PREMIO IAT
Vincono Mariola, Pepe, Montersino, Trapanese, Santoro e Raspelli
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Vincono Mariola, Pepe, Montersino, Trapanese, Santoro e Raspelli
Cibo italiano e attenzione al turismo ai primi posti. Fra le molte scelte del Governo Meloni, quelle che riguardano il nostro mondo sembrano le più chiare e decise. Certo ci possono essere anche delle scivolate, come il liceo del made in Italy che vorrebbe promuovere il Paese rinunciando a un po’ di lingue straniere, ma è indubbio che la strada scelta è quella di recuperare il tempo perduto e puntare su un comparto che rappresenta quasi un quarto del Pil italiano. Oltre alle dichiarazioni di principio serviranno ora provvedimenti e riforme urgenti, ma va dato atto che formazione, contratti di lavoro, fiscalità e promozione sono finalmente ai primi posti nell’agenda del Governo e sono affidati a tre dei Ministri in assoluto più “vicini” alla premier (Lollobrigida, Urso e Santanchè). Come dire che su questi temi Giorgia Meloni si gioca una credibilità di non poco conto.
Magari ci sarà anche da aggiustare qualcosa tenendo conto degli orientamenti degli altri Paesi europei (pensiamo solo al nostro no agli insetti o alla carne sintetica), ma di sicuro la strategia è chiara e coinvolge tutto il mondo dell’enogastronomia e dell’accoglienza. Basti pensare alla massiccia presenza al Vinitaly di moltissimi esponenti del Governo, a partire dal Presidente del consiglio. Un record che fa il paio con l’importante successo riscontrato dai molti espositori che sembrano avere accantonato la crisi per la pandemia, ri-
aprendo nuove prospettive di crescita anche al nostro vino.
A ben guardare, l’ottimismo emerso a Vinitaly è un po’ una conferma di quanto avevamo potuto constatare nelle settimane precedenti durante il nostro sondaggio sul Personaggio dell’anno. Al di là di quanti hanno meritatamente vinto, abbiamo percepito ancora una volta il valore e l’entusiasmo che anima il mondo dell’Horeca e dell’enogastronomia. In tanti si riconoscono nei suoi protagonisti, più o meno noti, perché tutti sono interpreti di quello “stile di vita” italiano che torna ad essere ricercato dai turisti di tutto il mondo (salvo i russi che restano confinati a casa loro per le scellerate scelte dello zar Putin).
Una delle urgenze che restano sul tappeto, per ora senza una risposta adeguata, è quella della mancanza di personale per hotel, bar e ristoranti. Se non si attivano urgentemente meccanismi in grado di rendere “interessante” tornare a lavorare nel turismo (dagli stipendi ai turni di lavoro e la formazione), tutte le attuali tendenze positive rischiano però di essere vanificate. Già l’estate scorsa per un vero miracolo la stagione si è salvata. Ma quest’anno le prenotazioni sono ancora di più e gli addetti non sono cresciuti…
Formazione, contratti di lavoro, fiscalità e promozione sono finalmente ai primi posti nell’agenda del Governo, ma ora servono anche provvedimenti e riforme urgenti, in particolare per far fronte alla carenza di personale
MOLINI PIVETTI, IL PROGETTO FOODSERVICE A SOSTEGNO DEI PROFESSIONISTI
Un comparto da supportare su tre livelli: tecnico, di prodotto e di territorio. È stato creato un team di formazione con focus pizza, guidato da Vincenzo Iannucci e da Federico Perrone. In particolare il valore aggiunto per quanto riguarda la nuova gamma di farine Special è avere prodotti specifici per ogni tipologia di pizza
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Pane, burro e marmellata La
servita
Mariola, Pepe, Montersino, Trapanese, Santoro e Raspelli personaggi dell’anno
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Parliamo di un fatto recente avvenuto in Iran: centinaia di ragazze sono state avvelenate intenzionalmente nelle scuole con l’obiettivo di far desistere la loro ben che minima istruzione. Centinaia sono state le studentesse intossicate da gas irritanti e addirittura potenzialmente letali con l’intenzione di chiudere gli istituti femminili. È trapelato che dalla fine di novembre si sono avverati diversi casi di avvelenamento respiratorio su bambine di circa dieci anni, e più recentemente è toccato a 90 studentesse delle scuole superiori, finite addirittura in ospedale.
Il vice ministro della Salute, un politico moderato, non pienamente legato ai governativi provenienti dai “Guardiani della rivoluzione islamica”, ha dichiarato che l’avvelenamento è stato intenzionale, non un incidente, ma un’azione deliberata. Dopo questa dichiarazione la Polizia e il ministero dell’Istruzione si sono limitati a dire che stanno indagando per la ricerca della fonte dell’avvelenamento, e come prevedibile, non ci sono stati ancora né arresti né indagati ufficiali. Una vicenda odiosa e raccapricciante, per tutto il mondo “civile”, dove emerge che le
autorità locali e il regime islamico iraniano, vogliono quasi replicare l’azione dei talebani in Afghanistan, dove è stata preclusa la totale istruzione alle donne, considerate esseri inferiori e senza diritti. Non replico alla vicenda: si esprime già da sola per quella che è, frutto naturalmente di infinita ignoranza e bassezza morale di chi teme il confronto con la donna e le loro potenzialità intellettive.
Ai recenti “Campionati italiani di cucina - Fic” di Rimini, quando ho visto sul palco, per il loro insediamento, schierata l’intera squadra nazionale Lady
Chef - Fic, sinceramente mi sono emozionato. Sono molto orgoglioso della Federcuochi, che rappresento, ente che ha investito e creduto in loro, in quello che era stato il sogno della sua fondatrice del sodalizio, Bertilla Prevedel. Ora le nostre donne cuoche, sgomitando non poco e facendosi “sentire”, sono entrate a pieno titolo in un contesto lavorativo di un mondo che, sino a non pochi anni fa, era a loro precluso. Numerose sono le donne che oggi nel nostro indotto hanno raggiunto livelli di alta professionalità e altrettanti numerosi sono i ristoranti stellati di loro conduzione.
La donna oggi è pienamente lavoratrice e cittadina del mondo, non è più sottoposta alle facoltà dell’uomo come in passato anche nel nostro Paese: ora ha un peso importante nella società civile. Un evviva per tutte le nostre Lady Chef e un augurio che le vicende dell’Iran e dell’Afghanistan possano presto svanire e passare alla storia.
Le nuove generazioni devono essere una priorità. Euro-Toques si batte da tempo per favorire l’insegnamento dell’educazione alimentare nelle scuole. Formando i bambini alla conoscenza delle materie prime, delle filiere e alla prevenzione dello spreco si modellano delle generazioni consapevoli che, a loro volta, trasmetteranno questo pensiero positivo a quelle future. Una virtuosa filiera umana che contribuisce alla salute del pianeta. Ma ci sono altri giovani a cui prestare la massima attenzione.
Sono gli studenti degli istituti alberghieri. Anche loro rappresentano il futuro e incarnando i nostri valori possono rendere sempre più moderna e sostenibile la professione. Troppo spesso, però, capita che dopo il diploma si perdano e imbocchino altre strade, vanificando così gli anni di percorso formativo. Si sentono abbandonati dalla scuola e distanti dal mondo del lavoro. Sono in un lim-
bo, una terra di nessuno che li disorienta. È fondamentale quindi intervenire per intercettare questo enorme bacino di potenzialità ancora inespresse. Soprattutto alla luce della crisi di posti di lavoro che al momento sta delineando il nostro settore.
Sono passate poche settimane da quando a Nizza è stata organizzata una masterclass a cui hanno partecipato con entusiasmo 200 allievi delle scuole alberghiere di Francia. Una platea entusiasta e vibrante. Da un anno, infatti, Euro-Toques France ha istituito una sezione
Giovani e il bilancio è più che positivo. Una strada tracciata che dobbiamo percorrere anche noi. Sono maturi i tempi per pianificare questo progetto in collaborazione con il ministero dell’Agricoltura della Sovranità Alimentare e delle Foreste e con quello dell’Istruzione e del Merito.
Euro-Toques Italia Giovani dovrebbe accogliere gli allievi degli ultimi due anni di scuola alberghiera per prepararli e guidarli nel mondo del lavoro. Un affiancamento di formazione che li faccia sentire parte integrante di un gruppo con cui confrontarsi e da cui apprendere.
Un’appartenenza che diventi fonte di orgoglio e di motivazione.
Oggi si parla molto di pasticceria leggera che utilizzi ingredienti alternativi: in quest’ottica, è interessante considerare - per una fascia di clientela attiva e più attenta - l’uso di cereali come fiocchi d’avena e germe di grano, di farine integrali e di grano saraceno e frutta secca o disidratata. C’è una tendenza verso prodotti che soddisfano la voglia di qualcosa di dolce e, allo stesso tempo, danno energia a chi fa sport.
Sono ricchi di proteine, dove le proteine vengono da un utilizzo maggiore di albume invece che di tuorli, e da farine come la 0. No al saccarosio, sì a zuccheri alternativi come miele (millefiori, acacia o sulla), sciroppo d’acero o muscovado (zucchero di canna non raffinato), ottimo l’eritrolo. Si possono utilizzare frutta disidratata come datteri, mango, papaia, oppure secca come mandorle e anacardi, magari con fave di Tonka, insieme all’albume e a un cioccolato con un’alta percentuale di massa di cacao, intorno al 70-80%. Ottimo l’utilizzo di spezie.
Per creare qualcosa di sgranocchiabile, da godersi all’uscita della palestra, dopo una corsa o anche per merenda, si possono creare mix di grano saraceno con fioc-
chi d’avena, cocco rapè, unendo anche dei semi. Per andare incontro a chi soffre di intolleranze e ampliare il mercato, questi snack idealmente dovrebbero essere privi di glutine e lattosio. Per legarli si può pensare ad addensanti naturali vegetali come gel e pectine.
Da pensare un fresco dessert in monoporzione: una mousse di yogurt senza lattosio e albume montato con miele, abbinata a polpa di frutta naturale e servita con un crumble di frutta secca leggermente tostata, da aggiungere al momento. Questi snack naturali e golosi piaceranno molto a chi ha una vita fisicamente attiva, ma anche ai più attenti, cioè a chi vuole uno spezzafame dolce senza esagerare con le calorie. Il consiglio è di consultare sempre un nutrizionista per bilanciare bene le ricette.
Possibile che per diventare pasticcere o, peggio, per essere ritenuto un bravo professionista della pasticceria si debba necessariamente avere una medaglia al petto? Possibile che, negli ultimi anni, si assista a un proliferare di associazioni e concorsi in tutta Italia che premiano questo o quel dolce, questo o quel pasticcere senza avere esperienza sul “campo” e anni di lavoro alle spalle?
La proposta di Conpait è semplice allora: occorre regolamentare ogni genere di concorso aperto alla professione del pasticcere. Come? Decidiamo tutti insieme il modo migliore.
Non solo: serve più che mai coinvolgere le associazioni di categoria. Con loro, tutti insieme, confrontarci e decidere una linea comune. Ciò detto, senza fraintendimenti di sorta, dovrebbe essere attuato in tempi brevi. Il rischio concreto è che i giovani possano essere penalizzati, rispetto proprio ad alcune scelte che apparentemente servono al proprio ego personale, ma non professionale. A lungo termine, queste peculiarità, dettate dal lavoro quotidiano nei laboratori, fanno sì che il pasticcere cresca nel tempo e solidifichi esperienza. D’altronde basterebbe soffermarsi, per un attimo, sulle pagine social e sui
diversi siti web per capire che, nel nostro Paese, spopola la mania dei concorsi e più che altro dei riconoscimenti. Chiariamo bene un passaggio: i concorsi sono utilissimi, se ben fatti. I concorsi servono, eccome, per tastare le capacità dei singoli e a volte dei team in gara. Tant’è vero che, nelle tantissime giurie a cui partecipiamo, il nostro giudizio è sempre scevro da retro-pensieri. I concorsi sono anche belli e capaci di arricchire ulteriormente i partecipanti. Ecco perché, ancora di più, siamo convinti che vadano disciplinati e regolamentati a dovere.
Sediamoci a tavolino, tutti insieme: concordiamo le modalità necessarie e ripartiamo con concorsi unici e univoci in tutta Italia. Valorizziamo maggiormente le scuole di formazione, che sono presenti in Italia e offrono importanti azioni in tal senso. Solo in questo modo, cresceremo maggiormente tutti.
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Con la bella stagione che entra nel vivo, anche la pasticceria cambia di abito. L’attenzione e la produzione si spostano su preparazioni dal sapore fresco: semifreddi, gelati, dolci alla frutta. Elaborazioni poco caloriche. Inizia infatti per molti consumatori il periodo dell’attenzione a cosa si mangia, se non addirittura quello delle diete, funzionali alla successiva “prova costume”. Insomma, dai laboratori escono prodotti in linea con la stagione e le sue esigenze.
Bisogna anche prevedere che in molti iniziano a sostituire il pranzo con il gelato alla frutta: pochi zuccheri e abbondanza di vitamine. Questo periodo dell’anno per gli operatori professionali rappresenta un momento di svolta importante in quanto è necessario organizzare la produzione per rispondere con puntualità al nuovo corso dei consumi.
Non bisogna farsi trovare impreparati, perché dal punto di vista del “cassetto” le vendite del dolce classico sono in calo e vanno quindi bilanciate. Sul fronte dell’allestimento, la vetrina degli esercizi cambia di abito davvero, proponendo scenografie colorate ed esponendo per un terzo gelati al gusto frutta e per due terzi produzioni particolari di gelato mantecato. Vanno sempre i gusti arancia-cioccolato e pi-
stacchio-albicocca, per esempio. I variegati interpretano la parte più importante. Gusto e colore sono il denominatore comune.
La vetrina deve comunicare benessere e refrigerio, deve fungere da calamita per il palato. E una buona presentazione è sempre seducente, soprattutto nel nostro mondo. Di seduzione in seduzione, da tenere comunque sempre in considerazione è la gamma ogni stagione più articolata di cioccolati. Un ingrediente, questo, che in pasticceria-gelateria è un sempreverde, alimento passepartout impermeabile a mode e tendenze e trasversale rispetto alle generazioni. Non va poi sottovalutato il dietro le quinte. È importante ottimizzare la produzione con tempi di lavorazione cronometrici, se così si può dire. Con la bella stagione che avanza e il caldo che si fa sentire il laboratorio diventa un’area a dir poco impegnativa.
Con il 2022 il turismo è tornato a macinare numeri da record, soprattutto in un Paese come l’Italia che offre il prodotto più articolato e ricercato. Banca d’Italia ha appena certificato che il 2022 è stato l’anno del rilancio, ritrovando le masse di turisti internazionali cui eravamo abituati fino al 2019 con in più una maggiore fedeltà degli italiani, che durante la pandemia hanno riscoperto il loro Paese e intendono continuare a riscoprirlo di anno in anno.
Tutto bene? No, perché Governo e Parlamento continuano a considerare il turismo come un fenomeno marginale, da penalizzare anziché da premiare e incentivare. In passato chi lavorava nel turismo, soprattutto nel settore alberghiero, guadagnava non solo con lo stipendio, ma anche con le mance che permettevano spesso di raddoppiare, se non triplicare i guadagni.
Quel fenomeno è scomparso e Governo e Parlamento non hanno adeguato i contratti nel comparto, defiscalizzandoli affinché il turismo diventasse a tutti gli effetti un comparto dell’industria dell’ospitalità in grado di attirare personale qualificato e motivato. Non è vero, o vero in parte, che in Italia mancano collaboratori nel mondo del turismo. È vero che gli stipendi che il comparto è in grado di offrire sono inferiori a ciò che sarebbe necessario. Che gli italiani siano considerati dei grandi professionisti dell’industria dell’ospitalità, lo testimonia la pressante richiesta di personale italiano da parte di tutto il mondo. Siamo i più bravi ad
accogliere e a regalare esperienze uniche e indimenticabili a tavola come sul territorio, solo Governo, Parlamento e opinione pubblica ancora non lo hanno capito.
L’Italia è tra i primi cinque Paesi turistici del pianeta. Nei confronti di Spagna e Francia siamo decenni in ritardo nelle politiche per il turismo, nella mole degli investimenti, nel riconoscimento dell’importanza politica e sociale che il turismo si è conquistato per le sorti dell’Italia.
L’Italia è in testa per numero di siti Patrimonio dell’umanità Unesco, eppure non esiste una concreta politica nazionale di salvaguardia dei nostri beni culturali e naturali. Non esiste un’università dedicata alla formazione del management in tutti i comparti del turismo. Il 2023 per il turismo italiano è partito a razzo perché il mondo non vede l’ora di condividere il nostro stile di vita. Nello stesso tempo sono aumentati i problemi per l’arretratezza giuridica e politica del nostro settore. Affrontarli e risolverli significherebbe garantire alle nuove generazioni un futuro degno.
La prima impressione che l’ospite riceverà, entrando nella vostra azienda, sarà quella che lo predisporrà più o meno favorevolmente al consumo e lo invoglierà a ritornare da voi nel tempo. La prima impressione, infatti, non si dimentica mai. Gli aspetti determinanti agli occhi dell’ospite, che lo indurranno a esprimere un giudizio positivo o negativo, potremmo riassumerli in due punti.
Per quanto riguarda l’aspetto generale che l’azienda potrà fornire, ecco ciò che può conquistare o, al contrario, colpire in modo negativo il cliente:
• la pulizia della toilette, dei pavimenti, dei vetri, dei mobili, del tendaggio e di tutto ciò che è sulla tavola;
• l’illuminazione, che non deve essere troppo soffusa o troppo forte o insufficiente;
• i rumori devono essere felpati, magari con un leggera musica soft di sottofondo;
• gli odori devono esser stimolanti e non troppo intrusivi;
• le decorazioni floreali, le piante i
quadri devono contribuire armoniosamente alla decorazione del locale;
• i portamenu devono essere sempre ben puliti;
• i buffet di antipasti, di verdure, di insalate o di altro devono essere invitanti e stimolanti per essere consumati.
Per quanto riguarda, invece, il personale, ecco ciò che l’ospite si aspetta:
• la pulizia del personale e un abbigliamento adeguato;
• la solerzia: è importante non perdere mai di vista l’ospite ed essere sempre pronti a esaudire nel possibile le sue richieste;
• il saluto: il cliente, al suo arrivo e al suo congedo, vuole essere accolto, considerato e ringraziato;
• la professionalità: in questo aspetto rientra, per esempio, l’essere sempre informati rispetto alle varie preparazioni presenti nelle menu;
• il sorriso, che non costa nulla, ma fa sentire bene chi lo riceverà.
Se si cureranno meticolosamente questi aspetti, potrete essere sicuri che il vostro ospite riceverà una buona impressione del vostro locale e ritornerà volentieri da voi.
Come detto e ripetuto già parecchie volte, sono convinto che l’unione faccia la forza e, visto per come è partito questo 2023, per la nostra associazione questa mia convinzione è ancora più concreta. Anche se siamo ancora abbastanza giovani, ricordo che siamo nati nel 2014, precisamente il 10 settembre, la nostra associazione si sta facendo notare per ciò che fa e per come lo fa.
Fin dalla mia elezione, avvenuta nel maggio 2020, ho cercato di trasmettere quattro sostantivi che dovrebbero diventare dei punti fermi, e diciamo che ci stiamo riuscendo: ovviamente non posso cantar vittoria, ma onestà, trasparenza, dedizione e rispetto sono diventati per noi un inno. E questo, le aziende che ci sostengono e che continuo a ringraziare, lo hanno avvertito e si sono e si stanno avvicinando a noi. E grazie a esse riusciamo a fare delle belle cose.
Il 2023 è partito alla grande: abbiamo organizzato e stiamo organizzando vari concorsi e non solo. Siamo partiti con il concorso regionale della Sezione Toscana e, grazie all’impegno del vice presidente Silvano Evangelista, insieme alla coordinatrice e tutto il gruppo di lavoro, i soci hanno potuto presentare le loro creazioni, lavorando sul banco bar che vide protagonista, per quasi 30 anni, colui che diede i natali al famoso cocktail Negroni: Fosco Scarselli. Anche in Sicilia, in questi giorni, i soci saliranno in pedana per decretare il
loro campione che parteciperà alla finale nazionale. A breve le sezioni del Lazio, dell’Umbria e delle Marche si uniranno per il loro concorso, seguite dalla Sezione Sardegna e dalla Sezione Abruzzo/Molise.
Anche le Sezioni Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria si sono unite per programmare il loro concorso Interregionale. E anche le altre sezioni si stanno organizzando per effettuare il loro concorso al più presto.
Come ogni anno, per ogni concorso regionale, verrà incoronato il campione regionale che parteciperà alla finale nazionale, di cui possiamo già comunicare il luogo e la data. A Roma, all’Hotel Mercure Roma West, dal 7 novembre, per 3 giorni, il convegno prenderà forma.
I blasonati concorsi “Elba Drink” e “Skyway Cocktail Competition” sono stati confermati. Anche nelle fiere, da Nord a Sud, Abi Professional è presente. Non ultimo, insieme alle associazioni di Solidus siamo stati presenti alla fiera Fare Turismo di Roma, dove è stato illustrato un nuovo progetto che spiegherò a tempo debito.
Riparte da una chiave di sostenibilità TuttoFood 2023 www.tuttofood.it - a Fieramilano dall’8 all’11 maggio 2023 - con la prima edizione in condizioni prepandemiche che lascia già presagire numeri di grande rilevanza, come gli oltre 2mila brand presenti a oggi, in rappresentanza di almeno 40 Paesi: non solo una piattaforma inter-
nazionale di incontro tra domanda e offerta, ma anche un momento di formazione, condivisione e riflessione grazie a contenuti di qualità, che si esprimono in un ricco palinsesto di eventi e autorevoli partnership.
Tra gli eventi si evidenzia in particolare il ritorno di Retail Plaza by TuttoFood, un format unico in cui le grandi insegne della distribuzione ita-
liana e mondiale interagiscono con le aziende e gli altri stakeholder in uno stretto dialogo difficilmente ottenibile in altri contesti. Confermata anche per quest’anno la collaborazione con il Retail Institute, che ha supportato Fiera Milano nell’individuazione dei temi più hot del momento, che verranno trattati anche dal punto di vista della sostenibilità: tra questi spicca-
no l’innovazione nelle catene di fornitura, le opportunità della trasformazione digitale - come il metaverso - o l’approccio Green Retail.
Ritornerà anche il Better Future Award, il riconoscimento promosso da TuttoFood, in collaborazione con le testate Gdoweek e MarkUp che premia l’innovazione sostenibile in campo agroalimentare, comprese le iniziative socio-ambientali etiche. Ad esempio, nel 2021 l’Award è andato, tra gli altri, a un progetto per la coltivazione sostenibile del teff in Etiopia, il cereale tradizionale locale, a un’iniziativa a sostegno dei coltivatori di cacao in Uganda e a un progetto di orti urbani, che riducono lo spreco promuovendo la prossimità al consumatore.
Realizzata in collaborazione con Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto, la Taste Arena sarà un luogo in cui incontrare i grandi protagonisti della cucina, ma anche l’inizio di un viaggio internazionale che mixa i sapori del mondo con la genuinità italiana alla ricerca di uno stile alimentare più consapevole, responsabile e sostenibile. Guide di questa esplorazione saranno gli ambasciatori Gianfranco Pascucci, patron di Pascucci al Porticciolo (Fiumicino); Giancarlo Perbellini, titolare di Casa Perbellini (Verona); Marco Sacco, titolare de Il Piccolo Lago (Verbania); Andrea Scarpati, patron di Sapori Restaurant (Leicester, Uk).
A sua volta, Evolution Plaza sarà il palcoscenico dove condividere le più recenti innovazioni delle tecnologie digitali riguardanti e-commerce, food delivery, app, tecnologie di supporto e blockchain. Su questi temi si
confronteranno esperti di tecnologia, nuove applicazioni, soluzioni di ultima generazione in campo agroalimentare. La Start
Up Area sarà invece una vetrina in cui le realtà più giovani e dinamiche presenteranno implementazioni di prodotti nuovi, oppure significativamente migliorati. Infine, l’Enoteca a cura dell’Unione Italiana Vini sarà un’area-evento dedicata al buon vino in cui sarà possibile partecipare a degustazioni, convegni e seminari per poter conoscere, riconoscere ed apprezzare al meglio la vite e la viticoltura con un approccio nuovo improntato al networking, nell’ambito del settore TuttoWine.
Sempre in tema di layout espositivo, rappresentanze particolarmente numerose giungeranno, nell’ordine, da Spagna, Paesi Bassi, Belgio, Ger-
mania, Grecia, Irlanda, Danimarca, Turchia e Usa. Numerosi anche i Paesi che porteranno per la prima volta i loro espositori, come Ecuador, Isole Faroe, Nuova Zelanda, Romania, Sri Lanka, Svezia, Svizzera, Taiwan e Ungheria. Tra i visitatori professionali sono attesi buyer altamente profilati da tutto il mondo, come le grandi catene internazionali della distribuzione.
Quest’anno la manifestazione punta ai numeri pre-Covid e, in particolare, a quattro mesi dal taglio del nastro sono già con lista d’attesa i settori TuttoGrocery, TuttoSeafood e TuttoFrozen con la partecipazione di tutti i grandi nomi del settore. Top player e forte presenza estera anche nei settori TuttoMeat e TuttoDairy. Affianca i grandi nomi anche un’importante presenza di consorzi italiani Dop e Igp e di collettive estere, che permetteranno un ancora più incisi-
Tuttofood 2023 presenta un nuovo percorso trasversale identificato da una specifica identità visiva e da una segnaletica dedicata, che aiuterà a scoprire prodotti green, plant-based, km zero,salutistici, rich-in e free-from
vo approccio collaborativo di filiera. I consorzi italiani includono, tra gli altri: Aceto Balsamico di Modena, Finocchiona, Formaggio Gorgonzola, Formaggio Montasio, Mozzarella di Bufala Campana, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Pasta di Gragnano, Pecorino Toscano, Prosciutto Toscano.
Sempre nel layout espositivo, la novità di quest’anno sarà il Green Trail: un percorso trasversale identificato da una specifica identità visiva e da
una segnaletica dedicata, che aiuterà a scoprire prodotti green, plantbased, km zero, ma anche salutistici, rich-in e free-from attraverso tutte le aree della manifestazione e negli stand di tutti gli espositori, nell’ottica di favorire il contrasto allo spreco facilitando scelte alimentari più salutari, sostenibili e responsabili. Tra i Paesi più attivi in manifestazione in questi segmenti si segnalano Estonia, Francia, Germania, Irlanda e Paesi Bassi.
Per Viviana De Santis di Nouvelle Terre, un’azienda del percorso che propone prodotti salutari e naturali in formati facili da utilizzare, con il brand buononaturale: «Notiamo una richiesta sempre maggiore per un prodotto gourmet non soltanto buono, ma che soddisfi anche altri criteri come essere autentico, sostenibile - a livello di ingredienti e packaging - salutare e rapido da usare. Rispondiamo a quest’esigenza riformulando ricette classiche italiane, come pesto o lasagna, per soddisfare tutti questi criteri in un’unica soluzione. Ad esempio, la nostra lasagna vegetariana è pronta dopo pochi minuti al microonde. Stiamo per lanciare a livello internazionale un’intera linea di piatti tipici italiani in versione pronta e vegetariana, se non vegana. Con
buononaturale speriamo di arrivare sulle tavole delle famiglie di tutto il mondo, in particolare Nord America, Uk, Paesi del Golfo, Sud-Est ed Est asiatico a partire da Corea del Sud e Giappone».
Sostenibilità al centro anche per Sabino Leone, azienda olearia pugliese, come spiega Simone Sinesi, marketing e communication: «Nel settore dell’olio extravergine di alta qualità stiamo notando un progressivo ampliamento della platea dei consumatori. Ci stiamo sforzando, e con noi altri produttori, di diffondere la cultura dell’eccellenza. Siamo da sempre impegnati nella sostenibilità delle nostre colture e dell’intero ciclo di lavorazione. Riteniamo che, chi come noi vive e lavora la terra, abbia l’obbligo morale di preservarla. I nostri campi sono dotati di impianti di micro-irrigazione capillare che genera un risparmio di circa il 60% delle risorse idriche. I nostri mezzi agricoli sono interconnessi con l’azienda e alimentati da motori a basse emissioni di anidride carbonica».
Sul tema interviene anche Angela Neglia, direttore commer-
ciale di Callipo, la nota azienda di conserve: «Sul nostro comparto la tendenza salutistica ha avuto degli effetti importanti. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una progressiva crescita delle vendite del tonno all’olio extravergine biologico nell’ambito della crescita dei prodotti bio. Anche il tonno al naturale, con un aumento rispetto allo scorso anno, contribuisce a confermare il trend salutistico. Si assiste anche alla crescita del basso contenuto di sale e del poco olio che si stanno affermando sempre di più ed è proprio per questo che la nostra azienda sta lavorando sull’introduzione a breve di alcune referenze che seguono queste tendenze». E prosegue ancora Neglia: «Scegliendo la strada della qualità si opera sui segmenti di clientela più esigenti e attenti. La
Issa Pulire 2023 (www.issapulire.com), la fiera internazionale dedicata al comparto della pulizia professionale e della sanificazione, è in programma a Fiera Milano, a Rho, dal 9 all’11 maggio e si svolgerà in contemporanea con TuttoFood. La fiera, che rappresenta la piattaforma internazionale in cui domanda e offerta si incontrano, sarà anche un luogo di formazione, di condivisione e di riflessione, grazie a un ricco palinsesto di eventi.
La 26ª edizione di Issa Pulire accoglierà il Padiglione Disinfestando, una nuova area dedicata al settore della disinfestazione. Un padiglione che è il frutto di un accordo siglato tra Issa Pulire Network e Sinergitech, organizzatrice di eventi e corsi per il comparto del Pest Management e Pest Control.
«L’idea è quella di coinvolgere tutti i professionisti dell’igiene ambientale sia in aree interne sia esterne sotto lo stesso tetto, rappresentando più valore sia per gli espositori che per i visitatori» - ha dichiarato Toni D’Andrea, Ceo di Issa Pulire Network.
Durante la kermesse si svolgeranno due competizioni: la prima sarà il premio “Product of the Year Issa Pulire 2023”, giunto alla sua terza edizione, che culminerà con la premiazione il 9 maggio. La seconda competizione, che si terrà il 10 maggio, è l’Hackathon, una novità assoluta per la fiera e una delle prime competizioni di questo tipo dedicate al settore del cleaning. Per la prima edizione dell’Hackathon, organizzata in collaborazione con Fds, il problema a cui trovare risposta ruoterà intorno al tema smart facility: pulizia connessa al futuro. �� cod 95199
Issa
selezione e la lavorazione effettuate in Italia, particolarmente attente alla qualità, fanno la differenza rispetto a ciò che si produce in altri Paesi».
Secondo le rilevazioni di Eurispes riferiti all’Italia i vegani, nel 2022, sarebbero l’1,3% della popolazione, all’incirca 800mila persone: si tratta di un dato in calo rispetto al 2021 quando la percentuale era del 2,4% e del 2020 quando era del 2,2%. Proprio il 2020 è stato l’anno d’oro, con una popolazione tra vegani e vegetariani che era arrivata in totale al 9% della popolazione. Quasi 1 italiano su 10 quell’anno aveva detto addio alla carne. Per il 2022 invece gli italiani che si dichiarano vegetariani si fermano al 5,4% per un totale combinato del 6,9% della popolazione che ha scelto di non mangiare carne. Nel 2014, primo anno in cui è stata condotta l’indagine sul numero dei vegani in Italia, la percentuale si attestava attorno allo 0,6%. Le alternative vegetali ai prodotti animali giocano un ruolo sempre più centrale nella spesa, soprattutto in quella degli italiani: il 37,9% delle famiglie ha acquistato alimenti plant based, mentre sono aumentate del 47% le vendite delle bevande, del 44% quelle dei piatti pronti, del 35% quelle dei surgelati e del 34% quelle di salse e condimenti.
Stando a Eurispes, ancora, sono soprattutto i giovani e giovani adulti a guidare la scelta di dire addio ai prodotti di origine animale. Se si prende in considerazione la fascia d’età tra i 18 e i 24 anni la percentuale di quanti vegani ci sono in Italia sale al 4,8% anche se la parte del leone la fanno i 25-34 enni con circa il 6,4% di vegani. All’altro estremo dello spettro invece le persone più anziane che faticano
ad abbandonare le vecchie abitudini alimentari. Per gli ultra 65enni infatti solo lo 0,2% della popolazione si dichiara vegana. Quando si considera invece il genere, a sorpresa e in controtendenza rispetto agli anni precedenti, sono più gli uomini a dichiararsi vegani rispetto alle donne, ben l’1,7% rispetto allo 0,9%.
Anche online su Expo Plaza, la piattaforma digitale interattiva che accoglie il catalogo di manifestazione, verrà a breve inserito il percorso Green Trail, sia come filtro di ricerca sia come anteprima cliccabile sulla home page della piattaforma, accanto ai settori merceologici verticali di TuttoFood. Cliccando sull’immagine e il logo Gre-
en Trail sarà possibile consultare l’elenco delle aziende che aderiscono al percorso. In parallelo, il percorso verrà comunicato anche attraverso gli altri canali online di TuttoFood, come le dem e sarà presto disponibile un approfondimento nella sezione “Settori” del sito.
Ancora in tema di sostenibilità, questa volta declinata in particolare nel contrasto e nella lotta allo spreco alimentare, la kermesse TuttoFood 2023 riproporrà l’iniziativa TuttoGood, in collaborazione con diverse Ong italiane, che negli anni ha permesso di recuperare tonnellate di alimenti ancora utilizzabili al termine delle giornate di manifestazione.
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Molini Pivetti da quasi 150 anni - è stato fondato nel 1875 - presidia un territorio importante per quanto riguarda la coltivazione e la lavorazione del grano. Siamo a Renazzo (Fe), a metà strada tra Modena, Ferrara e Bologna. La fertile Pianura Padana a sud del Po. Un’azienda di famiglia, giunta alla quinta generazione, che per etica generazionale vive la natura come primo anello della filiera produttiva e per questo ha sviluppato intensi ed efficaci programmi di sostenibilità. Un approccio che si basa su valori come l’origine garantita, l’etica ambientale e la salute, mettendo in relazione due realtà molto distanti e diverse, quella agricola e quella del consumatore sempre più esigente e attento. Tra questi due poli, lo snodo strategico è rappresentato dall’universo Horeca che trasforma in prodotti gastronomici le farine che nascono in Casa Pivetti. In quest’ottica diventa fondamentale il canale foodservice.
La nuova gamma di farine Special vuole quindi esaltare i valori dei pro
dotti territoriali. A partire dalla pizza Napoletana con la “Nafavola”, grano tenero Tipo 0, per proseguire con la pizza alla pala e in teglia con la “Maggica”, sempre Tipo 0, e chiudere il cerchio geografico con la pizza Emiliana, a cui è stata dedicata la farina Tipo 00 “Sorbole”; per dar vita a una pizza croccantina, molto amata in Emilia, ma ancora poco conosciuta a livello nazionale, che merita una referenza dedicata. Il valore aggiunto per quanto riguarda la nuova gamma è avere prodotti specifici per ogni tipologia di pizza. L’azienda lavora a questo progetto da un anno con un impegno notevole sul fronte ricerca e sviluppo. Fa parte della famiglia Special anche la novità “Incanto”, farina di Tipo 0 con germe di grano dedicata ai prefermenti sia liquidi sia solidi. Un prodotto importante che dona alla pizza intensi profumi e aromi di grano. Referenze specifiche con a monte il lavoro in sinergia tra l’ufficio ricerca e sviluppo e i tecnici pizzaioli.
«Per noi il canale Horeca è fondamentale e rappresenta un settore da presidiare e supportare su tre livelli
- spiega Tonia Sorrentino, responsabile Progetto Foodservice - Il nostro referente è l’operatore professionale che ha l’esigenza di sentire al suo fianco l’azienda per quanto riguarda la parte tecnica, il prodotto e il territorio. In merito al primo aspetto Molini Pivetti ha creato un team specializzato in grado di supportare il pizzaiolo, guidato da Vincenzo Iannucci per la pizza Napoletana e da Federico Perrone per quella in teglia e la Emiliana. Le loro agende sono piene di richieste di approfondimenti tecnici. Del resto, le farine sono
bianche in apparenza, ma diverse tra di loro e le differenze si colgono quando le si vanno a lavorare. I nostri tecnici sanno come farle esprimere al meglio e sono un porto sicuro per i professionisti. Il secondo aspetto riguarda il prodotto farina e in primis la sua qualità. Il know how di Molini Pivetti sui grani ha la bellezza di 148 anni e le nostre filiere sono monitorate sotto ogni aspetto. Utilizziamo anche grani coltivati da noi. Dal grano alla farina la qualità è il denominatore comune. Il terzo
aspetto che vede l’impegno di Progetto Foodservice riguarda la territorialità. Siamo un Paese di grande rilievo sul fronte food, forte delle mille peculiarità espresse dai territori»..
Sinergie che assorbono il principio cardine che vuole una filiera produttiva che si sviluppa nel pieno rispetto della natura e dei territori. «Un esempio concreto - sottolinea Gianluca Pivetti - è rappresentato dalla gamma di farine Gran Riserva che esalta gli aspetti che caratterizzano Campi Protetti Pivetti, il marchio certificato Csqa che riconosce una filiera tracciata e controllata in tutte le sue fasi, garantendo la totale italianità dei grani utilizzati per la produzione, dal campo alla macinazione. Una filiera legata al luogo di origine, dove la stretta collaborazione tra azienda e agricoltori ne è la colonna portante, mentre un rigido disciplinare è alla base del nostro impegno. Le farine Gran Riserva sono 100% emiliane e il risultato di un’attenta coltivazione solo di grani da territori selezionati
nelle province di Bologna, Modena e Ferrara, zone storicamente vocate alla coltivazione del grano tenero. Campi Protetti Pivetti dà voce al territorio e permette di collaborare con agricoltori che hanno a cuore il nostro sistema. Aderire significa accettare regole di miglioramento continuo della fase agronomica e produttiva. Per esempio, solo terreni con rotazioni colturali, fondamentali per garantire il non impoverimento».
Con le farine di filiera Molini Pivetti offre la garanzia di scegliere un ingrediente innovativo e tradizionale, perché prodotto dalla macinazione dei migliori grani italiani, di qualità superiore e dall’origine certificata. Ogni sacco è contraddistinto dal logo Campi Protetti Pivetti, un marchio che rappresenta una filiera produttiva legata al luogo di origine.
«Un tema altrettanto importante - puntualizza Gianluca Pivetti - è quello della sostenibilità. Abbiamo tracciato tutte le fasi del sistema di produzione, dalla coltivazione delle materie prime fino al consumo e allo smaltimento dei rifiuti. È emerso che la fase più delicata e che necessita innovazione all’interno della supply chain della farina è quella agricola. Di conseguenza abbiamo deciso di investire le nostre energie e risorse nel rinnovamento tecnologico di questo comparto.
Campi Protetti Pivetti è oggi un sistema digitalizzato. Dall’elaborazione dei dati di
La sostenibilità, un impegno concretoSilvia Pivetti Le farine Gran Riserva da grano emiliano
alcune colonnine meteo installate sul terreno, per fare un esempio, si possono calibrare i tipi di intervento più corretti per rigenerare la natura.
Frutto di questo orientamento, la linea da agricoltura sostenibile Gran Riserva, farine 100% emiliane certificate Csqa».
Tutte attenzioni che incontrano le esigenze del nuovo consumatore che dopo la pausa forzata della pandemia, che lo ha visto impastare pizza e pane chiuso in casa, è tornato con impeto a frequentare i pubblici esercizi. «In pizzeria - annota Tonia Sorrentino - si vive un’esperienza. E il cliente oggi ricerca un livello di qualità molto più elevato rispetto al periodo pre Covid, perché ha capito, dopo l’apprendistato domestico, che cosa significa preparare un panetto, attendere le ore di lievitazione e degustare la propria pizza. Questa consapevolezza e la crescente attenzione alle corrette filiere produttive, ai luoghi di origine dei grani e alla sostenibilità in senso lato hanno alzato l’asticella. Per Molini Pivetti solo la conferma di aver tracciato con largo anticipo una strada maestra».
