Italia a Tavola 320 - Luglio-Agosto 2024

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BIRRA

Le nuove frontiere degli abbinamenti nella ristorazione

ETNA DOC

L’eruzione qualitativa dei suoi vini, esplodono bianchi e bollicine

QUATTROERRE

Passione per la birra

il direttore

Alberto Lupini

La classificazione degli Hotel è un rischio per la credibilità del turismo?

Il sistema di classificazione degli hotel in Italia rappresenta un rischio crescente per la credibilità del turismo italiano a livello internazionale. Questo problema è ormai più di un semplice dibattito fra addetti ai lavori, con i social media pieni di contestazioni da parte di clienti italiani e stranieri. Le associazioni degli albergatori sono in prima linea per ottenere una revisione capace di uniformare gli standard nazionali, attualmente in balia delle decisioni autonome delle diverse regioni. La pluralità e difformità nella gestione politica del settore alberghiero, accentuate dai nuovi livelli di autonomia regionale, sono fattori chiave che compromettono l’esperienza turistica. Un sistema di classificazione coerente è essenziale per garantire la qualità e la fiducia dei turisti. Esempi di buone pratiche regionali

1. Trentino-Alto Adige

Molti hotel a 3 stelle offrono servizi comparabili a quelli di strutture a 4 stelle. I controlli sono regolari, e gli hotel sono incentivati a mantenere standard elevati ed è stata introdotta una nuova classificazione aggiuntiva, la stella verde, che attesta gestioni orientate alla sostenibilità.

2. Emilia-Romagna

La collaborazione tra enti locali e albergatori è esemplare. Le associazioni di albergatori lavorano attivamente con i comuni per migliorare la qualità dell’ospitalità attraverso iniziative di riqualificazione e miglioramento dei servizi. Inoltre, la regione offre programmi di formazione continua per il personale alberghiero.

3. Liguria

In Liguria, molti hotel stanno adottando pratiche sostenibili, come l’utilizzo di energie rinnovabili e la riduzione dei rifiuti. Questi sforzi sono spesso riconosciuti e premiati, migliorando la reputazione della regione.

4. Toscana

Numerosi boutique hotel e agriturismi offrono un’esperienza altamente personalizzata, con attenzione ai dettagli e un forte focus sulla qualità. Molti alberghi hanno ottenuto certificazioni di qualità, come la ISO 9001, che garantiscono standard elevati e continui miglioramenti.

5. Friuli Venezia Giulia

Questa regione è all’avanguardia nell’adozione di tecnologie avanzate per migliorare l’esperienza degli ospiti. Iniziative come check-in automatizzati e sistemi di domotica per le camere sono solo alcuni esempi. Sono state implementate diverse iniziative per rendere il turismo accessibile a tutti, compreso l’adattamento delle strutture per persone con disabilità.

La necessità di un sistema di classificazione uniforme è evidente. Le regioni italiane che già adottano pratiche virtuose possono servire da modello per altre. L’adozione di standard uniformi non solo migliorerebbe la qualità dell’ospitalità, ma aumenterebbe anche la competiti-

La pluralità di standard negli hotel italiani minaccia la credibilità del turismo. Esempi regionali mostrano come uniformità, innovazione e sostenibilità possono migliorare il settore. Il vero salto di qualità sarebbe l’utilizzo di standard europei

APPROFONDIMENTI

Quando le stelle degli hotel sono ingannevoli cod 106339

Il caos della classificazione degli hotel in Italia cod 106351

Solo due hotel italiani nella classifica Travel+Leisure 106338

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In copertina

QUATTROERRE

Passione per la birra

QUATTROERRE

PASSIONE PER LA BIRRA

Giampietro Rota di Quattroerre Group ci racconta la storia di una passione che dura da 40 anni: importare e distribuire birre di qualità del nord Europa. Oggi in catalogo grandi birre della tradizione europea ed eccellenze artigianali frutto della creatività

Birra, le nuove frontiere degli abbinamenti nella ristorazione

Birra, una passione che non tramonta Ecco come la gustano gli italiani

Birra analcolica

Un trend in crescita

L’eruzione qualitativa dei vini dell’Etna, esplodono bianchi e bollicine

Cantine Russo

Viticoltura eroica sulle pendici dell’Etna

Radici del Sud 2024

Tutti i vini premiati a Sannicandro di Bari

RosaMara, l’artigianalità di Mattia Vezzola nel rosé della Valtènesi

Bolle&shaker, l’ascesa di Asti

Espresso Herbtini: il dopo pasto al caffè ed erbe di Underberg

L’originale pinsa romana Di Marco nei formati a prova di estate

Parmigiano Reggiano

Focus su export e tutela

Gli italiani amano il salmone Norvegese

Ballarini Professionale

Dal 1889 le migliori tecnologie per la cucina

Turismo italiano in crisi?

Quando le stelle degli hotel sono ingannevoli

Fine dining, modello in crisi o problema di prezzo?

Picchi di lavoro estivi

Come gestire al meglio il personale

Cocktail climatici, la tendenza della mixology per sensibilizzare i consumatori

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Il lavoro da solo non basta Serve garantire ai giovani un progetto di vita

Ho svolto un ruolo importante per cercare di chiudere il rinnovo del contratto del nostro settore e per dare così un primo segnale di attenzione nei confronti dei nostri collaboratori e di un comparto che chiedeva riflessioni e attenzioni particolari. Ci siamo riusciti? Non lo so. Molto spesso i rinnovi contrattuali rimangono dei rituali più che delle profonde riflessioni rispetto a un mondo che è profondamente cambiato. Cambiamenti che i contratti dovrebbero accompagnare o comunque stimolare, modernizzando i rapporti di lavoro, rispondendo ai bisogni di lavoratori e imprese.

Al di là di questo segnale, che comunque abbiamo provato a dare, per esempio, attraverso un aumento di 200 euro in busta paga e il rafforzamento dell’assistenza sanitaria, la mia riflessione è più profonda, come uomo di impresa e rappresentante di categoria. Stando tutti i giorni a contatto con colleghi e clienti, devo rilevare che oggi più che mai si debba prendere atto che i bisogni e i sogni dei nostri ragazzi non rispondono più al nostro modello di lavoro e della sua organizzazione. È come se i giovani di oggi non si riconoscessero nel nostro sistema. Quindi, constatando questa difficoltà rispetto a un cambiamento di priorità epocale, serve il coraggio di discutere di un nuovo modello che metta al centro nuove priorità e bisogni. L’approccio al lavoro e alla vita è stato cambiato dalla pandemia, che ha accelerato un nuovo modo di vedere le cose. Una società che si fonda sul lavoro, sul raggiungimento di benessere, successo, e soldi, è una società che ha obiettivi che non sono condivisi dalle nuove generazioni. Occorre avere il coraggio di ripensare il modello di lavoro.

I ragazzi vanno messi nelle condizioni di avere sogni, prospettive e un

futuro che li veda parte importante di un progetto e non solo pedine. Il solo lavoro, anche se meglio remunerato, non può creare una controtendenza rispetto a una disaffezione giovanile nell’avvicinarsi ai nostri mondi. Il solo lavoro non è più sufficiente per fidelizzare i ragazzi nelle nostre imprese.

I ragazzi non vogliono e non devono più lavorare soltanto per vivere, devono avere un sogno, serve dare un vantaggio evidente che porti a scegliere il nostro mondo. Altrimenti, la nostra società è destinata a fare i conti con proposte anonime, tutte uguali tra loro, che saranno lontane dal modello che da sempre ci caratterizza, quello che mette al centro le persone grazie ad esperienza, qualità e capacità di accoglienza. Un’unicità che ci caratterizza da sempre e ci ha resi famosi nel mondo. Se, però, la componente umana, quella del vissuto, viene meno, abbiamo perso tutti.

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Dalla scuola alla cucina L’integrazione passa anche dalla cultura

Un’ insegnante di una scuola media di Treviso, ha deciso di esentare due studenti musulmani dallo studio della Divina Commedia di Dante Alighieri, dando luogo subito, da parte del Ministero dell’Istruzione, ad una ispezione per l’atto di “censura”. Ne emerge la gratuità estemporanea della azione da parte dell’insegnante, non concordata né con il Dirigente scolastico, né con il Consiglio di classe. A sua discolpa i riferimenti negativi a Maometto e alla religione islamica citati nel testo, ritenendoli offensivi e divisori verso l’intero mondo mussulmano.

La questione ha fatto sorridere molti, altri invece indignare, innescando una serie di pubbliche polemiche verso gli immigrati e gli aspetti della loro integrazione. Io quale docente presso un Istituto Alberghiero, ritengo che la questione sia ben più complessa, escludendo a priori anche l’aspetto dei programmi ministeriali di insegnamento, che non dovrebbero essere cambiati, stravolti o “censurati” da nessun insegnate. Io quale Presidente della Federazione Italiana Cuochi, mi astengo da giudizi sulla questione. Nel nostro ambiente lavorativo, da molti anni condividiamo la “scena” con personale straniero che condivide le sofferenze e le precarietà del nostro difficile mestiere. In questo momento “storico” dove esiste nella ristorazione precarietà di personale italiano, avere loro è una grande risorsa per l’indotto. Negarsi a loro e non accettarli, significherebbe una vera e propria rinuncia alla possibilità di creare un dialogo culturale inclusivo. Sempre più spesso nelle

nostre scuole, troviamo in cucina ragazze con il capo coperto dal “chador”, come anche dover adeguare le nostre esercitazioni di cucina per differenti credi religiosi. Qui non si tratta solo di qualche versetto di Dante, o del maiale, o del vino nelle pietanze, ma di aprirsi ad un’intera visione del mondo che sta cambiando e che dovrà dischiudersi verso altre tradizioni e culture.

Mi rivolgo poi a quella insegnante e collega di Treviso, escludere gli studenti musulmani, dallo studio della Divina Commedia significa rinunciare ad una ricchezza, alla possibilità di scoprire come le culture si influenzino a vicenda, dando modo di capire e farsi capire. In un’epoca in cui le identità culturali vengono spesso strumentalizzate per creare divisioni e tensioni, ritengo che sia giunto il momento di abbattere questi muri. E allora, perché non cogliere questa occasione? Dante, il Sommo Poeta, certamente lo avrebbe condiviso.

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Enrico Derflingher

P residente Euro-Toques International e Italia

Le insidie estive in cucina Catena del freddo e spreco alimentare

Luglio e agosto, mesi, di solito, roventi. E anche in cucina la temperatura dell’attenzione deve viaggiare a gradi elevati. Il caldo può essere un antagonista spietato nei confronti degli alimenti. La filiera del freddo deve essere controllata e rispettata in maniera ossessiva. La contaminazione batterica è dietro l’angolo. Questo non è terrorismo psicologico; è un semplice richiamo al rispetto delle regole. Passaggi che tutelano la salute della nostra clientela e fanno da eco virtuosa alla nostra attività, al nostro lavoro. Si tratta di passaggi banali, ma non scontati.

È qui, nel terreno della routine, che si rischia di inciampare. Quindi, mettiamo sempre la testa in ogni procedura. Massima attenzione non solo al pesce, ma anche alla carne, alle verdure, alla frutta di stagione. I passaggi devono sempre essere corretti, dal furgone refrigerato alla cella frigorifera in cucina. Gli alimenti non devono giacere “senza protezione” sul banco

di lavoro; il ghiaccio deve essere un compagno fedele. E occhio agli sbalzi di temperatura e in fase operativa alle cotture.

Questo per quanto riguarda il dietro le quinte. C’è poi un altro aspetto da tenere in considerazione sempre, ma in particolare durante i mesi più caldi. In estate fioriscono i buffet, una declinazione meravigliosa dell’offerta gastronomica, all’insegna di colori e profumi, oltre che di sapori. Una sfila-

ta gastronomica di grande seduzione. Anche in questo caso va seguito un rigido protocollo.

Una disciplina che richiede pulizia assoluta. Ricordiamoci, inoltre, che il meno è meglio del troppo, non solo per evitare quel fastidioso senso di opulenza, ma soprattutto per combattere gli sprechi. La giusta misura e le quantità necessarie salvaguardano buon gusto, salute e cassetto. È inoltre un principio di fondo dell’educazione alimentare. In Italia si buttano 80,9 grammi di cibo ogni giorno, per un costo totale di oltre 7 miliardi, che supera i 13 nell’intera filiera agroalimentare. Dati sui cui bisogna riflettere. Incominciamo noi a dare il buon esempio nelle nostre cucine.

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L’importanza del dehors in estate per pasticcerie e gelaterie

Lo spazio esterno, per una pasticceriacaffetteria, è importante. Negli ultimi anni le belle giornate arrivano presto: le persone gradiscono gustarsi un dolce, un caffè, un gelato all’aperto, specialmente nei luoghi di vacanza ma anche in città, i cui marciapiedi si vestono di ombrelloni colorati.

Importante è avere uno spazio in linea con il negozio, arredato bene, specialmente durante la bella stagione ma anche, con l’aiuto di “funghi” riscaldanti da esterno, in autunno o inverno - dipende dalla località. Ricordo che solitamente l’affitto dello spazio esterno è annuale, quindi conviene usufruirne il più possibile. Con la pandemia, molti esercizi hanno avuto la possibilità di conquistarsi uno spazio all’aperto cui prima non avevano forse pensato e che si è rivelato un forte plus per la categoria.

no ai clienti della pasticceria di evitare il sole diretto. Se possibile, organizzare un impianto per creare una musica di sottofondo non intrusiva.

Consiglio di ampliare l’offerta con frappè, granite, frullati, centrifughe di frutta di stagione, yogurt con frutta; in particolare, chi tiene aperto anche alla sera, propone l’aperitivo o il cocktail bar, potrà organizzare degli “apericena” o eventi speciali. Uno spazio all’aperto ben curato e approntato è molto redditizio per una pasticceria, porta guadagno e attira sia i regolari sia i clienti di passaggio.

Curato e attrezzato, va considerato una seconda sala: deve avere aree di appoggio, isole attrezzate con tutto per la mise en place, personale addizionale che va formato, tovaglie e uniformi dai colori allegri; se si servono gelati, vanno predisposte delle

belle coppe e magari un frigorifero da esterni per l’acqua. Bisogna fornire un servizio di livello, con sedute e tavolini di qualità, che contribuiscano all’esperienza di relax della clientela, sempre attratta da un bel dehors.

Fondamentale delimitare lo spazio a disposizione con piante o fioriere che comunichino una sensazione di esclusività allo spazio. Necessario creare ombra con vele e/o ombrelloni di una certa eleganza, che permetta-

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La strategia del freddo in pasticceria per sfidare la stagione estiva

Ci siamo. L’estate marcia a pieno regime e la rotta di consumi inevitabilmente cambia. Con il caldo tutto il mosaico di prodotti rappresentato dalla pasticceria passa in secondo piano. Non va in letargo, ma si ridimensiona. Numeri e volumi in flessione richiedono un cambio di passo sia per soddisfare le esigenze della clientela

sia per quelle economiche della nostra attività.

La stagione richiede prodotti freschi e un bravo pasticcere si adegua e orienta la produzione verso gelati e semifreddi. Oltretutto la clientela è ben disposta, dopo il periodo intenso delle celebrazioni di maggio e giugno, tra comunioni e cresime e matrimoni. E poi la “prova costume” non è un luogo comune e le temperature elevate spingono verso consumi alternativi e appaganti.

Chi ha il banco gelateria è già a metà dell’opera e si deve organizzare per l’asporto: coni, coppette, ma anche mini porzioni. Tanto colore e gusti dominati dalla frutta: melone, anguria, albicocca, pesca che accompagnano i classici crema, cioccolato, nocciola e pistacchio sempre presenti. In alternativa, semifreddi, lucidi, accattivanti, impreziositi da glassa a specchio e torte. Attenzione alla temperatura di servizio a -10 °C. Anche le forme hanno la loro importanza. L’aspetto estetico e cromatico è un decisivo strumento di vendita.

Per il freddo, soprattutto per chi gestisce l’attività in zone turistiche, città comprese, sono mesi di attività più che intensa e ci si deve organizzare per rispondere sempre al meglio a una domanda che può raggiungere picchi davvero impegnativi. Importante, quando possibile, rinforzare la squadra e ricordarsi per chi è a contatto con la clientela che l’accoglienza e la vendita partono innanzitutto da un sorriso, che vale doppio quando si è sotto stress.

E non dimentichiamo il pubblico per eccellenza della stagione estiva. I bambini, che trascinano genitori e nonni per una merenda rinfrescante. Riceverli con gioia e magari con un piccolo dono studiato per loro - basta davvero poco - li farà sentire importanti e conquisterà anche chi li accompagna. La fidelizzazione passa anche da un sincero benvenuto, oltre che da un’offerta di ottimo livello.

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Pasticceri italiani: maestri e ambasciatori di cultura e tradizione

La pasticceria italiana non è solo un’arte culinaria, ma anche un elemento fondamentale della cultura e della tradizione del nostro Paese. I pasticceri italiani, con la loro maestria e creatività, non solo deliziano i palati, ma contribuiscono attivamente alla vita culturale delle città, partecipando e collaborando a numerose iniziative.

L’ultima, solo in ordine di tempo, è stata ad esempio al Museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria, per gli 81 anni del professor Roberto Vecchioni, una vera icona della cultura italiana.

Una serata indimenticabile dedicata a un uomo che ha saputo emozionarci con le sue parole e la sua musica, un maestro che continua a ispirarci con la sua passione e saggezza. Un compleanno speciale, insomma, attraverso cui la musica e l’arte, insieme ai maestri Conpait, hanno emozionato i cittadini e le istituzioni, compreso il direttore Fabrizio Sudano.

alimentare e la conoscenza delle tradizioni dolciarie.

Possiamo ritenerci, allora, ambasciatori della cultura e della tradizione del nostro Paese? La nostra passione e dedizione sono un esempio di come l’arte della pasticceria possa andare oltre la semplice creazione di dolci, diventando un elemento fondamentale della vita culturale delle nostre città. Crediamo fortemente nella condivisione e nella partecipazione agli eventi che sembrano, solo apparentemente, non vicini alla nostra realtà imprenditoriale e di lavoro. Con il brindisi insieme al maestro Vecchioni, ammirando i Bronzi di Riace, vogliamo continuare ad aprirci al mondo intero ed a far conoscere, sempre più, la più dolce professione esistente.

Non è la prima volta che accade, non sarà neppure l’ultima. Molti pasticceri sono coinvolti in eventi culturali che celebrano la storia e le tradizioni locali. Promuoviamo la pasticceria come parte integrante del patrimonio culturale. Non solo: oltre agli eventi culturali, molti pasticceri italiani sono impegnati in iniziative educative e sociali. Collaboriamo con scuole e istituzioni per promuovere l’educazione

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È crisi nel fine dining, ma l’alta ristorazione non deve finire

In questi giorni si parla molto delle difficoltà che sta attraversando l’alta ristorazione, si parla di crisi e di numerosi ristoranti con tavoli vuoti. Ma se la cucina tradizionale non deve andare persa e tutti noi dobbiamo impegnarci per preservare la storia culinaria del nostro Paese, allo stesso tempo dobbiamo anche rispettare quella più recente, correggendo eventuali “difetti”.

Alcuni ristoranti non sono più tali, cosa significa? Mi spiego meglio.

Non c’è più l’obiettivo di soddisfare il cliente o per lo meno non è al primo posto, colui che sceglie il nostro locale per trascorrere un paio d’ore o più della sua giornata, con l’unico scopo di mangiare bene e sentirsi bene. La soddisfazione deve essere del cliente e non nostra. Il nostro compiacimento deve derivare dalla felicità dell’ospite. Oggi siamo troppo concentrati su di noi, abbiamo un attaccamento eccessivo a quanto la critica ci lodi, a quanti articoli escono in un anno, a quanto i piatti siano belli e condivisibili su Instagram. Noi diciamo al cliente come comportarsi, come vestirsi, cosa bere e mangiare, a che ora arrivare e quando andarsene. E dopo tutto ciò, ci permettiamo anche di farlo pagare!

In molti ristoranti si paga prima, al momento della prenotazione, senza

sapere neanche cosa si mangerà. E questo, a volte, allontana un potenziale il cliente ancora prima di aver provato il ristorante. Dobbiamo però dire che alcune “regole” sono nate dal comportamento sbagliato di molti clienti, cioè il temutissimo “no show”. Come dice il titolo, “L’alta ristorazione non deve scomparire”, ci serve per guardare al futuro e migliorare il presente, per offrire una cucina migliore e magari più contemporanea e salutare. Ciò che posso vedere è che chi lavora bene, con onestà e amore per il proprio lavoro e per i propri clienti, non deve preoccuparsi perché quella è l’alta ristorazione. Un’attenzione elevata verso il cliente, si chiama accoglienza, dobbiamo accogliere e non respingere.

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Ezio Indiani Delegato nazionale Italia EHMA

Quali sono le qualità di un direttore d’albergo perfetto?

“Il valore dei grandi uomini non è quello di non cadere mai ma quello di sapersi rialzare ogni volta e ripartire”. Questo lo scriveva Ralph Waldo Emerson, filosofo e scrittore statunitense nel XIX secolo. Oggi più che mai c’è la necessità di persone a capo dei nostri reparti e dei nostri alberghi che abbiano confidenza in sé stessi ma che sappiano anche accettare suggerimenti e critiche in modo costruttivo.

Spesso troviamo dei colleghi che non accettano critiche e che imputano ad altri i loro fallimenti. C’è sempre un capro espiatorio per i loro fallimenti personali. Queste persone oggi come oggi non sono più accettabili all’ interno di un’organizzazione e debbono mettere in discussione il loro modo di interagire con i colleghi.

La confidenza in sé stessi è fondamentale tanto quanto la capacità di lavorare in gruppo ed ascoltare gli altri. Essere troppo confidenti in sé stessi e pensare di non aver bisogno di nessuno e di avere le soluzioni a tutti i problemi può portare il direttore a compiere grandi errori. Direttori che rispondono sgarbatamente o con sufficienza ai collaboratori creano un ambiente lavorativo negativo e che

alla lunga porterà solo malcontento e disaffezione nel loro lavoro.

È importante che il direttore sicuro di sé stesso metta in gioco la sua capacità di ascoltare e valutare oggettivamente le opinioni ed idee del resto del gruppo perché solo così riuscirà ad avere un gruppo coinvolto che sosterrà le sue idee essendo le stesse nate dal loro lavoro di insieme.

Capisco che a volte ricevere critiche o sentir proporre idee diverse dalle proprie crei momenti di nervosismo, ma è importante per un direttore saper mantenere la calma, ascoltare con attenzione, prendere nota dei fattori salienti, chiedere spiegazioni più ampie, ragionare insieme sui pro e contro. Guadagnare tempo è sempre un modo saggio per non rispondere impulsivamente, e per non pentirsi dii ciò che si è detto il giorno dopo. Importante è ringraziare chi porta idee, anche se diverse da quelle del superiore, tenendo conto di quanto sia difficile per un subalterno proporre idee che sa potrebbero non essere di gradimento al capo.

La sicurezza può aiutare, ma il saper lavorare in gruppo ed essere aperti a nuove idee, nuovi modi di fare, diventa cruciale per il successo. D’altronde l’ uomo di successo è quello che ha provato una volta in più degli altri.

Sbagliare è nell’ordine naturale delle cose e il nostro obbiettivo è quello sbagliare il meno possibile.

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Arriva l’estate e la Puglia continua a stupire i turisti

Dopo aver frequentato l’Istituto Alberghiero Sandro Pertini di Brindisi, aver conseguito il diploma di Tecnico delle Attività Alberghiere ed aver scorrazzato in lungo ed in largo, da Trapani a Berlino, sono rientrato in Puglia, l’estate del 1978. In quegli anni gli alberghi in tutta la Puglia si potevano contare sulle dita di una mano, la zona turistica più sviluppata era il Gargano con Vieste e Peschici. Nella provincia di Brindisi vi erano 2/3 alberghi, ad Ostuni c’era il primo Valtured, il villaggio di Rosa Marina, e il Sa-

lento non lo c onosceva nessuno.

Abbiamo lavorato tanto, in silenzio, utilizzando quello che avevamo, e cioè trulli e masserie, paesini candidi imbiancati con la calce, senza edificare nuove costruzioni, evitando di cementare la costa. Pian piano la nostra regione è cresciuta, la Valle d’Itria ha unito i trulli al mare e alle masserie, a ruota è arrivato il Salento con il Barocco Leccese e le sue coste incredibili.

Apulia Film Commission ha incentivato e invogliato i registi a girare i nuovi film in Puglia, questo ha permesso agli Italiani ed ai nord europei di conoscere la Puglia. In tutto questo il G7 ha rappresentato il coronamento per la Puglia, che ha potuto mostrare al mondo intero, ai Big del Mondo e al Santo Padre, la propria bellezza naturale, la ricchezza culturale e le eccellenze enogastronomiche.

In occasione del summit, la regione ha ospitato numerosi eventi e iniziative

per promuovere il territorio e attrarre turisti e investitori. Inoltre, il G7 ha offerto alla Puglia la possibilità di dialogare e confrontarsi con i leader mondiali su tematiche di interesse comune, come la sostenibilità ambientale e lo sviluppo economico.

I Big del mondo e le loro delegazioni hanno scelto di dormire per una settimana, nel distretto delle masserie trasformate in albergo: Masseria Santa Lucia, Masseria San Domenico etc. Il luogo, dove si è tenuto il meeting, Borgo Egnazia, da tempo, è protagonista nel panorama internazionale: le nozze di Justin Timberlake, la festa per i 60 anni di Madonna, il matrimonio indiano da 20 milioni di euro etc.. Adesso servirà l’impegno di tutti i pugliesi, per mantenere ed offrire ai futuri ospiti, una qualità elevata e costante dei servizi e della nostra proverbiale ospitalità.

Buona estate a tutti.

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Crisi del personale La sfida del turismo estivo per hotel e ristoranti

Con il ritorno della stagione estiva torna a ripetersi una situazione a cui assistiamo ormai da qualche anno: quella della mancanza di personale. Ma quando finirà questa telenovela?! I media scrivono e mostrano situazioni in cui albergatori disperati non trovano personale e non potranno aprire le loro cucine, essendo obbligati a vendere le loro strutture come B&B.

Ma dove sono finite le eccellenze italiane? Come Amira siamo stanchi di ripeterlo e non sappiamo più e a chi rivolgerci per far sentire la nostra voce e le nostre proposte. Abbiamo parlato in Tv, sui giornali, con politici, ma sono state tutte parole al vento. L’Italia era considerata ambasciatrice dell’ospitalità che sapeva fidelizzare gli ospiti con il “Saper fare” tipico ita-

liano. Per molti anni, i clienti tornavano nei nostri locali perché sapevano che avrebbero trovato qualità. Oggi, cosa troveranno? Dobbiamo far capire ai giovani che lavorare nel settore turistico e alberghiero non deve essere un mestiere di ripiego per avere qualche soldo in tasca, ma una professione che ti porta in paesi diversi, a parlare lingue diverse e a conoscere popoli e usanze diverse. In altre parole, a raggiungere anche posizioni di spicco, diventando manager o direttore e non un “portatore di piatti”, come oggi sono considerati i camerieri. Purtroppo, ci sono ancora molti punti da risolvere per i lavoratori del turismo e dell’ospitalità, ribadiamo: poche ore di pratica, po-

chi finanziamenti, stage non adeguati e non corrispondenti alle aspettative degli allievi, docenti giovanissimi senza esperienza, contratti di lavoro tra i più poveri d’Europa, sindacati che non parlano mai del settore turistico. Alcuni albergatori sfruttano il personale con molte ore di lavoro, pochi riposi e a volte stipendi di 1800/2000 euro al mese tutto compreso (riposi non goduti, ferie, liquidazione).

Come associazione siamo sempre in prima linea per cercare di dare dignità a questo mestiere per evitare che nei ristoranti ci sia un tablet su ogni tavolo per ordinare, o un nastro trasportatore che sostituirà le figure dei camerieri. Se questo è quello che non vogliamo, non dobbiamo perdere altro tempo.

Amira non si arrende, prima o poi qualcuno ci ascolterà! Chiudo con un augurio di una buona stagione e buona estate, e sempre viva il servizio di sala!

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Le nuove frontiere degli abbinamenti nella ristorazione Birra

Negli ultimi anni, la birra ha guadagnato sempre più spazio nel mondo della ristorazione, evolvendo dal tradizionale abbinamento con la pizza a protagonista di pairing sofisticati anche in contesti di alta cucina. Nonostante in Italia la cultura brassicola sia meno radicata

rispetto a quella del vino, il trend del food & beer pairing sta crescendo, specialmente con l'incremento di turisti

Giambattista

Marchetto

doganata dal vetusto (e tutto sommato improprio) abbinamento con la pizza, la birra diventa sempre più spesso un complemento al vino e alla miscelazione in abbinamento a menu sofisticati nel fine dining oppure alle proposte più confortevoli di un bistrò, fino agli

dal Nord Europa

abbinamenti nei format della ristorazione pop. Ecco che il food & beer pairing diventa una tendenza non più relegata alle tap room, ma sempre più riconoscibile nel fuori casa anche in Italia

«La birra sta entrando sempre di più nel mondo della ristorazione - conferma lo chef Andrea Bertonsoprattutto perché viene impiegata anche in diverse preparazioni, oltre ad essere talvolta il tocco finale che

guarnisce un piatto. Questo prodotto nella gastronomia ha la sua importanza, tanto da essere proposta come abbinamento al cibo alla pari dei vini». E in effetti come lui la pensa lo chef Francesco Sodano, che al rinnovato Ristorante Famiglia Rana di Oppeano, nella campagna veronese, propone una birra

Baladin in abbinamento ad alcune portate. «Il mondo brassicolo è meno conosciuto nel territorio nazionale rispetto al vino - chiosa Francesco Pasquali, head sommelier all’Antica Osteria Cera di Campagna Lupia nel Veneziano - e la birra viene impiegata per lo più in locali informali come pizzerie, pub, paninoteche e format di fast-food. All’estero invece, dove esiste una maggior cultura di questo alcolico, si possono trovare anche selezioni molto più importanti in locali di alta ristorazione. Negli ultimi anni hanno avuto successo birrifici con tap bar interno, magari accompagnando i boccali con il cibo. Nell’alta ristorazione la birra sta iniziando ad essere utilizzata negli ultimi anni, soprattutto nella parte di abbinamento dei menu degustazione. La birra con sentore leggermente amaro e con gradazioni non eccessive si accompagna ad alcuni piatti in alternativa al vino».

All’Osteria Cera non c’è molta richiesta di birra, «infatti abbiamo deciso di tenere solo qualche tipo - spiega Pasquali - per lo più Weiss, Ipa, Pils e Flanders red. Negli ultimi mesi, con l’incremento di turisti su Venezia provenienti dal nord Europa, è però aumentata la richiesta. E tutto sommato le normative sul tasso alcolemico degli automobilisti, diventate sempre più rigide, spingono a ricercare bevande a basso tenore alcolico».

Nel frattempo gli chef stanno trovando un alleato nella birra come ingrediente in cucina. «Viene integrata in un joux di carne per dare maggior complessità al fondo bruno - segnala

il sommelier - in alternativa può essere ridotta e arricchita con qualche spezia, così da creare un twist della salsa tosazu ed essere utilizzata per laccare carni o pesci grassi che vengono valorizzati con la cottura alla brace. Lo chef Lionello Cera va ad aggraziare con la nota dolciastra e aromatica della birra la senape in grani, che viene lasciata marinare in una Pils e utilizzata in un piatto a base di pesce. Talvolta poi bagna il pesce misto nella birra che, infarinato e cotto nell’olio, acquista un sapore spettacolare».

Il gruppo Alajmo tiene la birra che Baladin ha studiato su misura, anche se gli abbinamenti son pochi. «L’attenzione c’è, anche se spesso è qualche spagnolo che ordina una birra mentre studia il menu - scherza Matteo Bernardi, head sommelier a Le Calandre - mentre nel pairing con i piatti cogliamo qualche occasione intrigante, ma senza eccedere». La cucina giapponese in generale, e il fine dining in particolare, si accompagna molto bene alle birre. Lo conferma Danilo Tacconi, sommelier di IYO Experience a Milano, che suggerisce l’abbinamento con le classiche beverine come Asahi, Kirin (le più richieste) e Sapporo, fino a quelle artigianali più ricercate. «Nel nostro ristorante - riferisce - non abbiamo un pairing dedicato ai piatti, però sono presenti in carta alcune birre artigianali (leggermente aromatizzate o classiche Ipa), che cambiamo ogni 3-4 mesi. Negli ultimi tempi l'uso di questa bevanda sta diventando sempre più diffuso, in quanto esistono birre artigianali con gradazione alcolica e struttura molto simile a quella del vino, che consentono abbinamenti interessanti con la cucina fine dining in generale».

La birra conquista i ristoranti: la spinta tra format e bistrò

Uscendo dal segmento fine dining, che comunque mostra una crescente attenzione per il prodotto brassicolo, le azioni della bionda fermentata (come pure dell’ambrata e di tutti i colori) salgono immediatamente.

