L’ESTATE NEL BICCHIERE I vini da (ri)scoprire per l’estate
OTUS
Il birrificio artigianale dall’indole popolare
L’ESTATE NEL BICCHIERE I vini da (ri)scoprire per l’estate
OTUS
Il birrificio artigianale dall’indole popolare
Che manchi il personale in bar, ristoranti o hotel è un aspetto quasi stucchevole da ricordare. Eppure, basta sentire un qualunque gestore per rendersi conto di come il rischio di non riuscire a fare fronte al boom di turismo che ci si aspetta sia concreto. Siamo già oltre le presenze del 2019, quando non si era ancora creata una “fuga” di personale dal comparto. Un dato per tutti: non pochi locali sono andati in tilt in occasione del ponte del 2 giugno, vera prova generale dell’estate, perché non avevano personale sufficiente.
Conosciamo le ragioni (demotivazione, scarsa remuneratività e orari) e sappiamo su cosa intervenire (formazione, nuovi contratti di lavoro e riorganizzazione dell’offerta per orari e turni). Ma ad andare bene occorreranno almeno due-tre anni per rimettere in pista un comparto complesso come quell’Horeca che si sta comportando come una molla: dopo la compressione del Covid sta scattando più del previsto. C’è un vero boom di domanda, ma le imprese non riescono a farvi fronte perché il numero dei dipendenti è sottodimensionato. Per sostenere questa spinta, generata dal Valore Italia (dalla ristorazione all’accoglienza, dall’arte al paesaggio) che resiste nonostante l’indifferenza di anni della politica verso il Turismo, servono in pratica “persone”. Mancano almeno 50mila addetti a oggi. E quelli che ci sono vengono spesso contesi fra un locale e l’altro con pratiche a volte al limite della corret-
tezza, anche se spesso la decisione dipende da ambiente di lavoro, orari e stipendio. Il punto è che il personale manca adesso e ogni giorno che passa ne mancherà di più.
Una speranza era nata nelle scorse settimane dopo gli annunci del Governo (e in particolare del ministro Daniela Santanchè) di avviare una decontribuzione per i lavoratori dei pubblici esercizi che lavorano la domenica, i festivi e durante le ore notturne. Si tratterebbe ovviamente di una misura tampone, una vera e propria pezza per tappare un po’ di buchi in attesa di riforme più strutturate. Ma il solo annuncio aveva acceso molte speranze. Al punto che Fipe-ConfCommercio aveva espresso subito un consenso pieno parlando di un «importante impulso all’occupazione che consentirebbe agli addetti del comparto di percepire un salario più alto, senza gravare sulle casse delle imprese». Augurandosi poi - parole del presidente Lino Stoppani - che «la misura, inizialmente provvisoria, possa diventare strutturale per assicurare al nostro Paese un turismo di qualità e per destagionalizzare un settore che, come sottolineato anche dal Ministro, è in grado di garantire lavoro 12 mesi l’anno grazie al patrimonio paesaggistico, culturale e culinario del nostro Paese». Bene che è succes-
A fronte del boom di turisti molti gestori dell’Horeca temono di non riuscire a rispondere alla domanda perché manca il personale. La decontribuzione proposta dalla Santanchè non si vede, perché non fare un decreto? Un incentivo economico che non pesi sui pubblici esercizi potrebbe aiutare un comparto che già soffre per un’inadeguata formazione dei giovani
TuttoFood,
I segreti del successo, le novità e le tendenze della produzione del Birrificio Otus raccontati dall’equipe di direzione, composta dal birraio Alessandro Reali e da Giampietro Rota, Ruben Agazzi e Anna Cremonesi. Senza dimenticare una citazione obbligatoria a Otus Redvolution, la birra italiana che ha conquistato il World Beer Cup 2023.
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Quante volte ci siamo sentiti dire: «Non è mai troppo tardi». Probabilmente molti di noi, come facile che sia, penseranno a una massima popolare, altri invece, i più anziani tra noi, usciti dalla distruzione dell’ultima guerra, ricorderanno una famosa trasmissione televisiva Rai. Il programma era condotto dal famoso educatore Maestro Manzi, il suo fine era insegnare lettura e scrittura agli italiani fuori età scolare, ancora totalmente o parzialmente analfabeti.
Questo pezzo di importante storia televisiva mi è balzato subito in mente con la recente notizia che l’authority Antitrust ha aperto le indagini su confezioni e prezzi di numerosi prodotti in commercio.
Dopo le speculazioni avvenute per la guerra in Ucraina, in una piccola nazione di 600mila km² e di 44 milioni scarsi di abitanti, dove le produzioni, a detta dei mercati affaristici, sembrava che fornissero il mondo intero con le loro materie prime e che questo potesse giustificare gli aumenti economici, ora le lobby di grosse industrie dell’agro-alimentare e trasformazione si sono inventate un nuovo modo di speculare e arraffare ignobilmente profitti: la cosiddetta shrinkflation, la tecnica con cui le aziende riducono la quantità di prodotto nelle confezioni, mantenendo i prezzi sostanzialmente invariati. Una pratica commerciale scorretta,
che porta a innescare, sotto mentite spoglie, un’ulteriore inflazione, attraverso la conseguente rincorsa agli aumenti di ogni genere. Non rientrano in questo i carburanti che ultimamente stanno scendendo, seppur lentamente.
Quale presidente della Fic - Federazione Italiana Cuochi, composta di lavoratori e “patron” di piccole realtà ristorative, dove le derrate alimentari sono alla base del lavoro, sono felice che finalmente qualcuno cominci a indagare e valutare se certe pratiche siano lecite o siano dettate solo dalla cupidigia economica di una “casta”, a discapito di tutta la collettività e soprattutto dei più vulnerabili. Cibo e generi di prima necessità non sono un lusso e operare in maniera disonesta a discapito di persone che sono totalmente o
parzialmente ingenue, come per esempio gli anziani, è assolutamente da condannare e respingere.
Fic in queste lotte è e sarà sempre in prima linea per la tutela del giusto e sano mercato, anche in concorrenza commerciale, purché sia nella massima coerenza e trasparenza per il bene di tutti. Una passo verso la strada giusta e la giustizia economica finalmente; forse è proprio il caso di dire, dopo i silenzi e l’indifferenza del passato: «Non è mai troppo tardi».
Non cucina all’italiana, ma cucina italiana. Questo il minimo comun denominatore alla base del protocollo ITA0039 per la tutela dei veri ristoranti italiani all’estero. A fine aprile è stata rinnovata la firma che ha seguito la prima stipula dell’accordo avvenuta nel 2019. Nostri partner l’ente di certificazione Asacert e Coldiretti. Due compagni di viaggio che sono una garanzia, a cui si aggiunge il ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, che ha fortemente voluto e supportato l’iniziativa e che è particolarmente sensibile alla tematica.
In seguito a un recente incontro con il ministro Francesco Lollobrigida presenteremo questo strumento di tutela in una nostra ambasciata di grande autorevolezza nel mondo. Sì, perché la certificazione dei ristoranti italiani fuori dai nostri confini è in primis una salvaguardia della loro onesta attività, in secondo luogo è una lotta senza quartiere contro il falso italiano su tutta la linea, dall’italian sounding in avanti.
Il made in Italy non può essere uno schermo dietro cui si può nascondere chiunque e qualsiasi prodotto per spacciarsi come autentico. Queste sono frodi ed EuroToques è in prima linea per bloccarle e sbugiardarle ai quattro venti. Con noi l’autorevolezza di Coldiretti, che in seconda battuta promuoverà delle campagne mirate fo-
calizzate sulla nostra produzione agroalimentare.
Il Protocollo ITA0039 per la tutela dei veri ristoranti italiani all’estero, va sottolineato, è uno strumento che inoltre difende e sostiene tutta la filiera produttiva. Ecco allora che per essere certificati bisogna superare diversi gradi di valutazione, analisi a tutto campo. Si tratta di uno strumento unico nel suo genere, grazie alla scientificità dei criteri messi a punto da Asacert e alla professionalità degli auditor, in grado di verificare i criteri individuati nella check list, senza limiti e confini geografici.
Un audit approfondito su macroaree di fattori, a cui sono attribuiti dei punteggi direttamente proporzionali al “peso” e all’importanza del criterio valutato e che convergono in un rating finale strutturato per livelli, a seconda del punteggio di qualità raggiunto. Sotto i riflettori c’è la cucina italiana, da sempre il paradigma della nostra immagine nel mondo.
Cercando di guardare avanti, la previsione sembrerebbe molto benevola per i mesi caldi in arrivo, non solo meteorologicamente: le prenotazioni per il settore dell’ospitalità confermano l’avvento di una stagione turistica assai favorevole, con un’ottima ricaduta per il nostro comparto. Ci sarà sicuramente molto lavoro. E qui ci troviamo di fronte al rovescio della medaglia: una grande affluenza di clientela estiva richiederebbe uno staff nutrito, per dare un buon servizio e consolidare la propria presenza.
Ma il personale continua a mancare. Fin dagli scorsi anni, dopo la pandemia, qualcosa è cambiato: la domanda delle strutture non incontra quella di potenziali camerieri, pasticceri, addetti alla ristorazione in genere, che non trovano più appetibili le condizioni di lavoro offerte dal comparto. Impossibile per un’azienda che lavora nella stagione turistica chiudere alla domenica oppure alla sera, come pure far fare un turno unico che finisca alle diciotto (queste alcune delle richieste).
I giovani che provengono dalle scuole alberghiere sono una scommessa: alla prova lavorativa, o scatta la grande passione che li porta a investire tempo ed energie, oppure durano qualche settimana e poi lasciano…
Forse la formazione fatta a scuola non è sufficiente a dare un’idea di quello che sarà la professione, forse servirebbe un incentivo governativo per invogliare i giovani a fare questi lavori.
Il consiglio è di resistere, contare sul passaparola di chi già lavora per voi, cercare di formare internamente il personale e di motivarlo anche economicamente perché è un valore importante nell’intera equazione.
Si possono potenziare i dolci da passeggio come gelati e sorbetti, che d’estate sono sempre graditi. La situazione cambierà, ne sono sicuro, anche se non velocemente. Il segreto sono la formazione e la motivazione, e soprattutto tenere duro.
Il futuro della pasticceria è regionale? Noi pensiamo di sì, perché è il momento di guardare alla tradizione regionale. E puntare alla valorizzazione del patrimonio gastronomico locale. Il repertorio di dolci nelle grandi vetrine delle città è pressoché identico ma, forse, di tradizionale italiano ha poco. O potrebbe avere di più.
Molte delle nuove pasticcerie che puntano sulla qualità e che, quindi, si stanno impegnando nella selezione delle materie prime e nell’innovazione delle tecniche, sembrano decisamente applicare poco la lezione al nostro patrimonio gastronomico. Per differenziarsi dalle pasticcerie vecchia scuola e non omologarsi, si rischia oggi un nuovo appiattimento.
Cosa bisogna fare allora? Con tutti i maestri Conpait siamo impegnati sul campo, soprattutto negli incontri pubblici, per rafforzare l’idea regionale. Il bunet piemontense, la sbrisolona lombarda, la zuppa inglese e il castagnaccio? Sono dolci meno sofisticati, forse meno scenografici e considerati casalinghi, ma purtroppo esclusi dal lavoro dei giovani pasticcieri e dal passaggio generazionale.
Se, invece, torniamo anche all’esposizione dei dolci tradizionali, si potrebbe rigenerare l’intero comparto. Quando si viaggia, si vuole mangiare qualcosa di tipico, conoscere un sapore nuovo, provare qualcosa che non si è mai provato prima. E invece ci si ritrova ad addentare il solito croissant, pur buono che sia, che si sarebbe potuto mangiare ovunque. Invertiamo la tendenza, torniamo a puntare sulle tipiche dolcezze locali così da incrementare ulteriormente il mercato locale che poi è mercato italiano.
Pensiamo ai turisti come cittadini e non come semplici passanti di quella unica giornata. Una pubblicità di ritorno che non deve per forza guardare alla Francia come schema preimpostato. A Napoli babà e sfogliatelle sono ovunque: ecco questa è la strada da seguire. Le eccellenze regionali ed un futuro che non può non considerare le meraviglie dei singoli territori.
mancheranno sul mercato 2000 tonnellate di prodotto. E la legge della domanda-offerta farà scattare verso l’alto l’asticella del prezzo. Alla risoluzione di questi sgambetti del mondo produttivo, purtroppo, non ci sono alternative.
L’unica soluzione è il ritocco dello scontrino che andrà a pesare sulle tasche del consumatore. Un consumatore che già da prima di Pasqua, complice anche l’assenza di piogge, si è buttato a capofitto sul comparto dei gelati facendo segnare un +20% delle vendite rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ci si augura che questa tendenza continui il suo corso per bilanciare questi aumenti imprevisti e necessari.
Un altro problema, che non è una novità, ma è ormai endemico, riguarda la carenza di manodopera, in questo periodo dell’anno un sostegno di rilievo per il comparto pasticceria artigianale.
La bella stagione porta sempre grandi speranze, ma quest’anno bisogna iniziare il percorso estivo guardinghi. Un cammino con i piedi di piombo. Il motivo è semplice e carico di preoccupazioni. Le materie prime sono in costante aumento. Il riferimento è a due assi portanti del nostro settore: il latte e i suoi derivatipanna e ricotta in primis - e lo zucchero. Materie prime che incidono in modo determinante sulla produzione di gelato, che con il caldo viaggia sempre a ritmi sostenuti.
Cosa è successo? Per quanto riguarda il latte, da tempo gli allevatori sono in difficoltà. Ne consegue che il primo anello della catena è costretto ad aumentare il prezzo penalizzando tutta la filiera. Di altra natura il discorso inerente lo zucchero. Diverse coltivazioni hanno dovuto fronteggiare situazioni anomale. Il risultato è che nel 2023
È inutile far finta di niente: mancano i giovani disposti a lavorare nei fine settimana o alla sera. Un andamento che ha preso corpo nei primi periodi post Covid, che ora si sta strutturando in modo preoccupante. Intendiamoci, di nuove leve appassionate e che non badano al calendario e agli orari ce ne sono, ma non a sufficienza per soddisfare la domanda del mercato professionale.
Da diversi mesi a questa parte la sfida più rilevante per il comparto turistico e, in generale per il mercato del lavoro, è diventata la carenza di personale, criticità particolarmente sentita anche nell’ospitalità. In particolare a fronte di nuove esigenze, emerse in seguito alla pandemia, le persone sono alla ricerca di un esperienza lavorativa che le gratifichi, che fornisca loro i mezzi di sostentamento e che contestualmente lasci loro il tempo ritenuto necessario per dedicarsi agli affetti, alla famiglia e alle proprie passioni. Ciò che cercano, inoltre, i lavoratori è un lavoro che incontri i loro interessi e che metta la per-
sona in un contesto di arricchimento personale e di completezza di fronte a un futuro che si è dimostrato incerto.
Questo ha avuto come effetto un importante impatto psicologico che, a sua volta, ha determinato una completa revisione dei valori e delle priorità della vita. Questo concetto vale per tutti e riguarda tutti gli aspetti della nostra vita sia lavorativi sia professionali.
Partendo dal concetto che oggi il vero lusso è dato dall’esperienza che i nostri ospiti vivono durante il loro soggiorno, capite bene che, rispetto allo scenario presentato sopra, la sfida che stiamo vivendo e che vivremo sempre di più in futuro, è quella identificata dalla soddisfazione e coinvolgimento di tutto il nostro personale per creare i presupposti per un servizio unico e personalizzato. È fondamentale oggi creare ruoli e mansioni specifici e basati sui punti di forza delle nostre persone, selezionare personale che abbia le soft skill che stiamo cercando, monitorare il loro stato d’animo e la soddisfazione, mantenere la passione sempre alta e mettere a disposizione la giusta formazione.
Questo perché possano svolgere al meglio il loro lavoro e abbiano la possi-
bilità di crescere professionalmente. Altrettanto importante è garantire un salario adeguato e che riconosca le loro competenze e la professionalità, creare sempre nuovi valori aggiunti alla professione che svolgono, costruire giorno per giorno un rapporto di fiducia reciproco, ascoltare quotidianamente la loro voce e i loro feedback, mettendo di conseguenza in pista azioni correttive o migliorative, mantenere le promesse e dimostrare che ci si prende cura di loro in maniera genuina e sentita.