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Molini Pivetti
�� 051 900003
�� www.molinipivetti.it
Con le novità prodotto 2023, SALOMON FoodWorld® si concentra sulla passione intramontabile per gli hamburger e su un’infinita possibilità di variazioni. Da semplice moda a vero e proprio classico, oggi, infatti, l’hamburger viene servito in quasi tutti i canali gastronomici.
A tutto ciò si accompagna anche una maggiore richiesta di qualità, artigianalità e varietà dell’offerta. Le esigenze del singolo sono sempre più varie e chiedono a gran voce di essere soddisfatte. Ciò richiede un alto grado di flessibilità da parte dei ristoratori, che hanno bisogno di un portafoglio prodotti versatile con il quale poter sempre soddisfare qualsiasi desiderio.
Allo stesso tempo, devono tenere presenti i fattori economici e gestire bene le tempistiche: occorre compensare gli alti costi operativi e la carenza di personale. Per raggiungere l’obiettivo servono prodotti di qualità e facili da gestire. La linea Homestyle torna, quindi, ad ampliarsi con le novità Homestyle Chik’n
Burger e Homestyle Quick & Easy Burger.
Dal connubio tra la semplicità di gestione e una qualità di alto livello nasce il nuovo Homestyle Quick & Easy Burger. Cotti a fuoco lento e saporiti di natura, i beef-burger in stile artigianale soddisfano le aspettative di alta qualità dei clienti e garantiscono l’assoluta sicurezza del prodotto.
Allo stesso tempo, la semplicità della preparazione nel forno combinato o nel Merrychef rende più facile e veloce il lavoro quotidiano in cucina. Il prodotto che mancava per chi preferisce farla semplice.
I nuovi patty per burger sono la risposta al moltiplicarsi dei desideri dei consumatori e delle esigenze del settore della ristorazione: varietà illimitata, fonti proteiche varie, alta qualità.
Homestyle
Quick & Easy Burger
La linea homestyle torna quindi ad ampliarsi, ad esempio con la novità Better Chik’n. Burger più pollo uguale amore all’ennesima potenza. Entrambi sono sempre in testa nelle classifiche dei consumatori. Negli ultimi tre anni le vendite di hamburger di pollo, ad esempio, sono aumentate del 30%. La carne più amata al mondo è presente nella cucina di quasi tutti i paesi e in tutte le culture ed è molto apprezzata anche dai più attenti all’alimentazione. Importante: la qualità deve essere quella giusta.
L’azienda
sicuro e di alto livello, che riduce al minimo lo sforzo di preparazione: basta friggerlo e il gioco è fatto.
amplia la linea
Homestyle con le novità
Homestyle
Chik’n Burger e Homestyle
Quick & Easy
Con le novità prodotto 2023 SALOMON FoodWorld® amplia il già ricchissimo segmento degli hamburger con ulteriori soluzioni di tendenza e su misura per ogni situazione gastronomica. Lo specialista del Foodservice pone particolare enfasi su fonti proteiche di origine varia, da quelle animali a quelle vegetali. Da scoprire anche tutte le altre novità:
Burger, due prodotti facili da gestire e che incontrano la crescente esigenza di flessibilità dei ristoratori
Con il nuovo Homestyle Chik’n Burger, SALOMON FoodWorld® lancia il primo convenience burger impanato a mano realizzato con petto di pollo intero. Supertenero dentro, con una croccante panatura homestyle fuori: la nuova versione soddisfa i desideri della clientela più esigente di una maggiore varietà nella selezione del pollame e nella lavorazione artigianale. Anche i ristoratori sono soddisfatti di un prodotto pronto,
Homestyle Duroc Burger, Mac’n’Cheese Burger, Homestyle Quick & Easy Burger, Umami Master e Red Oat Burger. Le competenze chiave di SALOMON FoodWorld® sono piacere e innovazione. Che si parli di snack da asporto, specialità da gustare a tavola o prodotti per ricette classiche, con la più estesa varietà di offerta a livello europeo SALOMON FoodWorld® si rivolge a tutti i ristoranti di qualunque canale. La concezione di cibo dell’azienda si fonda su tre colonne portanti: finger food, burger e wraps e schnitzel e more. �� cod 95145
L’azienda sta investendo sempre più nel settore della pizzeria, studiando e realizzando una linea dedicata che risponde a qualsiasi richiesta dei clienti. Uno dei prodotti di punta è la Spaccanapoli
Una storia millenaria e una tradizione tutta italiana conosciuta in ogni angolo del mondo: la pizza è davvero uno dei simboli più importanti del nostro Paese. E la sua è una favola che affonda le radici in tempi lontanissimi. Il Molino Braga sta investendo sempre più nel settore della pizzeria, studiando e realizzando una gamma di prodotti dedicata che risponde a qualsiasi richiesta dei clienti, e accrescendo la
prende il nome da un pezzo di storia di una delle più belle città d’Italia. È una farina di grano tenero ma “speciale”, ottenuta dalla macinazione dei migliori grani, macinati lentamente per non deteriorarne le caratteristiche. Dal chicco, durante la molitura, viene estratto il germe di grano, stabilizzato perché ricco di nutrienti e reinserito nella farina madre. Grazie al germe di grano, la pizza risulterà più digeribile, soffice e profumata.
de studio e ricerca. Non si tratta solo di scegliere materie prime di alta qualità da abbinare, bisogna puntare all’equilibrio anche tra le componenti nutrizionali come proteine, fibre, carboidrati.
L’ingrediente deve essere valorizzato attraverso le tecniche di cottura e deve esprimere le qualità dell’impasto. Altro prodotto che risponde a queste tematiche e su cui il Molino Braga sta puntando molto è il mix sti-
In un pacchetto di farina del Molino Cosma c’è la storia dei chicchi di grano che nascono, maturano e vengono lavorati nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente. Lo slogan “dal campo alla tavola” è l’impegno che da diversi anni la famiglia Cosma ha assunto nel rispetto della sostenibilità: una scelta etica per essere competitivi in un mercato che oggi chiede scelte coraggiose per consegnare un futuro migliore alle nuove generazioni.
Il grano raccolto nei campi della provincia di Rovigo è coltivato con tecniche agronomiche di difesa e produzione integrate e viene macinato seguendo le selezioni monovarietali e facendo attenzione a esaltarne il profumo: per questo viene macinato a bassa intensità, in modo da esaltare la qualità unica delle farine
ottenute. Per condizionare i grani Molino Cosma utilizza l’acqua della propria fonte con bassa durezza, e un rapporto equilibrato tra sodio e potassio. L’assorbimento dell’acqua durante la fase di condizionamento del grano e il successivo rilascio di umidità consentono di esaltare al massimo la fragranza delle farine ottenute dai grani monovarietali. Tutto questo lavoro svolto sia in campagna sia nella fase molitoria, consente di ottenere farine particolarmente adatte alla panificazione.
Molino Cosma, dalla macinazione di pregiate varietà di grano, ottiene farine di Tipo 1 e 2, 00 e Forte. La prima, leggermente ambrata e ricca
di fibra, dona ai panificati un aroma più intenso e valorizza l’aspetto salutistico e nutrizionale. La Tipo 2, invece, è una farina ricca di fibre vegetali, adatta per impasti diretti dal colorito scuro, perfetta per pizza e focaccia. La Tipo 00, con un equilibrato contenuto proteico, è particolarmente indicata per le preparazioni rapide, preferita dai pastry chef. Infine, la Farina Tipo Forte è ideale per impasti dolci e salati che hanno bisogno di una lunga lievitazione. �� cod 95624
Riso Vignola 1880 lancia la nuova gamma premium di risi “Origini - Capolavori di natura”: quattro risi dai colori naturali nati per ispirare infinite forme di bontà e bellezza e scoprire il piacere di creare in libertà ricette sempre nuove.
L’azienda, specializzata nella produzione e trasformazione di riso, farine, cereali, semi e legumi di qualità superiore, dedica un tributo speciale alle origini tutte italiane della tradizione risicola vercellese, presentando un capolavoro che esalta aromaticità, gusto e colore di ogni singolo chicco, per un’esperienza multisensoriale. Tutto nasce
di Verelé, la varietà di riso nero a chicco lungo intensamente aromatica, da cui prende vita una collezione dalle sfumature sorprendenti: Rosa Puro, Viola Intenso e Nero Assoluto. Più l’iconico riso Bianco Essenziale: un eccezionale Carnaroli Classico biologico.
Una collezione inedita e raffinata che ha tutte le caratteristiche per diventare fonte di ispirazione preziosa per tutti gli amanti della cucina d’autore. Rosa
Puro, ad esempio, è amatissimo dagli chef e dai professionisti della ristorazione per il suo effetto cromatico sorprendente, ma anche per le caratteristiche organolettiche e funzionali.
Tornare alle Origini, per Riso Vignola, significa attingere a piene mani da ciò che la natura ci offre, per elevarne la qualità e renderla protagonista, insieme al territorio e alle realtà agricole locali che coltivano i risi Origini. Anche per questo, in un’ottica di tracciabilità e totale trasparenza, su ogni confezione è indicato in modo esplicito il nome e la sede dell’azienda agricola da cui proviene il riso in essa contenuto. Origini - Capolavori di natura è disponibile nei formati da 500g e 1Kg, in un pack ideato per innovare i codici grafici e cromatici tipici della categoria, garantendo immediata riconoscibilità e un forte impatto visivo. �� cod 95003
Trevalli Cooperlat è una società cooperativa agroalimentare di secondo grado dinamica e moderna, che in sessant’anni ha costruito un modello imprenditoriale innovativo in grado di realizzare un rilevante disegno strategico, posizionandosi tra i primi gruppi lattierocaseari italiani.
Le 11 cooperative socie sono dislocate in 7 regioni e la sede principale è a Jesi (An) dove si producono latte liquido (fresco, tra cui l’Alta Qualità, Alta Qualità Qm, Esl, Uht), panna Uht (cucina, spray, montare), panna fresca ed Esl, besciamella, dessert, creme vegetali.
I formaggi freschi e stagionati e la ricotta provengono dagli altri stabilimenti della società (Amandola, Colli al Metauro). Il latte conferito dai soci viene raccolto giornalmente e trasformato negli stabilimenti per mantenere altissimi livelli di specializzazione e qualità in ogni singola categoria di prodotto. Quanto sopra rimarca la filosofia e la strategia di Trevalli Cooperlat non solo sul latte fresco, ma anche sui formaggi Dop, Stg e tipici e su tutti quei prodotti che traggono dalla localizzazione e dal legame al territorio quel valore aggiunto che li caratterizza.
Trevalli Cooperlat ha agito sin dagli esordi con lungimiranza in area industriale, affiancando alla trasforma-
zione del latte produzioni innovative come le creme vegetali per ogni utilizzo (da montare e per cucina) imponendosi come leader nazionale e raggiungendo i mercati internazionali con il marchio Hoplà. L’azienda è presente in diversi canali: Gdo, Discount, Normal Trade, Catering-Ingrosso ed Export (che fa oltre il 20% del fatturato).
Rilevante, per quantità e perizia tecnica, è la vasta produzione di bombole spray che vanno dalla panna (anche senza lattosio) alle ricette mix sino a quelle 100% vegetali. La Cooperlat ha negli anni acquisito e affinato un vastissimo know how che le permette di proporre al mercato nuovi prodotti che, opportunamente valorizzati da un marketing attento, garantiscono lo sviluppo e la crescita economica della società.
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Per informazioni:
www.trevalli.cooperlat.it
L’azienda, con alle spalle i valori cooperativi, persegue con attenzione e professionalità una cultura tesa a sviluppare nuovi concetti di prodotto, coniugando innovazione tecnologica e tradizionePad. 4P - stand D17 - E22 8 / 11 maggio 2023
AZIENDA VITIVINICOLA BAVA
IN ANTEPRIMA SERRE DI TUFFO
- Un Nebbiolo del Monferrato, proprio come quello che la famiglia Bava ha prodotto storicamente nelle vigne di Tuffo nell'Astigiano. Intervista a Francesca Bava, sesta generazione della storica famiglia.
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GRUPPO MEZZACORONA
SEMPRE PIÙ
LEADER NEL VINO
ITALIANO - Il gruppo si pre senta forte dei risultati ottenuti che lo proiettano a essere una delle più importanti aziende del settore vitivinicolo guidato dal presidente Luca Rigotti e dal direttore generale
Francesco Giovannini.
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Il percorso di “ripensamento” di Vinitaly era iniziato già durante la crisi pandemica, quando la cancellazione dell’edizione 2020 e poi della 2021 (quando Verona ha ospitato solo l’evento OperaWine) aveva costretto Veronafiere a una brusca accelerazione nella direzione della digitalizzazione e dell’internazionalizzazione delle relazioni. E dopo un 2022 che segnava di fatto la riapertura, la bellezza di rincontrarsi, archiviato con un risultato buono ma non buonissimo, non mancavano i profeti della debacle per il salone annuale del vino e dei distillati di Verona. La 55ª edizione di Vinitaly ha invece mostrato un colpo di reni. Una riscossa, si può
ben dirlo, per Veronafiere e per il sistema-vino dell’Italia nel suo complesso. Ci hanno puntato gettoni importanti non solo il sistema imprenditoriale veronese e veneto, ma anche l’Agenzia Ice e il Governo stesso, che non a caso (con quel po’ di sobria invadenza che caratterizza i politici di ogni colore) ha monopolizzato l’attenzione in fiera con il lungo passaggio della premier Giorgia Meloni e con le comparsate di un buon numero di ministri.
Una delle linee evolutive principali per Vinitaly è senza dubbio l’apertura internazionale. Se, infatti, fino al 2019 la fiera veronese aveva una caratterizzazione principalmente interna, oggi - pur rimanendo intatto il focus sul vino e sui distillati italiani - la progettualità del management è orientata all’attrazione di buyer e operatori da vari continenti.
Vinitaly 55 si è chiuso, infatti, con 93mila presenze complessive, di cui poco meno di 30mila straniere. La
PASQUA VINI
IL NUOVO PROGETTO ENOLOGICO FEAR NO DARKCreatività, ricerca, innovazione, heritage: questi i valori che marcano i codici stilistici di Fear No Dark, il nuovo progetto della famiglia dell'azienda veronese e ultima icona che ne personifica la visione. Intervi sta all' a.d. Riccardo Pasqua
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CONTI ZECCA
LE BELLEZZE
ED I PAESAGGI
DEL SALENTO - L'azienda pugliese, precisamente della zona del Salento, si è presentatata alla 55ª edizione del Vinitaly con grande entusiasmo. Intervista a Clemente Zecca, titolare della cantina. ▶�� cod 95622
LAMOLE DI LAMOLE
PRIMI ANCHE PER SOSTENIBILITÀ - La tenuta ha confermato il proprio impegno in materia di soste nibilità e si è presentata con uno stand carbon neutral, il primo nella storia della fiera nazionale del vino. Intervista ad Alessandro Marzotto, general manager. ▶�� cod 95541
CANTINA DI VENOSA
CARATO VENUSIO AFFINATO NEGLI ABISSI E TANSILLO ROSÈ - Il direttore commerciale Antonio Teora e l'enologo Donato Gentile hanno presentato il progetto Underwater
Wines con la perla della cantina affinata per sei mesi sott'acqua. Underwater Wines
è un progetto innovativo e un'importante novità che riguarda l’immersione subacquea del vino di punta di Cantina di Venosa, che è il Carato Venusio, su un fondale marino a Portofino (Ge) di circa 50 m sott’acqua dove le correnti marine l'hanno cullato per circa 6 mesi e, quindi, hanno creato una temperatura stabile marina intorno ai 13-14 gradi: un affinamento subacqueo, così definito. ▶�� cod 95647
PRESENTA MARNA 2022
- È l'ultimo tassello del progetto di valorizzazione dedicato allo Chardonnay, che diventa così la varietà simbolo dei vini bianchi prodotti dall'azienda. Intervista al presidente Oscar Lorandi.
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E BOTTIGLIE DEL
FUTURO - Ceci 1938 sarà il primo produttore al mondo a proporre per i propri vini un inedito contenitore concepito da Berlin Packaging. Così parte la rivoluzione sostenbile dell'azienda. Intervista all'enologo dell'azienda, Alessandro Ceci ▶�� cod 95536
I 50 ANNI DEL METODO
CLASSICO - Il traguardo del mezzo secolo e l'amore per il vino Rosè: Mattia Vezzola, enologo visionario e appassionato brinda al futuro che verrà e in questo momento di riflessione fa il punto su cosa conta veramente.
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CANTINA GIRLAN CANTINE CECI COSTARIPAQUANDO IL SUCCESSO SI BASA SU IDENTITÀ E QUALITÀ - 67 etichette Trentodoc, una per ogni casa spumantistica associata. «È un Vinitaly pieno di entusiasmo e di visitatori molto interessati e preparati - spiega Sabrina Schench, direttrice di Trentodoc - Il miglior contesto per spiegare e far assaggiare il nostro prodotto».
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FAZIO
PROMOZIONE
DELLE ECCELLENZE
SICILIANE - L'azienda ha affermato il valore dell’interazione tra vitigno e terroir, nel progredire nel tempo, vendemmia dopo vendemmia.
Intervista a Lilly Fazio, amministratore unico.
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CANTINE TINAZZI
I VINI ROSATI PLURIPREMIATI - La presenza in fiera ha ruotato intorno al focus del vino rosato: si è parlato della riscoperta di questo tipo di vino, adatto a un uso trasversale e destagionalizzato. Intervista a Elisabetta Di Benevello, marketing manager.
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crescita rispetto all’ultima edizione è stata quasi totalmente determinata dagli ingressi di buyer esteri (+20% circa) provenienti da 143 Paesi, che in questa edizione hanno rappresentato un terzo del totale degli operatori accreditati. Di questi, oltre mille top buyer selezionati e ospitati da Veronafiere e da Ice-Agenzia.
«Gli investimenti fatti in favore dell’incoming estero - conferma l’amministratore delegato di Veronafiere Maurizio Danesehanno dato un primo concreto risultato a un Vinitaly che vogliamo sempre più decisivo per il business degli espositori che per la manifestazione riservano risorse importanti. Un matching domanda-offerta che ha funzionato, come dimostrato anche dagli oltre 11mila appuntamenti pianificati tra espositori e buyer della piattaforma Vinitaly plus che si aggiungono a quelli fissati direttamente dalle aziende. Il nuovo
LAMBRUSCO DOC
LAMBRUSCO DOC CON 15
PRODUTTORI - Oltre ad assag giare le novità, gli operatori hanno potuto conoscere i produttori e approfondire il Lambrusco nelle sue sfumature e interpretazioni grazie a tre masterclass. Intervista a Claudio Biondi, presidente del consorzio.
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SERENA WINES
PRESENTA L'ORANGE DANDY
SPRITZ CON GINGERINO - Alla 55ª
edizione della fiera, Serena Wines ha presentato l'operazione di comarketing con Gingerino, l'analcolico a marchio Recoaro che ha fatto la storia dell'aperitivo italiano. Nella bevanda anche il The Dandy, il prosecco di Costaross. «Abbiamo fatto quest'operazione di co-marketing creando l'Orange Dandy Spritz insieme a Gingerino e al nostro prosecco del marchio Costaross, un marchio trendy e giovane. Speriamo di coinvolgere un nuovo trend per questa bevanda per crescere insieme a un'azienda importante» - ha raccontato l'amministratore delegato di Serena Wines, Luca Serena. ▶�� cod 95484
VAL D'OCA
PRODUTTORI VALDOBBIADENE-VAL D'OCA, SEMPRE PIÙ FORTE - Il gruppo era presente con due stand rinnovati nell’immagine, a testimonianza dell’importante percorso di rebranding e riposizionamento che la società cooperativa ha intrapreso. Intervista ad Alessandro Vella, direttore generale.
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ARNALDO CAPRAI
PROFUMI E SAPORI DEL SAGRANTINO IN QUATTRO
OPERE D'ARTE - Il mood positivo supera le difficoltà del periodo per Marco Caprai, ceo dell'azienda, che a Verona ha presentato le opere realizzate dall'artista Bernulia per celebrare uno dei vini distintivi della cantina.
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LA PRIMA VOLTA DI
BINDI A VERONA - Esperienza di successo per l'azienda che per la prima volta ha partecipato al Salone proponendo, in una grande lounge, degustazioni ed abbinamenti tra dessert e vini dolci. Intervista a Marco Paone, direttore vendite.
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TRADIZIONE - Il racconto di Ruggeri all'edizione di Vinitaly è partito dai prosecchi che meglio rappresentano l’azienda, l’attenzione all’ambiente e lo spirito pionieristico. Intervista a Isabella Bisol, membro della famiglia.
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NATI PER STARE INSIEME" ANCHE A
VINITALY - In fiera incontri ed eventi, dove è stato possibile scoprire i prodotti di qualità del territorio, dai vini Dop e Igp al formaggio Grana Padano DOP. Intervista a Giovanna Prandini, presidente di Ascovilo.
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SICILIA DOC
IL CONSORZIO VINI DOC SICILIA PROMUOVE LE ECCELLENZE - Il
Consorzio Tutela Vini Doc Sicilia e Le Soste di Ulisse uniti per la promozione del patrimonio del “Continente Sicilia”: si è raccontato di questa intesa al Vinitaly nel corso dell’appun tamento Vino & Eccellenze siciliane. «Il
Consorzio nasce nel 2012, dopo che era stata riconosciuta la Doc Sicilia nel 2011. Da allora ad oggi si è fatta tanta strada: sono 25mila gli ettari coinvolti dal Consorzio con una partecipazione di 8mila produttori - spiega Giuseppe Bursi, vicepresidente del Consorzio Tutela Vini Doc Sicilia. La produzione in bottiglia supera i 90 milioni». ▶�� cod 95537
TRAMIN
IL SUCCESSO FIRMATO CHARDONNAY E
TRAMINER - Le ultime annate 2021 hanno trovato pieno gradimento all'edizione 2023 della fiera di Verona. Un’attenzione che l’e nologo Willi Stuerz ha riscontrato molto positivamente anche per le annate del 2019. ▶�� cod 95511
È SEMPRE PIÙ BOOM DI DOMANDA
- Alla 55ª edizione della fiera, c'è stata l'occasione di fare il punto dell'annata corrente, che sembra essere partita con il piede giusto: «Parlando di Perrier-Jouët stiamo cercando di capire l'andamento 2023 per questo comparto, che, al momento, è partito molto bene» spiega Leo Damiani, direttore commerciale e marketing Italia
Champagne Perrier-Jouët.
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SCHULTHAUSER FESTEG-
GIA 40 ANNI - Grazie all’idea rivoluzionaria di Hans Terzer di creare un Pinot Bianco più strutturato e longevo, lo Schulthauser, che compie 40 anni, ha conquistato il mercato prima locale e poi internazionale.
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2022 - Livon è un’azienda che punta da sempre sulla qualità e che per questo è molto apprezzata all’estero, che rappresenta circa il 50% delle vendite in 50 Paesi nel mondo. Intervista a Matteo Livon, terza generazione in azienda.
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RAFFORZA LA SCELTA DELLE 4
TIPOLOGIE - Le novità a Vinitaly sono state tante per la Doc a cavallo tra la Lombardia ed il Veneto che ha sfiorato i 28 milioni di bottiglie nel 2022. Inter vista a Edoardo Peduto direttore del Consorzio.
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corso è iniziato ma non è certo terminato: Vinitaly sarà sempre vettore del Made in Italy, sia qui sia all’estero, se ragionerà in termini di sviluppo del settore e delle sue imprese. È quello che stiamo cercando di fare».
Ecco che, confrontandosi con aziende e Consorzi, il responso è pressoché unanime: performance migliore per Vinitaly che per Prowein. E proprio grazie alla presenza internazionale.
«Archiviamo un Vinitaly a pieno regime - ha rimarcato in chiusura il presidente di Veronafiere Federico Bricolo - Siamo soddisfatti per il riscontro che abbiamo riscosso dalle aziende e dai territori, che rappresentano la vera forza di questa manifestazione. L’obiettivo è quello di costruire con i partner istituzionali una piattaforma promozionale permanente e coordinata in grado di attrarre da un lato gli investimenti dell’inco-
- La sostenibilità come metodo produttivo, indicazione etica e opportunità per riposizionarsi sui mercati e rispondere a un consumatore sempre più esigente e attento all’ambiente. «Siamo l'unico consorzio italiano che ha 16 denominazioni tutte insieme, ab biamo 16 province e 519 associati: è un gran lavoro perché coniughiamo all'interno aziende che producono 5mila bottiglie a quelle che ne fanno 15 milioniha commentato Alberto Mazzoni, direttore dell'Istituto - Oggi senza aggregazione le aziende singole non hanno futuro».
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LA SICILIA DA DEGUSTARE - Rispetto del territorio e vinificazione individuale per ogni vigneto. Baglio del Cristo di Campobello produce 400mila bottiglie, assorbite dai mercati in un batter d’occhio. A Verona da sempre un punto fermo.
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DALLE NUOVE ANNATE ALLA TRANSIZIONE ECOLOGICA - Al Vinitaly c'è stato il bilancio su un 2022 di grande attività. Ora si punta sulla nuova cantina e sulla sostenibilità. Intervista a Romina Leopardi, responsabile marketing.
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L'UNICITÀ DEL TERRITORIO E DEI PROFUMI TIPICI - Sono state oltre 90 le cantine dell'Alto Adige presenti con il proprio stand alla fiera di Verona che per l’occasione hanno presentato le nuove annate dei loro vini oltre che le novità prodotte. «L'Italia è un mercato che consi dera molto i nostri vini - spiega Andreas Kofler, presidente del Consorzio Vini Alto Adige - Per il futuro stiamo lavorando sempre più in modo sostenibile. Le nostre aziende puntano già da decenni a una qualità estrema e proviamo a portare ogni singolo vino in alta gamma».
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BUGLISI FIRMA LE NUOVE ETICHETTE DEI MONOVARIETALI
BIO - Un restyling che vuole celebrare il legame sempre più stretto tra l’azienda e la città della Santuzza: le opere dello street artist palermitano diventano così le tappe di un viaggio evocativo. Intervista a Pierluigi Ventura, vicepresidente.
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CANTINA SETTECANI
IL LAMBRUSCO GRASPAROSSA DI CASTELVETRO DOP PREMIATO DAL
LA GUIDA DEL SALONE - Tra i prodotti di punta presentati, la linea Vini del Re premiata con 90 punti su 100 nella guida ufficiale della manifestazione. Intervista a Fabrizio Amorotti, direttore commerciale.
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VINI D’ABRUZZO
- Presentati i progetti futuri tra sostenibilità e nuove iniziative legate all'e noturismo. L'azienda ha illustrato anche “Fai Percorsi Slow 2023”, in collaborazione con il Fai Abruzzo e Molise e Slow Food Abruzzo. Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio ha tracciato un bilancio del salone: «Un bilancio sicuramente positivo. Noi siamo qui perché dobbiamo vendere il nostro prodotto, e bisogna dire che dopo il passaggio di pandemia, guerre e tutti questi eventi negativi, oggi si è tornati a registrare un buon numero di operatori europei ed extra europei. Il consorzio in totale affinità con l’assessorato ha sposato a pieno la causa della sostenibilità, tant’è che anche con i nuovi fondi Pnrr abbiamo presentato un progetto da 50 milioni focalizzato sull’agricoltura di precisione». ▶�� cod 95599
DUE NUOVI SINGLE
VINEYARD E UNA NEW ENTRY
NELLA LINEA INSOLITUS - Un Sylvaner e un Pinot Nero Riserva da due vigne posizionate a Novacella e Cornaiano (Bz), un originale Riesling nella linea Insolitus. Sono le tre novità dell'azienda. Intervista a Werner Waldboth, direttore vendite.
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ABBAZIA DI NOVACELLA CAFFO
I PRODOTTI
PREMIUM DI GRUPPO
CAFFO 1915 CONFERMANO
LA LEADERSHIP NEL COMPARTO
‘AMARI’ - Il gruppo ha presentato in fiera le sue ultime novità che, per il 2023, puntano a consolidare il ruolo di leader nel comparto amari. Intervista a Fabrizio Gulì, direttore marketing internazionale.
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FURORE BIANCO FIORDUVA MIGLIOR BIANCO DELLA FIERA - Nato dall'agricoltura estrema e dai terrazzamenti arditi della Costa d'Amalfi e accarezzato dalla brezza marittima il vino porta con sè il territorio che, come spiega il direttore generale Andrea Ferraioli, «si ritrova nel calice». Per capire i vini delle Cantine Marisa Cuomo bisogna conoscere la loro terra d'origine, il lavoro al sole del Mezzogiorno. «Siamo in Costa d’Amalfi, un territorio conosciuto in tutto il mondo, con i suoi gioielli: Amalfi, Positano, Ravello e Furore, sono 13 i Comuni in tutto. Un territorio talmente bello che è conosciuto in tutto il mondo, ma talmente difficile dal punto di vista agronomico che viene considerato un territorio estremo - aggiunge Ferraioli - Per chi è nato qui l’unico credo è lavorare, ma noi siamo abituati a questo». ▶�� cod 95635
LO STILE UNICO DEL PINOT
VINO VALORIZZA I SAPORI
Garda Doc, per la prima vol ta alla fiera con un proprio stand di 120 mq, ha presentato gli eventi “Garda Wine Stories” e “Garda Doc a Bordo”. Intervista a Paolo Fiorini, presidente del Consorzio. ▶�� cod 95518
LE BELLEZZE DEL LAGO - Il Consorzio
GRIGIO - Qualità, stile, unicità. Parole d’ordine che da molti anni rendono il Pinot grigio delle Venezie Doc una super star del panorama enologico italiano all’estero. Intervista a Albino Armani, presidente del Consorzio.
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CANTINA ALDENO
DELLA REGIONE DEL TRENTINO -
Walter Webber, direttore della Cantina Aldeno, esponente della qualità della zona settentrionale del Bel Paese, ha par tecipato con soddisfazione alla 55eª edizio ne del Vinitaly alla fiera di Verona, ha annunciato le novità e ha tracciato la via per il futuro dell'azienda in provincia di Trento. «L'obiettivo che ci siamo posti per il futuro della nostra azienda è quello di mantenere il livello qualitativo che stiamo portando oggi sul mercato ossia mettere in bottiglia solo progetti di qualità. Continueremo sicuramente con il biologico, perché c'è tanto interesse, e cercheremo anche di aumentare le vendite ma mantenendo il livello di quello che offriamo» - ha spiegato Webber. ▶�� cod 95636
STILE E QUALITÀ, LA RIVOLUZIONE ENOCUL-
TURALE - Giancarlo e Luciano Begnoni hanno scelto di ridare un’identità forte all’azienda puntando su etichette di grande qualità e sul mercato internazionale. Intervista a Luciano Begnoni, titolare di Santa Sofia. ▶�� cod 95540
AL VINITALY CON I MAESTRI
PASTICCERI DI AMPI- Asti Docg si è presentata tra le denominazioni più futuribili e spontaneamente trendy, con proposte che spaziano dalla mixology alle versioni “naturalmente” low alcol. Intervista a Lorenzo Bar bero, presidente del Consorzio. ▶�� cod 95565
COL VETORAZ
RECORD COL PLURIPREMIATO VALDOBBIADENE DOCG DI CARTIZZE - Tra brindisi superiori e abbinamenti preziosi, 93 punti dal 5StarWines e altri due trofei dal concorso IWC. Le bollicine Col Vetoraz ambasciatrici del legame con un territorio unico. Intervista a Loris Dall'Acqua, a.d. ▶�� cod 95488
ERSTE+NEUE
LO SPUMANTE PEAK NAT - Da uve Pinot Bianco in purezza, le bollicine entrano nella li nea Puntay: solo 6000 bottiglie. Nasce nei vigneti più elevati sulla costa della Mendola. Intervista a Thomas Scarizuola, enologo. ▶�� cod 95526
ming sull’Italia, dall’altro sul prodotto italiano all’estero con un radicamento di Veronafiere, dopo Brasile e Cina, negli Stati Uniti e nel Far East».
Ecco la svolta che quasi tutti i referenti dei Consorzi presenti a Verona si attendono. «Le fiere restano fondamentali per il vino» secondo il presidente del Consorzio Collio David Buzzinelli, che auspicherebbe però un’alternanza tra Verona e Parigi. Anche per Christian Marchesini, presidente del Consorzio Valpolicella: «Le fiere sono così tante che nei prossimi anni ci sarà una selezione, ma dopo un Vinitaly così importante credo che Verona rimarrà una tappa fondamentale».
QUALITÀ E
DEL VADOBBIADENE - L’azienda agricola Drusian produce oggi circa 1,6 milioni di bottiglie l'anno e persegue come obiettivi la qualità garantita lungo l’intera filiera e la sostenibilità. Intervista a Francesco Drusian, titolare dell'azienda. ▶�� cod 95498
PER CONOSCERE AL MEGLIO UN TERRITORIO E DELIZIARE I LUGANA
LOVERS - Tradizione, innovazione, amore per il terreno e ricerca scientifica: sono le parole chiave di Tenuta Roveglia, che ha presentato le bottiglie della cantina, in particolare per il Lugana. Intervista a Babettli Azzone, proprietaria.
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Per Giorgio Savini, presidente del Consorzio Vini Piceni «Il sistema fiere continua a supportare il vino» e sulla stessa linea anche il presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino Fabrizio Bindocci riferisce di produttori soddisfatti: «Va detto che Veronafiere ha espresso un impegno importante per far arrivare buyer e operatori», dice. Anche per Francesco Cambria, presidente Etna Doc ed Emanuele Bizzi, presidente del Consorzio Trasimeno, la presenza di operatori specializzati è stato un plus importante. ��cod 95653
TENUTE MANNINO
CAMBIA L’IMMAGINE E PUNTA SEMPRE PIÙ SUL FATTORE "ETNA" - L’azienda si affaccia al 2023 con tante novità. Nuove strategie di marketing e comunicazione, con due capisaldi: il rinnovamento del logo e la creazione del sito web. Intervista a Giorgio Mannino, sesta generazione dell'azienda. ▶�� cod 95522
TENUTA ROVEGLIASolo mille le bottiglie prodotte dalla famiglia Armani della Riserva 2016 di Clé Trento Doc dosaggio zero che porta con sé tutta la complessità della lunga sosta sui lieviti e dove Chardonnay e Pinot nero si fondono con eleganza in una fiera bollicina di montagna
Curiosità e voglia di mettersi in gioco. Sono i dictat che da oltre 400 anni spingono la famiglia Armani a non fermarsi, ad andare oltre per scoprire frontiere sempre nuove dell’enologia, soprattutto quando applicata ai territori di montagna. Un tema, la viticoltura in quota e in contesti alpini, che a tutti gli effetti rappresenta il comune denominatore di tutta la produzione - unicamente triveneta - firmata Albino Armani 1607.
La nuova avventura presentata da Albino Armani al pubblico internazionale della 55ª edizione del Vinitaly, in programma dal 2 al 5 aprile a Verona, vede protagonista il Monte Baldo, il massiccio montuoso ancora veneto che apre le porte al Trentino e che da milioni di anni domina la Vallagarina, una terra che rappresenta l’anello di congiunzione tra culture e territori contigui ma molto diversi, pianura e montagna, casa di quelle varietà autoctone ancestrali come il Foja Tonda e la Nera dei Baisi che oggi possiamo ancora apprezzare grazie al grande lavoro di recupero che Armani iniziò alla fine degli anni ’80. Albino Armani è cresciuto proprio qui. In questi luoghi ha scoperto la sua vocazione viticola: «questa è la mia valle» - ama sottolineare. Con alle spalle secoli di storia, oggi l’azienda Albino Armani
parla di appartenenza e di una famiglia che ogni giorno mette in bottiglia le proprie scelte e la propria essenza, mossa dalla voglia di restituire nel bicchiere l’identità forte del suo territorio - quello alpino - e i risultati di una continua sperimentazione che porti a stili sempre più coerenti con la propria filosofia.
Ed ecco il Trento Doc Clé Riserva dosaggio zero 2016. «Da qualche anno io, mio figlio Federico e il nostro enologo Marco Campostrini conserviamo le bottiglie di Clé di precedenti annate - dice Albino Armani - Volevamo conoscere l’evoluzione di questo prodotto, a cui personalmente sono molto affe
36 mesi. Questa è l’origine della Riserva, il nostro Clé 2016 sostato sui lieviti per 60 mesi nato dalla nostra curiosità e voglia di metterci alla prova. Provando la 2014 e la 2015 risultava ormai chiaro come il lungo élevage aumentasse in maniera importante la già consolidata qualità di Clé».
Una bella annata quella del 2016, che ha saputo garantire alle uve da base spumante qui coltivate - dall’Altopiano di Brentonico fino ai declivi della valle, arrivando ad altitudini che sfiorano i 600 m slm, su terreni magri e basaltici ricchi di scheletro - le giuste condizioni per creare vini di grande personalità: spiccata acidità e croccantezza di profumi, infatti, caratterizzano Clé 2016, dove Chardonnay e Pinot nero si fondono in egual percentuale e sapiente equilibrio per creare una fiera bollicina di montagna, elegante e indimenticabile. Ma soprattutto, un’annata che ha saputo garantire un’elevata acidità dell’acino a favorire la buona evoluzione in vista della permanenza di 60 mesi sui lievi-
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La famiglia Livon inaugura il nuovo anno con investimenti rinnovati, nuove sfide e raccogliendo i frutti soddisfacenti del loro appassionato lavoro. Punto di
riferimento del panorama vitivinicolo friulano, l’azienda Livon è alle prese con dinamiche e stimolanti novità tra le quali spicca la qualifica dell’iconico Braide Alte 2020 tra i primi 4 migliori vini bianchi d’Italia, come risulta nella super classifica della nota rivista Gentleman Milano Finanza.
Tre espressioni chiave riassumono i lavori incessanti degli ultimi semestri: passaggio generazionale, maggiore sostenibilità in campo e nuovi investimenti nell’enoturismo.
Il giovane e intraprendente Matteo Livon, figlio di Valneo, prende le redini del futuro dell’azienda di famiglia. Con audacia e propositività punta a perseguire gli obiettivi delle generazioni precedenti tra cui spiccano quelli di una viticultura sempre più sostenibile per la natura e attenta ai consumatori più esigenti e agli investimenti per ampliare le realtà fuori dal Friuli (Borgo Salcetino in Toscana e ColSanto in Umbria).
Mentre in Umbria si inaugura un’altra bellissima sala degustazioni nello storico casale del ‘700, una realtà sospesa tra rustico ed eleganza, a Dolegnano (Ud), i lavori in corso vedono materializzarsi la nuova cantina dove sorgerà la nuova sede aziendale con uffici amministrativi e commerciali, un wine-shop e una sala degustazioni panoramica con vista sulla nuova barricaia.
L'azienda, con alle spalle una storia lunga oltre 50 anni, dal 2 al 5 aprile, ha partecipato a Vinitaly, raccontando i progetti futuri e quelli in corso e presentando i vini d’eccellenza che produce nelle tre distinte regioni. �� cod 95401
Prosegue il percorso di Santa Margherita - cantina nata nel 1935 dalla visione del Conte Gaetano Marzotto, che credeva in un’agricoltura moderna ed efficiente fatta di uomini, natura e tecnologia insiemeverso una viticoltura sempre più sostenibile: i Prosecco Superiore Docg Millesimati
Brut “52” ed Extra Brut “Rive di Refrontolo” si affacciano sul mercato con l’annata 2022 certificata biologica e contrassegnata con il marchio Mipaaf in retro etichetta.