«Il nostro punto di vista sul mondo della birra è semplice e diretto, proprio come noi - commenta Ciro Coppola, che con i fratelli Katia e Antonio ha lanciato la catena Fratelli Coppola tra Como, Milano e Bergamo - Nei nostri locali tendiamo ad avere diversi stili di birra che si accostino ognuno a determinati piatti, perché vogliamo dare la possibilità al cliente di trovare qualcosa di diverso. Nel nostro menu proponiamo la birra artigianale alla spina, che non è una cosa da tutti. Solitamente, infatti, ci si imbatte in birre spillate male e di scarsa qualità, mentre noi siamo andati personalmente al birrificio

Orso Verde di Varese per curiosare e verificare come si produca una birra di qualità. Siamo rimasti molto contenti e nel nostro futuro prevediamo di fare grandi cose insieme».

Alle spine del birrificio varesino è stata affiancata una selezione ulteriore di birre del territorio napoletano. «Le Kbirr sono birre 100% napoletane, sempre artigianali, con gradi alcolici diversi e stili differenti, e vengono molto apprezzate dai nostri clienti», riferisce Coppola. Che conclude: «possiamo dire che oggi, essendo migliorata la qualità e aumentata la varietà di birre, sia una pizza che un primo, come un piatto di carne o di pesce, nel nostro caso della tradizione napoletana, possono essere accompagnati da una buona birra».

Marcello Rizza, fondatore e ceo Quore Italiano e Al Mercato Steaks & Burger, richiama l’attenzione sull’abbinamento pensato in relazione alla proposta gastronomica. «L’American

Maranea Gluten Free Corn Ale

La nuova versione della più storica birra Maranella di Birrone, è più buona, più gluten free, ma soprattutto più agricola. Ed è il simbolo della consacrazione di Birrone a Birrificio Agricolo. Dopo alcuni anni dall'entrata dell'azienda veneta nel mondo dell’agricoltura, questa birra rappresenta una meravigliosa storia di filiera. Il Mais Marano, certificato e controllato dal Consorzio Mais Marano, viene coltivato e trasformato in Gritz localmente. Maranea è una birra ad alta fermentazione, profumata, rotonda e con un accenno di amaro.

soul di Al Mercato è rappresentata dalla Brooklyn Lager, beverina ma audace - spiega - e dall'East Ipa, decisa e di carattere. Quest’ultima, in particolare, si sposa con il carattere internazionale del nostro menu: street food, salse, hamburger con polpa dry aged di Fassona e Wagyu, gusti pieni e intensi. Pensiamo anche a chi non può bere alcol, quindi Brooklyn Special Effect Ipa analcolica, una agrumata e di carattere. La nostra proposta più classica è comunque con una Lager, leggera e bilanciata, da gustare con steak e burger».

Forte di una collaborazione stretta con la cucina al ristorante Carico a Milano, la barlady Angelica Baldan ha costruito una consapevolezza notevole sul pairing - nella miscelazione come con altre proposte drink. «Nei posti in cui si incontrano un bravo barista e un bravo chef c’è sempre la richiesta di affidarsi alle mani del professionista e il pairing è sempre una bella sfida. La ricerca si fa assieme alla cucina, proponendo abbinamenti o per concordanza di sapori e profumi, oppure per discordanza come dolce-amaro o acidodolce. Possono uscirne affianca-

menti molto interessanti. Serve però uno studio approfondito».

Anche multinazionali e craft sulla scia del beer & food pairing

Sul food & beer pairing gli stessi birrifici stanno spingendo con convinzione. La tedesca Warsteiner, ad esempio, sta facendo un lavoro approfondito con BBQ Geeks e organizza eventi in collaborazione con un’azienda che si occupa di food truck. «Abbiamo notato quanto aiuti l’abbinamento nella comprensione del prodotto - dicono dall’azienda - Ad esempio siamo stati ad un evento con food truck e beer truck, portando sia la gamma classica che i prodotti artigianali Rye River. Anche a Beer Attraction da qualche anno Warsteiner porta il suo “Concept Pub” in cui l’abbinamento food & beer è centrale per tutti gli ospiti, proprio come in un pub. «Il fenomeno che stiamo osservando nelle nostre consulenze riguarda un cambiamento significativo nell'approccio alla birra nell'ambito culinario e gastronomico - riferisce Matteo Tarozzi di BBQ Geeks - Prima considerata principalmente

Re-Bread

La Micca, dal latino “mica” (briciola di pane) è il nome del pane realizzato con lievito madre e farina di grani antichi 100% italiani coltivati nel territorio Parmense. Abbiamo deciso di dare nuova vita alle Micche invendute dei nostri punti vendita, sostituendo fino al 30% del malto d'orzo nella produzione di birra con il nostro pane. La birra nata è una Keller artigianale a bassa fermentazione, non filtrata e non pastorizzata, dal colore giallo paglierino e che offre aromi delicati e genuini. La sua consistenza morbida ed equilibrata conquista il palato con le dolci note del pane artigianale.

VIAEMILIA

Birrificio del Ducato

VIAEMILIA è la prima birra creata dal Birrificio del Ducato ed è la Pilsner italiana più premiata al mondo. Nonostante sembri una semplice “birra chiara”, durante la sua lavorazione vengono aggiunti i preziosi fiori di luppolo che tutti gli anni, verso i primi giorni di settembre vengono selezionati dai contadini di Tettnang (un piccolo paese del sud della Germania, famoso per la straordinaria qualità dei suoi luppoli da aroma). È grazie a questa pratica (chiamata dry-hopping) che la VIAEMILIA esprime i suoi profumi floreali ed erbacei. Una birra equilibrata ed elegante.

Birrificio del Ducato 0524 90137 www.birrificiodelducato.it

come ingrediente per preparazioni e piatti, la birra sta ora diventando un protagonista centrale in percorsi guidati per i clienti. In questo nuovo paradigma, la scelta viene spesso posta al centro del processo decisionale del cliente, prima ancora della selezione dei piatti stessi. Questo ha portato un maggiore interesse e consapevolezza da parte dei ristoratori nei confronti di questo mondo, cercando di creare piatti internazionali che si sposino e valorizzino al meglio la selezione delle birre offerta».

Si allaccia alla Germania anche la proposta craft made in Siena. A distanza di un secolo e mezzo, l’imprenditore senese Marco Cheli ha infatti rilevato il brand brassicolo Bader, creato a fine Ottocento da Wilhelm Bader che arrivò nella città del Palio per le sue cotte utilizzando l’acquedotto medievale, introducendo il metodo Pilsner. Cheli ha voluto allora far rinascere lo storico birrifi-

cio, dando vita a un “beerstrò” - un bistrò ad alta vocazione brassicola - proprio in una delle città capitali mondiali del vino.

«Il progetto di dar vita a un brand senese di birra a bassa fermentazione - spiega - nasce per differenziarmi rispetto alla quasi totalità dei numerosi birrifici artigianali presenti sul territorio toscano. Poi per caso mi imbattei in una vecchia foto di fine Ottocento, dove la scritta “Birra Bader” si stagliava sul tetto di un chiosco in ghisa in stile Liberty, con lo sfondo di una basilica senese».

Oggi il locale nel cuore della città permetta di raccontare la storia della birra senese. Oggi nell'atmosfera bohemienne del Birra Bader Beerstrò - tra stampe antiche e cimeli di fine Ottocento, dalle bottiglie ai sifoni originali - è possibile assaggiare le quattro classiche bavaresi e una nuova Ipa accompagnate da panini gourmet e classici piatti della cucina

toscana o bavarese (dallo stinco ai wurstel).

Anche lo storico birrificio agricolo Birrone di Isola Vicentina ha puntato sull’abbinamento con il cibo, tanto che dal 2019 al 2022 ha affiancato alla storica taproom di casa alcuni nuovi locali di proprietà a marchio Bir rone, Birrete e Birrone Brew Bar. Sei locali fra Vicenza e Padova dove il bir rificio propone le proprie birre e i pani ficati prodotti dal Panificio Artigianale Dal Cortivo (di proprietà del fondatore e birraio di Birrone). «Facciamo birre da bere pensate per far stare bene chi le beve - dichiara il marketing manager

Diego Rametta - produciamo dal cam po al bicchiere con qualità altissima, per accompagnare piatti altrettanto sani, gustosi e realizzati con l’unico obiettivo di rendere felici le persone Manteniamo una gamma vastissima di birre e stili, in modo che ogni piatto e ogni ingrediente trovino la giusta compagna di viaggio». cod 105206

Birra a tutto pasto? Gli abbinamenti cibo-birra di Birrone

Birrificio Birrone si concentra da oltre 16 anni su come le sue birre possano esaltare i sapori della cucina. «Facciamo molte birre seguendo le voglie del nostro birraio, rendendo il gioco degli abbinamenti ancora più divertente» dichiara Simone Dal Cortivo - fondatore e birraio del birrificio artigianale agricolo di Vicenza. Per quanto riguarda l’aperitivo, in questo periodo estivo la proposta è di birre che vanno assolutamente abbinate a stuzzichini e patatine. La SS46 (Statale 46, ndr) è una helles che si abbina perfettamente a questi snack, mentre la Heaven, una blanche fresca e beverina, è una valida alternativa agli Spritz. C’è poi la birra allo zenzero, la Zen, creata per un cliente con un’osteria giapponese e che si abbina perfettamente a piatti esotici come sushi e antipasti di pesce. Per i primi, la Gerica, una lager leggera con note agrumate e leggermente amara, si scopre perfetta con piatti come la carbonara o la cacio e pepe, valorizzandoli e allo stesso tempo rendendo unica la bevuta.

Per gli abbinamenti con i panini e gli hamburger, le Ipa nelle loro diverse sfaccettature sono un classico che funziona sempre. Tuttavia, si trovano abbinamenti interessanti anche con le lager come la Brusca e la Blind Pils. La Brusca è secca, amara ed erbacea, perfetta con bruschette alle verdure, al brie, alla porchetta o ai funghi. È ideale anche con il pesce fritto, grazie alla sua capacità di sgrassare la bocca. La Blind, pils prodotta a decozione, è più rotonda, ma comunque amara e perfetta con bistecche, gulash e carni in tegame.

La Punto G, una bock rossa, è ideale con costine o ribs in salsa barbecue grazie alla sua struttura e alle note di caramella mou tostata. Per un abbinamento con i piatti del territorio, la Maranea, Gluten Free Corn Lager prodotta con il 20% di mais Marano, naturalmente privo di glutine e quindi adatto ai celiaci, è perfetta con polenta, nachos o piatti a base di mais. Per i dolci, la Cibus, una birra di frumento morbida e strutturata, è ideale con crostate, biscotti e paste frolle. Anche la Sax, una pils con mirtillo rosso, si abbina benissimo con cheesecake e panna cotta. La Scubi, invece, è una schwarz scura ispirata alla tradizione tedesca, perfetta dopo pasto con cioccolato e torte. Si distingue per l'utilizzo del malto Chocolate che dà un profumo incredibile pur mantenendo una buona facilità di beva. cod 106480

Una passione che non tramonta Ecco come la gustano gli italiani

Una ricerca di CGA by NIQ rivela che la birra è la bevanda preferita dagli italiani per il consumo fuori casa, con il 56% che la sceglie regolarmente. Il 70% degli intervistati preferisce la birra prodotta in Italia, ma la birra importata e quella artigianale sono scelte rispettivamente dal 41% e dal 37%. Tra gli stili, la bionda è la più popolare, mentre il servizio alla spina è preferito alla bottiglia

Èla birra la bevanda preferita dagli italiani. Lo rivela una ricerca curata da CGA by NIQ che, analizzando le preferenze di consumo di bevande degli italiani, indica come la produzione brassicola è la prima scelta per il 56% dei consumatori nel fuori casa. E il 26% si dichiara fedele ai marchi di birra più rinomati.

Considerando tipologie e somministrazione, secondo CGA by NIQ la birra made in Italy incontra il favore del 70% degli intervistati, la birra importata raggiunge quota 41%, mentre il 37% sceglie la birra artigianale, con il 40% di tutti i volumi di birra proveniente da 10 principali macro brand.

Tra gli stili di birra, scelta dal 66% dei consumatori tre il 26% degli italiani opta per le rosse. Rispetto alla modalità di som ministrazione, più della metà (56%) dei consumatori di birra preferisce il servizio alla spina, mentre il 42% sce glie le opzioni in bottiglia quelle in lattina. Inoltre, tra gli italiani, il 42% sceglie una gradazione alcolica media mentre il 23% leggera, solo il 10% preferisce una alta gradazione.

Il trend low e no alcol

Nel frattempo, dall’ultima indagine condotta da BVA Doxa per il Centro Informazione Birra (Cib) di AssoBir ra, emerge un dato interessante: le birre low e no alcol rappresentano un trend in costante crescita abitualmente birra, rispecchiando uno

stile di vita sempre più sano ed equilibrato. Piace ad un beer lover su due perché considerata una bevanda dal sapore appagante, come quello della birra tradizionale, ed è consumata dai due terzi degli italiani che bevono birra.

Birra: incertezza (e

inflazione) sul mercato

Se questi sono i numeri delle statistiche, qual è il polso del mercato birra in Italia e all’estero? «In generale, il settore della birra ha visto una crescita importante negli ultimi anni - riferisce Andrea Tortella, sales director Birra Peroni - sia nel nostro Paese sia

all’estero. Per quanto riguarda l’Italia nello specifico, il consumo pro-capite ha ancora ampi margini di sviluppo, così come la cultura intorno al prodotto. È importante segnalare che la spinta inflattiva dell’ultimo anno ha di fatto bloccato il trend di crescita dei volumi ma, nonostante questo, la categoria resta sana e di potenziale, registrando peraltro una crescita a valore, frutto sicuramente dell’inflazione ma anche di un generale processo di premiumizzazione della categoria». Secondo Lorenzo Tomaselli, responsabile commerciale Theresianer, il momento è segnato dall’incertezza «Attualmente si stanno verificando

Perla d'Orzo

Perla d’Orzo è una birra artigianale prodotta con il metodo della bassa fermentazione in stile Kellerbier della Franconia. Aspetto moderatamente velato, colore dorato-ambrato e schiuma cremosa color avorio (EBC 10). L’aroma è caratterizzato dalle note dolci di cereali, provenienti esclusivamente dal comprensorio di Malpaga a Bergamo, e miele del malto Pils che si fondono con quelle erbacee e speziate dei luppoli italiani Futura ed Aemilia. Perla d’Orzo è una birra essenziale, facile da bere e versatile negli abbinamenti.

Birrificio Otus Krombacher Pils Birrificio Otus 035 296473 www.birrificiootus.com

Krombacher Pils è una birra bionda a bassa fermentazione prodotta in modo naturale in Germania, ha un inconfondibile colore brillante, è limpida ed è caratterizzata da una bianca schiuma compatta. I suoi eleganti aromi sono conferiti dai luppoli nobili utilizzati nella ricetta. Essi sprigionano piacevoli sensazioni esaltate dalla dolcezza della Felsquellwasser, la famosa acqua di sorgente. Krombacher Pils è sinonimo di un'esperienza Pils inconfondibile, delicatamente amara e saporita frutto della costante ricerca della perfezione che caratterizza Krombacher.

cali di consumo nel mercato fuori casa, soprattutto alla spina - chiarisce - causati da un aumento significativo e generalizzato dei listini nei locali. Funzionano molto bene le zone turistiche, grande affluenza, sicuramente più degli anni scorsi. Il calo di consumi mette in sofferenza qualche locale e di conseguenza i distributori. Le grosse aziende birraie spingono molto in termini d’investimenti e questo non agevola. Oggi, sul totale delle vendite, la maggior parte della birra si vende nei supermercati (siamo attorno al 64% circa, dati 2023) e anche a scaffale i prezzi si stanno abbassando, causa calo dei volumi».

Birre artigianali: mercato in evoluzione

Se i grandi players non sembrano aver performato bene in Italia tra fine 2023 e primo quarto 2024, il bilancio a livello globale risulta positivo. Per quanto riguarda il settore artigianale in Italia, «solo quelli che hanno alle spalle un grosso imprenditore si sentono al sicuro», osserva Fabiano Toffoli responsabile di produzione in 32 Via dei Birrai. «A mio avviso - aggiunge - chi osserva il “profilo basso” ora segue la strada migliore. Per esempio piccoli birrifici con locale attinente e con mercato locale, senza una grossa struttura da mantenere. Molti piccoli birrifici continuano a correre in tutte le direzioni, ma i fornitori di materie prime confermano una flessione delle vendite dal 20 % in su».

Un buon entusiasmo viene dal mondo craft. «Questo è un momento di grandissima opportunità per chi sa fare bene il proprio lavoro - rimarca Simone dal Cortivo, fondatore di Birrone - per chi non ha rincorso le voglie di fare birre sempre più estrose e divertenti, ma poco in linea con

e cogliere le esigenze reali è pronto ora a soddisfarle. È il momento di chi sa cogliere questa opportunità nel mondo della birra artigianale, che non è affatto stanco, ma ha bisogno di grandissima professionalità per un mercato sempre in evoluzione».

Ritorno alla semplicità

In questo scenario, quali sono i trend più significativi in termini di prodotto? Da Birra Peroni i tre focus sono qualità italiana, territorialità e low & no-alcol. «Non a caso - riferisce Tortella - sono questi i tre segmenti sui cui stiamo focalizzandoci nel percorso più ampio di premiumizzazione del portafoglio. Nel primo caso attraverso la tecnologia blockchain abbiamo tracciato il malto 100% italiano che usiamo nella gamma Peroni e abbiamo inserito un QR code sul collarino delle bottiglie affinché tutti i consumatori potessero verificare con mano l'italianità dell'intera filiera. Nel secondo caso stiamo investendo e innovando su Raffo, a cui abbiamo accostato la novità Raffo Lavorazione Grezza, una birra dal gusto roton-

finati e un processo curato affinché la birra arrivasse quanto più autentica possibile al consumatore, infine, ci sono tutti gli investimenti che stiamo facendo sul segmento delle low e zero alcol».

Da Theresianer si osserva una tenuta del fenomeno “luppolo” e quindi una buona performance delle birre in stile Ipa, Apa, Neipa, soprattutto nel target giovani. «Le birre non filtrateaggiunge Tomaselli - continuano ad avere molto successo, il consumatore spesso chiede “non filtrata” a prescindere, come un concetto acquisito ma senza un’effettiva conoscenza del suo significato tecnico».

Dal mondo craft emerge una tendenza alla semplificazione. «Finalmente dopo tutti questi anni di birre orientate a gusti e profumi inebrianti - chiosa Simone dal Cortivo - stiamo tornando prepotentemente alle basse fermentazioni. Tutti i birrifici oggi hanno in produzione almeno una helles o una pils, anche quelli a vocazione statunitense. Birre molto concrete, create per svolgere la loro funzione, quella di accompagnare il

cibo favorendo la socialità, perfette da abbinare al mondo della ristorazione in tutte le sue sfaccettature. Come da

«Il consumatore comune non si riconosce nelle birre dai nomi complicatissimi per lui senza significato - gli Fabiano Toffoli -. Osservo una ripresa dei gusti semplici e la bionda resta la fonte di sostentamento principale per un produttore. I birrai artigiani tuttora comunicano/trasmettono/contagiano poco la massa dei consumatori. Molte birre artigianali restano irreperibili e pochissimo è cambiato in 30 anni». E aggiunge: «media e indagini parlano di ecosostenibilità, materie prime “naturali”, territorio, filiera... ma alla fine il consumatore guarda il prezzo. La birra chiara rimane il pilastro delle vendite. Semplice e non impegnativa. Il consumatore non è cresciuto molto nella sua preparazione né comprensione. E chi dovrebbe promuovere il prodotto, anche nel fuori casa, non è in grado e non ha gli stimoli a farlo».

«In generale c’è un ritorno progressivo alle Lager e alle Pils, anche nel segmento artigianale - conferma Giuseppe Adelardi, consulente di settore per Idea Food & Beverage - quindi una ricerca sempre maggiore di bevibilità, mentre sta volgendo al termine la grande crescita delle Ipa (e varie sperimentazioni statunitensi ed estere). Il periodo di boom dell’artigianale ha portato a una generale crescita di cultura rispetto al prodotto, ma ora si cercano birre bevibili. In Italia accade lo stesso, l’unica differenza è che il mercato dell’artigianale copre una percentuale di consumi molto bassa rispetto ad altri paesi europei ed extraeuropei, soprattutto per l’incapacità dei piccoli artigiani di fare sistema». cod 105240

Un fenomeno in crescita quello della birra low e no alcol, spinto dai nuovi consumatori, conosciuta dall’80% di essi e consumata dal 67%. Circa un terzo la sceglie spesso come alternativa alla birra tradizionale.

L’offerta cresce da parte dei produttori, in particolare dai big player, mentre le birre artigianali sono ancora difficili da reperire, costose o di scarsa qualità

Un trend in crescita Birra analcolica

di Giambattista Marchetto

Aumenta la popolarità della birra low e no alcol, conosciuta dall’80% degli amanti della birra senza distinzione di età e consumata dal 67% di essi. Di questi, circa un terzo (35%) la beve spesso in alternativa alla birra tradizionale - un dato che accomuna Millennials (31%), Gen Z e Gen X (entrambe 36%). Sono questi i risultati (forse) sorprendenti dell’ultima indagine condotta da BVA Doxa per il Centro Informazione Birra (Cib) di AssoBirra, la fotografia periodica sul mondo

birrario italiano che in quest’occasione accende i riflettori sul segmento no-low.

Ecco che, in un contesto sociale e di consumo dinamico e in mutamento, le birre a bassa gradazione e analcoliche rappresentano un trend in costante crescita tra chi abitualmente ama il boccale, rispecchiando uno stile di vita sempre più sano ed equilibrato. Questa categoria di birra piace ad un beer lover su due perché considerata una bevanda dal sapore appagante, come quello della birra tradizionale, ed è consumata dai due terzi degli italiani che bevono birra.

Sempre più apprezzate dai consumatori

L’aspetto più gradito di questi prodotti è la possibilità di poterli bere senza subire gli effetti dell'alcol, indicato dal 28% del campione. Il sapore paragonabile a quello della birra tradizionale è un fattore di gradimento per il 17% dei consumatori, mentre il 16% la apprezza in quanto bevanda leggera e digeribile.

I principali driver di scelta, condivisi da tutte le fasce di età, sono la salubrità (per il 29% degli intervistati), il gusto simile alla birra classica (27%) e il minor apporto di calorie (24%). Tra

le principali occasioni di consumo, un terzo (34%) degli intervistati la gusta in alternativa alla birra tradizionale, ad esempio quando deve guidare (32%), mentre 1 su 4 la considera una bevanda rinfrescante da bere durante i pasti e le occasioni sociali.

«La birra sta attraversando una fase di innovazione e cambiamento molto positiva - osserva il beer sommelier Fabio Mondini - In tutto il mondo c'è una crescente preferenza per un consumo moderato di alcol, soprattutto tra i Millennials e la Generazione Z: le birre low e no alcol non solo soddisfano il desiderio di un tasso alcolico ridotto, ma sono anche apprezzate per il loro gusto e come simbolo di uno stile di vita sano. Nonostante presentino alcune differenze rispetto alle birre tradizionali, come una consistenza più leggera, un sapore più dolce e una complessità olfattiva più lieve, questa tipologia di prodotto garantisce un'esperienza di consumo appagante».

Se il mercato domanda, la produzione genera l’offerta. «L'industria birraria si sta calando in uno scenario

in trasformazione - riferisce Andrea Bagnolini, direttore generale di AssoBirra - e sta rispondendo ad un’evoluzione delle abitudini dei consumatori, investendo in soluzioni innovative e ampliando la gamma. I produttori stanno abbracciando sempre più un approccio che sposa un consumo moderato, con prodotti privi di alcol o a basso tenore alcolico di alta qualità e radicati nelle tradizioni locali. La popolarità delle birre low e no alcol è in espansione e il volano di questa crescita è l’innovazione del comparto, che sta compiendo degli straordinari passi avanti e reso possibile lo sviluppo di prodotti di eccellenza».

Secondo Giuseppe Adelardi, consulente nel settore con Idea Food & Beverage, «è un trend che caratterizzerà il mercato del futuro, soprattutto se si sdogana il concetto di analcolico=healhty (con accezione “sfigata”). Quest’anno a Beer & Food Attraction si sono presentate con prodotti analcolici Warsteiner (prima volta in fusto) e Forst, ma molti altri hanno riservato più spazio a questi prodotti».

I brand sono tutti in movimento. «Per quanto ancora piccolo - osserva Andrea Tortella, sales director di Birra Peroni - il segmento cresce a doppia cifra anno dopo anno, quindi c’è sicuramente un trend. E lo vediamo anche per altri settori del food & beverage al di là della birra. È una questione generazionale e di una maggiore consapevolezza intorno alla salute e al benessere. La proposta di birra no alcol permette di non rinunciare ad un prodotto di qualità e ai momenti di convivialità anche quando non si vuole o non è consigliato consumare alcol».

Al di là del puro business, la promozione di un consumo responsabile è tra i pilastri dichiarati nella strategia Peroni. «Lavorare su questo segmento per noi è prioritarioaggiunge il manager - a prescindere dal trend Da qui gli oltre 20 milioni di euro investiti negli anni in nuove tecnologie e impianti di dealcolizzazione nei nostri stabilimenti e la recente partnership con Scuderia Ferrari HP, che ci permette di offrire a questa referenza e ai messaggi di consumo

Birra Forst 0,0%

Grazie alle sue proprietà, al gusto rinfrescante, al basso contenuto calorico dal punto di vista nutrizionale, Forst 0,0% è particolarmente popolare tra le persone sportive e rappresenta un compagno ideale per ogni momento della giornata, senza compromessi. Forst 0,0% è la birra ufficiale dello sci, grazie alla consolidata partnership con la Federazione Italiana Sport Invernali (FISI). Inoltre, ha recentemente ottenuto la medaglia d’Oro ai “World Beer Awards" rappresentano un riconoscimento di grande prestigio che si celebra da oltre 10 anni nel Regno Unito.

responsabile una piattaforma dalla visibilità altissima». È infatti di maggio l’apertura della House of Peroni Nastro Azzurro 0.0% a Bologna, uno spazio immersivo del brand di Asahi aperto al pubblico in occasione del Gran Premio del made in Italy e dell'Emilia-Romagna.

Negli ultimi due anni «sicuramente la richiesta di birra analcolica si è fatta sentire - conferma Lorenzo Tomaselli, responsabile commerciale Theresianer - pur rimanendo un segmento contenuto; oggi la richiesta di avere in carta una proposta di birra analcolica è oggettiva e tangibile. Difficile prevedere il destino di questo trend ma sicuramente ad oggi la tendenza è indiscutibile e reale».

Per le analcoliche artigianali è presto

Più difficile l’approccio dei produttori craft al segmento zero-alcol.

«Le birre artigianali analcoliche - dichiara drastico Fabiano Toffoli di 32 Via dei Birrai - sono per la maggior parte imbevibili, poco reperibili e costose. Rappresentano delle produzioni occasionali che io

stesso, appassionato e interessato tecnicamente, faccio fatica a procurarmi. Attualmente una Peroni 0.0 è nettamente migliore (per gusto e aspetto) rispetto ad un’artigianale analcolica». Per Toffoli è ancora presto per l’artigianale analcolica.

«Ci sono troppi ostacoli tecnologici e di investimento, ma anche di rete vendita - dice - e credo molto più nel low alcohol ovvero, in italiano, le birre leggere come la nostra Tre+Due gustosa e dissetante». Il percorso comunque è tracciato.

«Se è vero che da sempre le tendenze del mondo americano diventano realtà concrete in Italia - osserva Simone dal Cortivo, fondatore de Il Birrone - il trend è estremamente reale e sarà concreto a brevissimo. Come tutte le altre volte diventerà solido quando i progetti belli si trasformeranno in prodotti buoni. Come è stato per il gluten free, questa dinamica avverrà anche questa volta. Il ritorno prepotente alle basse fermentazioni è un'ulteriore conferma non solo di un bere più easy, ma anche di una preferenza verso gradazioni più contenute». cod 105463

La Maisel's Weisse Alkoholfrei (analcolica) è prodotta, come tutte le altre varietà di Maisel's Weisse, solo con materie prime naturali, ma contiene anche vitamine, è isotonica e ha meno calorie. Grazie a un processo di produzione appositamente sviluppato dai mastri birrai, l'alcol viene prima estratto delicatamente e poi viene aggiunto mosto di birra fresco, questo conferisce alla Maisel's Weisse Alkoholfrei il gusto corposo e fruttato tipico della weisse: gli appassionati possono così gustare la loro birra di frumento senza alcol e senza dover rinunciare al gusto tipico della Maisel's

È una vera birra belga, con una qualità che onora la tradizione birraria del paese. A differenza di altre birre, la Chouffe Senza Alcol è prodotta con un tipo speciale di lievito che non converte gli zuccheri in alcol durante il processo di fermentazione, mantenendo il contenuto alcolico al di sotto dello 0,4%. Secondo la legge belga, tutte le birre che contengono meno dello 0,5% di alcol sono considerate prive di alcol. Ha una schiuma bianca densa e persistente. Al naso si percepiscono note di agrumi, spezie e frutta. Il gusto è rinfrescante e dissetante, con un finale leggermente amaro.

Da quando ha lanciato la birra analcolica, nel 1979, Clausthaler ha rappresentato lo standard del segmento. Con la sua tecnica di produzione specializzata, l’azienda crea ancora la sua Clausthaler Original analcolica che costituisce la firma del marchio e lo fa nella stretta osservanza della legge tedesca sulla purezza. Il suo gusto genuino è ben bilanciato. Colore giallo dorato con schiuma bianca, fine e persistente. Aroma fresco, fine, floreale con note amarognole. Gusto amaro cremoso, ampio, dolce di frutta, note di luppolo e di spezie. Ben equilibrato.

QUATTROERRE PASSIONE PER LA BIRRA

L’azienda di distribuzione

bevande di Torre de’ Roveri propone una selezione ampia e accurata di prodotti eccellenti e competitivi, etichette sempre al passo con le tendenze dei produttori e dei consumatori. Abbiamo chiesto a Giampietro Rota, uno dei quattro fratelli titolari dell’azienda, di raccontarci come e quando Quattroerre ha iniziato a importare e distribuire birre

Quando è nato l’interesse di Quattroerre per le birre d’importazione?

Attualmente ope riamo nel settore in grosso bevande di stribuendo

gamma di prodotti ai locali di mescita origine l’attività prevalen te era la distribuzione di vini in fusti e l’ampliamento della nostra offerta è stato progressivo. Il nostro “viag gio” nel mondo brassicolo è iniziato a metà degli anni Ottanta: il consumo di birra ci sembrava in crescita e deci

Giampietro Rota di Quattroerre Group ci racconta la storia di una passione che dura da 40 anni: importare e distribuire birre di qualità del nord Europa. Oggi in catalogo grandi birre della tradizione europea ed eccellenze artigianali frutto della creatività

demmo di tentare un approccio. L’incarico di selezionare i produttori e stabilire gli accordi commerciali venne affidato a me.

Com’era il mondo della birra nell’Italia degli anni Ottanta e Novanta?

«Dal

Come è nato il rapporto di Quattroerre con i birrifici europei?

Ben presto la ricerca qualitativa mi spinse in Austria, in Germania e poi in Belgio. La mia passione cresceva e prima di sottoscrivere accordi con un nuovo birrificio volevo conoscerne i criteri di produzione e distribuzione per valutarne l’effettiva rispondenza agli obiettivi della nostra azienda. Non è un caso se alcuni rapporti commerciali con birrifici europei stabiliti oltre 30 anni fa sono tuttora in corso.

Dietro la spinta di brasserie inglesi e tedesche incominciò nel nostro territorio l’apertura dei pub, locali specializzati che imitavano i modelli nordeuropei e che proponevano numerose birre d’importazione qualificate, ciò contribuiva alla formazione di un segmento di consumatori appassionati ed esigenti. La ricerca pregressa di rapporti commerciali diretti con birrifici eccellenti del nord Europa si rivelò a quel punto una scelta avveduta: il catalogo di Quattroerre consentiva ai nostri clienti di assecondare la nuova tendenza dei consumatori Quanto è cambiato il consumo di birra in Italia?

2011 produciamo birra artigianale. È un mondo che mi appassiona e ogni nuova cotta che mettiamo in produzione è un’avventura»

Giampietro Rota

Impossibile parlare dell’evoluzione del gusto senza ricordare che negli ultimi venti anni è avvenuta la Rivoluzione Artigianale della produzione brassicola, ossia la comparsa di migliaia di micro-birrifici che producono birre improntate ad un criterio di creatività e ricerca. La produzione artigianale occupa tuttora una quota di mercato contenuta nell’ambito del 3/4% e la maggior parte della birra continua ad essere prodotta dall’industria, tuttavia la percezione del prodotto si è evoluta in modo sostanziale. In Italia si è trattato di una vera e propria rivoluzione culturale che ha finalmente messo al centro dell’attenzione la qualità della birra, il piacere di degustarla e di spaziare fra gli stili brassicoli. Nel nostro Paese mancavano le grandi tradizioni plurisecolari

Giampietro Rota

Grazie alla Rivoluzione Artigianale la birra è diventata una bevanda affascinante ed è questo il passaggio decisivo: se la qualità di ciò che si versa nel bicchiere è fondamentale, il consumatore desidera poi esplorare sempre nuovi gusti nonché ampliare il piacere della degustazione con quello della conoscenza dello stile brassicolo, della «filosofia» del birrificio e dell’ispirazione del birraio. Insomma il

consumatore ama curiosare fra i

duzione e vuole vivere un’esperienza gratificante a 360°, che coinvolga la sua dimensione intellettuale oltre ai sensi.