Questi sono gli elementi su cui dovremo basare il nostro lavoro quotidiano perché a noi è chiesto di essere sempre più leader ed esserlo implica prima di tutto qualità, skills ed empatia verso i nostri collaboratori che sono e saranno sempre di più determinanti e indispensabili per portare un’azienda al successo. Puntare sul nostro personale è e sarà il migliore investimento che possiamo e potremo fare.
Istat, Banca d’Italia e l’Organizzazione mondiale del turismo hanno certificato che il 2023 è l’anno della piena ripresa del turismo a livello mondiale, oltre che italiano. Nel 2022 la ripresa è stata robusta, rispetto al disastro provocato dalla pandemia. A fronte di 1,4 miliardi di visitatori internazionali che si sono mossi nel 2019, crollati a meno della metà nei due anni successivi, nel 2022 si è tornati a quota un miliardo: nel 2023 dovremmo raggiungere nuovamente i numeri del 2019, se non superarli. Nel 2022 il turismo italiano ha fornito alle casse dello Stato un surplus di ben 18 miliardi di euro. Nel 2023 il solo incoming tornerà su quota 44 miliardi di euro.
Senza la pandemia avremmo già raggiunto quota 50 miliardi di euro. Calcolando il Tourism Satellite Account, per quanto riguarda l’impatto diretto e indiretto prodotto dall’industria dell’ospitalità, si arriva a una quota del 12-15% del Pil (prodotto interno lordo), che nel 2022 ha superato quota 1.909 miliardi di euro e che cresce ulteriormente considerando anche comparti che sono molto affini al turismo e che da esso traggono vantaggio: la moda, lo sport, la cultura, l’enogastronomia. Almeno un quarto del Pil italiano ruota attorno all’industria dell’ospitalità ed è una quota in costante crescita.
Sempre il Tsa (Tourism Satellite Account) ha certificato che se Roma è di gran lunga la prima destinazione turistica in Italia con un fatturato complessivo che supera i 7 miliardi di euro, al secondo e terzo posto si sono attestati territori costie-
ri come la costa veneta da Bibbione a Caorle a Jesolo a Cavallino Treporti (che fattura 4,3 miliardi di euro) e la costa romagnola tra Rimini e Riccione (che fattura 4,1 miliardi di euro).
Solo a quel punto arrivano destinazioni come Milano (3,48 miliardi di euro), Venezia (3 miliardi di euro) e Firenze (2,84 miliardi di euro). Napoli è al sesto posto con 1,35 miliardi di euro. Sopra il miliardo di euro c’è Torino, sopra i 900 milioni di euro c’è Bologna.
Un problema a parte riguarda gli emolumenti che nell’industria dell’ospitalità italiana sono decisamente inferiori rispetto alla media europea. In passato il problema non era avvertito in maniera seria perché il fuori busta, le mance, altre fonti di guadagno, tutti esentasse, raddoppiavano se non triplicavano l’effettivo guadagno. Tutto ciò è scomparso. Restano contratti sindacali inadeguati e restano rapporti di lavoro che non corrispondono a ciò che la stessa Costituzione afferma all’articolo 36: “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro [...]”.
Il rischio è che sempre più professionisti emigrino all’estero. Sarebbe un suicidio per un comparto che è diventato strategico per l’Italia, anche se Parlamento e Governo non se ne sono ancora ben resi conto.
Due giornate molto importanti per la nostra associazione
Amira, in cui sono stato invitato in remoto, lo scorso 8 maggio, dal Senatore Luca De Carlo, presidente della nona commissione del Senato della Repubblica (industria commercio turismo e produzione agroalimentare) per dare delle indicazioni sull’atto n°39, piano che conta su cinque pilastri strategici per riconfermare la leadership dell’Italia nel mercato turistico: investimenti, innovazione, inclusione, sostenbilità e formazione.
E il giorno successivo ho partecipato alla commissione attività produttive commercio e turismo aula X della Camera. Proprio su quest’ultima voce ab-
biamo espresso il nostro parere e più precisamente abbiamo chiesto di:
• aumentare le ore di pratica di laboratorio negli istituti professionali alberghieri attualmente ritenute molto insufficienti;
• dare finanziamenti agli istituti alberghieri in modo che non possano essere parificati agli altri licei. I computer con gli aggiornamenti sono utilizzabili per anni, contrariamente alle derrate alimentari che sono la materia indispensabile di esercitazione per la preparazione in cucina e, di conseguenza, per il servizio in sala da pranzo;
• reinserire le ore di terza area, offrendo la possibilità alle associazioni riconosciute come la nostra di coadiuvare e implementare il lavoro già svolto dai docenti, dando la testimonianza delle nostre esperienze professionali maturate negli anni, così da infondere agli allievi amore e passione: queste ultime sono le uniche armi vincenti per avere personale nelle strutture alberghiere;
• defiscalizzare il costo del lavoro, dando così la possibilità ai datori di lavoro
di avere un maggiore numero di dipendenti e, di conseguenza, un turnover che renderà i turni meno logoranti e più flessibili. Questo sicuramente darà più dignità alla professione e sicuramente offrirà la possibilità al personale di vivere più momenti con la propria famiglia; • favorire e implementare l’attività di tirocinio formativo, anche per gli allievi che hanno compiuto 16 anni - possibilità attualmente preclusa con la vigente normativa - in strutture esterne all’uopo convenzionate, garantendo agli stagisti un salario minimo e la prevista sicurezza sui luoghi di lavoro, mutuando in tal modo quanto è già prerogativa di altri Paesi europei.
Tutto questo con l’augurio e la speranza che queste proposte non volino via e vengano prese in considerazione. Se attuate, saranno sicuramente un motivo per avvicinare i giovani alla professione, uno dei mestieri più belli al mondo.
Anche questo anno, con l’arrivo della stagione estiva, si continuano a leggere annunci di ricerca di personale in parecchie attività di ospitalità e non solo. Questo avviene a tutti i livelli e su tutto il territorio nazionale. E non nascondo che un certo dispiacere lo provo: perchè ci si stia disinnamorando di questo meraviglioso lavoro, non lo comprendo. Anche se qualche risposta me la sono data.
Siamo tutti consapevoli dell’importanza fondamentale dei collaboratori nell’industria alberghiera. Sono loro che rendono possibile l’eccellenza dei nostri servizi, che accolgono gli ospiti con un sorriso caloroso, che si occupano delle loro esigenze e che rendono indimenticabile la loro esperienza. Tuttavia, negli ultimi anni, abbiamo assistito a una diminuzione significativa del numero dei candidati qualificati disponibili.
Le ragioni di questa carenza possono essere attribuite a diversi fattori. In primo luogo, l’aumento della domanda di viaggi e turismo ha portato a una crescente richiesta di servizi alberghieri. Le nuove strutture alberghiere spuntano ovunque, ma il numero di persone che scelgono di intraprendere una carriera nel comparto alberghiero non è aumentato in proporzione. In secondo luogo, dobbiamo riconoscere che l’immagine del settore alberghiero non è sempre stata la migliore. Molti giovani professionisti potenziali sono stati scoraggiati dai lunghi orari di lavoro, mancanza di flessibilità e dalle pressioni legate a un ambiente ad alta intensità.
re questi pregiudizi e dimostrare che il comparto alberghiero offre opportunità gratificanti, sviluppo professionale e una varietà di percorsi di carriera. Penso che le organizzazioni del comparto, insieme alle associazioni di categoria, come ad esempio Solidus, debbano lavorare in sinergia con le Istituzioni per promuovere programmi di formazione specifici per l’industria alberghiera. Tutte insieme dovrebbero promuovere campagne di sensibilizzazione sulle opportunità di carriera.
In conclusione, la mancanza di manodopera nel comparto alberghiero rappresenta una sfida significativa. Dobbiamo lavorare insieme per promuovere l’immagine positiva del comparto, migliorare le condizioni di lavoro e investire nella formazione e nell’avanzamento professionale. Solo attraverso uno sforzo collettivo possiamo attrarre e trattenere i talenti necessari per garantire il successo e la crescita sostenibili. È il momento di agire e costruire un futuro migliore per il nostro comparto e per coloro che vi operano.
Senza voler tagliare con l’accetta la lista delle etichette su base stagionale - perché è giusto che ciascuno beva secondo i gusti - ecco una panoramica di calici avvicinabili anche con le alte temperature. Ci vuole, quindi, accortezza nel preparare il secchiello del ghiaccio, perché bianchi, rossi o rosati che siano, i vini finiscono inevitabilmente per esser raffrescati
Marchetto sistono vini per l’estate? O esistono vini per l’inverno? Probabilmente nella mente di ogni produttore i propri vini sono degli all-seasons, capaci di abbinarsi a situazioni e proposte gastronomiche variegate. Senza voler tagliare con l’accetta la lista delle etichette su base stagionale - perché è giusto che ciascuno beva quel che gli garba - va riconosciuto però che il combinato disposto tra il calore (del vino) e il calore (dell’estate) possa rendere più faticosa una beva ad alta gradazione alcolica e tannica. E proprio per questo la stagione che vira ormai stabilmente verso i 30 gradi di media richiede accortezza nel preparare il secchiello del ghiaccio, perché bianchi, rossi o rosati che siano, i vini finiscono inevitabilmente per esser raffrescati
Poi qualcuno ama i bianchi gelati e le bolle in versione “fro zen”, ma anche approcciando la refrigerazione con maggiore mo derazione va riconosciuta una gran bella godibilità nei calici che schivano la temperatura am biente (che a quel punto non è molto distante dalla sauna).
Per chi ama gli sparkling, il pensiero va immediatamente alle bolle che raccontano i territori e in qualche caso sorprendono. La bassa gradazione e la facilità di beva fanno immediatamente pensare alla terra del
Prosecco, dove la scorrevolezza si concilia con le atmosfere estive. Se il Valdobbiadene Prosecco Superiore dà il meglio di sé nella versione extra brut - basti pensare all’Audax Zero.3 di Bortolomiol, all’Extrabrut di Ruggeri, al Rive di S. Stefano di Val d’Oca - lo stesso vale per l’Asolo Prosecco, come conferma il Nero Superiore di Villa Sandi. Nell’enorme bacino da cui attingere per un Prosecco Doc può invece risultare curioso
salire in quota e sperimentare qualche etichetta della Valbelluna. Non sono pochi, infatti, i vignaioli della Marca trevigiana che si stanno spingendo nell’area bellunese per trovare freschezze che in pianura risultano difficili da mantenere - basti citare il lavoro in zona prealpina della famiglia Piazza e dell’azienda Le Rughe. Giocando di maggiore complessità, in Valbelluna ci si può divertire con espressioni eccellenti di metodo classico: dal Mat 55 di Pian delle
La punta di diamante nella produzione Marsuret nasce nel Pentagono d’oro. Un vero e proprio cru nelle colline di Valdobbiadene, dalla perfetta combinazione fra un microclima dolce e un terreno antichissimo, originatosi dal sollevamento di fondali marini. Un luogo dove il sole dipinge i grappoli del colore dell’oro. Dove prende vita la più elegante anima del Prosecco Superiore: il Cartizze. Uno Charmat lento esalta aromaticità e freschezza, donando al vino un perlage fine, persistente e cremoso. Il colore giallo paglierino delicato e il profumo intenso. Un bouquet di frutta bianca matura rivela la bellezza di una terra unica al mondo e i fiori bianchi ne sottolineano l’estrema eleganza. Al palato si rivela armonico, setoso e avvolgente, in perfetto equilibrio con la dolcezza degli zuccheri nella versione Dry. Un’eccellenza riconosciuta e pluripremiata in concorsi nazionali e internazionali.
www.marsuret.it
Vette - azienda che lavora anche un interessante metodo classico con base di autoctona Bianchetta - al millesimato pas dosé dei Fratelli Mu raro a Santa Giustina. Rimanendo in zona alpina (e cambiando regione), si può spaziare ancora dalle im mancabili bolle delle Tenute Lunelli all’elegante pas dosé di Haderburg in quel di Salorno, dall’espressività di Terre del Lagorai in Valsugana fino al nuovo Trentodoc Michei Extra Brut firmato Hofstätter (da vigneti tra 790 a 850 metri di altitudine). È però l’in tera zona vitivinicola del Trentino che andrebbe esplorata - meglio se con una e-bike che permette di seguire le sponde dell’Adige e di salire in quota - per inseguire Francesco Moser che, sceso dal pedale, diventa un vigna iolo capace di sfidare i calici con la complessità dei suoi vini.
In materia di metodo classico, inevitabile la tappa in Franciacorta dove il sorso cambia, ma rimane di una complessità elegante - come nel Berlucchi ’61 Nature, capace di granSemplicemente irresistibile. Perrier-Jouët Blanc de Blancs è uno cham pagne abbagliante e spontaneo, ricco di agrumi croccanti e fresche note floreali. È un omaggio all’emblematica uva Chardonnay della Maison Perrier-Jouët, che interpreta lo stile unico della Maison, com binando finezza ed eleganza con energia e vivacità. Séverine Frer son, Chef de Caves della Maison, descrive Perrier-Jouët Blanc de Blancs come «un vino preciso, che porta ritmo e armonia all’esperienza della degustazione». Oro pallido con riflessi color verdognolo, risveglia i sensi con aromi seducenti di peonia e caprifoglio, agrumi piccanti (limone, pompelmo) e pera bianca e sentori di mandorla fresca, zenzero e pepe bianco. Al palato, la sua freschezza minerale indugia in un finale sorprendentemente morbido e pieno, che aggiunge una dimensione confortante a questo champagne vivace e luminoso. www.perrier-jouet.com
de profondità e raffinatezza, o nella rara cuvée di riserva che Bellavista ha presentato con l’etichetta Meraviglioso, che reinterpreta le tecniche tradizionali
di vinificazione champenoise restituendo un vino stratificato e sorprendente. Se il metodo classico permette di scoprire i territori del vino e dunque si rivela spesso intrigante dall’Alta Langa fino alle più curiose espressioni dai vigneti di Sicilia e Sardegna, merita una menzione l’evoluzione che in terra marchigiana alcuni produttori stanno compiendo con l’utilizzo di basi Verdicchio e pure Montepulciano. Dal vitigno bianco più conosciuto delle Marche la cantina Cológnola trae l’eccellente pas dosé Darini (che esce con sboccatura a 60 e 90 mesi), mentre la piccola realtà di Silvano Strogolo riesce a sorprendere in alcune annate con un 100% Montepulciano che in etichetta si chiama DalNero.
Moda effimera o ritorno alle radici? Ai posteri l’ardua sentenza, ma risulta evidente il successo crescente dei vini prodotti con il cosiddetto metodo ancestrale. Nettamente più semplici rispetto al metodo classico, proprio per questo spesso raccontano l’anima delle cantine con una schiettezza che conquista i giovani e spesso diverte. Gli esempi si sprecano, perché la rifermentazione permette di giocare in cantina anche con vitigni inattesi, come fa Mario Pojer con il suo Zero Infinito, un sorso intrigante eppure semplice nella versione bianca base Solaris e nel rosato Cremisi che parte da un vitigno resistente perfezionato in Boemia.
In un percorso completamente senza bussola raccontano i Colli Euganei La Gobbetta sur lie di Quota 101 (da Garganega in purezza), come gli ancestrali Dilì di Maeli (da Moscato Giallo) e La Prima Volta di Vigna al Colle (vino da merenda da uva Serpri-
na), mentre in Valbelluna c’è il Subbu glio di De Martin (da Pavana), nelle Terre di Pisa si scopre In Fermentum di Fattoria Fibbiano, nell’area marchi giana di Morro d’Alba il Perturbato di Filodivino (da Verdicchio) e in Abruzzo il rifermentato rosé Wines Of Anarchy
della cantina Cirelli (Montepulciano).