Oltre settant'anni di expertise e storia, di sapienza enologica e tradizio-
ne di spumantizzazione, accompagnano questi preziosi vini, che guardano alle origini e alla viticoltura eroica che ha modellato il profilo delle ripide colline di Conegliano-Valdobbiadene (Tv), Patrimonio dell'Umanità Unesco dal 2019. Si completa così un percorso che ha visto protagonista la Tenuta di Refrontolo (Tv), avviata nel 2011 e situata in una delle 43 "Rive", le esclusive sotto-denominazioni che racchiudono il meglio della specificità del Prosecco Superiore. Un vigneto prezioso, raccolto attorno all'albero del Bagolaro, che fin dal primo giorno ha visto Santa Margherita impegnata in una conduzione sostenibile, proprio lì dove comporta più sforzi, più tempo, pratiche eroiche ed un attento impiego della tecnologia.
Oggi, la produzione di Santa Margherita nella Tenuta di Refrontolo è interamente biologica ed è qui che prendono vita i due Prosecco Superiore Millesimati Brut “52” ed Extra Brut “Rive di Refrontolo”. Il primo rende omaggio alle radici di Santa Margherita richiamando già nel nome l’anno della sua prima spumantizzazione delle uve Glera a Valdobbiadene. Un vino che interpreta la storia e l’avvenire del territorio di provenienza, dove la raccolta delle uve procede ogni anno con pratiche accurate, fondamentali per assicurare che i grappoli mantengano intatti il corpo, il profumo e la freschezza.
Il Prosecco Superiore Docg Extra Brut “Rive di Refrontolo” è prodotto da uve del vigneto selezione del Bagolaro, a Refrontolo, un anfiteatro naturale dove le viti raccolgono la luce del sole per trasformarla nelle note aromatiche di questo prezioso vino: fruttate, intense ed evocative.
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di Pinot nero e di spumanti ottenuti da quest'uva.
azienda agricola “La Piotta” si trova nel cuore dell’Oltrepò, a Montalto Pavese, in un’area particolarmente vocata alla produzione di vini e spumanti di pregio. Il territorio dell’Oltrepò Pavese conta una superficie di circa 12mila ettari vitati e appartiene amministrativamente alla provincia di Pavia, collocandosi esattamente al confine Sud della regione Lombardia. I suoli molto vari sono composti da: marne, calcari arenacei e gessi, così come sabbia e argilla. Tutte queste caratteristiche rendono l’Oltrepò Pavese un’area vocata alla produzione di Pinot nero (quasi 3.000 ettari vitati) e di spumanti ottenuti da questa nobile uva.
Il nome “Piotta” deriva molto probabilmente dagli insediamenti piemontesi del luogo (la zona era una provincia del Piemonte) iniziati già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, e significa “pietra”, di cui il suolo è ricco. “La Piotta” è stata fondata nel 1985 da Luigi Padroggi che ha voluto
seguire le orme della famiglia dedita da generazioni al mondo vitivinicolo. L’età media dei vigneti attualmente presenti è di circa 30 anni e ciò permette la produzione di vini bianchi dai profumi intensi e persistenti e di vini rossi corposi e ben strutturati.
A testimonianza dell’amore per le tradizioni e per il nostro territorio sono ancora esistenti e produttivi nove filari di Pinot grigio impiantati nel 1930. Nel corso degli anni sono arrivati ad avere una superficie aziendale di 15 ettari interamente vitati, con una produzione annua di circa 70.000 bottiglie e l’intero ciclo produttivo, dalla vite alla bottiglia, avviene in azienda ed è personalmente curato dalla famiglia, ormai da generazioni dedita alla coltivazione della vite e alla produzione del vino.
Nella linea degli spumanti, l’unico vitigno utilizzato è il nobile Pinot nero, perché pensano sia il più adatto per esprimere al meglio la tipicità del loro territorio. Bollicine di intensità, struttura e carattere. Le uve accuratamente selezionate vengono vendemmiate nell’ultima decade di agosto. Dopo molti anni di coltivazione a basso impatto ambientale, dal 2005 è arrivata ufficialmente la certificazione “da agricoltura biologica” per i vini e spumanti prodotti sotto il marchio “La Piotta”. Dal 2015 si è aggiunta anche la certificazione “vegan”. �� cod 95186
I suoli dell'Oltrepò Pavese sono composti da marne, calcari arenacei e gessi, sabbia e argilla. Tutte queste caratteristiche lo rendono un’area vocata alla produzione
Con la sua ricca palette di colori, dal rosa tenue al rosso intenso che vira verso il viola, i vini Lambrusco raccontano la cultura e le tradizioni del territorio di Modena e Reggio Emilia. Ideali per abbinamenti con la cucina regionale, con le loro differenti denominazioni - garanzia di qualità certificata per il consumatorepossono accompagnare anche piatti della cucina internazionale.
Declinazioni diverse che esprimono la vocazione vitivinicola di un territorio, quello che si estende tra le province di Modena e Reggio Emilia: sono le sfumature del Lambrusco, la bollicina che nelle sue diverse interpretazioni è sempre sinonimo di allegria e convivialità.
Lambrusco di Sorbara Doc, Modena Doc, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Doc, Lambrusco Salamino di Santa Croce Doc, Reggiano
Doc, Colli di Scandiano e di Canossa
Doc: ognuna delle sei denominazioni ha i suoi tratti distintivi e complementari, abbracciando territori differenti ma con caratteristiche peculiari, dalle
zone di pianura a quelle collinari, ciascuna con la propria tradizione enologica.
Con circa 10mila ettari e una produzione di circa 50 milioni di bottiglie all’anno, questo vino viene prodotto in diverse tipologie, dal frizzante (la versione più diffusa) allo spumante, dal Metodo Charmat al Metodo Classico e alla rifermentazione in bottiglia. Le differenze nel calice si esprimono in tonalità di colore che spaziano dal rosso intenso che vira verso il viola
interpretazioni rendono la bollicina emiliana particolarmente versatile.
I vini Lambrusco, freschi e piacevoli, si prestano infatti ad accompagnare un pasto dall’aperitivo al dessert, in abbinamento sia alla cucina tradizionale, come primi piatti e secondi a base di carne, che a sapori più internazionali.�� cod 95406 Attività realizzata con il contributo del Masaf, ai sensi del decreto direttoriale n. 553922 del 28 ottobre 2022.
La famiglia Santarelli, originaria di Amatrice (Ri), apre a Roma agli inizi del Novecento uno spaccio di vino e olio, moltiplicando presto i punti vendita. Dino Santarelli nel 1955 comincia a occuparsi dell’imbottigliamento dei vini laziali, esportati anche all’estero. Nel 1967 crea Casale del Giglio in provincia di Latina. La nostra degustazione inizia subito con il Bellone Anthium 2021: paglierino intenso al colore, Iodato, agrumato (bergamotto) susina gialla al naso, con un sorso pulito, elegante, sapido,
e un lungo finale di frutta bianca. Petit Manseng 2021 è un giallo paglierino brillante, profumo molto intenso, aro matico e speziato. Il Sauvignon 2021 è molto varietale con le tipiche note di ortica e peperone. Poi ancora frutto della passione, pesca bianca, accenni di erbe aromatiche e di mandorla fresca.
Ultimo bianco in degustazione: il Bellone Radix 2017. Naso potente in cui si susseguono spezie, zafferano, anice e pietra focaia.
Per i rossi, partiamo con il Cesanese Matidia 2020. Rosso rubino luminoso. Naso profondo, intense note di spezie, tabacco scuro, erbe, sottobosco e freschi accenni di eucalipto.
Tempranijo 2019: avvolgente ed etereo, con note di lampone, maraschino, cassis, amarena e sottobosco. Mater Matuta 2017: in bocca è pieno e caldo, con tocchi erbacei, frutta matura e tamarindo. Suggestivo. Madreselva 2017: elegante e balsamico, nitido e complesso,con sensazioni di arancia rossa, mirtillo, ciliegia e spezie dolci. A chiudere Aphrodisium 2020. Passito da vendemmia tardiva a base di uve Petit Manseng, Viognier, Grecoe Fiano. cod 95298
Dal 1981 la famiglia Canali-Femfert, galleristi tra Germania e Italia e proprietari della tenuta Casanuova
Götz, Mikis Theodorakis, Johannes Heisig e molti altri. Per celebrare la 40ª annata hanno indetto un concorso artistico internazionale, dando la possibilità anche ad artisti emergenti di vestire la vendemmia 2020. L’autorevole giuria del Premio Nittardi ha così individuato sei artisti e le loro opere sono andate a creare una incredibile collezione nella collezione. Gli artisti scelti sono: Chiara Mazzotti, Fausto Maria Franchi, Pengpeng Wang, Ulrike Seyboth, Olle Borg, Andreas Floudas-Zygouras. Inoltre la famiglia Canali-Femfert ha assegnato un “premio d’onore” a Roberto Maria Lino, cui è stato affidato il compito di vestire il formato Magnum.
L’intera produzione di Chianti Classico Casanuova di Nittardi “Vigna Doghessa” 2020 è stata suddivisa in circa 6mila casse, ciascuna con sei bottiglie. cod 95031
L’ edizione 2023 di Cibus Connecting Italy ha visto protagonista anche la Strada del Vino Valcalepio e dei Sapori della Bergamasca. L’associazione, che promuove il territorio e i prodotti enogastronomici della provincia di Bergamo, ha gestito le attività allo stand istituzionale di Regione Lombardia ed Ersaf - Ente regionale per i servizi all'agricoltura e alle foreste, dedicato a Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023.
La destinazione è stata promossa grazie al materiale informativo fornito da Visit Bergamo e East Lombardy, oltre alle degustazioni che hanno coinvolto i rappresentanti dei consorzi di tutela Dop Taleggio, Quartirolo e
L’associazione ha gestito le attività allo stand istituzionale di Regione
Salva con il referente Roberto Fulgosi, oltre allo Strachitunt rappresentato dal presidente Alvaro Ravasio. Hanno completato l’offerta i prodotti del caseificio Arrigoni Battista Spa di Pagazzano e l’azienda 3B Latte di Brignano Gera d’Adda, abbinati ai vini Valcalepio e Moscato di Scanzo. Tra gli espositori presenti a Cibus con stand e personale anche le aziende Zanetti, Berneri e Latteria Sociale di Branzi.
Lombardia ed ErsafEnte regionale per i servizi all'agricoltura e alle foreste, dedicato a Bergamo Brescia
Capitale della Cultura
La fiera ha riscontrato un buon successo, con 20mila operatori, tra i quali 1500 buyer esteri, che in due giorni hanno visitato le aziende alimentari italiane. Tra di
essi si contano 1.500 top buyer esteri, dei quali 250 sono stati portati a Parma dal programma di incoming di Agenzia Ice. Il successo di Cibus Connecting Italy 2023 è stato peraltro favorito anche dal nuovo contesto fieristico definito dall’accordo tra Cibus e Tuttofood, sottoscritto da Fiere di Parma e Fiera Milano.
«La Strada del Vino Valcalepio e dei Sapori della Bergamasca è attiva da sempre nella promozione del territorio e dei prodotti tipici - commenta il presidente Enrico Rota -. Il gioco di squadra ci ha permesso di rappresentare a Cibus la nostra provincia e le nostre aziende, grazie alla disponibilità di Regione Lombardia e di Ersaf. L’enogastronomia rappresenta un vero volano per l’economia locale e la Bergamasca è in grado di esprimere produzioni uniche caratterizzate dalla grande qualità».
�� cod 95620
ra il 1398 quando Ser Lapo Mazzei scriveva di barili di vino Chianti, quindi da 25 generazioni la famiglia dei marchesi Mazzei si occupa di vino in Toscana tanto da essere definiti i “padri del Chianti”. Oggi oltre la storica tenuta Castello di Fonterutoli e la Tenuta Belguardo nella Maremma, dal 2003 a Noto, in Sicilia, guidati dai fratelli Francesco e Filippo, possiedono 50 ettari di cui in 21 hanno impiantato Nero d’Avola, Syrah, Petit Verdot, Grillo e Catarratto, solamente ad alberello, il resto ulivi, agrumi e mandorle. Conduzione in biologico certificato dalla prossima vendemmia, massima sostenibilità e naturalità sia in campagna che in cantina dove sono gradite le visite e le degustazioni in uno dei bagli aziendali. Solamente 5 etichette, poche meritevolmente. I vigneti sono
esposti a sud a quote tra i 60 e i 130 metri di altezza, terreni ricchi di calcare e sassi dove arrivano le correnti provenienti dal mare. Degustiamo il top di Nero d’Avola Doppiozeta 2019 Noto Doc, un cru “sartoriale”, che proviene dalle tre migliori parcelle; in cantina fermenta in acciaio spontaneamente e senza controllo della temperatura, in tonneau per 16 mesi e nel dicembre 2021 in bottiglia senza filtrazione. Nel calice colore rubino, un olfatto di grande equilibrio e affabilità: frutta rossa, spezie, cioccolato, liquirizia, un poco di pietra focaia e tanto altro; in bocca l’armonia è la sua caratteristica, tannini di velluto sostenuti da una spalla acida che lo rinfresca, una corrispondenza con i profumi, speziato e balsamico, un retrogusto lunghissimo, giovane ma già maturo è destinato ad affrontare al meglio il tempo. Per gli abbinamenti potete sbizzarrirvi, ma prediligete di assaporarlo sprofondati in poltrona. cod 95290
Un metodo classico in terra piacentina 70% Pinot nero e 30% Chardonnay, sboccatura 10/22 prodotto da Cantine Romagnoli, 42 ettari tra i 190 e 230 metri d’altezza dove vengono coltivati Barbera, Bonarda, Ortrugo, Malvasia, Pinot nero, Chardonnay e Merlot. Uvaggio internazionale, ma la liqueur d’expédition nasconde un piccolo segreto: la presenza di 1/75 di Ortrugo per dare un carattere autoctono al tutto.
Delicato il colore che si presenta di un rosa scarico molto luminoso. Sottile il perlage che rivela una grande persistenza. Verticale con sentori di petali di rosa canina e fragoline di bosco. Avvolge il palato, buon equilibrio tra sapidità ed acidità finale.
L’azienda agricola fondata nel 1857 di proprietà del Podestà di Morfas so e divenuta azienda vitivinicola nel 1926 in seguito all’acquisizione da parte della famiglia Romagnoli. Negli anni ’70, grazie alla passione di Antonio Romagnoli per le bolli cine e alla collaborazione con l’e nologo Restani, iniziò, per primo, a produrre metodo classico nel territorio piacentino. L’arrivo dell’enologo Alessandro Perini segna la nascita della nuova Romagnoli: un significativo percorso di cambiamento con l’obiettivo di arrivare alla totale sostenibilità dell'azienda. Della linea il Pigro sono tre le versioni, oltre al rosè, l’extrabrut e il brut cuvée.
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L’amaro è, in Italia, una tradizione molto radicata e un rito conviviale storicamente legato al fine pasto.
Negli ultimi anni, però, hanno preso strada nuove tendenze che hanno ravvivato e rinforzato il mercato.
Senza snaturarsi, l’amaro
L’Italia, si sa, quando si parla di tradizioni enogastronomiche, non è seconda a nessuno, ma il panorama è ampio e frastagliato, fatto di abitudini che cambiano da regione a regione, spesso addirittura da un comune all’altro. Tra i riti che uniscono, però, l’intero Stivale c’è, senza dubbio, quello dell’amaro.
Un rito conviviale che da Nord a Sud, per tradizione, chiude il pasto. Un prodotto che, per sua natura, riesce a raccontare nel dettaglio un territorio. L’Italia, anche questo si sa, è molto legata alle sue tradizioni, ma non per questo disdegna nuove tendenze. Così i tradizionali amari stanno vivendo una nuova fase della loro storia, una crescita di vendite che corrisponde a un ampliamento del loro utilizzo. L’amaro non è più soltanto per il fine pasto, ma diventa protagonista dell’aperitivo e, in generale, della mixology. Un salto di qualità che incuriosisce e stimola le aziende produttrici e che sembra piacere particolarmente anche ai consumatori.
Andiamo con ordine, però, partendo dalle basi. Cos’è un amaro? L’amaro è una bevanda spiritosa dal gusto amaro di gradazione alcolica non inferiore a 15°. Se-
condo la normativa dell’Unione Europea, gli amari devono essere prodotti mediante aromatizzazione di alcol etilico di origine agricola con sostan-
ze aromatizzanti naturali e/o identiche a quelle naturali. La loro storia affonda le radici nell’An tica Grecia, dove era abitudine curare le malattie con infusi di alcool ed erbe, e ha attraversa to poi il mondo, perfezionan dosi grazie al lavoro degli alchimisti arabi e diffondendosi grazie ai Romani, che diedero massimo impulso alla macerazione. Fino al 1700 la storia degli amari resta, comunque, strettamente legata agli aspetti medici e soltanto nel 1737 nasce il primo amaro pensato esclusivamente per il piacere di chi lo consuma. Si tratta del Chartreuse Verte, realizzato dai monaci della certosa di Voiron, in Francia. È l’inizio del mercato degli amari come lo conosciamo oggi.
In Italia, in realtà, il mercato non esplode subito. Gli amari nel Belpaese sono una tradizione antica e, proprio per questo, sono legati alla produzione e al consumo casalingo. Ogni famiglia ha la sua ricetta e ogni territorio utilizza ingredienti diversi. Una varietà che rende l’Italia un unicum a livello mondiale nella produzione di amari. A metà del 1800, però, l’industrializzazione degli amari arriva anche in Italia e lo fa attraverso nomi che, ancora oggi, rappresentano l’eccellenza italiana nel comparto.
Nel 1845 Bernardino Branca deposita la ricetta del suo FernetBranca, ancora oggi segreta e mai modificata. Tre anni dopo, sempre a Milano, Ausano Ramazzotti, farmacista bolognese, serve per la prima
Underberg (www.underberg.com) è un amaro con alle spalle 175 anni di attività: nella ricetta non ci sono solo erbe autoctone, ma ne comprende altre provenienti da ben 43 Paesi. Tra le qualità anche la mancanza di zuccheri, la certificazione koscher, il fatto di essere ideale anche per i vegani e idoneo per favorire la digestione dei lieviti della birra. Molto interessante il formato “tascabile” da 2 cl. che permette di conservare inalterate le proprietà dell’amaro. Negli ultimi anni, inoltre, il bitter è sempre più usato in mixology per creare cocktail dal gusto unico. Underberg, inoltre, da quest’an no ha una nuova veste grafica, più moderna e impattante che esalta la naturalezza dovuta all’utilizzo delle erbe da tradizionale ricetta. Da non dimenticare, infine, per il brand lo storico concorso a premi Underberg Tops& More.
volta il suo amaro, l’Amaro Ramazzotti, la cui ricetta è addirittura del 1815.
Nel 1859, invece, Salvatore Averna di Caltanissetta riceve dai monaci dell’Abbazia di Santo Spirito, come segno di riconoscenza per le sue buone azioni, la ricetta segreta dell’elisir di erbe che i religiosi producevano. È la nascita dell’Amaro Averna. Nel 1885 Stanislao Cobianchi, bolognese come Ramazzotti, dopo un viaggio per il mondo crea un elisir, l’Elisir Lungavita, che decide poi di dedicare a Elena del Montenegro, in occasione del matrimonio con Vittorio Emanuele III di Savoia: nasce così l’Amaro Montenegro. Nel 1894 arriverà poi l’Amaro Lucano e nel 1915 il Vecchio Amaro del Capo di Caffo. Altri nomi iconici che, come i loro predecessori, dovranno però fare i conti con le due guerre mondiali e con una crisi complessiva dal quale gli amari usciranno soltanto negli anni ’70 con il nuovo e definitivo boom, grazie a un grande lavoro di marketing e di promozione.
Oggi il mercato degli amari in Italia è un mercato solido e in costante crescita. A contribuire al suo andamento positivo c’è, senza dubbio, la sua natura intrinseca. Secondo Nomisma, infatti, il consumatore è alla ricerca, tra le altre cose, di prodotti made in Italy e di prodotti che esprimano le caratteristiche di un determinato territorio. Due aspetti che fanno parte in maniera chiara dell’identikit degli amari. A spingere il mercato, poi, c’è quanto accennavamo in apertura, vale a dire un cambiamento di consumo sempre più marcato. O meglio, un ampliamento dei modi di consumo degli amari. Questo perché l’amaro non ha perso il suo legame con il fine pasto, anzi. Ancora oggi resta la conclusione preferita da molti italiani, non soltanto al ristorante, ma anche a casa. Sempre Nomisma con il suo Osservatorio
Jefferson Amaro Importante. Un Amaro Importante, come riporta l’etichetta, prodotto in modo autentico e rurale prestando molta attenzione alla provenienza della materia prima. La nostra Società Agricola Rurale Vecchio Magazzino Doganale coltiva e seleziona in Calabria le botaniche e gli agrumi. Sono il bergamotto, le arance amare e dolci, il rosmarino, l’eucalipto e l’origano che, unite ad altre erbe amaricanti, rendono naturale ed unico Jefferson. Il suo gusto mediterraneo, ma complesso, si lascia apprezzare sia a temperatura ambiente che fresco. Originale in miscelazione, nei grandi classici, come bitter o in supporto ai vermouth.
fotografa il cambiamento: il 35% degli italiani dice, infatti, di aver provato gli amari in modalità mixata a casa. Un cambiamento sicuramente spinto dalla pandemia, che, complice la chiusura di bar e ristoranti, ha fatto sì che il consumatore sperimentasse tra le mura di casa, ma che oggi, a pandemia passata, si riflette anche nelle abitudini di consumo del fuori casa, con risultati importanti per gli amari. Così, oltre a essere perfetto per il fine pasto, l’amaro è diventato anche un aperitivo o un dopocena, meglio se mixato.
«La nuova tendenza a realizzare cocktail a base di amari è un trend partito dagli Stati Uniti che si è diffuso in Italia già da diversi anni favorendo anche nuove occasioni di consumo: l’amaro non è più visto solo come un digestivo da
utilizzare dopo il pasto ma anche miscelato nella preparazione di drink - evidenzia Luigi De Michele, trade marketing manager di Lucano 1894 - Dal punto di vista aromatico gli amari sono degli ottimi alleati nella preparazione di un drink, grazie alla loro parte bitter e a quella dolce, che li rende equilibrati e molto flessibili nella miscelazione. Un trend che sta crescendo di anno in anno e che acquista sempre più valore, soprattutto nelle fiere o eventi internazionali di settore. Come i 50 world best bar, di cui noi siamo partner unici sia nella categoria degli amari che in quella dei Vermouth (con il brand Mancino Vermouth) a conferma di quanto gli amari siano sempre più importanti nella mixology».
Questa nuova tendenza viene confermata anche dalle aziende del comparto, come la già citata Distillerie Branca, che per prima ha “istituzionalizzato” l’amaro in Italia e che è poi sbarcata in tutto il mondo. «Nel corso degli anni il palato dei consumatori è gradualmente evoluto e maturato, passando da un gusto facile e dolce a un sapore sempre più amaro e impegnativo, segno che il trend che la mixology sta percorrendo progressivamente è quello di offrire proposte eterogenee e di grande qualità - spiega Nicola Olianas, Global Brand Ambassador Fratelli Branca Distillerie - Fratelli Branca Distillerie ha sempre prestato attenzione alle tendenze della miscelazione e alle abitudini di consumo: per questo, quando parliamo di FernetBranca oggi, non parliamo più solo di un Amaro inimitabile e di un’eccellenza made in Italy nel mondo, ma anche di un protagonista della cultura del cocktail. Un ingrediente complesso e affascinante che ha ispirato e continua a ispirare la comunità dei bartender, una sfida continua per i mixologist che vogliono esaltarne i sapori e la struttura. In qualche modo prodotti come il Fernet-Branca influenzano la cultura dei cocktail, dai classici intramontabili a quelli destinati per l’aperitivo che dall’Italia si stanno lentamente diffondendo in tutto il mondo».
La forza degli amari, l’abbiamo detto, è nella loro storia. Un prodotto tradizionale e, solitamente, molto legato al territorio e la cui ricetta, spesso, è rimasta invariata dal giorno della
nascita. Il mercato, però, impone anche di essere reattivi ai cambiamenti e trovare le proposte che più si avvicinino ai nuovi gusti dei consumatori senza però snaturare la storia del prodotto. Un equilibrio costante tra tradizione e innovazione a cui Gruppo Caffo, che produce il Vecchio Amaro del Capo, presta particolare attenzione. «Già da qualche anno, il mondo degli amari sta vivendo un interessante rilancio di cui ci sentiamo protagonisti», sottolinea Fabrizio Tacchi, Spirits & Amaro Ambassador dell’azienda.
Gruppo Caffo è considerato tra gli specialisti dell’amaro in Italia, anche grazie all’acquisizione di marchi famosi, storicamente importanti, come l’internazionale Petrus Boonekamp, il
padre di tutti gli amari creato in Olanda nel 1777; Ferro China Bisleri, il liquore amaro aperitivo di fama mondiale, a base di citrato di ferro e china, realizzato dal garibaldino Felice Bisleri nel 1881 e Elisir Borsci S. Marzano, nato nel 1840, il liquore in commercio più antico del Sud Italia. «Storia secolare e innovazione: un binomio che pochi marchi possono vantare e che vogliamo far diventare una strategia vincente. Il nostro obiettivo è rilanciare sul mercato marchi famosi con una storia vera, proposti in una chiave contemporanea adatta alle moderne esigenze di consumo e pensati per accompagnare i momenti di convivialità di tutti coloro che amano socializzare
Nato nel 1845, FernetBranca mantiene nel tempo la personalità e l’originalità con cui ha conquistato i 5 continenti.
La sua formula segreta, tramandata di padre in figlio, esempio di grande esperienza e passione per il “fare”, ha garantito nel tempo l’eccellente qualità di Fernet-Branca.
27 erbe, spezie e radici compongono il prodotto dal tipico colore bruno e provengono da quattro continenti: il Rabarbaro dalla Cina, la Genziana dalla Francia, la Galanga dall’India o dallo Sri Lanka, la Camomilla dall’Europa e dall’Argentina, solo per citarne alcune. Erbe, spezie e radici vengono elaborate in infusi alcolici, estratti o ancora decotti. Dopo un anno, quando la miscela, che ha riposato in botti di rovere, si evolve ed affina tutte le componenti aromatiche, il processo di produzione viene completato.
Questo lungo percorso conferisce a FernetBranca il suo sapore “inimitabile”.
e incontrarsi. In merito alle tendenze, Red Hot Edition, la versione di Amaro del Capo al peperoncino piccante calabrese, è sempre più richiesto come nuovo ingrediente di aperitivi alcolici piccanti. Con la sua naturale vocazione alla mixology è perfetto per semplici e squisiti cocktail. Altro prodotto da poco entrato nel mercato è Blood Bitter, l’aperitivo all’uso d’Hollanda creato dal grande liquorista Petrus Boonekamp e da noi riproposto, è ottenuto dall’infusione di circa trenta tra erbe e spezie naturali, selezionate, provenienti da tutto il mondo. Con Blood Bitter, abbiamo voluto far rivivere il sapore aromatico e suadente del primo bitter rosso che ha segnato la storia. Come dicevamo, il nuovo trend è il consumo di amaro oltre che nel classico fine pasto, nell’ora dell’aperitivo o per l’after dinner».
Detto della mixology c’è, però, anche un’altra tendenza che sta lentamente prendendo piede in tutto il mondo degli spirits e, per certi versi, anche del vino, di pari passo con le nuove richieste del mercato. Stiamo parlando di prodotti alcohol-free. La conferma arriva da Amaro Lucano. «Il secondo trend, oltre a quello legato alla mixology riguarda invece il mercato degli analcolici, ovvero la tendenza a realizzare dei distillati senza alcoldice De Michele - Anche il mondo degli amari si è adeguato. Lucano 1894, ad esempio, ha lanciato il primo amaro alcool free: Lucano Amaro Zero. Un prodotto unico, che conserva la storia e i sapori del celebre Amaro Lucano senza la sua componente alcolica».
contenere. E poi, la scelta più importante: con ghiaccio o senza? Non esiste una regola o un’opzione migliore di un’altra. La realtà è che, per quanto riguarda gli amari, a comandare è il gusto di chi lo consuma. Se si sceglie di aggiungere il ghiaccio, il consiglio è di non esagerare. Bastano pochi cubetti per gustare un amaro freddo senza annacquarne il sapore. Non c’è comunque solo il ghiaccio: è possibile aggiungere, per esempio, dei rametti di erbe aromatiche, possibilmente in linea con quelle contenute nell’amaro, ma anche la scorza d’arancio o di limone o altre guarnizioni naturali, in base al gusto.
Detto della loro lunga e compli cata storia, un’altra domanda a cui dare risposta è: ma come si bevono gli amari? Partiamo dal bicchiere. Quello che meglio si sposa con l’amaro è, senza dubbio, un tumbler basso, specie se si sceglie di berlo con ghiaccio. In generale, andrebbe comunque sempre scelto un bicchiere a forma cilindrica o tronco conica. Se poi l’amaro che si va a servire è ghiacciato oppure si sceglie di aggiungere del ghiaccio per accompagnarlo, sarebbe opportuno optare per un bicchiere a stelo, in modo da evitare che con il contatto diretto con la mano si scaldi. Una volta scelto il contenitore, è impor-
tante anche scegliere la quantità di amaro che si deve versare. La regola vorrebbe che si riempisse un terzo di quanto il bicchiere possa
Tutto parte dalle botaniche. Una volta selezionate, erbe, piante, radici e bacche vengono accuratamente pulite e fatte essiccare, per poi essere macinate, un po’ come facevano i farmacisti di un tempo con il loro mortaio. Braulio è un amaro invecchiato in botte con un profilo balsamico inconfondibile. Assaporandolo, si possono percepire tutti gli aromi e i sapori propri della natura del Parco Nazionale dello Stelvio, nel cuore delle Alpi Centrali. All’aspetto è marrone ambrato, con sfumature ramate. Al naso note di legno e radici, tra cui spicca la genziana, completate da sentori rinfrescanti di ginepro, erbe aromatiche e assenzio sul finale. Al palato il gusto è robusto e intenso di erbe e oli essenziali, seguito dalle classiche note di legno e radici, con una piacevole nota amara finale. Retrogusto corposo e persistente, con delicate note amare di radice di genziana e assenzio.
Danny Del Monaco: «Sono stato il primo a usare l’Amaro di Toscana al posto del bitter: quindici anni fa non era facile non usare nei cocktail il www.amarobraulio.com
bitter Campari o il bitter Martini. Poi c’è stato l’avvento dei grandi amari e oggi ne abbiamo quanti ne vogliamo. La diversità dei vari amari rende la miscelazione molto più variopinta e divertente, per chi la fa e per il palato. Nel mio locale ho 35 amari, dai classici a quelli della nuova generazione, meno dolci. Sono buonissimi anche da soli e con qualche aggiunta sono un ottimo aperitivo».
«Negli anni ’80 in Italia - prosegue - già si utilizzavano gli amari nei cocktail, ora sono una moda, tanto che le grandi multinazionali hanno acquisito piccole case storiche. Non si tratta di un trend, ma gli amari continueranno ad avere grande importanza nella miscelazione, così come accade con il gin. Le persone hanno cambiato il loro modo di bere e noi abbiamo cambiato il nostro modo di fare miscelazione».
Flavio Esposito: «Vedo che ormai il boom degli amari è una realtà, come quello che è stato per i vermouth qualche anno fa. Un trend valutato come tale ma che poi è rimasto come qualcosa di reale nella mixology. È qualcosa che appartiene a noi italiani da sempre. Gli amari si sono evoluti e grazie al loro grado zuccherino in aggiunta hanno donato un prodotto coadiuvante perfetto per la miscelazione».
«Troviamo amari con infusi naturali - prosegue - grado zuccherino ribassato, amaricante, aromatico, che aiutano ancora di più a dare qualità nella miscelazione, come sostituto del bitter, in un amaro tonic, in un Negroni fatto con l’amaro. Siamo di fronte al ritorno di un prodotto tradizionale ma con una nuova veste».
Beyonde, ricetta di Deborah Santoro
Ingredienti: 3 cl Amaro K1 Perollo, 2 cl Marendry Bitter, 2 cl Rum Bianco Botran, 1 cl Sciroppo fava di tonka, 2 cl di crema di latte in superficie Metodo di preparazione
Si prepara nello Shaker con ghiaccio, versare nello shaker tutti gli ingredienti tranne la crema di latte.
Tu vuó fà l’Americano, ricetta di Flavio Esposito
Ingredienti: 40 ml Amaro Panorama, 25 ml Vermut Sospeso “ricetta al caffè”, q.b. Soda Ghiacciata a piacere, Zest di limone e d’arancia
Metodo di preparazione
Versare tutti gli ingredienti in un bicchiere Old Fashioned colmo di ghiaccio, terminare con soda, mescolare e guarnire con zest di limone e d’arancia.
Elettrico, ricetta di Danny Del Monaco
Ingredienti: 3 cl Rabarbaro santoni, 2 cl fiori di sambuco, 3 Gocce di bitter al caffè, spicchi di lime fresco, top di chinotto Metodo di preparazione
Decorato con fiore elettrico per rendere la degustazione estremamente unica al palato.
Deborah Santoro: «Stiamo cercando di portare gli amari sempre più nella
miscelazione, qualcosa che prima non c’era e che è già accaduto con la grappa e con altri distillati. Si tratta di un prodotto con moltissime caratteristiche differenti, che può essere erbaceo, profumato, agrumato».
«È sicuramente interessanteprosegue - l’idea di trasformare un classico dopo pasto e farlo diventare un cocktail, unendo di volta in volta gli ingredienti giusti in base al tipo di amaro. Qualsiasi cosa se fatta bene e studiata può diventare interessante, sempre con l’obiettivo di far contenti i clienti: la monotonia non fa parte del mondo dei barman».
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Ognuno ha il suo gusto, il suo livello di amarezza e la sua gradazione alcolica, ognuno ha la sua storia, ognuno le sue radici e il suo territorio di provenienza, ognuno la sua modalità di servizio e il suo momento di consumo, ognuno con un desiderio diverso da soddisfare, ma tutti hanno un’unica casa: Gruppo Caffo 1915.
Sì, perché Gruppo Caffo 1915 è lo specialista degli amari con 5 top brand in 8 varianti di gusto, con prove-
nienze geografiche che coprono tutta l’Italia e circa mille anni di storia che si intrecciano tra loro, e con l’outsider olandese che rappresenta il padre di tutti gli amari.
Cominciamo dal Vecchio Amaro del Capo che con le sue 29 botaniche autoctone calabresi dona un intenso piacere che diventa piccante nella ver-
sione “Red Hot Edition” grazie all’aggiunta del peperoncino di Calabria. Serviti shot a - 20°C danno il meglio di sé in un’esperienza avvolgente, con un’immediatezza che solo prodotti ricchi e lavorati ad arte possono dare. Ma anche miscelati con toniche e sode rappresentano freschi aperitivi dalla forte personalità come il Capo Tonic o il nuovo Capo Arrabbiato Spritz.
La Riserva del Centenario, prodotta dall’azienda in quantità limitata e numerata per celebrare i suoi 100 anni di
storia, è un amaro di grande eleganza donata dall’infusione delle botaniche di Vecchio Amaro del Capo in pregiate acqueviti di vino invecchiate dai 30 ai 50 anni in botti di rovere di Slavonia. Un prodotto da meditazione.
Addentrandoci negli altri amari riscopriamo Petrus Boonekamp, nato in Olanda prima di tutti, nel 1777. Il liquorista omonimo, ispirato dalle spezie ed erbe provenienti da tutto il mondo grazie alla Compagnia Olandese delle Indie, diede origine a un prodotto che segnerà la storia. Petrus è l’amarissimo con un superlativo gusto bitter, il digestivo per eccellenza tanto da creare l’omonima categoria dei “Boonekamp”.
E se l’appetito non si fa ancora sentire subentra Ferro China Bisleri, il liquore di fama mondiale inventato da un altro visionario, questa volta italiano, nel 1881. Felice Bisleri era un garibaldino con una vita ricca di aneddoti il cui più importante fu aver creato il
primo liquore in assoluto con citrato di ferro e corteccia di china calissaya, dalle caratteristiche ben conosciute dai farmacisti, che Bisleri trasformò in un prodotto dalle proprietà digestive e aperitive capace di combattere la malaria, ottimo antipiretico, efficace per l’inappetenza, l’astenia, l’anemia. Noi lo beviamo liscio o come drink sapendo che le sue doti benefiche sono immutate.
Storia e storie, che corrono parallele. E così qualche decennio prima dell’invenzione di Bisleri, in Liguria nel 1858, nel Convento di S.Maria al Monte i reverendi Padri donarono al cuciniere del Re d’Italia una pergamena con i segreti del “Lissire Miracoloso Santa Maria”.
L’amaro vanta trenta ingredienti tra erbe, rizomi, fiori, radici e una lunga lavorazione per garantire l’estrazione di parti nobili delle piante ricche di proprietà curative. S.Maria al Monte è otti-
mo a fine pasto liscio o con ghiaccio e perfetto nel caffè.
Dalla Liguria alla Puglia, un perfetto gusto correttivo lo dona Elisir S.Marzano Borsci, un liquore aromatico a base di erbe e spezie lavorate artigianalmente, nato nel 1840. Oggi Borsci è un prodotto identitario di questa regione, conosciuto in tutta Italia per la sua versatilità. Oltre che con il caffè, si sposa anche con il gelato, con i dolci e con la frutta, ma è straordinario anche bevuto liscio. In occasione del suo 180° anniversario, Caffo ha creato Elisir Borsci S.Marzano Riserva, una edizione speciale che riscopre la ricetta storica del prodotto. Ottimo a fine pasto, da gustare a piccoli sorsi. �� cod 95672
Spesso si pensa solo al barista, ma in realtà esistono tanti altri mestieri interessanti e che possono aprire brillanti prospettive di carriera, come la figura che collega l’universo dei profumi a quello del caffè. Una tra le più innovative è proprio la figura legata al mondo dei sensi, ovvero quella del maestro sensoriale e profumiere
Professioni sempre più all’avanguardia, accompagnate da percorsi imprescindibili per chi vuole rimanere al passo con i tempi e rispondere alle esigenze dell’attuale mercato del lavoro. Torrefattori, q grader… sono tantissime le figure professionali richieste nel comparto caffeicolo, spesso si pensa banalmente solo al barista, in realtà esistono tantissimi altri mestieri interessanti e che possono aprire brillanti prospettive di carriera.
Una tra le più innovative è la figura legata al mondo dei sensi, ovvero quella del maestro sensoriale, profu-
miere. Sicuramente vi starete chiedendo cosa c’entra questa professione con il mondo del caffè. Lo abbiamo chiesto a Marco Bazzara, sensory project manager e academy director della Bazzara Academy, scuola di formazione dell’omonima torrefazione triestina, nonché ideatore del percorso professionalizzante “Sensory Perfumery Master”.
«Se pensiamo alla profumeria, l’arte della miscelazione degli oli e delle materie rare parte dall’Italia, successivamente è stata portata in Francia per essere sviluppata e inserita nei secoli in un contesto produtti-
vo più redditizio e di maggior impatto - spiega Marco Bazzara - Un’arte che ha certamente creato diversi professionisti del settore che non possono improvvisarsi tali, ecco perché occorre una formazione adeguata. Lo scopo della Ipa - Italian Perfumery Academy è quello di avvalorare l’estro dei maestri profumieri italiani in chiave moderna unendo così l’arte della profumeria a quella del sommellier».
Profumeria e caffè si connettono vicendevolmente? Come?
Caffè e profumi hanno in comune la parte legata all’olfatto, quindi dedicarsi a entrambi non può far altro che aiutare a migliorare le proprie percezioni, se pensiamo che più del 35% degli stimoli olfattivi permangono molto di più rispetto a quelli legati alla vista e all’udito.
Ma come si concepisce un profumo?
Parte tutto da un’idea, un concetto da esprimere, un ricordo da rievocare. Il mix di oli essenziali viene successivamente e prevede delle tecniche a livello di composizione per poter lavorare sulle diluizioni in base agli accordi profumati che di vorranno creare.