Cosa può dirci della selezione birre 2024 di Quattroerre?

Il catalogo Quattroerre contiene grandi birre della tradizione europea ed eccellenze artigianali frutto della creatività, queste ultime consentono ai nostri clienti di intercettare un segmento di consumatori esperti e in crescita. Nei nostri criteri di selezione sono importanti fra l’altro le attenzioni che i produttori

dedicano alle modalità distributive, affinché la birra giunga fragrante nel bicchiere del consumatore.

Per concludere, un bilancio dell’evento 100 Birre nel Castello?

100 birre nel Castello 2024 è un evento dedicato esclusivamente ai locali di mescita Horeca, e anche in questa scorsa edizione ha offerto l’opportunità di selezionare le birre del nostro catalogo sulla base della degustazione e del dialogo con i Il tutto in un’atmosfera informale e conviviale in cui il nostro staff tecnico e commerciale ha supportato gli operatori professionali nell’individuare le birre più adatte allo stile del loro locale di mescita e ai loro avventori cod 106114

Quattroerre Group 035 580701 www. quattroerre.com

100 BIRRE NEL CASTELLO

Il catalogo 2024 di Quattroerre per l'Horeca

Quattroerre, l’azienda di distribuzione bevande di Torre de’ Roveri ha presentato la gamma di birre d’importazione e nazionali a oltre 1000 operatori Horeca. L’evento si è tenuto nel Castello di Malpaga dove gli ospiti hanno degustato birre in bottiglia e alla spina dialogando con birrai ed esperti.

Grandi etichette europee e prodotti artigianali

All’evento erano presenti birrifici storici dell’area austriaca e tedesca quali

Andechs, Leikeim, HB Hofbräu, Ro-

thaus, Herrnbräu, Alpirsbacher, Bürgerliches Brauhaus e Fohrenburger e birrifici della grande tradizione belga come Cornelissen, Herkenrode e Haacht. Erano presenti a Malpaga anche i birrifici artigianali Otus e Birra del Bosco, che hanno confermato la loro vocazione creativa offrendo in degustazione venti birre emozionanti.

Due giorni al profumo di birra

Nel cortile del castello gli ospiti hanno degustato decine di birre, delle quali 43 alla spina, fra queste le Charles

Quint, le Sint Gummarus, le Super 8, le King Mule, le Tongerlo, le Limburgse Witte, la Pax e la Primus. Tra le etichette artigianali italiane citiamo le pluripremiate Pils2 e Ambranera e la nota Froggy Hops

Non solo birra

La pausa gastronomica, con piatti caldi basati sull’uso creativo dell’ingrediente birra, ha aggiunto il piacere della convivialità negli ambienti affascinanti del castello, una fra le dimore storiche più suggestive della bergamasca. Le visite guidate alle

Lo staff commerciale e tecnico di Quattroerre ha supportato gli ospiti che desideravano individuare

Guarda il video di 100 birre nel Castello

le birre più adatte allo stile del proprio locale di mescita

campagna di comunicazione Instagram e da un allestimento nel castello, elegante quanto vivace.

sale affrescate del castello e al campo d’orzo per la produzione dei malti di Birrificio Otus hanno aggiunto note culturali e formative all’evento, reso ancor più piacevole da una briosa

La selezione di Quattroerre

La gamma birre di Quattroerre comprende vari stili brassicoli, più single batch, edizioni speciali e stagionali che attraggono gli appassionati. La

selezione avviene secondo il criterio dell’eccellenza, senza trascurare la necessità di numerosi clienti di poter disporre anche di prodotti economicamente concorrenziali. cod 106111

Quattroerre Group 035 580701 www. quattroerre.com

BIRRA FORST: 12 BOTTIGLIE CON IMMAGINI

DELL'ALTO ADIGE NEL SOUVENIR BOX 2024

Dopo le edizioni di successo degli ultimi anni, torna la “Souvenir Box Limited Edition”. Per il 2024 una selezione di immagini e luoghi del vasto mondo di Birra Forst decora le bottiglie della famosa Forst Kronen. Un vero e proprio ricordo dell'Alto Adige - per gli occhi e per il palato. La “Souvenir Box”, con 12 bottiglie di Forst Kronen, ciascuna da 33 cl, è ora disponibile presso il Forst Online Shop, il Forst Shop e selezionati grossisti.

Da oltre 160 anni, il nome Forst è sinonimo di altissima arte birraria e di qualità eccellente e riflette il legame con la propria terra, la natura e il territorio. L'edizione specia-

splendida fotografia del mondo di Birra Forst. 12 bottiglie uniche e personalizzate della Forst Kronen trovano posto nella pratica e riutilizzabile “Forst Souvenir Box”.

Una selezione di immagini degli edifici storici e di quelli moderni e dei posti più affascinanti della sede di Birra Forst, del paesaggio, della vita, delle tradizioni e dei costumi, decorano le bottiglie di birra personalizzate. L'annuale Foresta Natalizia di Birra Forst con il suo simbolo, la campana della pace di Forst e le magnifiche carrozze sono alcuni dei protagonisti dell'edizione limitata di quest'anno.

Birra Forst è stata fondata nel 1857 in mezzo a questo pittoresco paesaggio, tra montagne e foreste, a Lagundo. Una sorgente di acqua limpida e pura si trova sopra il birrificio e, insieme a materie prime selezionate, porta alla produzione di specialità birrarie di altissima qualità. Tra queste, Forst Kronen, corposa e rotonda, che conquista il palato con i suoi intensi aromi tipici di malto e un sottile sentore di luppolo. Forst - la birra dell'Alto Adicod 106381

PREMIO CEREVISIA 2024: VINCE LA BIRRA GORILLA DI MASTRI BIRRAI UMBRI

La birra Gorilla del birrificio Mastri Birrai Umbri conquista il Premio Cerevisia 2024 come miglior birra del Centro Italia. Un riconoscimento importante che premia l'eccellenza e la qualità della produzione del birrificio umbro, situato a Gualdo Cattaneo (Pg) e parte del gruppo Farchioni. Gorilla, prodotta nella linea speciale Monkey Style dedicata al settore Horeca, è un robusto barley wine in perfetto stile anglosassone. Si distingue per il suo carattere deciso e il gusto complesso, che richiama note di frutta secca, caramello e liquirizia, il tutto avvolto da un intenso aroma di luppolo. La birra matura nelle botti da Sagrantino della cantina Terre de la Custodia, l'azienda vitivinicola del gruppo, e presenta una schiuma di grana fine e molto persistente, colore ramato, profumi di panificazione, di frutta e di tostatura. Dieci gradi di alcol, corpo medio, al palato ha un avvio abboccato e un finale secco. Si può abbinare a tutto il pasto ma è anche un'occasione per meditare. «Dopo aver conquistato diversi riconoscimenti prestigiosi nei più importanti concorsi brassicoli internazionali siamo particolarmente lieti di ricevere un attestato così importante nella nostra regione» commenta Marco Farchioni, manager di Mastri Birrai Umbri. cod 106638

ICHNUSA CONTRO L'ABBANDONO DELLE BOTTIGLIE: «SE DOVETE INQUINARE NON BEVETECI»

di Brian Vavassori

Ichnusa, storica birra sarda nata nel 1912, rappresenta un esempio emblematico di come un marchio possa incarnare non solo un prodotto, ma anche un territorio, le sue tradizioni e la sua gente. Con un legame radicato e rinnovato costantemente, Ichnusa ha intrapreso una serie di iniziative volte a valorizzare e proteggere l'ambiente e la cultura della Sardegna. Come? Nel 2024, ha lanciato la campagna “Il Nostro Impegno”, con l'obiettivo di contrastare l'abbandono delle bottiglie di vetro nell'ambiente. La Sardegna è un paradiso naturale che ogni anno attira milioni di turisti, ma il suo fragile ecosistema è messo a rischio dall'abbandono dei rifiuti,

CELIACI AMANTI DELLA BIRRA?

in particolare delle bottiglie di vetro. Oltre la diffusione sui media, locali e nazionali, la campagna di Ichnusa include affissioni nei luoghi della movida e giornate di pulizia con Legambiente Sardegna. I dipendenti del birrificio partecipano attivamente a queste giornate, contribuendo concretamente al decoro e alla bellezza dell'Isola. Il claim della campagna è “Se deve finire così non beveteci nemmeno” è volutamente provocatorio, e sullo sfondo immagini di bottiglie di birra Ichnusa abbandonate sugli scogli o per strada. Già all'aeroporto di Cagliari sono presenti due cartelloni della campagna, agli sbarchi e al parcheggio esterno: un monito diretto ai turisti che si apprestano al soggiorno sull'isola. cod 105921

Amarcord, birrificio indipendente romagnolo dal 1997, si evolve e presenta la sua prima birra senza glutine, una lager autentica che non rinuncia al gusto e alla tradizione. Senza dimenticare il restyling del packaging che coinvolge l'intera linea Classica, con un design più fedele alla marca e ispirato alle caratteristiche del brand. Amarcord Senza Glutine viene birrificata con gli ingredienti della tradizione e succes-

BIRRA, CIBO E MUSICA BAVARESE: A TORINO LA PRIMA EDIZIONE DI PAULANER OKTOBERFEST

Dal 19 ottobre al 3 novembre nel Parco della Pellerina si respira l’atmosfera dell’Oktoberfest di Monaco di Baviera. 16 giorni di festa con birra, cucina tipica, musica e divertimento per vivere l’autentica tradizione bavarese. Si tratta della prima edizione del Paulaner Oktoberfest Torino, evento ufficiale Paulaner. L’edizione torinese è ospitata in un padiglione di 3.000 m2 con circa 2.500 posti a sedere e altri 1.000 nel Beer Garden coperto, qui la birra Paulaner e i piatti preparati al momento nella grande cucina a vista saranno serviti direttamente al tavolo da una squadra di oltre 70 giovani vestiti con i tipici costumi bavaresi, il "dindrl" per le ragazze e il "lederhosen" per i ragazzi. cod 106226

sivamente deglutinata attraverso l'uso di enzimi in fermentazione e in maturazione a freddo. Questo processo permette di mantenere intatte tutte le caratteristiche organolettiche della birra, riducendo la presenza di glutine ben al di sotto del limite legale di 20 ppm. Al naso e al palato si presenta con piacevoli note di malto e cereali che lasciano spazio a sentori erbacei in sottofondo. cod 106182

Etna

L’eruzione qualitativa dei suoi vini, esplodono bianchi e bollicine

Sempre più ricercati, i vini dell'Etna crescono in qualità e piacevolezza.

La spinta dei bianchi che si affermano anche per longevità. Il Consorzio attende l'ok del Ministero per passare da Doc a Docg e ampliare l'offerta del metodo classico inserendo anche il Carricante (oggi queste bollicine escono come Sicilia Doc)

Le prospettive a breve le ha tracciate Pietro Russo, primo master of wine italiano: sono un'alternativa ai vini più classici, si posizionano in una fascia alta del mercato anche per prezzi (sinonimo di qualità riconosciuta), ci sono importanti revisioni stilistiche che ne marcano la territorialità e a tirare la volata ora sono i bianchi Stevie Kim, ambasciatrice dei vignaioli italiani quale responsabile di Vinitaly International Academy, si spinge oltre e prevede per il territorio un ruolo simile a quello delle Langhe o di Montalcino, simboli dell'eccellenza eroica italiana. Parliamo dei vini dell'Etna, rosso e bianco, ma anche rosati e bollicine, in grande crescita, che rappresentano oggi una vera esplosione di qualità

Contrade dell'Etna conferma la qualità del territorio

L'occasione per valutare il buono stato di salute di questo territorio è

che al Picciolo Etna Golf Resort a Rovittello, Castiglione di Sicilia, in provincia di Catania, ha radunato per la 15a edizione giornalisti, produttori, wine lovers e ristoratori per l'evento fondato da Andrea Franchetti per promuovere un vino che anno dopo anno ha scalato tutte le graduatorie (dalla produzione ai premi internazionali), affinando uno stile unico, legato ai terreni vulcanici, che da inizialmente ostico si è fatto sempre più elegante e capace di attirare l'attenzione dei critici e degli intenditori di tutto il mondo. E che ora gode anche del sostegno della Regione Sicilia, rappresentata all'evento dall'assessore al Turismo Elvira Amata

sogno, Contrade dell'Etna (organizzato da Crew) ha dimostrato l'alto livello oggi raggiunta dalla maggior parte dei 209 produttori di Etna Doc, alcuni dei quali venuti da fuori per investire sui vigneti di suolo vulcanico, valutando questo territorio un po' come la nuova California per il vino italiano. Produttori che sono presenti in tutta la striscia che gira attorno al vulcano formando una sorta di C rovesciata che esclude solo il versante ovest.

E che i vini dell'Etna godano di ottima salute e reputazione può ben essere confermato dal progetto di revisione del disciplinare del Consorzio che a breve dovrebbe riceve

Gaudensius Vintage

Metodo Classico Brut

La massima espressione del metodo classico Etneo in stile Firriato. Nasce dalla convinzione di Firriato di approfondire e affinare le tecniche di spumantizzazione del Nerello Mascalese dell’Etna: il Gaudensius Vintage riposa oltre 100 mesi sui lieviti. Le bottiglie vengono lasciate riposare all’interno del Caveaux di Cavanera Etnea, ad una temperatura di 1112°C. Durante gli oltre 10 anni in cui il vino rimane a contatto con i lieviti aumenta la sua corposità e la sua struttura, esalta la sua complessità fino a sviluppare aromi di elevatissimo profilo e un perlage leggendario.

Alta Mora Etna Bianco Doc 2022 Cusumano

Frutto delle migliori uve di Carricante coltivate nelle contrade di Pietramarina, Verzella e Arrigo sul versante nord dell'Etna. La freschezza dei terreni concede la piena maturazione del Carricante senza snaturarne i profumi, esaltando il carattere e la complessità di questo vitigno autoctono vulcanico. Giallo paglierino, al naso esprime belle note floreali, minerali, fruttate. Una traccia di fieno impreziosita da cenni agrumati apre ad un assaggio fresco, deciso, netto. Un certo calore ne delinea il tratto fino ad una chiusura di ottima persistenza.

il via libera dal ministero dell'Agricoltura per portare tutti i suoi vini da Doc a Docg. Il piano prevede l'allargamento dell'utilizzo dei vitigni per le varie tipologie e l'avvio di un progetto di zonizzazione attraverso una sorta di Crù (come per il Barolo) che permetterà di portare in etichetta i nomi dei 20 comuni della fascia produttiva vinicola sulle pendici de a Muntagna e, soprattutto, i nomi delle 133 Contrade (che a breve potrebbero salire anche a 150) che storicamente definiscono le aree catastali entro le quali ci sono i vigneti che dal versante nord cingono fino a quello di sud-ovest il vulcano in una zona per lo più montana (a volte anche da viticoltura “eroica” con i terrazzamenti).

Per quanto riguarda le novità dei vini, la più interessante riguarda in particolare l'allargamento del metodo classico a tutte le tipologie (non più solo brut), escludendo solo i vini dolci che oggettivamente non rappresentano un territorio per molti versi duro, aspro e selvaggio che il vino sa tradurre in piacevolezza ed eleganza, ma non in dolcezza… Fondamentale è anche l'inclusione del Carricante nella lista per produrre spumante (i blanc de blanc dell'Etna al momento escono come Doc Sicilia). Ci saranno poi novità anche per le rese dei rossi che scenderanno da 90 a 80 quintali per ettaro. Mentre i minimi di affinamento saranno fissati in 12 mesi per i bianchi e 18 per i rossi. Tutte scelte tese a tenere conto dei miglioramenti che queste pratiche garantiscono per un vino sempre apprezzato quanto più sfrutta gli affinamenti e la sua capacità di invecchiare, anche nei bianchi che al momento sono davvero il nuovo motore dell'Etna, dopo la spinta data 10 anni fa circa dai rossi.

IL TERRITORIO ETNA DOC

Selmo, Terremorte, Reganati, San Basilio, Millicucco, San Gerardo, Chiovazzi, Vallone Cerasa, Rocca Campana, Zappello di Campagna, Presa, Vena, Giretto Fossazza Contrade non presenti in

ed in fase di futuro inserimento

Monacella, San Michele, Passopomo, Cosentini. Contrade non presenti in disciplinare ed in fase di futuro inserimento

Fleri, San Giovannello, Cavotta, Pietralunga, Pisano, Pisanello, Fossa Gelata, Scacchieri, Sarro, Piricoco, Civita, Passo Pomo, Rocca d’api, Cancelliere - Spuligni, Airone,Valle San Giacomo, Piano dell’Acqua, Petrulli, Primoti, Algerazzi. Contrade citate in disciplinare senza indicazioni dei limiti territoriali

Cavotta, Monte Ilice, Carpene, Grotta Comune, Eremo di S.Emilia, Monte Gorna, Ronzini Monte San Nicolò, Tre Monti. Contrade citate in disciplinare senza indicazioni dei limiti territoriali, con proposta di futuro inserimento

1 Cavaliere
Maiorca, Torretta, Rapilli, Stella, Spadatrappo Contrade citate in disciplinare senza indicazioni dei limiti territoria

Il Carricante e la svolta dei bianchi che fanno volare tutta la Doc Etna D'altra parte se è vero che l'Etna, con le sue lave e la sua durezza, è stato sinonimo di un vino rosso, ora le cose sono cambiate e il bianco è in grande evidenza. L'esplosione del territorio a livello mediatico è stata dovuta certo all'area del versante nord, quello meno piovoso, e con vini che nei primi tempi erano decisamente ruvidi, con i colori forse scarichi e i sapori eterei e forti, del Nerello Mascalese. Ma è anche vero che questi vini si sono molto affinati, hanno acquisito grande eleganza e anno dopo anno hanno lasciato spazio anche ai bianchi da Carricante in purezza o con piccoli tagli di altri vitigni che, dalla predominanza nell'area Est (la più piovosa per i venti che giungono dal mare, soprattutto Scirocco e Grecale) ora sono prodotti anche a nord. L'Etna bianco rappresenta ora 4 bottiglie su 10 prodotte nell'area del Consorzio e in tutte le sue versioni territoriali dimostra di saper durare alla grande. Una dimostrazione della sfida di questi bianchi al tempo, l'hanno fornita alcune master class di Contrade dell'Etna, come quelle guidate da Cristina Mercuri, candidata a diventare Master of Wine, e da Federico Latteri, giornalista di Cronache di Gusto, che hanno insistito sulla versatilità dei vini e, soprattutto, sulla loro longevità. Considerazioni che coincidono con quelli del wine master Pietro Russo che ha presentato anche la situazione di mercato.

Stando ai dati del 2022, i vini bianchi rappresentavano il 33% dei vigneti e il 40% degli ettolitri prodotti (84mila), ma si prevede che entro 3-4 anni raggiungano il 45% della produzione per giungere poi in

Ottenuto da uve Carricante (80%) e Catarratto (20%) coltivate sul versante nord-est dell'Etna (Solicchiata e Castiglione di Sicilia). Pigiatura soffice delle uve e fermentazione a temperatura controllata di 16-18°C. Affinamento sui lieviti per 36/48 mesi, prima di essere sboccato. Colore giallo paglierino con riflessi dorati. Al naso ha un fresco profumo floreale ed erbaceo con un leggero sentore di crosta di pane. In bocca è asciutto, dal sapore equilibrato, armonico e sapido. Ideale in abbinamento con antipasti delicati, primi e secondi piatti a base di pesce.

Cantine Russo 0942 986271

www.cantinerusso.eu

Prodotto esclusivamente con uve Carricante che prosperano su suoli sabbiosi di matrice vulcanica situati tra i 750 e gli 800 metri sul livello del mare. Colore giallo paglierino brillante. Al naso, emergono distinte note di zagara e acacia, accompagnate da sfumature agrumate. Il palato è avvolto da un'armoniosa combinazione di freschezza e sapidità. Si distingue per la sua struttura equilibrata, caratterizzata da una piacevole tensione minerale che conferisce profondità e complessità. Le sfumature balsamiche aggiungono un tocco di eleganza e complessità.

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è partita la riscossa enoica dell'Etna e dove il rosso impera con il Nerello Mascalese (coltivato in genere fra i 500 e gli 800 metri), si trovano ottimi bianchi e un po' tutte le cantine ne hanno aumentato la produzione, tanto che non è escluso che nel medio periodo si raggiunga la parità o quasi fra bianchi e rossi, così come avviene nella fascia fra sud-est e sud ovest, dove le coltivazioni vanno dai 600 a 1000 metri in media e i bianchi e i rossi si equivalgono per qualità e interesse da parte del mercato. Questi dati porterebbero

mi vini anche in una zona che non sembrava vocata per i bianchi.

E parlando di territorio non si può non ricordare come l'area oggi destinata a vigneti sulle pendici del vulcano (fra 500 e 1000 metri di altitudine circa, anche se in genere sopra gli 800 metri al momento si è fuori dalla Doc) sia solo una minima parte rispetto alla storia del territorio. Oggi siamo infatti a 1290 ettari vitati (con la maggior estensione in Italia di colture biologiche), in crescita dopo l'introduzione della Doc nel 1968, ma per quanto grande

rispetto a molti consorzi italiani, parliamo quasi “del nulla” se si pensa che un tempo i vigneti, che giungevano però fino al mare, occupavano 90mila ettari, scesi a 40mila dopo le distruzioni della fillossera del 1881

La produzione fa capo a 209 cantine, tutte private (non ci sono cooperative), e solo 35 di queste superano le 50mila bottiglie di produzione, 64 vanno da 10mila a 40mila bottiglie e 110 sono sotto quota 10mila.

Il ruolo delle Contrade e la crescita delle

bollicine

Si può ben capire come si tratta di un sistema molto frazionato e che nel sistema delle Contrade ha trovato il modo di garantirsi individualità, pur all'interno del comune obiettivo di promuovere i vini della montagna. Ma anche le Contrade così come sono (solo delimitazione cartografiche di particelle catastali) non riescono forse a dare fino in fondo l'idea delle molte varianti fra altitudine, esposizione e composizione dei minerali delle colate (tutte diverse fra loro) su cui si sono innestati i vigneti. Ecco perché il Consorzio, come detto, cercherà ora di portare le Contrade anche in etichetta. Quasi a rimarcare che, in fondo, l'Etna è un mondo quasi a parte che con due vitigni principali (Nerello Mascalese e Carricante) riesce a fare tutto: dai vini giovani e di pronta beva ad importanti invecchiamenti, senza dimenticare ovviamente i rosati in grande sviluppo (ma al momento con grandi varianze di colori e stili) e i Metodi Classici che puntano ad avere un loro spazio autonomo nelle carte dei vini come Trentodoc, Franciacorta, Oltrepò ed Alta Langa cod 105158

Etna Doc

Crescita controllata per tutelare il territorio e la qualità

Dal 1° agosto 2024 al 31 luglio 2027 il limite massimo di nuovi impianti iscrivibili alla Doc sarà di 50 ettari all'anno: la misura è stata approvata all'unanimità dall'Assemblea dei soci del Consorzio di tutela

Cresce in maniera controllata l'areale dell'Etna Doc. L'Assemblea dei soci del Consorzio di tutela ha infatti deliberato all'unanimità il rinnovo della strategia di gestione contingentata dell'iscrizione dei nuovi vigneti. Per il prossimo triennio, dal 1° agosto 2024 al 31 luglio 2027, il limite massimo di nuovi impianti iscrivibili alla Doc sarà di 50 ettari all'anno

La decisione, presa con voto unanime durante un'assemblea molto partecipata, dimostra la maturità dei soci anche su un tema delicato come questo. Ogni azienda potrà infatti chiedere l'idoneità al Consorzio per un massimo di un ettaro all'anno. Qualora le richieste superassero il plafond annuale, la superficie autorizzata alle singole aziende sarà ridotta proporzionalmente.

«L’aumento controllato delle superfici è una condizione necessaria

per una crescita ragionata della denominazione», commenta il presidente del Consorzio, Francesco Cambria, che aggiunge: «Una scelta che tutela il territorio e, allo stesso tempo, garantisce un posizionamento sui mercati sempre più orientato alla qualità. Una decisione presa con un voto unanime in una assemblea molto partecipata, che dimostra la maturità dei soci anche su un argomento così divisivo».

Prima denominazione ad essere istituita in Sicilia nel 1968 e tra le pio

niere in Italia, l'Etna Doc si estende su un vigneto di 1.500 ettari racchiusi in 20 comuni e 133 contrade.

Oggi l'omonimo consorzio di tutela, che rappresenta il 90% del potenziale produttivo complessivo, riunisce 220 aziende per una produzione media annua di 6 milioni di bottiglie, di cui il 60% viene esportato, in particolare negli Stati Uniti, in Canada, Svizzera e Regno Unito. cod 106063

Per informazioni: www.consorzioetnadoc.com

Cantine Russo

Viticoltura eroica sulle pendici dell'Etna

La tradizione vitivinicola della famiglia Russo risale al 1860 e si è tramandata da padre in figlio fino ad oggi. Nel 1955 Don Ciccio insieme al figlio Vincenzo, rispettivamente il nonno e il papà di Gina e Francesco decisero di imbottigliare il vino prodotto dai vigneti di famiglia, creando una piccola cantina.

Il primo vino venne chiamato Solicchiata: era il 1955, la certificazione Etna Doc venne riconosciuta nel 1968, stesso anno in cui il brand cam-

biò in Rusvini fino ad arrivare al marchio odierno che è Cantine Russo. Oggi insieme al padre, Gina e Francesco Russo con la loro esperienza creano un perfetto connubio tra tradizione ed innovazione. Francesco è l’enologo, mentre Gina si occupa di gestire gli aspetti commerciali, l'accoglienza in cantina e l’enoturismo ed è presidente della Strada del Vino e dei Sapori dell'Etna, un ruolo che le permette di promuovere le eccellenze del territorio.

Il territorio dell'Etna attraverso i vini di Cantine Russo

La cantina, immersa tra i vigneti di proprietà, è situata proprio ai piedi del più grande vulcano attivo d'Europa, sul versante nord est dell'Etna. La famiglia Russo si è sempre dedicata alla coltivazione dei vigneti di famiglia che si trovano a Solicchiata nel comune di Castiglione di Sicilia (Ct) e si estendono tra i 650 e i 1000 m sul livello del mare, nelle contrade di Crasà, Piano dei Daini, Rampante. La viticoltura eroica dell'Etna è una pratica unica, segnata dalla presenza di tipici muretti a secco in pietra lavica e da vigneti terrazzati che richiedono metodi manuali sia per la manutenzione che per la vendemmia.

Una zona asciutta e ben ventilata, con notevoli escursioni termiche tra il giorno e la notte nel periodo della maturazione delle uve. Il differente substrato vulcanico caratterizza i vigneti a seconda della contrada in cui sono localizzati. Nella fascia etnea esistono sostanziali differenze microclimatiche tra una zona e l'altra del vulcano, dovute alla particolare posizione dell'Etna e alla sua morfologia. Il territorio, il microclima, la terra vulcanica ricca di minerali, assieme alla peculiarità dei vitigni autoctoni, favoriscono la produzione di vini unici.

Vini dell'Etna prodotti con pratiche agricole sostenibili

«I nostri vini rossi sono complessi, strutturati ed eleganti, destinati a un pubblico che cerca vini unici e di grande personalità. I nostri bianchi, freschi e sapidi, si distinguono per un'acidità che ne esalta la freschezza» commenta Gina Russo. Cantine

Russo produce una gamma di vini che riflettono la ricchezza del territorio etneo come il Mon Pit Spumante Metodo Classico, in versione bianco da uve autoctone Carricante e Catarratto e rosato da Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio; il Rampante Etna Rosso Doc un vino robusto e complesso, il Contrada Crasá Etna Doc disponibile sia in versione bianca che rossa e il Luce di Lava Etna Doc: anch'esso disponibile in bianco e rosso.

«Ci impegniamo a praticare una viticoltura sostenibile, utilizzando metodi che rispettano l'ambiente e valorizzano la forza lavoro locale.racconta Franceso Russo in merito alla sostenibilità ambientale - Non utilizziamo diserbanti e pesticidi, permettendo la crescita spontanea delle piante durante la primavera, con una successiva sfalciatura manuale. Impieghiamo bio-stimolatori organici per aumentare la resistenza delle

piante alle malattie e prodotti biologici come estratto di arancia dolce e oli essenziali».

L’obiettivo di è quello di offrire vini che non siano omologati ma unici, capaci di riflettere le caratteristiche di un territorio straordinario come quello dell'Etna. «La nostra continua ricerca dell'eccellenza è un messaggio che vogliamo trasmettere a chi sceglie i nostri vini, permettendo loro di godere di un'esperienza enologica autentica e irripetibile» conclude Gina.

Oltre la produzione di vini, Cantine Russo, offre degustazioni in cantina, picnic ed eventi dedicati agli amanti del buon vino. I vini sono presenti nelle carte dei migliori ristoranti e sono disponibili per l'acquisto sul sito: www.cantinerusso.eu cod 106569

Gina, Francesco e Vincenzo Russo

Radici del Sud 2024 Tutti i vini premiati a Sannicandro di Bari

La 19ª edizione di Radici del Sud, il Salone dei vini e oli del Sud Italia a Sannicandro di Bari (Ba), in programma dal 5 al 10 giugno, ha avuto luogo nel suggestivo Castello di Sannicandro e ha richiamato un gran numero di operatori del settore e appassionati, desiderosi di scoprire e degustare le eccellenze enogastronomiche del Sud Italia. I visitatori hanno potuto accedere ai banchi d'assaggio e incontrare i produttori presenti all'evento, approfittando dell'occasione per degustare i migliori vini e oli del Sud Italia. Un'occasione unica per conoscere da vicino la storia e le caratteristiche di questi prodotti, frutto

della passione e della dedizione dei produttori locali, ma anche per premiare le eccellenze della produzione vitivinicola.

Protagonisti di Radici del Sud 2024 sono stati i vini da vitigni autoctoni di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, oltre agli oli extravergini d'oliva prodotti in queste regioni. Accanto ai vini e agli oli, i visitatori hanno potuto scoprire anche un ricco paniere di prodotti agroalimentari tipici del Sud Italia, tra cui formaggi, dolci e prodotti da forno. La giornata del 10 giugno si è aperta alle ore 11:00 con un convegno sui temi di grande attualità per il settore

vitivinicolo meridionale: "Nuove tecniche di coltivazione per tutelare le vigne dall'imprevedibilità climatica", "Personalizzare gli eventi fieristici per generare più vantaggi e utilità al produttore, al territorio e alle produzioni" e "Nuove rotte turistiche, nuovi mercati, nuovi consumi: chi sono i maggiori consumatori del vino del Sud?". Un'occasione di confronto e di approfondimento per operatori del settore, esperti e appassionati.

Al termine del convegno si è tenuta la premiazione dei vini vincitori del concorso Radici del Sud 2024. I vini premiati sono stati selezionati da quattro giurie composte da esperti nazionali e internazionali, che hanno

valutato i prodotti sotto diversi punti di vista, tenendo conto sia degli aspetti identitari dei territori d'origine sia delle caratteristiche che li rendono apprezzati sui mercati internazionali. cod 105739

TUTTI I VINI PREMIATI

SPUMANTI DA UVE AUTOCTONE

Giuria Internazionale

1° Vini Contrada - Rinascita Metodo Classico

Brut - 2019

2° Cantine Benvenuto - Sughero Storto - 2021

Giuria Nazionale

1° Vini Contrada - Rinascita Metodo Classico

Brut - 2019

2° Tenute Chiaromonte - Chiaromonte

Ancestrale Rosé - 2018

FALANGHINA

Giuria Internazionale

1° Terrae Laboriae - Speri Campania

Falanghina - 2022

2° Agnanum - Falanghina - 2021

Giuria Nazionale

1° Terrae Laboriae: Speri Campania

Falanghina - 2022

2° (Ex Aequo): Piarulli Vini Ed Olio

Falanghina - 2023

2° (Ex Aequo): Antico Castello

Demetra - 2023

GRECO

Giuria Internazionale

1° Vigne Guadagno - Greco Di Tufo - 2021

2° (Ex Aequo): Casa Comerci - Rèfulu - 2023

2° (Ex Aequo): Amarano - Greco

Di Tufo - 2021

Giuria Nazionale

1° Amarano - Greco di Tufo - 2021

2° Casa Comerci - Rèfulu - 2023

FIANO

Giuria Internazionale

1° Cantina San Paolo - Fiano Di Avellino - 2022

2° Amarano - Dulcinea - 2016

Cala Silente Vermentino di Sardegna Doc

Vermentino di Sardegna Doc, proveniente da vigneti giacenti su terreni tendenzialmente di medio impasto; clima caldo arido in estate e temperato in inverno. La vendemmia manuale si svolge nel mese di settembre. Di un colore giallo paglierino brillante, con riflessi verdi e dorati. Sentori di mela, pesca a polpa bianca e agrumi. Dal punto di vista gustativo si coglie persistenza, freschezza, sapidità e mineralità. Si accompagna a formaggi freschi a pasta molle e piatti a base di pesce. Temperatura di servizio consigliata 11°C.