Un altro vino da riscoprire in estate, quando può esser servito freddo, è il Moscato d’Asti che tra semplicità di beva e bassa gradazione si rivela un ottimo partner per aperitivi leggeri, piatti freddi o formaggi, ma anche per il pesce delicato. E il divertimento è assicurato.
È il top di gamma delle collezioni RCR, studiata per un arredo tavola di alto livello. Spessori sottili resi molto resistenti agli urti dall’alta densità dell’Eco Crystal. Il disegno della coppa nell’angolo di massima curvatura indica il giusto livello del vino da versare, mentre la parte bassa conica del calice permette di apprezzarne le gradazioni di colore nel suo massimo splendore. www.rcrcrystal.com
Per chiudere il cerchio delle bolle, non può mancare la citazione della bolla rossa per eccellenza: sua maestà il Lambrusco. La produzione a milioni di bottiglie ne ha appannato l’immagine, ma negli ultimi anni i produttori hanno saputo raddrizzare la barra del timone e si scoprono prodotti gastronomici che soddisfano i palati più esigenti, come il Concerto di Medici Ermete e il Marchese di Venturini Baldini nel Reggiano o i metodo classico di VentiVenti (da uve Salamino) e della Cavaliera (da Grasparossa). Come i pét-nat, sono vini perfetti per la merenda o il picnic, sgrassano il palato da salumi e piatti di carne impegnativi
Esperienza sensoriale al massimo livello: il calice Aria di RCR
Quando si entra nel mondo dei vini bianchi per l’estate, è facile scivola re sullo scontato, perché un bianco freddo e beverino rischia di essere la scelta più banale. Per questo, con una scorribanda lungo la peniso la, vale la scoperta di etichette che sappiano parlare di territorio e allo stesso tempo offrano un’esperienza diversa. Partendo da Sud, anzi dalle isole, tra i vitigni siciliani vinificati in bianco spicca per identità e caratte re il Catarratto, che unisce una bella acidità, freschezza aromatica e una sapidità legata alla presenza potente del mare. Il vitigno si esprime bene in quasi tutti i territori siciliani e sull’Etna risulta più vibrante. Per un sorso vivo e pieno, il Catarratto Terre Siciliane di Nino Barraco offre l’opportunità di un’esperienza pienamente siciliana. Spostandosi in Sardegna, merita di essere (ri)scoperto il Nuragus, che unisce frutto e salsedine con un’eleganza che suggeriamo di sperimentare nel Nuragus di Cagliari formato Antonella Corda.
La Campania dei vini bianchi è entusiasmante, soprattutto quando si rivela nitida senza coperture di affinamenti in legno. Così il Fiano in anfora Zagreo dei Cacciagalli racconta una piacevole e intensa interpretazione del vitigno classico campano, ma spostandosi all’area partenopea emerge con fascino e potenza un vino che può fare la differenza: la Falanghina dei Campi Flegrei, che unisce sapidità e corpo mentre evolve verso toni di zolfo estremamente eleganti quando invecchia. Da provare, già solo per scoprire la storia di una famiglia di vignaioli che tiene in piedi la viticoltura eroica sul vulcano dentro la città di Napoli, i vini Agnanum.
Dici Marche in bianco e pensi Verdicchio, non per nulla uno dei vitigni italiani più apprezzati da critica e appassionati su scala internazionale. La profondità di questi vini li porta ad attraversare le stagioni (anzi, meglio far passare qualche stagione in cantina alle bottiglie perché diano il meglio), ma per un calice intrigante nell’estate sul litorale adriatico si possono scegliere vini capaci di essere intriganti pur giovani, come il Gaiospino di Fattoria Coroncino o il Vertis di Borgo Paglianetto da Matelica. Assai meno noto, eppure da scoprire (per la capacità di invecchiamento, ma anche per l’abbinata giovane con i piatti di pesce marchigiani) il Ribona, con l’Asola di Fontezoppa che ne incarna una delle massime espressioni. Facendo tappa in Umbria, il Trebbiano Spoletino sta vivendo un momento di grande rinascita e con quella vena acida elegante si abbina ai torridi pomeriggi in collina. Da provare il Trebium di Antonelli San Marco e Poggio del Vescovo di Cantina Ninni.
Salendo in Toscana, l’estate richiama verso la costa e non si può eludere il gioco del Vermentino. Ol-
tre alle versioni semplici e veloci da abbinare con pesce e piatti leggeri, vale la pena segnalarne due che spiccano: il Belguardo Codice V da un cru di Mazzei, sapido e potente, trae dalle bucce (fermentate parte in anfora e parte in acciaio) una personalità scultorea; unisce invece freschezza e profondità il Mimesi di Tenuta di Ghizzano, Vermentino in purezza da vigne vecchie che dopo acciaio e 4 mesi di anfora porta in bottiglia la spina dorsale del territorio. Spostandosi nel cuore della Toscana, la regina bianca - ovvero la Vernaccia di San Gimignano - è talvolta considerata un bianco importante, eppure la freschezza mediterranea intrecciata alla complessità del vitigno permettono una grande flessibilità nell’abbinamento. Tra le espressioni più affascinanti, il Selvabianca firmato da Il Colombaio di Santa Chiara.
Spostandosi nel Nord-Est, ecco tre sfumature di territorio che vanno valorizzate nel calice estivo. Nel Feltrino, in Valbelluna, la Bianchetta è un autoctono così versatile da essere utilizzata per il metodo classico o per il rifermentato (come il
Bolla Ballerina di Filippo de Martin), ma anche per vini fermi dal temperamento nobile, come il Tilio di De Bacco, che maturando in legno porta la semplicità del vitigno a vestirsi di un fascino particolare. Sui Colli Orientali del Friuli, che tanta storia hanno costruito sui vini bianchi, la Ribolla è un vino senza tempo e senza limite: spumantizzato o vinificato in bianco, può esser banalizzato o spinto per alcolicità, ma quando viene maneggiato con cura e competenza ha l’eleganza che ogni estate in collina chiede per abbinarsi a formaggi e salumi in un picnic raffinato. Alfieri di una Ribolla in cemento (affinata per 8 mesi prima della bottiglia), i fratelli
Blanc proveniente dal vigneto storico a 500 metri di altitudine ai piedi del massiccio del Monte Mendola; fermentazione spontanea con macerazione di 7 mesi sulle bucce in anfora e affinamento di altri 14 mesi sulle fecce fini danno al vino uno spessore materico seducente.
Considerato il colore (del calice) più apprezzato d’estate, il rosé diventa sempre più una scoperta anche per il consumatore italiano. E quando non scimmiottano i provenzali, i produttori della penisola sanno giocare di finezza e territorialità. Il primo ro sé che viene in mente è il Chiaretto
morenica che respirano un clima mediterraneo. L’etichetta da scovare è il Ròdon de Le Fraghe. Spostandosi in Centro Italia, il Cerasuolo d’Abruzzo è un vino dall’aura estiva per sua natura, pronto ad essere servito senza misura in accompagnamento ai piatti della costa. Non manca la spinta alcolica, ma servito freddo e sorseggiato con moderazione è un vino tutto da scoprire. Le etichette da cercare sono il Baldovino della Tenuta I Fauri nel chietino, ma anche il Gruè di Tenuta Cerulli Spinozzi e il CAb dell’Abbazia di Propezzano dall’area delle Colline Teramane.
Poco lontano, nel Conero il superconsorzio Imt (Istituto marchi
Chi l’ha detto che in estate i vini rossi vanno dimenticati in cantina? Per fortuna non è (più) opinione né pratica comune quella di tralasciare i calici più “colorati” e anzi non sono poche le occasioni di riscoperta di un sorso materico eppure lieve, magari raffrescato in glacette. Qualche esempio? In Alto Adige la Vernatsch (che gli italiani chiamano da sempre Schiava) e con la sua eleganza semplice si presta alla beva in tempi di calura. Refrigerata e sorseggiata con i salumi di un maso locale è un’esperienza gratificante. L’etichetta da non dimenticare è Gschleier di Cantina Girlan, che unisce ai tannini fruttati una tensione che l’affinamento in botte grande regala a un vino tutt’al-
tro che scontato. Spostandosi a Nord-Ovest, vogliamo poi dimenticare il Grignolino d’Asti? Vitigno nobile, così raffinato da esser guardato in passato con sospetto di eccessiva vicinanza ai rosati, porta nel calice piccoli frutti rossi e profondità. Da segnalare, il Garibaldi firmato Mura Mura, che non nasconde il tannino deciso eppure seduce per finezza.
Scendendo in Toscana - magari passando per l’Appennino e facendo una sosta a Modigliana per scoprire qualche espressione meno ardita di Sangiovese - si può immaginare di far tappa nella denominazione più prestigiosa per provare l’espressione estiva del Rosso di Montalcino. Frutto di un Sangiovese meno formale rispetto al Brunello, è un vino
duttile che non disdegna quel po’ di raffrescamento che lo rende più che appetibile con un bbq in collina. Una rivelazione nuova nuova è il Rosso Vigna Spuntali di Val di Suga, che sprigiona profumi e si fa bere di slancio. Scendendo verso il CentroSud, ci si imbatte nella flessuosità del Pallagrello rosso, vino che uno non si aspetta in Campania e che invece vibra nel calice con grazia e leggerezza.
Approdando in Sicilia, sull’Etna (soprattutto nelle contrade del versante nord) si lavora molto di essenzialità sul Nerello Mascalese e più di una cantina evita concentrazioni spinte, lasciando nel calice rossi di bella trasparenza e leggerezza.
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Omaggio alla quarta generazione Giorgio Serena, il marchio Ville D'Arfanta, proprietà di Serena Wines 1881, è oggi orgoglio di una cultura agricola centenaria e massima espressione di spumanti di nicchia e dall’elevato profilo qualitativo, a rappresentare l’amore che da oltre 140 anni lega la famiglia Serena al proprio territorio d’origine. Con sede a Conegliano (Tv), nel cuore dell’areale produttivo del Prosecco Docg, Serena Wines 1881 oggi è guidata dalla quinta generazione Luca Serena, che nel 2022 ha superato i 100 milioni di fatturato, raggiungendo un riconoscimento internazionale di enorme portata e un export che pesa per il 53% del ricavato.
Numeri che posizionano l’azienda tra i colossi del panorama vitivi-
nicolo non solo coneglianese, ma di tutto il Veneto, precisamente tra i primi cinque produttori di Prosecco Doc.
Fiore all’occhiello dell’ampia offerta enologica firmata Serena restano certamente i Prosecco Doc e Docg. Ville d’Arfanta nasce proprio per celebrare, attraverso prodotti top quality, l’unicità di questa terra preziosa, madre di una tradizione ormai centenaria che nel mondo è diventata sinonimo di pura italianità, protagonista indiscusso dell’aperitivo made in italy.
Ultimo arrivato della linea è il Ville D'Arfanta Conegliano Valdobbiadene Docg Extra Brut, destinato a chi ricerca una bevuta raffinata e più secca rispetto alle già consolidate versioni brut o extra dry. Un Prosecco Superiore dal perlage fine
floreali, un sorso di classe, sapido e fresco, che dona un piacevole tocco di complessità che si intreccia in armonia al basso residuo zuccherino.
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Cantina Mesa, nata grazie all'intuizione del famoso pubblicitario Gavino Sanna ed entrata nel
2017 nel prestigioso mosaico enologico di Santa Margherita Gruppo Vinicolo, oltre a produrre eccellenti Vermentini, ottimi in abbinamento con il pesce, ha da poco debuttato con il nuovo rosato Rosa Grande Isola dei Nuraghi Igt.
Il nuovo rosato è l'espressione di un terroir senza eguali, il Sulcis, e di due vitigni così diversi, ma capaci di dare vita, insieme, a un’armonia indissolubile: il Vermentino, l’oro bianco di Mesa, e l’internazionale Syrah. Un vino prezioso e dalla forte identità, frutto della profonda conoscenza di questo territorio, dell’instancabile ricerca della qualità senza compromessi e della volontà di allargare con coraggio i perimetri di una già ricca tradizione enologica.
Un rosato dal carattere deciso che trova la sua forza nel perfetto equilibrio tra freschezza, struttura e finezza. Rosa Grande mostra una forza dolce, che viene dal cuore, come quella di una
donna, fatta di creatività, coraggio e gentilezza. Ed è proprio alla forza delle donne che si ispira la ricerca di armonia ed equilibrio di questo vino, che coniuga le note delicate di frutta a vividi richiami floreali, agrumati e marini.
Un vino frutto di un attento lavoro nei vigneti - di proprietà e condotti secondo severi protocolli di sostenibilità - che valorizza tanto le diverse tipologie di terreno, quanto le peculiarità dei due vitigni: il Syrah è coltivato su un terreno argilloso e calcareo, vicino al mare, dove le giornate calde, mitigate dalle brezze serali, conferiscono alle uve una nota caratteristica e distintiva, che aggiunge al vino complessità e struttura; il Vermentino, con i suoi richiami mediterranei, regala freschezza, eleganza e una grande aromaticità.
La sapiente trasformazione in cantina dà origine a un vino fresco e giovane, dal bouquet di fiori e frutti che colpisce per ampiezza, varietà e ricchezza. La bottiglia, tonda e paciosa, è meno severa delle altre della gamma firmata da Cantina Mesa, grazie all’utilizzo del vetro trasparente che permette di ammirare il colore rosa corallo e brillante di questo vino. �� cod 96767
Dal 1980, anno della sua fondazione, Cantine Marisa
Cuomo è l’azienda vinicola di Andrea Ferraioli e Marisa Cuomo che si estende lungo 40 ettari di territorio tra Furore (Sa) e altri comuni della Doc Costa d’Amalfi in provincia di Salerno. In un territorio come Furore, così caratteristico e allo stesso tempo estremo, la cura delle viti e dell’uva diventa un lavoro completamente manuale.
A stretto contatto con la natura, le Cantine Marisa Cuomo sperimentano tecniche per strappare terreno alla roccia, costruiscono pergolati su cui adagiare le viti, selezionano con rigore le colture più adatte preservando i vitigni nobili prefillossera. Una straordinaria passione per il vino è il segreto delle Cantine Marisa Cuomo.
Il Furore Bianco di Marisa Cuomo è un vino bianco di medio corpo, nato da vitigni tipici della Costiera Amalfitana:
Falanghina, Biancolella, Fenile, Ripoli, Ginestra. È caratterizzato da aromi ampi e territoriali: profumi di biancospi no, erbe marine, mandorle e note fre sche e succose per un sorso armonico ed equilibrato. Colore giallo paglierino scarico e delicato profumo di frutta che riporta agli inconfondibili odori mediter ranei della zona di origine.
L'armonia è perfetta tra il Furore Bianco e i piatti di mare come la parmi giana di alici, il risotto alla pescatora, i laccetti con alici e bottarga, le fritture di pesce e le grigliate miste.
Il Costa d'Amalfi Rosato di Marisa Cuomo è un vino molto fresco che richiama, con la sua sapidità, la natura del terreno da cui nasce, beneficiando anche dell'influsso della brezza del mare in cui si specchia. Il Costa d’Amalfi Rosato da uve Aglianico e Piedirosso, è caratterizzato da un vivace
colore rosa e un profumo intenso di ciliegia, ribes rosso, e melograno insieme ad essenze della macchia mediterranea.
Perfetto il connubio tra il Costa D'Amalfi Rosato e il pesce spada accompagnato dai pomodorini del Piennolo del Vesuvio Dop.�� cod 97152
Nonostante il food pairing ceda il passo alle preferenze individuali, ecco qualche spunto per una bella beva in abbinamento alle diverse preparazioni di prodotti ittici.
È giocando di contrapposizioni e bilanciamenti che il calice porta godimento durante il pasto, per un aperitivo rinforzato o per una cena con un bel piatto di pesce
di Giambattista MarchettoLocuzione divenuta improvvisamente modaiola, per poi diventare abusata e dunque in questo momento non particolarmente apprezzata, il food pairing risulta un nodo controverso con il quale si confrontano maître e sommelier, giornalisti e food blogger. Eppure, se osservato come il semplice esercizio di scelta dei migliori sapori da accostare, nel piatto e nel calice, tutto risulta relativamente semplice perché a guardar bene non esistono regole definite. Senza arrivare alla banalizzazione per cui “piace quel che piace“, è pur vero che il palato è alquanto personale e dunque le regole fisse e inamovibili fanno sorridere, quantomeno perché non prendono in considerazione la possibilità di stimolare la curiosità.