La Bazzara Academy apre le porte agli amanti del profumo con un programma formativo ad hoc, è corretto?
I corsi Ipa sono predisposti con una formula di camp, già consolidata nella nostra academy, soprattutto per i corsisti esteri e per coloro che per motivi di distanza non possono partecipare a quella che sarà la sessione locale, ma anche in una versione suddivisa in due weekend per agevolare i nostri connazionali. Tali percorsi trattano di creazione, formulazione, valutazione e produzione di fragranze e non solo, perché il programma è integrato con una parte legata al mondo dei flavour che in questo caso verranno trattati nell’ambito del food&beverage e, quindi, alla tecnica
di valutazione di un alimento e di una bevanda, dando così una prospettiva più completa e formando così un nuovo professionista esperto.
Cosa vuol dire essere un esperto di caffè e di profumi?
Per quanto riguarda la parte olfattiva, c’è un collegamento tra profumi e caffè. Ma la domanda potrebbe essere la seguente: perché un esperto di caffè dovrebbe studiare profumeria? La risposta è molto semplice: perché nella profumeria ci sono molte connessioni riguardanti innumerevoli mondi sensoriali. Le materie della profumeria vengono coltivate con dei processi di lavorazione simili ai vari campi, ma vengono anche trattate e processate e, una volta finite, possono venir valutate con le stesse tecniche utilizzate in ogni altro campo sensoriale. E se, infine, vogliamo pensare alla parte olfattiva, ne fa da padrone. Se il caffè rappresenta idealmente la casa nella quale vivo, la profumeria è l’atmosfera all’interno di quella casa.
Come colleghi le due cose?
Lego l’aspetto olfattivo per lo più, perché andando a valutare le singole materie prime possono percepirne l’essenza profumata e tutte le sue sfumature. Il che mi aiuta ad ampliare la gamma di nuance e note quando vado a effettuare una valutazione olfattiva dei caffè. In un certo senso vado ad ampliare il mio bagaglio di odori e espando la mia percezione; quindi direi che quello della profumeria è un percorso consigliato per tutti i coffee experts e non solo. Io stesso mi affido a precise tecniche legate al mondo della profumeria per poter valutare le proporzioni per ideare una www.bazzara.it/formazione/
Il Gruppo Lavazza ha comunicato i risultati di bilancio 2022 e la finalizzazione dell’acquisizione della società francese MaxiCoffee, attiva nel settore del caffè. Nel 2022 il Gruppo ha ottenuto ricavi pari a 2,7 miliardi di euro con una crescita del +17,6% rispetto al 2021. Il fatturato risulta in crescita sia nel canale Home sia nel canale Fuori Casa: in particolare nel canale Fuori Casa è l’effetto volume positivo (+26%) a portare la crescita maggiore sui ricavi. Continua la crescita del segmento Beans, che anche quest’anno emerge come il più dinamico sul mercato. Nel segmento dei Single Serve (capsule) il Gruppo prosegue il proprio piano di lancio delle capsule in alluminio.
L’utile netto è stato pari a 95 milioni di euro, rispetto ai 105 milioni di euro dello scorso esercizio. La posizione finanziaria netta a fine 2022 è pari a 136 milioni di euro, a conferma della solidità finanziaria del Gruppo. Il Gruppo Lavazza, inoltre, continua il proprio percorso di integrazione dei criteri Esg nel modello di business. In particolare, prosegue la “Roadmap del Packaging Sostenibile”, che ha l’obiettivo di rendere l’intero portfolio packaging riutilizzabile, riciclabile o compostabile entro il 2025.
In linea con gli anni precedenti, inoltre, il Gruppo Lavazza pubblicherà a giugno il nono Bilancio di Sostenibilità redatto su base volontaria.
�� cod 95545
Goppion Caffè propone un’edizione speciale di Espresso di Piantagione Csc: la miscela della storica torrefazione di Preganziol (Tv) sarà realizzata con il caffè proveniente dalla piantagione guatemalteca Doña Lucero, coltivazione nata dal progetto di collaborazione tra la Onlus romana Amka e il Consorzio Csc – Caffè Speciali Certificati.
L’iniziativa vuole restituire dignità alle donne dedite alla coltivazione del caffè, svantaggiate da un sistema di mercato iniquo. �� cod 94337
Il Vietnam verso la produzione di caffè “deforestation free”. Si è, infatti, tenuto ad Hanoi un seminario sulla produzione e commercializzazione di caffè e altri prodotti “privi di deforestazione”, organizzato dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, dalla delegazione dell’Unione europea, e dal ministero dell’Agricoltura e dello sviluppo rurale vietnamita, per fornire una panoramica sui nuovi regolamenti europei in materia.
Secondo quanto riporta Vietnam News, caffè, gomma e altri prodotti quali olio di palma, soia, legname e cacao, verranno colpiti dalle nuove politiche comunitarie contro la deforestazione e il Vietnam, uno dei principali importatori di prodotti forestali in Europa, sta affrontando sfide importanti per adattare le proprie produzioni.
Il caffè, uno dei prodotti di esportazione più famosi del Vietnam, è stato al centro dei lavori, cui hanno partecipato anche molti produttori leader mondiali di caffè. Jesus Lavina, vice capo del dipartimento per la cooperazione allo sviluppo della delegazione dell’Unione europea ha annunciato che il regolamento sulla deforestazione entrerà in vigore a metà del 2023. �� cod 94601
Èdello scorso marzo la sentenza della Corte Suprema, che dichiara che tra il Pecorino romano Dop e il Cacio romano non c’è rischio di confusione: i due formaggi, infatti, secondo quanto disposto in cassazione, sono diversi e differente è la loro denominazione. E per quanto riguarda il termine romano che li accomuna è solo l’indicazione della provenienza senza alcun carattere distin-
tivo. La sentenza è arrivata dopo una battaglia di anni da parte del Consorzio per la tutela del Formaggio Pecorino Romano Dop, che ha perso in cassazione contro il marchio “Cacio Romano” prodotto nel Lazio. In cassazione si è deciso, infatti, che quest’ultimo potrà dunque continuare a essere commercializzato con il suo nome. Il ricorso del Consorzio è stato sostenuto dai produttori di latte ovino sardo, contro
la Formaggi Boccea che produce il Cacio romano, supportata dalla Regione Lazio e dalla Coldiretti del Lazio.
Ma la battaglia ora si riapre perchè il Cacio romano vorrebbe una Dop dedicata. E ancora una volta il Consorzio per la tutela del Formaggio Pecorino Romano Dop ha detto che è pronto a
riaprire la battaglia. Il Consorzio di tutela del Pecorino romano Dop, infatti, ha dichiarato che si opporrà con tutti i mezzi legali alla costituzione di una Dop Cacio romano a tutela, non solo del comparto che conta 15mila operatori con un fatturato al consumo di circa 600 milioni e di tutte le indicazioni geografiche, ma anche del consumatore, che rischierebbe di essere clamorosamente tratto in inganno al momento della scelta del prodotto. Allo stesso tempo il Consorzio avvierà una battaglia con le istituzioni europee contro l’ordinanza della Cassazione che ingiustamente riconosce la legittimità dell’uso di un marchio che ricalca il nome della storica Dop. La domanda di riconoscimento della Dop cacio romano è stata in più occasioni archiviata dal Ministero dell’Agricoltura; non si comprende come un discutibile uso di un marchio individuale circoscritto nel tempo e non corrispondente ad alcuna tradizione produttiva possa ora diventare una Dop concorrente, con il concreto rischio di minare la tenuta di decine di migliaia di aziende.
Per il presidente del Consorzio,
Gianni Maoddi: «Abbiamo preferito attendere, e dopo una compiuta analisi, esprimerci sul contenuto di un’ordinanza che, a volerla analizzare anche con gli occhi di un non addetto al settore, appare pregiudizievole per tutto il sistema delle produzioni di qualità, nessuno escluso».
Il presidente del Consorzio è poi tornato sulla sentenza della cassazione dello scorso marzo e ha dichiarato: «L’ordinanza della Cassazione di fatto dichiara legittima l’esistenza sul mercato del cacio romano, sottolineando che non c’è assonanza che possa creare confusione fra i due prodotti né trarre in inganno i consumatori. Questa incredibile decisione dei giudici della suprema corte butta via anni di sacrifici e di duro lavoro, e peggio ancora la richiesta del riconoscimento di una Dop».
«La politica - sottolinea ancora Maoddi - non può ignorare quello che sta accadendo, e deve sostenere non
solo battaglie all’estero, come per esempio quella giustissima sul Nutriscore, ma anche battaglie interne al nostro Paese come questa. Facciamo appello anche alle associazioni di categoria affinché sostengano le nostre ragioni, a tutela di tutti».
Il Pecorino romano, oltre che in Sardegna conta su importanti realtà anche in Lazio e Toscana: parliamo nel complesso di 12mila allevamenti ovini che conferiscono latte per la produzione della Dop e di circa 3mila persone impegnate nella trasformazione e commercializzazione. Numeri che la dicono lunga su quanto importante sia la ricaduta economica e occupazionale in tutte e tre le regioni interessate.
«Ma a chi giova tutto questo? La domanda sorge spontanea all’indomani di una decisione che, tra gli innumerevoli sostenitori del made in Italy e del sovranismo nostrano avrebbe dovuto, quanto meno, determinare una levata di scudi in favore della denominazione, primo fra tutti il ministero dell’Agricoltura, e invece tutto tace. Si assiste - incalza Maoddi - alla sola schizofrenica presa di posizione di chi al mattino combatte contro l’Italian sounding, il pomeriggio aderisce alla causa contro il Consorzio e la sera promuove la creazione di una Dop cacio romano con l’obiettivo di indebolire e dividere una filiera fondamentale per i territori di produzione. La nostra è, e sarà, una battaglia per la tutela di un patrimonio collettivo, per tutti coloro che operano nella filiera e per le loro famiglie, nonché per le Istituzioni italiane che hanno la responsabilità e dovere di tutelarle. Ogni e più opportuna azione sarà intrapresa, a tutti i livelli nazionali ed europei». �� cod 95637
mici di tutta la filiera. Il totale annuo (anno 2022) di forme vendute è di circa 820mila. A dimostrazione della tipicità e storicità del Montasio, sono trascorsi 250 anni da quando il nome Montasio comparve per la prima volta in un prezzario della Serenissima, nel 1773. Era prodotto pregiato già all’epoca.
Mezzano è stagionato tra i cinque e i dieci mesi. Un modo ghiotto di presentarlo in tagliere consiste nell’approntare il Tortino di spinaci e Montasio Dop Mezzano. L’accortezza è servirlo caldo.
Il tagliere che qui proponiamo, composto da tre formaggi Dop, ha per due di essi la vacca come “madre” (origine del latte), per il terzo la madre è la pecora. Per due di essi il “padre” (territorio di provenienza) è il Nord, mentre per il terzo è il Sud, precisamente la Basilicata. Età misurabile in mesi per tutti e tre. Scopriamoli insieme e cominciamo con il Montasio Mezzano Dop.
Il Montasio Dop è vanto caseario del Friuli-Venezia Giulia. Lodevole l’attività svolta dal Consorzio per garantire il benessere animale preservando sempre la massima qualità in un’ottica di sostenibilità ambientale. L’obiettivo è tutelare la tipicità, accrescere la qualità del prodotto e rafforzare i fondamentali econo-
Il Montasio Dop è un formaggio a pasta dura e cotta, prodotto esclusivamente con latte vaccino. A seconda del periodo di stagionatura si distingue in quattro tipologie: Fresco, Mezzano, Stagionato e Stravecchio. La zona di produzione del Montasio Dop comprende l’intero territorio del Friuli-Venezia-Giulia, delle province di Belluno e Treviso e parte di quelle di Padova e Venezia. Il Montasio Dop Fresco ha sapore lattico, morbido e delicato, il Mezzano ha sapore più deciso; lo Stagionato ha sapore sapido e aromatico, infine lo Stravecchio ha sapore particolarmente corposo, con leggera piccantezza. Il
Montasio Dop
E passiamo all’altro formaggio di madre vacca e di padre “Nord”: la Fontina Dop. I primi cenni alla Fontina risalgono al 1270, mentre in letteratura una prima citazione del formaggio valdostano risale al 1477, nella Summa Lacticinorum del medico vercellese Pantaleone di Confienza, sebbene la sua storia abbia origini ancora più antiche, tramandate da generazione a generazione. La prima testimonianza visiva risale a qualche anno prima del testo di Pantaleone e si trova in un affresco del castello di Issogne. Nel dipinto viene rappresentata una bottega artigianale che sul bancone ospita forme di Fontina come ancora oggi vengono prodotte e vendute. Esistono poi diverse teorie anche riguardo l’origine del suo nome. Secondo alcuni storici, il nome Fontina sembra riferirsi a un alpeggio di produzione valdostano chiamato “Fontin”. Altre fonti, invece, lo collegano al vecchio villaggio di Fontinaz. Alcune altre teorie, poi, lo associano all’antico termine francese “fondis”, che sta a indicare la capacità di questo formaggio di sciogliersi se esposto al calore, a temperature non particolarmente elevate.
La Fontina Dop è un formaggio a pasta semicotta, ottenuto da latte vaccino intero prodotto da bovine di razza Valdostana. I bovini valdostani appartengono a tre razze particolarmente definite e selezionate, la Valdostana Pezzata Rossa, che discende probabilmente dai bovini pezzati del nord Europa ed è una razza introdotta in Valle d’Aosta dai Burgundi verso la fine del V Secolo. É anche la specie più generosa nella produzione di latte. La Valdostana Pezzata Nera e la Castana sono le altre due razze presenti in regione e si adattano altrettanto bene alle caratteristiche del territorio valdostano. Inoltre, proprio come la Pezzata Rossa sono a loro agio nel pascolare gli alpeggi in quota. La zona di produzione della Fontina Dop ricade nel territorio della Valle d’Aosta. La stagionatura avviene in grotte naturali, umide e fredde per almeno tre mesi. Nel primo mese di maturazione della Fontina Dop, le forme vengono rivoltate ogni giorno, alternando un giorno di salatura e uno di spazzolatura, operazioni che agevo
appiattita. La forma ha un peso medio che si aggira intorno ai 9 kg. La Fontina Dop sul tagliere deve starci nella sua preparazione più celebre e caratteristica: la fonduta valdostana. Squisita e semplice, la fonduta viene cucinata con l’utilizzo di quattro ingredienti base: la Fontina Dop, il latte, il burro e le uova fresche. Nel tagliere la valorizziamo inserendola nei tradizionali voul-au-vent.
Andiamo al Sud, dalla mucca passiamo alla pecora. Siamo a Filiano e parliamo del Pecorino di Filiano Dop. È un formaggio a pasta dura, prodotto con latte ovino intero proveniente dalle razze Gentile di Puglia e di Lucania, Leccese, Comisana, Sarda e loro incroci. La zona di produzione del Pecorino di Filiano Dop comprende 30 comuni in provincia di Potenza. Uno di questi trenta comuni è Filiano, da cui questo pecorino prende il nome. Sin dai tempi degli antichi romani, la zona del potentino fu interessata da una fiorente attività di allevamento di ovini e di produzione casearia. Il Pecorino di Filiano prende il suo nome dall’omonimo comune situato nell’alta valle dell’Ofanto.
Lo sviluppo delle produzioni casearie proseguì in età Sveva e Angioina e crebbe ulteriormente nel
XVI-XVII secolo con i Doria, feudatari della zona del Vulture, che organizzarono le strutture produttive stabilendo masserie specializzate per gli ovini.
Dopo la salatura, effettuata a secco o in salamoia, le forme vengono fatte stagionare per almeno 180 giorni, nelle caratteristiche grotte in tufo o in idonei locali per la stagionatura. A partire dal ventesimo giorno di maturazione la crosta del formaggio può essere trattata con olio extravergine di oliva prodotto in Basilicata e aceto di vino. Per la produzione del Pecorino di Filiano Dop si utilizzano tutt’oggi strumenti tradizionali, come il tipico bastone in legno recante una protuberanza all’apice, chiamato scuopolo o ruotolo, usato per rompere la cagliata. La cagliata viene rotta in modo energico sino ad ottenere frammenti di dimensioni simili a quelle di un chicco di riso. Dopo averla lasciata riposare la si raccoglie e la si pone in fuscelle di giunco, pressandola con le dita per favorire la fuoriuscita del siero. Dopo la scottatura in siero, che dura circa 15 minuti, si passa alla salatura che avviene a secco o in salamoia. Infine si lasciano asciugare le forme in un locale fresco e asciutto prima di sistemarle su scaffali di legno nei locali di stagionatura per un tempo variabile, da 2 mesi a oltre un anno. Nel tagliere lo lasciamo proprio tal quale: è ottimo.
Quale vino da suggerire in abbinamento? Lo si ammette sinceramente! Nel valutare l’abbinamento, si sta pensando alla fonduta. E allora, ben ribadendo che è abbinamento ottimo anche per il Montasio Mezzano e per il Pecorino di Filiano, si versi tranquillamente nell’appropriato calice, servito alla corretta temperatura, un gagliardo e sempre elegante Pinot Nero. �� cod 95035
Un formaggio è classificato a pasta molle quando il suo contenuto d’acqua supera il 45% e non eccede il 70%. Una delle caratteristiche è che si sciolgono in bocca: sono perfetti nei taglieri misti
La pur necessaria e bene accolta classificazione dei formaggi, che di seguito utilizzeremo, non può prescindere dalla constatazione non banale di cosa sia in effetti il “formaggio”. In lettura storica affermiamo che il formaggio è una conserva. Sì, la conserva del latte. Nel passaggio epocale da nomadismo a stanzialità, lo spreco del latte eccedente il fabbisogno del termine breve cessò. Da quel momento, utilizzando il caglio e il sale insieme al latte, l’uomo stanziale “inventò” il formaggio Che saporita invenzione!
Si diceva della classificazione, ovviamente sopravvenuta alla “invenzione” del formaggio. Il primo criterio di classificazione è l’origine del
latte: siamo al cospetto, pertanto, di latte di bufala, latte di capra, latte di pecora, latte di vacca, e latte misto, come per esempio vacca - pecora, vacca - capra, vacca - pecora - capra, pecora - capra. Il secondo criterio di classificazione è il trattamento del latte, che può essere crudo, termizzato o pastorizzato. Il terzo criterio di classificazione è la temperatura di lavorazione. E allora: pasta cruda, pasta semicotta, pasta cotta. Il quarto criterio di classificazione è il contenuto d’acqua. E allora: pasta molle, pasta semidura, pasta dura.
Per adesso fermiamoci qui ed entriamo nel merito dei formaggi a pasta molle. Un formaggio è classificato a pasta molle quando il suo contenuto d’acqua supera il 45% e non eccede il 70%. Giusto per fare un confronto, nel
formaggio a pasta semidura il contenuto d’acqua è compreso tra il 35% e il 45%, mentre in quello a pasta dura è inferiore al 35%. I formaggi a pasta molle si sciolgono in bocca, praticamente. Li troviamo nei taglieri misti e sono perfetti per lo spuntino. In cucina hanno utilizzo d’elezione nella preparazione di torte salate e quiche.
I formaggi a pasta molle si ottengono generalmente tramite la coagulazione presamica (ossia con la classica aggiunta di caglio al latte). Una volta formata la cagliata, questa viene rotta in frammenti grossi, che poi vengono spremuti e impastati. Emblema dei formaggi a pasta molle, con luogo di nascita in Lombardia e in Veneto, è lo stracchino. L’etimologia del nome scaturisce dall’utilizzo del latte proveniente da mucche “stanche” per la transumanza al fondovalle dopo l’alpeggio estivo: tornando stanche dal pascolo estivo negli alpeggi, essendo quindi “stracche”, producevano poco latte. Con questo poco latte i pasto-
ri facevano lo stracchino. C’è anche un’altra ipotesi secondo la quale l’origine del termine starebbe nell’uso di latte di mucche alimentate in inverno con erba ottenuta grazie alle marcite, quindi povera di nutrimento. Le “marcite” erano campi dove l’acqua, scorrendo in continuazione, non gelava e quindi consentiva un taglio aggiuntivo dell’erba in inverno per fornire un supplemento al fieno. Il latte, che veniva ottenuto in questo modo dalle mucche in inverno, era povero di contenuti e forniva un formaggio “stanco” o “strach”, di qui il nome “stracchino”.
Terza ipotesi secondo la quale “stracchino” deriverebbe invece da straccare, cioè far perdere il siero al latte: stracchino indicherebbe in tal caso un formaggio prodotto con un latte prosciugato dal siero. Lo stracchino si produce con latte vaccino intero. Latte crudo se prodotto in malga, altrimenti latte pastorizzato. La sua crosta è talmente sottile che comunemente e correttamente la parola appropriata è “pelle”. Se invece la stagionatura si protrae oltre le prime sei settimane, allora si parla
appropriatamente di crosta. Il colore è bianco latte, la pasta è morbida e cremosa. Il profumo è fresco, latteo, delicato e al gusto lo stracchino si presenta fresco e saporito.
Altri formaggi a pasta molle sono la Robiola e la Casatella Trevigiana Dop. La Casatella Trevigiana Dop si fa in provincia di Treviso. Proviene dalla lavorazione del latte vaccino intero, ha una pasta molle e cruda, con una consistenza morbida e un dolce sapore con venature lievemente acidule. Un utilizzo tanto facile quanto squisito dello stracchino in cucina è la gustosa focaccia allo stracchino.
E invece un utilizzo diverso da quello comunque squisito “tal quale” della Casatella Trevigiana Dop? Senza dubbio alcuno, posto il prerequisito della grande bravura del pizzaiolo, la Casatella Trevigiana Dop è un prelibato topping per eccellenti pizze. Per entrambi i formaggi, nel calice un sontuoso e brioso al contempo, Franciacorta Saten. �� cod 95203
Il Consorzio Prosciutto di Carpegna Dop è tra le 32 eccellenze marchigiane, certificate, che sono state protagoniste del Salone Sol&Agrifood, svoltosi a Verona dal 2 al 5 aprile, all’interno dello stand di Food Brand Marche, l’Associazione per la promozione e la valorizzazione del patrimonio enogastronomico della Regione. Il Prosciutto di Carpegna Dop, infatti, è una storica eccellenza del panorama gastronomico marchigiano e di tutto il territorio nazionale - e molto apprezzato anche all’estero.
Grande è stato, quindi, lo scenario e tanti i professionisti che operano
nell’ambito enogastronomico hanno potuto apprezzare, grazie alle degustazioni organizzate per la kermesse, il sapore unico, dolce-sapido che si sprigiona a ogni fetta, il colore leggermente ambrato e l’inconfondibile sofficità al taglio.
Il prosciuttificio è incastonato sulle colline del Montefeltro, quel morbido panorama marchigiano che accoglie l’aria asciutta e salmastra proveniente dall’Adriatico e un microclima estremamente puro, un contesto unico che contribuisce alla straordinarietà di questo protagonista della salumeria italiana. La geografia è il punto focale che traccia anche l’iter produttivo perché circoscrive la provenienza d’origine della materia prima, deli-
mitata a solo tre regioni: Lombardia, Emilia Romagna e Marche. Il Prosciutto di Carpegna Dop, infatti, può essere prodotto solo dalla razza suina italiana conosciuta come “pesante padano” o “suino pesante”.
La qualità è preservata da un disciplinare ferreo che definisce ogni passaggio di produzione del Carpegna, così da poter offrire un prodotto Dop garantito. La storia della sua lavorazione, artigianale e tramandata da generazioni, che risale al 1400, ha permesso al Carpegna Dop di presenziare sulle tavole attraverso i secoli e di mantenere intatte le sue peculiarità, ammaliando i palati con le note dolci-sapide inconfondibili. �� cod 95339
Il Consorzio Prosciutto di Carpegna Dop ha partecipato al Salone Sol&Agrifood, a Verona dal 2 al 5 aprile, all’interno dello stand di Food Brand Marche, organizzando degustazioni per gli operatori del settore alimentare
FoodLab offre una linea pensata per la ristorazione veloce: una gamma che, oltre agli affumicati, comprende lavorazioni al naturale e prodotti cotti al vapore.
Il prodotto di punta è senza dubbio il salmone
Foodlab nasce nel 2000 nel cuore della Food Valley parmense dall’idea imprenditoriale di tre fratelli, Gianpaolo, Francesco ed Elisabetta Ghilardotti, che trasformano la loro passione per la cucina in un’azienda specializzata nella lavorazione e commercializzazione di ittico fresco. È cominciato tutto da una trasferta in Francia dove Gianpaolo era approdato nelle cucine dello chef pluristellato George Blanc, inseguendo la sua vocazione ai fornelli. Fu lì che per la prima volta vide affumicare il salmone artigianalmente. Fumi, aromi, sapori: la scintilla era scoccata.
Un prototipo di un affumicatore in giardino, poi un primo laboratorio in un ex salumificio, seguito da un secondo.
Piccoli passi che hanno portato a costruire un vero e proprio stabilimento a Polesine Zibello (Pr), in grado di soddisfare una richiesta esponenziale da parte di migliaia di ristoratori, privati e supermercati. Inaugurata nel 2006, la sede è stata ampliata nell’aprile del 2022 con la costruzione di un altro stabilimento produttivo. Oggi in azienda trovano lavoro circa 180 dipendenti che salgono a oltre 250 nel periodo natalizio e vengono lavorate ogni anno 5.000 di tonnellate di materie prime.
Uno dei segreti del successo di FoodLab è senza dubbio l’attenzione che rivolge al prodotto. Niente è lasciato al caso: la materia prima viene sele-
zionata accuratamente e monitorata fin dall’origine, lavorata con metodi artigianali e, in ogni fase della catena produttiva, vengono rispettati i più alti standard qualitativi. In Italia il salmone resta il re dei pesci freschi: è amato e apprezzato sempre più durante tut to l’anno, grazie alle carni gustose e ricche di nutrienti. È una buona fonte di proteine e grassi nobili ed è un al leato fondamentale per la salute. Il pesce d’allevamento arriva sempre fresco negli stabilimenti Foodlab, che è il segreto per ottenere un prodotto di altissima qualità e con una texture impareggiabile. Tutto il pescato viene invece abbattuto a -20 °C per più di 24 ore per garantirne la sicurezza dal pun to di vista parassitario. Il salmone sel vaggio Sockeye, una volta passati i ri gidi criteri di selezione e il processo di abbattimento, viene messo sottovuoto per mantenerne intatte le proprietà organolettiche. Particolare attenzione viene riposta nella selezione di sistemi di acquacoltura sicuri e rispettosi dell’ecosistema locale. FoodLab effettua numerosi e costanti controlli sulla materia prima, sui semilavorati e sul prodotto finito per aumentare i livelli di sicurezza alimentare.
FoodLab offre una linea pensata ad hoc per la ristorazione veloce: una gamma di specialità ampia e articolata che, oltre agli affumicati, comprende lavorazioni al naturale e prodotti cotti al
vapore. Praticità e qualità sono le parole chiave di questa linea, per offrire alla ristorazione la miglior esperienza possibile. Il prodotto di punta è senza dubbio il salmone: si spazia dal gusto delicato del Norvegese naturale al sapore più deciso del Sockeye affumicato.
FoodLab non lavora solo salmone, propone anche pesce spada, tonno e merluzzo. Di ogni prodotto offre diversi tagli, lavorazioni e marinature per soddisfare anche il palato più esigen-
te. Il processo di trasformazione è un percorso tutto al naturale che permette di preservare il gusto e la consistenza della carne, utilizzando ingredienti freschi e genuini. Nessuno dei prodotti contiene aromi, conservanti o additivi: l’artigianalità di FoodLab si vede in ogni passaggio della lavorazione.
Foodlab ha deciso di certificare la qualità della produzione: è stata infatti la prima azienda in Italia ad aver ottenuto nel 2001 il certificato Bio di Icea per il salmone lavorato e nel 2018 la certificazione FSSC 22000 (Food Safety Certification Scheme 22000) per il controllo dei processi e del prodotto, a garanzia della sicurezza alimentare. Nel 2019, inoltre, le è stato assegnato il marchio blu Msc per il salmone selvaggio Sockeye e per il Merluzzo.
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Greenology, l’arte della cucina a base vegetale, si arricchisce di nuovi contenuti. Il progetto di Bonduelle Food Service, nato con l’obiettivo di promuovere l’alimentazione vegetale nelle cucine professionali, presenta “Semiotica del menu”, una guida veloce per inserire piatti vegetali in menu, senza segmentare, in modo inclusivo, così da conquistare nuovi pubblici. La ristorazione è sempre più interessata a includere piatti 100% vegetali nel proprio menu, trainata dalla domanda crescente della clientela.
Ma come vanno indicate a menu queste pietanze perché siano accattivanti per molti e non segmentanti? A questa domanda risponde Fabio Asti, executive chef Bonduelle Food Service dal 2017, anche con un contributo video disponibile sulla piattaforma
Greenology. Per sviluppare un menu a base vegetale che non escluda potenziali pubblici, tra chi non segue una dieta vegetariana o vegana, è importante utilizzare una comunicazione inclusiva. Inserire a fianco del nome del piatto la dicitura vegano o vegetariano non sempre è la strategia giusta. Chi non segue un regime alimentare vegano o vegetariano infatti tende spesso ad associarlo a portate povere di gusto e poco sazianti.
Sulla piattaforma Greenology (www.bonduelle-foodservice.it/greenology) sono tante le ricette 100% vegetali, gustose e colorate, in grado di sfatare queste credenze, grazie anche all’impiego di prodotti innovativi come i nuovi Cereali e Legumi surgelati Minute in 5 referenze, bulgur, orzo, quinoa, lenticchie e ceci, grandi protagonisti della cucina della tradizione così
come dei nuovi food trend. Grazie all’innovativo protocollo Service, i prodotti sono pronti all’uso subito dopo essere stati scongelati e utilizzabili anche a freddo, garantendo la massima sicurezza alimentare.
Cosa fare invece per un menu 100% vegetale, ma inclusivo? Ai termini “vegan” o “vegetariano”, preferire “a base vegetale” o “plant-based”. Giocare poi con la provenienza degli ingredienti, per stuzzicare la curiosità e creare nella percezione del consumatore associazioni positive. �� cod 95184
“Semiotica del menu”: come proporre al meglio i piatti vegetali
L’azienda desidera non solo rendersi veicolo di un
Winston Churchill sosteneva che «È un peccato il non fare niente, col pretesto che non possiamo fare tutto», e noi di Senna Italia abbiamo pensato di rendere questo stesso aforisma la colonna della nostra attuale strategia di marketing: orientare i nostri sforzi per dare il miglior contributo possibile alla salvaguardia del nostro pianeta.
Ci è bastato soffermarci a osservare la sensibilità e lo spirito con i quali le nuove generazioni si battono per ristabilire equilibrio tra “civiltà” e natura, per comprendere che è proprio guardando al futuro che un’azienda dinamica, che dell’innovazione ne fa un valore imprescindibile e che in quasi un secolo di vita ha saputo adeguarsi ai cambiamenti tanto dei mercati come della società, doveva riflettere su come
tradurre impegno in fatti concreti. Se la casa madre, nella sede di Vienna, è impegnata nella ricerca e adozione di misure “sostenibili” affinché la produzione stessa possa progressivamente attenuare il suo impatto sull’ambiente, “noi” - come Senna Italia - desideriamo non solo renderci veicolo di un messaggio etico-sociale, ma pianificare attività che siano segno tangibile del nostro impegno, offrendo un contributo concreto. Appena usciti da un periodo che ha reso il “virtuale” un’abitudine pressoché quotidiana, abbiamo capito che era giunto di fare “qualcosa di reale” per il nostro pianeta.
Ricercare, produrre, vendere “valore” - da oggi - intendiamo comunicarlo così. Investiamo costantemente in ricerca e sviluppo a partire dalla ricerca delle materie prime più pregiate,
all’ottimizzazione degli impianti proprio per garantire sempre un prodotto impeccabile. Lavoriamo con diversi livelli di certificazione Rspo: Mass Balance e Segregate. Uno degli obiettivi dell’azienda, entro il 2025, è l’utilizzo esclusivo dell’olio di palma sostenibile: Roundtable on Sustainable Palm Oil (Rspo).
Questo certifica e garantisce i prodotti ottenuti con olio di palma e palmisto provenienti da coltivazioni gestite secondo criteri di sostenibilità ambientale e sociale, per un profilo alimentare sempre più allineato alle richieste dei consumatori. �� cod 95104
messaggio etico-sociale, ma individuare e pianificare attività che siano segno tangibile dell’impegno, offrendo un contributo concreto per attenuare l’impatto ambientale
La gamma di Agugiaro & Figna Molini si compone di otto diverse referenze specifiche per ogni esigenza in cucina: Mora, Duttile, Vigorosa, Pasta Linda, Emilia, E-Legante, Panfocaccia e Panmuesli
La farina è un elemento vitale in cucina, ecco perché Agugiaro & Figna Molini ha studiato “A&F”, acronimo di “Alta Cucina e Farina”, la linea professionale composta da otto diverse referenze, specifiche per ogni esigenza in cucina: Mora, Duttile, Vigorosa, Pasta Linda, Emilia, E-Legante, Panfocaccia e Panmuesli. Attraverso la macinazione “gentile”, ottenuta con procedimenti meccanici non invasivi, vengono preservate del tutto le caratteristiche organolettiche dei grani utilizzati: in pratica, a parità di impianti, viene macinata una quantità inferiore
di frumento per mantenere la miglior qualità della farina.
La linea professionale A&F nasce dalla secolare esperienza molitoria di Agugiaro & Figna Molini ed è dedicata a ogni specifico utilizzo in ristorazione. Una gamma completa per valorizzare ogni singola ricetta nel rispetto della tradizione e supportare la creatività dei cuochi. Le singole referenze sono dedicate alla preparazione di pasta, pizza, frittura, pane e pasticceria. La linea infatti si compone di farine per specifici utilizzi, sfarinati di grano tenero e grano duro per
A&F si presenta in comodi formati da 2 kg ideali per planetarie da banco. Per ogni referenza un utilizzo in più, per offrire al cuoco la possibilità di esprimersi secondo personalità, stile e tradizione.
Alla scoperta di Duttile, Vigorosa, Mora e Pasta Linda
Duttile, una farina di tipo 00 equilibrata per frolle e impasti friabili, montati, soffici e areati, morbidi e fondenti, pasta fillo e brevissime lievitazioni. Molto estensibile, poco elastica con
dine, tigelle, grissini e crackers e consistenza fondant.
Vigorosa è invece una farina di tipo 0 di grande tenuta, ideale per tutte quelle preparazioni che necessitano di lunghe lievitazioni, come pani e prodotti lievitati sfogliati, pani e pizze con metodo diretto a lunga lievitazione, e pre impasti brevi. Vigorosa offre un supporto robusto in fase di lievitazione ed è adatta per quelle preparazioni che richiedono un apporto considerevole di grassi.
Mora, unica nel suo genere è una farina integrale a macinazione extravergine e a granulometria fine che mantiene le frazioni esterne più nobili del chicco, cruschello, tritello, germe di grano che conferiscono carattere, sapore intenso ma dolce e rotondo. Mora è pensata per essere utilizzata in purezza nella lievitazione di prodotti da forno come pizza, pane, lievitati sfogliati, ma anche in blend, miscelata a farine tradizionali, per arricchire di sapore prodotti come croissant,
brioche, pasta sfoglia, cake, pane in cassetta, pasta fresca tipo gnocchi.
Pasta Linda è una pura estrazione del chicco di grano che ha la capacità di mantenere vivo il colore della pasta grazie al basso contenuto di ceneri che ne evita l’ingrigimento. È setosa al tatto e veloce da impastare e da amalgamare. Ideale per pasta laminata e per pasta trafilata, ripiena e non.
Per una pasta fresca dalla consistenza ruvida c’è invece Emilia, uno sfarinato di grano tenero e di semola di grano duro. Il grano duro conferisce una colorazione giallo paglierino anche in assenza di tuorlo. La farina di grano tenero bilancia perfettamente l’equilibrio tra estensibilità e tenacità, conferendo ottima tenuta in cottura. Perfetta per pasta ripiena e per tutta la pasta fresca, laminata, estrusa, a macchina, a mano, lunga e corta, con e senza uova.
perfettamente agli alimenti umidi, di formare una barriera uniforme e salda all’olio di frittura che rimane chiaro e pulito. Se utilizzata per la produzione di una pastella permette di addensare al meglio i liquidi evitando la sineresi alla crema abbattuta in frigorifero e garantisce la massima stabilità in cottura. Adesiva anche senza pastella dona piacevolezza alla frittura anche ricondizionando in olio. Non crea collosità e gommosità nella masticazione favorendo friabilità e scioglievolezza.
Panfocaccia è una miscela di grano tenero tipo 0, lievito essiccato e farina di grano tenero maltato ideale per la produzione di pani, piccoli bocconcini lievitati e focaccine per il cestino del pane. Favorisce l’adeguata forza ed elasticità dell’impasto per prodotti soffici al cuore e croccanti all’esterno.
di trattamento a vapore che consente a na di aderire
Panmuesli è una miscela di 5 cereali e semi di girasole lino, e sesamo che conferisce note aromatiche tostate e infonde intensità a tutte le preparazioni da forno. Da utilizzare in purezza o in blend per pane casareccio o pane in cassetta o come ingrediente caratterizzante per preparazioni anche dolci. I suoi semi setacciati sono ideali per la stesura di grissini e crackers.�� cod 95393
Scrocchiarella Sandwich 20 x 52 porzionata (foto Phototecnica)
La gamma Scrocchiarella, che a oggi comprende più di trenta referenze, si arricchisce di nuovi formati Sandwich, per soddi
ideale per ottenere fino a 24 tranci più piccoli da aperitivo. Le basi Scrocchiarella Sandwich sono perfette per semplificare tempi e modi
Scrocchiarella Sandwich 28 x 38 porzionata (foto Phototecnica)
ricetta “A Tutta Zucca” e sceglie Scrocchiarella perché ha tutte le caratteristiche che cercava di leggerezza, versatilità d’uso e bella a vedersi. Quando ha aperto cercava qualcosa di buono, in linea con il resto della sua proposta che non fosse il solito panino. Utilizza regolarmente il formato Sandwich più piccolo da 12 x 28 e sta inserendo il nuovo formato 20 x 52 perché lo ritiene adatto per eventi e feste di compleanno.
Monica Lo Voi, food manager presso Workshop a Savona e Workshop, bakery all’interno del Mercato Civico dove preparano normalmente pizza in teglia, apprezza le caratteristiche del prodotto perché è leggero, croccante e digeribile, ed è sempre pronto all’uso. Aspetto quest’ultimo mol-
sedute e Lumen, cocktail bar a Ce sena, interpreta i sapori e i profumi della sua terra d’origine la Sardegna e porta la ricetta “Coro Meu” in Scrocchiarella Sandwich 28 x 38 che porziona in 3 tranci. Nel suo locale Lumen, prepara abitualmente con Scrocchiarella Sandwich piccole porzioni di diverse farciture per accompagnare cocktail fantasiosi.
Alessandro Resta, titolare del locale Le Officine Resta, hamburgheria a Roma, con Scrocchiarella ha ottimizzato i tempi di preparazione e può offrire sempre la medesima qualità. Sceglie Scrocchiarella Sandwich perché è pratica da utilizzare e rispecchia la qualità di un prodotto artigianale. Interpreta nel video la ricetta “Guancia a Guancia”.
Al parco acquatico Aquafan di Riccione, Scrocchiarella Sandwich 12 x 36 è stata scelta perché è un prodotto facile da preparare, che rispecchia un modo di mangiare sano in linea con il tipo di divertimento sano del parco. In poche mosse anche uno studente universitario come Lorenzo Mancini, protagonista del video con Sandwich Rumagnol, alla prima esperienza lavorativa e con un po’ di passione può prepararlo, ci spiega Jari Forte, Responsabile Food & Beverage Aquafan.
