorta di calendario del gusto, perché il dolce era simbolo di occasioni speciali, ricorrenze e feste.

Il cibo è cultura perché fa parte delle nostre radici e della nostra storia materiale, ma

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CLICCA QUI PER L'ARTICOLO COMPLETO Il Panforte

anche perché è strettamente legato ai beni storico artistici, come si evince dal progetto “Patrimonio Unesco e Food” della Camera di commercio di Arezzo e Siena, nell’egida di Vetrina Toscana. Un progetto trasversale di valorizzazione turistica, uno strumento di narrazione dell’eccellenze storico artistiche e agroalimentari del territorio, in connessione con il patrimonio Unesco, che prevede anche la realizzazione di brevi filmati promozionali, che sappiano coniugare la storia del prodotto e la sua integrazione nel territorio. La Toscana racconta il patrimonio Unesco della provincia di Siena attraverso i suoi prodotti enogastronomici, tra cui anche i dolci senesi e in particolare i Ricciarelli e il Panforte di Siena Igp

Vetrina Toscana è un originale progetto della Regione e di Unioncamere che unisce tipicità, autenticità dei territori e attenzione all’ambiente. Sul sito www.vetrina. toscana.it si possono trovare suggestioni, approfondimenti sui prodotti tipici, itinerari enogastronomici, esperienze legate al cibo e ricette per assecondare un percorso nel gusto: un vero e proprio “viaggio nel viaggio”.

Dolci senesi

A Siena vi è una lunga tradizione dolciaria: il panforte è collegato all’Arte dei Medici e degli Speziali di Siena, mentre i ricciarelli a una ricetta importata in Occidente dal mondo arabo, dopo il ritorno dalle Crociate. I Cavallucci risalgono al ‘500 e devono il loro nome al fatto che erano serviti nelle stazioni di posta ai viaggiatori che si fermavano a cambiare cavallo. Un altro dolce tipico, molto rustico, è il Pan co’ Santi, che si trova nel periodo della festa di Ognissanti ed è un pane farcito di noci e uvetta insaporito con pepe nero.

Dolci di Natale

Tra i dolci tipici del periodo natalizio ci sono il panforte e il panpepato: già nei documenti del XVII secolo si capisce che i nomi, se non i prodotti, sono distinti. In ogni caso si considera che quelli «senesi siano li megliori». Nel 1813 Ugo Foscolo scrive in una lettera di aver ricevuto in dono, da Siena, dei “panforti” da parte della nobildonna Quirina Magiotti Mocenni. Sono prodotti di grande pregio, dovuto alle spezie e al pepe,

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I Ricciarelli

costosissimi in passato, e soprattutto di pertinenza esclusiva degli spezieri, ovvero i farmacisti, quasi sempre dei monaci. Saranno loro a dosarne l’uso medicamentoso (prevalente) accanto a quello alimentare per secoli, fino all’età moderna. Ci volle la soppressione degli ordini religiosi, e quindi la chiusura delle “spezierie”, perché Natale Pepi facesse nascere la prima fabbrica, nel 1810. Pepi, frate originario di Buti, inizia a operare nella basilica dell’Osservanza, poi diventa responsabile della Spezieria dell’Ospedale di Santa Maria della Scala e, al tempo stesso, un abile preparatore di panforte e panpepato. La svolta anticlericale gli dà un’opportunità: acquistare all’asta il corredo della Spezieria dell’Osservanza insieme allo speziale Lodovico Dei.

Il primo panforte con il cacao compare nel 1820. La versione bianca che tutti conoscono nasce nel 1879, in occasione della visita della regina Margherita, durante

il Palio d’agosto. È un copione già visto: come per la mozzarella sulla pizza, si aggiunse un tocco di bianco con lo zucchero a velo al panforte, gli si diede il nome “Margherita” e fu subito un grande successo. Nella versione Margherita, sia la pizza che il panforte sono diventati dei classici, mentre il panforte nero rimane il prodotto dei veri conoscitori della tradizione.