Se infatti il termine inglese “pairing” deriva dalla radice latina “par”, che (come per l’italiano) “pari“ indica un’equazione che porta a un accostamento paritario, appunto, si intuisce facilmente come risulti inadeguato concentrare l’attenzione sulle parole. Risulterebbe infatti poco ragionevole (e poco gratificante) proporre banalmente similitudini, perché forse è giocando di contrapposizioni e bilanciamenti che il calice porta godimento durante il pasto o per un aperitivo rinforzato con una proposta ittica.
Provando a percorrere un menu di pesce alla ricerca di abbinamenti intriganti o almeno bilanciati, si parte dai crudi per arrivare alle fritture e si gioca di curiosità. Se tra gli antipasti si prediligono crudité di mare, tra carpacci e crostacei, serve atten-
zione per non rimescolare le carte. Se infatti la materia prima di qualità non va sovrastata, la polpa di pesce fresco in carpaccio o in tartare si accompagna col garbo di vini di relativa delicatezza e freschezza come il Pinot bianco di Manincor o Alois Lageder, il Nuragus di Antonella Corda o un Lacryma Christi del Vesuvio come il Munazei di Casa Setaro (a base Caprettone). Ottimi anche bianchi non aromatici che giocano di sapidità come il Vermentino Su’Imari di Su‘En-
tu dalla Marmilla o il Pigato (ottimo lo Spigau Crociata di Rocche del Gatto, meglio se con qualche anno trascorso in bottiglia). Si può osare un affondo sul Ribona Asola di Fontezoppa o su un Fiano di Avellino - ideale se affinato per qualche anno sui lieviti, come lo lavora Roberto Di Meo - che nella complessità non rinuncia all’eleganza e può reggere anche eventuali salse di accompagnamento.
Sul carpaccio marinato o su carni più succulente, vale la pena di
spingersi fino a un Riesling (renano o della Valacchia - perché non osare un Rizling di Vdovjak dalla Slovacchia?) oppure, per rimanere in Italia, su un elegante Verdicchio dei Castelli di Jesi, come il Ghiffa di Colognola o il Superiore di Stefano Antonucci. Se si cena in Valbelluna, un Tilio di De Bacco (base Bianchetta) o un Via Sonora di Filippo De Martin sono una gran bevuta. Il Verdicchio accompagna agevolmente anche il passaggio ai crostacei, la cui sapidità richiede un calice tonico e capace di profondità: in zona Jesi ci si può orientare sull’immancabile Bucci, mentre spostandosi a Matelica si può puntare sul verticalissimo Vertis di Borgo Paglianetto o sul più accomodante Cambrugiano di Belisario.
Scivolando verso le cotture vere e proprie, la grigliata di pesce (pure
con qualche crostaceo) richiama calici di maggiore morbidezza e struttura, meglio se con una sapidità che richiami le carni. Dal Villa Bucci al Salmariano di Marotti Campi (entrambi Castelli di Jesi Verdicchio Riserva), dal Pecorino Offida di Vigneti Santa Liberata al Critone di Librandi fino al Vulcaia Fumé di Inama, i vini che portano carattere stimolano un confronto con la forchetta. Se la cena di pesce guarda alla Toscana, una Vernaccia di San Gimignano dal carattere raffinato come quel la del Colombaio di Santa Chiara o un Vermentino Codice V di Tenuta Belguardo (Mazzei). A qualcuno può garbare più un sorso aromatico ri spetto alla nettezza di alcuni “rossi travestiti di bianco”, per cui sugge riamo un’escursione a Nord-Est le etichette dei fratelli Butussi, che se nella Ribolla giocano la carta d’ec cellenza possono spaziare su vitigni più aromatici e soddisfare i palati
più esigenti, ma anche per l’immancabile Sauvignon firmato Tiare (che prende la forma migliore dopo qualche anno); altra opzione l’Alto Adige, con il Gewürztraminer Joseph di Hofstätter o il Sylvaner dell’Abbazia di Novacella. Da provare anche il Trachite Bianco di Alla Costiera, in terra di Colli Euganei.
Non sono da dimenticare i rosati - dal Mun de La Calcinara al rosé È di Mora & Memo, dal Chiaretto
Traccia di Rosa di Matilde Poggi al Diagonale di Vigneti Repetto - e soprattutto i macerati, che con una tannicità più spinta reggono pesci saporiti tanto quanto zuppe. Si può spaziare dall’eccellente Ribolla Anfora di Gravner alla Vitoska di Zidarich, dalla Nosiola Fontanasanta di Elisabetta Foradori sulle Dolomiti al Coccio di Filodivino nelle Marche, dal Dressel di Bosco de Medici. Per le zuppe di pesce (in particolare se con presenza di pomodoro) è op-
portuno giocare su un’acidità più contenuta e soprattutto su un tannino più compatto. E allora ecco la virata sui vini rossi, dall’eleganza del Cannonau di Mora & Memo o della Schiava Fass Nr 9 di Girlan, dell’Etna Rosso di Terre Costantino sull’Etna al Grignolino Starderi di Mura Mura, fino alla potenza del Folle de La Calcinara (un Montepulciano in purezza dal Conero) o il Laeneo di Tenuta di Fessina dall’Etna, fino al Nebbiolo del Capisme-e di Domenico Clerico. Non è infatti necessario rimanere nella zona di comfort, ma una proposta di rottura può lasciare molto soddisfatti.
Per concludere, l’immancabile frittura offre l’occasione perfetta per una bolla elegante. Non che un Calvarino di Pieropan o uno Zibibbo di Barraco non possano sostenere il confronto con qualsiasi boccone, ma il perlage aiuta a sgrassare il palato. Qualche idea? Per gli amanti del metodo classico si può spaziare da un’Alta Langa
a un Trento Doc (e qui difficilmente si sbaglia, da Moser a Ferrari, la corsa è ricca di proposte), senza dimenticare i Franciacorta - meglio se pas dosé come la Cuvée Imperiale di Berlucchi o il Pas Operé di Bellavista, ma anche in versione “riedizione” come quelle proposte da Mosnel. Intrigano soprattutto le bolle da vitigni autoctoni, come il Mat55 di Pian delle Vette da Bianchetta in Valbelluna, il Pietrafumante dosaggio zero di Casa Setaro da uve Caprettone, ma anche l’intera gamma di Fongaro che con i suoi lunghi affinamenti ha rivelato tutta la bellezza dell’uva Durella.
Per chi ama il metodo charmat, non può mancare un calice di Prosecco: dal Conegliano Valdobbiadene, dove si spazia dalle vigne vecchie di Ruggeri alla lunga tradizione di Bortolomiol, fino al Prosecco Doc che dalle pianure si spinge fino in collina, dai Colli Euganei alla pedemontana bellunese, dove brand come Le Rughe propongono le sfumature migliori di una bolla veneta in altitudine. �� cod 96954
La tradizione vuole che pesce
chiami vino bianco, ma oggi siamo di fronte a un ampio ventaglio di prodotti enologici. L’approccio dev’essere quello di trovare il giusto equilibrio tra i due elementi. Il pesce è per definizione caratterizzato da un sapore delicato, armonioso e pulito: è bene, quindi, accompagnarlo a vini in grado di esaltarne e non coprirne il gusto e, per sfatare il tabù legato al vino rosso, ci sono oggi prodotti che sono perfetti per accompagnare alcuni piatti di pesce.
Per questo, non ha alcun valore avere preconcetti nei confronti dei vini rossi che possono essere abbinati al prodotto ittico con grande semplicità prestando attenzione a piccoli accorgimenti.
Il vino rosso è ideale in accompagnamento a piatti di pesce al forno o fritti, l’importante che sia povero di tannini, giovane e con un basso grado alcolico, meglio se servito a una temperatura intorno ai 12-14 gradi. Il vino bianco, al contrario, è il re degli accostamenti ai piatti di pesce ma, anche in questo caso, attenzione a piccoli consigli: non vale la regola “l’importante che sia vino bianco”.
Ci sono, infatti, vini che sono poco indicati perché vanno a coprire i sapori delicati del pesce. È meglio un vino bianco secco con buona sapidità e una nota acidula che esalti il gusto di un buon piatto di pesce bianco cucinato al forno.
Non vanno dimenticate infine le bollicine o i vini rosé. Le prime, con la loro spiccata acidità e il grande corpo sono l’abbinamento ideale con il pesce crudo oppure affiancate alle ostriche, perchè capaci di smorzare e bilanciare il palato andando a “sgrassare” la bocca. In ultimo i rosé, perfettamente indicati al fianco di piatti elaborati con gusti intensi, come una zuppa di pesce. La struttura del vino rosé, ricavato da uve a bacca rossa e caratterizzato da una scarsa presenza di tannini è perfetto per andare a bilanciare il carico di sapidità e gusto del piatto.
Si tratti di rosso, bianco o rosé, fermo o mosso, tradizioni e tabù vengono archiviati per una scelta più soggettiva capace di offrire la miglior esaltazione del proprio gusto personale.
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Orobica Pesca
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La scelta del vino per gli abbinamenti con il pesce non si deve limitare solo al bianco. Per Orobica Pesca anche i vini rossi e rosè offrono diverse possibilità per esaltarne i sapori sia al forno, fritto o crudo
Amatissimo dai giapponesi, il Black Cod, la cui polpa è bianchissima e la sua pelle edibile, dal 1994 è salito alla ribalta, grazie alla maestria di chef stellati internazionali
Al ristorante, soprattutto in quelli giapponesi, lo potete trovare sotto vari nomi: butterfish, gindara, merluzzo nero e persino sablefish, ma “lui”rimane sempre lo stesso straordinario pesce per lo più conosciuto come Black Cod, una vera e propria eccellenza tra i prodotti ittici dell’Alaska. Re indiscusso tra le enormi popolazioni di pesce bianco di quel Paese, è importante ricordare prima di tutto la sua naturalità.
Infatti, come tutte le specie del pescato dell’Alaska, è sottoposta alle rigorose regolamentazioni dettate da una legge che, dal 1959, nella Costituzione, obbliga i lavoratori del settore a seguire le indicazioni scientifiche, che, ogni anno, defini scono la quantità di pescato da non superare, sia per evitare sprechi sia per non compro mettere la riproduzione delle specie e rispet tare l’ecosistema. Il Black Cod passa tutta la sua vita nell’oceano, non si sposta mai nelle acque dolci e rimane in quelle pulite e fredde del golfo e del mare di Bering.
Black Cod dell'Alaska, re dell'alta cucina
Se vi viene proposto come merluzzo nero, non lasciatevi in-
nome perché, in realtà, la sua polpa è bianchissima. La definizione deri va unicamente dal tipico colore della sua “livrea” che va dal nero al grigio scuro, proprio come il carbone. Ep pure l’originale (ebbene sì, esistono anche delle specie “fake black cod”) si riconosce proprio dalla sua pelle, edibile, oleosa e morbida, al contra rio di quella falsa, difficilmente com mestibile. Se poi pensiamo che uno dei suoi nomi è butterfish, ovvero pesce burro, è quanto mai evidente il motivo per cui sia tanto apprezzata la sua consistenza delicata che qua si “si sfoglia”.
Perché dia il meglio di sé, però, il Black Cod deve essere cucinato con attenzione proprio perché la sua morbidezza venga mantenuta inalterata. Da evitare, ad esempio, sono le cotture particolarmente umide. Un tempo era considerato un pesce moderatamente economico, ma dopo che si è diffuso in tutto il mondo per il prezzo accessibile, il suo valore è decisamente lievitato, diventando
Il suo successo è infatti cominciato nel 1994 quando il primo ristorante Nobu venne inaugurato a Tribeca, New York. Ma andiamo per gradi. Chef e imprenditore di quella che è diventata una catena di ristoranti e, ora, anche di hotel in molte parti del mondo, Italia compresa, è il giapponese Nobuyuki Matsuhisa (da qui il nome Nobu), spinto al grande salto da personaggi del calibro di Robert De Niro che si dichiarò innamorato proprio della ricetta del suo merluzzo nero. La storia di Nobuyuki è quella di uno che ce l’ha fatta partendo proprio da zero. Una gavetta, la sua, non facile e che l’ha visto, alle prime esperienze, nei panni di lavapiatti e di ragazzo delle consegne a domicilio.
Ma proprio queste iniziali difficoltà lo hanno spronato a diventare sempre più bravo, inseguendo un sogno a cui non ha mai voluto rinunciare. In verità il suo primo ristorante è del 1987, il Matsuhisa, a Los Angeles, ancora oggi famoso per il
menu omakase, nato da un processo di improvvisazione per interpretare i gusti dei clienti. Ed è proprio l’osservazione che lo ha fatto diventare grande. Si informava sulle loro preferenze, guardava le loro reazione di fronte a ciò che proponeva loro e li stupiva deliziandone il palato.
Come sia nata la famosa ricetta Nobu del Black Cod rimane un segreto, ma la sua versione più nota è quella di una riproposizione moderna di un’antica ricetta giapponese Kasuzuke in cui i pesci e le verdure vengono marinate nei lieviti avanzati dalla produzione di sakè e poi cotti in padella, in forno o alla griglia. Il risultato? Un pesce cotto alla perfezione, saporito, morbido, ma anche croccante. Comunque lo si voglia chiamare, il Black Cod rimane una raffinata scelta di gusto, di bontà e di salute anche nei confronti dell’ambiente. Un pesce semplicemente squisito. �� cod 96759
Miglior sommelier del mondo Wsa 2018
ituato al 45° Parallelo, l’Oltrepò Pavese sorge lungo un asse che accomuna le grandi zone vinicole mondiali. In particolare è considerata la latitudine ideale dei grandi vini del mondo. Rinomato per un metodo classico di particolare finezza e per la produzione di Pinot nero, Barbera, Bonarda, Moscato, Riesling e Croatina, nel 1884 contava ben 225 vitigni autoctoni, confermando una ricchezza ampelografica con pochi eguali in Italia, che ha stimolato alcuni produttori a lavorare su vitigni antichi, come l’Uva della Cascina e la Moradella. Il Consorzio e i produttori hanno introdotto politiche tese a favorire l’ecosostenibilità, riconoscendosi in un virtuoso decalogo ambientale, sociale ed economico. cod 97141
Varietà: Pinot nero 100%
Forma di allevamento: guyot
Prezzo medio: 15 euro
Un rogito datato 12 maggio 1907 sancisce la nascita della cantina di Torrazza Coste: sarà il primo passo di un cammino fatto di piccoli passi, dove il tempo scorre, moltiplica le esperienze e consolida una visione ampia che comporta lavoro duro, obiettivi comuni e soddisfazioni. Una produzione attenta all’innovazione, che ci ha colpito per il Pinot Nero Brut La Genisia, ottenuto con pressatura soffice delle uve, pulizia e fermentazione del mosto a temperatura controllata, stoccaggio del vino in piccoli tini di acciaio, lieviti selezionati e maturazione dello spumante per almeno 24 mesi. Al naso grande intensità e piacevolezza, sentori floreali, albicocca matura, crosta di pane, miele di acacia. Al palato secco, morbido, persistente, con ritorni lievi di mandorla, frutta matura e mango candito.