Con Scrocchiarella è tutto più semplice, più veloce e più buono per i professionisti del canael Horeca. Ogni ricetta è raccontata e mostrata in un video emozionale che è possibile visualizzare dal QR Code e che guiderà nella scelta del formato ideale per preparare la “Preferita” più adatta alle proprie esigenze. �� cod 95271
La Napoletana è una farina tipo 0 con germe, disponibile in due versioni, Napoletana Midi, adatta a corte/medie lievitazioni e impasti diretti; Napoletana Extra, adatta a medie/lunghe lievitazioni e impasti indiretti.
Napoletano doc, classe 1985, uno dei volti più promettenti della nuova generazione di pizzaioli: stiamo parlando di Diego Vitagliano, la cui pizza è ormai un marchio di fabbrica. «Oggi è fondamentale avere un progetto intorno al prodotto: la mia è una passione, prima che un’attività - afferma Diego - Ho aperto a Pozzuoli (Na), nel 2016, la mia prima pizzeria che l’anno dopo ho trasferito a Napoli. Successivamente ho riaperto a Pozzuoli un secondo locale; infine, nel novembre 2022, ho inaugurato la mia pizzeria a Doha, in Qatar».
La formula vincente? «Certamente alla base c’è una visione, una progettualità ben precisa. Il successo si mantiene tenendo alta l’asticella». Un’impresa possibile, con impegno, studio e gli ingredienti giusti. «Come brand ambassador e utilizzatore delle farine Molino Grassi, posso dire che affidarmi alla loro Linea Pizza mi permette di lasciare in ottime mani ogni cliente che entra in un mio locale. Tra le mie referenze preferite, le novità 2023: Napoletana e Romana, entrambe fortemente volute dall’azienda e rispondenti alle esigenze della pizzeria di oggi».
La Romana è una miscela per pinsa, pizza alla pala, in teglia e padellino, ricca di fibre e con germe di grano e riso per accentuare croccantezza e leggerezza. Disponibile in doppia versione: Romana, con meno fibre per impasti dalla colorazione chiara, e Romana Rustica, dai toni più ambrati per esaltare il valore, il gusto e i sapori di una volta �� cod 95106
Molino Grassi
�� 0521 662511
�� www.molinograssi.it
Due pizzerie nel napoletano e una in Qatar: Diego Vitagliano ha dato un imprinting imprenditoriale a quello che è, prima di un lavoro, una passione. Un successo che si raggiunge con lo spirito e le farine giuste
Ho incontrato Matteo Magnapane nelle Cantine Mariotti di Montemaggiore al Metauro (Pu), e ciò che colpisce è la sua grande passione per il vino e per il tartufo, entrambi ingredienti molto apprezzati nella ristorazione marchigiana.
Matteo, capo sommelier del ristorante Andreina di Loreto (An), è stato scelto per la sua elevata professionalità nella conoscenza dei tartufi edibili di ogni tipo e dei grandi vini nazionali e internazionali e per la sua capacità di creare abbinamenti perfetti.
Per raggiungere questo ruolo, Matteo ha dovuto sviluppare una grande conoscenza della cucina, del tartufo e del vino, e acquisire forti capacità comunicative per comprendere i desideri del cliente e per offrirgli momenti di piacere indimenticabili.
La scelta dell’abbinamento perfetto dipende dal cliente e dalle sue preferenze. Se il cliente vuole approfondire, Matteo offre una visione tecnica dell’abbinamento; altrimenti, può agire in base alla psicologia e alle preferenze del cliente.
Essere un Truffle Sommelier offre grandi opportunità di crescita nella ristorazione stellata ed internazionale.
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di Giuseppe CristiniDal 25 al 27 febbraio e dall’1 al 5 marzo 2023 a Norcia si è svolta la mostra-mercato del tartufo nero, conosciuta anche come Nero di Norcia, che lo ha reso noto in tutto il mondo, insieme ai prodotti tipici locali. Quest’anno la mostra-mercato è arrivata alla sua 59ª edizione. Nero di Norcia è la più grande esposizione agro-alimentare dell’Umbria e raccoglie tutti i “tartufari”, i “norcini” e i “pastori” della zona.
L’impegno dei vari attori della filiera ha permesso di evidenziare l’orgoglio e la bellezza di una città che esercita un grande fascino. La vocazione del tartufo nero di questa regione deriva dalla particolare predisposizione del territorio, già nota ai tempi dei romani, dove sono state rinvenute tracce di questa prelibatezza. La cultura del tartufo si è tramandata di generazione in generazione, diventando una vera e propria cura e cultura. Il vicesindaco, Giuliano Boccanera, spiega che grazie a questa cultura, il tartufo norcino è diventato
un prodotto di fama mondiale, che rappresenta un’ambasciata di promozione del territorio, della cultura e delle radici della città.
del Tartufo nel Mondo
Norcia non è soltanto famosa per il tartufo nero, ma anche per la norcineria di alta qualità, che comprende il Prosciutto Igp, la lenticchia Igp di Castelluccio e una vasta selezione di specialità che caratterizzano la regione e la sua ristorazione. La città è immersa nella natura e beneficia della benedizione di San Benedetto. La raccolta del tartufo nero pregiato è stata recentemente completata con buoni quantitativi e di ottima qualità. Questo frutto è accattivante e seducente, adatto anche alla cottura e alle farciture, offrendo infinite possibilità in cucina rispetto al tartufo bianco che, invece, va gustato al naturale. Tra le specialità culinarie della regione spicca la fettuccina al tartufo nero con olio di Norcia, un piatto insuperabile che ogni persona dovrebbe provare almeno una volta
nella vita. Norcia è il posto perfetto dove sperimentare questo delizioso piatto.
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Visita:
www.accademiadeltartufonelmondo.it
“NERO NORCIA 2023” CHIUDE ALLA GRANDE IL VICESINDACO BOCCANERA: «SIAMO SODDISFATTI!»di Giuseppe Cristini
Massimo Garofoli è lo chef Am bassador del tartufo marchi giano per la provincia di Macerata all’interno del progetto di valoriz zazione “Tartufo tutto l’anno nelle Marche”. Il progetto nasce con l’idea di destagionalizzare il tartufo mar chigiano in tutte le sue tipologie per dodici mesi l’anno e divulgarlo nella ristorazione di tutta la regione.
Ne fanno parte in questo avvio di progetto alcuni chef come: Miche la Domizi del ristorante La Sella di Pitino a San Severino Marche (Mc), Mirko Pezzanesi chef del ristorante il Casolare dei Segreti di Treia (Mc) e Rodrigo Staffolani del ristorante Misidia di Ripe San Ginesio (Mc).
La provincia di Macerata unisce il mare e la montagna: in cinquanta minuti di auto si passa dalle spiagge assolate di Civitanova alle piste innevate di Sarnano. La vicinanza tra il mare e la montagna unisce anche l’idea del mare e del bosco e. quindi, del pescato dell’Adriatico e del tartufo dei Monti Sibillini.
L’obiettivo del progetto è quello di lavorare nelle cucine di questi ristoranti il tartufo tutto l’anno, in tutte le otto tipologie, partendo dai tartufi più democratici fino a quelli più pregiati.
Da questo incontro sono nati grandi progetti direttamente lanciati dagli chef, e così Rodrigo Staffolani ha proposto di coniugare il tartufo con i grandi eventi che avvengono nella provincia di Macerata: come “Le grandi notti allo Sferisterio” per unire l’opera e il tartufo, così come indicavano i grandi maestri della
musica e in primis Gioachino Rossini. L’opera, lo charme delle notti estive e il tartufo sono tre elementi unici per raccontare al mondo la nostra regione ci dice Rodrigo.
Accanto a questo evento Mirko Pezzanesi propone un evento in alta montagna nei rifugi delle piste di Frontignano, per trasmettere davvero il valore di questa provincia Maceratese e di questa regione Marche. Serve poi il ruolo delle istituzioni e la Regione Marche, attraverso il grande progetto Marche-Outdoor, punta ad attrarre un turismo consapevole, amante dell’aria aperta, facoltoso e curioso.
«Attraverso l’enogastronomia, ma non solo, si può scoprire la nostra Regione», così si è espresso Alberto Mazzini funzionario della Regione Marche e responsabile di questo ambizioso progetto, che coinvolge tutte cinque province marchigiane. Alla fine dell’incontro non poteva mancare un brindisi finale con una nobile bollicina marchigiana per inaugurare e dare effervescenza a questi nuovi progetti. �� cod 95232
Abbiamo avuto il piacere di trascorrere del tempo in compagnia di Diego Ciciliani, il quale presto diventerà il nuovo chef ambassador del tartufo per la provincia di Macerata. Diego ha una filosofia a chilometro zero riguardo al tartufo tutto l’anno, essendo il proprietario di una tartufaia di tartufo bianco e di una di tartufo nero estivo, entrambe posizionate attorno alla diga di Cingoli.
Abbiamo incontrato Diego e sua moglie Claudia in un normale venerdì a pranzo. Siamo rimasti sorpresi dalla presenza di pesce pregiato che talvolta non si trova nemmeno in alcuni dei ristoranti di mare più rinomati. Diego ha gestito abilmente la cucina, mentre Claudia ha illuminato la sala con la sua eleganza e competenza. I ragazzi in sala, sotto la guida di Claudia, si sono dimostrati estremamente bravi. Diego e Claudia hanno trasmesso passione in cucina e in sala, il che ci ha fatto sperare di rivedere i ristoranti pieni, se facciamo tesoro delle materie prime che utilizziamo, conoscendole nel dettaglio, come ci ha spiegato Diego. �� cod 95619
I CUOCHI DI MACERATA, PUNTANO ALLE “GRANDI NOTTI ALLO SFERISTERIO” CON SUA MAESTÀ IL TARTUFOMassimo Garofoli
Semplicità e raffinatezza sono i tratti che contraddistinguono da sempre le creazioni di pa sticceria di Debora Vena, Ambasciatri ce Elle & Vire Professionnel® e titolare della pasticceria Chocolat a Vago (Vr). La Pastry Chef ci propone una rivisitazione di un dessert che non manca quasi mai nella carta dei ristoranti: la panna cotta. Di facile esecuzione, la panna cotta viene solitamente caratterizzata dal dressing; qui Debora rompe le regole e ci mostra una verrine colorata e accattivante, ispirandoci su come personalizzare questo dessert dalle
“Zaffiro” di Debora Vena è una deliziosa verrine gluten free di panna cotta alla vaniglia e allo zafferano che, grazie al tocco particolare di Soft Style Cream Cheese Elle & Vire Professionnel®, si rivela particolarmente fresca e cremosa.
ne realizzata soltanto una panna cotta, bensì due: la prima alla vaniglia e la seconda allo zafferano. Un accostamento di sapori e colori a dir poco meraviglioso. Inoltre, le due infusioni non vengono semplicemente messe nel classico stampo rotondo: la panna cotta allo zafferano viene versata in un bicchierino, tenuto inclinato durante l’abbattimento positivo. Dopodiché, gli viene versata sopra la panna cotta alla vaniglia, che riempirà la restante parte del bicchiere, abbattuto una seconda volta. Il risultato è molto moderno, con una linea inclinata a dividere i due sapori. Completata la base, l’ultima peculiarità del dessert è la sua decorazione: viene colato un delizioso gelée al mandarino, guarnito con crumble, zest di agrumi, foglia
d’oro e infine zucchero bollato, per un vero effetto wow.
Come sempre, in tutte le ricette c’è un “ingrediente segreto”, che rende ancora più speciali le preparazioni: in questo caso, si tratta del Soft Style Cream Cheese Elle & Vire Professionnel®. Questo “formaggio alla panna” dalla texture scioglievole e dal gusto fresco, facile da incorporare e da spalmare, è la base perfetta per realizzare le due panne cotte, che avranno così un gusto leggero, fresco e intrigante. �� cod 95182
Debora Vena ci offre un’ispirazione che unisce semplicità e raffinatezza: il suo dessert gluten free “Zaffiro” è una rivisitazione della classica panna cotta, che stupisce per facilità di esecuzione e presentazione
Un dolce tipico partenopeo, non solo legato al periodo pasquale, che ha ottenuto il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale campano. Si tratta di una torta di pasta frolla farcita con un impasto base di ricotta, zucchero, uova e grano bollito nel latte e ricoperta di listarelle della stessa pasta frolla intrecciate. Colore giallo oro molto intenso, profumo e sapore cambiano a seconda delle spezie e degli aromi utilizzati.
La ricetta classica prevede la preparazione di una frolla a base di farina, uova, strutto o burro e zucchero semolato da sistemare sul “ruoto”, la tipica tortiera in alluminio
dai bordi lisci e leggermente svasati. Per il ripieno occorrono, invece, latte, zucchero, ricotta di pecora, chicchi di grano, burro, frutta candita, uova, vaniglia, vanillina, scorza d’arancia e di limone, acqua di fiori d’arancio e cannella in polvere. Il tutto da sormontare con le striscioline di frolla e poi da cuocere in forno, con spolverata di zucchero a velo finale.
Oggi viene utilizzato il grano precotto, ideale sarebbero i chicchi di grano messi a bagno in acqua tiepida per diversi giorni e successivamente cotti nel latte con scorza di limone, zucchero, cannella, un baccello di vaniglia e un cucchiaino di burro chiarificato fino a quando il grano non avrà assorbito tutto il liquido. La prima ricetta scritta
è quella del cuoco Antonio Latini, tratta dallo “Scalco alla Moderna”, opera pubblicata negli ultimi anni del Seicento. Una ricetta per ingredienti e preparazione molto diversa da quella che conosciamo oggi. Al contrario Ippolito Cavalcanti, cuoco e letterato napoletano, pubblica nel 1837 “Cucina Teorica Pratica” che contiene la ricetta che può essere considerata la madre dell’attuale pastiera. Le origini del dolce sono molto antiche e si dice che venisse preparata per accompagnare le feste pagane che celebravano il ritorno della primavera, quando le sacerdotesse di Cerere portavano in processione un uovo come simbolo di prosperità e di vita nascente.
Numerose le leggende: quella legata alla sirena Partenope, famosa per il suo canto melodioso, che aveva scelto come dimora il golfo di Napoli. Con l’arrivo della primavera allietava le genti con le sue melodie e in ringraziamento riceveva sette doni simbolici: la farina, simbolo di ricchezza; la ricotta, simbolo di abbondanza; le uova, che richiamano la fertilità; il grano cotto nel latte, a simboleggiare la fusione di regno animale e vegetale; i fiori d’arancio, profumo della terra campana; le spezie, omaggio di tutti i popoli dell’ecumene; e lo zucchero, per celebrare la dolcezza del canto della sirena. A questo punto vi sono due versioni diverse sulla nascita del dolce: una dice che fu proprio per mano di Partenope che, mescolando questi ingredienti, creò la pastiera, dall’altra parte il merito della creazione viene attribuito agli dei.
Al pari di altri dolci tipici napoletani, la pastiera potrebbe anche essere nata nelle cucine di un convento �� cod 94942
5 Hats, assieme ad Italia a Tavola, scoverà le Maestrie italiane del food&beverage interagendo con trasformatori, produttori o tecnici del settore accostandoli e miscelandoli come in un affascinante drink in pairing con arte, architettura, cinematografia, teatro, fotografia, pittura e molto molto altro.
Fabio Fazio e Davide Petrini hanno rilavato la storica azienda, situata a Varazze (Sv), dandole una nuova vita e offrendo una nuova prospettiva alle persone che vi lavorano. I valori fondamentali sono cura e passione
Fabio Di Pietro
AAh, la Liguria! Mi piace sempre parlare di luoghi in cui il verde delle colline e il blu del mare si fondono in un tutt’uno di scorci, luci e profumi. Nel peregrinare nel mio scouting mi trovo a Ponente nel Savonese: ho sempre sentito parlare di questi luoghi come terra di cerami-
ca, di oliva arnasca, di casinò, di celebreties e di farinata: mai avrei pensato (c’è sempre da imparare) di imbattermi in un’istituzione del cioccolato che affonda le radici nel territorio dal 1938. Lavoratti comincia nella prima metà del secolo, offrendo ai bagnanti in spiaggia a Varazze bibite e dolci da consumare nel momento di relax baciati dal sole: il grande apprezzamento dei prodotti fa pensare ad Aliberto Lavoratti di aprir bottega in paese.
Questo enorme valore artigianale rimane nel cuore dei bambini di un tempo tanto che oggi l’azienda è stata rilevata da una cordata di quei ex bambini che si emozionavano di fronte a quei prodotti; Fabio Fazio assieme a Davide Petrini sono alcuni di questi e, da pochi anni, hanno avuto la visione di fare di Lavoratti un “artigianato organizzato”, mantenendo gli stessi valori produttivi e costruendo a supporto un management che possa
sostenere lo sviluppo commerciale del prodotto. Questo binomio ricorre spesso ultimamente, motivo per il quale oggi ho la possibilità di fare due chiacchiere con Davide al quale rivolgo, fra un cioccolatino e l’altro, le prime domande.
Avete intrapreso con coraggio la visione di valorizzare un brand storico per il territorio volendolo condividere con l’Italia e anche oltre confine: perché credere proprio nel cioccolato?
Lavoratti era un’azienda storica del nostro territorio, parte della memoria e dell’identità di una comunità: ecco perché crederci, ecco perché il cioccolato. È stato il filo conduttore di questo racconto a cui abbiamo deciso di non permettere che finisse, ma gli abbiamo donato una nuova vita e stiamo scrivendo un nuovo volume.
La maestria belga della pralineria la conosciamo bene, ma possiamo indicare anche l’Italia come “terra di cioccolato”?
Il Made in Italy è il terzo marchio più conosciuto al mondo, dopo Mastercard e Coca Cola. Il food è uno dei nostri settori trainanti, siamo maestri del “bello, buono e ben fatto”, cosa abbiamo percorso tutto lo stivale alla
Perchè un’azienda come Lavoratti duzioni? Quali sono i punti in comune
Con Corrado abbiamo condiviso sin da subito una passione autentica per il nostro lavoro e per creare insieme qualcosa di buono. Corrado ci ha aiutato nella selezione degli ingredienti e delle materie prime.
Molti progetti nascono come progetti di maestria, ma poi si rivelano come puri progetti commerciali: perchè Lavoratti non è così?
La cura e la passione sono i nostri valori fondamentali. Ogni cosa e ogni gesto sono autentici. Selezioniamo con cura le persone che lavorano con noi, così come ogni ingrediente che trattiamo per andarlo a trasformare attraverso le sapienti mani dei nostri cioccolatieri: questa è la vera natura cod 95008
L’olio extravergine di eccellenza merita di essere scoperto, capito e abbinato a grandi piatti, in tutto il mondo. Anche nei resort e ristoranti di lusso in Thailandia può rappresentare una grande potenzialità
ono da poco rientrato da un viaggio emozionante in Asia, dove ho avuto la possibilità di conoscere località esclusive, che ricordavano il Paradiso Terrestre, e grandi città, molto diverse dalle nostre capitali europee. Ovviamente, è l’olio extravergine di eccellenza ad avermi spinto a fare la valigia e partire per un viaggio di oltre 14 ore di volo.
Sono riuscito a realizzare una serie di degustazioni di olio extravergine artigianale in alcuni ristoranti e resort thailandesi, dove la cura per i dettagli e per le materie prime sono un vero credo da raggiungere senza nessuno sconto o compromesso.
Ciò che più mi ha colpito del viaggio, e che mi piace raccontare questo mese, è la prepotenza e l’importante predominanza di molti prodotti
“burrosi” in moltissimi contesti. In location meravigliose, dove vengono preparati piatti dai gusti sublimi, sarebbero stati perfetti grandi oli come quelli che conosco bene e di cui mi ero portato una piccola delegazione che potesse esprimere il meglio per tutto il nostro Stivale. Eppure, su piatti importanti, con materie prime freschissime e di qualità altissima, vincevano frequentemente abbinamenti di burro e altri condimenti legati alla cultura europea del Nord, prettamente legata alla Francia, che vede l’uso frequente di condimenti derivanti da grassi animali.
Questo mi è dispiaciuto molto, perché con piatti soprattutto di pesce fresco, molto diffusi in Thailandia, con colorate spezie orientali e qualche verdura realizzata nelle modalità più stravaganti, l’olio extravergine artigianale sarebbe stato il vero plus del piatto, con la sua piccantezza e
lare dalla cremosità e dalla dolcezza pastosa del burro o di altre sostanze
circolatorie e impattando anche sul nostro fegato.
Il successo più grande per me è stato, quindi, vedere il personale di resort e ristoranti di lusso chiudere gli occhi, immergere il naso nei bicchierini di olio extravergine di alcuni bravi olivicoltori e vedere la loro reazione. I loro occhi mostravano sorpresa, curiosità mista a perplessità, nel tentativo di capire di più di un prodotto non così comune, ma che può rivelare grandi potenzialità per le loro strutture.
Il vero olio extravergine di eccellenza merita di essere scoperto, capito e abbinato a grandi piatti, in tutto il mondo. E anzi, diventa la nostra vera sfida: noi comunicatori abbiamo il dovere di far scoprire e comprendere questo prodotto in Italia in primis, ma di esportare questo prodotto in tutti i continenti. Io ho compreso questa esigenza e accolto la sfida.
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Tra obblighi normativi e opportunità di innovazione, il registratore di cassa diventa un hub gestionale per l’Horeca e sul mercato si affacciano soluzioni miste e adeguate per varie esigenze
Giambattista
Marchetto
arçon, l’addition s’il vous plaît. Si fa presto a chiedere il conto, eppure oggi l’innovazione per l’Horeca passa anche da registratori di cassa telematici e sistemi di fatturazione elettronica, ma anche counter interfacciati con il magazzino per una gestione 4.0
della logistica. Tra obblighi normativi, procedure accelerate e sviluppo di format multicanale, stare al passo con queste evoluzioni è divenuta (quasi) una necessità.
Peraltro, grazie ai fondi per la transizione verso il 4.0, l’investimento per l’innovazione dei sistemi di pagamento è sostenuto da sgravi fiscali che lo rendono più conveniente per Horeca e retail. Il vecchio, manuale e analogico registratore di
cassa va dunque in pensione e sul mercato si affacciano soluzioni miste, adeguate a varie esigenze.
La cassa automatica È forse la soluzione più semplice. In un bar o un ristorante, con un viavai di persone spesso costante, il punto cassa può rivelare criticità legate al passaggio e alla conservazione del denaro. E se fino a qualche tempo fa la preoccupazione principale era
legata ai rischi di furto, dopo la pandemia anche la sicurezza sanitaria del personale e dei clienti diventa prioritaria. Ecco la ragione per cui, negli ultimi due anni, è più facile imbattersi in una cassa automatica, un sistema di pagamento che risulta sicuro, veloce e igienicamente conveniente rispetto a quelli manuali. La persona addetta alla cassa, infatti, deve solamente gestire i conteggi e poi monitorare il corretto pagamento, che avviene senza passaggio di denaro e pure con una contenuta distanza. Nel caso di pagamento senza contanti, ça va sans dire, tutto procede linearmente presentando la carta e attendendo l’emissione automatica della ricevuta da parte della macchina. L’intermediazione è però agevole anche per chi utilizza banconote e monete, dato che la cassa automatica incamera il denaro, eroga il resto e poi conserva in condizioni di maggiore sicurezza l’incasso. Alla sicurezza nella conservazione del contante, che non viene esposto all’apertura e chiusura del vecchio cassetto, corrisponde anche la precisione nell’emissione del resto
e soprattutto una verifica immediata sull’autenticità delle banconote, dato che pressoché tutte le casse automatiche in distribuzione hanno lettori ottici programmati per identificare eventuali biglietti contraffatti in maniera immediata.
Le normative sempre più stringenti per il contrasto all’evasione fiscale hanno portato all’introduzione per tutti gli esercenti di un obbligo che risulta abbastanza oneroso: dotarsi di un registratore di cassa telematico. Vale però la pena di considerare l’obbligo come un investimento (in parte detraibile) per aggiornare il rapporto con il team del ristorante, dell’hotel, del bar e per dare servizi più al passo con i tempi.
È dunque assodato che quel che serve è un
counter in grado di processare automaticamente l’invio dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate (attraverso lo specifico Sistema di Interscambio), semplificando una procedura che in alcuni esercizi era ancora manuale. Ci sono poi soluzioni - come EasyCassa di Mooney, lanciato con un focus su format e franchising - che giocano un all-in. Mentre infatti il sistema consente di ottemperare agli obblighi di legge (e di emettere scontrini validi per la Lotteria), permette anche di gestire la fatturazione attiva e passiva senza limiti, facilitando la registrazione dei clienti che vengono automaticamente inseriti in un database.
C’è poi la cassa senza cassiere, come il “totem digitale” che CEI Systems propone come naturale evoluzione del punto cassa. Questa tipologia di prodotto è ideale per le attività che richiedono velocità nella scelta e nell’acquisto di un pasto, dal fast food al take away, dalle mense ai ristoranti self service. I vantaggi sono molto concreti: massimo controllo delle entrate, riduzione delle code, calo drastico degli ammanchi di cassa e degli errori umani in fase di pagamento. Da CEI sottolineano come, paradossalmente, il totem porti una maggiore interattività con il cliente.
Non mancano le soluzioni che in-
tegrano nel registratore di cassa di nuova generazione le funzionalità Pos, come il sistema RCH Pay che consente di ricevere pagamenti tapto-phone attraverso un dispositivo Android e una app scaricabile da GooglePlay. Attraverso la app RCH PayBox, infatti, la piattaforma comunica con la cassa telematica e completa il processo di pagamento. Il tutto senza hardware aggiunti.
Come si è intuito recentemente alla fiera Hospitality Riva, le opportunità che il mercato propone per supportare l’evoluzione del concetto di “cassa” nell’Horeca guardano però sempre più a soluzioni integrate tra la mera raccolta di ordini con successiva emissione del conto e una serie di processi di monitoraggio del business, gestione del magazzino e degli ordini, analisi giacenze.
Ecco perché il registratore di cassa diventa sempre più snello, spostandosi sul cloud e trasformandosi in un software. Qualche esempio? Il gestionale CassaNova di Teamsystem, che installato sul tablet include gestione magazzino (e multi-magazzino) e iniziative fidelity per i clienti. Oppure il gestionale OfSale, che accompagna l’ordine dalla comanda allo scontrino, che può essere
materializzato su una normale stampante o inviato in e-mail, permette la prenotazione tavoli e la possibilità di ordine direttamente dallo smartphone del cliente. Oppure come la app Stat Manager di SC Sistemi di Cassa, che riunisce nel tablet un sistema in cloud per la gestione mutistore, collega gli ordini alle giacenze in magazzino e segnala la necessità di riordino, si integra con i sistemi pos e smart-pos, restituisce dati analitici sul food&beverage cost e sulla profittabilità.
Con un focus sul beverage, un servizio strategico è nella app TWS4Restaurants (The Winesider for Restaurants). La food-tech genovese propone infatti un processo di digitalizzazione della cantina, offrendo all’Horeca oltre 1500 etichette in conto vendita e un ventaglio di servizi correlati per la gestione del vino, con analisi revenue e soprattutto una gestione completa e facilitata delle giacenze e degli ordini.
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Un sistema di pagamento tecnologicamente evoluto, facile da gestire, sicuro ed economico. Tutto questo è RCH Pay, l’innovativa soluzione tap on phone sviluppata da RCH Spa, da 50 anni punto di riferimento nelle soluzioni avanzate per la gestione del punto vendita, che consente agli esercizi commerciali di accettare pagamenti contactless sui differenti circuiti, utilizzando il proprio smartphone come se fosse un Pos.
Lo sviluppo tecnologico di RCH Pay nasce all’interno di RCH Lab, l’unità di ricerca e sviluppo dell’azienda trevigiana, in collaborazione con
Visa, avvalendosi degli standard di sicurezza del network.
Si tratta di un sistema utilizzabile ovunque, che non richiede né costi di attivazione né canoni mensili, in grado di accettare, attraverso un semplice dispositivo Android, i pagamenti dei clienti su tutti i principali circuiti. RCH Pay è attivabile registrandosi sulla piattaforma RCH X-Market o scaricando l’app da Google PlayStore. È dotato di diverse soluzioni innovative che rendono i pagamenti più semplici e immediati, tra cui Pin on glass, che consente di inserire il pin sullo schermo del telefono in totale sicurezza in caso di pagamenti per
i quali è richiesto l’inserimento del codice.
RCH Pay rappresenta, dunque, la risposta concreta alle esigenze degli esercizi commerciali che devono far fronte alle crescenti richieste di pagamento contactless. Non necessita di alcun hardware aggiuntivo, basta utilizzare il proprio smartphone o tablet Android per consentire ai clienti pagamenti contactless immediati e sicuri. Il valore aggiunto di RCH Pay è che è implementabile su un numero illimitato di device, connessi allo stesso punto cassa, assegnati agli operatori del locale, snellendo così le procedure di pagamento che possono essere effettuate anche direttamente al tavolo o in mobilità.
Ma i plus non finiscono qui. Grazie a RCH X-Market, il marketplace digitale di RCH, la cassa diventa un vero e proprio hub digitale in grado di governare la domotica degli ambienti, sanificare le aree, gestire i processi commerciali e i servizi di pagamento. Si possono, inoltre, utilizzare app specifiche per raccogliere ordini d’acquisto, pianificare appuntamenti e attività, organizzare le risorse interne ed erogare servizi di terzi per i clienti.
Tutte queste potenzialità consentono agli esercizi commerciali di allinearsi alle dinamiche esigenze dei propri clienti, facendo di RCH il sistema che semplifica la vita degli esercenti e ne accresce le potenzialità di business. �� cod 95111
Per ampliare l’area destinata ai clienti sulla terrazza fronte lago, un rinomato brewpub nei pressi di Rimini si è affidato alla pergola Zenit di Gibus, soluzione elegante e funzionale in grado di elevare l’impatto estetico del locale, incrementandone al contempo la capacità ricettiva anche nei mesi più freschi. Le spiagge dorate della riviera adriatica sono un luogo alquanto amato da italiani e stranieri per le vacanze estive, ma è sulle dolci colline dell’entroterra riminese che si assaporano pienamente l’ospitalità, la cordialità
e l’allegria che distinguono il popolo romagnolo.
Baldoria Brewpub è uno dei migliori esempi di questo lifestyle tipicamente italiano, che seduce ogni anno milioni di turisti. Situato a pochi minuti dal centro di Rimini e dall’autostrada, il locale è il risultato della riqualificazione dell’ex Velvet, rinomata discoteca rock che ha visto esibirsi molti famosi musicisti. L’offerta del pub è all’insegna di una convivialità gioiosa e consapevole: il buon cibo della cucina italiana, preparato con alimenti di origine locale, è accompagnato da
birra non pastorizzata, prodotta artigianalmente con ingredienti da filiera corta nel birrificio interno, visibile dal pub attraverso una grande vetrata. E poi tanto, tanto divertimento con musica e spettacoli dal vivo, per un aperitivo o una cena in compagnia di amici, parenti e colleghi, come per un evento personalizzato per gruppi da oltre 200 persone. Non manca inoltre, nella proposta del brewpub, la giusta dose di relax, da godersi nelle aree per picnic e per i giochi dei bambini interne al parco, oppure passeggiando lungo le rive del lago.
Baldoria si presenta strutturato in tre distinte zone: il birrificio con distilleria a vista, una sala ristorante coperta con relativo spazio esterno e una birreria al piano superiore, composta da un’area indoor e una terrazza esterna. Per incrementare il business della birreria, che internamente non dispone di spazi importanti per accogliere gli ospiti, i proprietari hanno scelto di valorizzare la zona outdoor adiacente, rendendola più funzionale, in modo da ampliare la capacità ricettiva del locale anche nei mesi più freschi. Proprio sulla terrazza rivolta verso il verde, dunque, a protezione dell’area per le consumazioni all’aperto, è stata installata una soluzione Gibus. Si tratta di una pergola Zenit addossata alla parete dell’edificio, equipaggiata con tende a caduta verticale Click Zip completamente trasparenti.
Caratterizzata da una struttura modulare a tripla campata, questa pergola si inserisce con stile e funzionalità nel disegno dell’edificio, creando un nuovo spazio di mediazione fra interno ed esterno, utilizzabile in ogni periodo dell’anno in quanto coperto e riparato, nonchè impreziosito dalla splendida veduta del lago immerso nel paesaggio rurale. Con traddistinta da linee pulite ed essenziali, la pergola Gibus dialoga sapientemente con l’architettura del bewpub, non solo grazie ai suoi volumi minimal e contemporanei, ma anche in virtù della peculiare tonalità corten scelta per la struttura in allu-
minio, in assoluta linea con la personalità industrial del locale.
Grazie alla tenda scorrevole a impacchettamento di cui è dotata, Zenit ombreggia e ripara dalle precipitazioni una settantina di posti a sedere, offrendo ai clienti una zona particolarmente gradevole e, in virtù delle tende trasparenti laterali Click Zip con telo Cristal, protetta anche dal vento e dall’umidità. Nelle stagioni di transizione, inoltre, il telo mobile di copertura può essere chiuso e aperto in pochi secondi, permettendo agli ospiti del Baldoria di gustarsi non solo le proposte del menu ma anche il tiepido calore del
Zenit è la soluzione ideale per qualsiasi locale con uno spazio esterno da valorizzare. Questo modello offre anche un contributo al miglioramento del comfort termico, riducendo i consumi energetici degli edifici a cui viene addossata. Zenit presenta una struttura in alluminio. La protezione dello spazio sottostante è affidata a una copertura impacchettabile con telo in tessuto pvc oscurante e impermeabile. �� cod 95061
Gibus Spa �� 049 8015392
Electrolux Professional propone apparecchiature ad alto risparmio ed efficienza energetica, che vanno dai frigoriferi e dai piani cottura, alle lavastoviglie, alle griglie elettriche e ai forni
Nel comparto della ristorazione, il concetto di sostenibilità va oltre gli ingredienti impiegati per preparare e cucinare un pasto. In cucina la sostenibilità inizia dalle attrezzature utilizzate. Apparecchiature efficienti e ad alto risparmio energetico aiutano gli operatori a ridurre i costi di gestione.
Per ammodernare la propria cucina professionale, Electrolux Professional ha tutto quello che serve.
I frigoriferi ecostore, disponibili in classe A, progettati per operare anche nelle cucine più calde, garantiscono una maggiore capaci-
tà e un livello di efficienza energetica ai vertici del settore. Con i frigoriferi ecostore in classe A la bolletta elettrica può essere ridotta dell’80% (risparmio energetico potenziale ottenuto comparando frigoriferi in classe G con equivalenti armadi refrigerati in classe A).
Per risparmiare energia nella propria cucina ci sono i piani cottura a induzione e i tuttapiastra elettrici con “Ecotop”. I piani cottura a induzione riducono i consumi di energia del 60%. I tuttapiastra elettrici con lo speciale rivestimento “Ecotop” garantiscono invece un risparmio del 35%.
Le griglie elettriche ad alte prestazioni riducono il tempo di cottura, risparmiando energia, possono essere mantenute al minimo quando non vengono utilizzate e consentono di ridurre i consumi energetici del 30%.
Il forno SkyLine combi, tra le tante caratteristiche, è dotato della funzione Plan&Save, che si basa sull’intelligenza artificiale e suggerisce la migliore sequenza di cottura con una riduzione del 10% della spesa per l’energia.
Le lavastoviglie a cesto trascinato “green&clean” utilizzano meno acqua, detergente, elettricità e brillantante, con un risparmio energetico del 34% (risparmio calcolato in base a test interni). La sostenibilità di una cucina professionale passa anche attraverso la scelta consapevole al momento dell’acquisto di nuove attrezzature.
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Pavoni Italia è una delle più importanti aziende italiane produttrici di attrezzature professionali nel settore dell’arte bianca, pasticceria e ristorazione. L’azienda è nata nel 1980 come produttrice di contenitori in plastica per il mondo della panificazione, diventando un’azienda di riferimento nel mondo.
Oggi offre una gamma di circa 6 mila articoli destinati ai professionisti della pasticceria, del cioccolato, della ristorazio-
settori della ristorazione e della pasticceria. Spicca per il suo successo nei ristoranti di tutto il mondo la linea Gourmand una gamma raffinata di stampi in silicone adatti alla preparazione di appetizer, portate principali e dessert. Nel 2023, stimolati dalla continua collaborazione con lo stimato chef Paolo Griffa, la gamma Gourmand si arricchisce con Tuiles.
Design ricchi di dettagli, ispirati alle linee pure della geometria e alle forme organiche della natura: sorprendenti api, fiocchi di neve, foglie e farfalle. Stampi per sottili decori dolci o salati da utilizzare con il cioccolato o con paste sigaretta e da cottura:
Prosegue la collaborazione con lo chef Paolo Griffa e propone nuovi stampi per sottili decori, dal design ricchi di dettagli, ispirati alle linee pure della geometria e alle forme organiche della natura
L’app Professional Filter Service di Brita è l’assistente virtuale per le specifiche soluzioni di filtrazione dell’acqua. Questo strumento unico e completo aiuta a determinare capacità e tipologia del filtro adatto alle esigenze specifiche dell’interlocutore.
Fornisce linee guida di installazione dettagliate per i tecnici dell’assistenza, calcola quando i filtri devono essere sostituiti e dispone di molte altre utili funzioni, come video tutorial, manuali e schede tecniche di prodotto.
Un’unica app per più funzioni:
1) Consulente per i filtri - trova il filtro adatto alle tue esigenze in pochi pas-
saggi, perché ti permette di:
• selezionare il campo di applicazione:
• inserire la qualità dell’acqua;
• inserire il consumo annuo;
• ricevere suggerimenti sul filtro adatto alle esigenze specifiche.
2) Assistente per l’installazione - fornisce assistenza e indicazioni durante il processo di installazione e imposta i promemoria per la sostituzione del filtro e ti permette di:
• selezionare l’impostazione di bypass corretta;
• conoscere la data di sostituzione del filtro;
• impostare promemoria per la sostituzione del filtro con notifiche e-mail o dal calendario;
• disporre di istruzioni dettagliate d’installazione.
3) Manuali - accesso completo a manuali, video, brochure, schede tecniche e tabelle relative alle capacità.
4) Impostazioni - è possibile personalizzare l’interfaccia, scegliendo tra nove opzioni di lingua e l’unità di misura di durezza dell’acqua.
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Per informazioni: www.brita.it/app-professional-filter-service
di Gabriele Ancona
Alta cucina sotto pressione in questo periodo. Basta pensare al caso Noma, a Copenhagen, per cinque volte eletto miglior ristorante al mondo. Il cuoco danese René Redzepi ha chiuso i battenti, perché il blasonato tre stelle non era più sostenibile a livello di costi e ritmi di lavoro.
I costi sono alle stelle, vero, ma vanno a finire sulle spalle della clientela, quella che le ha larghe. Ma gli altri? Si può obiettare che non l’ha prescritto il medico di scegliere uno stellato, come di non infilarsi in un concessionario Bentley. Ma per far fronte a questa situazione la nostra ristorazione stellata
che formule adotta? Ci sono costi differenziati tra mezzogiorno e cena, c'è chi accorcia i menu per ridurre i costi e c'è chi, con la garazia del proprio nome, apre locali di format più abbordabile (dai bistrot alle trattorie). Insomma le formule possono essere tante e ci sono varie soluzioni per rendere più “democratica” una tavola importante. Di seguito presentiamo alcuni esempi concreti (con relativi costi) di alcuni chef patron (tutti stelle Michelin e soci Euro-Toques).
«Nel nuovo ristorante presso Casa Baglioni a Milano - spiega lo stellato Claudio Sadler - abbiamo impostato il doppio servizio. Alla mattina business lunch, comfort food con piatti della tra-
dizione. La sera, cucina più ricercata, i piatti gourmet, anche per far girare l’economia del ristorante. Si cambia formula, ma anche brigata. Un meccanismo complicato e oneroso. A mezzogiorno la spesa per la clientela è di circa 60 euro. In aggiunta c’è l’offerta che propone sui Navigli l’altro nostro locale, Chic’n Quick Trattoria Moderna. Doppia opzione, menu completo a 25 euro o, sempre alla stessa cifra, un abbondante piatto unico. Siamo alla scadenza stagionale di Ossobuco con risotto». Il Ristorante Sadler propone 3 menu degustazione tra i 140 e i 220 euro.