TUTTI I PROFUMI DEI VINI DEL SULCIS

La Cantina Soc. Coop. di Santadi è ubicata nel Sulcis, area geologicamente antica nel sud-ovest della Sardegna. Nata nel 1960 e rinnovata nel 1976, si pone l’obiettivo di valorizzare il Carignano del Sulcis, vitigno a bacca rossa principe di questo territorio. Nel 1980 avviene la svolta grazie all’enologo di fama internazionale Giacomo Tachis e nel 1988 viene commercializzata l’annata 1984 del Terre Brune, vino iconico della Sardegna. La mission è quella di coniugare tradizione e innovazione. cod 106364

Cantina di Santadi 0781 950127 www.cantinadisantadi.it

RADICI DEL SUD

Marisa Cuomo Costa d'Amalfi Doc Rosato

Il Costa d’Amalfi Rosato di Marisa Cuomo è ottenuto da uve Piedirosso (localmente detto Per e Palummo) 50% e Aglianico 50% coltivate tra Cetara e Raito (frazione di Vietri Sul Mare) in terrazzamenti costieri a 100/250 m/slm esposti a sud. È un vino dalle caratteristiche organolettiche notevoli, che si distingue per il suo vivace colore rosa e il profumo intenso che richiama ciliegia, ribes rosso e melograno, accompagnato da essenze della macchia mediterranea. Al palato, si presenta strutturato, armonico e con una lunga persistenza.

Il Sigillo Aglianico del Vulture Doc Rosso

Il morbido abbraccio del Vulcano. Aglianico del Vulture in purezza, colore rosso rubino con riflessi granato, con note di frutti di bosco in confettura, cioccolato, pepe nero, viola appassita, carruba, tabacco, cannella, cipria, macis, cuoio, liquirizia, vaniglia e mentolo. Sapido, fresco, pieno, elegante con note di prugna, amarena e mora. Finale molto persistente, speziato con note di liquirizia e cioccolato fondente.

Si abbina a selvaggina, brasati, arrosti, formaggi stagionati e dolci a base di cacao amaro.

Giuria Nazionale

1° Santa Lucia - Gazza Ladra - 2022

2° Amarano - Dulcinea - 2016

GRUPPO MISTO VINI BIANCHI

DEL SUD ITALIA

Giuria Internazionale

1° Campania: Marisa Cuomo - Furore Bianco Fiorduva - 2022

1° Sardegna: Cantina Santadi - Cala Silente 2023

1° (Ex Aequo) Sicilia: Planeta - Allemanda 2023

1° (Ex Aequo) Sicilia: Planeta - Eruzione 1614 - 2021

1° Abruzzo: Contesa Vini e Vigneti - Contesa Pecorino - 2023

1° Puglia: Giancarlo Ceci - Panascio - 2023

Giuria Nazionale

1° Sardegna: Mertzeoro - Granatza - 2023

1° Campania: Marisa Cuomo - Furore Bianco Fiorduva - 2022

1° Sicilia: Planeta - Eruzione 1614 - 2021

1° Puglia: Giancarlo Ceci - Panascio - 2023

1° Abruzzo: Contesa Vini e VignetiContesa Pecorino - 2023

ROSATI DA VITIGNI AUTOCTONI DEL SUD

Giuria Internazionale

1° Sardegna: Siddùra - Nudo - 2023

1° Calabria: Librandi - Segno Librandi - 2023

1° Sicilia: Barone Sergio - Luigia Sicilia - 2023

1° Puglia: Winery Lomartire - Masernò Rosato - 2023

1° Abruzzo: Donvitantonio Vini - Cerasuolo d'Abruzzo - 2023

1° Campania: Marisa Cuomo - Costa d'Amalfi - 2023

Giuria Nazionale

1° Sardegna: Cantina Dorgali - Filieri Rosè2023

1° Puglia: Tenuta Ferrero - Sylvis - 2023

1° Abruzzo: Contesa Vini E Vigneti - Contesa Cerasuolo D'abruzzo - 2023

1° Calabria: Librandi - Segno Librandi - 2023

1° Sicilia: Barone Sergio - Luigia Sicilia - 2023

1° Campania: A.A. Boccella - Rosatt - 2022

RADICI
DEL SUD
RADICI DEL SUD

GRUPPO MISTO VINI ROSSI

DEL SUD ITALIA

Giuria Internazionale

1° Sicilia: Maniscà - Rosso - 2023

1° Molise: Campi Valerio - Opalia Tintilia del Molise - 2020

1° Campania: Terrae Laboriae - Teli

Sannio Barbera - 2022

1° Puglia: Vini di Montemarcuccio

Elpís - 2023

1° Sardegna: Silvio Carta - Cagnulari - 2022

1° Calabria: Librandi - Duca Sanfelice

Riserva - 2021

Giuria Nazionale

1° Sardegna - Siddùra - Bàcco - 2022

1° Sicilia: Cva Canicattì - Aynat - 2021

1° Campania: Agnanum - Piedirosso - 2023

1° (Ex Aequo): Calabria - Librandi - Duca

Sanfelice Riserva - 2021

1° (Ex Aequo): Calabria - Librandi

Megonio - 2022

1° Puglia: Vini di Montemarcuccio

Elpís - 2023

1° Molise: Campi Valerio - Opalia Tintilia del Molise - 2020

MONTEPULCIANO

Giuria Internazionale

1° Contesa Vini e Vigneti - Contesa

Montepulciano - 2022

Giuria Nazionale

1° Donvitantonio Vini - La Filomena - 2020

NEGROAMARO

Giuria Internazionale

1° Cantine Paololeo - Orfeo - 2022

2° Masseria Mita - Euforia Bio - 2019

Giuria Nazionale

1° Cantine Paololeo - Orfeo - 2022

2° Masseria Mita - Euforia Bio - 2019

PRIMITIVO

Giuria Internazionale

1° Nue Wines - Villano - 2021

2° (Ex Aequo): Masseria Cuturi - Chidro - 2021

2° (Ex Aequo): Masseria Mita - Equilibrio

Bio - 2020

1° Masseria Mita - Equilibrio Bio - 2020

2° Masseria Cuturi - Chidro - 2021

NERO DI TROIA

Giuria Internazionale

1° Vinicola Lamonarca - 5 Foglie Nero di Troia - 2022

2° Palatino Vini Pugliesi Per Passione

Pupa Nera - 2022

Giuria Nazionale

1° Rivera - Puer Apuliae Riserva - 2017

2° (Ex Aequo): Vinicola Lamonarca - 5 Foglie

Nero Di Troia - 2022

2° (Ex Aequo): Biobonizio I Garagisti di Montegrosso - Piovanello - 2029

CANNONAU

Giuria Internazionale

1° Mannoi - Mannoi Nepente di Oliena - 2021

2° Cantina Vignaioli Oliena - S'incontru Nepente di Oliena - 2019

Giuria Nazionale

1° Mannoi - Mannoi Nepente Di Oliena - 2021

2° Iolei Winery - Voste' - 2022

AGLIANICO

Giuria Internazionale

1° Cantine Del Notaio - Il Sigillo - 2016

2° Cantine Kandea- Aragona - 2017

Giuria Nazionale

1° Vigne Guadagno - Irpinia Aglianico - 2020

TAURASI

Giuria Internazionale

1° Amarano - Principe Lagonessa - 2015

1° Vini Contrada - Contrada Taurasi - 2017

Giuria Nazionale

1° A.A. Boccella - Sant'Eustachio

Taurasi - 2019

2° Vini Contrada - Contrada Taurasi - 2017

VINI DOLCI , PASSITI, MUFFATI, OSSIDATIVI

Giuria Internazionale

1° Silvio Carta - Vernaccia di Oristano

Riserva - 2006

2° Cantine Del Notaio - L'autentica Basilicata

Bianco - 2022

Giuria Nazionale

1° Silvio Carta - Vernaccia Di Oristano

Riserva - 2006

2° Fulghesu Le Vigne - Jogos - 2013

BIOLOGICO

Giuria Internazionale

1° Maniscà - Rosso - 2023

2° (Ex Aequo): Planeta - Allemanda2023 (Sicilia)

2° (Ex Aequo): Planeta - Eruzione 1614

2021 (Sicilia)

Giuria Nazionale

1° Vigne Guadagno - Irpinia Aglianico 2020

2° Boccella - Sant'Eustachio Taurasi - 2019

RosaMara

L'artigianalità di Mattia Vezzola nel rosé della Valtènesi

Costaripa è sinonimo di eleganza e innovazione nel mondo dei vini rosé. Guidata da Mattia Vezzola, la cantina si è distinta per la qualità superiore dei vini Rosé Valtènesi tra cui il RosaMara

Costaripa, azienda vitivinicola di Moniga del Garda (Bs), è sinonimo di eleganza e innovazione nel mondo dei vini rosé. Guidata dall'estro e dal talento dell'enologo e patron Mattia Vezzola, la cantina si è distinta nel panorama nazionale e internazionale per la qualità superiore dei suoi prodotti. I vini rosé di Costaripa non sono solo eleganti e profumati, ma anche setosi, persistenti e dotati di una straordinaria capacità evolutiva. Vezzola ha saputo reinterpretare con maestria il Rosé Valtènesi, una delle tipologie più nobili e rappresentative del Lago di Garda, rendendolo unico e contemporaneo.

Costaripa racconta i suoi rosé come vini anticonformisti e all'avanguardia, ma con un monito importante: sono vini che trovano la loro migliore espressione nell'attesa. L' artigianalità dei vini si manifesta in ogni fase della produzione, dalla cura meticolosa dei vigneti alla vinificazione delicata, riflettendo una dedizione alla qualità e un rispetto profondo per le tradizioni enologiche del territorio.

Non solo adatti all'aperitivo, grazie al loro ampio ventaglio aromati-

co, i rosé si sposano con numerosi piatti della cucina italiana e internazionale, raffinata e speziata. Questa versatilità li rende ideali per accompagnare diverse esperienze gastronomiche, elevando ogni pasto con la loro presenza distintiva.

Costaripa possiede circa 28 ettari di vigneti dedicati al progetto RosaMara, tutti situati a ridosso del lago di Garda. La particolare esposizione dei vigneti, combinata con la presenza del lago, crea un microclima ideale per la coltivazione di uve di altissima qualità.

Il RosaMara è un rosé straordinario, realizzato con un blend di uve Groppello Gentile, Marzemino, Sangiovese e Barbera. Si distingue per il suo colore leggerissimo di rosa appena fiorita, quasi perla, frutto di una delicata vinificazione. Al naso, offre un profumo invitante e speziato, con note fruttate di pesca e piccoli frutti rossi, e un leggero sentore di fiori di biancospino, amarena e melograno. Al palato, il vino si presenta con una tessitura setosa, armonico e ampio, ricco di persistenza e sapidità. Il finale è secco, senza zuccheri residui, con leggere note di frutta esotica e mandorla amara.

«Ogni giorno, al tramonto, posso osservare, senza equivoci, la qualità e il valore del mio Lavoro che ha il sapore del pane quotidiano. Un gusto che conosco bene così come i criteri irrinunciabili che mi guidano, come quello della fedeltà, della tradizione, della trasparenza e dell’etica. Ecco perché, senza timore, mi dedico alla produzione di un Rosé da “viticoltura dedicata” come RosaMara ritenendo questo vino la rappresentazione perfetta di uno stile e di quella impalpabilità della materia, figlia della volontà di ricercare nel frutto, del Groppello Gentile, la setosità, la grazia, l’eleganza e la consacrazione della mia personale filosofia produttiva. RosaMara è un Rosé che ha il valore di un modo d’essere e vivere. Un vino per tanti, ma non per tutti» commenta così Mattia Vezzola il suo Rosé più amato.

La vinificazione segue il metodo “a lacrima”: il mosto viene separato dalle bucce attraverso l'azione della gravità, permettendo di estrarre solo la parte più nobile dell'uva. Questo processo conferisce al vino una longevità di 2-4 anni, durante i quali il RosaMara continua a evolversi e a migliorare.

È un vino estremamente versatile, che si abbina perfettamente con una varietà di piatti. È ideale con pesce bianco crudo, ricciola, dentice, capasanta scottata, pepata di cozze e tutte le insalate mediterranee. La sua capacità di esaltare i sapori dei cibi lo rende una scelta eccellente per cene raffinate e occasioni speciali cod 106548

Mattia Vezzola

Francesco Drusian La tradizione incontra il futuro

Un amore per il proprio territorio e per il proprio lavoro nato già alla fine dell’800. Una storia lunga tre generazioni che racconta sacrifici, sudore e tanta passione. Questa è l’Azienda Drusian Francesco, sita nel cuore di una terra aspra plasmata dal tempo e dalle mani degli abili contadini che hanno saputo renderla ciò che è oggi: grande, formata da saliscendi impervi che creano

nel paesaggio una dolce armonia:

Valdobbiadene

Sono colline eroiche scandite dal tempo, divenute Patrimonio dell’Umanità nel 2019 grazie al loro carattere panoramico di vigneti e boschi, un paesaggio a mosaico che fa risaltare i piccoli borghi e i ciglioni con filari d’oro che creano una sinfonia di movimenti e colori. Strade che si intrecciano con i raggi del sole e lasciano il segno di chi

le ha percorse per creare la sua storia.

Tradizione vinicola nel cuore del Cartizze

Ed è una bella storia quella di Francesco Drusian, al timone dell’omonima Azienda Agricola di Bigolino di Valdobbiadene (TV) dal 1988, che sa bene cosa significa innamorarsi della propria terra e lavorare per renderla unica. Da più di 35 anni infatti si dedi-

e cullato ripagandolo dell’amore che lui stesso ha sempre donato e continua a dare ai suoi vigneti, una “casa” che accoglie chiunque voglia scoprirla sentendola, percependola, senza limitandosi a guardarla.

Francesco decise di portare avanti il lavoro iniziato dal suo bisnonno, che nel 1890 circa acquistò i primi terreni nella zona vocata del Cartizze e iniziò a prendersene cura. Da ragazzino, Francesco ricorda le lunghe passeggiate che faceva con il nonno tra i vigneti e di quando lo aiutava a prendere le bottiglie coricate sulla sabbia nella piccola cantina che avevano. Un’attività rimasta impressa nella sua mente ancora oggi, che descrive la storia e la cultura di questa terra.

Nella seconda metà degli anni '80, Francesco Drusian prende in

della tradizione enologica familiare, segue personalmente e scrupolosamente sia le attività in vigna che in cantina. Nei primi anni ’90 poi, iniziò a capire quali potevano essere le prime attrezzature idonee a creare un prodotto di qualità e decise quindi di investire nella struttura che oggi è diventata la sua Azienda e di acquistare terreni per poter coltivare le piante di uva Glera, atte alla produzione dello Spumante Conegliano Valdobbiadene Superiore DOCG

Il “Vin Col Fondo”

La tradizione in casa Drusian è forte ancora oggi. Il passato si mescola armoniosamente con il presente per

creare un prodotto unico e di alta qualità, con un occhio di riguardo rivolto anche all’ambiente, un impegno concreto che testimonia la volontà di preservare la bellezza e la ricchezza della nostra terra per le generazioni future. Grazie alla passione e alla dedizione di Francesco e dei suoi collaboratori, ogni bottiglia di Spumante porta con sé un pezzo di territorio e di storia, regalando emozioni e sapori autentici a chiunque ne faccia esperienza.

In particolare, la tradizione viene ben interpretata dal cosiddetto “vin col fondo”, vino prodotto con la seconda fermentazione in bottiglia senza sboccatura. Dal 2019 Drusian lo propone in versione Spumante come Valdobbiadene DOCG Sui Lieviti Brut Nature, imbottigliato la primavera successiva alla vendemmia e conservato sui lieviti ad una temperatura costante per i successivi quattro-cinque mesi. Nasce da uve 100% Glera, coltivate sulle ripide colline di Valdobbiadene e spicca per il tipico sentore di crosta di pane, dato dal contatto prolungato con i lieviti, che dona una maggiore profondità aromatica.

Ogni bottiglia è un pezzo unico, frutto di una tradizione antica che sta a cuore da generazioni ai produttori del nostro territorio. Unico come il profondo rispetto per la storia e la cultura del luogo in cui l'Azienda opera. cod 106575

Bolle&shaker

L'ascesa di Asti Spumante e Moscato d'Asti nella mixology

Nella seconda golden age della mixology, Asti Spumante e Moscato d’Asti rappresentano valide alternative al Prosecco grazie alla loro adattabilità. Oggi queste bollicine sono sempre più presenti nei bar di tendenza

Asti Spu

ovando spazio nei menu . Inoltre, offriamo idee pratiche per bartender e appassionati di cocktail riportando ricette e suggerimenti per eventi di degustazione e iniziative speciali. L'o valorizzare questi eccellenze enologiche ma come versatili ingre dienti nei drink, ponti tra tradizione e modernità.

Iniziamo con il delineare lo sce nario. Grazie al boom dello Spritz, al traino della seconda golden age della miscelazione, alla tendenza alla valo rizzazione dei prodotti del territorio e

alle iniziative dei consorzi per favorire lo sviluppo del mercato legato al mon do dei cocktail, in Italia assistiamo alla diffusione delle bollicine locali meto do Martinotti in mixology

Se il Prosecco regna sovrano ovun que, complici i volumi di produzione, il prezzo e la pubblicità che il prodotto ha goduto grazie agli investimenti di Campari per rilanciare l’Aperol attraver so lo Spritz, sono sempre più numero si i cocktail street bar, i bar degli hotel e i catering che decidono di sostituirlo con le bollicine locali. E questo vale anche per Spumante e Moscato d’A sti che, grazie alla loro versatilità, non solo valorizzano il prodotto locale, ma arricchiscono anche l'esperienza di consumo, offrendo nuove e intriganti combinazioni da assaporare.

Asti Spumante

e Moscato d’Asti: un’alternativa

al Prosecco

Detto questo, a essere onesti la loro diffusione in miscelazione rimane an cora limitata, specialmente al di fuori del Piemonte. Le ragioni? Intanto, uno dei punti critici da superare è la scarsa conoscenza del mondo delle bollicine italiane. Non solo molti consumatori non distinguono le bolle a seconda dei loro diversi metodi di produzio ne e ignorano le zone di produzione, ma persino alcuni professionisti non

strumento di diffusione

Oggi hanno un notevole ritorno concorsi, sfide creative ed eventi espe-

Le ricette

rienziali. Il Consorzio d’Asti potrebbe non solo ampliare il suo pubblico ma anche sviluppare una community appassionata e fedele promuovendo un concorso per coinvolgere i consumatori con bottiglie di Asti Spumante o Moscato in premio. Oppure, sponsorizzando una gara dedicata sia ai bartender che agli appassionati, divisi per categorie e impegnati a sfidarsi a suon di drink con lo spumante o il moscato d’Asti. Queste iniziative, supportate da una solida campagna di marketing, contribuirebbero a rafforzare l’uso di Moscato e Spumante d’Asti come ingredienti in mixology. cod 106365

Vini Asti Docg

L'ingrediente segreto per cocktail estivi originali

L'Asti Docg si distingue oggi per la sua versatilità e tendenza. I vini Asti Spumante e Moscato d'Asti sono apprezzati nella mixology grazie alle loro caratteristiche che permettono combinazioni innovative

Dolce, secco ma an che mixato

consortile tra le più antiche d’Italia, si presenta oggi tra le de nominazioni più versatili e di tendenza e guarda al futuro tra assaggi in pu rezza, contaminazioni innovative in cucina e drink a base di Asti

Spumante e Moscato d’Asti per tutte le sta gioni e per tutti i gusti, pronto ad intercettare giovani consumatori e palati esigenti.

ZEN

fette, foglie di basi

Se lo storico matching tra le bollicine aromatiche e i dolci della tradizione festiva resta infatti una combinazione intramontabile, le caratteristiche organolettiche delle bollicine aromatiche piemontesi permettono di osare con miscelazioni inconsuete, perfette anche per l’estate da bere in vacanza con gli amici o da assaporare a casa per accompagnare i momenti di convivialità in famiglia.

Lo dimostra il MOSCA

TO ZEN, il cocktail - ideato dal Consorzio Asti Docg - fresco e di facile prepara zione a base di Moscato d’Asti, liquore di fiori di Sambuco, lime ed estratto di zenzero. Da servire in calice, può essere degustato sia come aperitivo dissetan te durante le calde giornate estive che a cena con un inedito abbinamento con la pizza o il sushi.

Un’alternativa altrettanto rinfre scante e frizzante è l’ormai iconi co ASTI SIGNATURE a bassa gradazione alcolica e ben bilanciato, realizzato con mante, pompelmo rosa in

non solo le note tecnico-degustative ma anche qualità in leggerezza.

Una piacevolezza che può esse re riscontrata in un calice in purezza di Asti Spumante dove il schiato e il profumo che richiama i fiori di acacia, il glicine e il miele di montagna donano al palato una sen sazione di freschezza ideale per il consumo a tutto pasto versioni Demi Sec, Dry ed Extra Dry. Vale l’assaggio anche il Moscato d’Asti, uno dei prodotti più rappresen

Bianco che dà vita alla Docg pie montese, nelle tipologie Asti Spumante e Moscato d’Asti, è coltivato in 51 comuni della Provincia di Alessandria, Asti e Cuneo per un’estensione di circa 10 mila ettari rientranti nel paesaggio vitivinicolo Patrimonio Mondiale dell’Umanità, il pri-

Il 90% della produzione viene esportata. cod 106391

MOSCATO

Krug 28èmeRoséÉdition Eleganza e audacia ...in rosa

Krug Rosé 28ème Édition, lanciato per la prima volta nel 1976 dalla 5ª generazione della famiglia Krug, viene ogni anno reinterpretato attraverso una nuova edizione, riflettendo in pieno lo stile della Maison Krug

Krug Rosé 28ème Édition è uno Champagne rosato che incarna il perfetto equilibrio tra eleganza e audacia. Da quando, nel 1976, la quinta generazione della famiglia Krug ha deciso di lanciarsi in questa avventura, ogni anno si realizza una nuova edizione di questo champagne unico. Ogni bottiglia di Krug Rosé è il risultato di una sapiente arte di assemblaggio che riflette la tradizione e l'innovazione della Maison Krug

Il blend di Krug Rosé 28ème Édition

Krug Rosé 28ème Édition è composto da un blend di 32 vini provenienti da sei annate diverse, la più giovane delle quali risale al 2016 e la più vecchia al 2010. Questo assemblaggio include un 10% di Pinot Noir macerato tradizionalmente, proveniente dalle parcelle di Aÿ e Mareuil-sur-Aÿ, che aggiunge note speziate, colore e struttura al vino.

La composizione finale è equilibrata con un 58% di Pinot Noir (incluso il 10% di Pinot Noir macerato), un 25% di Chardonnay e un 17% di Meunier Krug Rosé 28ème Édition è matura per circa sette anni nelle cantine di Krug, conferendogli una complessità e un’eleganza uniche. La vendemmia del 2016, da cui è partita la composizione di quest'edizione, è stata caratterizzata da condizioni climatiche estreme: una primavera piovosa seguita da un’estate calda e asciutta, con un periodo di vendemmia che ha visto la raccolta delle uve dal 9 settembre al 2 ottobre.

Nonostante le difficoltà, le uve sono risultate in ottima salute e hanno prodotto vini che esprimono pienamente il loro carattere

Krug Rosé 28ème Édition si distingue per la sua capacità di combinare vini con profili contrastanti, creando un equilibrio virtuoso tra sostanza e finezza. Questo champagne rosé è vivace, ampio e audace, con un tocco di imprevedibilità che lo rende unico nel suo genere Ogni edizione rappresenta un capitolo della storia della Maison Krug e un'opportunità per i collezionisti di scoprire e apprezzare l’evoluzione di questo champagne nel tempo.

Alla vista, Krug Rosé 28ème Édition presenta una profonda sfumatura di salmone che promette eleganza. Al naso, offre aromi di aranciata, ribes rosso, nocciolo di ciliegia e gelatina di lampone, con accenni di pasta e meringa al limone. Al palato, si svela una ricca esplosione di frutti rossi come lampone, ribes rosso, ciliegia, ribes nero, mirtillo rosso e bacche di goji, che si armonizzano con note più dol-

ci di pesca schiacciata e insalata di fragole con basilico. Il finale è caratterizzato da toni leggermente amari di agrumi, scorza di pompelmo e lime, accentuati dalle bollicine sottili e raffinate.

Gli abbinamenti di Krug Rosé 28ème Édition

Krug Rosé 28ème Édition è sorprendentemente versatile negli abbinamenti gastronomici, riuscendo a sostituire con brio un buon vino rosso a tavola. Si sposa perfettamente con piatti saporiti come foie gras, agnello, selvaggina, carne bianca, cervo e piatti speziati. Tuttavia, non è consigliato per accompagnare i dessert, dove la sua complessità potrebbe risultare meno adatta. cod 106586

Tre Schiava da bere in estate

Eros Teboni

Miglior sommelier del mondo Wsa 2018

NALS MARGREID 3 2

GIRLAN

WALDGRIES

BOLZANO 1

ra le più antiche regioni del vino d’Europa, l’Alto Adige conserva pratiche enologiche che risalgono al V secolo a.C. e al popolo dei Reti e dei Romani, da sempre produttori di uva. Tradizioni di cui è intrisa la memoria, che non di rado si ispirano al sacro, come quella devota a Santa Maddalena, a cui è dedicata una chiesetta sui pendii scoscesi a nord est di Bolzano. In questa zona il vitigno principe è la Schiava, che non è una sola. Per Schiava si intende una famiglia di vitigni a bacca nera, di rado coltivati separatamente, che si caratterizzano per peculiarità ampelografiche differenti. Il vino che se ne ricava è sempre stato apprezzato dagli imperatori d’Austria, tanto che rappresentava un efficace merce di scambio paragonabile alla moneta, con cui si acquistavano i prodotti austriaci. cod 105832

1

ANTHEOS SANTA MADDALENA CLASSICO WALDGRIES

Varietà: Schiava gentile, Schiava grigia, Schiava Tschaggel, Schiava media, insieme ad altre varietà antiche di Schiava e Lagrein.

Forma di allevamento: Pergola

Prezzo medio: € 24 / 28

Lo scorrere del tempo non è un’opinione e il preservare tutto ciò che è stato è un valore. Sono i principi a cui si ispira Christian Plattner, continuando sulle orme del fondatore Roblinus de’ Waldgries, che pose la prima pietra della Cantina Waldgries a Santa Giustina e oggi viene ricordato con l’intitolazione di un vino. Antheos è una vigna altamente vocata, che riporta indietro il tempo, grazie alla geniale intuizione di Christian, di coniugare otto storiche varietà di Schiava e Lagrein quasi estinte, ispirandosi alle pratiche che erano in uso quando c’era il bisnonno. Regala leggeri profumi floreali, intensi sentori di frutta rossa, ribes, mirtillo, mora, ed erba appena tagliata, il sorso è appagante, elegante, con tannini avvolgenti in rapporto a una interessante acidità. In abbinamento: Spalla di agnello a bassa temperatura, salsa all’aglio e carote colorate, ricetta del ristorante Salvo Cacciatori di Imperia e presente sulla guida TavoleDoc Liguria

VERNATSCH GALEA 2023

NALS MARGREID

Varietà: 100% Schiava

Forma di allevamento: Pergola

Prezzo medio: € 15 / 18

I vigneti di Nals Margreid prosperano su terroir unici, ricchi di biodiversità, estesi principalmente sulla sponda destra del fiume Adige, tra Nalles e Magrè, caratterizzando produzioni accurate. Il Vernatsch Galea prevede vendemmie con raccolta manuale, fermentazioni in tini di acciaio e affinamenti di 7 mesi in botti di legno grandi. E l’assaggio non disattende. Una Schiava classica tra le più versatili dell’Alto Adige, che al naso offre inebrianti sentori di piccoli frutti rossi poco maturi ma più croccanti e ciliegie di Vignola, con lievi note di levistico, macis, mandorla. Al palato, un sorso delicato, caldo, succoso, vellutato, persistente, relativamente poco acido e tannico, ma molto morbido, con leggere speziature. In abbinamento: Filetto di manzo, broccoli, aringhe e salsa acidula, ricetta di Luca Marchini, chef una stella Michelin de L'Erba del Re di Modena e socio Euro-Toques Italia.

VERNATSCH GSCHLEIER 2022 GIRLAN 3

Varietà: 100% Schiava

Forma di allevamento: Pergola

Prezzo medio: € 20 / 23

Un cru leggendario, notevolissimo. Si ottiene solo con uve locali da vigne vecchie di 80-100 anni, limitando le rese, senza usare concimi minerali e irrigazioni artificiali, ma impiegando sistemi a goccia a risparmio idrico. I filari esposti a meridione, su suoli calcarei, ghiaiosi, argillosi, hanno una pendenza media del 12% e si estendono su una collina morenica tra i 390 e i 450 metri di altezza. Le vendemmie sono manuali, le fermentazioni durano circa 20 giorni, le maturazioni nove mesi in grandi botti di rovere e 6 mesi l’affinamento in bottiglia. Al naso un bel floreale e lievi sentori di sottobosco, piccola frutta rossa, mandarancio. Al palato rivela una fine trama tannica, un’acidità importante e un sorso fresco, snello, corposo, pieno, che diverge un po' da ciò che ci si aspetta da questo vitigno, finale sapido. In abbinamento: Bottoncini ripieni di piccione, burrata e finocchietto selvatico, ricetta di Giorgia Ceccato della Nazionale Italiana Cuochi tratto dal terzo volume L'opera del gusto

Tendenza NoLo UN NUOVO MODO

DI BRINDARE (NO

ALCOL)?

Enza Bergantino

bevande low/no alcoliche stanno conquistando sempre , ma cosa comporta realmente il loro consumo a lungo termine? Se da un lato evitano gli effetti negativi dell'alcol, dall'altro ci sono ancora molte domande senza risposta. Gli ingredienti come edulcoranti artificiali e additivi sono sotto la lente d’ingrandimento della scienza, e la trasparenza delle etichette è un tema caldo. I consumatori vogliono sapere cosa bevono, e giustamente!

Millennials e Gen Z stanno riscrivendo le regole del consumo di vino. Cresciuti con una maggiore consapevolezza su benessere, sostenibilità e responsabilità sociale, preferiscono vini di alta qualità, prodotti in modo etico e trasparente. Molti giovani scelgono uno stile di vita moderato, optando per bevande low/no alcoliche o rinunciando del tutto all’alcol Un cambiamento che il settore vinicolo non può ignorare. L'industria del vino sta rispondendo a queste nuove tendenze con innovazione e sostenibilità. Vini di alta qualità, pratiche ecologiche e trasparenza nella filiera produttiva sono le parole d'ordine. Il settore deve adattarsi rapidamente per non perdere il treno delle nuove generazioni, offrendo prodotti che rispecchiano i loro valori e le loro aspettative. I vini senza alcol stanno vivendo un boom, e non solo per motivi di L’interesse per uno stile di vita più sano e consapevole è in crescita, e l'industria del vino sta rispondendo con un’offerta sempre più variegata e di . Questi vini offrono un’alternativa gusto-

sa ai tradizionali vini alcolici, senza compromettere il piacere del brindisi.

I vini low alcohol italiani stanno conquistando gli Stati Uniti, dimostrando che la qualità italiana è apprezzata anche nella versione light. Questo successo evidenzia l’interesse crescente per bevande più leggere e salutari, aprendo nuove prospettive per il settore vinicolo italiano anche a livello globale. L’ISWR prevede una crescita del +6% per le bevande dealcolate tra il 2023 e il 2027. Sebbene l’Italia non sia ancora tra i mercati principali, ha tutte le carte in regola per diventare un leader nel settore. Produttori come Mionetto, La Gioiosa et Amorosa e Zonin stanno già innovando con proposte interessanti, dimostrando che il vino senza alcol può essere sinonimo di qualità.

Il target dei vini senza alcol è va riegato e in crescita. Dai salutisti ai giovani trendy, dalle donne in gravi danza a chi non può consumare alcol per motivi di salute o religiosi, sem pre più persone scelgono queste be vande per motivi diversi. Anche chi vuole semplicemente gustare un buon vino senza gli effetti dell’alcol trova nei vini no alcol una valida alter nativa.