In abbinamento: Spaghetti all'acqua di mare con astice in court bouillon, ricetta di Michelangelo Sparapano della Nazionale Italiana Cuochi
OLTREPÒ PAVESE METODO CLASSICO NATURE
Varietà: Pinot nero 100%
Forma di allevamento: guyot
Prezzo medio: 21 euro
Alessio Brandolini entra in azienda dopo la laurea in Viticoltura ed Enologia a Milano nel 2006 e la laurea magistrale in Scienze viticole ed enologiche, con una tesi sui vini dell’Oltrepò Pavese, a cui si aggiungono esperienze nel Chianti accanto ad Attilio Scienza, in Piemonte e Oltrepò Pavese. Guida un brand dalle solide radici familiari, che nel 1873 sorge a San Damiano sul Colle. Una realtà produttiva virtuosa, che aderisce alla Fivi e che bandisce i concimi di sintesi e applica il diradamento, l’inerbimento permanente e la criomacerazione. Di grande piacevolezza il brut nature “Luogo d’agosto”, prodotto solo in annate favorevoli. Al naso rivela finezza e complessità, sentori balsamici di cardamomo, menta piperita, agrumi, amaretto. Al palato è elegante, fresco, sapido, persistente, con buona acidità, equilibrio e delicate ed eteree note di fiori, zenzero e cedro candito. In abbinamento: Medaglione di spigola agli agrumi, avocado e insalatina, ricetta di Luca Borrelli della Nazionale Italiana Cuochi
Varietà: Nerello Mascalese con piccole percentuali di Nerello Cappuccio
Forma di allevamento: guyot
Prezzo medio: 38 euro
Filippo, Mattia, Alfio e Nicolò Nevelli guidano con determinazione questo brand storico, creato nel 1905 da Angelo Ballabio, imprenditore visionario che dedicherà tutto sé stesso all’affermazione del metodo classico. Un brut nature fortemente identitario, affinato in bottiglia per almeno 40 mesi. Si origina nel “Vigneto Farfalla”, su suoli vocati ricchi di marne, calcari, galestri e gesso, che grazie alla porosità dei minerali abbondano d’acqua, in un fazzoletto vitato che conserva la forma stilizzata dell’elegante insetto, icona dei vini di pregio. Al naso grande equilibrio, un bel mix tra floreale e fruttato, sentori di pesca, albicocca, un po' di mela natura, arachidi tostate e crosta di pane. Al palato cremoso, sapido, agrumato, lungo, fresco, persistente, con un interessante potenziale d’invecchiamento.
In abbinamento: Halibut, pomodoro, basilico e capperi, ricetta di Keoma Franceschi della Nazionale Italiana Cuochi
Sono stati annunciati i risultati della trentesima edizione del Concours mondial de Bruxelles, il più importante concorso vinicolo che si è svolto pochi giorni fa a Parenzo, in Crozia. Dalla Puglia al Piemonte, dalla Lombardia alla Campania e non solo, l’Italia ha conquistato ben 9 Gran Medaglie d’Oro, il premio più prestigioso, mentre il totale dei vini italiani premiati è stato di 365. In testa alla classifica
la Francia e la Spagna, ma sono stati diversi i paesi internazionali rivelazione di questa edizione.
Tutti i vini sono stati degustati alla cieca dalle commissioni del Concours Mondial de Bruxelles che sono composte da esperti del setto re come buyer, giornalisti, enologi, dettaglianti e altro ancora, in rappre sentanza di 45 nazionalità. Meno del 30% dei vini degustati viene poi premiato
Italia: 9 gran medaglie d'oro, spiccano i vini toscani
do la regione vinicola d’Italia più rappresentata, con 228 vini, e più premiata, con 80 medaglie. Ha così superato la Sicilia, che deteneva il primato fino alla manifestazione. Alla Puglia, invece, è andato il premio per la “Rivelazione nazionale per i miglior vino rosso”, grazie a Moros prodotto da Claudio Quarta. Al vino del Lazio Satrico, prodotto da Casale Del Giglio, invece il premio come “Rivelazione nazionale per il miglior vino bianco”. In totale sono stati 1400 i vini italiani che hanno partecipato al concorso.
Il 20 giugno a Roma, a Palazzo Valentini, si terrà la cerimonia di premiazione dei vini medagliati. I produttori presenteranno agli operatori del settore i vini premiati nelle ses-
Un vino ottenuto da uve Corvina (50%), Corvinone (20%), Rondinella (25%) e Oseleta e Croatina (5%). Colore rosso rubino intenso. Il profumo al naso è ampio ed intrigante, ricco di frutti rossi, intenso. Il gusto ha grande struttura e sentori di marasca, mora, viola e leggera spezia dolce. Espressione di freschezza unica, aperta alle caratteristiche tipiche di un leggero appassimento, con sensazioni aromatiche di spezie dalla dolcezza sottile che sul finale ricordano la liquirizia e chiudono la degustazione “rientrando”, come solamente, i grandi vini fanno.
Il Valcalepio Rosso Riserva Gaudes nasce da una meticolosa vinificazione in purezza di Merlot e Cabernet Sauvignon. Durante l’inverno si procede al cosiddetto "taglio bordolese" ed il vino ottenuto viene affinato in fusti di rovere per minimo 30 mesi, prima del riposo in bottiglia di altri 6 mesi. Colore rosso rubino con riflessi granati, ampi sentori di frutta a bacca rossa, con delicate note speziate. Al palato risulta giustamente tannico, persistente e sapido. Vino di grande longevità che raggiunge la perfezione dopo 4-5 anni.
L’azienda vitivinicola La Giuva si trova a Trezzolano nelle colline a Nord di Verona, a pochi chilometri dal Parco della Lessinia. Il nome è un acronimo, unisce Giulia a Valentina Malesani, sorelle che hanno deciso di intraprendere quest’avventura straordinaria, insieme al loro papà Alberto. La filosofia de La Giuva unisce stile, innovazione e tradizione.
Con tecniche all'avanguardia e vitigni autoctoni, l’azienda crea creano vini unici che fondono passato e presente, regalando esperienze gustative indimenticabili.
Un equilibrio perfetto tra modernità e rispetto per le radici del vino. L’azienda ha conquistato la Medaglia D’oro con il vino Il Rientro 2019 Valpolicella Superiore Doc nella sessione dedicata ai bianchi e ai rossi del Concours Mondial de Bruxelles.
L’azienda ha conquistato la Medaglia d’Oro con il vino
Il Rientro 2019
Valpolicella Superiore Doc nella sessione dedicata ai bianchi e ai rossi del Concours Mondial de Bruxelles
L’areale rientra nella zona a denominazione di origine del Valpolicella, a un’altitudine sul livello del mare di 350 metri circa, là dove la collina ospitava vecchi vigneti in un contesto di biodiversità ravvisabile nel connubio tra viti, olivi, alberi da frutto, prati e boschi. I vini della Giuva sono l’e-
spressione del territorio di Trezzolano, caratterizzato da terreni collinari, calcarei e ventilati.
Qui maturano le uve autoctone, la Corvina con grappoli medi e la caratteristica ala, il Corvinone dal grappolo spargolo e acini grossi, la Rondinella dagli acini sferoidali e colore nero-bluastro e l’Oseleta, caratterizzata da piccoli grappoli di grande struttura e colore.
Prima ancora della specificità del territorio, occorre capire il modo in cui alcuni vigneti de La Giuva sono piantati nella terra. Con non poca audacia, infatti, seguono un’esposizione contraria, guardando anche a Ovest e a Nord. In questo modo, si garantisce un’eccezionale persistenza di freschezza e aromi nei vini, anche dopo la loro naturale maturazione in piccoli fusti di legno e l’affinamento in bottiglia.
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Ègiunta ormai alla sua 24ª edizione la preziosa rassegna multisensoriale Sorsi d’Autore della Fondazione Aida Ets, partita lo scorso 28 maggio a Villa Cà Vendri e che durerà fino al primo luglio, suddivisa in quattro appuntamenti, che coniuga con grande eleganza l’eterna bellezza delle ville venete, molte patrimonio dell’Unesco, con degustazioni guidate di vini pregiati ed eccellenze gastronomiche del territorio, in collaborazione con Ais Veneto.
Si va alla scoperta della grande arte del passato finalmente vissuta in chiave di convivialità e cultura con-
temporanea, con intensi e divertenti momenti di dialogo con personalità di spicco quali quest’anno Michele Serra, Serena Dandini, Oscar Farinetti in dialogo aperto con i Sommelier Ais Veneto e personaggi di spicco della cultura popolare italiana come Dario Vergassola, Luca Telese e Luca Sofri. Un format ormai consolidato che consente al pubblico di vivere un’esperienza davvero multisensoriale e sofisticata, grazie alla bellezza e all'mportanza storico-artistica delle ville scelte, delle quali viene offerta una minuziosa visita, alla qualità delle degustazioni enogastronomiche, anch’esse guidate, nonché all’espe-
Le ville venete scelte quest'anno da Sorsi d’Autore rappresentano davvero alcuni dei luoghi più ragguardevoli per storia, architettura, arti figurative e architettura paesaggistica del territorio veneto.
La prima tappa si è svolta il 28 maggio nella magnifica villa rinascimentale Cà Vendri a Verona, la cui perfezione architettonica presenta al suo interno un decor che è vera epitome delle eccellenze venete, dal cotto d’epoca al mosaico veneziano, dai materiali di evidente recupero romano agli affreschi di scuola veneta, fino al sontuoso parco di sei ettari animato da statue, fontane, il laghetto e un pregevolissimo Ninfeo a colonnato arricchito di Cappella Gentilizia.
Per la seconda tappa, prevista per lo scorso 16 giugno, è stata scelta la settecentesca Villa Cordellina Lombardi nel vicentino, complesso monumentale di impressionante ricchezza che vede armoniosamente distribuite nel parco torrette, un grandioso rustico e all’interno della villa un importante ciclo di affreschi del Tiepolo dedicati ai fasti di Scipione L’Africano e Alessandro Magno.
Il terzo appuntamento è previsto per il 30 giugno a Villa Brandolini d’Adda, in provincia di Treviso, magnifico esempio di architettura settecentesca impreziosita da un importante florilegio di stucchi dorati coevi ed immersa in un parco dal panorama mozzafiato.
La rassegna si chiuderà il primo luglio con la tappa a Villa Widmann a Mira (Ve), proprio sulla celeberrima
Riviera del Brenta, perfetto esempio di equilibrio tra le forme più tipicamente venete e lo stile Rococò di gusto francese imperante a fine ‘700, anch’essa circondata da un parco di riconosciuta importanza sia per la collezione botanica sia per il gran numero di statue di scuole ed epoche diverse. �� cod 95899
Per informazioni: www.fondazioneaida.it
Cabert si trova a Bertiolo (Ud), un paese nel cuore del Friuli Venezia Giulia. Le Alpi proteggono questa regione dall’aria fredda del Nord, mentre la vicinanza dell’Adriatico mantiene un clima mite, rendendo questo territorio ideale per la
coltivazione della vite. Sono trascorsi oltre 60 anni da quando Cabert si poteva definire una piccola cantina. Ogni giorno vengono imbottigliati oltre 200 ettolitri di vino, distribuiti in più di 25 Paesi, ma, nonostante questo, Cabert non ha dimenticato che la qualità non si misura con la dimensione della cantina, bensì con la qualità del vino.
Il loro impegno per garantire il miglior prodotto non solo è costante, ma è diventato un fondamento su cui si basa la loro filosofia. La forza di Cabert sta nei valori e nelle tradizioni di tutte le famiglie dei suoi viticoltori che giorno dopo giorno hanno permesso alla cantina di divenire una solida realta` dove viene prodotto un vino autentico. Una squadra che lavora ogni giorno con cura per portare sulle nostre tavole un vino genuino, un’espressione naturale del territorio.
abert ha ricevuto un’eredità preziosa, fatta di rispetto, dedizione e cura. È questa la chiave della loro attività da quando il primo grappolo germoglia fino al momento in cui viene tappata una nuova bottiglia: il rispetto per il prodotto, per i clienti, per l’ambiente, per il mondo attorno a noi e per il suo continuo mutamento. Un’incomparabile leggerezza, una bevibilità che non stan-
ca, che lascia la bocca saporita, pronta ad accogliere un nuovo sorso. Che ti dona quel gusto che silenziosamente arricchisce i tuoi momenti: questi sono i vini Cabert. E con la medesima filosofia ha da poco preso vita a un nuovo progetto: la linea Casali Roncali, che, a pochi mesi dal suo primo imbottigliamento, vanta già 7 referenze. Casali Roncali nasce con l’obiettivo di esaltare l’eccellenza dei Colli Orientali del Friuli. Da un’attenta selezione degli enologi Enrico De Candido ed Eros Moro prendono forma vini minerali, equilibrati e di buona struttura, frutto di passione, impegno e amore. I vini bianchi, Ribolla Gialla, Friulano, Sauvignon e Pinot Grigio, sono vinificati in purezza in vasche di acciaio, per esaltare la finezza e l’eleganza di queste varietà ormai conosciute in tutto il mondo.
Le nuove annate vengono presentate a circa sette mesi dalla vendemmia. Due dei vini rossi, Cabernet Sauvignon e Merlot, maturano in barriques di legno di rovere e vengono presentati sul mercato a un anno e mezzo dalla vendemmia. Lo Schioppettino, invece, affinato per metà in botti di acciaio e per metà in barriques, viene mantenuto giovane, imbottigliato a sette mesi dalla vendemmia, per mantenerlo gentile al palato e accentuarne la freschezza. �� cod 96707
Adige della qualità, alcuni dei quali rappresentano delle vere e proprie icone apprezzate e riconosciute in tutto il mondo: fra questi va ricordato il Gewürztraminer, che deve il proprio nome al villaggio vinicolo altoatesino di Termeno, il Sauvignon, il Pinot bianco, lo Chardonnay e, ancora, il Pinot grigio.
Sono questi vini gastronomici capaci di coniugare la fedeltà assoluta alle caratteristiche del vitigno, alla tipicità del territorio e alla grande personalità, riuscendo al contempo a rappresentare il partner ideale della cucina di tutto il mondo.
Anche tra i vitigni rossi l’Alto Adige vanta le proprie eccellenze, tra cui gli autoctoni Schiava, in continua e irrefrenabile ascesa, e il Lagrein. Protagonista indiscusso resta il Pinot nero, considerato il più regale fra i rossi dell’Alto Adige che qui si distingue per classe e presenza. Da menzionare anche il Cabernet e il Merlot.
Un territorio che si snoda lungo le valli alpine, sugli altopiani più vocati, su pendii soleggiati di giorno e rinfrescati dalle brezze notturne, ma allo stesso tempo anche scorci mediterranei e calde colline. Questo è l’Alto Adige, una delle regioni vinicole italiane più piccole (5.600 ettari vitati, meno dell’1% della produzione nazionale) che offre però un mosaico quanto mai complesso e variegato di territori, vitigni, microclimi che ne fa uno dei terroir più interessanti nel pa norama del nostro Paese. Dal sole al ghiaccio, dai laghi ai terrazzi monta ni in pochi chilometri va in scena uno spettacolo naturale davvero irripetibile e quanto mai differenziato.
In Alto Adige vengono infatti colti vate oltre 20 cultivar diverse su terreni di varie conformazioni e a diverse alti tudini. Questo permette alle oltre 270
cantine presenti sul territorio di offrire dei prodotti eccellenti, dall’origine inconfondibile e conosciuti nel mondo per la loro qualità. Del resto, l’Alto Adige è l’unica zona di produzione italiana che abbraccia, con vini al massimo livello, tutto il ventaglio dei generi enologici.
Sono davvero tanti i vitigni a bacca bianca che portano nel mondo l’Alto
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Attività realizzata con contributo MASAF, ai sensi del decreto direttoriale n. 553922 del 28/10/2022
L’Alto Adige, una delle regioni vinicole italiane più piccole, offre un mosaico quanto mai complesso e variegato di territori, vitigni, microclimi che ne fa uno dei terroir più interessanti nel panorama del nostro Paese
5 Hats, assieme ad Italia a Tavola, scoverà le Maestrie italiane del food&beverage interagendo con trasformatori, produttori o tecnici del settore accostandoli e miscelandoli come in un affascinante drink in pairing con arte, architettura, cinematografia, teatro, fotografia, pittura e molto molto altro.
Fabio Di Pietro
Viaggiare per scouting alla ricerca di nuovi mondi e di differenti realtà sensoriali mi permette sempre di stupirmi. Conoscevo per ovvi motivi il territorio di Siena ed i suoi colori, le sue persone sorridenti e laboriose, i piatti che sembrano usciti da un focolare di ininterrotta tradizione ed i suoi vini che bruciano della passione di chi li rende unici. Ma - c’è sempre per fortuna un ma in questi casi - nelle sinuosità del-
la sua provincia e nelle sue colline in seno alla Val d’Orcia non mi sono mai imbattuto prima.