Silvia Baracchi: c'è anche la trattoria
Dalla città alla campagna, cambio di scenario. Silvia Baracchi, stella Mi-
chelin con Il Falconiere a San Martino Bocena, Cortona (Ar): «Qui pranzo e cena sono uguali. Al limite, un pensiero di benvenuto per la clientela locale. Ho pensato a diffe renziare l’offerta, ma siamo in mezzo alla campagna, dove non si fanno colazioni di lavoro e chi sceglie di ve nire da noi certo non scappa con il boccone in gola. L’area geografica e il bacino di utenza condizionano la formula». Ben 4 i menu degustazione (da 130 a 145 euro), ma si possono scegliere anche piatti à la carte: 2 per 80 euro, 3 per 105, 4 a 120.
il Principe Cerami a Taormina (Me).
«Siamo al San Domenico Palace, A Four Seasons Hotel - racconta - e possiamo offrire agli ospiti ben tre opzioni. Il Principe Cerami è aperto solo la sera, ma Bar e Chiostro e Anciovi sono a disposizione della clientela anche di giorno. Sono formule diverse che si vendono da sole. Siamo in un hotel di lusso, in grado comunque di modulare l’offerta». Il menu del Principe Cerami è accessibile per 140 euro, mentre Bar e Chiostro e Anciovi per un antipasto e un primo o un secondo oscillano rispettivamente tra 5060 euro e 75-80 euro.
il periodo storico, con tutte queste negatività, certo non aiuta. Però, dopo 39 anni, la qualità del nostro lavoro è rassicurante». Tre i menu degustazione, da 155 a 175 euro oppure si può optare per due piatti a 110 euro o 3 a 130. Ma in più c'è l'offerta, di alta qualità, ma più smart, del Cladestino.
Sulla stessa linea Luca Marchini, L’Erba del Re a Modena, stella Michelin. «C’è stato un momento in cui ho adottato la formula business lunchspiega - ma mi sembrava di snaturare il locale con menu differenti tra mattina e sera. E poi le marginalità, che sono basse. Si possono aumentare i coperti, ma per avere un ritorno sono necessari 10-20 posti in più, con tutti i costi che comportano. Abbiamo 3 menu degustazione. In questo caso l’ospite può scegliere il numero di portate, da 10 a 4. La spesa è certo inferiore, ma non in proporzione. La forbice è tra i 135 e i 90 euro».
Chi può godere di una buona flessibilità, per la struttura in cui opera, è Massimo Mantarro, una stella con
«Con 20 addetti è difficile trovare una quadra - puntualizza il due stelle Moreno Cedroni dalla Madonnina del Pescatore di Marzocca di Senigallia (An) - Ho provato in passa to a proporre prezzi diversi tra pranzo e cena, ma “l’offerta” non va d’accordo con “l’esperienza”. Siamo inoltre le gati a fattori ester ni come il tempo; se le previsioni danno brutto cambia anche la disponibilità della clientela. Ci auguriamo che esca di casa sempre di più, ma è mutevole e
Chi ha provato a diversificare l’offerta con una declinazione più alla portata di molti è la famiglia Cerea, alla guida di Da Vittorio, 3 stelle Michelin a Brusaporto (Bg). «Il nostro DaV Milano - racconta Enrico Cerea - propone una cucina più friendly e casual. Riusciamo a offrire un’esperienza diversa e molto piacevole. Un contesto informale, ma sempre di livello, che fa dell’accoglienza, oltre che della cucina, un punto di forza. Una formula che sta riscontrando un ampio gradimento». Sono quattro i menu degustazione a Brusaporto, da 220 a 360 euro. A Dav Milano sono due da 65 e 110. Un terzo a base di tartufo offre piatti singoli da 65 a 95 euro. Volendo c'è anche la pizza. La più a buon mercato è la Scarpetta (sugo ai tre pomodori e basilico, 25 euro), quella più impegnativa La Perla Nera (100 euro) con burrata, crema acida, uovo mimosa, bottarga di muggine, erba cipollina e caviale Oscietra 50 grammi.
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La madre di tutte le sperimentazioni in cucina sembrava finita nel dimenticatoio, ma esiste. L'esperienza di due cuochi molecolaristi come Ettore Bocchia e Daniel Facen. Quando scienza, chimica e fisica sono utilizzate per valorizzare gli alimenti: «Non si modifica la tradizione, ma la si amplia per esaltare il prodotto»
di Gabriele AnconaStiamo vivendo un’epoca, in assoluto, che sta mettendo in discussione tutto. Le carte vengono sparigliate di continuo, forse anche per assecondare la fame di novità e di tendenze che crea il mondo dei social nella sua dimensione di autoreferenzialità collettiva. Questo meccanismo da gioco del flipper non risparmia nemmeno la cucina. Chi sembra finita nel dimenticatoio è la cucina molecolare, la madre di tutte le sperimentazioni.
A torto, perché offre la possibilità di scoprire nuovi sapori ed è un valore anche dal punto di vista dietetico e nutrizionale. Aspetti che la metterebbero sul podio dei trend in atto. Ci si chiede allora se ci abbia visto lungo Ferran Adrià il 31 luglio 2011 quando ha chiuso il suo El Bulli in Calle Montjou, Costa
Brava. La cucina molecolare, per il suo alfiere globale, sarà stata solo una tappa del percorso di ricerca?
Eppure le sue basi sono un attestato di modernità. Lo conferma il “Manifesto della Cucina Molecolare Italiana" redatto nel 2003 da Davide Cassi, del dipartimento di fisica dell’Università di Parma, e da Ettore Bocchia, cuoco del Ristorante Mistral Grand Hotel Villa Serbelloni di Bellagio (Co), che l’anno precedente aveva presentato per la prima volta in Italia un menu solo molecolare. Tra i diversi enunciati il Manifesto è antesignano: “Le nuove tecniche di cottura e preparazione e i nuovi piatti sono studiati e pensati per valorizzare gli ingredienti naturali e le materie prime italiane di qualità. La cucina molecolare
italiana sarà attenta ai valori nutrizionali e al benessere di chi mangia”. Pensieri attuali, ma con vent’anni di anticipo.
Bocchia: le 7 tecniche di Cucina molecolare sono oggi di dominio pubblico
«La cucina molecolare non è stata capita - spiega Ettore Bocchia - Le persone non hanno voglia di approfondire. Non è nient’altro che studio e ricerca applicati alla cucina. Tanto per chiarire, si fa cucina molecolare anche quando si preparano degli spaghetti al pomodoro. Le sette tecniche di cucina non esistevano vent’anni fa , ma oggi sono di dominio pubblico. Concetti normali, un tempo innovativi. Il futuro che è diventato “l’uovo di Colombo”. La cucina molecolare non vuole modificare la tradizione, ma ampliarla al fine di esaltare
con allevatori e produttori. Sembra un paradosso, ma oggi l’innovazione più grande è il mattarello per tirare la pasta, sempre che si siano selezionate uova e farina di alto profilo. Più si va avanti e più bisogna tornare indietro»..
In seconda battuta non ci siamo fatti sfuggire un'altra autorità in materia. Daniel Facen, oggi cuoco presso Love Banqueting di Bergamo, in passato ha dichiarato: «La ricerca è tutto per me, non mi fermo mai, nella speranza di continuare ad avere tanta fantasia; personalmente delle certezze non so che farmene». Granitico. E oggi. «Mi fa piacere che si parli di cucina molecola re anche se c’è chi pensa che non sia più di moda - sottolinea - Le mode non c’entrano nulla. Non è altro che scienza applicata agli alimenti, una necessità per i cuochi e per i clienti.
Altro che moda, è il tendere alla massima espressione del gusto: un do vere da parte di ogni cuoco. È il mettere a disposizione quello che la natura ti
offre. Rovinarlo è un sacrilegio. Certo, bisogna sapere come trattarla. Si tratta di scienza, chimica e fisica declinate a favore degli alimenti. E la loro conoscenza non può essere in declino. La cucina molecolare non è affatto in declino, siamo solo agli inizi. È la cucina
Apparsa a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, la cucina molecolare ha rivoluzionato letteralmente il modo di concepire la cucina. A studiarla per primi sono stati i ricercatori francesi dell’Inra, l’Institut National de la Recherche Agronomique, con il fisico e gastronomo Hervé This e il premio Nobel per la Fisica Gilles de Gennes.
Alla base della cucina molecolare c’è uno studio accurato e scientifico sui meccanismi che si scatenano durante le trasformazioni culinarie, al fine di ricercare e ottenere nuovi metodi di preparazione e cottura dei cibi, alternativi a quelli tradizionali. La preparazione nella cucina molecolare si fonda sull’utilizzo di schiume, additivi, gelatine, che servono per realizzare piatti che portano con
menti straordinari, pur rispettando le caratteristiche organolettiche dei cibi.
La cucina molecolare abbandona la fiamma, perché la principale tecnica di cottura dei cibi avviene attraverso reazioni chimiche immediate, ottenute con particolari sostanze, quali gli additivi; tra questi:
• l’agar agar
• la carragenina
• la gelatina
• il gellano
Le 7 tecniche principali di lavorazione nella cucina molecolare sono:
1. la gelificazione (sostanze liquide solidificate e trasformate in gel alimentari);
2. la sferificazione (piccoli globuli di sapori che ‘scoppiano’ in bocca);
3. la pressurizzazione degli alimenti allo stato liquido con un sifone per farli aumentare di volume;
4. la sospensione (grazie alla quale frutti ed erbe aromatiche non precipitano in fondo a soluzioni cremose);
5. il raffreddamento attraverso azoto liquido;
6. la frittura nello zucchero (senza oli
rario), Davide Oldani (presidente), Claudio Sadler (vicepresidente), Antonio Santini (vicepresidente), Massimo Bottura, Moreno Cedroni, Francesco Cerea, Gennaro Esposito, Giancarlo Morelli e Martin Dalsass. Rappresentano 102 ristoranti, con un’anima spiccatamente italiana - 96 soci distribuiti dal Trentino Alto Adige alla Sicilia - e 6 presenze all’estero, in Lussemburgo, Principato di Monaco, Slovenia e Svizzera.
di Alberto LupiniPer l’alta cucina italiana, quella vera e che poco indulge con le tendenze (oggi forse in crisi) del cosiddetto fine dining (la cucina “ricercata” e spesso estrema), potrebbe essere davvero il tempo di una svolta per molti versi epocale: a guidare Le Soste, l’associazione che da sempre rappresenta l’eccellenza di tutte le professioni della ristorazione: cucina, sala, gestione e sommellerie, da fine aprile sarà Davide Oldani, l’inventore della cosiddetta “cucina pop”, basata sulla semplicità e su materie prime anche “umili”. Il cuoco milanese (anzi di Cornaredo, dove vive ed ha da sempre il suo ristorante, il “D’O”, 2 stelle Michelin e una stella verde), allievo di Gualtiero Marchesi, raccoglierà il testimone di
Claudio Sadler (chef-patron dell'omonimo ristorante, 1 stella) che lascia la presidenza dopo 9 anni di impegno per valorizzarla, restandone vicepresidente a fianco di Antonio Santini (patron del ristorante Dal Pescatore, ristorante 3 stelle).
L’elezione a presidente (forse con la qualifica 'ad honorem' o onorario, una sorta di Primis Inter parrà) che a questo punto si prevede all’unanimità, sarà fatta dal consiglio direttivo de Le Soste a fine aprile, dopo che il prossimo presidente Oldani è stato cooptato al posto di Viviana Varese. Questo il nuovo assetto del direttivo che guiderà l’associazione nel 41° anno dalla fondazione: Ezio Santin (presidente ono-
L’incarico di Davide Oldani (che non dovrebbe occuparsi della gestione economica dell'associazione) pare possa essere inizialmente per un anno o due, per tenere conto di una volontà del nuovo presidente di coinvolgere un po’ tutti i 102 professionisti, ma questo sarà deciso a suo tempo. Il suo progetto, condiviso da tutto il direttivo, è quello di rafforzare sempre più l’associazione e farne uno dei riferimenti più rappresentativi dell’alta ristorazione italiana. E in questa prospettiva, in continuità con quanto fatto da Sadler, il ruolo di Davide Oldani è centrale proprio per la sua immagine fresca e lontana dalle retoriche o autocelebrazioni tipiche di molti chef stellati.
Per molti anni il suo è stato un locale simbolo, da raggiungere dopo mesi di prenotazioni e all’insegna di prezzi bassi in riferimento alla proposta della cucina. Lontano dai prezzi alti che da sempre hanno segnato la ristorazione milanese. Un modo per avvicinare i consumatori all’alta cucina senza spaventarli. �� cod 95243
La pasta ripiena, grande tradizione della cucina e della cultura italiana, vanta certamente origini antiche: tanto che già nel XII, in particolare a Bologna, si inizia a parlare di tortellini, ravioli e cappelletti. Se da una parte si ritrovano, quindi, alcuni esempi di pasta ripiena già agli albori del Medioevo, è nelle corti rinascimentali italiane che prende vita questa proposta culinaria.
Uno dei consigli per far risaltare un raviolo è realizzare una pasta molto proteica, utilizzando una pasta 30 tuorli da tirare molto sottile, in modo tale da poter dare spazio al ripieno. Proprio perchè il raviolo deve rappresentare un involucro, in cui la parte principale deve essere rappresentata dal ripieno.
Nello specifico se parliamo del raviolo, il cui nome sembra provenire da robiola, etimo medievale del latino rapa, è importante sapere che originariamente era un involucro di pasta ripieno di foglie di rapa e ricotta, particolarmente apprezzato anche da importanti scrittori e poeti delle corti rinascimentali italiane
Certamente, quindi, possiamo affermare che il raviolo e la pasta ri-
piena sono ricette della tradizione, amate e proposte da molti cuochi in Italia e nel mondo. La domanda che ci poniamo, quindi, è questa: come è possibile innovare un prodotto che rispecchia la tradizione italiana, mantenendo inalterato il gusto, ma rendendolo ancora più gustoso e gourmet.
Se prendiamo, per esempio, un tortellone alla zucca, ma potremmo parlare di qualsiasi ripieno, possiamo addizzionare alla farcia tradizionale, in una percentuale del 20%30%, il prodotto Cream Plus Mascarpone Debic, andando così a donare alla ricetta una maggiore cremosità. Questo perchè il mascarpone è un formaggio molto tecnico, se utilizzato con queste modalità: arrivato, infatti, a una temperatura di 80-90 gradi, quando mettiamo il raviolo in ebollizione, tenderà leggermente a liquefare e andrà a donare questa cremosità e questa esplosione di gusto in più, rispetto a un classico raviolo, dove magari la ricotta andando in cottura si asciuga e lascia una sensazione di maggiore rugosità in bocca.
Con l'aggiunta del 20%-30% di Cream Plus Mascarpone Debic, quindi di grassi nobili come la pan na e il mascarpone, non andiamo assolutamente a stravolgere la ri cetta, ma ne offriamo un'interpre tazione più moderna e contempo ranea per migliorarne l'esperienza in termini di gusto. Questo perchè Cream Plus Mascarpone Debic, in serito nella percentuale del 20%30%, non è caratterizzante per quanto riguarda il sapore del ravio lo, ma è in grado di donare una tecnicità maggiore al piatto, che lo rende più gustoso al palato. Cream Plus Mascarpone Debic, infine, è un prodotto UHT, con cui non possono esserci problematiche di contaminazione batteriologica: può essere utilizzato, quindi, anche per queste preparazioni sia a freddo sia a caldo. �� cod 95220 Per informazioni:
www.debic.com/it-it
Cream Plus Mascarpone Debic è un prodotto pensato appositamente per le mani dei professionisti: si tratta di una soluzione capace di far risparmiare tempo e portare una carica extra di gusto nella tua cucina. Nata dalla combinazione di panna al 35% di grassi e il mascarpone, garantisce un equilibrio perfetto tra questi due ingredienti. Non coagula, si distingue per la texture eccezionale e riesce a garantire una tenuta che dura nel tempo. Senza contare che è il prodotto perfetto per decorare e arricchire portate dolci e salate.
di Carla Latini
Michele Antonelli è oggi il cuoco di Gastrobi, coltivatori in cucina a Villa Musone, sotto la Basilica di Loreto in provincia di Ancona. Un progetto nuovo che coinvolge agricoltori, allevatori e produttori artigianali locali. In primis sua nonna e la sua azienda agricola.
Gastrobi nasce durante il Covid, insieme a Matteo Antonelli, cugino di Michele, brillante sommelier marchigiano con una luminosa carriera all’orizzonte. A Gastrobi, insieme, hanno reinventato la merenda, la gastronomia marchigiana da asporto e consegnata a domicilio, la cena degustazione che inizia dal tardo pomeriggio. Tutto è fatto in casa a mano, dalle paste ripiene, al pane, alla pizza in pala, ai lievitati dolci e
salati. Michele ha partecipato alla finale del Premio San Pellegrino Young Chef Academy e si è raccontato così: «Mi definisco un autodidatta che ha avuto la fortuna di incontrare maestri e colleghi eccellenti. Prima esperienza a Filottrano (An) dallo chef Enzo Pittura per poi passare a Bardolino (Vr) sotto la supervisione di chef Simone Gottardello, successivamente a Brusaporto (Bg), dimora della Famiglia Cerea, ovvero il Ristorante “Da Vittorio” 3 stelle Michelin. Poi volo in Finlandia dove faccio esperienza ai ristoranti Ora, 1 stella Michelin, e Natura, 1 Stella Verde Michelin. Con l’arrivo del Covid arriva questo nuovo splendido progetto, GastroBi. Nel 2022 partecipo al concorso San Pellegrino Young Chef Academy e vengo selezionato tra i 10 finalisti italiani. Alla finale italiana sono stato proclamato vincitore e parteciperò alla finale internazionale a ottobre». �� cod 95026
Da bambino cosa sognavi di diventare?
Desideravo essere simpatico agli altri Il primo sapore che ti ricordi. La minestra con il brodo con una punta di concentrato di pomodoro
Qual è il senso più importante?
L'istinto
Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato.
“Spin the Cawliflower” con cui ho vinto il San Pellegrino Young Chef Academy Italia
Come hai speso il primo stipendio?
Per offrire una bottiglia di buon vino ai miei amici
I tre piatti da provare almeno una volta nella vita.
Pasta al pomodoro, l'oca in umido al Verdicchio dei Castelli di Jesi e scorfano in guazzetto
Cosa non manca mai nel frigo di casa tua?
Passata di pomodoro
Qual è il tuo cibo consolatorio?
Un bel panino
Che rapporto hai con le tecnologie?
Amo la tecnologia
All’Inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale?
L'importante è che mi fanno cucinare Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?
Javier Zanetti, Johnny Depp, Eiichiro Oda, mio padre (così può farsi la foto con Zanetti), Fabrizio De Andrè, Leonardo Da Vinci e Antonio Nebbia
Quale quadro o artista rappresenta meglio la tua cucina?
“Notte stellata” di Vincent Van Gogh
Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe?
"Creep" dei Radiohead
Nei locali di Gabriele Dazzi si punta su Cirio Alta Cucina. La formula
è consegna a domicilio con una flotta di scooter interna. Nessuna pizza gourmet, ma un’offerta classica a prezzi per tutte le tasche
di Gabriele AnconaDa studente a imprenditore nel mondo della pizza. Questo per sommi capi il percorso di Gabriele Dazzi, 37 anni,
con la sorella Arianna alla guida della Pizzeria Il Poeta a Querceta (Lu). «Ho la laurea triennale in Lingue e la magistrale in Lettere - spiega - Un percorso di studi che non c’entra nulla con la mia professione. Sono finito in pizzeria per mantenermi gli studi. Ho fatto le stagioni e ho imparato. Poi, laureato, mi sono dato un tempo limitato per trovare un altro lavoro, ma la necessità di uno stipendio
mi ha orientato dove sapevo come muovermi».
E così Gabriele Dazzi è tornato in una pizzeria. «Mi sfruttavano, però. Ho preso così la decisione di sfruttarmi da solo e nel 2015 ho aperto Il Poeta dove sono titolare con mia sorella, che mette le mani in pasta». Il locale è una pizzeria da asporto che fa soprattutto consegne a domicilio. «Abbiamo deciso di non affidarci alle grandi strutture, ma abbiamo preferito costituire una flotta di scooter interna. Una formula che funziona. Così abbiamo aperto un secondo Il Poeta a Capezzano Pianore, frazione di Camaiore (Lu). Tra i due locali abbiamo una ventina di dipendenti».
Non male in otto anni e per chi nella pizza ci si era buttato per non perdere tempo e portare a casa uno stipendio al volo. Il Poeta ha in carta circa 40 pizze tutte orientate alla tradizione. «Vista la vicinanza alla costa ne inseriamo anche alcune con il pesce - spiega - La nostra filosofia privilegia l’offerta di un prodotto che si mangia tutti i giorni. Una pizza bassa con farcitura non gourmet, ma di buona sostanza e dal prezzo onesto. Un ottimo rapporto qualità prezzo».
Le materie prime devono quindi essere una garanzia per una proposta essenziale, ma che non deve deludere mai le aspettative. Per questo Dazzi ha scelto Cirio Alta Cucina per quanto riguarda il pomodoro e si è messo, per così dire, in cassaforte.
«Certo - puntualizza - senza ombra di dubbio. Non c’è paragone. Il nostro
cavallo di battaglia è Cuor di Pomodoro. Corposo, ti fa sentire proprio il pomodoro». La polpa è infatti ricca e cremosa, ad alta resa e con gusto intenso che si sposa a meraviglia con le pizze. «Tra quelle di maggior successo mi piace ricordare la Quattro Stagioni di mare con pomodoro, mozzarella, gamberetti, salmone,
frutti di mare e polpo e la classicissima Capricciosa: pomodoro, mozzarella, prosciutto cotto, carciofi, funghi». �� cod 95102
Nel suo La Loggetta Lab a Santa Maria Capua
Vetere (Ce) elabora la cucina classica italiana sulla pizza
Lo scorso 6 febbraio, a Roma, nella Sala della Protomoteca in Campidoglio, è stato nominato per il quarto anno consecutivo Ambasciatore Doc Italy per la Pizza Innovazione Caserta. Non poteva essere diversamente, in quanto Giu-
seppe Vitiello, oggi 37 anni, respira profumo di farina, impasto e pizza da quando ne ha 10.
«Sì, fin da bambino - confermami piaceva andare dietro il banco e in cucina nella pizzeria aperta dal papà nel 1995. È sempre stato il mio humus. Poi i locali di famiglia si sono moltiplicati, fino a sette, di cui due in
Albania, e dopo la maturità scientifica mi ci sono buttato a capofitto. Ho imparato tutte le tecniche e in ogni pizzeria ho assorbito l’arte di questa professione. Farina e impasti sono un mio punto fermo fin dagli inizi. Li ho sempre studiati in modo approfondito, molto prima di ogni tendenza in materia».
Per Giuseppe Vitiello il termine “sperimentazione” è un compagno di strada. Impasto e topping, pur mantenendo saldi i fondamentali, sono sempre in evoluzione. Dal 2014 corre da solo nella sua La Loggetta Lab a Santa Maria Capua Vetere (Ce). Un passaggio generazionale anche nell’insegna: La Loggetta è stato il primo locale aperto dal padre.
La versione Lab nasce con 150 coperti, oggi ridotti a 70. «Una decisione ben calibrata - spiega - Con una sala un po’ più snella si aumenta la qualità del servizio e dell’offerta gastronomica».
Un’attenzione e un pensiero che nascono a monte. Qui le pizze sfornate hanno alle spalle un vissuto importante. «Realizzo un impasto semidiretto con pasta di riporto per ottenere un prodotto molto armonioso e completo - racconta Vitiello - Con farina zero e aggiunta di germe di grano, viene gestito come minino 48 ore a temperatura controllata».
Le farine che hanno accesso a La Loggetta Lab sono quelle di Mulino Caputo. In particolare Nuvola Super, di grano tenero Tipo 0, appunto, e Tipo 1, sempre di grano tenero con germe e crusca. Prodotti indicati per chi ricerca un alto profilo nelle forme e nei sapori, proprio come Giuseppe Vitiello. «Con Mulino Caputo - puntualizza - la mia famiglia ha un rapporto che si consolida di anno in anno dal 1995. Farine davvero nate per soddisfare ogni esigenza professionale e che garantiscono sempre massima stabilità».
La carta de La Loggetta Lab conta una trentina di pizze, tra quelle immancabili della tradizione e le innovative. «Seguendo l’offerta stagionalesottolinea Giuseppe Vitiello - mi piace elaborare la cucina classica italiana sulla pizza. Tanto per rendere l’idea, una ricetta molto apprezzata è rappresentata dalla pizza S-polpetta, con la “S” che sta per scomposizione. Si scompone la polpetta al sugo sulla pizza equilibrando gli ingredienti».
Nel dettaglio, base fiordilatte a cui si aggiungono crumble di pane di segale, macinato di manzo, pinoli tostati, scagliette di pecorino e prezzemolo. Coup de théâtre, il servizio scenografico al tavolo: sulla pizza, da un’ampolla in coccio scaldata da una candela, si adagia il ragù napoletano filtrato.
Un’altra pizza che rimarca la tradizione gastronomica italiana è la Aglio, olio e peperoncino. «Dopo aver fatto cuocere tre volte l’aglio nel latte - spiega Vitiello - se ne ottiene una crema a cui si aggiunge provola affumicata e olio piccante. In uscita, fili di peperoncino, crumble di pane aromatizzato all’aglio, granella di nocciole tostate e prezzemolo». E il palato della clientela è felice. �� cod 94815
di Francesca Tagliabue per conto di AMPI
Come ogni anno, nel mese di aprile, Milano torna protagonista della scena inter-
nazionale del design con la Milano Design Week, una settimana con un calendario ricco di eventi, mostre, collettive, novità di prodotto, allestimenti, quartieri e feste che coinvolgono tutta la città, che diviene palco-
scenico di idee e soluzioni creative e innovative. Tra i più importanti appuntamenti internazionali dell’industria del design, la Design Week in questa edizione sceglie il tema “Laboratorio Futuro”, una riflessione su come lo immaginiamo e sulle sfide della contemporaneità, con progetti e pratiche in grado di innescare azioni di cambiamento.
Per cogliere il ritmo della città in questi giorni, un luogo imperdibile sono le “Cinque Vie”, il quartiere compreso tra le vie Santa Marta, del Bollo, Bocchetto, Santa Maria Fulcorina e Santa Maria Podone. Antiche strade milanesi che si incrociano come una stella dall’animo contemporaneo e che sono un concentrato di gallerie, atelier, studi d'artista, negozi di antiquariato, design, abbigliamento - tutti all’insegna di originalità e ricerca creativa - oltre a palazzi, musei e chiese. Gli appassionati visiteranno musei del design come quello dell’Adi - Associazione del Disegno Industriale / Compasso d’oro, della Triennale o della Fondazione Vodoz Danese.
A Milano dal 1936, stessa location e stessa famiglia ormai alla terza generazione la Pasticceria Cucchi fa parte dei Locali Storici d’Italia come dei Negozi e delle Botteghe Storiche di Milano. Con le grandi vetrine, gli arredi autentici del 1954 e i tavolini sul marciapiede, è un punto riferimento della vita milanese: nel tempo ne ha riflesso i mutamenti in termini di abitudini, gusto ed estetica, conservando intatte la propria anima e identità.
È nella storica Pasticceria Cucchi, situata nella città punto di riferimento mondiale per la design industry, che la giovane Imma Iovine, Maestro AMPI dal 2022, da due anni coniuga con successo innovazione e tradizioneImma Iovine
Una tradizione di collaborazioni in occasione della Design Week ha visto Cucchi ospitare in passate edizioni grandi aziende, esposizioni di quadri e, nel 2019, un allestimento del locale dal titolo “Caffè Concerto Cucchi”, ispirato alle origini della pasticceria. La storia, la posizione centrale, la qualità dei prodotti attirano sia clienti affezionati e residenziali, sia un pubblico curiosamente eterogeneo di intellettuali, creativi, esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo, oltre a studenti, famiglie, anziani e giovanissimi.
Lo stile di Imma Iovine, dal 2021 pastry chef e responsabile della produzione di Cucchi, è perfettamente nelle corde del locale: le sue creazioni esprimono una perfetta armonia tra passato e presente, tra la
necessità di rispettare la tradizione e il seguire i gusti che cambiano. Per Imma Iovine, l’arte della pasticceria è
un complesso equilibrio tra precisione e creatività, sensibilità e tecnica, selezione scrupolosa delle materie prime ed estrema cura del dettaglio nel combinare gusti e sapori.
Perché «Il cibo non dev’essere solo buono, ma dev’essere bello, elegante e coinvolgente» - spiega entusiasta Imma Iovine, che nel suo percorso professionale la vede entrare a far parte dell’Atelier del maestro Denis Dianin, fino a diventare responsabile di laboratorio. Tre anni dopo ritrova un altro maestro, Diego Crosara, e lo affianca in qualità di responsabile di laboratorio a Milano, nel brand di lusso Marchesi 1824 fino al settembre 2021, quando comincerà la sua avventura da Cucchi, portando un vento di innovazione, sempre nel rispetto dei principi di qualità ed eccellenza che identificano Cucchi da quasi un secolo.
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Rosati è stata confermata come segretaria generale.
Durante la 67ª assemblea nazionale Ada - Associazione direttori d'albergo è stata proclamata la nuova giunta esecutiva che terrà il timone dell'associazione per i prossimi quattro anni. In questa occasione, nella cornice di Ostuni (Br), Bartolomeo D'Amico è stato eletto, a larga maggioranza, il nuovo presidente. Ha ricevuto il testimone da Alessandro D'Andrea, ora presidente onorario.
«Mi impegno a svolgere la carica di presidente puntando sempre di più sul rapporto di amicizia che nasce dalle forme di associazionismo e che è alla base delle fondamenta di Ada, dando la possibilità ai soci di condividere esperienze che incre-
Eletto a larga maggioranza durante la 67ª assemblea nazionale a Ostuni (Br), D'Amico ha ricevuto il testimone da Alessandro D'Andrea, ora presidente onorario. Ha anticipato i nuovi progetti per l'associazione
mentano la professionalità del singolo e, indirettamente, di tutto il comparto e cercando di rendere il mestiere più divertente, così da riuscire a creare una rete commerciale e di rapporti umani tra gli albergatori e le realtà del territorio» - ha dichiarato D'Amico.
Lo affiancheranno i vicepresidenti Demetrio Metallo, Michela De Martino, Danilo Bellomo e Giuseppe Bussetti.
Andrea Carcia ha ricevuto l'incarico di amministratore, mentre Cinzia
Tra il nuovo presidente ha anche illustrato alcuni progetti che ha in cantiere per l'associazione. «Stiamo ultimando una campagna per recuperare i soci, fuoriusciti negli ultimi anni, soprattutto a causa della pandemia e della crisi economica, offrendo loro una valida motivazione per ritornare a fare parte della famiglia Ada. Stiamo, inoltre, studiando nuovi progetti dedicati ai giovani diplomati o laureandi per facilitare loro l'ingresso nel mondo del lavoro e affrontare così, almeno in parte, il problema della carenza del personale».
«Abbiamo in programma anche un evento nel periodo autunnale e di tornare a proporre la giornata del direttore d'albergo - prosegue D'Amico - Rifaremo anche il portale dell'associazione in modo che gli associati possano avere informazioni in modo semplice e veloce». �� cod 95496
Carmine Lamorte
L'Irish Coffee o caffè irlandese è sicuramente uno dei cocktail più iconici della storia del bere miscelato. La sua origine è certificata da una serie di fatti ed
eventi accaduti 80 anni fa, perché fu proprio nel 1943 che la sua storia ebbe inizio. Partiamo da Brendan O'Regan, Joe Sheridan e Stanton Delaplane. Questi tre nomi che nulla potrebbero aver a che fare uno con gli altri? In realtà una cosa in comune l’hanno, l’Irish Coffee. Mi sono recato in Irlanda nel mese di febbra-
io, andando a scoprire di persona nei luoghi dove è stato inventato la sua vera origine e storia, cercando di mettere insieme fatti accaduti in modo fortuito.
L’inizio della storia parte da Foynes, una località sperduta sull’oceano Atlantico della costa irlandese, dove aveva sede un aeroporto
sull’acqua da dove partivano gli idrovolanti che effettuavano la traversata dall’Irlanda agli Stati Uniti. Una sera del 1943 uno di questi idrovolanti chiamati “Flying Boat” partì alla volta di New York, ma dopo alcune ore di volo, causa maltempo, fu costretto a invertire la rotta e ritornare a Shannon nel cuore della notte. Di fronte allo scalo aereo e porto, vi era un ristorante bar, di proprietà del sig. O’Reagan, al quale fu chiesto di riaprire il ristorante e il bar per dare conforto ai passeggeri di quel volo. Immediatamente il personale fu allertato e nel cuore della notte riaprì il locale.
Lo chef del ristorante Joe Sheridan, che però si occupava anche del bar, ebbe l’idea di preparare un caffè americano bollente addolcito con zucchero di canna e rinforzato con il distillato Irlandese, il Whiskey, a cui ebbe l’idea di aggiungervi un cucchiaio di panna in superficie, offrendolo agli infreddoliti passeggeri.
La storia si potrebbe chiudere qui, se non che Joe Sheridan, volle riprovare a fare questa bevanda migliorando la ricetta, mettendo a punto dosi e procedimento, e cercando un bicchiere che ben si adattasse allo scopo. Fu cosi che dopo qualche mese, il nostro chef e barman bussò alla porta di Brendan O’Reagan, proprietario del locale, proponendogli di inserire nella lista del ristorante questo speciale caffè. Mostrò il drink e lo fece assaggiare al proprietario, il quale rimase entusiasta, approvando l’inserimento di questa specialità nel menu.
Il nome di questa ricetta sarebbe arrivato da lì a qualche anno, un gior-
no in cui capitò a Shannon Stanton Delaplane, giornalista del San Francisco Chronicle. Va detto che negli anni '50 l’aeroporto sull’acqua di Foynes venne spostato nella nuova località di Shannon, il quale ordinò uno di questi caffè che ormai era diventato uno dei cavalli di battaglia del posto, e quando lo assaggiò chiese allo chef e barman se quello fosse un nuovo caffè brasiliano. Così Joe Sheridan rispose prontamente: «No, signore questo è un caffè Irlandese».
La storia potrebbe nuovamente chiudersi qui, se non che il giornalista di ritorno a Los Angeles, nel bar che normalmente frequentava, il Buena Vista, raccontò al barman di questo caffè irlandese e volle farselo rifare, facendo provare più volte la preparazione, fino al raggiungimento della perfetta esecuzione.
Così la ricetta ebbe seguito nella drink list del locale e divenne il cocktail più richiesto da li a qualche mese. Nel suo racconto il giornalista parlò dell’inventore della ricetta,
tanto che la proprietà del locale negli anni '60 contattò Joes Sheridanm, invitandolo ad andare a lavorare proprio al Buena Vista come barman, per occuparsi della preparazione di questa ricetta che, ormai era diventata la più richiesta, tanto da arrivare a prepararne migliaia al giorno in alcuni momenti della settimana.
Oggi l’Irish coffee è una delle ricette più conosciute in ogni angolo della terra, entrata da anni nella codificazione ufficiale dell’Iba (International Bartenders Association) con alcune modifiche nelle dosi per renderlo attuale.
In conclusione mi chiedo, se quel giorno in cui il Dott. O’Reagan, proprietario dell’omonimo ristorante, al cui esterno è stata apposta una targa che indica il luogo di nascita dell’Irish Coffee, non avesse accolto la richiesta del suo collaboratore Joes Sheridan di inserire la ricetta nel menu del ristorante, oggi chissà se avremmo potuto deliziarci con questa specialità. �� cod 95249
Ingredienti
• Caffe 12 cl.
• Irish Whiskey 5 cl
• Panna fresca liquida 5 cl
• Zucchero di canna
2 cucchiaini
Preparazione
Preparare un caffè espresso double shot. Versare lo zucchero nel bicchiere. Unire poi il whiskey e il caffè espresso. Versare la panna. Decorare a piacere.
Servizio
Servire in un bicchiere da Irish coffee da 200 ml
Nel nostro girovagare alla ricerca di “nuovi talenti” del bartender nazionale, ci spostiamo in una terra da sogno, la Sardegna. Siamo a Sassari, dove Andrea Vacca è nato 25 anni fa. Dopo le scuole primarie, frequenta l’Istituto superiore De Villa dove studia ragioneria e successivamente al diploma, in attesa di capire cosa fare della propria vita, Andrea si avvicina al mondo del bar.
Dapprima qualche serata, poi incontra quello che sarà e lo è ancora il suo vate, Michele Manca, professionista molto apprezzato, non solo in Sardegna. Con un “maestro” come lui Andrea non poteva che trovare la strada giusta: così inizia a lavorare in modo continuativo.
Si fa le ossa anche durante l’estate in banchetti e cocktail party esclusivi. Nonostante la professione del barman tolga tanto tempo alla vita comune, decide di continuare gli studi e si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza. In estate si sposta ad Olbia all’Hotel CalaCuncheddi con clienti raffinati, che accrescono il percorso professionale di Andrea. All’Hotel CalaCuncheddi incontra un altro grande professionista, Sergio Pileri. Andrea non si fa sfuggire l’occasione di imparare anche la gestione del bar d’albergo. Finita la stagione si impegna in corsi di formazione cosi da poter affrontare al meglio le successive stagioni. Arriva poi il Covid, e, come tutti sappiamo, si sconvolgono i pro-
getti e se ne formano di nuovi. Difatti Andrea ritorna a collaborare con Mi chele Manca, portando le esperienze maturate, nel suo cocktail bar “Da Michele”.
Andrea si è recentemente iscritto ad Abi Professional e cosa ne pensi delle associazioni in generale. La sua risposta è sincera e schietta: «Le associazioni sono un toccasana per un professionista o un operatore che voglia divenirlo. Danno un immagine del barman vero e non di quello che, dopo uno pseudo corso e o un master, si dichiara così. Abi Professional per ora è poco conosciuta in Sardegna, ma già ha mostrato i suoi denti nell’organizzare il “Concorso Nuraghe” che ha dato ec-
del bartending.
La loro frequentazione ti dà grandi opportunità di crescita e questo è un plus impagabile per chi desideri diventare un vero e proprio professionista».�� cod 94966
• 30 ml di Jack Daniel’s Gentleman
• 5 ml di Mirtamaro
Bresca Dorada
• 30 ml di di pompelmo, limone, zucchero e albumina
• 15 ml di infuso di bergamotto, radice di genziana e sciroppo d’acero
• foglie e bacche mirto dorate per la decorazione
È un cocktail caratterizzato dal dolce grazie al cuore forte del Whisky e dall'amaro deciso e balsamico del liquore al mirto, impreziosito, come si fa in costa Smeralda, con foglie e bacche di mirto spruzzate d’oro.
Pandemia, crisi climatica e guerra, conditi dall’abbondante eredità dei fallimenti passati nel costruire sistemi alimentari giusti e sostenibili, rischiano di trasformare l’emergenza in una crisi strutturale grave.
Lo speciale rapporto Ipes-Food (International Panel of Experts on Sustainable Food Systems) pubblicato in occasione della conferenza Onu a Doha qualche settimana fa, riporta che “[…] la crisi alimentare è ancora pungente e sta entrando in una nuova pericolosa fase con la crisi del debito alle stelle e la fame che sta crescendo vertiginosamente in dozzine di Paesi a basso e a medio reddito.” Questa sentenza è stata pronunciata da Jennifer Clapp, professoressa di Sicurezza alimentare globale e sostenibilità alla School of Environment, Resources and Su-
stainability (Sers) all’Università di Waterloo (Canada) e co-autrice del rapporto. Il documento contiene altri dati interessanti che, seppur ben conosciuti dagli addetti dei lavori, sembra che ancora rimangano come numeri impressi sulla carta che trovano poco riscontro nella realtà di azioni e politiche volte a risolvere le problematiche citate.