La produzione - secondo un’abitudine consolidata - inizia a settembre, quando è più facile reperire la frutta secca, poi il prodotto viene consumato a Natale perché, secondo una leggenda popolare, durante una Santa notte un pane si trasformò miracolosamente in panforte, a simboleggiare la nascita del Salvatore. Per la verità, ormai i dolci senesi si producono tutto l’anno. I ricciarelli sono molto diffusi, con la loro pasta di mandorle e miele e la variante al cioccolato. Più rari sono i cavallucci (con noci, canditi, spezie e ammoniaca) e le copate

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(impasto sottilissimo simile a quello del torrone, tonde, con una cialda dall’aspetto di un’ostia trasparente nei due lati).

Ricciarelli di Siena Igp

I Ricciarelli di Siena Igp sono un prodotto dolciario ottenuto dalla lavorazione di un impasto cotto al forno a base di mandorle dolci e amare attentamente selezionate, zucchero e albume d’uovo. Le origini risalgono al Medioevo, quando i senesi importarono il marzapane probabilmente dall’Oriente. È all’Oriente, infatti, che rimanda l’etimologia del termine “marzapane”: alla città birmana di Martaban per alcuni linguisti; al termine arabo “mauthaban” (scatola per contenere il marzapane) secondo altri. Lo stesso Niccolò Machiavelli ricorda come i “piccoli marzapani” furono offerti dai senesi a un legato pontificio in visita presso la città. La lavorazione dei ricciarelli di Siena avveniva nei conventi o nelle botteghe degli speziali, unici luoghi nei quali potevano trovarsi le spezie e gli aromi indispensabili per aromatizzare e conservare i cibi. Anticamente erano chiamati “marzapanetti alla senese” o “morzelletti” e solo nell’Ottocento comparve la denominazione “ricciarelli”.

L’impasto si ottiene lavorando assieme mandorle dolci tritate, zucchero semolato e a velo, albume d’uovo di gallina e agenti lievitanti. Sono ammessi ingredienti facoltativi in parziale sostituzione o in aggiunta, quali: mandorle amare, sciroppo di glucosio o zucchero invertito, miele millefiori, aromi, vaniglia in bacche o vanillina, oli essenziali di agrumi, aroma di mandorle, scorza di buccia d’arancia candita sminuzzata molto finemente, ostie di amido (come base), acido sorbico. Non sono ammessi altri ingre-

dienti, additivi, coloranti o conservanti. La varietà delle mandorle utilizzate per l’impasto viene individuata tramite determinazione del loro Dna. Segue la porzionatura effettuata meccanicamente o manualmente, in modo da conferire al prodotto la classica forma a losanga ovalizzata. Vengono quindi abbondantemente coperti con lo zucchero a velo. La cottura avviene in forni preriscaldati a una temperatura tra 150 e 200°C per 12-20 minuti. Dopodiché il prodotto viene lasciato raffreddare e avviato al confezionamento.

I Ricciarelli di Siena Igp hanno forma a losanga ovalizzata. Il peso di ogni singolo pezzo è compreso tra 10 e 30 g, lo spessore tra 13 e 20 mm. La superficie è di colore bianco per la copertura di zucchero a velo, con eventuale presenza di crepature. Il bordo è leggermente dorato. La pasta interna è di colore beige, con una lieve sfumatura dorata. Presentano una consistenza molto morbida. Il sapore e l’odore sono dolci, tipici della pasta di mandorle.

Per informazioni: www.vetrina.toscana.it

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200 CHeck-in • dicembre 2022 Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp nei piatti delle feste Per la sua croccantezza, dolcezza e versatilità si presta ad essere utilizzata in moltissime preparazioni, dall’antipasto al dolce. Ottimo l’abbinamento con i formaggi o con il pesce, come il baccalà

Per il suo colore, vivo e acceso, la Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp si intona benissimo all’atmosfera natalizia. Cromie e abbinamenti a parte, per la sua croccantezza, dolcezza e versatilità è tra gli ingredienti principe dei piatti che, dall’antipasto al dolce (panettone gourmet incluso), impreziosiscono le tavole delle feste intorno alle quali si riunisce la famiglia. Che sia la Vigilia, il giorno di Natale o la cena di San Silvestro, non c’è menu che non preveda almeno uno dei piatti a base di cipolla. Fosse anche solo per il soffritto che dà carattere a tutto ciò che tocca.