In quello che sembra essere un quadro o meglio, una cartolina, ci è concesso di viaggiare con la fantasia giocando a immaginarsi il borgo di Sarteano (Si) vestito delle diverse stagioni e delle diverse voci che animano lo scandire e il trascorrere delle giornate.
In questo territorio di verde e assolata natura la mia ricerca mi porta a Poggio Mori, una realtà fatta rifiorire nel 2006 da Vincenzo Poerio che mi accoglie a braccia aperte e mi offre l’opportunità di una chiacchierata davanti a un cali-
ce di vino con lui e con il suo giovane enologo Alessandro Aggravi. È a loro che rivolgo le domande che mi escono spontanee fra un sorso e l’altro.
In che modo l'azienda si sente collegata al territorio?
L’azienda non solo si sente collegata, ma è fortemente radicata in modo integrale in quello scorcio compreso fra la Val d’Orcia e la Val di Chiana: Sarteano, assieme a pochi altri colleghi, sta prendendo spazio nel panorama locale per quel che riguarda il patrimonio enoico: fare al meglio il nostro mestiere e farlo portando avanti la tradizione ci fa sentire un tutt’uno con questa splendi-
da terra.
Perchè la scelta dell'anfora in produzione?
Ci troviamo in un’area storicamente etrusca: utilizzando questa tecnica, oltre a ricalcare con rispetto le antiche produzioni dei nostri avi, ci sono dei sorprendenti vantaggi chimico-fisici che caratterizzano i nostri vini durante l’affinamento e la maturazione. Inoltre, l’utilizzo dell'anfora ha come obiettivo quello di ridurre il legno in cantina, rispettando maggiormente il frutto e limitando i sentori di legno.
Possiamo definire la riscoperta di formule di lavorazione “antiche” un atto di proiezione verso il futuro?
Sicuramente le lavorazioni antiche eseguite al tempo con minore conoscenza scientifica ed empirismo, vengono oggi affrontate con maggiore rigore scientifico e con un’avanzata attrezzatura tecnologica. Il giusto connubio fra tradizione e innovazione è da sempre una ricetta per guardare al futuro con equilibrio.
L'azienda può essere definita ambasciatrice del proprio territorio?
Portare avanti per l’appunto la tradizione secolare, inquadrando una nicchia di mercato e migliorando il “valore
percepito” del prodotto finale, sono di sicuro dei risultati che appartengono a chi vuole dare valore al territorio; ma teniamo a specificare che non possiamo e non vogliamo arrogarci il diritto di fare di Poggio Mori l’unico esempio di pregio sul territorio, ma condividiamo questo impegno a far emergere Sarte-
ano con gli amici e i colleghi produttori che danno tanto anche loro per poter far si che insieme si possa emergere parlando di destinazione.
Quali pensiate che siano gli step necessari per avvicinare i giovani toscani alla maestria produttiva in cantina?
Una nostra esperienza felice è stata fatta scoprendo strumenti di formazione come Its Academy. Queste attività sono rivolte ai giovani diplomati e prevedono una formazione in aula e un periodo a contatto con le aziende. Creando un rapporto formativo che va oltre il semplice stage, si arriva a identificare le aziende come dei veri formatori e hub per i talenti dei ragazzi. A tal proposito stiamo instaurando delle collaborazioni con l'Istituto tecnico agrario Vegni e la facoltà di agraria di Perugia, convinti che ci siano tanti talenti che debbano solo essere condotti con pazienza sulla strada artigiana �� cod 96126
Paolo Porfidio è laureato in enologia e lavora come head sommelier al ristorante Terrazza Gallia, al settimo piano dell’Excelsior Hotel Gallia di Milano. Si è classificato primo nel sondaggio “Personaggio dell’anno 2019 - Premio Italia a Tavola” nella categoria Sala e Hotel. Grande è la sua popolarità nel mondo professionale e sui social network, tanto che nel sondaggio era risultato il candidato più votato in assoluto tra tutte le categorie. Nel 2020 è stato nominato coordinatore di Aspi (Associazione sommellerie professionale italiana) Milano.
Un vino la cui apparente semplicità e piacevolezza di beva na sconde la cura minuziosa di ogni particolare che Tenuta La Presa gli ha dedicato: vestito di un’elegante nuance rosa antico, è terso, rinfrescante e delizioso nei profumi di fiori rosa e piccoli frutti rossi. La sapidità decisa e persistente accompagna il sorso in modo elegante fino alla fine, lasciando la bocca tersa in un fresco finale. Perfetto per un aperitivo, grazie alla buona struttura è in grado di accompagnare piacevolmente anche un buon piatto di frutti di mare e scampi. cod 96603
Il Arvelè Freisa d'Asti Doc Superiore è un vino rosso intenso. L'etichetta si ricava dalla vinificazione esclusiva di uve della varietà autoctona Freisa, che sono coltivate sullo storico cru della collina di Cornareto (At). Per consentire agli acini di raggiungere il perfetto grado di maturazione, l'azienda effettua interventi di potatura e gestisce con cura il lavoro tra i filari fino alla vendemmia. La raccolta manuale consente la selezione dei grappoli migliori da portare in cantina. Perfetto da subito, Arvelè Freisa d'Asti Doc Superiore può riservare piacevoli sensazioni anche dopo un'ulteriore evoluzione di 4-5 anni.
cod 96594
Da sempre un territorio si identifica nella propria cultura e nelle tradizioni radicate nella sua gente. In un luogo dalle origini rura li, umili e caparbie, i valori di un tempo sono trasmessi in ciò che trae ispirazione dalla caratteristicitá della sua terra. Un vino che non ha bisogno di essere annunciato. Un’etichetta che si incarica di esaltare il Verdicchio tramandando le origini della nostra storia. Paglierino brillante, con sfumature tendenti al verde, ricco di profumi floreali di acacia, ginestra, frutta matura di albicocca e pesca. Al palato è ricco, nettamente saporito fino al sapido; corposo, morbido, fresco di acidità agrumata, dal retro-
cod 95354
Pier Luigi Tolaini è un grande imprenditore che ha fatto fortuna in Canada. Tornando in Italia avrebbe voluto avere un luogo tutto suo, dove godersi la più bella campagna del mondo e dove fare vini di qualità. L’ha trovato e acquistato a Castelnuovo Berardenga (Si) quasi una ventina di anni fa.. Oggi la tenuta è splendida e i vini ottimi. Da un uomo del genere non ci si poteva attendere altro, così come dalla figlia Lia alla guida dell’azienda.
Ma facciamo parlare i vini. Chianti
Classico Vallenuova 2020: Sangiovese in prevalenza con un saldo di Merlot. Al palato si avverte la freschezza bilanciata del tannino e ben temperata dall’alcol. Invita alla beva conducendo verso un finale delicatamente sapido. Rosso Toscana al Passo 2019: blend
paritetico di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot. Bocca coerente, dalla strutta solida, ben sostenuta dalla freschezza e dal tannino ancora da arrotondare. Rosso Toscana Valdisanti 2019: Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc in egual misura. L’impatto in bocca è deciso. Il tannino giovanile è ben controllato da una struttura voluttuosa. Chiude con una soddisfacente permanenza.
Il Chianti Classico Gran Selezione 2018 è un tutto Sangiovese. In bocca è fresco e dinamico, dal tannino esuberante. Buona la persistenza. Toscana Rosso Legit 2018 è un Cabernet Sauvignon in purezza. Al palato è potente e voluminoso. Una fitta trama tannica accompagna una viva freschezza.. Rosso Toscana Picconero 2018. Più Merlot che Cabernet Franc. Al sorso è equilibrato e gustoso, fresco e minerale. La persistenza è degna di nota.
cod 97129
Il Pas Dosé Zero 140 Plutone Alta Langa Riserva Docg 2010 della cantina Enrico Serafino è una bottiglia che presenta tutta la sua unicità solo nel guardarla. Il colore del fondo della bottiglia del millesimo 2010 dedicato a Plutone è nero-oro in accordo con la “Teoria dei colori e dei pianeti”. Oro anche il logo dell’azienda, una sezione trasversale di una conchi glia fossile che rivela una struttura simile al grappo lo d’uva.
Prodotto in edizione li mitata proposta per la prima volta in occasione dei 140 anni della Enrico Serafino che dal 1878 produce metodo classico da uve piemontesi. Una cuvée composta da una base maggioritaria di Pinot Nero, integrata dallo Chardonnay, tiraggio 15 maggio 2011 e sboccatura marzo 2023 applicando il concetto di affinamento estremo. Tredici anni di attesa per uno spumante che nel bicchiere rivela ed evidenzia le caratteristiche di longevità dell’Alta Langa.
Elegante nel colore, maturo all’olfatto con profumi che ricordano la nocciola tostata, lo zafferano, note di pasticceria ed un tocco di agrumi.
Al palato si ritrovano le note scoperte al naso. Finale lungo e ampio, appagante e buona persistenza. cod 96866
ottanera, dall’omonima contrada di Castiglione di Sicilia, nasce negli anni Sessanta in circa 100 et tari a sud del fiume Alcantara ad opera di Francesco Cambria. Oggi i 67 ha di vigneti sono suddivisi in 52 ha di Doc Etna, 15 di Catarratto, briciole di Syrah e di Mon deuse. Francesco, Emanuele e Mariangela si suddi vidono i compiti con lo zio Enzo e hanno basato la filosofia aziendale sui cru, che in genere prendono il nome dalle contrade, privilegiando le vinificazio ni selettive per particelle. Agricoltura sostenibile e adesione al programma della Fondazione SO Stain Sicilia, che supera il biologico, imponendo dei protocolli per una filosofia ambientale globale per tutta l’azienda. I fabbricati sono stati recente mente ristrutturati mantenendo in parte l’assetto originario del vecchio palmento ed ampliati per
mettendo l’accoglienza turistica, le etichette sono 12 e la consulenza enologica è affidata a Lorenzo Landi. Cottanera è apprezzatissima da tutte le guide e rappresenta ormai un’eccellenza non solo dell’Etna e della Sicilia.
Andando verso l’estate e visto l’apprezzamento dei bianchi etnei, degustiamo l’Etna Doc Calderara 2021 bianco, Carricante al 100% da vigna di 60 anni a cordone speronato, scelta dei grappoli e resa di soli 50 q/ha, macerazione con le bucce per 24 ore, fermentazione in botte per il 40 % della massa, il resto in cemento e negli stessi tini affina sui lieviti per un anno. 12,5 il grado alcolico. Nel calice è giallo paglierino; franco, intenso, di rara finezza, con profumi di fiori di campo, camomilla, ginestra, mela verde, susina, bergamotto e un sottofondo terroso lavico; in bocca è minerale, sapido ed acido al punto giusto, buona struttura, finale molto lungo. Grande vino premiatissimo che va a braccetto col mare e i formaggi stagionati e da privilegiare da aperitivo.
cod 96666
Langhe & Nuvole è il titolo dell’opera realizzata da Gianni del Bue, emiliano di nascita che da trent’anni ha scelto di vivere nelle Langhe a Farigliano (Cn), riportata sulle etichette del Mesdì. L’opera vuole rappresentare l’essenza del vino legato al territorio di Langa, dove il cielo e la terra sono gli ingredienti fondamentali per avere uve di qualità. Nel dialetto piemontese Mesdì viene utilizzato per indicare il pasto del mezzogiorno e le esposi-
zioni migliori dei vigneti, quelle rivolte a Sud. Il Mesdì è, quindi, il vino conviviale del mezzogiorno: si tratta di un elogio al vino sulla tavola, compagno del pasto. L’opera Langhe & Nuvole è rappresentata per intero nel Mesdì Barolo, mentre nel Rosso l’etichetta si focalizza sulla terra di Langhe. Con opportuni interventi grafici il dettaglio del cielo e delle nuvole viene inserito nell’etichetta del Rosato e del Bianco.
460 Casina Bric è la proprietà più elevata del comune di Barolo e sta per Cascina Bricco in dialetto piemonte-
se: 460 è l’altezza media di vi gne. Di proprietà di Gianluca Viberti che, dopo oltre venti anni trascorsi a curare i vi gneti di famiglia, nel 2010 ha creato il suo importan te progetto. Una realtà consapevole e attenta alla tradizione, in cui ha reintrodotto usanze e metodi antichi, quali l'uso delle botti in cemento per la vinificazione del neb biolo. cod 96650
La più prestigiosa competizione brassicola internazionale ha assegnato la medaglia di bronzo nella categoria
47A (Traditional German-Style Bock) a Redvolution di Birrificio Otus. La cerimonia di premiazione si è svolta lo scorso 10 maggio al Music City Center di Nashville in Tennessee negli Stati Uniti
Otus è l’unico birrificio italiano ad aver ricevuto una medaglia fra quelli in gara quest’anno al World Beer Cup 2023. La Traditional Bock di Otus, già premiata al Barcelona Beer Challenge 2022 con la medaglia di bronzo nella Categoria 6C Dunkles Bock (Amber Malty European Lager), è una birra a bassa fermentazione dal colore ambrato scuro. Le Bock sono birre corpose, fra le più forti nel panorama brassicolo tedesco, apprezzate per il notevole residuo zuccherino e gli aromi caldi e dolci derivanti dai malti caramello.
Anche Redvolution ha un corpo importante, ciò che la differenzia dagli standard tedeschi è la luppolatura e il maggior grado di amaro. Gli aromi sono complessi e spaziano dalla frutta sotto spirito, alla frutta secca, al caffè. Il gusto è di malto e caramello con accenti di caffè. Il birraio di Otus, Alessandro Reali, ha interpretato lo stile Bock in chiave contemporanea creando una birra particolarmente bilanciata.
Scopo della Brewers Association, l’organizzazione no profit che organizza il contest americano, è celebrare la creatività, l’artigianato e la
Redvolution è una birra in stile Traditional Bock e ha un corpo importante.
la differenzia dagli standard tedeschi è la luppolatura e il maggior grado di amaro. Gli aromi sono complessi e spaziano
zamenti sono rintracciabili, sia nella capacità di conservare i caratteri specifici degli stili storici entro un percorso di innovazione e ricerca del gusto contemporaneo, sia nella stabilità delle birre, che conservano la loro fragranza originale fino al momento della degustazione, sia, e soprattutto, nella costanza della qualità.
Ciò è confermato per esempio dai ripetuti successi di Ambranera e Pils 2: entrambe sono state premia-
sibile senza l’adozione di protocolli operativi rigorosi che consentano di riprodurre sempre e a distanza di anni lo stesso profilo organolettico. L’apprezzamento delle giurie, inoltre, conferma la creatività del birrificio e l’attualità del gusto delle sue birre, che esprimono un carattere accogliente; anche quelle più originali e complesse. Una scelta lungimirante se pensiamo alla necessità del settore di attrarre più consumatori. Non a caso il motto che accompagna il
passione per la grande birra riunen do i migliori produttori del mondo e diffondere la conoscenza degli stili brassicoli. World Beer Cup 2023 ha visto la partecipazione di 2.376 birri fici provenienti da 51 paesi del mon do, che hanno presentato in totale 10.213 birre, iscritte in 103 catego rie e afferenti a 176 stili. Il direttore della competizione, Chris Williams, ha sottolineato che le 307 medaglie assegnate rappresentano un’atte stazione di qualità e innovazione.
Il successo di Redvolution non è un caso isolato: la quantità di meda glie e riconoscimenti che il birrificio artigianale di Seriate ha ricevuto nei più importanti concorsi internazio nali è indicativa del livello di quali tà delle sue birre; le premiate sono 7 e in totale Otus è salito sul podio ben 22 volte. I motivi di tali apprez
Ciò che
Abbiamo intervistato l’equipe di direzione del Birrificio Otus, composta dal birraio
Alessandro Reali e da Giampietro Rota, Ruben Agazzi e Anna Cremonesi, che si occupano rispettivamente di vendite, gestione e marketing. Il team ci ha spiegato nel dettaglio i segreti del successo del Birrificio Otus.
Qual è il ruolo della creatività nel lavoro del birraio?