I vini senza alcol non sono una minaccia per quelli tradizionali, ma un’opportunità per espandere il mer cato. Offrire una gamma diversificata di prodotti permette di soddisfare i gusti di un pubblico sempre più esi gente e attento alla salute. alle nuove tendenze di consumo è fondamentale per rimanere compe titivi e capitalizzare su nuove oppor tunità �� cod

La parola del mese

Il Dry Dating è la scelta di un appuntamento romantico senza consumo di alcol, preferita soprattutto dai giovani per motivi di salute e risparmio, promuovendo attività alternative e una comunicazione autentica.

Dry Da ting

Strategie per il successo dei vini senza alcol

1. Qualità senza compromessi: utilizzare materie prime di alta qualità e metodi di produzione innovativi;

2. Storytelling e branding: raccontare la missione e i valori del brand per creare un legame emotivo con i consumatori; 3. Presenza online: mantenere una solida presenza digitale con contenuti accattivanti e informativi; 4. Trasparenza: fornire informazioni dettagliate su ingredienti e metodi di produzione;

5. Marketing mirato: campagne pubblicitarie focalizzate su specifici segmenti di mercato;

6. Packaging distintivo: creare confezioni che risaltano sugli scaffali;

7.Collaborazioni strategiche: partner con mixologist, esperti del benessere e associazioni di categoria

Nel mercato del vino No-Low Alcool l’Italia non c’è, ma il vino italiano si

DIGITAL WINE (di Wine Roland)

TENUTA SAN GUIDO: massima espressione dei vini di Bolgheri

ario Incisa della Rocchetta è stato il primo vignaiolo a pro durre un grande vino di ispirazione bordolese in Italia, riconoscendo in Bolgheri (Li) una somiglianza pedocli matica con le Graves di Bordeaux ben ché nella zona fosse assente una vera e propria tradizione vitivinicola qualita tiva. Nel 1944 arrivò la prima vigna di Cabernet Sauvignon e cominciò a pro durre il Sassicaia, che dal 1948 al 1967 rimase riservato al consumo familiare. È con l’annata 1968 che questo grande vino, anche grazie alla mano sapiente di Giacomo Tachis, approda sui mercati e raggiunge presto quell’eccellenza per cui oggi è diventato totemico Dopo oltre venti anni di sperimentazioni, con la vendemmia 2000, nasce il Guidalberto. Nel 2002 è la volta de Le Difese, vino giovane e morbido. La Cantina è situata in fondo al viale dei cipressi “alti e schietti” celebre per i versi di Carducci.

A San Guido il processo produttivo è indirizzato alla salvaguardia dei vigneti storici, dei suoli e dei microclimi. Tenuta San Guido ha radici ben salde tra uomo e natura insomma.

Oggi, la terza generazione è costituita da Priscilla Incisa e i suoi cugini: Piero Incisa, Giovanni Incisa, Etienne Hunday e Jozsef Hunday. Continua così il legame indissolubile tra la famiglia e l’azienda.

Apriamo la nostra degustazione con Le Difese 2022 da uve Cabernet Sauvignon e Sangiovese. Annata tendenzialmente calda sebbene a Bolgheri, e specialmente in collina, la situazione sia stata diversa rispetto ad altre zone d’Italia e della stessa Toscana. Sublimi richiami fruttati di ciliegia, melagrana e ribes rosso, rosa, tabacco biondo, eucalipto, cioccolata bianca e cannella. Saporito e succoso, con trama tannica in nobile evoluzione.

GUIDALBERTO 2022

Guidalberto 2022, taglio di Cabernet Sauvignon e Merlot. Sull’annata aggiungiamo che l’escursione termica fra il giorno e la notte e le brezze notturne e diurne hanno portato ad una maggiore frescura, contribuendo a mitigare il caldo estivo. Ritma sentori di mora, ribes e ciliegia in confettura, rosa appassita,

sorso con freschezza e tannino dominanti, persistente nei ricordi di rabarbaro, offre polpa, note ematiche e fumè.

BOLGHERI SASSICAIA 2021

Bolgheri Sassicaia 2021 da uve Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc. Una bella annata partita con piogge autunnali di buona intensità, un inverno particolarmente freddo, temperature primaverili nella norma ed un’estate che da metà agosto ha consentito poi di svolgere una vendemmia in piena tranquillità. Un modello tra i vini iconici, etichetta capace di rinnovarsi instancabilmente a ogni nuova uscita, questa versione di Sassicaia scuote l’anima. Cioccolato e menta, noce moscata, mirtillo in confettura, macis e cipria, tabacco. Sorso rarefatto, equilibrio col tannino sognante e irreale. Onirico cod 106460

OPERA UNICA 2018

DONNAFUGATA : il mosaico colori di Stefano Vitale

Opera Unica è anche l’etichetta di questo Chardonnay di Donnafugata. L’artista Stefano Vitale ha reso protagonista una donna misteriosamente avvolta in un mantello ricco di colori, forme e decori. Un vino decisamente unico, frutto di una vendemmia insolita, quella del 2018, nella tenuta di Contessa Entellina. Le precipitazioni intense registrate a cavallo di Ferragosto in una vigna di Chardonnay costeggiata dal torrente Senore, avevano reso impossibile la raccolta in quel momento; le singolari condizioni di temperatura e umidità hanno poi favorito la comparsa della muffa nobile (botrytis cinerea) sui grappoli. Nei primi giorni di settembre l’azienda decide di raccogliere quelle uve e di vinificarle separatamente, accarezzando il desiderio di dar vita a qualcosa di speciale. Stupisce per i suoi sentori di frutta a polpa gialla matura, agrumi canditi, zafferano, zenzero, miele di castagno

KERATION, Catarratto particolare e pluripremiato di La Giasira

Un altro imprenditore nordico, questa volta editore, il piemontese Giovanni Boroli che nel 2004 insieme alla moglie Isabella decide di cambiar vita e compra una tenuta in comune di Rosolini (Sr). Sono 130 ettari che si estendono anche a Noto e Modica. Ci sono bei fabbricati che formano un baglio che Gio vanni ristruttura, ci realizza la sua casa dove ormai passano buona parte dell’anno. Sono essenzialmente calcarei, vo

soda, impiantando, sotto la d’Avola, Grillo, Catarratto, Mo scato, Nerello M. poco Merlot donnay. Per il resto, uli vi, carrube, mandorle. biologico e particolare cura è

posta per il vigneto con la lotta integrata utilizzando insetti predatori, l’azienda è autosufficiente per l’energia. Le etichette, primo anno 2011, sono 10 per un totale di 65.000 bottiglie. Nel Concours Mondial de Bruxelles 2024, l’unica gran medaglia d’oro siciliana è stato il Giasira Grillo. Degustiamo il Keration Catarratto 2022, Igt Terre siciliane, che vi ottiene solo l’oro, indice che specialmente i bianchi si sanno distinguere. Fa solo acciaio, colore paglierino con un olfatto da spettacolo, complesso, elegante, che spazia dai sentori fruttati esotici e agrumati ai floreali di zagara e glicine, dalla tra focaia ad un ombra di ; al palato tornano i sentori nasali, si maona struttura, equilibrio acido sapido, persistenza e franchezza armo. Insomma una medaglia che vi portate a casa cod 106501

GORGONA BIANCO 2023: vino solidale di Frescobaldi prodotto dai detenuti

uesta puntata estiva è dedicata ad un progetto davvero speciale, quello che i Frescobaldi hanno creato con un sincero intento sociale, nel 2012 a Gorgona, la selvaggia e verdeggiante isoletta dell’arcipelago toscano, unica isolapenitenziario in Europa. Grazie alla disponibilità del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) e della Direzione della Colonia Penale, nello spettacolare anfiteatro naturale vista mare che sovrasta la struttura penitenziaria, con la guida degli agronomi e degli enologi Frescobaldi coordinati da un guru come Nicolò d’Afflitto, i detenuti hanno imparato a coltivare la vigna e hanno riportato in produzione

LA SEDUZIONE DELL'ETICHETTA

un vecchio vigneto di circa un ettaro, a cui si è aggiunto un altro ettaro e mezzo piantato dai Frescobaldi.

Quest’anno nel corso della giornata-evento di presentazione alla stampa internazionale dell’ultima annata del Gorgona Bianco - alla presenza della famiglia Frescobal di quasi al completo, degli agenti penitenziari e dell’attuale diret tore, convinto sostenitore del progetto, Giuseppe Renna - si è assistito anche ad un insolito e solidale gemellaggio. A servire gli invitati, sulla grande terrazza del penitenziario, oltre ai detenuti impegnati nel progetto vitivinicolo a Gorgona anche otto “colleghi” della brigata di cucina del Ristorante InGalera, attivo presso la Casa

100%: il nuovo Champagne

Chardonnay della Côte des Blancs di Alberto Massucco

Si chiama 100% e va ad accrescere la gamma degli champagne prodotti da Alberto Massucco, viticoltore di Castellamonte (To) e primo produttore italiano a fare champagne dai propri vigneti. Solo uve Chardonnay provenienti da villaggi Grand cru della Côte des Blancs. Con uve della vendemmia 2017, 100% è il risultato di uve lasciate fermentare naturalmente in cuvée insieme ad un 20% di vins de réserve

di Reclusione di Bollate (Mi), grazie all’impegno della cooperativa ABC La Sapienza in Tavola.

Quanto alle note di degustazione millesimo 2023 del Gorgona Bianco, la dodicesima vendemmia dei grappoli di Vermentino e Ansonica hanno dato vita a 9.000 bottiglie di un nettare in cui si percepisce l’idea stilistica di fondere finezza ed esuberanza. Il suo brillante giallo paglierino si apre ad un bouquet di frutta a polpa gialla e macchia mediterranea, con note iodate, rosmarino, ginestra e camomilla a far da bordone. In bocca è sapido, fresco, appagante e persistente. Un vino unico che, come l’idea da cui nasce, sa di mare, speranza e libertà. cod 106620

(fûts). Cinque anni di riposo sui lieviti e infine il dosaggio a 2 g/l per mettere in evidenza la finezza degli aromi caratteristici. Fermentazione malolattica realizzata. Il bicchiere esprime una piacevole armonia giocata sulla freschezza e mineralità. cod 106464

di Piera Genta

Underberg Espresso Herbtini

Prima volta assoluta in 177 anni: un secondo prodotto che porta il nome Underberg: Underberg Espresso Herbtini, la bevanda fusion da dopo cena nella iconica bottiglia monoporzione. In arrivo a settembre 2024 il nuovo Underberg Espresso Caffè Herbtinisarà distribuito da Onestigroup in formato 12X2cl. Senza aromi o coloranti aggiunti, kosher, senza glutine. Espresso di qualità biologica, Master Blend 100% Arabica.

Gli intenditori sostengono siano fatti semplicemente per stare insieme: dopo un pasto, un buon espresso o un amaro Underberg Alcuni cercano una bevanda con un effetto stimolante come il caffè, altri si affidano al potere delle erbe di un amaro. Con Underberg Espresso Herbtini, entrambe le cose sono ora possibili!

Ispirato al leggendario cocktail Espresso Martini”, che è stato inventato a Londra a metà degli anni ‘80 e sta vivendo un revival. Così nuovo, così diverso, eppure porta inconfondibilmente la firma della maison Underberg, con tradizione familiare dal 1846

Proprio come l’originale amaro Underberg, anche Underberg Espresso Herbtini è disponibile solo ed esclusivamente nell’iconica bottiglia monoporzione da 2cl, dove ogni bottiglia è sormontata dall’originale capsula verde. Come per l’originale, ogni capsula può essere raccolta per ottenere premi esclusivi nel programma fedeltà “Tops & More”. cod 106258

Distillerie Peroni Maddalena Omaggio alla fondatrice per il 55° Anniversario

Enrico Rota

on è facile incontrare un’a zienda, in particolare una distilleria che, come le stillerie Peroni Maddalena, con la sua produzione, rappresenti così tante e importanti zone di produzio ne vitivinicole. L’azienda con sede a Gussago (Bs), celebra quest’anno un traguardo assai significativo: il 55° anniversario di attività. Questo anniversario non è solo una cele brazione aziendale, ma anche un omaggio alla fondatrice Maddalena Peroni, che compie 86 anni.

La storia della distilleria è una storia di famiglia, di tre generazioni che hanno e continuano a lavorare con passione, esperienza e dedizione. L’azienda ha raggiunto una dimensione internazionale nel campo dei distillati di pregio, mantenendo un aspetto familiare e utilizzando materie prime di alta qualità. Il segreto del successo di questa distilleria è da ricercare nella cura con cui ricercano e trasformano gli aromi in ogni singola bottiglia, creando un passaggio olfattivo complesso e profondo.

La storia dell’azienda attraverso tre generazioni

La genesi dell’azienda risale al 1961 con Giuseppe Andreoli, marito di Maddalena, che rileva una vec-

chia distilleria bresciana con l’obbiettivo di realizzare il suo sogno di distillare una propria grappa. Dopo anni di produzione per conto terzi, nel 1969 Giuseppe fonda l’azienda Distillerie Peroni Maddalena quale riconoscimento alla sua compagna di vita nonché socia negli affari. Da allora l’azienda ha collezionato infiniti successi e riconoscimenti sia a livello nazionale che internazionale. Oggi la distilleria è guidata dai figli Carlo, Paola e Sandro Andreoli, che continuano ad utilizzare il metodo artigianale basato su alambicchi in rame e vapore.

La terza generazione, rappresentata da Giorgio, Matteo e Gloria, è già attivamente coinvolta in azienda, in attesa dell’ingresso dei più

piccoli Giulia, Laura, Marco e Davide. L’attività di questa storica azienda è anche una trasmissione di saperi e sapori, condivisi con amici e clienti nello showroom di Gussago, dove la famiglia guida tutti gli ospiti nella scelta di bottiglie, confezioni regalo e prodotti artigianali come panettoni e cioccolatini realizzati con le grappe da loro prodotte. Nel cuore della Franciacorta, ospitano poi visite agli impianti dell’azienda, dalla distilleria allo stoccaggio, dalla imponente barricaia all’imbottigliamento in un unico scenario cod 106259

www.distillerieperoni.it

L’originale pinsa romana nei formati a prova di estate Di Marco

La cucina italiana è famosa in tutto il mondo per la sua varietà e qualità, e tra le sue prelibatezze c’è un prodotto che sta conquistando sempre più il cuore degli appassionati e dei professionisti: la Pinsa Romana. Questo antico lievitato, che affonda le sue radici nella tradizione romana, è stato riscoperto e perfezionato grazie all’inventiva e alla passione di Corrado Di Marco.

La Pinsa Di Marco, con le sue caratteristiche uniche e la sua versati-

lità, è diventata un must sia per chi cerca un pasto sfizioso e leggero, sia per i pizzaioli e i ristoratori che vogliono offrire ai propri clienti un prodotto di qualità superiore

Ciò che rende la Pinsa Di Marco così speciale è l’attenzione ai dettagli e la qualità degli ingredienti. L’impasto è realizzato con una miscela di farine (frumento, soia e riso) che, unita a una lunga lievitazione di 72 ore, garantisce una digeribilità eccezionale e una consistenza unica. La farina di

soia conferisce croccantezza, quella di riso leggerezza, e quella di frumento elasticità e struttura.

La Pinsa Di Marco è disponibile in diversi formati, perfetti per ogni occasione. Per l’estate, in particolare, i formati d’asporto sono ideali per pranzi all’aperto, pic-nic e cene informali Tra questi, spiccano la Base Teglia, perfetta per creare pinse personalizzate, e i formati più piccoli e ripieni come la Puccia e il Sorriso, ottimi per uno snack veloce o un aperitivo sfizioso.

La Pinsa Romana, riscoperta e perfezionata da Corrado Di Marco, sta guadagnando popolarità tra appassionati e professionisti grazie alla sua qualità e versatilità. Diversi i formati ideali per l’estate e per l’asporto

Formati d’asporto ideali per l’estate

LA BASE TEGLIA: VERSATILITÀ E QUALITÀ

La Base Pinsa Teglia Di Marco rappresenta una soluzione versatile per ogni professionista della ristorazione. Grazie alla sua alta idratazione e alla lunga lievitazione di 72 ore,

La Base Teglia consente di creare pinse personalizzate con una varietà infinita di ingredienti, permettendo al pinsaiolo di sperimentare e soddisfare ogni tipo di richiesta del cliente. Questa versatilità è fondamentale per attrarre una clientela variegata e per adattarsi rapidamente ai trend culinari stagionali.

LA PUCCIA: PRATICITÀ E VELOCITÀ

La Base Pinsa Puccia Di Marco è un formato d’asporto perfetto per i professionisti che cercano di offrire

con una vasta gamma di ingredienti freschi rendono la puccia ideale per pranzi veloci, snack o aperitivi.

Per i pinsaioli, avere a disposizione un prodotto già parzialmente preparato significa poter garantire velocità di servizio e costanza nella qualità, due elementi cruciali per il successo in un ambiente competitivo.

IL SORRISO: INNOVAZIONE E ATTRATTIVA

La Base Pinsa Sorriso, una sorta di “piccolo calzone” ripieno, è perfetto per i locali che vogliono offrire qualcosa di innovativo e attraente. Questo formato è ideale per essere farcito con ingredienti saporiti e può essere servito caldo o freddo, offrendo un’opzione versatile per il menu.

Per i pinsaioli, il sorriso rappresenta un’opportunità di diversificazione dell’offerta, attirando clienti alla ricerca di nuove esperienze gustative e mantenendo l’interesse alto nei confronti del locale cod 106117

LA TEGLIA
LA PUCCIA

Napoletana e Senza Glutine

Da Molino Grassi le farine ideali per tutti i tipi di pizza

Un pairing vincente quello tra le pizze con le farine di Molino Grassi e le birre di Haacht Brewery come dimostrato durante l’appuntamento di Tuttopizza, il grande salone internazionale di Napoli, alla sua settima edizione, dedicato al mondo pizza e ai suoi professionisti. Tanti gli speech, le dimostrazioni e gli Nicolasificato 50 Top Pizza 2023 e brand

ambassador Molino Grassi. A moderare i talk, Nerina Di Nunzio, esperta di enogastronomia e fondatrice di Food Confidential, che tra i tanti temi ha affrontato proprio quello di uno dei più classici abbinamenti: pizza e birra.

La Fiera è stata occasione di approfondimento sui prodotti firmati Molino Grassi dedicati al mondo pizzeria, capaci di rispondere concretamente alle esigenze del comparto: grande interesse per Napoletana e Senza Glutine, rivoluzionarie referenze frutto dell’esclusivo know how del Molino, pensate per la pizzeria di oggi e le diverse richieste di pubblico. Napoletana è una farina tipo 0 con germe di grano, ideata per la pizza partenopea dal caratteristico bordo rialzato, sempre più apprezzata e richiesta. Napoletana è disponibile in due versioni, Midi, adatta a corte/me-

die lievitazioni e impasti diretti; Extra, adatta a medie/lunghe lievitazioni e impasti indiretti.

Gluten Free è invece miscela perfetta per pizza napoletana destinata al pubblico che richiede gluten free La sua caratteristica più innovativa sta nell’assenza di retrogusto amaro che caratterizza tanti mix senza glutine, cosa resa possibile dalla presenza di tapioca, psyllium, riso e inulina, e soprattutto miglio bruno integrale. Il grande plus di questa miscela è il fatto di non contenere farina deglutinata per creare una pseudo maglia glutinica, ma solamente ingredienti il più possibile naturali. cod 106361

Molino Grassi 0521 662511 www.molinograssi.it

Fiore di Napoli

La farina di Molino Colombo pensata per la pizza napoletana

Per Molino Colombo il concetto di tradizione è un valore fondamentale, la custodia dei valori dell’antica arte molitoria che privilegiano la qualità del prodotto rispetto ad uno sfruttamento intensivo degli impianti è un caposaldo che si trova scritto anche sui muri dei nostri uffici.

La qualità richiede tempo, per questo motivo il grano viene accarezzato senza subire lo stress meccanico derivante da una lavorazione intensiva, ciò consente di esaltare i profumi dei grani utilizzati, particolari importanti per chi vuole fare dell’artigianalità un’arte. Una scelta controintuitiva rispetto all’orientamento del settore, ma assolutamente indispensabile per mantenere un’altissima qualità che potesse essere apprezzata da chi come i maestri pizzaioli costruisce sui dettagli il proprio successo.

Per il progetto della pizza napoletana è stato coinvolto il maestro pizzaiuolo Edoardo Ore, profondo conoscitore del mondo del-

la pizza partenopea. Anticamente i pizzaioli stacciavano la farina per ottenerne solo il meglio, da qui la creazione del naming Fiore di Na poli. Eccellenza Italiana e cuore par tenopeo, Fiore di Napoli è la farina della pizza napoletana: un prodotto nato per soddisfare le esigenze lega te alla realizzazione della pizza na poletana sia al forno che fritta.

Il primo passo è stato un’attenta selezione dei migliori grani dall’al tissimo valore tecnologico, studiati e bilanciati dal maestro Eduardo Ore. Successivamente ci si è avvalsi del diagramma con laminatoi a 24 pas saggi che preserva amidi e proteine, lasciando intatto il bouquet aromati co dell’endosperma, il cuore del chic co. È stata così ottenuta una farina duttile con uno specifico rapporto tra indice di elasticità, forza, esten sibilità, tenacità e tenore proteico che dona agli impasti un effetto setoso con una straordinaria lavorabilità e tenuta, nonché un profumo inconfondibile presente in ogni fase di lavorazione, dalla miscelazione al morso del prodotto cotto.

Eduardo Ore

per la pizza napoletana multicereali ideata per soddisfare le esigenze della realizzazione di una pizza con componente aromatica intensa e con un blend di cereali e pseudocereali dedicati per una pizza classica dal sapore intenso e deciso, un mix intenso di sapore, gusto, intensità, tecnologia e innovazione.

cod 106261

L’autentica Mozzarella di Bufala Campana Dop Galbani Professionale

Scopri l’autentico gusto della tradizione casearia italiana con la Mozzarella di Bufala Campana Dop di Galbani Professionale. Prodotta esclusivamente con latte di bufala di altissima qualità, questa prelibatezza è sinonimo di fre-

un delicato latte, offrendo una sensazione di freschezza e genuinità: l’aroma delicatamente lattico con note fresche, leggermente acidule evoca i profumi della campagna, suggerendo immagini di pascoli verdi e aria pulita. Il suo sapore è un equilibrio perfetto

piatto in un’esperienza culinaria indimenticabile: che sia a guarnizione di una pizza o di una insalata, oppure gustata da sola con un filo d’olio su una croccante bruschetta, sarà in grado di rendere speciale pure la preparazione più semplice.

Galbani Professionale, da sempre accanto ai professionisti della ristorazione, propone una gamma completa, adatta ad ogni tipo di ristorazione e preparazione, formati in:

• Busta singola da 125 g e 250 g;

• Bocconcini da 40 g;

• Vaschetta da 1 kg che contiene 5 palle da 200 g cod 106395

Daniele Sfulcini, consigliere del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna, Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio, Alessio Mammi, assessore all’Agricoltura e agroalimentare, caccia e pesca della Regione Emilia-Romagna, e Giuseppe Scarica, consigliere del Consorzio

Parmigiano Reggiano Focus su export e tutela

Il Parmigiano Reggiano ha avuto un ruolo centrale al Summer Fancy Food Show di New York, la principale fiera americana del food & beverage. Il Consorzio durante l’evento ha annunciato l’apertura di un ufficio negli Stati Uniti

Il Parmigiano Reggiano è stato protagonista del Summer Fancy Food Show di New York, la principale fiera americana dedicata al mondo del food & beverage. Per il Consorzio, è stato il palco ideale per parlare del futuro del formaggio che è nel cuore degli americani. Gli

Usa sono infatti il principale mercato estero, con esportazioni che nel 2022 hanno segnato un +8,7%, nel 2023 +7,7%, mentre nei primi cinque mesi del 2024 siamo già a +24,6%.

Il Consorzio inoltre ha annunciato il consolidamento di un forte investimento per attività di digital e influencer marketing, partecipazione a fiere ed eventi, attivazione e presidio dei punti vendita, supporto agli operatori e, soprattutto, rafforzamento della vigilanza sul mercato a stelle e strisce.

Il Parmigiano Reggiano rafforza le iniziative negli Stati Uniti

Nel 2024 è stata infatti intensificata l’attività di controllo, effettuando un piano straordinario sulle principa-

li città americane come New York, Boston, Chicago, Dallas, Houston, Los Angeles, Miami, San Francisco, e due canadesi, Montreal e Toronto, per valutare le modalità di commercializzazione del prodotto.

L’obiettivo principale è quello di instaurare un rapporto con le catene che commercializzano il formaggio per informare gli operatori sulle corrette prassi da adottare, anche attraverso linee guida disponibili sul sito del Consorzio. Verranno inoltre coinvolti anche esportatori e importatori al fine di aumentare la sensibilizzazione su questo tema e avere maggiore possibilità di confronto con le catene di distribuzione. A questo scopo, il Consorzio ha annunciato l’apertura di un ufficio (corporation) negli Stati Uniti per avere una mag-

giore efficacia nelle operazioni di promozione e di tutela

Le attività del Consorzio non si sono svolte solo all’interno del Fancy Food Show. Il presidente Ni cola Bertinelli ha incontrato i prin cipali stakeholder e opinion leader al 620 Loft & Garden del Rockefeller Center, una delle terrazze più sugge stive di Manhattan. L’evento è sta to anche uno dei momenti chiave, dopo quelli di Parigi, Roma e Parma, di celebrazione del 90° compleanno del Consorzio. L’ente che associa tutti i produttori di Parmigiano Reg giano venne infatti fondato il 27 lu glio 1934, con la funzione di tutelare, difendere e promuovere un prodotto millenario le cui antiche e nobili origini risalgono addirittura al Medioevo, salvaguardandone la tipicità e pubblicizzandone la conoscenza nel mondo. La prima testimonianza di quest’ultimo sforzo fu, proprio a New York, la partecipazione all’Esposizione universale del 1939. Da allora, il Parmigiano Reggiano è diventato un prodotto sempre più internazionale, con esportazioni progressivamente cresciute fino ad arrivare nel 2023 a rappresentare il 43% del mercato

(pari a quasi 64.000 tonnellate) in oltre 50 paesi nel mondo.

«Abbiamo scelto la vetrina del Summer Fancy Food Show per annunciare le nuove iniziative del Consorzio mirate a sostenere le azioni di promozione della domanda e di rafforzamento della tutela negli Usa», ha dichiarato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio. «Siamo entusiasti dei risultati raggiunti nel mercato americano e vediamo ampi margini di crescita, considerando

che il vero Parmigiano Reggiano rappresenta oggi solo il 5% del totale formaggi a pasta dura. L’apertura di un ufficio (corporation) negli Stati Uniti ci consentirà di avere una maggiore efficacia nelle operazioni di promozione e di tutela. Infine, siamo onorati di poter proseguire le celebrazioni dei 90 anni del Consorzio da un luogo così simbolico come il Rockefeller Center, nel cuore di Manhattan. Fin dal 1939, quando il neonato Consorzio partecipò all’Esposizione universale di New York, la Grande mela è stata il palcoscenico prediletto da cui ci rivolgiamo ai consumatori di tutto il mondo, che scelgono il Parmigiano Reggiano non solo perché è un prodotto d’eccellenza e un simbolo del Made in Italy, ma per i valori che incarna: naturalità, sostenibilità, artigianalità e legame con la tradizione». cod 106362

Grana Padano Dop e Prosecco Doc

Insieme a Taste of London 2024

GDop più consumato al mon do, e Prosecco Doc sono stati presenti a Londra per festeggiare il ventesimo anniversario di Taste of London, un evento diventato ormai un punto di riferimento per un pubblico molto attento che celebra l’eccellenza del cibo e delle bevande. La coppia italiana ha offerto masterclass, dimostrazioni e molto altro durante questo week end dedicato ai veri foodies.

Entrambi i brand hanno già preso parte insieme al food festival e quest’anno hanno promesso di regalare agli ospiti nuovi momenti indimenticabili. Allo stand si sono potute fare degustazioni di Prosecco e Grana Padano Dop. Si è potuto

per assaggiare piatti appetitosi come le patate soffiate con asparagi, Grana Padano e mousse di Prosecco Doc; arancini al tartufo e Grana Padano Dop e pizzette con zucchine, limone e Grana Padano. Lo showcooking è stato guidato dallo chef Danilo Cortellini, che è stato raggiunto anche dal fantastico Angelo Coassin, che conta su 1,5 milioni di followers nel suo profilo @cookingwithbello, e dal bravissimo Francesco Mattana, in arte @ourcookingjourney. Gli appassionati di cibo hanno potuto partecipare anche a speciali masterclasses condotte dagli esperti di Hospitalian Alessandro Geraci e Gaspare Di Carlo. Ci sono state anche delle

masterclasses di Prosecco guidate dall’esperto Neil Philips e la possibilità di acquistare cocktails speciali durante la giornata.

«Vedere due eccellenze italiane che sanno fare sinergia in uno dei mercati più importanti al mondo per il nostro sistema agroalimentare - ha commentato Luca Giavi, Direttore del Consorzio di Tutela della Doc Prosecco - è stata una magnifica occasione per diffondere l’abilità dei nostri produttori e la cultura del nostro Paese, unitamente alla gioia dello stare insieme e di un’alimentazione capace di incidere positivamente sulla qualità della vita».

«In questi giorni a Londra - ha commentato invece il Direttore Generale del Consorzio di Tutela del Grana Padano Dop, Stefano Berni - abbiamo offerto vere emozioni italiane, all’insegna del modo in cui la convivialità delle nostre tavole e le nostre tradizioni ci hanno insegnato a stare insieme». cod 106318

La partecipazione a Taste 2024 di Grana Padano Dop e di Prosecco Doc è stata resa possibile grazie al contributo della UE al progetto CC2EU “Cheers&Cheese to EU”. Un progetto triennale ex reg. UE 1144/20214.

Gli italiani amano il salmone Norvegese

Le esportazioni dirette di prodotti ittici norvegesi verso il nostro Paese ammontano a circa 84.000 tonnellate: di queste, l’86% del valore è rappresentato dalle esportazioni di salmone, ma sono sempre più apprezzati anche baccalà e stoccafisso

GBeatrice Tomasini

li italiani amano il salmone norvegese. Dagli ultimi dati divulgati dal Norwegian Seafood Council - ente governativo che promuove i prodotti ittici norve-

gesi nel mondo, in Italia con sede a Milano guidata da Tom-Jørgen Gangsø - è emerso che il nostro Paese fa un enorme consumo di questo tipo di pesce, circa 137.000 tonnellate all’anno. Questo volume è dato sia dalle esportazioni dirette dalla Norvegia all’Italia, che dalle esportazioni via paesi terzi che lavorano il pesce.

L’Italia dunque conferma il trend di crescita per quanto riguarda l’importazione di salmone norvegese, da quindici anni a questa parte, come riconosciuto anche dal Ministro della Pesca e della Politica Oceanica Marianne Sivertsen Næss in visita ufficiale a Roma per la prima volta lo scorso luglio.

Svariati i motivi per cui questo prodotto è così tanto apprezzato, non solo per ricette tradizionali ma anche per piatti più di tendenza come sushi e poke che infatti hanno

fatto lievitare i consumi: in primis i valori nutrizionali, considerato che il salmone è un’ottima fonte di Omega3 oltre che di vitamine A, D, B12 essenziali.

Non sono da meno, gli alti standard in termini di acquacoltura, con rigorosissime normative sanitarie, e di rispetto dell’ambiente (ogni allevamento non solo deve disporre

di un’apposita licenza ma viene regolarmente sottoposto a ispezioni e analisi di laboratorio per verificare lo stato di salute dei pesci, alimentati da mangimi composti da ingredienti provenienti da fonti sostenibili, specificatamente formulati per fornire tutti i nutrienti essenziali alla crescita sana del pesce).

Gli italiani scelgono anche stoccafisso e baccalà norvegesi

E i consumatori italiani non rinunciano anche ad altri due prodotti simbolo della cultura gastronomica norvegese: stoccafisso e baccalà

Per il primo siamo infatti il mercato più importante con la Norvegia che, lo scorso anno, ha esportato verso l’Italia quasi 2.000 tonnellate di stoccafisso norvegese - prelibatezza ottenuta dallo skrei, merluzzo artico

essiccato all’aperto - per un valore di circa 50 milioni di euro.

Sempre nel 2023, gli italiani hanno consumato circa 1.671 tonnellate di baccalà norvegese (merluzzo salato oppure salato ed essiccato), facendo della Norvegia il secondo maggior fornitore per l’Italia dopo le Isole Fær Øer. Tutte eccellenze gastronomiche che legano profondamente il Belpaese al regno scandinavo e che possono essere facilmente riconosciute grazie al marchio Seafood from Norway, garanzia di provenienza, tra i banchi della Gdo e di realtà come Decò Gourmet che gli ha dedicato appositi corner.

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Norwegian Seafood Council www.pescenorvegese.it

COMAVICOLA : una certezza per i prodotti ittici congelati

Era il 1956 quando Angelo Giuseppe Villa fondò Comavicola. All’epoca l’azienda portava pollame, conigli e uova al mercato locale “Lombroso” a Milano. Quello fu il primo passo di una storia che oggi, quasi settant’anni dopo, ha portato Comavicola ad essere una delle realtà leader nel Nord Italia nella distribuzione multicanale (Gdo, industria alimentare, mercato all’ingrosso, Horeca e dettaglio) di prodotti ittici congelati, comparto nel quale si è via via specializzata.

