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Olio, produzione 2020 nella media In Italia 30mila tonnellate

di Fausto Borella

Fedele alla tradizione, che vuole in questo periodo il balletto delle stime di produzione olivicola, ci troviamo di fronte alla più classica delle annate di carica al nord e centro Italia e scarica delle olive al sud. In Lombardia e Veneto, ad esempio, se pur diano un contributo minimo alla

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produzione nazionale, quest’anno vedono innalzarsi le percentuali di oltre il 1.000%, mentre in Toscana e Umbria si riscontra un aumento della produttività del 30% e nel Lazio solo del 5%.

La regione regina per abbondanza di olive, la Puglia, quest’anno farà registrare una flessione del 50%. Stessa percentuale per la Calabria e solo il 18% in meno per la Sicilia. Quindi la produzione dell’olio extravergine italiano si aggirerà sulle 300mila tonnellate disponibili, litro più, litro meno. Essenziale ora

è far comprendere al consumatore che è un diritto e un dovere scegliere il vero olio italiano, di qualità, franto in Italia, proveniente da zone ben determinate, in cui meglio se sono specificate le varietà olivicole, visto che oramai, nell’indirizzario del germoplasma nazionale, siamo a oltre 600 cultivar.

Il nostro Paese ha bisogno si esportare almeno altre 300mila tonnellate di olio dall’estero, dal momento che il fabbisogno nazionale è cresciuto notevolmente negli ultimi anni. C’è un solo particolare; oltre ai soliti paesi del Mediterraneo, quali Spagna e Grecia, che hanno sempre fornito oli di bassa qualità, che venivano venduti alle industrie e multinazionali presenti in Italia, si è prepotentemente inserita una nuova realtà: la Tunisia.

Grazie a dazi azzerati regalati dalla Comunità europea e anche grazie al Governo italiano, che non ha mai pensato abbastanza al bene dei nostri contadini e olivicoltori, la Turchia è passata dalla produzione di 140mila tonnellate nel 2018 a quasi 380mila tonnellate, superando di gran lunga l’Italia.

L’Europa importa il 78% dell’olio tunisino sfuso e gli Usa invece richiedono quasi il 50% di olio confezionato. Di fronte a questi dati, quasi sconcertanti, sia per la qualità dubbia, sia per la bandiera italiana che La regione regina per abbondanza di olive, viene come sempre calpestata la Puglia, registra di fronte a interessi internazio- una flessione nali, sta al consumatore finale del 50%. scegliere e comprendere la vera Stessa qualità dell’olio italiano. I bravi percentuale e moderni produttori stanno in- per la Calabria vestendo in social e internet per e solo il 18% far conoscere attraverso foto, video e comunicazioni le nuove frangiture di olio e la nascita in meno per la Sicilia. Preoccupano le importazioni del nuovo nettare pronto per le dalla Tunisia tavole. Non è sciovinismo nazionale, ma una necessità, quella di far comprendere che l’Italia dalle Dolomiti all’Etna, ha la capacità sia per quantità, sia, soprattutto, per qualità, di avere una gamma di oli eccellenti, profumati ed esaltatori di tutti i piatti della cucina regionale italiane.

Non solo la ristorazione e l’hôtellerie, deve ricercare le nicchie degli oli regione per regione, anche la famiglia italiana merita di comprendere le diverse profumazioni, le intensità e persistenze che derivano da zona a zona e da cultivar a cultivar. Il sogno di tutti i produttori è quello di evitare di acquistare oli del Mediterraneo che non esaltano neanche una crosta di pane secca. �� cod 70300

OLIO

IN EMILIA ROMAGNA L’OLIO... È TRATTO A RIMINI LA MAGGIORE PRODUZIONE

di Fulvio Raimondi ca 330mila, in provincia di Ravenna hanno circa 140mila piante mentre in quella di Bologna se ne possono contare più o meno 50mila.