Un must, ad esempio, è portare in tavola la confettura di Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp per accompagnarla a dei formaggi stagionati. Oppure si possono aprire le danze della “grande abbuffata” con gli anelli di Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp, ricetta rustica, croccante, facile e gustosa, senza ombra di dubbio tra gli irrinunciabili fritti a base di pastella o pasta cresciuta. Gli fanno compagnia le frittelle di cavolfiore e baccalà. Ecco dunque alcuni esempi di antipasto nei quali è possibile declinare la Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp. E siamo solo all’inizio!

Dal pesce che si usa cucinare per la cena del 24 dicembre fino all’arrosto che si prepara per il pranzo del 25, un tocco di Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp sta bene con tutto, anche nel sugo alla base della pasta al forno. L’abbinamento è perfetto, oltre ai formaggi, è anche con la selvaggina, la carne in generale e, perché no, con il tonno e lo sgombro. Fa la sua bella e buo-

na figura anche al forno, contorno speciale per ogni secondo.

Un tempo - ma per molti è ancora così - la cena della Vigilia, in Calabria, era più importante del pranzo di Natale. La famiglia, con i vari componenti che facevano ritorno dalle diverse destinazioni dove passavano il resto dell’anno per studio o lavo-

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LA RICETTA

Baccalà “scattiato” con Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp

Per 4 persone

Il nome di questo piatto della memoria si deve al suono generato dall’immersione dell’ingrediente principe della ricetta (in questo caso, il baccalà) nell’olio bollente: scattìa, scoppietta. Per la sua realizzazione occorrono 500 grammi di baccalà, una Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp media, una foglia di alloro, pepe rosso macinato nella quantità giusta per impanare tutti i lati dei tranci di baccalà, olio extravergine di oliva e sale quanto basta. Se non già spugnato, bisogna immergete il baccalà in una bacinella capiente piena di acqua fredda e lasciarlo in ammollo per 24 ore avendo cura di cambiare l’acqua ogni 8. Una volta completata questa operazione, si può procedere con la preparazione. In una padella mettere abbondante extravergine, la Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp tagliata a fettine sottili e una foglia di alloro. Dopo aver fatto leggermente appassire la Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp inserire i pezzetti di baccalà precedentemente sgocciolati e far cuocere, senza coperchio a fuoco vivo, in modo che scoppietti. Aggiungere una spolverata di pepe rosso macinato, rigirare i tozzetti di baccalà e ripetere l’operazione col pepe rosso sull’altro lato. Completare la cottura, servire e gustare.

ro, si riuniva per accogliere il Bambinello Gesù. Sempre per il 24 dicembre, finita la cena, si usava non sparecchiare, perché si lasciava da mangiare per il Bambin Gesù che stava arrivando.

Secondo un’antica usanza, tramandata di generazione in generazione e fedelmente rispettata da qualcuno, ancora oggi sono 13 i cibi che in Calabria bisogna mangiare la sera del 24 dicembre. 13 portate come il numero degli Apostoli insieme a Gesù, ma possono essere anche 9, come i mesi dell’attesa, o 7 come le virtù, ma sempre rigorosamente a base di verdure, ortaggi e pesce conservato o fresco. Ad esempio il baccalà, l’unico pesce da sempre alla portata di tutte le tasche, oggi rivisitato dai grandi chef in tante versioni gourmet. Lo si ama cucinare in tante varianti: in umido, al sugo, con le patate, fritto, con i peperoni cruschi le olive nere, con il peperoncino in polvere e naturalmente con la Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp.

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Il

Prodotto nello stabilimento Alfa in Italia, il mattone Heat KeeperTM assorbe ed immagazzina il calore molto meglio della pietra lavica o della ceramica usata in altri forni per pizza. Questo è cruciale per cuocere rapidamente una pizza croccante e soffice al punto giusto senza bruciarla.

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Caviar Party

Il viaggio nel gusto firmato Giaveri

Quando si pensa ad un “party” si associa il divertimento, la piacevolezza del momento che si vive, la convivialità. Se poi queste sensazioni vengono unite al gusto di ben 8 tipologie di caviali differenti tra loro, abbiamo una completezza di emozioni uniche. Da qui nasce l’idea di Caviar Giaveri di creare una lussuosa

confezione che offre la possibilità di degustare la più ampia tra le collezioni di caviale disponibili sul mercato, 8 etichette coloratissime che rappresentano la migliore selezione dell’azienda trevigiana. Caviar Giaveri alleva 10 diverse specie di storioniil parco storioni più vario del mondo - il che permette di scegliere tra una ricca varietà di tipi di caviale. Un modello di allevamento sostenibile, basato sull’italianità e la filiera

204 CHeck-in • dicembre 2022
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corta, privilegiando qualità e tracciabilità del prodotto.