Forse ci stiamo rilassando per il fatto che i prezzi dei prodotti alimentari sono scesi rispetto ai picchi della primavera del 2022, ma gli esperti avvertono che i costi di servizio del debito aumenteranno ulteriormente quest’anno e anche nel 2024. Alla luce quindi dei dati che vedono circa il 60% dei Paesi a basso reddito e il 30% dei Paesi a medio reddito come ad alto
rischio (o già in essere) di crisi debitoria, ipotizzare un peggioramento della situazione non sarebbe inopportuno.
Il cocktail tossico di pandemia, crisi climatica e guerra, condito dall’abbondante eredità dei fallimenti passati nel costruire sistemi alimentari “giusti, sostenibili e resilienti”, sta producendo effetti collaterali che rischiano di trasformare l’emergenza in una crisi strutturale grave.
L’Indice globale della fame
È necessario, quindi, attuare velocemente progetti e piani di intervento radicali che mettano al centro la sicurezza alimentare
2022 (Ghi - Global Hunger Index), presentato solo qualche mese fa, ci mette di fronte alla triste realtà di milioni e milioni di persone che vivono già sull’orlo precario della fame e dell’insicurezza alimentare.
Senza cadere nella trappola di scenari apocalittici, secondo me, bisogna velocemente attuare progetti e piani di intervento radicali che mettono al centro la sicurezza alimentare, spostando il baricentro dalla finanza e i profitti economici verso la sostenibilità della filiera a livello globale. L’agricoltura e gli allevamenti intensivi grazie ai quali oggi si garantisce il cibo per una parte della popolazione mondiale, evidentemente devono essere rivisti e ripensati nell’ottica della sostenibilità ambientale, evitando il miope ecologismo che funge per lo più da slogan pubblicitario utilizzato dalle grandi aziende.
Ormai è chiaro ed evidente per tutti che i modelli gestionali sino a oggi reputati efficaci e di successo, non sono più attuabili e sostenibili in
previsione dei cambiamenti globali già in atto.
Di fatto, non possiamo più parlare solamente di una articolata “food chain”, ma di una “food system economy”, che avrà un profondo impatto sull’economia del pianeta in modo diretto e indiretto, costituendo uno dei più importanti settori industriali globali, sia in termini di fatturato che forma circa il 40% del Pil mondiale, sia a livello occupazionale che impiega il 35% della forza lavoro disponibile.
Quali dunque sono le prospettive? Se è vero che si raccoglie ciò che si è seminato, la risposta di questa domanda non può che essere l’incertezza - parola d’ordine per il futuro che in prospettiva della guerra in Ucraina, quale tra i maggiori produttori di grano al mondo, rimarrà, almeno per il momento, al margine dei calcoli per i mercati alimentari, innescando però effetti a catena sulle forniture globali e sui prezzi di cibo, fertilizzanti e combustibile.
In questo contesto, il nostro Paese soffre e soffrirà maggiormente, se non si interviene velocemente e la carenza di materie prime agricole metterà duramente alla prova la nostra industria alimentare. Un dato di fatto confermato dai numeri diffusi da The European House Ambrosetti, secondo i quali, nel 2021, l’Italia ha aumentato di 1 miliardo di euro la sua dipendenza da materie prime agricole, raggiungendo un deficit commerciale complessivo di 8,5 mi-
liardi. In generale, analizzando l’andamento dal 2010 al 2021, il nostro Paese ha perso oltre 85 miliardi di Pil proprio a causa di questa situazione che ci vede costretti ad acquistare sui mercati esteri materie prime base.
Le soluzioni per uscire dal gap ci sono, anche se ci mettono di fronte a situazioni complesse , che affondano le radici nelle forti tradizioni dell’industria alimentare italiana, che nonostante sia conosciuta a livello mondiale per innovazione, varietà e qualità di prodotti e sapori, oggi occupa una posizione limitata nella food system economy che è destinata a cambiare il mondo in un prossimo futuro, molto più vicino di quello che pensiamo.
Per evitare il collasso della sicurezza alimentare bisogna unire le forze verso obiettivo comune attraverso uno sforzo nei vari comparti della società civile: nella governance locale (regionale, nazionale) e internazionale, nel settore pubblico e privato e in tutti gli stakeholders della filiera (produttori, trasformatori, distributori, consumatori). Dobbiamo darci una mossa e imparare ad affrontare novità e prospettive offerte dalle nuove tecnologie, oltre alle opportunità che possono riservare i “novel food”, con meno allarmismi e attaccamenti al passato, sempre sulla base di evidenze scientifiche in materia di igiene degli alimenti e nutrizione.
L'innovazione tecnologica e scientifica nel settore agroalimentare costituisce un valido supporto per migliorare qualità, tracciabilità, sicurezza e trasparenza degli alimenti “dal campo alla tavola”. �� cod 95293
Per informazioni:
www.giubilesiassociati.com
glia, Roberta Merolli, Diego Rossi e Giovanni Solofra, oltre a Pierluca Ardito, chef e team coach della Nazionale Italiana Cuochi e Giuseppe Buscicchio, executive chef Unilever Food Solutions.
Gli chef stellati sono stati coinvolti in interviste e nello sviluppo di ricette sulle tendenze “Tradizione Moderna” e “Cucina Sostenibile” e sono protagonisti del nuovo originale format “A casa di…”, eventi trasmessi in livestreaming, dove interpretano, attraverso contributi e piatti originali, la loro idea di “Tradizione Moderna” e di “Cucina Sostenibile”. Il primo appuntamento FoodArt “A casa di…” ha visto il coinvolgimento di Diego Rossi della Trattoria “Trippa” di Milano.
Il prossimo evento sarà, invece, mercoledì 19 aprile alle 15 con Giovanni Solofra, chef del ristorante Tre Olivi a Paestum, 2 Stelle Michelin. Con alle spalle una solida esperienza in cucine di alto livello ha deciso di studiare le eccellenze culinarie del Cilento. Seguiranno altri 3 appuntamenti “A casa di…”:
Unilever Food Solutions si propone come global trendsetter per la ristorazione. È stato infatti pubblicato da poco il Future Menu Trends Report 2023, sviluppato in collaborazione con oltre 1.600 chef di 25 Paesi nel mondo, dal quale sono emerse otto tendenze globali. Tra queste, “Tradizione Moderna” e “Cucina Sostenibile” sono state evidenziate come rilevanti per l’Italia e su queste è stato costruito il progetto formativo FoodArt - Il Menù del Futuro. Arricchito nel 2023 di molte novità, FoodArt esplora i bisogni e le sfide future dello chef e fornisce soluzioni e strumenti per affrontarle con successo,
anche grazie alla collaborazione di esperti del settore e professionisti affermati.
L’edizione 2023 si sviluppa intorno alle due tendenze dei menu, “Tradizione Moderna” e “Cucina Sostenibile”, e alle quattro aree tematiche, individuate come cruciali per chi oggi opera nel food: Full Costing, Food Waste, Healthy Eating e Mondo Digitale. I diversi argomenti sono declinati nel volume FoodArt - Il Menù del Futuro, scaricabile dal sito www.unileverfoodsolutions.it, attraverso un fitto programma di incontri formativi in streaming e grazie alla collaborazione di sei grandi chef: Chicco e Bobo Cerea, Tommaso Fo-
• 19 maggio con Tommaso Foglia, pastry chef 1 Stella Michelin.
• 24 ottobre con Chicco e Bobo Cerea, chef del ristorante “Da Vittorio”, 3 Stelle Michelin, a Brusaporto (Bg).
• 21 novembre con Roberta Merolli, pastry chef del Ristorante Tre Olivi di Paestum (Sa), 2 Stelle Michelin.
Il progetto FoodArt è realizzato in partnership con Federazione Italiana Cuochi, che da anni affianca Unilever Food Solutions.
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L'edizione 2023 della proposta di formazione dell'azienda esplora i bisogni e le sfide future dello chef e fornisce soluzioni e strumenti per affrontarle con successo
Fildirose è come una passeggiata nella natura alpina, tra i fiori e le piante delle Dolomiti. Elegante e delicato, nell’abbinamento con la rana pescatrice preparata dall’executive chef Stefano Goller, vuole essere un omaggio alla primavera. La raffinatezza della rana pescatrice gioca perfettamente con il corpo slanciato del Fildirose e le note aromatiche delle olive taggia-
sche e del fiore del cappero che compongono la portata, vengono accompagnate dalla freschezza data dai richiami ai frutti rossi e alle note agrumate di pompelmo del nostro vino.
Fildirose, prodotto new entry nel Gruppo Mezzacorona, ha da subito riscosso enorme successo per l’eleganza e singolarità della bottiglia e dell’etichetta, sia per la fresca piacevolezza che accompagna ogni sorso.
Questo vino nasce dalla selezione di vigneti di Pinot Grigio collocati ai piedi delle Dolomiti, dove il terreno ricco di minerali favorisce un’ottima
maturazione aromatica delle uve e il mantenimento di un corretto livello di acidità e piacevolezza. Le uve vengono raccolte tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre.
Dopo la pigia-diraspatura, il mosto viene lasciato in contatto con le bucce direttamente in pressa per circa 8-10 ore e qui, con l’estrazione delle frazioni più solubili, nasce il suo elegante colore rosa ramato e prende forma la componente aromatica. Fiori, frutti freschi, delicate note balsamiche e richiami minerali, queste le caratteristiche in evidenza nel Fildirose, il Pinot Grigio ramato firmato Castel Firmian. �� cod 95644
Nasce dalla selezione di vigneti di Pinot Grigio collocati ai piedi delle colline della valle dell’Adige dove il terreno ricco di limo e di roccia dolomitica favorisce un’ottima maturazione aromatica delle uve e il mantenimento di un corretto livello di acidità e freschezza. Al naso è fresco e slanciato, caratte
Ricetta di Stefano Goller, executive chef e presidente dell’Associazione Cuochi Trentini
Ingredienti (per 4 persone): rana pescatrice 800 g, pomodorini ciliegia 200 g, porro 100 g, Pinot Grigio Castel Firmian 70 g, olive Taggiasche 60 g, capperi 30 g, prezzemolo 30 g, basilico 20 g, aglio nero n 1 spicchio, limoni n 1, olio extra vergine d’oliva q.b., sale e pepe di macinino q.b.
Preparazione: tagliare a julienne il porro, precedentemente lavato, e preriscaldare un saltiere. Aggiungere un filo di olio evo e versare il porro, facendolo stufare a fiamma bassa. Tagliare a tranci la rana pescatrice e porla in un altro saltiere preriscaldato, aggiungere dell’olio evo, uno spicchio di aglio nero e i tranci di rana pescatrice. Fare rosolare da entrambi i lati. Bagnare quindi con il Pinot Grigio, insaporire con sale e pepe di macinino e grattugiare la buccia di limone. A metà cottura aggiungere i pomodorini tagliati, le olive e i capperi e a tre quarti di cottura aggiungere il por ro stufato.Completare a fine cottura con prezzemolo tritato, basi lico spezzettato e un filo di olio a crudo.
Il mondo corre veloce ed è in continuo mutamento. Tutto cambia e figuriamoci se questo non vale per le abitudini alimentari. Eppure ci sono quelle tradizioni, quei sa pori, che sembrano resistere senza particolari affanni allo scorrere del tempo. Un esempio, su tutti, è quel lo di pane, burro e marmellata: uno degli abbinamenti simbolo della pri ma colazione all’italiana e non solo, nonostante lo scorrere degli anni, è ancora lì e rappresenta ancora oggi il modo di iniziare la giornata di mi gliaia di milioni di persone soltanto in Italia.
Certo, non si può certo non dire che anche pane, burro e marmellata abbia affrontato una fase di appannamento, di crisi. Il motivo? Soprattutto legato alla tendenza salutistica, che ha portato quasi a una “demonizzazione” di questo tradizionale abbinamento. Lo dicono d’altronde i numeri: per gli italiani la colazione negli anni è diventata più leggera, oltre che più veloce, e nell’immaginario comune marmellate, confetture e burro non sono di certo alimenti “magri”. Eppure, dopo
La colazione è una delle principali occasioni di business per i professionisti del Bakery: si tratta di uno dei momenti della giornata in cui i consumatori affollano le pasticcerie e caffetterie alla ricerca di viennoiserie e sfogliati capaci di dare la giusta carica per affrontare al meglio la giornata. I croissant e i pain au chocolat di origine francese sono sicuramente tra i prodotti più richiesti per la classica prima colazione, per questo poter vantare nella propria offerta un buon croissant è sicuramente un ottimo modo per fidelizzare e attrarre nuovi clienti. Burro Croissant Debic, studiato e sviluppato appositamente per la preparazione dei croissant, è l’alleato perfetto per i professionisti che intendono appagare anche il palato dei clienti più esigenti. Burro Croissant Debic è un burro di qualità studiato e sviluppato per preparazioni di croissant: è un burro speciale per pasticceria, a base di panna fresca di centrifuga, ottenuta da latte vaccino crudo, che assicurerà funzionalità e alta qualità per soddisfare le necessità professionali e
ecco allora che il 31% degli italiani dice di spalmare ancora la marmellata sul pane. Discorso leggermente diverso per il burro, che ha subito una contrazione e viene utilizzato soltanto dal 10%.
Il motivo della longevità di pane, burro e marmellata è comunque presto detto. Oltre, è evidente, alla semplicità di preparazione, l’abbinamento tradizionale della prima colazione italiana è anche un matrimonio perfetto dal punto di vista
è fondamentale: lo zucchero della marmellata o della confettura, i grassi buoni del burro e le fibre del pane, meglio se integrale. Insieme, le tre componenti, riescono a fornire le giuste energie per l’inizio della giornata, a tenere a bada la glicemia e ad agire in maniera positiva sulla salute cardiovascolare.
L’Italia, a tavola come in molti
Uno degli abbinamenti simbolo della colazione all’italiana è ancora un punto di riferimento per il nostro Paese, che si è scoperto però, negli ultimi anni, anche amante delle creme spalmabili, non solo quelle classiche
Profondamente conservatore e allo stesso tempo molto impermeabile alle abitudini e alle tendenze che provengono da fuori. Se allora pane, burro e marmellata continua a piacere, allo stesso tempo stanno anno dopo anno crescendo i consumi di creme spalmabili, con diverse aziende che hanno deciso di investire in maniera importante sul comparto e di ampliare così l’offerta. Una tendenza che, a dire il vero, risulta essere comune a quasi tutto il mondo. Si parla, a livello globale, di una crescita del 3,5% annuo e di un mercato che punta, entro il 2024, a sfiorare i 30 miliardi di dollari di giro d’affari. In Italia si viaggia a vele spiegate verso i 500 milioni, con una crescita annua, nel 2021, superiore al 12%.
Anche in questo caso i motivi sono diversi, ma abbastanza evidenti. C’è sicuramente la curiosità. In Italia, infatti, quando dici crema spalmabile pensi soprattutto alla crema di nocciola, ma nella realtà siamo di fronte a un mercato enorme e in continua evoluzione, con abbinamenti sempre nuovi e adatti a ogni gusto.
tistico, con alcune creme spalmabili che sono perfette per chi segue una dieta sana ed equilibrata o per chi fa attività fisica. C’è, infine, la versatilità. Le creme spalmabili sono perfette per la colazione, ma anche per uno spuntino a metà mattina o a metà pomeriggio. Possono essere declinate anche al salato, come molte aziende stanno facendo, e, considerata la vastità del mercato, possono essere abbinate nelle maniere più originali.
Il consumo di creme spalmabili, stando ai dati, è molto più diffuso nella fascia giovane della popolazione, quella compresa tra i 18 e i 24 anni. Il 31% dice di consumarle, la stessa percentuale che dice di consumare anche frutta a colazione (anche in questo caso un’abitudine più diffusa nella fascia giovane rispetto a quella più anziana).
Un dato che fa pensare: la generazione che sta cambiando il mercato, portando una nuova consapevolezza in fatto di alimentazione, è anche quella che non sembra riuscire a fare a meno di un cibo da zona di comfort, che richiama all’età infanti-
le e che porta una maggiore spinta
l di là delle tendenze, il consumo di frutta a colazione è tra le abitudini supportate dai nutrizionisti, pur con qualche accorgimento. Se, infatti, qualsiasi frutto rappresenta un ottimo alimento per iniziare la giornata, è altrettanto vero che la frutta è composta da zuccheri semplici, che vengono assimilati molto in fretta dall’organismo e questo potrebbe portare, a stretto giro, a un ritorno d’appetito. Cosa fare, quindi? Abbinare la frutta a una fonte di proteine e a dei carboidrati, in modo da avere una colazione il più completa possibile.
Sulla scelta, invece, massima libertà. A dominare deve essere il gusto personale e, possibilmente, la stagionalità. Senza dimenticarsi della frutta secca, fonte di proteine e acidi grassi essenziali, indispensabili per il nostro organismo e molto utili per tenere sotto controllo il colesterolo.
Da un lato le vecchie abitudini, dall’altro le nuove tendenze. In mezzo, gli hotel, che in questo contesto devono riuscire a stare al passo. Come? Riuscendo a intercettare tutti i gusti dei loro clienti. In un buffet che si rispetti, non deve mancare una selezione, il più possibile ampia, di marmellate e confetture, così come non è possibile fare a meno di un burro di qualità, ancora meglio se prodotto in casa o a Km0. Infine, la frutta fresca non deve essere soltanto marginale, ma protagonista ed equamente suddivisa tra frutta già tagliata e porzionata e frutta intera.��cod 94598
Non è un segreto, uno degli aspetti centrali per un'ottima colazione in albergo è la varietà della proposta. È cosa nota, infatti, che i clienti siano guidati, soprattutto in occasione di un viaggio, dalla voglia di sperimentare e si lascino quindi andare, davanti a un buffet di prima colazione, ad esperienze diverse da quelle abitudinarie.
Una condizione che potrebbe far passare in secondo piano l'importanza di offrire confetture e marmellate all'altezza. D'altronde, si tratta di alimenti che appartengono a un'idea
di colazione “tradizionale” e che fanno pensare all'inizio della giornata a casa.
Niente di più sbagliato: confetture e marmellate sono uno dei perni centrali attorno ai quali ruotano anche le colazioni in hotel, soprattutto in quelle strutture che puntano sulla varietà dell'offerta e sull'alta qualità.
Prima di scoprire quali sono le strade che gli hotel scelgono di percorrere sul tema, è bene sgomberare il campo da qualsiasi dubbio. Spesso,
infatti, marmellata e confettura sono utilizzate come sinonimi, ma nella realtà dei fatti è si tratta di un errore. La marmellata, come confermato addirittura dall'Unione Europea, è tale soltanto se contiene agrumi (arance, limoni, cedri, mandarini, pompelmi e bergamotti). Questi devono essere presenti in una percentuale superiore al 20% e abbinati al solo zucchero. Discorso diverso per la confettura. In questo caso sono ammessi tutti i tipi di frutta. L'importante è che si tratti di polpa e la sua presenza sia superiore al 35% (45% in caso di versione extra). C'è, infine, la composta, che
al contrario delle due precedenti non ha una vera e propria classificazione, ma viene considerata più sana perché meno zuccherata. Solitamente, infatti, la presenza di frutta supera il 65% ed è pertanto un alimento a cui gli alberghi dovrebbero prestare particolare attenzione, considerate le tendenze salutiste che hanno preso piede negli ultimi anni e una sempre maggior attenzione agli aspetti nutrizionali del cibo.
Nella gestione di marmellate e confetture non sono molte le differenze tra strutture alberghiere di vario livello. La divisione sostanziale è tra chi sceglie di esporle a buffet in appositi contenitori e chi, invece, opta per le monoporzioni. Quest'ultima soluzione, che già copriva una fetta importante del mercato, ha goduto di un ulteriore aumento a causa della pandemia. Così ormai è più frequente incontrare strutture alberghiere che per la prima colazione scelgono piccole confezioni singole per i loro ospiti, rispetto ai grandi contenitori a cui qualcuno ci aveva abituato in passato. Una decisione che verte su diversi aspetti positivi. La sicurezza dal punto di vista della salute, che viene però garantita anche da dispenser di più grandi dimensioni, realizzati da diverse aziende del comparto. La lotta agli sprechi: in caso di bassa stagione o in generale di scarsa clientela, le monoporzioni sicuramente aiutano. La possibilità di offrire più alternative ai clienti, che possono così sperimentare confetture e marmellate nuove, oltre a quelle più amate e conosciute. Un aspetto centrale, che permette a strutture di livello inferiore di poter competere sotto questo aspetto
Pane, burro e marmellata è un classico della colazione italiana e Menz&Gasser lo sa bene! L’azienda da ben tre generazioni produce e commercializza marmellate, confetture, miele e creme spalmabili per gli utilizzi più diversi. Nata oltre 80 anni fa a Lana in Trentino-Alto Adige, Menz&Gasser è un’azienda familiare che ha fatto dell’esperienza, dell’innovazione, della ricerca e sviluppo e della qualità delle materie prime il suo leitmotiv. Specialista del dolce e non solo, offre diverse soluzioni per rendere la colazione un momento esperienziale a casa come in hotel: confetture e marmellate (light, bio-Fairtrade®, extra, cremose e in pezzi), miele e creme in monoporzioni, vasi in vetro e secchielli; dispenser per dosare e farcire; espositori pensati per valorizzare il buffet della prima colazione.
anche con realtà di alto livello. Vale a dire, nulla vieta a piccoli alberghi a due o tre stelle o bed&breakfast di offrire un'importante varietà di gusti e di non limitarsi a, per dire, albicocca e frutti di bosco. C'è, infine, grazie alle mono-
porzioni la possibilità di personalizzare. Rispetto al passato, infatti, sempre più alberghi curano con attenzione la forma delle monoporzioni, che spesso sono in vetro (complice anche l'attenzione sempre crescente per
Intolleranze e allergie ad alcuni alimenti, in particolare al latte, al glutine e alle uova, possono diventare una criticità anche per la prima colazione. Ed è proprio per andare incontro alle esigenze di celiaci e individui con intolleranze alimentari che Andrea Greco, consulente, formatore ( titolare dell’omonima realtà aziendale, che produce farine senza glutine e pro prietario del Bar Pasticceria Siciliana Senza Glutine e del Ristorante Pizzeria Il Carrettino a Grosseto, ha dato il via alla produzione di farine e prodotti, come croissant, senza glutine.
«Oggi la richiesta di prodotti senza glutine e legati al mondo delle intolleranze è in crescita costante - spiega Andrea Greco - Sono sempre stato sensibile a questa tipologia di patalogie e sono convinto che, già a partire dalla colazione, deve essere data la possibilità, da parte dei professionisti dell'Horeca, di esau dire il proprio desiderio di gustare una buona brioche al bar o in hotel a ogni tipologia di cliente».
L'obiettivo di Andrea Greco, fin da subito, è quello, quindi, di proporre un’offerta che accontentasse tutti, esaudire, a partire dalla prima colazione. «Nel mio ristorante, aperto 16 anni fa e completamente gluten free, ormai da molto tempo raccoglievo le lamentele e le esigenze di persone che amano i cros saint, ma non possono mangiarli perchè contengono uova, burro, latte e gluti ne. Così sei anni fa, ho creato il primo croissant vegano senza glutine, che ora produco e spedisco in tutta Europa, insieme alle mie farine».
La richiesta di prodotti per persone celiche e intolleranti arriva ormai da bar, ristoranti e hotel che vogliono soddisfare le richieste anche di questa fascia di clientela. «C’è molta richiesta da parte di bar, ristoranti e hotel che vogliono il prodotto finito - prosegue Greco - mentre ci sono i professionisti che vogliono imparare come farlo, partecipano ai miei corsi e acquistano le miei farine».
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l'ambiente), con etichette colorate e personalizzate e che, per questo motivo, possono essere preparate direttamente in struttura, tramite apposite riempitrici.
Della curiosità del cliente vi abbiamo già detto. C'è però un altro aspetto che chi si gode una colazione in albergo ama trovare sul tavolo: il territorio. E marmellate e confetture, così come altri alimenti, per esempio lo yogurt, sono uno strumento perfetto per fare leva su questo sentimento. Le strutture alberghiere lo sanno ed è così sempre più frequente trovare nei barattoli marmellate e confetture realizzate con prodotti del territorio. Non per forza “fatte in casa”, ma magari prodotte da aziende locali.
Una scelta in alcuni casi sicuramente più importante dal punto di vista dei costi da sostenere, ma che viene ripagata dalla risposta dei clienti. Certo, il territorio non deve però diventare un feticcio. Scelte del genere possono essere prese da chi può contare su aziende di valore nella propria zona. L'alternativa comunque esiste e deve essere guidata da una sola caratteristica: la qualità, sia essa locale, nazionale o internazionale.
C'è un altro alimento che, molto spesso, fa bella mostra di sé nei buffet degli alberghi, proprio accanto a marmellate e confetture: il miele. Anche in questo caso, le strutture dovrebbero puntare forte sulla territorialità, cercando magari un produttore locale in
Alce Nero unisce più di mille agricoltori in Italia e da oltre 40 anni sceglie l'agricoltura biologica con prodotti che partono da materie prime coltivate senza chimica di sintesi e trasformati con tecniche che tutelano le loro caratteristiche. «Molto articolata la gamma dedicata alla prima colazione - si sottolinea dalla recente edizione di Cibus Connecting Italy di Rimini - dalle composte di frutta in nove gusti alle bevande vegetali, un'importante alternativa al latte tradizionale per chi è intollerante al lattosio. Ai gusti riso, soia, avena, farro e mandorla, posso essere bevute fredde o con aggiunta di orzo, caffè o cacao. Di rilievo la nostra linea di miele, composta da miele biologico 100% italiano di agrumi, castagno, acacia e millefiori. Completano la gamma la pappa reale fresca e il polline deumidificato. Il breakfast di Alce Nero contempla anche orzo solubile e macinato, nettari e succhi di frutta, yogurt, kefir e altre referenze frutto del massimo rispetto della terra e delle persone che la lavorano».
grado di fornire una materia prima di livello. Il miele, infatti, è particolarmente amato dagli italiani, grazie soprattutto alla sua versatilità, che lo rende perfetto sul pane, con lo yogurt, nel tè, ma anche alla sua salubrità: i suoi benefici per diversi apparati sono noti e apprezzati.
Per questo motivo è altamente improbabile trovare una colazione in hotel senza miele, anche se molto spesso la proposta si esaurisce con una monoporzione di una singola varietà o, ma sempre più raramente, in un dispenser, sempre monovarietà.
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versatilità e, soprattutto, della salubrità. Il consumatore non può e non vuole farne a meno. Gli hotel lo sanno e si stanno muovendo in questa direzione. C’è allora un alimento perfetto per questo tipo di richiesta: la frutta fresca.
Ma perché la frutta è un alimento che proprio non può mancare nei buffet delle prime colazioni in hotel? Partiamo dalla prima caratteristica che abbiamo citato, la versatilità. La frutta
infatti, percepita come alimento sano e, soprattutto se di stagione, attira il consumatore. Qui si inserisce un terzo aspetto, che più volte abbiamo portato sotto i riflettori parlando di prime colazioni: la territorialità. Se il territorio in cui sorge l’albergo ha prodotti particolari e di qualità da offrire, questi non devono mancare sul buffet. Certo, senza che diventi un limite invalicabile, anche perché, anche di questo abbiamo più
Nei cinque stelle la selezione di frutta fresca è ampia e in diverse forme, con l’aggiunta accanto a frutti tradizionali di proposte esotiche e originali.
Una selezione che si riduce al diminuire delle stelle. In un hotel di fascia media spesso si punta su arance e ananas già porzionate e su banana, mela e pera intere. Poi, in base alla stagione, fanno capolino uva, melone e anguria. Raro trovare una macedonia
fresca (a eccezione di quattro e cinque stelle), che viene in molti casi sostitu
L’attenzione dei consumatori italiani è sempre più focalizzata sulla selezione di cibi di qualità e salutari. La convinzione che la buona salute trovi le sue basi in un’alimentazione e in uno stile di vita sano è sempre più diffusa.
www.californiaprunes.net/it) possono essere utilizzate in modi interessanti e innovativi per soddisfare questa domanda. Nel contesto della prima colazione le Prugne della California offrono un’ampia gamma di possibilità di utilizzo, sono infatti naturalmente ricche di vitamine e sali minerali
Vitamina K, Vitamina B6, Potassio, Rame e Manga). Sono, inoltre, un’eccellente fonte di fibre con un apporto di circa 7g/100g, ossia quasi un quarto della quantità quotidiana di fibre raccomandata di 30g) e di due importanti nutrienti che favoriscono il mantenimento di ossa normali: la vitamina K e il manganese. Le Prugne della California possono essere offerte intere durante la prima colazione oppure tritate, tagliate a dadini, in purea e inserite in una vasta gamma di ricette dolci e salate di alta qualità, dove aggiungono un ricco sapore e riducono il contenuto di grassi e di zucchero delle ricette tradizionali.
Il California Prune Board (CPB) ha infatti lavorato per molti anni a stretto contatto con i produttori e le aziende di lavorazione di alimenti, con gli chef di tutta Europa. Questa collaborazione ha permesso di sviluppare nuovi e meravigliosi prodotti impiegando le Prugne della California per prodotti da forno, dolci e salse o come ingrediente innovativo nelle ricette salate tradizionali. Mentre l’attenzione dei consumatori italiani verso cibi sani è cresciuta l’industria delle Prugne della California ne ha promosso regolarmente il profilo nutrizionale e ha investito nella ricerca che valorizza i benefici per la salute delle prugne essiccate.
Detto della frutta fresca, anche la frut ta secca dovrebbe giocare un ruolo da protagonista nelle colazioni in albergo. Oltre a diversi tratti in la sua "parente" fresca, come la versatilità (è adatta sia a chi vuole una colazione dolce sia a chi, invece, preferisce il salato) e la possibilità di sperimentare, la forza della frutta secca sta negli innumere-
ca di sali minerali, di vitamine e grassi buoni, è fonte di energie per il pronto utilizzo e, dettaglio non indifferente, ha importanti proprietà sazianti, che la rendono adatta anche per chi è a dieta. In generale, ogni frutta secca ha delle caratteristiche specifiche. Il pistacchio, per esempio, contiene Vitamina B6, che contribuisce alla pro-
duzione di glucosio dall'acido lattico, e Vitamina B2, un aiuto per convertire gli zuccheri in energia. Nonostante questo, non sempre viene data alla frutta secca la giusta attenzione nei buffet degli alberghi, Si tratta di un aspetto a cui prestare una sempre maggiore attenzione, considerato anche l'aumento costante della componente salutistica nelle scelte dei consumatori.
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Il California Prune Board (CPB) è da sempre impegnato nell’implementazione di iniziative sostenibili, che garantiscano la tutela dell’ambiente e delle comunità locali,
Da oltre un secolo, la California è protagonista dell’industria delle prugne secche, fornendo oggi circa il 40% dell’offerta mondiale e oltre il 90% dell’offerta statunitense. A mantenere alta la domanda delle Prugne della California, oltre al gusto distintivo e la qualità premium, è la continuità e affidabilità nella produzione - guidata da rigorosi standard agricoli.
Il California Prune Board (CPB) - che dal 1952 rappresenta coltivatori e confezionatori di prugne provenienti dalla California - è impegnato nell’implementazione di iniziative sostenibili, che garantiscano la tutela dell’ambiente e delle comunità locali.
Nei frutteti di prugne di Sacramento e San Joaquin, i coltivatori si
avvalgono delle più recenti ricerche e tecnologie per sfruttare l’energia solare, risparmiare acqua e ridurre gli sprechi. La catena di approvvigionamento più ampia, inoltre, si impegna a impiegare all’interno dei processi produttivi fonti di energia rinnovabili, che consentono una riduzione delle emissioni di gas serra e dell’impatto ambientale.
I coltivatori di Prugne della California garantiscono ai dipendenti salari equi e condizioni di lavoro sicure, garantendo la continuità del settore affinché le generazioni future possano goderne e trarne beneficio. «In qualità di leader della sostenibilità, i coltivatori cali-
a tutela anche delle future generazioni
forniani continuano a migliorare le pratiche investendo nella gestione dei frutteti e nella ricerca che rafforza il settore e dimostrano il loro impegno concreto nei confronti del pianeta, a tutela delle future generazioni» - spiega Esther Ritson-Elliott, Director of International Marketing & Communications of the California Prune Board.
L’industria californiana delle prugne secche lavora a stretto contatto con le più importanti università e con il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (Usda) e il Dipartimento dell’Alimentazione e dell’Agricoltura della California (Cdfa) per implementare le migliori pratiche, operando nel rispetto dei rigorosi requisiti federali e statali relativi all’uso di pesticidi e acqua.
«È un momento entusiasmante per i nostri coltivatori, che stanno implementando programmi e pratiche che contribuiranno a rafforzare le comunità, la stabilità economica e un ambiente migliore. Inoltre, le Prugne della California si inseriscono al meglio in una dieta sostenibile, offrendo benefici nutrizionali per la salute grazie alla presenza di fibre,
vitamina K e vitamina B6 e poiché i consumatori possono mangiare il frutto intero, lo scarto risulta minimo» - conclude Esther Ritson-Elliott.
Per dare massima visibilità all’impegno per ricerca e innovazione, all’insegna della sostenibilità e al fine di
consolidare le relazioni con i partner commerciali di tutto il mondo, il California Prune Board ha partecipato alle più rilevanti fiere internazionali di settore del primo quadrimestre 2023. Il CPB ha infatti preso parte in febbraio a Gulfood Dubai, la più grande fiera di riferimento per l’industria alimentare e delle bevande, presso il Dubai World Trade Centre. Anche il mese di marzo ha visto il CPB impegnato in numerose manifestazioni, come Foodex Japan e all’Ife di Londra, dove ha avuto occasione di continuare a far conoscere le caratteristiche distintive delle Prugne della California in uno dei principali mercati di esportazione.
Di notevole rilievo anche la partecipazione alla conferenza e alla fiera dedicata ai prodotti naturali, biologici e per il benessere Chfa Now, ospitata dalla Canadian Health Foods Association a Vancouver conclusa il 2 aprile 2023.�� cod 95268
Per informazioni:
www.californiaprunes.net
Nell’universo della prima colazione, uno dei mercati che sta mostrando la maggior voglia di crescere e di innovarsi è quello delle creme spalmabili. L’Italia, non è un mistero, è per forza di cose leader del comparto, considerando che proprio nel Belpaese è nata la crema spalmabile più famosa al mondo, la Nutella.
Ma il mercato non è più soltanto Nutella, nonostante gli alberghi ancora non si stiano mostrando particolarmente reattivi ai cambiamenti.Un
discorso simile, per certi versi, a quello del burro. In questo caso, parliamo di un alimento tradizionale e con un andamento di mercato lineare, ma su cui c’è, come per le creme spalmabili, una scarsa propensione a innovare da parte delle strutture alberghiere.
I segni “+” del mercato nazionale non stanno, almeno per il momento, facendo da traino alle creme spalma-
Il mercato delle creme spalmabili in Italia
è in continua evoluzione, ma gli hotel sembrano essere ancora poco reattivi al cambiamento di tendenze anche per il burro
bili negli hotel. Se, infatti, sempre più italiani le scelgono per iniziare la loro giornate, nelle strutture alberghiere ancora faticano a prendere piede. Si preferisce dare spazio alle pur importanti confetture e marmellate, mentre non è per niente facile incontrare hotel che nella loro prima colazione offrano creme spalmabili diverse da quella alla nocciola. Sì, in hotel di lus so il discorso cambia, anche se non di molto, ma nelle strutture di livello medio è frequente trovare mo noporzioni di crema spalma bile alla nocciola e, in alcuni rari casi, il barattolo di burro d’arachidi. E poi? Poco altro. Una situazione non così facile da comprendere, considerata anche la spinta del mercato.
E dire che l’offerta è molto ampia. Già restando in campo tradizionale, parlando cioè di crema spalmabile alla nocciola, ne esistono di diversi tipi, in base alla percentuale di nocciole, alla loro provenienza e alla presenza di zucchero. Ma, andando oltre alla tradizione, ci si trova a fare i conti con moltissime proposte: c’è il burro d’arachidi, che dal mercato Usa è riuscito a prendere piede anche in Italia, e ci sono le monoingrediente (creme di mandorla, anacardo, noci pecan o noci di macadamia). Prodotti con importanti valori nutrizionali e perfetti, nella giusta dose, per diete equilibrate.
Anche a questo si deve il loro repentino sviluppo: la loro salubrità. Chiaro, ci sono poi creme spalmabili che rappresentano di contro un comfort food e che poco hanno a che vedere con l’aspetto salutistico, ma
«Tra le referenze più apprezzate Master Martini troviamo Caravella Gran Nocciola con il 12% di nocciola e Caravella Gran Pistacchio con il 15% di ingrediente caratterizzante. Entrambe si presentano come creme dall’elevata spalmabilità e gusto intenso, perfette anche per aromatizzazione; sono senza grassi idrogenati e con coloranti naturali. Per seguire la tendenza crescente legata al gusto pistacchio, Master Martini propone Caravella Crunch Pistacchio: una crema dall’intenso sapore di pistacchio e con il 10% di granella di pistacchio che conserva la croccantezza nel tempo. Anch’essa ideale per farcitura e copertura, senza grassi idrogenati e con aromi e coloranti naturali» - spiegano da UnigràMartini Professional.
che stuzzicano gola e curiosità e che, per una prima colazione in albergo o a casa, possono rappresentare una piacevole eccezione.
Creme sviluppate, per esempio, da aziende che producono biscotti e hanno deciso di ampliare la loro offerta. O anche creme al pistacchio, un prodotto che cresce con numeri addirittura maggiori rispetto all’intero comparto. Insomma, un panorama vasto e in costante crescita su cui gli hotel devono iniziare a investire.
Il discorso fatto fino ad ora per le creme spalmabili, come vi abbiamo anticipato, vale in parte anche per il burro. A fronte di una contrazione no-
tevole dei consumi di latte vaccino, il burro ha retto l’urto, a dimostrazione di come rappresenti una componente importante della colazione all’italiana. Per questo motivo negli alberghi non manca mai, ma è molto raro trovare strutture che lo valorizzino a pieno. A prevalere è la monoporzione, una scelta corretta e rispettosa. Diverso il discorso se parliamo, invece, di varietà. È di fatto impossibile trovare nelle strutture proposte di burro differenti. Magari burri dolci aromatizzati o prodotti locali artigianali. Come sempre, artigianale e locale non sono per forza sinonimo di qualità.
Ciò su cui va fatta leva è l’originalità della proposta e la ricerca sul prodotto per fornire all’ospite più opzioni. ��cod 94606
Le nuove coppie di sposi non si accontentano e vogliono un menu di qualità, location suggestive e figure professionali specializzate, come il floral design o il wedding planner.
Tutte scelte per cui sono disposti a spendere.
Perchè chi sceglie di sposarsi oggi, vuole una cerimonia che sia un vero e proprio spettacolo
L' industria dei matrimoni è ritornata a risplendere: già dall’anno scorso ha segnato un incremento di fatturato del 30% rispetto al 2019. Un comparto che ha ripreso a macinare numeri da capogiro dopo lo stop “forzato” della pandemia: nel 2019 i matrimoni in Italia sono stati 180mila, 97mila nel 2020. Numeri importanti, nonostante il numero dei matrimoni religiosi sia in calo.
Durante la pandemia abbiamo vi sto una riduzione drastica del nume ro di matrimoni “italiani”: chi aveva deciso di non rinunciare, lo ha cele brato con mascherina, in formato ridotto o rimandando il ricevimento. Invece quelli “stranieri” sono stati cancellati totalmente. Il 2020 è stato l’anno nero per la wedding industry, che aveva visto crollare drastica mente il fatturato rispetto all’anno precedente. In questo periodo molte aziende hanno cercato di rinnovarsi, reiventandosi.