Alessandro Reali (birraio): «Disponiamo di ingredienti, conoscenze microbiologiche, tecnologie e tecni-
che un tempo impensabili e scambiamo esperienze con chiunque nel mondo, ciò consente di spaziare con la creatività ed è fondamentale. Gli altri fattori costitutivi della birra artigianale sono la naturalità e la qualità, il mio compito è produrre birre eccellenti sotto ogni aspetto e serve rigore tecnico. La mia creatività si realizza tramite la cura di ogni dettaglio, sia quando creo gusti inediti sia quando interpreto uno stile storico praticato da migliaia di birrifici: vincere sei medaglie con la Stout e sei con la Pilsner è gratificante».
Quali sono i fattori qualificanti della distribuzione?
Giampietro Rota (vendite): «Prima degli anni ‘90 il concetto di birra artigianale era inesistente. La comparsa dei microbirrifici ha prodotto una rivoluzione culturale mettendo al centro la naturalità e la qualità della birra, il piacere di degustarla e di conoscerla, di spaziare col gusto fra gli stili brassicoli. La creatività italiana si esprimeva anche nella birrificazione e questo era entusiasmante. Il processo di assestamento del settore però è lungo, penso che l’enfasi sulla creatività stia
lasciando il posto ad una maggiore attenzione alle tecniche produttive e che i birrifici debbano concentrarsi sull’oggettiva eccellenza del prodotto e sul mantenimento della sua fragran za fino al momento della mescita. Fra i clienti cresce l’attenzione alla naturalità e qualità dei prodotti agroalimentari e il maggior valore della birra artigianale nel confronto con quella industriale deve trovare confer ma nel bicchiere. È fondamentale che una data birra abbia sempre lo stesso profilo organolettico, che sia matura al punto giusto, fragrante. La rete di distribuzione è determinante: se nel tragitto verso il consumatore la birra non viene trattata in modo adeguato perde qualità. In assenza di distribu-
mi. In Otus abbiamo trovato soluzioni efficienti e il mio desiderio è di non
ze trovano la sintesi. La scelta di posizionamento nel mercato delle nostre birre è frutto del metodo dell’equipe: vogliamo che abbiano un gusto accogliente, anche quelle più creative e complesse. Ci rivolgiamo al cliente con umiltà, il suo giudizio è insindaca-
Quali sono le novità e le tendenze
Anna Cremonesi (marketing): «In occasione di “Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023” abbiamo creato Arlecchino, un’edizione speciale della nostra keller, con ingredienti 100% italiani e conforme al disciplinare Birra della Bergamasca [CCIAA Bergamo]. Stiamo adottando, ove è possibile, la filiera corta valo-
035 296 473
Con l’arrivo dei mesi estivi il cliente cerca anche proposte più fresche fruttate, dalla bassa gradazione alcolica. A dominare è il gin, ma non tramonta nemmeno il mojito. La certezza sono limoncello, vermouth e amari. La bella stagione offre l’opportunità di sorseggiare le bevande estive per accompagnare i momenti all’aperto, i tramonti infiniti e le calde serate
di Gianluca PirovanoL’estate è ormai qui e con essa la stagione dei tavolini all’aperto, dei lunghi aperitivi, dei tramonti infiniti e delle calde serate, magari spese di fronte al mare. Sensazioni piacevoli, che in molti hanno atteso per tutto l’inverno e che possono diventare ancora più belle se accompagnate dal giusto liquore o dal giusto cocktail. Ogni momento dell’anno, si sa, ha la sua proposta più adatta. E quando si parla d’estate il panorama è più che mai ampio: si va dai grandi classici, come il mojito, alle mode più recenti, come quella del gin, che non sembra voler tramontare. Dai liquori fruttati, magari fatti in casa, fino alla tradizione che resta baluardo di buon gusto, come il vermouth.
Chi si aspetta particolari sorprese, forse, rimarrà deluso. L’Italia, lo sappiamo, è Paese di grandi tradizioni, che restano vive con il passare del tempo e, al massimo, si modernizzano, senza però snaturarsi. Così, quando si pensa all’estate e soprattutto a un fine pasto estivo, il pensiero principale è uno: il limoncello. Un vero e proprio simbolo dei liquori italiani, che viene servito ghiacciato e che è perfetto per chiudere un pranzo o una cena. Ma, come capita anche con gli amari, il limoncello e gli altri liquori alla frutta, soprattutto in Italia, sono spesso prodotti casalinghi. Ognuno ha la sua ricetta, tramandata in famiglia, e lo serve ai propri ospiti.
Proprio il limoncello è, in qualche modo, dimostrazione di ciò che cerca il consumatore nei mesi più caldi: un prodotto con una gradazione alcolica non troppo alta, da servire ghiacciato e con un sapore dolce, fruttato o floreale. Per questo accanto ai tradizionali liquori alla frutta, la proposta estiva perfetta si muove in un ambito classico. La fanno quindi da padrone gli amari, specie quelli più leggeri (è una tendenza diffusa quella di fare prodotti con una sempre minor gradazione alcolica) e che possono essere serviti ghiacciati o accompagnati da cubetti di ghiaccio. Stiamo parlando dei grandi classici, come l’Amaro del Capo, magari nella sua versione al peperoncino, o il Mon tenegro, ma anche di proposte magari più orginali o ricercate, come il genovese Amaro Camatti, re centemente premia to come miglior liquore al mondo.
tradizione che non sembra soffrire del passare del tempo, ma non sono i soli. Per chi vuole un aperitivo fre
sco e tradizionale, una soluzione ottimale potrebbe sicuramente essere il vermouth. La sua natura, che prevede abbia una gradazione alcolica non superiore ai 22°, e il suo gusto dolce lo rendono un aperitivo molto interessante per la stagione estiva. Certo, i puristi vorrebbero venisse servito liscio, così com’è, ma con il caldo si sposa perfettamente con qualche cubetto di ghiaccio e magari una scorza di limone.
Ci sono i liquori, ma ci sono anche i cocktail. E anche qui sembra dominare la tradizione. «Se pensi all’estate pensi subito a sapori fruttati, al limoncello fatto in casa, a liquori
ti, ai fiori - spiega Fiorenzo Colombo, barman e docente prattutto sui long drink.
D’estate solitamente faccio delle sangrie bianche, magari da servire dentro un’anguria scavata, con frutta
8 cl vino Granacha rosso
∙ 2 cl Brandy
∙ 2 cl Cointreau
«Una delle mie proposte per l’estate è anche la Sangria Madrilenaprosegue Fiorenzo Colombo - una preparazione fresca e immediata, che fa subito pensare all’estate».
∙ 4 cl Sprite o Seven up
∙ pesche, mele, arance, limoni, cannella, chiodi di garofano
∙ tumbler basso
Una caratteristica che ha anche un altro cocktail, tra i più famosi al mondo: il mojito. Rum, menta, lime, zucchero e ghiaccio, un mix che ancora oggi sembra riscuotere un enorme suc-
cesso e che, soprattutto d’estate, è catalizzatore di moltissime richieste da parte dei clienti. Non a caso sono moltissimi i barman che negli anni hanno sviluppato la loro idea di mojito, variandone gli ingredienti, ma lasciando invariata l’anima estiva del cocktail.
Per il resto, non si va comunque lontano. La grande protagonista della mixology estiva è la frutta, in tutte le sue forme, ma anche la verdura. «Sto lavorando molto su estratti di spinacio, peperone e cetriolo
- evidenzia Carmine Mattia Perciballi, barman e docente di mixology
- Il cliente chiede durante i mesi estivi qual cosa di fresco, fruttato, floreale. Sicuramente poi chiede qualcosa che conosce, come il mojito, ma sta a noi professionisti offrire proposte nuove e interessanti, che possano incuriosire e piacere. Un pro-
Sardinia ed Etruria sono i nuovi Tiki di RCR, i primi al mondo ispirati alla cultura italiana e 100% Made in Italy. Studiati assieme agli esperti di settore, la capa cità è ideale per cocktail Tiki e non solo. L’Eco Crystal garantisce una trasparenza ed una resistenza senza rivali, mentre i decori profondi e l’impilabilità dei bicchieri permettono un servizio scenografico.
dotto diluito, magari con infusi, che mantenga una bassa gradazione alcolica. Questa, in realtà, è una tendenza diffusa in ogni momento dell’anno.
C’è, infatti, un trend in continua ascesa che riguarda il mondo dell’analcolico o del low alcool, dettato forse da una maggior attenzione alla salute».
40 ml di Liquore al tè nero
∙ 15 ml distillato di pere williams
∙ 15 ml di Sciroppo di fiori di sambuco
∙ 15 ml Succo di limone fresco
∙ 30 ml di estratto di mela
∙ fill di Kombucha di tè verde sencha
∙ garnish: Foglia di salvia
tecnica: shake and strain
Un discorso a parte lo merita un altro grande protagonista dell’estate della mixology. O meglio, un prodotto che sarà sicuramente protagonista dei mesi più caldi, ma che in generale sta vivendo una vera e propria età dell’oro.
Stiamo parlando del gin. Il distillato sembra avere, in un certo senso, intrapreso una strada simile a quella che gli amari hanno percorso da sempre in Italia. L’aumento dei consumi, infatti, ha portato anche al proliferare di nuovi prodotti, che hanno sempre di più una marcata appartenenza territoriale. A ogni area d’Italia corrisponde un gin che porta con sé le caratteristiche di quel territorio, attraverso le diverse botaniche.
«Intorno al gin sono nati dei veri e propri gruppi di appassionati e questo permette di fare cultura del prodotto, facendolo crescere sia come diffusione sia come qualità -
sottolinea Mario Carrara del Bar Il
Vice di Curno (Bg) - Nel mio locale io stesso ci sto puntando molto. Ho 433 etichette in mescita, con l’obiettivo di raggiungere quota 500 entro la fine dell’anno. E il livello è di volta in volta sempre più alto. E più alto è il livello più il consumatore è disposto a spendere, anche perché in molte regioni si stanno facendo cose davvero interessanti, con botaniche sempre nuove e legate al territorio».
Ma come mai il gin sembra piacere così tanto? «Quella che è nata come una moda - prosegue Carrara - Sembra essere diventata invece un’abitudine. Il gin va incontro a gusti diversi e la sua diffusione fa sì che ci sia una proposta sempre in evoluzione e una costante sperimentazione. In questo modo la gente si appassiona e si incuriosisce».
Il pensiero, parlando di mesi estivi, va subito al gin tonic, ma la ten-
∙
∙ Aperitivo Vetz
∙ Gin
∙ succo di limone
∙ zucchero
∙ frutti di bosco
∙ 3 gocce Stillabunt Magic Velvet
denza sembra spingere verso un consumo differente. «Con gin sempre più ricercati e dai sapori e odori ogni volta diversi, sempre più persone scelgono di consumarli lisci, magari a fine pasto, proprio come un amaro - conclude Carrara - Il consiglio è provarlo così, per capirlo al meglio, e soltanto dopo consumarlo con la tonica».
Il
Ma passerà mai la “moda” del gin?
L’impressione è che si sia già tramutata in qualcosa di più di una semplice tendenza di passaggio. Impressione condivisa anche dal barman
Danny Del Monaco. «Qualcuno sta provando a spingere sul
5 cl di gin
∙ 3 cl di succo di mela acetificato
∙ 2 cl passion fruit
∙ 5 cl tonica aromatizzata
Il suo successo risiede nel combinare la complessità del design della coppa con la leggerezza tipica del calice da degustazione, un’alchimia che rende questa linea unica ed inimitabile. La richiesta in continua cre scita e il suggerimento di alcuni tra i più importanti hotel e ristoranti del mondo ci ha portato a sviluppare il bicchiere da acqua e il calice da Gin. La composizione della linea, tra calici e bicchieri, si adatta sia per un uso professionale che casalingo.
rum, ma l’estate che sta arrivando sarà ancora una volta l’estate del gin - conferma - Questo perché il gin non può essere paragonato a nessun altro distillato. Ha sapori, odori e sentori che non si trovano altrove. In Italia poi ne sono stati fatti davvero per tutti i gusti. Come è accaduto con gli amari, i gin sono diventati strumenti di promozione del territorio. Secondo me, però, siamo in una fase di stallo. Non si può sicuramente fare più di così, anche se il gin continuerà a funzionare».
Nella proposta di Del Monaco si incontrano le diverse
tendenze in atto. Il gin si sposa, quindi, con sapori fruttati e con cocktail che non hanno un’alta gradazione alcolica. «Noi lo useremo con la frutta: passion fruit, pompelmo e un grande ritorno, la ciliegia - aggiunge il barman - Un prodotto estivo e made in Italy. E poi anche liquori italiani che accompagnino il gin, dandogli una maggiore freschezza».Un esempio: gin, succo di mela acetificato, Aqua di zenzero e camomilla, liquore passion fruit Ancienne Pharmacie e sfera di ghiaccio. E gli altri protagonisti? «Il mojito non viene mai abbandonato, mentre c’è curiosità e richiesta per tequila e mezcal». �� cod 96639
gin non è una moda passeggera
LA
Clementino
• 40 ml Clementino della Piana
• Top Tonica Mediterranean Bisleri
La tradizione vuole che per ascoltare la voce del mare si debba appoggiare all’orecchio una conchiglia mentre, per sentire la vera essenza del Mediterraneo bisogna gustare le specialità agli agrumi create da Gruppo Caffo 1915. Frutti dorati dal colore inteso, con un profumo avvolgente e una polpa dolcemente aspra e succosa, gli agrumi sprigionano tutta l’energia del sole che li fa crescere vigorosi e
ricchi di proprietà in Calabria dove il clima favorevole e la natura hanno reso secolare la tradizione della loro coltivazione.
Così come secolare è l’esperienza dei mastri distillatori di Gruppo Caffo 1915 che da oltre cent’anni creano prodotti di qualità realizzati con materie prime di eccellenza, frutto del territorio d’origine. La passione per le tradizioni locali e il talento nell’arte liquoristica sono il motivo
per cui Caffo produce alcune delle migliori specialità a base di limoni.
Limoncello di Caffo
Il viaggio tra le note del Mediterraneo inizia in Calabria dove Distilleria F.lli Caffo si impegna a valorizzare i limoni calabresi scegliendo solo i migliori per il suo Limoncino dell’Isola, un liquore di pregio che negli
Gli agrumi, simbolo del Mediterraneo, sono l’essenza delle specialità di Gruppo
Caffo 1915. Un connubio tra frutti dorati e profumi avvolgenti e un viaggio che regala esperienze gustative uniche
anni ha conquistato importanti premi internazionali grazie al suo gusto ricercato e alla sua finezza. Questo prodotto è espressione della sua terra e dell’abilità degli artigiani calabresi di lavorare i migliori limoni appena raccolti seguendo la tipica ricetta del Sud, quella che ogni famiglia conserva e che Caffo ha fatto conoscere e diffuso in tutta Italia fino oltralpe.
Ma non basta. Tra le referenze Caffo al limoncello c’è anche Limunì. Dei limoni di Calabria si usano le scorze non trattate, una scelta onerosa che consente però di preservare al meglio gli aromi e gli oli essenziali presenti nella buccia. Coltivati a chilometro zero, nelle aziende agricole vicine alla distilleria, vengono lavorati il giorno stesso della raccolta utilizzando lo strato esterno della parete del frutto, la parte più aromatica, che viene successivamente posta in infusione in alcole neutro.
Ed è quando lo assaggi che il colore naturale, il profumo aromatico e il sapore vero suggellano l’attento processo di lavorazione. Succ’agro Limoncello è un altro notevole prodotto Caffo. Realizzato in Puglia, nello storico stabilimento Borsci di Ta-
ranto secondo una ricetta artigianale che prevede l’infusione delle materie prime lavorate senza coloranti per esaltare al massimo le qualità degli agrumi del Mediterraneo.
S.Maria al Monte
Chi sa godere delle piccole meraviglie quotidiane e chi si ferma ad assaporare il tempo può apprezzare i limoncelli Caffo realizzati con attenta cura, lasciando fare alla natura il lavoro più importante. In Liguria, i limoni vengono raccolti due volte l’anno e i più belli provenienti da selezionate coltivazioni della Riviera Ligure sono usati per produrre un grande limoncino premiato con la medaglia d’argento al concorso mondiale Spirits Selection di Bruxelles (2019). Limoncino Portofino S.Maria al Monte è prodotto con i pregiati limoni coltivati su terreni terrazzati affacciati sul mare.