Il mondo del frozen, d’altronde, sta vivendo una fase più che positiva, anche e soprattutto per quanto riguarda i prodotti ittici. Tanti i fattori che spingono i consumatori in questa direzione: prezzi, sostenibilità, qualità e non solo. «Il mondo dei prodotti ittici surgelati sta vivendo un momento di evoluzione significativa - hanno confermato da Comavicola - L’industria è stata influenzata da diversi fattori, tra cui la crescente consapevolezza dei consumatori sulla sostenibilità, l’aumento della domanda di prodotti convenienti e sani, e le innovazioni tecnologiche che migliorano la qualità e la conservazione del pesce surgelato».

Come detto, Comavicola nel tempo è cresciuta e si è consolidata. Questo anche grazie a importanti investimenti messi in campo dalla proprietà. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato la creazione della nuova sede operativa a Pioltello, in provincia di Milano. Una struttura all’avanguardia per quanto riguarda la produzione. Fiore all’occhiello è la sala di lavorazione dedicata alla Grande distribuzione.

«Negli ultimi anni, abbiamo investito notevolmente nel settore della Gdo - spiega Comavicola - La nostra sala di lavorazione dedicata alla Grande distribuzione è stata un elemento chiave di questa strategia. Funziona come un centro di smistamento e confezionamento all’avanguardia, dove il pesce viene trattato con i più alti standard di igiene e qualità. Monitorando ogni fase del processo, assicuriamo prodotti di alta qualità e conformi agli standard normativi. ».

Gli ottimi risultati ottenuti nella Grande distribuzione non sembrano essere per Comavicola un punto di arrivo, ma di parten-

za: «Per espandere ulteriormente la nostra presenza nella Gdo, abbiamo in programma diversi progetti. L’ampliamento della gamma prodotti con l’introduzione di nuovi prodotti ittici surgelati, inclusi articoli premium e biologici, per rispondere alle diverse esigenze dei consumatori e innovazioni di packaging, attraverso lo sviluppo di confezioni eco-sostenibili per ridurre l’impatto ambientale e attirare i consumatori più attenti alla sostenibilità».

Comavicola ha creato infatti dei marchi pensati appositamente per la Gdo, ma anche per rispondere ai diversi segmenti di mercato presenti:

• Marchi Premium: prodotti di alta gamma che offrono qualità superiore e nuove esperienze gustative.

• Marchi Convenzionali: prodotti accessibili, ma di alta qualità per il consumatore medio.

• Marchi Eco-Friendly: linee di prodotti sostenibili, con certificazioni ambientali che attirino i consumatori più sensibili alle tematiche green (ancora in lavorazione).

In sintesi, Comavicola sta affrontando il momento attuale del mercato dei prodotti ittici surgelati con innovazione e visione strategica, puntando a consolidare e ampliare la propria presenza nella Gdo attraverso investimenti mirati e lo sviluppo di nuovi marchi e prodotti. cod 106024

Il carpione ...e le marinature in aceto

Il carpione rappresenta una parte importante del patrimonio culinario italiano. Non stiamo parlando del pesce di acqua dolce della famiglia dei Salmonidi con una storia legata al lago di Garda, anche se questo pesce veniva preparato con una ricetta particolare, alla gardesana, che prevede la marinatura in aceto con spezie e verdure, ma parliamo della preparazione utilizzata per la marinatura di carne, pesce e verdure tipica della cucina piemontese. La tecnica del carpione risale a tempi antichi, ce ne sono tracce già tra i Romani e rispondeva alla necessità di conservare gli alimenti quando non esistevano i frigoriferi.

È un piatto estivo, stuzzicante che vanta in Piemonte un Carpionato del mondo (dal 1° luglio al 15 settembre)

che vuole rilanciare l’uso dell’agro, delle marinature e del classico aceto di vino piemontese. Il carpione in Piemonte prevede cotolette impanate di pollo o di vitello, filetti di trota o di tinca, rigorosamente quella dorata del Pianalto di Poirino, uova in camicia o fritto, zucchine e una marinatura nell’aceto bianco con aglio, cipolla e salvia. E lo si può gustare nelle trattorie e in versione innovativa in qualche ristorante.

Il Piemonte non è l’unica regione ad avere questa preparazione tipica. In Liguria troviamo lo scabeccio, con pesci di piccolo taglio fritti in olio e poi fatti marinare. Un altro esempio sono le sarde in saor, ricetta tipica delle tradizioni marinare di Venezia. Risale al Trecento e fu inventata dai pescatori che passavano molti mesi in mare. Le sarde venivano inserite in barili a strati

alternati a cipolle e aceto, in seguito arricchito con uvette e spezie. Ne parla anche Carlo Goldoni, nell’opera in due tempi in dialetto veneziano, “Le donne de casa soa”, ambientata in un campiello.

Nel meridione si chiama scapece, il nome deriva dalla preparazione della cucina spagnola escabeche, a sua volta di origini arabe equivalente ad un sugo di carne con l’aceto, un piatto persiano che compare nel libro “Le mille e una notte”. Quindi lo scapece alla molisana è a base di pezzi di pesce, quella di Gallipoli particolare per l’uso di pangrattato e dello zafferano, in Campania quella di zucchine e in Sicilia con le parti meno pregiate del tonno. In Sardegna in particolare nella zona di Cagliari e di Oristano troviamo Su Scabecciu che unisce pesci poveri alla marinatura. cod 106483

di Piera Genta

IN GIAPPONE DA PROTAGONISTI: IL BOSCO DEL TARTUFO

ARRIVA A OSAKA E... ODE AL TARTUFO!

«Sua Maestà il tartufo tra mistero e realtà. Un bosco, l’alba, le ombre che si allungano, un cagnolino e il cavatore, un raggio di sole che illumina l’ambiente immacolato: il tartufo, nascosto da Madre Terra, arriva al piatto. Il tartufo incanta con la sua aura di segreto. Le ombre, una spora, il fiuto di un cane, un alito di vento che porta il suo profumo: tutto contribuisce a creare il piatto perfetto, amato in tutto il mondo. Dopo Milano nel 2015 e Dubai nel 2021, ora vogliamo portare il nostro messaggio di biodiversità del tartufo anche in Giappone, a Osaka, nel 2025.

Accademia del Tartufo nel Mondo

Il tartufo può davvero rappresentare e valorizzare la cultura e la cucina italiane alla prossima esposizione universale, come un gesto d’amore e di autentica territorialità. Stiamo lavorando per questo, tessendo una tela affinché in Giappone sua maestà il tartufo sia il portabandiera delle nostre preziosità più importanti. Dopo l’evento tenutosi all’Università di Urbino, il valore della filiera è diventato un impegno che intendiamo perseguire. Questo è un patto che abbiamo stretto con l’Ambasciatore Mario Vattani, e abbiamo tutte le componenti necessarie per raccontare questa storia al mondo partendo dall’Università di Urbino». La filiera istituzionale del tartufo guarda a ExpoOsaka. cod 105861

ESPERIMENTO UNICO IN ITALIA: LA GALLINA VENETA CHE CI REGALA “L’UOVO

Esperimento a millimetro zero in Veneto. Fabio Zandonà e Fabio Cegan, maestri cavatori del tartufo veneto, avviano un innovativo progetto: un gruppo di galline rosse venete sarà nutrito quotidianamente per 25 giorni con 100 grammi di mais biologico, arricchiti da 10 grammi di tartufo nero estivo, fresco e macinato di stagione. L’obiettivo è verificare

se, durante questi 25 giorni, il tartufo introdotto nell’alimentazione delle galline influenzerà le uova da loro prodotte. Il tutto sarà attentamente monitorato giorno per giorno. Prevedendo il successo dell’esperimento, si cercherà di capire quale equilibrio sarà raggiunto tra le caratteristiche dell’uovo e quelle del tartufo. cod 105926

IL PIATTO PERFETTO DELLE MARCHE CERCA

I VINI IDEALI CHE LO SAPPIANO CORTEGGIARE

Nella sala di degustazione della Tenuta Borgo Paglianetto, una prestigiosa commissione di degustazione ha giudicato, tramite una scheda analitica sensoriale a punteggio, il piatto della perfezione marchigiana al tartufo, abbinato ai grandi nettari di Bacco. In giuria erano presenti il consultore nazionale dell’Accademia della Cucina Italiana e delegato di Ancona Sandro Marani, e l’enologo Dino Porfiri

Questi vini sono stati scelti per esaltare il tartufo, rendendolo un vero gesto d’amore. L’Accademia del Tartufo nel Mondo e la Regione Marche promuovono il progetto internazionale “Tartufo tutto l’anno nelle Marche”, che mira a valorizzare tutte le varietà di tartufo in ogni stagione, per ogni palato e ogni budget. Durante questa giornata, la commissione di degustazione ha valutato il piatto della perfezione marchigiana: i maccheroncini di Campofilone IGP con tartufo nero estivo e olio extravergine di frantoio, abbinato ai vini. Questo piatto rappresenta un simbolo della cucina marchigiana nel mondo. È un piatto che piace a tutti, un vero piatto gourmet di grande classe, frutto della manualità e della creatività dello chef. cod 105108

Arriva il secondo viaggio attraverso i “Percorsi d’Eccellenza” Elle & Vire Professionnel® visti da giovani Chef e Pastry Chef già attenti al concetto di “meglio”. Fulcro del racconto, gli impegni rinnovati da Elle & Vire Professionnel® nel 2023, ossia scegliere il miglior territorio, gestire meglio le risorse, condividere il meglio, nutrire meglio le persone Insieme a loro, Panna Excellence, prodotto di punta della rinomata Azienda normanna, vera “panna delle panne” per gusto e performance.

Questo nuovo appuntamento ci porta a conoscere meglio Paolo Griffa: giovane (classe 1991) ma già affermatissimo, guida con orgoglio il suo ristorante ad Aosta dove la stella Michelin suggella una formula

I “Percorsi d’Eccellenza” Elle & Vire Professionnel® secondo Paolo Griffa

Tecnica e classe con attenzione alla territorialità. Paolo Griffa al Caffè Nazionale di Aosta è una vera fucina di idee dove non mancano ingredienti affidabili: uno su tutti, Panna Excellence di Elle & Vire Professionnel®

in cui buono e bello si traslano in una lingua universale. Paolo Griffa al Caffè Nazionale è infatti sinonimo di alta cucina creativa, unita a passione valdostana e alla particolare cifra di Paolo, che ci racconta quali degli impegni Elle & Vire Professionnel® sente più vicini: «certamente “gestire meglio le risorse” si lega al tema della sostenibilità che è per noi nativamente importante. Tutto il nuovo locale è stato progettato e costruito per essere sostenibile. Anche “nutrire meglio le persone” è uno dei miei e nostri impegni. Se si sceglie di far qualità, si abitua il pubblico a un certo standard, contribuendo a fare cultura sul mondo ristorazione». Come immagini il futuro della pasticceria nella ristorazione?

«Il Pastry Chef è una figura necessaria ma unica: creare un dessert da ristorazione vuol dire continuare la fi-

losofia del ristorante, proponendo dolci completi ma coerenti, in linea con il concept del menu. Si presuppongono quindi nozioni di cucina, capacità di pasticceria, occhio attento e una buona dose di visione soggettiva con attenzione all’insieme: un vero equilibrismo di prospettiva. Se dovessi riassumere in una parola quella che percepisco come urgenza per la parte dessert da ristorazione, è “coerenza”. Se si è in un ristorante che fa tradizione, il dessert ne rispecchierà la natura; se è un ristorante che fa ricerca, il dessert sarà guidato dal suo tratto stilistico».

Cosa rappresenta per te Panna Excellence Elle & Vire Professionnel®?

«La prima cosa di questa Panna che desidero sottolineare è la sua costanza, un aspetto talvolta sottovalutato ma tanto importante per chi, come me, ricerca sempre il punto massimo

La certezza del risultato è quindi un grande plus di Panna . Non da ultimo, è estremamente duttile e non delude in nessuna preparazione». cod 106255

Perché l’olio lombardo non ha nulla da invidiare alle principali Dop nazionali?

La Lombardia ha una superficie olivicola limitata e si caratterizza per una produzione di nicchia ma di qualità eccellente, sfruttando al meglio le condizioni climatiche favorevoli delle zone attorno ai laghi

di Renato Andreolassi

Per quantità non compete certo con le Regioni del Centro Sud, ma per qualità l’olio lombardo non ha nulla da invi diare alle principali Dop nazionali. È quanto è emerso durante un conve gno che si è tenuto nei giorni scorsi a Puegnago del Garda.

«La Lombardia - ha dichiarato l’assessore all’Agricoltura Alessan dro Beduschi - ha una superficie olivicola limitata e si caratterizza per una produzione di nicchia ma di qualità eccellente, sfruttando al meglio le condizioni climatiche fa vorevoli delle zone attorno ai laghi di Como, Iseo e, soprattutto, Garda. Qui si produce solo extravergine con le due Dop Garda per le province di Brescia e Mantova e “Laghi Lombar di” per le province di Como, Lecco, Bergamo e Brescia».

La Lombardia vanta una superfi cie totale di circa 2.225 ettari colti

vati a olivo, con 49 frantoi attivi sul territorio regionale. L’85% degli impianti si concentra nella provincia di Brescia, che si conferma cuore pulsante del comparto. Oltre alle due Dop presenti, gli oli lombardi si sono affermati sul mercato con un posizionamento di prestigio. Dal punto di vista dei consumi totali di olio, la Lombardia è il primo mercato nazionale per la vendita di olio extravergine, con 24 milioni di litri e un valore di 97 milioni di euro. Buoni i dati anche per l’olio d’oliva, con 8 milioni di litri venduti per un fatturato di 26 milioni di euro. «La qualità dell’olio

lombardo - è stato sottolineato durante il convegno - va però ben oltre i numeri, perché il lavoro degli olivicoltori, per la maggior parte piccole aziende e anche hobbisti, si svolge in un contesto ambientale, paesaggistico e culturale unico, quello dei grandi laghi, che è anche un volàno per il turismo e l’accoglienza, in cui i prodotti tipici giocano un ruolo primario».

Il cambiamento climatico e le problematiche fitosanitarie hanno duramente colpito anche il comparto olivicolo lombardo. In tale contesto, il Servizio Fitosanitario regionale

ha intensificato le attività di monitoraggio e supporto, collaborando con enti e associazioni nell’ambito del progetto “Olivicoltura 2030” Particolare attenzione è rivolta alla provincia di Brescia, cuore pulsante dell’olivicoltura lombarda. Tra le iniziative in corso vi sono la realizzazione o sistemazione di frantoi e lo stanziamento di 400mila euro per gli impianti di Monte Isola, Comunità Montana Sebino Bresciano e Marone. Inoltre, circa 500mila euro del Pnrr sono stati destinati all’ammodernamento dei frantoi oleari lombardi. cod 106530

Ballarini Professionale

Le migliori tecnologie per la cucina

Ballarini è un brand internazionale di utensili da cucina rinomato per l’alta qualità Made in Italy. La sua mission è migliorare i propri prodotti con tecnologie all’avanguardia e grande attenzione alla sostenibilità

Fondata nel 1889 come piccolo laboratorio a produzione artigianale di pentole, padelle e utensili da cucina, Ballarini è oggi un brand di fama internazionale, simbolo dei più alti standard qualitativi del Made in Italy. L’azienda lavora costantemente per migliorare i propri prodotti, adottando tecnologie all’avanguardia e mantenendo il controllo su tutta la filiera produttiva.

Le linee ad hoc studiate per il progetto Ballarini Professionale sono strutturate per rispondere in maniera specifica ai bisogni della ristorazione. I rivestimenti antiaderenti Kerastone si distinguono per la loro eccezionale qualità, garantendo una superiore antiaderenza e resistenza all’abrasione. L’azienda utilizza materiali di alta qualità, come l’alluminio bianco, che è il materiale più versatile

e utilizzato nella cucina professionale. L’alluminio antiaderente, invece, risponde alle esigenze più diverse di cottura, mentre gli acciai multistrato sono ideali per una gestione ottimale della temperatura.

La manicatura dei prodotti Ballarini Professionale è progettata per superare i test di fatica, flessione e torsione, garantendo elevati coefficienti di sicurezza. La parte terminale del manico è studiata per favorire il movimento nella cottura al salto, con una forma ergonomica a “piena presa” e nervature rinforzate. Il fondo planare delle pentole è calibrato in modo tale che, al raggiungimento della temperatura, si

garantiscano stabilità e planarità per una distribuzione uniforme del calore.

Il Fondo Full Induction

Il portafoglio prodotti Ballarini Professionale include quattro collezioni a induzione dotate del nuovo Fondo Full Induction. Questo fondo, grazie alle sue caratteristiche uniche, garantisce eccellenti performance e risultati.

La presenza di Ballarini Professionale nelle migliori cucine della ristorazione è dovuta alla sua riconosciuta eccellenza costruttiva, alla varietà di materiali, all’alto spessore, alle manicature e ai rivestimenti antiaderenti specifici, rendendola l’alleato più pre-

zioso degli chef più brillanti e creativi. Ballarini continua a dedicarsi alla ricerca e all’innovazione, mantenendosi sempre al passo con i tempi. Il Fondo Full Induction presenta grandi performance di assorbimento di potenza, un rendimento termico eccezionale e un’ottima compatibilità con i piani a induzione. È antigraffio e antidistaccamento, con disco in acciaio e forma in alluminio saldati in un corpo unico, per una distribuzione del calore che assicura una cottura perfetta e uniforme. Più in generale, gli strumenti Ballarini Professionale sono alleati insostituibili in ogni cucina professionale che si rispetti.

Il Promemoria di Sostenibilità

Ballarini Professionale si impegna quotidianamente per la sostenibilità ambientale e per il futuro del pianeta, puntando sulla continua evoluzione tecnologica per rendere il ciclo produttivo sempre più sostenibile e ridurre l’impatto ambientale.

A sostegno del raggiungimento degli SDG Goals 2030, Ballarini ha recentemente lanciato il Promemoria di Sostenibilità, uno strumento che promuove buone pratiche per la scelta di strumenti e attrezzature per la cucina professionale. Questo

promemoria si propone di sensibilizzare i responsabili d’acquisto e i gruppi di lavoro delle attività ristorative sugli obiettivi di sviluppo sostenibile, declinando anche nell’ambito della ristorazione la determinazione dell’ONU nell’affrontare le questioni più pressanti della nostra epoca.

Nuove frontiere di formazione

Il Promemoria di Sostenibilità ha trovato applicazione nel Corso di Alta Formazione Zwilling Ballarini

“Innovazione sostenibile in cucina” che indaga sui metodi di valutazione

per scelte economiche, sociali e ambientali di utensili e attrezzature per la cucina professionale

La visita all’azienda Ballarini è parte integrante del corso di alta formazione e sottolinea la responsabilità del Gruppo Zwilling verso le generazioni future di progettare prodotti di alta qualità, socialmente utili e attenti all’ambiente cod 106625

Zwilling Ballarini Italia 0376 1412345 www.ballariniprofessionale.it

Turismo italiano in crisi?

Quando le stelle degli hotel sono ingannevoli

La classificazione degli hotel italiani richiede una revisione urgente per rispondere alle esigenze moderne del turismo. Le stelle assegnate spesso non riflettono la qualità reale, con differenze regionali e mancanza di controlli. L'autonomia regionale complica ulteriormente la coerenza degli standard, minacciando la crescita del settore

Altro che le “chiavi” della Michelin. Il sistema di classificazione degli alberghi italiani ha bisogno di una drastica revisione per non pregiudicare le prospettive di crescita del nostro turismo. Le attribuzioni delle stelle spesso sono superate dai fatti e, purtroppo, è più facile trovare un 4 stelle che non ne vale 3, che uno da 3 che ne vale almeno 4… A essere in crisi, in ogni caso, non è tanto la parte alta del mercato (dai 4 stelle in su), anche se c’è bisogno di regole più stringenti, quanto la fascia intermedia, dove le classificazioni in un po’ tutta Italia andrebbero rifatte perché basate su criteri vecchi e superati.

Lamentele dei clienti

Basta sfogliare qualunque social per trovare lamentele di clienti sul trattamento di questo o quell’hotel, magari più al mare che in montagna, vista la prevalenza delle destinazioni per le vacanze in questo periodo. Spesso si contesta l’assenza di qualche servizio o i disagi (dal bidet assente alla poca pulizia, dalla mancanza del portiere di notte a una colazione troppo povera), addebitando questo ai gestori che propongono nei fatti un’ospitalità diversa da quanto annunciato.

Inadempienze e standard non rispettati

Se si va però un po’ più a fondo, i problemi non sono legati solo all'inadempienza rispetto a ciò che veniva reclamizzato. Alla base c’è l’appartenenza a una categoria (numero di stelle) che non corrisponde né agli standard praticati dalla concorrenza, né - e spesso soprattutto - a ciò che dovrebbe essere garantito dall’avere 3 o 4 stelle

Autonomia

regionale e differenze locali

E qui il problema si fa complesso perché, pur in presenza di una normativa nazionale, ogni Regione agisce in autonomia sia nell’attribuzione del valore di una struttura, sia, soprattutto, nell’effettuare o meno controlli. Non è forse casuale che la maggior parte delle differenze a volte inconcepibili fra alberghi con lo stesso numero di stelle avvenga magari in Romagna (dove ci sono più contestazioni visto anche il primato di turisti estivi), mentre in Alto Adige è più facile trovare standard più alti rispetto al numero di stelle (in pratica hotel a 3 stelle con servizi da 4, o hotel a 4 con servizi da 5 stelle). Con in più diversi gradi di responsabilità fra gli enti intermedi in base alle diverse leggi regionali che in alcuni casi demandano le competenze anche ai Comuni.

Una situazione che purtroppo sembra destinata a peggiorare visto

che l’aumento delle competenze demandate alle Regioni con la nuova legge sull’autonomia vanificheranno qualunque tentativo di rendere più oggettivo e automatico lo standard medio che si può trovare in una struttura con lo stesso numero di stelle, indipendentemente che sia in Val d’Aosta invece che in Irpinia.

Sta di fatto che oltre alle richieste di rimborsi dei clienti o alle crescenti contestazioni delle associazioni dei consumatori, ora si muovono anche i gestori di alberghi. A Rimini, ad esempio, Patrizia Rinaldis, presidente della locale associazione albergatori, sostiene che la classificazione degli hotel andrebbe rifatta, perché quella di oggi è vecchia e superata. «Siamo in contatto con il Comune per pianificare controlli ad hoc. Nelle scorse settimane, ad esempio, siamo dovuti intervenire anche noi come Federalberghi per risolvere un contenzioso fra un cliente e un albergo cittadino

rispetto ai livelli di servizi offerti in base alle stelle esposte». Un esempio di come nella sia pur efficiente Regione Emilia Romagna esistano ampie sacche di lassismo a livello di controlli...

Una dichiarazione che mette il dito nella piaga evidenziando come alla base non ci sia solo la scorrettezza di qualche albergatore furbetto, ma anche l’endemico male italiano della mancanza di controlli sul rispetto delle regole

Richieste di un albo professionale per gli albergatori

Ed è proprio sul tema dei controlli che interviene anche Antonino Carasso, presidente di Promozione alberghiera sempre a Rimini, chiamando in causa le istituzioni. «Il Comune - dice - faccia partire subito questi controlli e declassifichi quegli hotel che non meritano la stella superiore. Quella dell’albergatore è una professione a tutti gli effetti, e come tale andrebbe regolata, magari attraverso un vero e proprio albo professionale, come quello degli avvocati, dei commercialisti, dei giornalisti, tanto per intenderci. Con esami da superare sul mantenimento e la reperibilità dei prodotti, sulle lingue straniere, su contabilità e aspetti fiscali, sull’uso dei gestionali Avremmo già una forte selezione iniziale».

Forse arrivare a un albo degli albergatori, dopo i guasti delle liberalizzazioni in tutto il mondo dell’Horeca, richiederà tempo e scelte politiche chiare che al momento non si intravedono, ma certo pretendere che le Regioni controllino la corrispondenza dei servizi offerti alle stelle segnalate è il minimo che si può chiedere se davvero si vuole sostenere il turismo.

Come vengono attribuite le stelle

Per spiegare meglio la complessità del sistema di classificazione delle stelle degli hotel bisogna rifarsi a normative generali che a livello delle singole regioni prendono strade e interpretazioni pratiche diverse. Di seguito cerchiamo di capire come dovrebbero essere attribuite le stelle agli hotel in Italia, chi è responsabile di questo processo e quali criteri vengono utilizzati. Una sorta di piccolo vademecum in cui ogni turista può controllare la corrispondenza o meno ai criteri generali dell’hotel in cui è ospitato.

La classificazione degli hotel in Italia è gestita dalle Regioni, in base alla legge nazionale. Ogni Regione ha il compito di applicare e controllare le norme stabilite, adattandole alle specifiche esigenze locali. Gli organi regionali si avvalgono di ispettori e tecnici qualificati per effettuare le valutazioni.

Quali sono i criteri di classificazione?

La classificazione degli hotel si basa su una serie di criteri suddivisi in diverse categorie principali:

1. STRUTTURA

E CONDIZIONI GENERALI

» Dimensioni delle camere: superficie minima richiesta per camere singole, doppie e suite.

» Bagni: numero minimo di bagni in rapporto alle camere, qualità e quantità degli accessori.

» Aree comuni: presenza e dimensioni di reception, hall, saloni, ristoranti, bar e aree di svago.

2. SERVIZI OFFERTI

» Reception: orari di apertura, disponibilità di personale multilingue e servizi di concierge.

» Ristorazione: tipologia e numero di ristoranti, qualità del servizio colazione, servizio in camera.

» Pulizia e manutenzione: frequen-

za delle pulizie, qualità dei materiali utilizzati, manutenzione ordinaria e straordinaria.

3. COMFORT DELLE CAMERE

» Arredamento: qualità e stato di conservazione dei mobili, presenza di elementi decorativi.

» Tecnologia: accesso a Internet, TV, sistemi di climatizzazione.

» Accessori: minibar, cassaforte, prodotti di cortesia.

4. SERVIZI AGGIUNTIVI

» Attività ricreative: palestra, piscina, spa, centro benessere.

» Servizi business: sale riunioni, business center, servizi di segreteria.

» Accessibilità: strutture per persone con disabilità, accesso facilitato.

Un complicato processo di valutazione

Il processo di valutazione per l'attribuzione delle stelle agli hotel prevede diversi passaggi:

1. Domanda di classificazione: l'hotel deve presentare una domanda alla Regione, allegando la documentazione richiesta che attesta il rispetto dei criteri di classificazione.

2. Ispezione: ispettori regionali effettuano una visita all'hotel per verificare la conformità ai requisiti dichiarati. Questo include la verifica delle strutture, dei servizi e del livello di manutenzione.

3. Valutazione: in base ai risultati dell'ispezione, viene redatto un rapporto che attribuisce un punteggio per ciascun criterio.

4. Attribuzione delle stelle: sulla base del punteggio complessivo, l'hotel viene classificato in una delle categorie da 1 a 5 stelle.

5. Controlli periodici: le Regioni effettuano controlli periodici per assicurarsi che gli hotel mantengano gli standard dichiarati. Gli hotel che non rispettano i criteri possono perdere la loro classificazione.

gonabili a quelli di strutture a 4 stelle grazie a controlli rigorosi e a un’attenzione particolare alla qualità. Questi esempi dimostrano che è possibile raggiungere e mantenere standard elevati quando ci sono volontà politica e collaborazione tra enti pubblici e privati. E proprio da Bolzano è partita lo scorso novembre l'iniziativa di aggiungere una stella verde per segnalare le strtture più sensbili al tema della sostenibilità. Una strategia che anche nella vicina provincia di autonoma di Trento si vuole seguire, tanto che l’assessore Roberto Failoni ha recentemente annunciato che «nel giro di pochissimi mesi sarà attivato un gruppo di lavoro all’interno del dipartimento Turismo che coinvolgerà tutte le categorie del ricettivo e, anche se forse non sarà facile, si apporteranno le modifiche necessarie e urgenti per rivedere la classificazione degli alberghi».

Come si può ben comprendere, il sistema di classificazione degli hotel in Italia dovrebbe essere un processo rigoroso e dettagliato che assicuri che gli standard di comfort e servizi siano rispettati. Purtroppo in molte parti d’Italia questo non avviene. Le stelle degli hotel dovrebbero fornire ai viaggiatori una guida affidabile nella scelta dell'alloggio, garantendo che le aspettative siano in linea con quanto offerto. Conoscere questo sistema aiuta a comprendere meglio il valore delle stelle e l'importanza del mantenimento degli standard.

Bolzano e Trento, fra le realtà più efficienti

Tuttavia, ci sono anche esempi positivi, come in Alto Adige, dove molti hotel a 3 stelle offrono servizi para-

Per migliorare il sistema di classificazione e garantire una maggiore coerenza negli standard, è essenziale introdurre controlli più stringenti e regolari, rivedere i criteri di classificazione e, possibilmente, creare un albo professionale per gli albergatori Solo così si potrà sostenere il turismo italiano e offrire ai turisti un’ospitalità che rispetti le aspettative. E magari, soprattutto per gli alberghi "d'affari", prevedere delle classificazioni particolari o cambiare le normative fiscali che portano molte aziende a prenotare per il loro personale "solo" hotel a 3 stelle, falsando un po' la realtà del mercato a livello dell'offerta: molto alberghi riunciano infatti alle 4 stelle (pur meritandole) per non perdere questa fetta di clientela... Ci sarebbe poi anche il tema della classificazione degli agriturismi, ma questa è un'altra storia cod 106339

In Italia, la classificazione degli hotel in stelle è regolata da standard che definiscono su di un piano generale la qualità dei servizi offerti e le caratteristiche strutturali degli alberghi. Ciò non significa però, come abbiamo visto, che lo standard di 4 stelle, ad esempio, corrisponda a Bolzano come a Messina. Alle Regioni è infatti affidata un’amplissima discrezionalità nei fatti, tanto da creare non pochi dubbi e polemiche nella clientela. La classificazione tradizionale, da 1 a 5 stelle, con un crescendo di qualità offerta e servizi, dovrebbe permettere ai viaggiatori di avere un'idea chiara delle aspettative che possono avere in termini di comfort

e accessibilità. Di massima questo succede, ma purtroppo le eccezioni non sono poche e in questo articolo esploreremo le principali differenze tra hotel a 3, 4 e 5 stelle in Italia.

HOTEL A 3 STELLE

CARATTERISTICHE GENERALI

» Camere: devono avere una superficie minima definita, solitamente di circa 14 m² per le doppie e 9 m² per le singole.

» Bagni: ogni camera deve essere dotata di bagno privato con servizi igienici, doccia o vasca da bagno.

» Servizi in camera: devono includere televisore, telefono e prodotti per l'igiene personale.

» Reception: deve essere disponibile almeno 12 ore al giorno, con per-

sonale multilingue.

» Servizi aggiuntivi: offrono servizio di colazione, deposito bagagli e pulizia giornaliera delle camere.

ESEMPI DI SERVIZI

» Connessione Wi-Fi gratuita nelle aree comuni.

» Accesso a un bar o ristorante interno.

» Servizio di lavanderia su richiesta.

HOTEL A 4 STELLE

CARATTERISTICHE GENERALI

» Camere: le camere devono essere più spaziose, con una superficie minima di circa 16 m² per le doppie.

» Bagni: oltre ai servizi standard, devono offrire accessori aggiuntivi come asciugacapelli e set di cortesia di qualità superiore.

» Servizi in camera: devono includere minibar, cassaforte e una gamma più ampia di prodotti per l'igiene.

» Reception: deve essere disponibile 24 ore su 24, con personale multilingue.

» Servizi aggiuntivi: oltre alla colazione, devono offrire almeno un servizio di ristorazione completo, centro fitness e sale riunioni.

ESEMPI DI SERVIZI

» Connessione Wi-Fi gratuita in tutta la struttura.

» Servizio in camera disponibile per gran parte della giornata.

» Possibilità di prenotare escursioni o attività direttamente dall'hotel.

HOTEL A 5 STELLE

CARATTERISTICHE GENERALI

» Camere: devono essere molto spaziose e lussuose, con una superficie minima di circa 25 m² per le doppie.

» Bagni: dotati di servizi di lusso come vasca idromassaggio, set di cortesia premium e asciugamani di alta qualità.

» Servizi in camera: oltre ai servizi dei 4 stelle, devono includere opzioni di intrattenimento avanzate, servizio di preparazione della camera per la notte e una scelta di cuscini.

» Reception: disponibilità 24 ore su 24 con concierge e personale multilingue altamente qualificato.

» Servizi aggiuntivi: devono offrire ristoranti gourmet, spa, piscina, centro benessere, servizi di valet parking e business center di alto livello.

ESEMPI DI SERVIZI

» Connessione Wi-Fi ad alta velocità gratuita in tutta la struttura.