A lanciare l’allarme era stata Federmep (Feder Matrimoni ed Eventi Privati), nata in piena pan demia a maggio 2020: prima asso ciazione di categoria nazionale che rappresenta trenta categorie, cioè tutti i professionisti e le aziende del settore indipendentemente dalla di mensione o tipologia societaria. Ne fanno parte aziende, società, liberi professionisti e associazioni già esistenti. Parliamo di un comparto frammentato, composto da una miriade di aziende: troviamo la microimpresa, come la botte ga artigianale di bombonie re, di cappelli o l’agenzia per il disbrigo di pratiche
burocratiche fino al gruppo che da decenni si occupa di matrimoni e ricevimenti. Un comparto fatto di storie imprenditoriali che per due anni hanno dovuto fare i conti con l’emergenza Coronavirus e lo stop alle loro attività. Con la sua voce unica l’associazione ha avuto la forza di farsi sentire durante la pandemia,
miliardi, comprende ogni tipo di cerimonia, ma diventa 6 milioni se contiamo solo i matrimoni con 50mila operatori economici prevalenti (prima pandemia) coinvolti nel segmento wedding e una forza lavoro di 300mila persone impiegate stabilmente nel settore (compresi gli imprenditori), cui si aggiungono 200mila lavoratori occasionali. La crisi dovuta al Covid ha causato la chiusura di una quota non indifferente, in particolare quelle più piccole, che non hanno retto l’urto e hanno chiuso, oppure cambiato il settore (stima complessiva tra il 10 e il 12%), secondo i dati di Federmep.
ulle previsioni per il 2023, interviene Francesca Carminati, responMatrimo: «Nel 2022 il settore dei matrimoni ha registrato un boom come risultato del gran numero di fidanzamenti ufficiali che hanno avuto luogo nei mesi e negli anni precedenti, ma anche a causa delle celebrazioni di nozze che sono state posticipate per la pandemia. Secondo le nostre analisi, l’andamento positivo continuerà anche nel 2023. Sarà un anno molto positivo per i matrimoni, con un aumento del 5% rispetto al 2019, l'ultimo anno di normale attività del settore prima della pandemia. Una delle principali ragioni sta nel fatto che il 2022 non sia stato in grado di assorbire pienamente tutti i matrimoni rinviati. Pertanto, quest’anno, oltre alle nuove celebrazioni, si continueranno a celebrare i matrimoni che non hanno ancora avuto luogo a causa dell’emergenza sanitaria. A questo proposito, molti professionisti hanno già l'agenda quasi pie-
na, soprattutto per l'alta stagione da maggio a ottobre. Inoltre, gli indicatori con cui Matrimonio.com lavora a livello globale, suggeriscono che l’inflazione non influirà drasticamente sul comparto dei matrimoni. Ci si può aspettare che le coppie riducano leggermente il budget o il numero degli invitati, ma il desiderio di festeggiare rimarrà inalterato».
Aiwp (Associazione itaiana wedding planner) nasce nel 2018 per aiutare i nuovi professionisti e per creare una rete di colleghi. «Il wedding planner è un professionista che aiuta le coppie a pianificare e coordinare tutti gli aspetti del matrimonio - sottolinea
Clara Trama, presidente dell'Associazione itaiana wedding plannerPuò includere anche la gestione del budget, la selezione dei fornitori, la progettazione dell'evento e la coordi-
nazione logistica. I wedding planner lavorano con i futuri sposi per comprendere la visione del matrimonio, aiutano a realizzarlo gestendo i dettagli e coordinando tutti i fornitori. Inoltre, spesso forniscono consigli e supporto alla coppia nella pianificazione, aiutando ad alleviare lo stress per garantire che il giorno del matrimonio si svolga senza intoppi».
Tendenze per quest’anno? «La sostenibilità e la consapevolezza ambientale saranno ancora al centro: le coppie per ridurre l’impatto ambientale, eviteranno materiali monouso o dannosi per l’ambiente e non solo, sceglieranno cibo locale e regali di nozze sostenibili. Il cibo sarà al centro dell’attenzione - prosegue Trama - Prevedo un aumento dei food truck, bar mobili, carrelli per dolci e stazioni di cibo interattive: offrono maggiore possibilità di scelta che si adatta al budget e allo stile del matrimonio. Inoltre, vedremo un aumento dell’utilizzo di torri di champagne al posto del tradizionale taglio della torta. Le coppie desiderano superare le vecchie tradizioni per creare momenti speciali».
Cosa riserva il 2023 per il comparto wedding? La parola ad Anbc - Associazione Nazionale Banqueting e Catering (Fipe). «Il 2022 è stato l’anno della ripresa, così vivace e repentina che molti di noi l’hanno definita quasi “esasperata”. Il settore, nonostante le innumerevoli difficoltà e con un cumulo di eventi dovuti alla pandemia, ha saputo riavviare i motori e con un risultato: il fatturato ha quasi raggiunto i valori del 2019, ultimo anno di riferimento di attività valida rispetto ai due “pandemici” successivisottolinea Valentina Picca Bianchi, presidente Gruppo Donne Imprenditrici (Fipe) e consigliera nazionale delegata Anbc (Associazione Nazionale Banqueting e Catering ) - Due stagioni completamente segnate dalla pandemia, con aziende chiuse anche 21 mesi da decreto con erosione di capitali pur di tenerle in vita, la perdita di competenze professionali, carenza di nuovo personale da reintegrare, hanno messo a dura prova il comparto; molteplici comunque le perdite di imprese di grande valo-
re». Se il 2022 è stato l’anno della ripresa, il 2023 sarà l’anno della verità per tutta la wedding industry? «Sono certa che il 2023 sarà l’anno della verità: i numeri non saranno falsati - prosegue Valentina Picca Bianchi - Riscontriamo una grande voglia di convivialità, che lascia buon sperare unitamente a numeri di richieste di eventi con un buon ritmo costante e intenso, ma mai esasperato come quello accumulato in due stagioni. Speriamo che oltre l’anno della verità sia anche quello dell’equilibrio e che la nostra più grande risorsafatta dai nostri collaboratori - possa ritornare a ridare fiducia e a ritrovare concreta stabilità nel prestare opera, passione e professionalità all’intero settore».
Gli stranieri che vengono in Italia a sposarsi cosa scelgono? «Como ri-
mane meta principale del turismo internazionale, seguito dalla Sicilia, Firenze, Venezia, Roma ma anche la Toscana, la Costiera amalfitana e Capri restano le mete più ambite per bellezza del territorio, bontà delle materie prime e per un romanticismo all’italiana unico in tutto il mondo.» E Milano? «resta la meta preferita per lo shopping - conclude Valentina Picca Bianchi - Nel wedding destination spesso i clienti dedicano uno dei giorni di permanenza in Italia proprio a Milano, alle vetrine fantastiche e ad uno shopping colmo di glamour e stile italiano».
Confortano i dati sugli stranieri che scelgono il nostro Paese per sposarsi: il wedding turistico ha visto l’anno scorso oltre 11mila “sì” in Italia, ma anche molti italiani si spostano per celebrare il loro matrimonio.
Vincono Como e la Toscana. I dati emergono dall'Osservatorio Destination Weddings in Italy, condotto da Centro Studi Turistici e finanziato dal Ministero del Turismo, presentati recentemente a Roma da Enit e Convention Bureau Italia. Sulla base della durata del soggiorno delle coppie e degli invitati alla cerimonia (3,3 notti in media), per il 2022 l'Osservatorio stima in 619mila gli arrivi e in oltre 2 milioni le presenze turistiche collegate al destination wedding, producendo un fatturato di 599 milioni di euro, circa l’11% in più rispetto ai livelli stimati nel 2019, ultimo anno pre-Covid.
Nel 2022 è cresciuta la quota di coppie che hanno scelto di sposarsi con rito simbolico, oggi il 54,1% del totale. Per il 2023 l'incremento stimato è di oltre mille eventi in più rispetto all'anno passato, con una previsione di crescita del +9,5%.
«Il principale motivo che induce una coppia a scegliere di sposarsi all’estero è dato spesso da un legame speciale con una destinazione, al punto da sceglierlo come luogo perfetto per il proprio matrimonio. Un modo alternativo per vivere la meta - commenta Maria Elena Rossi, direttore marketing Enit - Quale è la meta preferita? La Toscana, con le sue bellezze paesaggistiche e artistiche, si conferma la regione italiana più richiesta dalle coppie straniere, col 21% del totale: la seguono in ordine di frequenza Lombardia, Campania, Puglia, Sicilia, Lazio. Nel 2022 gli Stati Uniti sono stati il principale Paese di provenienza (29,2%) delle coppie straniere che hanno deciso di celebrare il matrimonio in Italia, ma oltre il 57% degli eventi sono stati generati da coppie di sposi residenti in Paesi europei».
A un passo da Bergamo - dieci minuti di macchina - e lontano dal traffico, troviamo Da Vittorio Relais & Châteaux (www.davittorio.com), immerso nella natura. I tredici ettari della tenuta sono un luogo ideale per concedersi un momento di autentico relax, ad esempio passeggiando lungo i due laghetti naturali che incorniciano il Relais&Chateaux o risalendo lungo la collina della Cantalupa da cui ammirare la vallata circostante. Accanto al Ristorante tre stelle Michelin, ma del tutto indipendente, c'è un’area specializzata per banchetti ed eventi sia privati sia aziendali. Nella bella stagione, il grande patio a bordo piscina è attrezzato con barbecue e forno a legna per gustare menu all’aria aperta.
«La ristorazione esterna e la banchettistica rappresentano una parte fondamentale della nostra offertacommenta Francesco Cerea, secondogenito di Vittorio e Bruna, fondatori del ristorante “Da Vittorio” di Bergamo, e responsabile della ristorazione
esterna - gestiamo l’organizzazione di ricevimenti di matrimonio nelle più disparate location, dalla Toscana fino a Los Angeles. Fondamentale è riuscire a creare un evento tailor made, che sappia soddisfare anche i clienti più esigenti: molti si tengono in case private, con menu che vanno dalla terra al mare, ma anche kosher. In genere abbiamo bisogno di almeno tre mesi per programmare un ricevimento e se abbiamo solo un mese siamo costretti a correre. Il motto che seguiamo sempre è: essere felici e sereni per festeggiare qualcosa». Il settore dei matrimoni è in netta ripresa, cosa prevedete per il 2023? «Prevediamo - prosegue Cerea - un ulteriore aumento delle richieste, come già successo nel 2022. Lo scorso anno è stato il primo senza più limitazioni concrete dovute al Covid, che aveva bloccato del tutto l’organizzazione dei matrimoni. Se dividessimo in percentuale, potremmo dire che la clientela che seguiamo per l’organizzazione di una festa di matrimonio è per l’80% italiana e solo il 20% straniera. In questi ultimi anni l’esplosione dei social network ha
rappresentato una perfetta cassa di risonanza per poter vedere come vengono realizzati eventi di grandi dimensioni, come ad esempio i matrimoni. Le coppie più giovani ci raggiungono spesso tramite Instagram o le altre piattaforme social, ma è ancora il passaparola il mezzo più efficace».
Catering & Banqueting
Forte della pluriennale esperienza Lo Scalco (www.loscalco.com), associato Anbc, propone un servizio completo di banqueting in location prestigiose e un ventaglio di pro-
poste: agriturismi con alloggio, residenze private, dimore storiche, palazzi, ville, castelli, musei, loft e spazi in architettura industriale. Grazie agli allestimenti è in grado di trasformare qualsiasi open space dal giardino alla spiaggia o un campo di grano nel luogo ideale per celebrare il matrimonio. La cura dei dettagli e la passione per il lavoro sono la migliore garanzia per la qualità di ogni singola pietanza.
Particolare attenzione viene riservata a chi necessita di una dieta speciale sia per salute (celiaci, allergie e intolleranze), sia per credo religioso (Kosher e Halal) sia per una scelta di vita (vegetariani, vegani).
«L’80% degli eventi vengono organizzati in Toscana, meta sognata da molti, sia italiani sia stranieri. I promessi sposi prestano molta attenzione all’allestimento scenografico: il wedding planner, regista del matrimonio, vuole fare vivere un’esperienza emozionale magari in un castello, in una splendida villa o a domicilio della clientela - spiega Sandro Baldi, amministratore unico Lo Scalco - L’aspetto fondamentale è l’allestimento del tavolo e quello dell’aperitivo: occorrono dalle 5 alle 6 ore per preparare i tavoli, ma, s’ intende, il tempo può essere di più, secondo la complessità dell’evento. Il
nostro è un lavoro che va pianificato per tempo e programmato, occorrono minimo 6/12 mesi, invece per una clientela straniera abbiamo necessità di maggiore tempo. Molta della nostra clientela proviene da Germania, Olanda, Inghilterra, Francia, Usa e Brasile, così noi proponiamo un menu con piatti tipici toscani».
PriviteraEventi
Strutture scenografiche, tensostrutture, serre e garden con cui PriviteraEventi (www.priviteraeventi.com), nata negli anni '80 a Tradate (Va), crea su misura allestimenti per ogni genere di manifestazione. Grazie alla ricerca hanno creato “la Fenice”, una serra modulare in ferro e policarbonato, raffinata e leggera, ideale per un matrimonio o un ricevimento.
Nei due anni di crisi in cui i matrimoni e i ricevimenti erano diminu-
iti drasticamente PriviteraEventi ha avuto la fortuna di non subire cali: «L’anno scorso abbiamo avuto un carico intenso di lavoro, ora il mercato si è stabilizzato - sottolinea Massimo Privitera, socio di PriviteraEventi, «Sicuramente notiamo una crescita del livello qualitativo. Abbiamo richieste per eventi importanti, che coinvolgono molta forza-lavoro altamente specializzata, come carpentieri, ingegneri, geometri e montatori». Durante la pandemia? «Fortunatamente con i dehors, le verande dei ristoranti e bar non abbiamo avuto alcun rallentamento della nostra attività - aggiunge Privitera - La nostra serra La Fenice si discosta dalla semplice struttura. È come se fosse parte integrante del progetto creativo dell‘evento: un contenitore decorativo ed elemento scenico, dove l’aspetto vincente è la trasparenza, che gioca con la natura circostante o la decorazione floreale». �� cod 95236
15° C
on più di mezzo milioni di votanti tra il primo e il terzo turno, si è conclusa lo scorso 13 marzo la 15ª edizione del sondaggio di Italia a Tavola per eleggere il Personaggio dell'anno dell'enogastronomia e dell'accoglienza. Tre round caratterizzati da duelli mozzafiato e da grandi sorprese che hanno reso più avvincente la corsa alla vittoria finale. Lo scopo del sondaggio è stato da
sempre quello di valorizzare il mondo dell'enogastronomia e del settore Horeca e di richiamare l'attenzione sui professionisti dei vari settori, soprattutto in un momento delicato - come quello attuale - per la ristorazione. E quest'anno i vincitori, nelle rispettive categorie, sono stati: Max Mariola (Cuochi), Franco Pepe (Pizzaioli e Panificatori), Luca Montersino (Pasticceri), Salvatore Trapanese (Sala e
Il noto chef, e volto amatissimo sui social network e nel mondo della televisione, Max Mariola (di Casa Mariola) ha vinto la categoria dei cuochi sbaragliando tutta la concorrenza, soprattutto grazie - oltre alla propria popolarità - alla grande dedizione nel
coinvolgere il proprio pubblico nel voto sul nostro sito web (ha riscosso, nel corso dei tre round, un totale di quasi 24mila voti). Uno stakanovista, dunque, che conquista la medaglia d'oro e che stacca di ben 4mila voti la seconda classificata, Antonella Ricci (di Ricci Osteria), ed il terzo, Domenico Stile (di Enoteca La Torre Villa Letitia).
Fuori dal podio: Enrico Bartolini, Antonino Cannavacciuolo ed Igles Corelli.
Anche in questa categoria non c'è stata partita: in testa sin dall'inizio del terzo ed ultimo turno, Franco Pepe (di Pepe in Grani) stravince e si lascia alle spalle due concorrenti che hanno sempre lottato per le prime posizioni: Gabriele Bonci (di Pizzarium) e Fulvio Marino (di Molino Marino e volto di Rai 1). Per Pepe, dunque, che ha conquistato ben 15mila cuori, si tratta di una vittoria storica: il pizzaiolo di Caiazzo, infatti, nelle scorse edizioni si era sempre posizionato sul podio senza, però, mai vincere.
Fuori dal podio: Teresa Iorio, Matteo Cunsolo e Ciro Salvo.
Questa è stata indubbiamente l'an-
nata di Luca Montersino (18mila voti complessivi per lui). Il maestro di Acquaviva (Rsm), infatti, con circa 400 voti di distacco dal successore in graduatoria, ha conquistato - dopo le ultime 48 ore di fuoco - la seconda edizione del Premio di Italia a Tavola nella propria carriera. Sal De Riso (presidente di Ampi) ed Iginio Massari (di Pasticceria Veneto), due mostri sacri del settore, conquistano l'argento ed il bronzo ed applaudono il vincitore.
Fuori dal podio: Damiano Carrara, Melissa Dolci e Matteo Cutolo.
Negli ultimi due giorni di votazione dell'ultimo round del sondaggio, Salvatore Trapanese (docente Banqueting manager) ha mantenuto la testa della classifica e ha conquistato la vittoria nella categoria "Sala e Hotel". Laila Gramaglia (restaurant manager del President di Pompei) e Gabriele Bianchi (maitre di Hotel Villa San Martino), dopo dei grandi testa a testa, devono arrendersi e congratularsi con il vincitore. Per Trapanese i voti totali tra primo e terzo turno sono stati più di 13mila.
Fuori dal podio: Sandro Camilli, Vanni Berna e Irina Mihailenko.
La regina del settore Deborah Santoro (del Pollina Resort) si riconferma anche nel terzo ed ultimo turno di votazioni e si aggiudica il primo posto in classifica, staccando di quasi mille voti Tony Berry (di Porto di Ripetta Bar e noto volto social), in seconda posizione, e di duemila Rachele Bottino (di Almaranto Relais), terza. Per lei, nel corso di tutto il sondaggio, i voti hanno superato quota 12mila.
Fuori dal podio: Marina Milan, Salvatore Scamardella e Patrizia Bevilacqua.
Game, set, match. Edoardo Raspelli (conduttore televisivo e giornalista) chiude i giochi della sezione "Opinion Leader" e sbaraglia la concorrenza di grandissime star italiane (ed internazionali), come Bruno Barbieri ed Alessandro Borghese. Ma per il reporter di Alma TV non si tratta della prima vittoria in assoluto sul sito di Italia a Tavola: Raspelli, infatti, aveva già conquistato un'edizione ed entra, dunque, nella cerchia dei "bistellati". Per lui poco più di 16mila preferenze complessive nel corso delle votazioni.
Fuori dal podio: Daniele Rossi, Ruben Bondì ed Antonella Clerici.
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"Mangia bene e goditi la vita", recita il sito di Max Mariola, Massimiliano all'anagrafe. È conduttore tv, youtuber, consulente, docente e cuoco. Da subito ha scelto la via della
parte dalla spesa al mercato e che non prevede sprechi, mirata all'esaltazione del gusto, ma anche all'aspetto nutrizionale e calorico.
Sei abituato a incassare numeri importanti specialmente sul web, ma dietro ci sono persone che hanno voluto esprimerti stima e affetto. Può bastare la potenza del mezzo per ottenere tutto questo?
e che i miei follower abbiano risposto con entusiasmo consentendomi di conquistare questa prestigiosa affermazione che per me
è molto importante, soprattutto perchè a differenza dei colleghi io non ho un ristorante. Il web fa emergere la voce di tutti. E fa benissimo alla cucina, se il dialogo tra le persone è corretto. Io cerco di dare sempre un messaggio giusto, stimolo le persone a una maggiore sensibilità verso il cibo, le spingo ad acquistare prodotti italiani, ad andare al mercato a scegliere il meglio e non in un luogo soltanto come il super-
mercato. Solo così di potrà avere più qualità e soprattutto a buon prezzo.
Si dice che i migliori prodotti sono solo ormai quelli a centimetro zero. Ma non tutti possono disporne. Ma la cucina non è da sempre il laboratorio dove si esaltano i sapori altrimenti scialbi, trasformando al meglio quello che si può avere?
Tutti vorremmo avere a portata di mano l'orto per cogliere le verdure al massimo della loro freschezza o la pescheria sotto casa. Ma non è possibile. È vero che bisogna far muovere le materie prime il meno possibile per non inquinare, ma a volte è necessario farlo se servono. E poi è bello usare in cucina quello che non appartiene alla tua cultura ma serve a valorizzare un piatto.
La ristorazione, specialmente quella di fascia alta, attraversa un momento di crisi e la stessa clientela ora cerca un servizio più accessibile. Forse si è spinta troppo avanti?
In effetti sì è un po' esagerato. Come a fare cotture standardizzate anche quando non serve, tipo quella a bassa temperatura. Proprio grazie alle cotture tradizionali i piatti hanno affermato la loro identità. Bisogna trovare un punto di incontro tra tradizione e innovazione. E poi anche il gusto del consumatore si è evoluto. Nell'alta ristorazione non a tutti piace stare seduti per ore e gustare porzioni minime. Può bastare un contesto raffinato per essere soddisfatti e desiderare di tornare? �� cod 95098
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Si fa a chi è più mattiniero! Per l'intervista, domattina colazione insieme. Si combina per le 7:30, nella piazza di Caiazzo (Ce). Indolente paesino risvegliatosi e divenuto ben frequentato da circa dieci anni a questa parte grazie a questa prodigiosa impresa di Franco Pepe: Pepe in Grani. Ben più di una pizzeria.
Quasi diecimila lettori di Italia a Tavola hanno espresso la loro preferenza per eleggere te Personaggio dell'Anno nella categoria Pizzaioli e Panificatori.
Sono emozionato, va detto! Mi sento gratificato proprio da questo voto "popolare". La giuria costituita dalla numerosissima platea dei lettori di Italia a Tavola e non dai cosiddetti esperti che sovente sono tali in autoreferenzialità, mi onora particolarmente. Questa cosa, quindi, mi fa essere ottimista sul futuro. Essere apprezzato dai clienti che vengono qui. Nel settore, quindi, ci si può ancora credere.
Ed ecco, stavo proprio per chiederti, caro Franco, la tua opinione sul futuro del settore. Il futuro delle pizzerie, dei pizzaioli, del prodotto pizza.
In dieci anni io e i miei colleghi abbiamo dimostrato che c'è stata una grande evoluzione. Pensa al variare del topping e ancor più al concetto
nuovo del "sano". La pizza non solo buona, ma anche sana. In questo mi sto avvalendo dei contributi professionali di nutrizionisti, biologi, agronomi. Un approccio scientifico da cui è sortito, con grande soddisfazione, il menu della pizza mediterranea. Il futuro, riflettiamoci insieme, è basato sui saperi. Saperi che vanno trasmessi, e per trasmettere i saperi alle nuove generazioni ci vuole la formazione. Senza formazione non andiamo da nessuna parte. Come ambasciatore del gusto, ho avuto modo di incontrare autorevoli membri del governo, in una riunione in Trentino. A costoro ho esternato il mio auspicio: quello che negli istituti al berghieri, oltre ai settori consolidati di cucina, sala e accoglienza, ci sia anche un percorso di formazione sulla pizza. Formare i pizzaioli, almeno fornendo agli allievi le competenze basilari.
Circa il tuo domani? Come lo vedi?
Il mio futuro non può prescindere dal mio passato. E parlo non soltan to del passato oramai ultradecennale di Pepe in Grani, ma anche dell'espe rienza pregressa di panificatore con mio padre. Il mio futuro è trasmettere i saperi ai ragazzi che vengono a lavo rare con me. Il mio futuro non è aprire franchising, non è andare sulle grandi piazze. Il mio futuro è collocarmi nei progetti ambiziosi come è quello della Franciacorta, sei anni, oramai; e i due anni di presenza a Lavello (Pz) in Ba
silicata, dove c'è anche Don Alfonso. E poi ci sono altri progetti di cui ancora taccio!
Tu hai il dono prezioso della creatività. Starti dietro man mano che sforni, è il caso di dire proprio così, nuove pizze originali è compito arduo.
Sì, io sovente al mattino mi alzo e penso a una nuova pizza. Ma alzare l'asticella sul prodotto pizza, che è un cibo popolare e che è costituito da ingredienti basilari semplici, non è facile. Non è facile soprattutto se, ed è il mio caso, non si prescinde dall'obiettivo di offrire sempre la migliore qualità possibile. Insomma, l'estro creativo c'è ma va doverosamente dosato. Per adesso le novità sono la pizza dolce, la Gelsomina, con un succo di gelsi su una crema pasticciera e con dei cristalli di violette. E c'è la pizza Vulcanica, sapore deciso con ingredienti semplici, ma con tre momenti diversi di preparazione: prima della cottura, durante la cot-
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Beh, primo a poi ci si doveva arrivare...
Non è una prima volta, ma questo non significa che non faccia piacere. I nostri lettori hanno incoronato Luca Montersino come Personaggio dell'Anno nella categoria Pasticceri. Lo chef, consulente, docente e personaggio televisivo piemontese si era già aggiudicato il Premio Italia a Tavola per altre due volte, nel 2014 e nel 2020. Questa volta gli sono serviti 18mila voti per battere due grandi nomi della pasticceria, che già in passato, proprio come lui, si erano aggiudicati il sondaggio: Sal De Riso e Iginio Massari. Abbiamo fatto, quindi, una chiacchierata con il neo vincitore, parlando con lui del futuro della pasticceria, ma anche dei problemi che affligono il mondo della ristorazione in generale, come la carenza di personale.
Luca, la pasticceria del 2023 sembra avere come linea guida la salute. Lei questa strada l'ha intrapresa più di vent'anni fa. Mi sembra di ca pire che aveva ragione...
Il mercato sta andando nella direzione su cui io ho iniziato a lavorare nel 2002. Forse allo ra non eravamo ancora pronti, anzi, a dir la verità mi sentivo un po' incompreso quando dicevo che si poteva fare una pasticceria del "senza", per soddi sfare non soltanto chi ha delle patologie, ma anche chi vuole seguire una corretta alimentazione.
Ma cos'è cambiato? Cosa ha portato a questa svolta?
In primis la consapevolezza che non si può più mangiare come si mangiava cent'anni fa. Al lora il dolce era un'eccezione e si poteva ab bondare di zuccheri, grassi e tutto il resto. Oggi il dolce fa parte della nostra dieta quotidiana, lo mangiamo anche più volte al giorno ed è normale ci sia una mag giore attenzione. Così, la mia pa sticceria del "senza" è diventata una pasticceria "consapevole".
In tanti se ne accorgono quando arrivano i problemi. Se si mangia male per un giorno, non succede niente, se si mangia male per quindici anni arrivano i problemi. Così è successo, si è mangiato per necessità e non per godimento e sono arrivate le intolleranze, il diabete e tutto il resto. A quel punto il mercato cambia perché il consumatore non vuole fare a meno del dolce, ma non lo vuole più come prima e non può nemmeno mangiarlo come prima. Allora lo chiede con meno zucchero, senza zucchero, senza lattosio, ecc.
Per concludere, visto che vent'anni fa ci ha visto giusto, come vede il futuro della pasticceria?
Ho due punti di vista, uno di prodotto e uno più filosofico. Io credo che nei prossimi vent'anni si concretizzerà ciò che si è
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Se c'è stata una sorpresa nell'edizione 2023 del Premio Italia a Tavola è senza dubbio quella che ha coinvolto la categoria "Sala e Hotel", dove ad aggiudicarsi il primo posto è stato Salvatore Trapanese, docente di scuola superiore e banqueting manager, oltre che referente del suo territorio, Procida (Na), per Amira, l'Associazione maître italiani ristoranti e alberghi. Pur avendo raccolto negli anni diversi riconoscimenti, ultimo in ordine temporale quello di Professionista dell'anno 2022 di Solidus, il suo successo era difficilmente pronosticabile e ha sorpreso lo stesso Trapanese.
Complimenti per la vittoria. Com'è nato l'amore per il suo lavoro?
L'ho scelto venticinque anni fa. Mi è sempre piaciuto stare in mezzo alla gente e lavorare per il prossimo. Tutto è partito da casa mia, Procida. Lì ho iniziato, prima di girare l'Italia e l'Europa e, infine, tornare a casa. La mia terra ha grandi potenzialità, non sempre sfruttate al massimo. Mi sto impegnando perché possa essere sempre di più apprezzata.
Una visione che dà l'idea dell'importanza del ruolo di chi lavora nell'hotellerie. Negli ultimi tempi, però, il lavoro non sembra riscuotere un gran successo. Lei si è fatto un'idea dei motivi?
Negli anni il nostro è diventato un mestiere sfruttato e sottopagato. Un lavoro banalizzato. Paghiamo lo scotto di non aver valorizzato nel modo giusto il nostro comparto, di averlo sottovalu-
tato, dandolo in pasto a tutti. Non è, invece, un lavoro per tutti. Serve rimanere sempre aggiornati, formarsi e adeguarsi di volta in volta ai nuovi standard qualitativi. Per questo penso e spero che nei prossimi anni supereremo questa fase, grazie al lavoro delle associazioni e delle scuole. In tanti pensano che le alternative siano due: o si fa la fame o si è fortunati e si va in televisione. La realtà è diversa. Ci sono tantissimi professionisti compresi tra i due estremi, professionisti che si sono trovati un loro spazio e sono riusciti a togliersi numerose soddisfazioni.
Lei, oltre a praticare la professione, è un docente, quindi conosce anche l'altro lato della medaglia. In cosa è carente la formazione dei giovani in Italia?
Nelle scuole manca l'attività di laboratorio e anche quando c'è non è comunque all'altezza delle richieste delle imprese. Occorre allinearsi sotto questo aspetto, un allineamento che in questo momento non c'è. La scuola e il lavoro si muovono, secondo me, su due linee parallele e di conseguenza le esigenze non si incontrano
E lei, che questi ragazzi li vede ogni giorno, ha un consiglio da dare loro?
Io dico sempre la verità: questo è un lavoro che, per essere fatto bene, va amato al pari della propria famiglia. Si dovrà fare i conti con tanti problemi, con le emergenze quotidiane, e per farlo c'è solo una strada: amare il proprio lavoro. Alla base di tutto ci deve essere quello. �� cod 94982
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«Io ancora devo realizzare», Deborah Santoro, siciliana di Messina, classe 1992, di Pollina Resort, è la vincitrice della categoria Barman del Premio Italia a Tavola. Una scalata al successo lungo le tre fasi di selezione del sondaggio che l’ha vista conquistare il titolo con 12.307 voti complessivi. A dirla tutta Deborah, figlia d'arte ma con una lunga gavetta alle spalle, ha anche un’altra ragione per essere felice visto che, a distanza di poche ore dal verdetto, ha trionfato anche nel concorso Lady
Drink a Rapallo, dove ha raggiunto il primo posto nella sua categoria, long drink, e subito dopo è stata proclamata vincitrice assoluta del concorso Lady Drink.
Deborah sei l’unica vincitrice donna del Premio Italia a Tavola, ma come sono considerate le donne nel tuo ambiente?
«Riguardo alla vittoria, da una parte è bello dall’altra peccato perché dobbiamo cercare di portare in alto le donne,
ed è molto difficile. Noi dobbiamo lavorare il triplo, forse il quadruplo degli uomini per ottenere risultati. Questo mestiere è visto prettamente maschile, anche se adesso stanno cambiando un po’ le cose, ma prima non si vedeva vincere una donna molto facilmente, piano piano lo stiamo portando avanti noi donne e ci stiamo facendo valere, e piano piano stanno cambiando anche un po’ di cose».
Com’è cambiata la professione in questi anni, tra difficoltà del periodo e mancanza di personale?
«Adesso è un periodo un po’ particolare per tutti. Siamo stati bloccati per un po’ di tempo per il Covid, ma non ci siamo fermati, abbiamo studiato, è importante aggiornarsi. Riguardo alla carenza di personale, da una parte il problema è legato al costo che devono affrontare i titolari di un’attività per mettere in regola il personale, dall’altro dal fatto che vogliono i professionisti, ma non li vogliono pagare. Un professionista spende anche per formarsi, per studiare, e non può essere pagato come chi è alle prime armi. Poi, chi sceglie il lavoro di bartender deve
mettere in conto che si lavora soprattutto alla sera, la mattina è più da caffetteria, quindi non è facile».
Come vedi il tuo futuro?
«Lo scopriremo solo vivendo, si spera di andare avanti, di crescere ovviamente. Ci vuole molta caparbietà. È difficile dire come sarà il tuo futuro, può essere che stia iniziando, come può essere che stia finendo. È anche una questione di fortuna».
E invece, il futuro del tuo settore?
«Spero che vada bene e che cresca. Ci facciamo conoscere attraverso le associazioni e i concorsi nazionali e internazionali, le gare sono occasioni anche per scambiarci le idee tra colleghi. Siamo tutti pronti per far crescere il mestiere, il problema è che poi dipende tutto dai clienti il far “girare l’economia”. Dipende dalla gente e diciamo che, per adesso, con gli aumenti, molti non hanno i soldi - anche i bar - per pagare le bollette».
Deve ripartire bene il settore, il turismo…
«Sì, secondo me deve ancora ripartire bene, penso che siamo sulla buona strada rispetto al Covid, ci vuole un altro po’ di pazienza ma ci siamo dai!»
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«Lavoriamo il triplo degli uomini per ottenere risultati»
«È difficile dire come sarà il tuo futuro, può essere che stia iniziando, come può essere che stia finendo.
È anche una questione di fortuna»
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Volto storico del giornalismo enogastronomico, Edoardo Raspelli, classe 1949, si è aggiudicato il Premio personaggio dell’anno di Italia a Tavola per la categoria Opinion Leader. Per il giornalista ritenuto l’inventore della critica gastronomica italiana, tra i precurso ri di quella mondiale, si tratta della seconda vittoria dopo quella del 2014.
R aspelli, come commen ta questa vitto ria?
« Qualcuno dice che sono un pallone gonfia to, per colpa vostra in questo momen to sono una mon golfiera. La mia au tostima, provata dal la depressione per tutto quello che avviene nel mondo, tra malattie, pericoli di guerra, la siccità, beh, questo mi tira su il morale».
Qual è l’importanza di un opinion leader oggi?
«Inesistente, drammaticamente. Oramai i commentatori, i critici stan no andando verso la disoccupazione perché purtroppo la gente punta sui social, critica, legge con superficiali tà, e vota. Io consiglio ristoranti, ma
i miei rivali sono Trip Advisor oppure i vari blogger che, poi si legge sui giornali, chiamano il ristorante, prenotano per sette e chiedono di non pagare perché poi gli fanno l’articolo. Però questi blogger vengono seguiti dalla gente. Mi rendo conto che è importante la democratizzazione, dare la possibilità a chiunque di esprimere il proprio parere,
plauso, oppure della stroncatura, che è ancora più pesante».
Spostando lo sguardo invece sull’attuale situazione dell’alta cucina, del fine dining, cosa ne pensa?
«Post-pandemia e crisi economica hanno inciso sulle persone. A questo punto io trovo totalmente superfluo se non criminale, per chi racconta i ristoranti, i prodotti e i vini, puntare soltanto su questi posti irraggiungibili. Io sono un cronista della gastronomia, ho fatto cronaca nera per 10 anni, ho documentato omicidi, scontri di piazza e poi a metà degli anni ’70, su ordine di Cesare Lanza: “vai nei ristoranti, mangi, paghi, che poi ti rimborsiamo noi, e racconti i ristoranti anche cattivi”. Io primo in Italia e terzo nel mondo ho fondato la critica gastronomica. Io non vado a provare l’ultima creatura di Massimo Bottura che fa menu degustazione a 350 euro. Se ha deciso di fare queste cose e gli va bene dal punto di vista finanziario sono molto contento. Ma se io comunico alla gente, al lettore del quotidiano, che comunque è un’élite perché paga 1,50/2 euro al giorno, o comunico su un portale e con la gente, devo provare dei posti accessibili. Già 100 euro in un ristorante è troppo per una famiglia di quattro persone: non può spendere 400 euro per andare al ristorante. Cosa sto facendo io allora? Anche perché pure io i soldi non voglio buttarli via: sto andando in posti “medi” di buona cucina, sto andando a provare anche i famosi ristoranti a mezzogiorno». 4975
«I critici della cucina
I CHEWING GUM SENZA ZUCCHERO FANNO BENE AI DENTI: LO DICE LA SCIENZA
Un inaspettato alleato di benessere per i denti? Il chewing gum senza zucchero, se correttamente utilizzato, può diventare un supporto per la corretta igiene orale. Questo grazie allo xilitolo che è un sostituto dello zucchero con un gusto gradevole e fresco, appartenente alla famiglia dei polioli, da anni studiato clinicamente per la sua capacità di inibire la crescita dei batteri, che avviano il processo carioso di demineralizzazione di smalto e dentina. �� cod 94935
Gli udon sono uno dei piatti tipici della cucina cinese e giapponese: sono simili agli spaghetti ma più spessi e sono composti da farina, acqua e sale. Altamente digeribili, grazie al tipo di lavorazione e alla semplicità degli ingredienti. Spesso accompagnati da verdure saltate, uova e straccetti di carne, gli udon hanno una serie di virtù che vale la pena conoscere: insieme alla dottoressa Francesca Albani, dietista di Humanitas San Pio X, scopriamo i benefici di questa pasta in un articolo di Humanitas Salute che pubblichiamo.
A livello nutrizionale, gli udon contengono una quantità significativa di carboidrati e proteine e una serie di micronutrienti molto impor-
La steatosi epatica, comunemente detta fegato grasso, è una patologia molto diffusa nei paesi occidentali. Tuttavia, circa nel 30-40% dei casi, può essere associata allo sviluppo anche di patologie gravi. Ma si può guarire da questa patologia? E come? Ne parla il dottor Francesco Auriemma, gastroenterologo e specialista in patologie a carico del fegato e dell’apparato bilio-pancreatico, di Humanitas Mater Domini.
Il fegato grasso è un eccessivo accumulo di lipidi (grassi) all’interno delle cellule epatiche. Di norma, la quantità di lipidi presente nel fegato raggiunge circa il 5-10% del suo peso; quando questa percentuale aumenta, parliamo di fegato grasso.
Il miglior modo di prevenirlo e curarlo è correggere il proprio stile di vita, che deve essere sano ed equilibrato, e che preveda un’alimentazione bilan-
tanti per il buon funzionamento del nostro organismo: 100 grammi di udon, infatti, portano circa 131 calorie, 28 grammi di carboidrati complessi (circa il 10% della razione giornaliera raccomandata), 4 grammi di proteine (8% Rda), fibre e potassio. Ancora meglio se scelti nella versione integrale perché i carboidrati vengono digeriti e assorbiti più lentamente e le fibre contenute aiutano a migliorare la funzionalità intestinale. Sia per quanto riguarda il loro apporto calorico, sia per quanto concerne la digestione, tutto sta ovviamente nel condimento. Meglio preferire una salsa a base di soia e verdure saltate, magari con zucchine, carote, germogli di soia, bambù a listarelle. �� cod 94669
ciata, regolare attività fisica e un controllo del peso corporeo. Nella dieta bisogna privilegiare frutta, verdura e cereali, evitare gli alcolici e le bevande e gli alimenti che contengono un elevato contenuto di fruttosio e glucosio. I cibi grassi, in particolare quelli di origine animale vanno ridotti, così come i grassi di origine vegetale. È importante ridurre anche il consumo di latticini e di burro, e limitare il più possibile gli zuccheri e gli alimenti che contengono fruttosio. �� cod 95058
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Collaboratori di questo numero
Valerio Beltrami, Fausto Borella, Giuseppe Cristini, Matteo Cutolo, Sal De Riso, Enrico Derflingher, Fabio Di Pietro, Bernardo Ferro, Massimo Artorige Giubilesi, Francesco Guidugli, Giambattista Marchetto, Angelo Musolino, Gianluca Pirovano, Rocco Pozzulo, Guido Ricciarelli, Francesca
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