«L’intento - precisa Giada Giaveri, una delle tre sorelle che insieme a Jenny e Joys conducono l’azienda con grande passione a fianco del padre Rodolfo, seguendo la tradizione familiare - è di avvicinare sempre più il consumatore al mondo del caviale per comprenderne le differenze. Ogni specie di storione infatti dona un caviale diverso, ognuno con un suo sapore unico. Inoltre, la scelta di proporre la selezione in monoporzioni da 10 grammi rappresenta lo scopo di dare maggiore possibilità a tutti, appassionati o curiosi, di avvicinarsi a questo prodotto prelibato e di scoprire tutte le sue diverse sfumature».

Una verticale indimenticabile che, come per il vino proveniente dallo stesso produttore, permette di comprendere l’evoluzione di un prodotto unico come il caviale attraverso le sue diverse declinazioni. Il “Caviar Party” è un vero e proprio percorso gustativo ed emo-

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zionale, che inizia con gli occhi per proseguire con un gusto raffinato che persiste in modo elegante in bocca, lungo il quale ogni etichetta mette in luce tutte le diverse caratteristiche e la storia del caviale. Assaggiarlo correttamente aiuterà a godere al massimo degli aromi e riconoscere i particolari sapori, cucchiaio dopo cucchiaio.

Il primo è il Caviale Siberian Classic di colore grigio ambrato, con note gustative iodate e delicate, sfizio anche per il palato più esigente. Si prosegue con il Caviale Osietra Classic, di colore marrone con note gustative più complesse e marine, sfumature di noce, uova croccanti e prelibate, da sempre apprezzato dagli intenditori più esigenti. Al terzo posto il Caviale Beluga Siberian, grigio brunastro con un sapore unico e burroso, uova morbide e di grandi dimensioni: fiore all’occhiello della Collezione Giaveri.

Si prosegue con il Caviale White

Sturgeon Deluxe, grigio antracite-nero con sfumature amabili e leggere, un caviale equilibrato e versatile. Si passa poi al Caviale Golden Sterlet, esclusivo e raro, giallo oro con caratteristiche decise, un’esperienza di sapore unica. Si ottiene dallo storione Sterleto, un piccolo pesce albino, bianco e sofisticato. Al sesto assaggio abbiamo il Caviale Sevruga, grigio perlato con note marine, decise, è il caviale più piccolo per eccellenza, un uovo dalle dimensioni ridotte carico del finissimo aroma che lo ha reso famoso in tutto il mondo.

Proseguiamo con il Persian Osietra, il più ricercato in assoluto, esistono solo pochissimi esem-

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plari che donano questa selezione di uova tra le più pregiate ed apprezzate al mondo. Il colore oro delle stesse e il gusto indescrivibilmente unico, con consistenza croccante, lo rendono una delle prelibatezze più esclusive in assoluto. Per finire il famoso Caviale Beluga: grigio perlato, le cui uova sono delicate e di grandissimo calibro, ci vogliono 30 anni per ottenere questo caviale per antonomasia, da degustare in tutta la sua purezza per un’esperienza inimitabile e indimenticabile.

Con “Caviar Party” si può portare la festa in ogni situazione! Ideale tutto l’anno, ma so-

prattutto per la stagione natalizia alle porte, il nuovissimo cofanetto e il caviale Caviar Giaveri si trova nei migliori ristoranti in Italia e all’estero, in gastronomie ed enoteche selezionate. Inoltre si può facilmente ordinare nella boutique online e verrà spedito a casa in 48 ore, direttamente dal produttore al consumatore.

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686038 ��www.caviargiaveri.com
Caviar Giaveri
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n°15 - dicembre 2022 - Anno II - edizionE digitale
210 CHeck-in • dicembre 2022 IMPORT EXPORT INGROSSO ORTOFRUTTICOLO

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