» Servizio di maggiordomo personale su richiesta.

» Trasferimenti di lusso da e per l'aeroporto.

Hotel, le differenze a volte sono poche…

Le differenze tra hotel a 3, 4 e 5 stelle in Italia dovrebbero essere significative e riflettere una scala di comfort e servizi offerti. Gli hotel a 3 stelle in genere offrono un buon livello di

comfort per viaggiatori a budget limitato, i 4 stelle migliorano l'esperienza con servizi aggiuntivi e maggiore attenzione ai dettagli, mentre i 5 stelle rappresentano il massimo del lusso e dell'eleganza. Conoscere queste differenze può aiutare i viaggiatori a scegliere l'alloggio più adatto alle loro esigenze e aspettative. Ma, è bene ricordarlo, soprattutto fra i 3 e i 4 stelle le differenze non sono sempre così evidenti e possono causare non poche contestazioni

Le contestazioni più comuni

Come abbiamo indicato, gli hotel dovrebbero essere spesso luoghi di confort e relax per i viaggiatori, ma non sempre l'esperienza rispecchia le aspettative. Le contestazioni fatte dai clienti sono frequenti e possono riguardare vari aspetti del servizio, soprattutto per quanto attiene alla corrispondenza o meno di quanto ci si aspetta da una determinata classificazione. In proposito vale forse la pena di passare in rassegna

quali sono le lamentele più frequenti e come secondo Italia a Tavola gli ho tel possono affrontarle per migliorare la soddisfazione dei clienti

1. PULIZIA DELLE CAMERE

Problematiche comuni

» Camere non pulite al momento del check-in.

» Presenza di polvere, sporco o ri fiuti.

» Bagni in condizioni igieniche sca denti.

Soluzioni proposte

» Implementare controlli di qualità più rigorosi.

» Formare il personale sulle pratiche di pulizia.

» Rispondere prontamente alle segnalazioni dei clienti.

2. SERVIZIO DI RISTORAZIONE

Problematiche comuni

» Cibo di bassa qualità o non fresco.

» Menu limitato o non adatto a diverse esigenze alimentari.

» Lentezza nel servizio al tavolo o nel servizio in camera.

Soluzioni proposte

» Migliorare la qualità degli ingredienti.

» Offrire opzioni per diete speciali.

» Aumentare il personale durante i periodi di alta affluenza.

3. COMFORT DELLE CAMERE

Problematiche comuni

» Materassi scomodi o vecchi.

» Problemi con il sistema di climatizzazione.

» Rumore proveniente da altre camere o dall'esterno. Soluzioni proposte

» Sostituire i materassi regolarmente.

» Assicurarsi che il sistema di cli-

matizzazione sia funzionante.

» Installare doppi vetri per ridurre il rumore esterno e sostituire le porte.

4. SERVIZIO CLIENTI

Problematiche comuni

» Personale scortese o non disponibile.

» Lentezza nel rispondere alle richieste.

» Mancanza di assistenza per problemi specifici.

Soluzioni proposte

» Formare il personale sul servizio al cliente.

» Incrementare il numero di addetti alla reception.

Implementare un sistema di feedback per monitorare le prestazioni del personale.

5. PROBLEMI DI PRENOTAZIONE

Problematiche comuni enotazioni non trovate o cancellate senza preavviso.

ori nelle date o nel tipo di camera prenotata. erbooking.

Soluzioni proposte

Utilizzare software di prenotazione affidabili.

» Confermare le prenotazioni trami te email o messaggi.

» Evitare l'overbooking con una ge stione più accurata delle disponibi lità.

6. WI-FI E TECNOLOGIA

Problematiche comuni

» Connessione Wi-Fi lenta o inesi stente.

» Mancanza di prese elettriche suf ficienti.

» Televisori o altri dispositivi non funzionanti.

Soluzioni proposte

» Aggiornare la rete Wi-Fi per miglio rare la velocità.

» Aggiungere prese elettriche nelle camere.

» Controllare regolarmente il funzio namento dei dispositivi tecnologici.

Migliorare i servizi e riclassificare gli hotel aiuta il turismo

Le contestazioni negli hotel per servizi inadeguati sono un problema

comune che può influenzare negativamente l'esperienza dei clienti. Tuttavia, affrontando queste problematiche in modo proattivo e migliorando continuamente i servizi offerti, gli hotel possono aumentare la soddisfazione dei clienti e garantire un soggiorno piacevole. Imple-

mentare le soluzioni proposte aiuta a ridurre le lamentele e a creare un ambiente più accogliente e confortevole per tutti gli ospiti.

La necessità di un sistema di classificazione alberghiera uniforme è in ogni caso evidente. Le regioni italiane che già adottano pratiche virtuose possono servire da modello per altre. L'adozione di standard uniformi non solo migliorerebbe la qualità dell'ospitalità, ma aumenterebbe anche la competitività del turismo italiano a livello internazionale. Secondo i dati dell'Istat, nel 2023 l'Italia ha registrato oltre 134 milioni di arrivi e 451 milioni di presenze negli esercizi ricettivi, dimostrando l'importanza del settore turistico per l'economia nazionale.

È fondamentale garantire che la qualità e i servizi offerti siano coerenti in tutto il paese. Le voci autorevoli e i dati statistici confermano l'importanza di questo passo per mantenere e accrescere la credibilità del turismo italiano cod 106351

Fine dining Modello in crisi o problema di prezzo?

di Mauro Taino

Ese spendessimo troppo per mangiare? Sembra questa la domanda alla base di una crisi, quella del fine dining, che sembra sempre più conclamata e che vede nei prezzi delle proposte gastronomiche uno dei nodi da sciogliere per rilanciare un comparto composto da

eccellenze. Non sempre però il valore giustifica il prezzo e il rischio è che la barriera per il potenziale cliente sia sempre più alta da scalare.

Volendosi caratterizzare come una cucina d’eccellenza, il fine dining troppo spesso ha finito per trasmettere di sé l’immagine di una cucina di élite (quando non di classe) che, per definizione, era preclusa

ad un’ampia fetta di consumatori, magari con la capacità di spesa per sedersi ai tavoli di certi ristoranti, ma intimoriti da una comunicazione di esclusività che rischia di mettere a disagio alcuni clienti.

Dall’altro lato, la proposta culinaria - ricercata nelle materie prime e nella composizione - e la mano dello chef, così come spesso la gestione

della location, richiedono al ristoratore un costo. Tanto più si punta su un’esperienza premium, quanto più anche i costi lievitano, anche per il consumatore finale che si vede ribaltare su di sé anche questa quota. Anche perché quando si parla di food cost, si parla dei costi di produzione, gestione, conservazione e servizio, personale incluso.

Fine dining, il prezzo fa davvero la differenza?

«Cos’è il fine dining?». La provocazione, ma nemmeno troppo, porta la firma di una istituzione della cucina italiana come Giancarlo Morelli. Ma da qui parte una riflessione sul mondo dell’alta ristorazione che spazia dalle proposte in termini di menu fino a quelle di natura economica. E proprio su questo aspetto, occorre capire le motivazioni che portano a proporre i piatti e i menu degustazione - altro tema di grande attualità - ad un certo prezzo

Fine dining, è vera crisi?

Sempre Morelli rilancia nell’inquadrare che tipo di ristorazione si intende per fine dining: «Se per fine dining parliamo di un posto, fosse anche una osteria, dove si mangia bene e si ha un grande servizio, allora da questo punto di vista non c’è nessuna crisi. È una storia che si ripete da quando c’è la ristorazione: ce n’è una compresa dalla maggior parte delle persone e una riservata a chi è disposto a vivere una certa esperienza». Lo chef, però, lancia un monito: «La ristorazione deve essere per tutti, ma è ingiusto parlare di crisi ed è sbagliato. Anche perché se va in crisi il fine dining, va in crisi il mondo della ristorazione perché trascina il movimento».

Non lontana la posizione di Andrea Berton: «Il termine crisi non è correttissimo, ma è pur vero che bisogna sempre essere attuali e attenti alle esigenze del pubblico Tuttavia non la percepisco come una crisi, ma se esistesse, magari può diventare un’opportunità per fare meglio e offrire qualcosa di migliore agli ospiti». Luigi Pomata, dell’omonimo ristorante a Cagliari, ammette che, per una serie di circostanze, a livello generale «il fine dining si sta un po’ridimensionando», mentre Tommaso Arrigoni (Innocenti Evasioni, Milano) evidenzia come «non stiamo vivendo un momento florido» e che «l’utente finale sia un po’ annoiato da un fine dining inteso come proposta troppo ricercata».

Per Daniele Zennaro (Algiubagiò, Venezia), invece, molto dipende anche dalle dinamiche che portano la clientela al ristorante: «Quando arriva l’estate qui da noi assistiamo ad un cambio di clientela, con una gran quantità di turisti che arriva in zona per spostarsi velocemente e non sempre c’è la giusta comunicazione all’utente finale che in quest’area ci sono ristoranti che fanno fine dining. A partire da settembre, invece, la clientela torna di alto livello».

«C’è una riflessione da fare», secondo Lucio Pompili (Symposium, Cartoceto in provincia di Pesaro-Urbino) che chiarisce: «In Italia ci saranno 20/30 ristoranti di fine dining: veri, autentici, con offerte fantastiche. E piacciono. Gli altri fanno finta, scimmiottano ed è meglio che, in questo caso, si torni ad una cucina regionale italiana».

Se certamente il prezzo rimane uno dei nodi da sciogliere quando si parla di fine dining, hanno preso sempre più piede i menu degustazione. Oltre all'aspetto economico, questa soluzione permette anche agli chef di poter offrire una panoramica della propria proposta gastronomica in modo coerente, ma anche di ottimizzare tempi e spese. Quello del menu degustazione, tuttavia, rimane un aspetto controverso

Fine dining, perché un menu degustazione

I menu degustazione offrono ai clienti una grande possibilità. Quella di poter avere accesso ad una cucina di alto livello sapendo esattamente quanto si andrà a spendere. O quasi: il vino è generalmente escluso e sempre più persone scelgono di rinunciare alla bottiglia per godersi

magari un'uscita a cena in più come sostiene Giancarlo Morelli: «La bottiglia fa lievitare il conto e molte famiglie oggi scelgono di uscire a cena una volta in più rinunciando ad ordinare il vino. Questo riguarda naturalmente le famiglie medie, chi è abbiente non soffre di queste dinamiche».

Ma, oltre all'aspetto economico, i menu degustazione offrono la

possibilità di poter intraprendere un viaggio all'interno dei sapori proposti da uno chef, organizzati secondo un'armonia e un equilibrio di gusti e sapori, magari già abbinati ai vini giusti. Il fatto di poter invitare il cliente al proprio viaggio culinario, rappresenta anche un vantaggio per lo chef in termini di ottimizzazione del tempo e dei costi, perché i piatti escono secondo una pianificazione strutturata

e il fatto di limitare gli ingredienti, avendo una proposta più contenuta in termini di varietà, consente di focalizzare le spese.

Quando il menu degustazione sta

stretto

Strutturatosi in forma sempre più diffusa durante il periodo Covid, una necessità per superare un momento di così grande crisi, con il progressivo ritorno alla normalità il solo menu degustazione ha iniziato a stare sempre più stretto ai clienti, desiderosi di spaziare liberamente all'interno delle proposte dello chef. Il rischio è che il cliente non si senta tale, ma ospite, e di conseguenza condizionato nella sua esperienza e costretto a non poter essere libero di scegliere.

Senza contare che, a fronte comunque di un investimento economico, dover magari rinunciare ad uno o più piatti per motivi di gusto personale (senza aprire il capitolo riguardante le intolleranze, nella maggior parte dei casi superabili con proposte alternative già previste), rischia di mettere a disagio il cliente, quando non a rinunciare completamente ad andare al ristorante qualora non ci sia accordo all'interno della coppia o del gruppo sociale con cui si sarebbe voluto pranzare o cenare perché una o più persone non gradiscono la proposta.

«I soli menu degustazione - sottolinea Tommaso Arrigoni di Innocenti Evasioni a Milano - creano molti limiti al consumatore: non è una formula che può essere unidirezionale. In questo momento bisogna essere quanto più elastici possibili allargando la tipologia di offerta al massimo per raccogliere ogni esigenza: imporre il solo menu

degustazione o solo un tipo di cucina farebbe chiudere la forbice».

Anche i piatti vanno ripensati?

Nel momento di riflessione che vive il fine dining, dopo aver analizzato la componente del prezzo e quella dei menu degustazione, emerge una tematica che sta a cavallo tra quella che è la proposta economica e quella del menu vero e proprio: le scelte di piatti e ingredienti, il cuore di ogni proposta culinaria e che rappresentano una delle sfide imprescindibili per poter attrarre i clienti.

Se da un lato lo studio e la ricerca in cucina testimoniano non solo l'a-

bilità dello chef, ma anche una spinta necessaria per tutto il movimento per trovare soluzioni nuove, magari anche in un'ottica anti-spreco e, più in generale, di sostenibilità e circolarità

Questa ricerca dell'ultima frontiera, però, ha generato in una fetta di mercato una certa diffidenza. Il problema è che in questa corsa si rischia di lasciare indietro alcuni elementi che invece generano fiducia, quando non fedeltà, nel consumatore: la riconoscibilità di ingredienti e sapori. Insomma, per dirla come Lucio Pompili, spesso, «non si riconosce più cosa c'è nel piatto». Secondo

Pompili bisogna «tornare a puntare sulla qualità della materia prima», coltivando il rapporto con i contadini di cui «il cuoco ha bisogno tutti i giorni» affinché si torni ad una cucina «più concreta, reale e riconoscibile». La proposta culinaria deve, secondo lo chef di foraging, il nuovo progetto post Symposium, «tornare al territorio: in questo modo non c'è omogenizzazione». Inoltre, le materie prime, dovrebbero passare «dall'orto alla padella, ovviamente dopo essere state pulite», senza troppi procedimenti che finiscono per alterare la percezione - e talvolta i sapori specifici - del cibo. cod 106359, 106415, 106517

Come comunicare

gli aumenti di prezzo ai propri clienti

marvi di un importante aggiornamento riguardante le nostre tariffe. A partire dal 1° settembre di quest'anno, i prezzi del nostro menu subiranno un adeguamento reso necessario dall'aumento generale dei costi operativi e delle materie prime di altissimo livello che utilizziamo. Parte di queste spese aggiuntive sarà assorbita internamente dalla nostra azienda.

L'obiettivo di questo aggiustamento è garantire un'esperienza culinaria senza compromessi, mantenendo la qualità superiore e l'attenzione ai dettagli che da sempre caratterizzano la nostra trattoria, una solida realtà locale. La nostra priorità resta quella di offrire piatti preparati con ingredienti autentici e mantenere l'atmosfera accogliente e curata che tanto amate.

Sappiamo che questo cambiamento potrebbe suscitare riflessioni o domande. Siamo disponibili e lieti di discutere più approfonditamente questa decisione con ciascuno di voi. Vi preghiamo di considerare questa comunicazione come un invito al dialogo e una dimostrazione della nostra volontà di affrontare queste sfide insieme a voi, mantenendo sempre una comunicazione aperta e franca. Vi ringraziamo per la vostra continua fiducia e il vostro supporto. Attendiamo con piacere le vostre considerazioni e siamo pronti a rispondere a qualsiasi domanda.

Con stima e gratitudine, Chef Eufemio Valori e il Team di “Primi Gustosi”

Questo approccio ha assicurato che i clienti comprendessero le necessità che avevano portato alla decisione, mantenendo la fiducia reciproca.

Inoltre, l’artista dei fornelli ha dimostrato grande empatia e sensibilità, riconoscendo e accogliendo le possibili preoccupazioni dei clienti, creando un legame emotivo e rispettando le loro opinioni. La lettera è stata scritta con una notevole chiarezza e specificità, fornendo dettagli come la data esatta di entrata in vigore, eliminando qualsiasi ambiguità e preparando i clienti in anticipo.

Trasparenza

e dialogo per mantenere la fiducia dei clienti

Chef Eufemio ha inoltre sottolineato il suo impegno per la qualità, spiegando che l'aumento dei prezzi era necessario per mantenere i piatti autentici e di alto livello che i clienti avevano imparato ad amare, giustificando l'aumento come un investimento per loro. Infine, la lettera ha incluso un invito al dialogo, mostrando disponibilità e apertura al confronto, favorendo una comunicazione bidirezionale e risolvendo eventuali preoccupazioni, il tutto rafforzando la solida relazione di fiducia tra la trattoria e i suoi ospiti.

Aumento dei prezzi: farlo di nascosto potrebbe essere controproducente

Se chef Eufemio avesse deciso, legittimamente, di aumentare i prezzi in maniera silenziosa, le conseguenze sarebbero state numerose e significative. In primo luogo, ci sarebbe stata una grave perdita di fiducia da parte dei clienti, che avrebbero potuto percepire l'aumento come arbitrario e ingiustificato. Questo avrebbe portato a reazioni negative come feedback sfavorevoli e recensioni critiche sui social media, danneggiando la reputazione del ristorante. Inoltre, il silenzio avrebbe deteriorato la fedeltà dei clienti, spingendo molti di loro a cercare alternative percepite come più oneste e trasparenti.

Chef Eufemio ha scritto una lettera professionale e aperta, spiegando chiaramente i motivi dietro l'aumento dei prezzi, compreso l'incremento delle spese operative e il mantenimento dell'alta qualità degli ingredienti.

È importante notare che il ristoratore non si è mai scusato per l'aumento dei prezzi, comprendendo che non c'è nulla di male in questa pratica. È qualcosa di ovvio che tutti sperimentiamo come consumatori e che chiunque gestisca un'attività commerciale sa essere necessario per sostenere gli oneri del business. Inoltre, non è necessario entrare in tutti i dettagli finanziari del caso e di fornire il proprio conto economico ai clienti. La semplicità è fondamentale.

Con questo capitolo, giungiamo alla conclusione dell'avventura di chef Eufemio Valori. La decisione di aumentare i prezzi del menu è stata sicuramente una delle più difficili della sua carriera, ma lo chef ha affrontato la sfida con la stessa dedizione e passione che ha sempre contraddistinto il suo lavoro. Chef Eufemio, con la sua matita dietro l'orecchio e il cuore saldo nel perseguire l'eccellenza, ha dimostrato ancora una volta che dietro ai piatti deliziosi c'è non solo una grande maestria, ma anche una grande umanità. Le sfide economiche e operative che ha affrontato sono state superate grazie a una combinazione di empatia, trasparenza, e una profonda connessione con i suoi ospiti. cod 106472

Per rivedere insieme la strategia dei prezzi e migliorare il margine dei tuoi prodotti, ti invito a contattarmi al seguente indirizzo e-mail kairosgoodfriend@gmail.com e a visitare il mio sito blog www.kairosgoodfriend.com

Progettare un locale Scegliere il materiale migliore per spazi adeguati

Emanuele Svetti

nutile che vi racconti nuovamente come la scelta più giusta che si possa fare per arrivare ad un risultato eccellente sia quella di affidarsi ad un professionista: siamo noi, senza ombra di dubbio, che pos-

siamo e dobbiamo aiutarvi, togliendovi il peso di selezionare, miscelare ed equilibrare arredi, finiture, materiali e colori con il giusto grado di sofisticazione utile al successo del vostro locale

Tuttavia non dobbiamo mai dimenticare come il successo di un locale non dipenda soltanto dalla sua immagine, ma anche da come

vengono tagliati gli ambienti, non perdendo mai di vista la funzionalità, coscienti del fatto che dentro a questi “contenitori” poi dovrà lavorare l‘uomo e che il cliente è a sua volta un essere umano, per cui la posizione degli arredi come la loro componente materica non dovrà mai passare in secondo piano rispetto al “Dio” budget.

L'importanza di affidarsi ai professionisti

Durante le riunioni con i miei clienti mi trovo spesso ad intraprendere discussioni sulle scelte cromo materiche, prima ancora che sulla funzione dei locali stessi, con il risultato di trovarsi a ripensare uno spazio pensato con una certa coerenza a causa dell’onda emotiva dell’imprenditore nel suo imprevisto impeto da interior decorator, basato sulla sola pretesa che è lui o la sua società che investono denaro nell’opera.

Questa convinzione, ahimè, porta molto spesso all’evidenza finale di locali tra loro simili, come già raccontato nello scorso articolo, piuttosto che nel peggiore dei casi anonimi. Ad oggi quello che vi posso dare per certo è che i miei lavori più apprezzati sono sempre stati quelli nei quali il cliente si è affidato a noi, creando un dialogo costruttivo nel taglio funzionale degli ambienti, senza criticare o rielaborare l’originalità del

progetto, perché un progetto è un flusso di pensiero fluido, arricchito da esperienze, emozioni e materiali che si concatenano tra loro, generando eleganza, sofisticatezza, sorpresa ed emozione in chi segue la realizzazione.

Non potete immaginare quante volte alla fine di una delle tante “battaglie decisionali”, dopo averla spuntata ed essere riuscito ad arrivare al risultato finale mi sia sentito dire: “devo riconoscere che avevi ragione...”, non posso negare che questa frase allevia la bile generata dalle innumerevoli discussioni in cui ho dovuto far valere la mia idea davanti alla ritrosia del cliente.

Accettare lo scorrere del tempo contro il restyling maniacale

Alla fine ho iniziato a prendere coscienza del fatto che queste dinamiche siano una sorta di altra faccia di un “problema identitario” insito nella

società contemporanea: siamo noi stessi a vivere problemi di accettazione dell’apparire, per questo siamo sempre più spesso alla ricerca di una sorta di “elisir di lunga vita” che spesso trascende nei vari restyling da chirurgo estetico, con il solo ed illogico, quanto maniacale, complesso del non voler accettare i segni del tempo.

Nei locali questo meccanismo della mente si trasforma generando più o meno inconsciamente due richieste da parte del cliente:

• che non si veda tanto lo sporco

• scegliere materiali che non si rovinino nel tempo

Sulla prima richiesta ho da sempre la più sincera avversione, infatti, per me non esiste che si possa progettare un ambiente con l’idea di scegliere materiali che “mascherino” la carenza igienica di un gestore: è inaccettabile! Sulla seconda invece posso essere in parte d’accordo, ma molto dipende dallo stile che si vuol dare al locale, per questo per intenderci meglio vi voglio

raccontare il mio primo ristorante di successo: Saffron.

Progettare un locale:

il caso Saffron di Arezzo Eravamo nel 2010, Saffron era già un ristorante fusion di buon nome ad Arezzo, in Toscana, che tuttavia aveva una forte carenza di visibilità ed immagine rispetto alla città in cui si trovava. Con i proprietari Andrea ed Elena c’è stato da subito quel feeling di cui scrivevo in precedenza, ho saputo cogliere e placare le paure più profonde legate al cambiamento che andavano a fare, sia a livello logistico che di immagine e le ho trasformate nel loro sogno.

In questo caso il ristorante lavorava su un involucro e degli arredi fatti di materiali naturali che trovano la loro valorizzazione accettare la trasformazione che inevitabilmente il tempo avrebbe portato con sé. Così il legno di rovere, che caratterizza in maniera originale i top dei tavoli, come una parte delle pareti, oggi a distanza di quasi 15 anni sono più belli che mai, grazie all’ossidazione che ha generato una patina non riproducibile artificialmente, il legno si è aperto in alcune sue parti, dando segnali della propria forza, e tutto questo ha generato una combinazione che ha valorizzato la bellezza intrinseca del difetto, un effetto “wabi-sabi” che solo il tempo sa creare, con l'accettare il suo trascorrere e i cambiamenti che questo può ingenerare.

Chiaramente il legno sui top dei tavoli ha avuto bisogno di una protezione e la ricerca è stata quella di materiali naturali che impedissero l’assorbimento di liquidi e alimenti, ricadendo sulla cera, che ha il solo “difetto” che deve essere passata periodicamente per nutrire ed impermeabilizzare le fibre, manifestando così un

sano “affetto” da parte dell’imprenditore che se né prenderà cura in maniera maniacale per farlo “invecchiare” al meglio

La scelta dei materiali

Quando si parla di ospitalità invece il ragionamento si sposta su superfici che assolvano al meglio due tematiche:

• facile igienizzazione (che non vuol dire che non si veda lo sporco, anzi…)

• rigenerabilità o forte resistenza

Per questo propongo superfici che siano manutenibili facilmente, in special modo nelle parti di maggiore usura da urto, strofinamento e graffio, come possono essere i posavaligia, gli scrittoi, le testate letto, i piani dei comodini e i top lavabo, ma anche le zone di ricevimento e servizio.

In questo caso, oggi più che mai, sia le nano tecnologie che i materiali acrilici hanno una componente di rilievo nelle scelte che vado a fare, un piano in “pietra acrilica”, come la chiama un mio carissimo amico, permette di avere superfici sempre in ordine a fronte di un minimo impegno manutentivo ma di un budget più impor-

tante, che in realtà si ripaga nel breve periodo con la diminuzione degli interventi di riparazione e soprattutto delle sostituzioni.

Ovvio che anche in questa circostanza la tematica della “bellezza del tempo che passa” non può essere sottovalutata e quindi non valorizzata in alcune strutture di pregio, dove il tocco dato dal materiale naturale rimane insostituibile.

Saper bilanciare le componenti può risultare la ricetta migliore per un risultato di rilievo: una decina di anni fa sono stato chiamato per occupar-

mi della ristrutturazione di un hotel 3 stelle in Umbria, vicino a Foligno (Pg), Le Colombare, in questo caso riuscimmo a fare un interior che combinasse l’utilizzo di materiali di recupero, coniugandoli ad arredi minimal realizzati a disegno sfruttando le proprietà dei pannelli melaminici, che riproducono textures più o meno originali garantendo una durata ed una resistenza molto superiore a qualsiasi altro materiale ligneo naturale, coniugando così estetica e durabilità in un compromesso dal rapporto qualità/ prezzo imbattibile.

Il risultato di questa “improbabile” miscela? Una struttura 3 stelle, che ad oggi è percepita dai clienti come un 4 stelle, lasciando intatta l’attua, con un allure di contemporaneità che permane a distanza di un decennio dalla sua realizzazione, dimostrando ancora una volta come la combo progetto coerente e scelta di materiali compatibili, sia la miglior scelta che si possa fare.

Per maggiori informazioni lo Studio Svetti Architecture rimane a disposizione, per approfondimenti info@studiosvetti.com

Picchi di lavoro estivi

Come gestire al meglio il personale

Tra la carenza di personale, abbinata spesso alla mancanza di esperienza molte attività fanno fatica a gestirsi al meglio nei periodi di maggior stress lavorativo. Giacomo Pini, esperto di marketing della ristorazione, spiega come riuscire a far sì che ogni membro del team possa dare il proprio meglio e trovare la propria dimensione per crescere e migliorare

sicuramente uno dei periodi di maggior profitto, ma anche di maggior stress per le attività che fanno ristorazione e in particolar modo grazie . Oltre a questo aspetto si aggiunge il fatto che in particolar modo in questa professione il personale va e viene e sovente vengono a mancare importanti figure in ruoli chiave

Lo sa bene Giacomo Pini, consulente, esperto di marketing della ristorazione e fondatore di GpStudios. L'autore dei fortunati volumi "Risto Boom. Crea il successo del

tuo locale", "L'Arte del Breakfast" e "Il marketing territoriale dell'Italia che non ti aspetti. Come vendere i luoghi magici fuori dai circuiti turistici commerciali" fornisce alcuni utili consigli per aiutare le attività ristorative a superare queste difficili situazioni lavorative.

L'importanza di organizzare il lavoro

In un mercato del lavoro messo da tempo sotto pressione, nello specifico per quello che riguarda il mondo della ristorazione, in cui risulta davvero difficile riuscire a trovare e trattenere personale per la propria attività, è fondamentale organizzare al meglio la gestione giornaliera dello staff e della routine lavorativa

Martino Lorenzini

«Da un lato, viviamo una situazione nella quale spesso mancano figure essenziali in organico - ha ricordato il fondatore di GpStudios - Questa mancanza di figure finisce con il caricare di un peso ulteriore ed eccessivo gli addetti che formano la squadra. Il che, a lungo andare, può risultare deleterio per la buona riuscita del business. Dall’altro, quello che si riscontra è una sorta di “povertà”, se così vogliamo definirla, di abilità specifiche ed esperienza attiva; questa può comportare un rallentamento operativo, che si traduce a sua volta in una peggior performance economica. Detto in parole semplici: se manca personale una puntuale organizzazione del lavoro risulta fondamentale per riuscire a raggiungere i propri obiettivi senza gravare sulla squadra intera e sul singolo individuo, dosando al meglio energie e tempo; se il personale c’è, ma non è sufficientemente

formato, l’organizzazione del lavoro rimane ugualmente importante per riuscire a far sì che ogni membro del team possa dare il proprio meglio, contribuire al lavoro di squadra e trovare la propria dimensione per crescere e migliorare. Qualunque sia il caso, riuscire a organizzare il lavoro all’interno di un’impresa ristorativa, come un ristorante, un bar, una pasticceria o una pizzeria, comporterà l’ottenimento di notevoli vantaggi, sia da un punto di vista economico, grazie alla maggiore produttività garantita, sia da un punto di vista etico e motivazionale, con la definizione di un dream team pronto a collaborare per il bene dell’intera squadra e per raggiungere gli obiettivi prefissati. Questi concetti vengono poi avvalorati dal fatto che i consumatori sono sempre più esigenti quando fanno colazione al bar, prendono un aperitivo in spiaggia, organizzano un pranzo di lavoro con parenti e colleghi o

cenano con famiglia e amici al ristorante».

Picchi di lavoro al ristorante: come gestirli

L’estate è per tante imprese italiane un momento caldo, in cui ci si ritrova a dover gestire importanti picchi di lavoro. «Le persone tendono a voler consumare pasti fuori casa con una maggiore frequenza, complici i giorni di vacanza e il bel tempo - ha spiegato l'esperto di marketing della ristorazione - Senza dimenticare che il nostro Paese funziona come una grande calamita per il turismo in questo periodo dell’anno; perciò, si aggiunge tutta la componente dei viaggiatori che sopraggiungono nelle varie località e desiderano sperimentare prodotti tipici e la tradizione enogastronomica del territorio. Il risultato è sì locali pieni, prenotazioni a raffica e file all’ingresso, ma non

ti da picchi di lavoro intenso. Oltre a questo, il controllo sui propri numeri e la definizione di certi standard aiutano sempre: avere in mente uno storico, saper prevedere le vendite e proiettare necessità di magazzino garantisce una stima probabilmente molto più realistica di ciò che occorre, caso per caso, rispetto a quella che è la necessità del momento».

L'importanza della tecnologia

Pini ha poi ricordato l'importanza di un utile alleato nel contrasto ai picchi lavorativi: la tecnologia. «Rispondo fornendo qualche dato - ha premesso Giacomo Pini - In una pizzeria l’acquisto di un’attrezzatura adeguata rispetto ai volumi di vendita e al

piano di produzione può portare a un taglio netto del costo non food pari in media a un -92%, in pasticceria all’88% e al ristorante al 78%. Ovviamente, oltre alla riduzione dei costi non è da sottovalutare l’incremento di produttività e il tempo guadagnato da dedicare ad attività a maggior valore aggiunto». cod 106403

VITTORIO GIANNOLA

Ldi Carla Latini

sione attenta del patron Alessandro Pipero.

a carriera di Vittorio Giannola è intrisa di arte, una connessione stretta e salda tra architettura e cucina. La definisce: una stretta di mano tra Le Corbusier e Marchesi. La sua voglia di perdersi totalmente fra i fornelli lo ha portato a rinunciare agli studi di architettura e a intraprendere il percorso culinario. Oggi vanta una posizione da

Lo chef Ciro gli ha trasmesso un modo unico di pensare alla composizione dei piatti, una sorta di filosofia da seguire. Tanto da arrivare al punto che non serve più parlare, ma con uno sguardo, i due, si capiscono al volo. Immediatamente pensano le stesse cose. Vittorio ha carta bianca in molte situazioni e questo gli è servito per prendere decisioni e risolvere problemi con sicurezza. Si ricorda ancora il primo incontro con Alessandro Pipero circa tre anni fa. Un colloquio in cui non disse nulla ma fece solo una constatazione: “Si vede che sei un bravo ragazzo”. on lui non è solo un rapporto patron-dipendente ma complicità e amicizia, una persona con cui si può parlare di tutto. Achille Sardiello, c’è un’affinità fra loro, lo vede come un confidente che fuori e dentro il lavoro può dare consigli e aiuti. Lui è sempre pronto per gli altri. Con la sua eleganza e portamento in sala, basta guardarlo per imparare. Oggi Vittorio Giannola è quello che è grazie a tutte le persone che ha incontrato nel suo percorso. Ci spiega anche i motivi per cui ha scelto per sé i tre aggettivi nel titolo: «Generoso, motivo per cui faccio il cuoco, se non sei generoso non puoi fare questo mestiere. Leale e umile, perché penso che, come dicevano i miei genitori, bisogna lasciare sempre un buon profumo perchè caratteristiche del genere ti permettono di essere ricordato con piacere nel mondo del lavoro, in cucina e anche nella vita». cod 106518

Da bambino

cosa sognavi di diventare?