Sulle sponde del Rubicone, Questi numeri però, nel corso Caio Giulio Cesare pronun- dell’annata 2019-2020 hanno visto ciando la famosa frase “Alea una contrazione rispetto all’annata iacta est” che spesso viene tradotta precedente di circa il 50% seguendo con “Il dado è tratto”, ma che sarebbe quello che è stato il trend negativo più appropriato tradurre con “Il dado di tutto il nord Italia, dovuto prevaè stato lanciato”, dichiara la sua deci- lentemente alle cattive condizioni sione irreversibile climatiche nel corinnescando così la Nella regione so del ciclo vegetaseconda guerra civi- in cui la storia tivo. Siamo infatti le. E la zona del Ru- italiana passati dalle 1.231 bicone è tra le più si è evidenziata tonnellate prodotte prolifere in fatto di per dichiarazioni nel 2018-2019 alle produzione di olio solenni circa 615 dell’ultievo. Infatti la storia e in cui il colore ma produzione. Le vede già i romani dominante stime dell’annata a come i più antichi è da sempre venire però sembreproduttori del fa- il rosso, si sta rebbero far registramoso oro verde e, facendo largo re un’inversione di come in altre zone il verde tendenza. del Paese, dopo l’e- di quel In questa repopea romana furo- meraviglioso gione sono presenno i monaci dell’alto succo che è l’olio ti poco più di una medioevo per poi extravergine ventina di diverse arrivare intorno al cultivar, ma ce ne 1800 in cui fu lo Stato Pontificio a sot- sono tre che sono le più diffuse. La tolineare l’importanza della coltura Nostrana di Brisighella, la Correggiolo dell’ulivo. Ed è la zona del riminese e la Ghiacciolo. La prima di queste tre quella a più alto grado di produttività. è per distacco la più diffusa. È un frut-

Considerando che attualmente tato medio intenso e regala sentori di l’olivicoltura conta su una superficie pomodori e mandorle. Ha quel tipo di circa 3.500 ettari di cui il 56% è pro- di personalità che è tipica della genprio in provincia di Rimini, il 30% cir- te di questi posti; ti accoglie, gli basta ca è in provincia di Forlì-Cesena men- un’occhiata e ti da quel soprannome tre il resto si divide tra le province di al quale non puoi che sorridere conRavenna e Bologna, possiamo capire tento e sicuro che su quello si potrà quanto la zona che si tuffa nell’Adria- basare una durevole amicizia. tico sia fondamentale per l’olio evo La Correggiolo, che è diffusa in emiliano-romagnolo. tutte le province romagnole ma con

Anche in fatto di numeri di piante una certa prevalenza in quella di Forsi nota una certa differenza: la pro- lì-Cesena si classifica anch’essa tra i vincia di Rimini ne ha circa 610mila, fruttati medio intensi, e si caratterizza quella di Forlì-Cesena ne conta cir- da un piccante un po’ più accentuato

rispetto alla Nostrana di Brisighella. Essendo meno nota, il suo carattere la vuole un po’ più intraprendente. E poi abbiamo la Ghiacciolo, diffusa nella zona di Faenza e limitrofi, caratterizzata da decisi sentori erbacei, di pomodoro e mandorle, ha un marcato sentore di amaro e piccante anche in bocca.

La Nostrana di Brisighella si accasa bene su carni rosse, ragù o zuppe di legumi, mentre la Correggiolo non disdegnerebbe di farsi sgocciolare su del pesce alla griglia o su delle zuppe di funghi. La Ghiacciolo, con il suo carattere sbarazzino, si sentirebbe ben considerata su cibi che si possono definire giovanili, quale può essere una piadina ben farcita o a margine di un saporito squacquerone accompagnato dall’immancabile gnocco fritto.

Ma tutta questa gioia di gusto e di sapori, oltre che a trovarsi su tutto il territorio emiliano-romagnolo, la si potrebbe apprezzare ancora di più se si fosse immersi in un paesaggio unico e caratteristico quanto misterioso come può essere la famosa Rocca di San Leo.

Situata nell’omonimo paese nella parte meridionale della provincia di Rimini, quasi ai confini con le Marche, è una fortezza rinascimentale che negli anni da sito militare si trasforma in carcere ed è resa famosa dalla figura dell’enigmatico Conte di Cagliostro.

In Emilia Romagna, quindi, oltre a divertirsi per la movida giovanile, oltre a rifarsi gli occhi con bellezze architettoniche che hanno attraversato i secoli e la storia che la contraddistingue, ci si soddisfa anche sedendosi a tavola per degustare l’olio evo locale, forse ancora poco conosciuto, ma dalle grandi potenzialità da divulgare. �� cod 70291

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