Un architetto

Il primo sapore che ti ricordi. Lo street food Palermitano

Qual è il senso più importante?

Il gusto

Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato. La pasta con le sarde

Come hai speso il primo stipendio?

Per un coltello che ancora oggi costudisco gelosamente

I tre piatti da provare almeno una volta nella vita. Sarde a beccafico, il Biryani, un piatto della tradizione bengalese e la pasta al ragù di mio padre

Cosa non manca mai nel frigo di casa tua?

Il cioccolato fondente

Qual è il tuo cibo consolatorio?

I dolci

Che rapporto hai con le tecnologie?

Ottimo

All’Inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale?

Formaggio!

Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?

Gualtiero Marchesi e Auguste

Escoffier

Quale quadro o artista rappresenta di più la tua cucina?

Alberto Burri

Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe?

Piazza grande di Lucio Dalla

Ristogolf 2024 by Allianz Seconda e terza tappa tra sport e cucina

Molinetto Country Club di Cernusco sul Naviglio

Mercoledì 12 giugno si è svolta al Molinetto Country Club di Cernusco sul Naviglio (Mi) la seconda tappa del Circuito Ristogolf 2024 by Allianz. La giornata è iniziata con una squisita colazione curata dal ristorante Da Vittorio, con brioches e pasticcini freschi della Pasticceria Cova Montenapoleone 1817, frutta di stagione e pancake con confetture Agrimontana

Lungo le 18 buche del campo, i partecipanti hanno potuto gustare un vero e proprio percorso enogastronomico, con diverse postazioni dedicate alle degustazioni. Alla buca 4, un rinfrescante gelato artigianale di Gelatteria

- Il Gelato della Fattoria, mentre alla buca 5 c'è stato un momento di sensibilizzazione con le volontarie della Fondazione Francesca Rava NPH Italia Onlus, che hanno presentato il progetto "Ci prendiamo cura di te", a sostegno dei minori in difficoltà. Alla buca 6, gli

Molinetto Country Club hanno deliziato i palati con un polpo bruciato al lime, piselli freschi e bufala, accompagnato da un calice di Valpolicella Superiore Doc "Formiga" o Garganega Veronese Igt "Ca' del Moro" della cantina La Collina dei Ciliegi

Alla buca 8, lo chef Pier Giorgio Parini ha proposto un "Bananaganush" con Kaffir Lime Leaves, yogurt e Zorri Cress, abbinato a vini Costa Arènte

Alla buca 10, era d'obbligo la sosta per la pizza gourmet di Molino Dal: pala romana con salsa pomodorino confit, bufala, salsa di basilico e basilico asiatico, oppure fogonzola Palzola e Ferrari Trento F1 Edition. Alla buca 13, il Martino Rossi ha conquistato i palati con un chili vegetale e frittata all'uovo vegetale, accompagnato da Valpolicella Valpantena Doc Soave Classico Doc "Sereole" della . Alla 15, un maxi toast "Bar Orobica" del ristorante Da Vittorio

e un drink a base di sciroppo Acqua delle Stelle, menta o lavanda, hanno ristorato i golfisti prima di affrontare le ultime buche. Alla 17, le dolci creazioni di Pasticceria Cova Montenapoleone 1817, accompagnate da Champagne TelmonT Réserve Brut, hanno concluso in bellezza il percorso degustativo. Chicco Cerea, presidente di Ristogolf, ha presentato gli ospiti e ha dato il via a un interessante wine tasting con Orazio Vagnozzi di Passione Gourmet e alla mixology di Alberto Baù del Bulk Mixology Food Bar Giancarlo Morelli con un cocktail a base di Cointreau. Sulla cucina attrezzata con elettrodomestici Haier e pentole Mepra, l'ospite d'eccezione Francesco Aquila, vincitore di MasterChef 10, ha preparato una zuppa thailandese tom yum con funghi cardoncelli e Gyoza giapponesi con ripieno mediterraneo. Per il dessert, il pastry chef Eduardo Gadda ha proposto un innovativo "Non sono una caprese". cod 106048

Golf dei Laghi a

Travedona Monate

Terza tappa per il Circuito Ristogolf 2024 by Allianz al Golf dei Laghi a Travedona Monate (Va), tra i laghi Maggiore, di Monate, di Comabbio e di Varese. Il 3 luglio la giornata inizia sul versante gastronomico con la colazione con croissanteria e biscotteria del ristorante Da Vittorio F.lli Cerea, frutta fresca di Ginesi, pancake con confetture Agrimontana, cotti al momento su piastre a induzione Haier. Il tutto accompagnato da acqua naturale e frizzante Valverde e caffetteria espressa.

La buca 1 è dedicata al Title Sponsor Allianz, che regala le tazze del Circuito Ristogolf 2024 by Allianz: un'illustrazione diversa ad ogni appuntamento! In questa postazione i giocatori possono partecipare al premio Allianz per aggiudicarsi l'ospitalità all'evento conclusivo Ristogolf 2024 al Gallia Palace Beach Golf Spa Resort 5 stelle Punta Ala - Relais & Châteaux e Riva Toscana Golf Resort

La prima buvette al Golf dei Laghi è sul tee della buca 3 con Alex Seveso del ristorante Vespucci (Ispra - Va) che ha conquistato i partecipanti con un Vegetarian Vespucci dragon roll, enfatizzato da Champagne TelmonT Réserve Brut (Rémy Martin). Sulla scia vegetariana prosegue Fabrizio Barontini per MartinoRossi in buca 5 con un piacevole mix

dolce e salato. Da una parte un Hot dog a base di legumi, dall'altra una Crema vegetale con frutti di bosco. Due anche le etichette di cantina Bertani per Rete Valpantena: Valpolicella Valpantena Doc e Soave Classico Doc “Sereole”.

Alla buca 7 permane la nota dolce con Lucia Sapia della Gelateria Il Dolce Sogno (Busto Arsizio e Castellanza - Va) per Agrimontana: ampia scelta di gelato artigianale insieme a una Tonica al Cedro oppure all' aperitivo Bitter Tass, il bitter del Lago Tassoni miscelato con la Cedrata Tassoni.

Alla buca 10 troviamo gli chef di Molino Dallagiovanna con l'immancabile pizza gourmet e una pala romana per gustare la selezione di Gorgonzola Dop Palzola, completa l'abbinamento Ferrari Trento Maximum Demi-Sec. Si procede fino alla buca 14, dove i cuochi del Ristorante Da Vittorio portano i sapori della tradizione lombarda con Pa' e strinù. Si sorseggia un Valpolicella Superiore Doc della cantina Ripa della

Volta, o un drink fresco con acqua friz zante Valverde aromatizzata con sciroppo Acqua delle Stelle all'estratto di lavanda o menta. Alla buca 16 ritorna Fabio Groppi per Koppert Cress con un assaggio dal nome golfista “Hole in One…Risi e Bisi, Salad Pea e Gangnam Tops”. È la volta della cantina Costa Arènte con Valpolicella Valpantena Superiore Doc e Lugana Doc. Un'ultima stuzzicante pausa in buca 18, in compagnia del resident chef Giovanni Maretti e della brigata del ristorante Golf dei Laghi che hanno presentato Cuore di capasanta arrostito al burro di cacao con gazpacho d'anguria, cipolla di Tropea marinata e crumble al caffè. In abbinamento Valpolicella Superiore Doc “Formiga” e Garganega Veronese Igt “Ca' del Moro” de La Collina dei Ciliegi Nemmeno al Golf dei Laghi è mancato il supporto degli sponsor che hanno intervallato il percorso enogastronomico con numerose attività: Allianz, Haier, Mepra in collaborazione con Martina Iacovone Osteopata, Gruppo Adma e Fondazione Francesca Rava

Ospiti dello showcooking: Marco Stagi del ristorante Metodo (Marne - Bg) e Omar Bonecchi del ristorante Mirtillo Rosso (Alagna Valsesia - Vc).

Interviene quindi Dario Colloi, direttore di Ristogolf, assieme a Roberto Borro e Luca Angelini, presidente e direttore del Golf dei Laghi per le premiazioni. cod 106479

Per informazioni: www.ristogolf.com

Benito Odorino Tradizione e gusto nel suo Spumotto

di Francesca Tagliabue per conto di AMPI

Classe ’88, Benito Odorino, dopo un percorso universitario in economia e commercio, sente il familiare richiamo dell’arte dolce e imbocca la sua strada. Animato da curiosità e passione, frequenta corsi nazionali e internazionali in un percorso di condivisione di idee ed esperienze con i grandi della pasticceria. Al nonno Benito, che aprì l’omonima pasticceria a Casal di Principe (Ce) nel 1958, si affiancò nel 1975 il figlio Enrico: nel 2007, il giovane Benito lo raggiungerà, portando una ventata di nuova energia e creatività. Da allora, il maestro Odorino si è distinto sempre più per l’inventiva e le doti di gusto, conquistando nel 2022 il premio Italian Pastry Awards 2022 come Miglior Offerta di Gelateria in Pasticceria e, nello stesso anno, entrando in Ampi con la Torta Meraki, un’esaltazione del cioccolato (grande passione del Maestro, insieme alla nocciola) con agrumi e sentori di pepe Sansho.

Innovazione e tecnica senza dimenticare la tradizione

L’energia e la creatività del maestro traspaiono quando ci parla dell’ultimo “nato”, allegramente battezzato Spumotto, un dolce che vuole essere un’esperienza, l’incontro tra classici intramontabili come lo zuccotto fiorentino, lo spumone napoletano (molto diffuso anche in Puglia e in Sicilia) e l’italianissimo gelato. «Ho voluto “rubare” allo zuccotto la calotta golosa di pan di Spagna, inserendola però in uno speciale stampo a forma di fiore - creato per l’occasione - il cui disegno viene ripreso dalla confezione e dal packaging del dolce».

«Dello spumone mi hanno ispirato gli strati, che promettono sinfonie di gusto. Inoltre, mentre lo zuccotto tradizionale ha un cuore di semifreddo, quello dello spumotto è di gelato - tecnico, naturalmente» ride. «Il dolce ha una minore carica di zucchero, la leggerezza data dall’aria che monta il gelato contribuisce a non appesantirne il gusto. Lo produciamo unicamente in una sola misura, uno Spumotto serve 6/7 persone e pesa 600-650 g». Una sperimentazione che ha richiesto un anno.

«Al momento lo Spumotto lo presentiamo in due versioni» spiega Be-

Benito Odorino (foto Carlo Fico per AMPI)

to al 70% su cui vengono poggiate delle amarene; segue uno strato di gelato alla crema profumato di vaniglia, montato per alleggerirlo, con mescolate gocce di cioccolato fondenti. Segue un altro strato di gelato al cioccolato e, per chiudere, un fondo croccante al fondente, cialdine crunchy e un pizzico di fior di sale. Una volta abbattuto, lo Spumotto viene capovolto e coperto di glassa anidra al cioccolato Ruby, che rende il taglio più morbido». La seconda versione? «Il pan di Spagna è al cacao, bagnato con sciroppo a basso tenore di zucchero. Il gelato è alla nocciola, su cui poggiamo sfoglie di cioccolato fondente al caffè; segue lo stesso gelato al cioccolato che abbiamo visto nella prima variante, che in questo caso viene montato - sempre per alleggerire - e poi nocciole intere pralinate. Ancora gelato alla nocciola e un fondo croccante al gianduia, per chiudere. Una volta abbattuto, verrà glassato con cioccolato al latte. Lo spumotto piace moltissimo, è da un solo mese in vetrina e ne vendiamo 120 pezzi a settimana. Per nostra scelta, la pasticceria Benito non è un bar o una gelateria, seguiamo orari rispettosi della vita personale, chiudiamo alle 19.30 e la domenica alle 14. Questo dolce è un’ottima soluzione: a me piace lavorare tecnicamente il gelato, è una materia preferita; con lo Spumotto, io mi diverto e il cliente porta a casa un dolce/gelato da tenere nel freezer: quando vorrà, sarà pronto al taglio dopo 5 minuti». cod 106550

La dolce filosofia di Giuseppe Cristofaro Buono per tutti

È una pietra miliare della Pasticceria & Cioccolateria Dolce

Voglia di Frattaminore (Na). Una produzione classica con guizzi di fantasia e un’attenzione al mondo delle intolleranze.

Punto di forza le farine di Mulino Caputo

di Gabriele Ancona

Èdifficile non fermarsi ed entrare in quella che è una boutique per palati fini a Frattaminore (Na). La seduzione parte dall’insegna, Pasticceria & Cioccolateria Dolce Voglia, e si completa con l’offerta del laboratorio. Qui da 19 anni si impegna Giuseppe Cristofaro, oggi trentenne.

«Sono cresciuto professionalmente - racconta - grazie agli in-

segnamenti di Raffaele Barbato, il titolare di Dolce Voglia, che mi ha condotto in un percorso di evoluzione costante nell’arte della pasticceria e cioccolateria. Dopo tanti anni il nostro è un rapporto di fratellanza». Una gratitudine che ogni giorno si esprime nella produzione di croissant, viennoiserie e sfogliati. «Un nostro punto di forza e la Millefoglie». Ma anche sul fronte cioccolato non si scherza: ganache, cioccolatini nudi e pralinati a base di frutta sec-

ca. E poi le torte, monumentali, classiche e moderne per rallegrare il palato tutti i giorni o per celebrare ogni ricorrenza. «Ci siamo specializzati anche in una produzione che tiene conto delle intolleranze - spiega Cristofaro - Un’apertura a questa fascia di consumo che dobbiamo all’incontro con Mulino Caputo, con cui collaboriamo anche in occasione di fiere, manifestazioni ed eventi. Per quanto riguarda il senza glutine utilizziamo tutta la linea di farine dedicata, per la produzione ordinaria abbiamo scelto due perle come la Oro e la Saccorosso».

rantisce un elevato assorbimento di liquidi e grassi e la rendono adatta a ricette molto ricche. La Saccorosso sposa impasti che richiedono tempi di riposo lunghi e lievitazioni prolungate.

Farine naturali con una marcia in più

«Le farine di Mulino Caputo - puntualizza Giuseppe Cristofaro - sono naturali, assicurano una marcia in più e valorizzano, davvero nel senso pieno del termine, la nostra produzione». Siamo a un livello standard che vale tra i 300 e i 400 chilogrammi di farina ogni mese. Poi ci sono i picchi. Dolci, torte, piccola pasticceria, cioccolato e in estate il gelato artigianale, anche senza glutine e lattosio. Non a caso il motto di Pasticceria & Cioccolateria Dolce Voglia è “buono per tutti”. cod 105652

Il cameriere del futuro?

Un venditore esperto e un professionista del servizio

È necessario mascherare l‘attività di vendita camuffandola come erogazione di servizio alla clientela, ma a furia di mimetizzare l’intenzione di vendere si è arrivati a parlare solo di servizio. Ma le tecniche di vendita sono le competenze più difficili da acquisire e gran parte del tempo nella formazione degli allievi dovrebbe andare in questa direzione

Nell'articolo precedente scrivevo sulla necessità di cambiare il paradigma per quanto riguarda la formazione del personale di sala. Questo cambio di paradigma nella formazione necessita di una nuova struttura del costrutto professionale delle nuove leve. Prima di iniziare a correggermi, oppure a contrastarmi e a contraddirmi, vi invito a prendere in considerazione il fatto che io sono un collega operativo sul campo, lavoro quotidianamente nella sala di un ristorante (gli orari li conoscete già), non sono seduto in ufficio a fare voli pindarici su ipotetiche teorie innovative e, soprattutto, non ho nessun potere decisionale per quanto riguarda la struttura della formazione futura degli allievi delle scuole alberghiere. Sto semplicemente cercando di esprimere una opinione con la buona intenzione di cambiare in positivo la situazione attuale

Mimetizzare le vendite, una nozione base per un cameriere

Arriviamo al dunque. Nel manuale “Tecniche avanzate di vendita nella ristorazione commerciale” (Dario Flaccovio Editore) una delle nozioni base, anzi la nozione più importante per quanto riguarda l'applicazione delle tecniche di vendita, è il fatto di dover mimetizzare le vendite

Cito testualmente: “La maggior parte dei clienti associano una tentata vendita alla sensazione sgradevole causata dalle chiamate di telemarketing o dai venditori porta a porta. Perciò è necessario mascherare l'attività di vendita camuffandola come erogazione di servizio alla clientela.

L'applicazione delle tecniche di ven dita non deve generare nel consumatore la percezione di essere trattato come un'opportunità di guadagno. La maestria in questo caso consiste nell'attuare la vendita appagando le esigenze e i desideri del cliente, ottimizzando in tal modo la sua esperienza d'acquisto.” (ndr pagine 70-71).

Non c'è solo il servizio

Si tratta di una nozione guidata dal buon senso. Il fatto è che a furia di mimetizzare l’intenzione di vendere siamo arrivati a finire di parlare solo

zio, fare formazione solo sul servizio, convincere il personale di sala che si deve occupare solo del servizio, dimenticandoci della mansione principale della brigata di sala e dell'obbiettivo primario dell’azienda di ristorazione: vendere. E ciò si riflette anche nei programmi formativi degli istituti alberghieri, programmi che necessitano di un cambiamento radicale per meglio adattarsi al contesto economico contemporaneo.

Un vecchio aforismo recita: “O porti una soluzione o sei parte

del problema”. Perciò, una volta evidenziato il problema, avevo proposto come soluzione (sempre nell’articolo precedente) la seguente struttura di competenze sulle quali incardinare la formazione delle nuove leve:

• le competenze principali - le core skills ossia la vendita e la comunicazione

• le competenze complementari - le hard skills, comprendono le conoscenze tecniche, enogastronomiche e merceologiche

• le competenze trasversali - le soft skills, implicano le capacità relazionali, di comunicazione, di negoziazione, di adattamento, la capacità di lavorare sotto pressione, così come la motivazione, l’empatia, la capacità di ascolto, la creatività o la proattività, ecc.

Non solo competenze tecniche, ma trasversali

Le competenze trasversali, che comprendono l'aspetto caratteriale e sociale, sono criteri di selezione più rilevanti delle competenze tecniche, in quanto quest’ultime si possono acquisire più facilmente ed in minor tempo. Con ciò non voglio assolutamente sminuire l'importanza della funzione servizio. Anzi, ribadisco che la capacità di vendere deve essere integrata con l’erogazione di un servizio di qualità perché il servizio può creare o distruggere l’attività di un’impresa ristorativa.

Numerosi sondaggi del settore mostrano che la qualità del servizio è spesso il fattore decisivo per la fidelizzazione della clientela Offrire ottimo cibo non basta più per rimanere competitivi sul mercato. Però dobbiamo essere obiettivi nell'affermare che siamo in piazza per vendere e che lavoriamo per incassare.

Ma vi invito di fare anche un altro ragionamento. E mi rivolgo a chi ha più esperienza fra di voi, a chi lavora da anni in sala e, soprattutto, un ragionamento che rivolgo ai maître, ai supervisori e ai restaurant manager. Fatevi un'analisi, una retrospettiva, e provate ad analizzare le esperienze passate. Fate mente locale su quali sono le competenze e le capacità più complicate da assorbire da parte del personale di sala Prendete come esempio una nuova leva senza esperienza e senza nessuna formazione. Ipoteticamente questa risorsa assorbirà le tecniche di servizio e le tecniche di mise

en place entro i primi giorni. Entro i primi mesi imparerà come prendere una comanda e, se non è proprio uno che dorme in piedi, entro pochi mesi sarà capace di coprire un rango (attenzione ho detto “coprire” e non “gestire”). Una volta imparate le basi, in seguito, diventerà pratico nel gestire in modo fluido il proprio rango e riuscirà persino a dare anche una mano ai colleghi (migliorando in tal modo le capacità di comunicazione). Solo quando avrà raggiunto questa capacità di gestire il proprio rango con un certo livello di professionalità, solo allora comincerà a spingere le referenze e a vendere in

modo intuitivo (oppure con qualche indicazione dal maître in servizio o dal restaurant manager).

Ciò mette in evidenza che le tecniche di vendita sono le competenze più difficili da acquisire e che il maggior tempo durante la formazione degli allievi dell'indirizzo “sala e bar” deve essere guidata in questa . Dunque, bisogna concentrarsi sulle tecniche di vendita e sulla comunicazione per la maggior parte del percorso formativo e in seguito formare le nuove leve sulle modalità di servizio e sulle soft skills.

Mi ripeto, non saltate subito alle conclusioni, non qualificate la soluzione da me proposta come una blasfemia, non sto cercando assolutamente di sottostimare l’immenso

lavoro fatto dagli istituti alberghieri finora. Sto soltanto esprimendo la mia opinione a riguardo, ribadendo che forse è arrivato il momento di cambiare in meglio la struttura formativa delle nuove leve

Il mio intento, però, non è solo quello di condividere ma soprattutto quello di confrontarmi sui suddetti ragionamenti, perché personalmente sono convinto che dalle discussioni scaturiscono le idee migliori. Perciò vi invito vivamente di scrivermi per qualsiasi opinione (soprattutto se divergente dalle mie), correzione o punto di vista attinente all’argomento tramite questo link https://360gradi-ristoconsulenza.it/ contatti/. cod 104498

Codici comportamentali

L'esperienza personalizzata che fidelizza i turisti

Per un'accoglienza “su misura”, personalizzata e premurosa, in nome di un'ospitalità turistica che aborra la definizione di “cliente”, è essenziale conoscere i Codici comportamentali degli ospiti che riceve, in particolar modo, degli stranieri: vanno tenuti in massimo conto i suoi usi e costumi, le sue più particolari consuetudini e credenze, rispettando finanche le superstizioni

hiunque ami la ristorazione non potrà che battersi per un'accoglienza "su misura", personaliz, in nome di un'ospitalità turistica che aborra la definizione di "cliente" che tanto avvicina ad altri, e molto diversi, esercizi commerciali che, appunto, niente hanno a che vedere con il ricevimento e l'accudimento dell'ospite di cui ci si prende cura, italiano o straniero che sia.

Oggi come oggi, grazie alla globalizzazione e al termine del periodo buio della pandemia, viaggiare è diventato

parte di una routine quotidiana propria di ogni persona nel mondo civilizzato moderno, e colui che gli operatori turistici ricevono, si attende un'ospitalità non più, come un tempo, espressione di Codici propri di una visione standardizzata e pigra, mediocre e banale, dell'accoglienza stessa.

Un operatore turistico che svolga professionalmente il proprio lavoro non può non domandarsi se conosce, effettivamente, e non solamente per sentito dire, i Codici comportamentali degli ospiti che riceve, in particolar modo, degli stranieri

Occorre che questo operatore turistico si chieda se ritiene di sentirsi in grado di coccolare il proprio ospite iniziando ad ospitarlo in considerazione della sua specifica provenienza, tenendo in massimo conto i suoi usi e costumi, le sue più particolari consuetudini e credenze, rispettando finanche le superstizioni dell'ospite stesso, cosa che può parere curiosa quanto, specie con ospiti

Senza conoscere i Codici comportamentali sarà impossibile soddisfare l'ospite

Se non si conoscono i Codici comportamentali del proprio ospite sarà impossibile soddisfarlo in ambito culinario tradendo e deludendo le sue specifiche esigenze e aspettative. Come si può dunque evitare che un ospite straniero citi malevolmente il nostro locale se non ci siamo ricordati con il nostro "modo di fare" di fargli percepire quanto per noi sia un piacere servirlo e conoscerne le tradizioni e gli usi? Se sei un operatore turistico nell'ambito della ristorazione e punti a lavorare bene e a far funzionare in modo eccellente il tuo servizio di accoglienza e, quindi, il tuo locale, per te si apre un nuovo capitolo nella storia dell'ospitalità.

Scegliere di effettuare una costante formazione tua e del tuo personale perché chi non si forma, si ferma, non eccelle, ma regredisce, e la concorrenza, inevitabil

www.codiceospite.it - info@codiceospite.it

Noi di Sala presenta

Davide Macaluso Principe di Piemonte a Viareggio

Un’informatico prestato all’accoglienza? Questo è Davide Macaluso. Sin dalle prime estati come bagnino presso la costa versiliese, si è subito innamorato di cosa vuol dire conoscere quotidianamente

persone diverse e farle stare bene. Folgorato da una cena presso una storica Osteria del suo paese, ha da subito iniziato presso un rinomato locale di Breuil Cervinia che oggi non c’è più.

quel momento si è innamorato del mondo enologico e di come la differenza tra un semplice pasto ed un’esperienza gastronomica sia legato all’arte del servi-

. Nel proprio percorso, Davide, è stato impegnato per molti anni nella catena Four Seasons con il caro amico Enrico Bartolini, dove ha avuto la possibilità di viaggiare il mondo, non solo fisicamente ma anche con gli ospiti che ha avuto il piacere di conoscere.

vide Macaluso: dall'informatica all'arte dell'accoglienza

a moltitudine di stimati amici e colleghi, grandi professionisti, sono giornalmente tema di confronto per migliorare sempre quello che cerca di trasmettere. L’esperienza accumulata nell’ambito hotellerie, trasforma ogni ospite con cui a che fare sin dalla colazione, in un caro amico che viene a soggiornare nella sua casa, il Principe di Piemonte di Viareggio (Lu), non solo parlando di gastronomia e/o enologia, ma affrontando a 360° di qualsiasi tematica, rendendo ancora più incredibili e interessanti le giornate in sala.

vide considera il servizio del Principe di Piemonte un mix tra l’informalità ed il calore di una grande osteria e l’eleganza aggiunta alla precisione di un servizio di una struttura 5 stelle lusso. Un esempio di accoglienza?

La mia rubrica telefonica è ricca di contatti di ospiti diventati amici, a volte nate dopo criticità operative. Quando lavoravo al Four Seasons di Firenze, un’ospite del sud America non era soddisfatta della tipologia di vini che avevamo. Nel cercare di accontentarla, raccolsi una ventina di brand differenti e le organizzai un tasting per soddisfare le sue richieste. Da quel momento siamo grandi amici» ricorda con nostalgia Davide Macaluso. cod 106536

La nuova tendenza della mixology per sensibilizzare i consumatori Cocktail climatici

Negli ultimi tempi è nata la mixology climatica, una tendenza che riflette i cambiamenti climatici nei cocktail, raccontando storie e lanciando messaggi importanti.

Oltre alla creatività nei nomi, sempre più locali organizzano serate con esperti ambientali per educare i clienti. Le tecniche di miscelazione rappresentano gli effetti del cambiamento climatico, come ghiaccio che si scioglie rilasciando nuovi sapori o cocktail che cambiano colore

Founder & ceo Giubilesi & Associati Chairman FCSI

estate è quel periodo magico dell'anno in cui il calore del sole ci avvolge e il desiderio di una bevanda rinfrescante diventa quasi un'esigenza quotidiana. Immaginatevi seduti all'ombra di un pergolato, il suono delle cicale in sottofondo, oppure il sussurro delle onde del mare… e il vostro cocktail ghiacciato tra le mani. Cosa altro possiamo volere per sfuggire dal caldo? È in questi momenti di ricerca di sollievo e relax, un tocco di meraviglia nei sapori e nei gusti al palato, aggiungono quel qualcosa in più che rendono la vacanza estiva il momento più desiderato dell’anno, almeno per me.

In questa logica ovviamente, nessuna vacanza estiva non può che ricordarsi con un tormentone musicale, un piatto più in voga e una bevanda memorabile È su questo ultimo “ingrediente” dalle ferie 2024 che vorrei soffermarmi e condividere con voi qualche pensiero al riguardo. In primis perché bisogna riconoscere alla cate goria dei bartender massima stima e rispetto per la loro creatività alla quale ci gustiamo con piacere creazioni meravigliose. E non posso che non dar loro un voto con lode an che per la loro sensibilità verso un al tro dei tormentoni che accompagna no le nostre vite, ma che ahimè, a tutti gli effetti sembra non andare dimenti cato a fine stagione. la sostenibilità che ormai, passatemi il termine, ci persegue da ogni dove: le case, le auto, il lavoro, le finanze, tutto deve essere o diventare soste nibile… ed il cocktail estivo pure!

In questo ordine di riflessioni, dun que, sta nascendo il fenomeno della

mixology climatica che si basa sull'idea di creare cocktail che riflettano e raccontino i cambiamenti climatici locali. I neonati drink non sono solo piacevoli al palato, ma incarnano una storia, un messaggio e spesso un allarme sulle trasformazioni ambientali in corso. I bartender lavorano a stretto contatto con climatologi, botanici e produttori locali per creare ricette che siano tanto gustose quanto significative.

Una caratteristica chiave di questa tendenza è l'utilizzo di ingredienti a rischio di estinzione o la cui produzione è minacciata dai cambiamenti climatici, ad esempio lo “Spritz Laguna” di Venezia che utilizza un liquore a base di alghe lagunari, evidenziando come l'innalzamento del livello del mare stia alterando l'ecosistema della laguna. Oppure “La nebbia della Val Padana” a Milano, un cocktail fumé che rappresenta visivamente l'aumento dello smog, utilizzando erbe aromatiche locali la cui coltivazione è sempre più difficile a causa dell'inquinamento. E ancora “Il Ghiacciaio

Scomparso delle Dolomiti”, bevanda che cambia colore mentre si scioglie, simboleggiando il ritiro dei ghiacciai alpini, con l'uso di genepì e altre erbe alpine a rischio estinzione.

Ma oltre la creatività linguistica nel battezzare i cocktail, alcolici e non, i locali all'avanguardia in questa tendenza non si limitano a creare drink, ma organizzano vere e proprie esperienze educative. Molti esercizi ospitano serate tematiche con la partecipazione di climatologi ed esperti ambientali che spiegano il significato che si cela dietro il cocktail. Queste collaborazioni non solo arricchiscono l'offerta del locale, ma creano anche un ponte tra il mondo scientifico e il pubblico generale. Insomma, oltre la bevanda, va servito un importante “messaggio nel bicchiere”.

Mixology e... cambiamento climatico

I bartender stanno sperimentando tecniche di miscelazione all'avanguardia per rappresentare visivamente gli effetti del cambiamento

climatico: ghiaccio aromatizzato che si scioglie rilasciando nuovi sapori simboleggiando il rilascio di sostanze intrappolate nei ghiacciai, utilizzo di fumo e nebbie commestibili per rappresentare l'aumento di fenomeni atmosferici estremi, cambi di colore ottenuti con estratti naturali sensibili al pH (grado di acidità) che mostrano l'acidificazione degli oceani.

Guardando avanti, gli esperti del settore prevedono che la mixology climatica non sarà solo una moda passeggera, ma evolverà in un approccio più ampio verso la sostenibilità nel mondo del bar, estendendo la tendenza anche ai cocktail analcolici e ai soft drink, ricordando che il settore del vino già da tempo cerca ad adeguarsi a queste nuove esigenze dei consumatori. La mixology climatica rappresenta un esempio innovativo di come il settore dell'ospitalità possa

contribuire alla sensibilizzazione su temi cruciali come il cambiamento climatico, offrendo un modello di business che unisce creatività, responsabilità ambientale ed esperienza del cliente in modo unico

Per i professionisti del settore essa rappresenta un'opportunità di differenziazione e di allineamento con i valori di una clientela sempre più informata e consapevole. Mentre sorseggiamo questi cocktail innovativi, non stiamo solo gustando un drink, ma stiamo partecipando a una conversazione vitale sul futuro del nostro pianeta.

L'evoluzione del bartending attraverso messaggi ambientali

Ad ogni modo, immergendosi in questa nuova era della mixology con i suoi cocktail concettuali e messaggi

non posso tuttavia fare a meno di provare un pizzico di nostalgia per i tempi più semplici. Sarà perché gli anni passano ed ho accumulato a sufficienza ricordi nostalgici di quando i bartender si chiamavano “semplicemente “baristi” e il loro compito principale era fare un buon caffè o versare un buon drink e scambiare 'era una certa bellezza in quella Un Mojito era solo un Mojito, non una lezione sulla defore. Un Martini non ti faceva sentire in colpa per l'impronta E poi tutto co-

a forse, proprio come invecchiando apprezziamo di più i sapori così il nostro settore sta maturando, assumendosi responsa. I nostri “baristi” sono diventati mixologist, narratori, e ora anche attivisti climatici. I prezzi sono saliti, certo, ma con essi anche la consapevolezza e, si spera, il nostro impatto positivo.

Forse la vera abilità del bartender del futuro sarà proprio questa: saper mixare non solo ingredienti, ma anche epoche e filosofie. Creare drink che possano contemporaneamente farci riflettere sul futuro del pianeta e farci sentire, almeno per un momento, come se fossimo tornati a quei tempi più semplici, quando la preoccupazione più grande al bar era decidere se “ordinare un altro giro”.

In fin dei conti, che si tratti di un elaborato cocktail climatico o di un classico margarita, l'essenza rimane la stessa: un buon drink, in buona compagnia, è sempre un motivo per brindare. Alla salute del pianeta e dei bei vecchi tempi! cod 106505 Per informazioni: www.giubilesiassociati.com

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