Ecco perché il suo gusto è fresco e intenso e conserva tutta la fragranza dei frutti appena raccolti e, neanche a dirlo, il mondo intero ce lo invidia.
Nelle zone pianeggianti della Calabria, comunemente chiamate “piane”, crescono le clementine, pregiati frutti ottenuti dall’incrocio tra arancia amara e mandarino. La Distilleria F.lli Caffo è ubicata proprio a pochi chilometri dalla piana di Gioia Tauro, una delle quattro piane di produzione delle clementine di Calabria Igp, nella zona che un tempo fu dell’antica città magno-greca di Medma.
Ed è qui che nasce l’ultima grande novità firmata Caffo, Clementino della Piana. Un delizioso liquore naturale dal sapore intenso e fruttato ottenuto dalla lavorazione delle clementine di Calabria Igp. Perfetto liscio, come aperitivo e in versione cocktail. Il nuovo Clementino della Piana, abbinato all’acqua tonica Mediterranean Bisleri, dà vita al cocktail Clementino Tonic. �� cod 97228
Distilleria F.lli Caffo
0963 85025
• 50ml Cocchi Storico
Vermouth di Torino
• 75ml Acqua Tonica
Garnish: rametto di rosmarino
• 50ml Cocchi
Americano
• 100ml Spumante Cocchi Brut
Garnish: fetta di limone e rametto di menta
• 60ml Cocchi Rosa
• 100ml Acqua Tonica
Garnish: 3 fragole e un rametto di basilico fresco
Sin dal 1891, la casa fondata ad Asti dal pasticcere e liquorista Giulio Cocchi produce, sulla base di ricette storiche e originali, vermouth in diverse declinazioni: oggi a dominare le classifiche mondiali di settore nella categoria si trovano lo storico Vermouth di Torino, il Vermouth di Torino Extra Dry “Ricetta Piemontese”, il Vermouth Amaro Dopo Teatro.
L’aromatizzazione dei vini è anche alla base di altri famosi prodotti di Cocchi come l’Aperitivo Americano Cocchi, il Cocchi Rosa e il Barolo Chinato.
Cocchi, nata Distilleria San Pietro, fin da subito acquisì fama per i suoi vini aromatizzati. A questi prodotti si affiancò una vasta produzione di liquori, amari, sciroppi e spumanti. Oggi la produzione di Cocchi raccoglie solo prodotti a base di vino: accanto alle ricette originali per vermouth e vini aromatizzati, le grappe fatte con le vinacce, spumanti Metodo Italiano piemontesi e Alta Langa Docg.
Una scelta precisa di coerenza produttiva e valorizzazione dell’ex-
pertise, con una continua ricerca della qualità grazie al lavoro di Giulio Bava, enologo, e Paolo Bava, enologo e botanist.
A definire lo stile Cocchi sono, da più di 130 anni, l’eleganza e l’autenticità, la qualità degli ingredienti, l’esperienza tecnica più che centenaria e una passione e una creatività che non sono mai venute meno negli anni. �� cod 97110
Ecco il verdetto del 40° concorso nazionale Alambicco d’oro Anag-Associazione nazionale e assaggiatori grappa e acquaviti: 87 medaglie assegnate a grappe, acquaviti d’uva e brandy italiano in arrivo da tutta Italia di cui 7 medaglie Best Gold, 47 Gold e 33 Silver in 3 categorie: acquavite d’uva, brandy italiano e grappa.
Il medagliere regionale del 40° concorso nazionale Alambicco d’Oro Anag vede al primo posto il Piemonte con 36 medaglie. Seguono il Trentino con 13 riconoscimenti, il Veneto (8), la Toscana (5), il Friuli-
Venezia Giulia e la Lombardia (4 ciascuno), la Calabria e la Sicilia (3 ciascuno). Chiudono con 2 medaglie ciascuno l’Alto Adige, il Lazio, la Sardegna, la Puglia e la Liguria, seguiti dalle Marche con 1 riconoscimento.
«L’edizione numero 40 del concorso nazionale Alambicco d’Oro Anagafferma la presidente nazionale
Anag, Paola Soldi - conferma l’importanza del nostro appuntamento per il mondo della distillazione italia-
na con un numero e una qualità in costante crescita dei prodotti inviati. La selezione compiuta dai nostri qualificati assaggiatori, in arrivo da tutta Italia e selezionati con specifici test e degustazioni nei mesi prece-
denti, ha portato ad assegnare il maggior numero di medaglie alle grappe invecchiate. Questo dato è in linea con le precedenti edizioni del nostro concorso nazionale e con le richieste dei consumatori, a cui le distillerie rispondono con prodotti di elevata qualità. Ringrazio tutte le aziende che hanno partecipato al nostro concorso e gli assaggiatori Anag impegnati nell’organizzazione dei panel e nella selezione dei campioni in gara, serviti in forma rigorosamente anonima e valutati utilizzando la scheda Anag. Un ringraziamento va anche ai numerosi soci assaggiatori Anag presenti in tutta Italia, che lavorano durante l’anno, in maniera volontaria, per promuovere con passione e professionalità la grappa e gli altri distillati di eccellenza con un assaggio consapevole e attento alla qualità dei prodotti e del patrimonio sociale e culturale che si portano dietro con i loro aromi e profumi, diversi e unici da nord a sud».
Il 40° concorso nazionale Alambicco d’Oro Anag conta sul patrocinio di AssoDistil, della Camera di Commercio Alessandria e Asti e del Consorzio Nazionale di Tutela Grappa.
Grappa dal profumo fine e deciso e dal gusto piacevolmente avvolgente, armonica e persistente al palato. Ottenuta dalla distillazione a Bagnomaria in alambicco discontinuo delle pregiate vinacce tipiche dell’Amarone della Valpolicella (Corvina, Rondinella, Molinara). Il Mastro Distillatore segue nel tempo e con attenzione l’evolversi del blend, verificando sentori e aromi fino al conseguimento di un equilibrio unico. Il profumo è ampio e deciso
La struttura è vellutata e molto persistente.
Dal 1779 la Grappa Nardini è icona della grappa in Italia e nel mondo. Una sinfonia di aromi e profumi nata dall’esperta distillazione di vinacce plurivitigno con tre metodi di distillazione differenti, custodita in una bottiglia dalla forma sinuosa, impreziosita da dettagli ramati a celebrazione degli alambicchi e della bicentenaria esperienza della Famiglia Nardini. Colore cristallino e caratteristici aromi floreali e fruttati. Uno stile classico con sapori meravigliosamente rotondi di uva dolce e un pizzico di deliziosa spezia al palato.
Gibus propone avanzate pergole dotate di differenti sistemi di illuminazione, tutti a basso consumo energetico, per incrementare il valore dell’ospitalità outdoor di locali e hotel
L’illuminazione gioca un ruolo fondamentale nel conferire carattere, identità e comfort a bar, ristoranti e hotel. Elemento in grado di creare la giusta atmosfera, in linea con lo stile del locale, la luce scolpisce arredi e volumi architettonici, connotando ulteriormente la personalità estetica della struttura, e può influire positivamente anche sull’e-
sperienza vissuta dai clienti, contribuendo a incrementarne il valore. Se, in questo settore, l’illuminazione è una componente di grande rilevanza per gli spazi interni, non lo è certo di meno per gli spazi esterni, soprattutto quando quest’ultimi sono attrezzati per accogliere gli ospiti anche la sera.
Per questo l’azienda Gibus - in prima fila a livello europeo nel settore
outdoor design di alta gamma per gli ambiti Horeca e Residenziale, da sempre attenta a prestare la massima attenzione a ogni dettaglio - ha progettato accuratamente l’integrazione della luce nel contesto delle proprie esclusive pergole.
Per permettere a proprietari di locali e hotel di riservare ai clienti un’accoglienza piacevole e suggestiva anche al calar del sole, Gibus ha infatti dotato le proprie strutture di vari sistemi di illuminazione, tutti a basso consumo energetico grazie all’adozione della tecnologia Led, ma diversi a seconda della tipologia di pergola: bioclimatica, inclinata o a 90°.
Al vertice della gamma, i modelli bioclimatici possono essere impreziositi da Led Spot Rettangolari da 3 Watt per punto luce, integrati all’interno delle lame frangisole, in grado di consentire una distribuzione ottimale della luce su tutta la superficie coperta; Led Spot Rettangolari, sempre da 3 Watt, integrabili all’interno della grondaia perimetrale interna della struttura, in ogni lato (disponibili per Varia e Twist); Strip Led RGB applicabile sul perimetro interno della struttura, per proiettare all’interno una luce omogenea, creando effetti cromatici di grande suggestione (utilizzando infatti un telecomando, è qui possibile impostare un solo colore oppure più nuance che si alternano costantemente grazie all’attivazione di un programma automatico).
Per quanto riguarda invece le pergole a 90°, si può optare per Led Spot Rettangolari da 3 Watt per punto luce integrati nella grondaia perimetrale interna, Strip Led RGB applicabili sul perimetro interno della pergola o Led Spot da 3 Watt integrati nel frangitratta, in relazione ai modelli Azimut e Zenit, mentre per le proposte Open Flay e Medisolafly sono disponibili Led Linear applicabili esternamente al frangitratta.
Infine, i modelli inclinati possono presentare Led Spot da 3 Watt integrati nel frangitratta o Led Linear applicabili esternamente al frangitratta.
Proposte hi-tech, in grado di garantire tutti i comfort, le soluzioni
Gibus offrono la possibilità di gestire comodamente i differenti sistemi di illuminazione - estremamente sicuri in quanto dotati di rigorose certificazioni d’isolamento - attraverso un semplice telecomando, se si è vicini alla pergola, ma anche da remoto utilizzando l’app per il controllo domotico.
Inondati da una luce gradevole che ne esalta le forme, i vari modelli Gibus acquisiscono, grazie ai Led, maggior pregio in termini di bellezza, vivibilità, comfort visivo e sostenibilità energetica, offrendo un importante valore aggiunto alla proposta outdoor del locale. �� cod 96940
del bere, con bicchieri sostenibili per lo spazio perché perfettamente impilabili e multifunzionali. Sostenibili per l’ambiente perché prodotti con forni elettrici e 100% riciclabilii. Con la nuova linea di bicchieri Rcr Stack, lo spazio diventa sostenibile.
Tante innovazioni tecnologiche in un solo bicchiere, il sistema anti-incastro con un anello rinforzato al suo interno, non solo evita che si blocchino l’uno con l’altro, ma li protegge anche dai graffi, rendendoli liberi e durevoli nel tempo. La base è stata progettata con uno speciale design anti-goccia che fa scivolare via l’acqua dal fondo dopo il lavaggio, evitando la formazione del calcare. Un accorgimento ingegnoso per i professionisti di locali e ristoranti.
Il ridotto spazio disponibile sui banconi dei bar, dei locali e dei ristoranti rappresenta una vera sfida quando si tratta di sistemare i bicchieri. È essenziale che siano sempre a portata di mano e che risplendano di brillantezza. La soluzione a questo problema richiede una meticolosa or-
ganizzazione e un’efficace gestione dello spazio. Proprio per questo Rcr Cristalleria Italiana lancia Stack, la prima collezione di bicchieri impilabili in Eco-Crystal Glass, che rappresenta la massima espressione dello spazio sostenibile. Un nuovo modo di valorizzare un semplice gesto come quello
Rcr Cristalleria Italiana è leader nella produzione in vetro di alta qualità nel mondo dell’arredo tavola, del mixology, della degustazione e dell’arredo casa. Un marchio 100% Made in Italy che ha nella qualità e nell’eco-sostenibilità i suoi valori fondanti. Immersa nel cuore della Toscana, con sede a Colle di Val D’Elsa, Rcr rappresenta un simbolo per il design italiano eco-sostenibile. L’azienda infatti grazie ai continui investimenti ha completato la transizione ecologica in ampio anticipo sui tempi dettati dalla legge europea e ha contribuito a rendere tutta la provincia di Siena CO2 neutral. �� cod 89957
Si tratta della prima collezione di bicchieri impilabili in Eco-Crystal Glass, che rappresenta la massima espressione dello spazio sostenibile. Un nuovo modo di valorizzare un semplice gesto come quello del bere
Tecnoinox è un’impresa italiana che da quasi 40 anni progetta e fabbrica interamente nella sede di Porcia (Pn), Friuli Venezia Giulia, una gamma completa di cucine modulari, salamandre e forni combinati per i professionisti dell’Horeca, ricercando da sempre l’eccellenza. Per Tecnoinox, eccellenza significa poter offrire al cliente la solidità di cui non può fare a meno nel lavoro quotidiano in cucina. Qualità, affidabilità, customer focus: questo è il cuore della mission aziendale.
L’innovazione è parte integrante del processo creativo e produttivo. Il risultato di questo approccio sono soluzioni che uniscono prestazioni, semplicità d’uso, robustezza e affidabilità. L’obiettivo è soddisfare l’imperativo di chef, ristoratori, professionisti e ope-
ratori della ristorazione: lavorare in un ambiente in cui ogni passaggio sia intuitivo, efficiente e profittevole, in una cucina di cui potersi fidare.
La sostenibilità, intesa come rispetto per l’ambiente, ricerca dell’efficienza e attenzione al benessere delle persone, fa parte dell’identità e del percorso di Tecnoinox. Dal punto di vista della sostenibilità sociale, una consolidata politica di welfare persegue il miglioramento della vita dei dipendenti a 360 gradi, sia sul luogo di lavoro sia nel loro privato, mentre l’innovazione tecnologica avviata a livello manifatturiero si è concretizzata in una serie di progetti per rendere processi e prodotti sempre più efficienti, in grado di ottimizzare consumi, tempi di lavoro, sprechi e scorte e, di conseguenza, limitare l’impatto ecologico della produzione.
La riduzione dell’uso di materie plastiche nelle apparecchiature e negli imballi e l’impiego di materie prime di origine certa, in massima parte europee per evitare quelle provenienti dai Paesi in cui viene praticato lo sfruttamento del lavoro, sono solo alcuni esempi del percorso intrapreso.
Anche lo sviluppo di apparecchiature che abbinano alte prestazioni ed elevata efficienza energetica, minori consumi di acqua in fase di pulizia e ridotte emissioni di CO2 (fino a 1,7 tonnellate/anno) rappresenta in questo momento una priorità del comparto R&D dell’azienda. �� cod 96816
Giblor’s, eccellenza italiana per l’abbigliamento professionale, propone da sempre un vasto e innovativo assortimento di capi dedicati ai professionisti della ristorazione, ambito dinamico e dalle esigenze in continua evoluzione, in cui sicurezza e comfort vanno sempre più a braccetto con l’estetica.
Giblor’s concentra la propria attenzione proprio sul design dei capi, che riveste un ruolo importante soprattutto nelle attività in cui il contatto con i clienti è costante e diretto: tali impieghi richiedono un’immagine ordinata, pulita e raffinata. Grazie a esperti di stile e a uno sguardo molto attento al mondo della moda, Giblor’s cattura le ispirazioni più in-
teressanti del momento, declinandole in base alle singole esigenze.
Ottimo esempio di questa vocazione sono la giacca da uomo Harry e la giacca da donna Megan, veri e propri bestsellers delle collezioni Giblor’s, tra le più amate nel catalogo dell’azienda carpigiana, sia per il loro design moderno che per le caratteristiche del tessuto ultraleggero, un vero wash&go. Harry e Megan sono infatti realizzate nel nuovo G-Tech Pro, un tessuto dalle incredibili performance: antibatterico, mantiene un’eccellente traspirabilità, è lavabile a 60°, tollera gli spruzzi di candeggina, asciuga velocemente, è no-stiro e non stinge.
La loro linea moderna si caratterizza per il collo alla francese, impreziosito da due automatici con logo G’, dall’abbottonatura nascosta, e dagli spacchi sul retro, il cui pannello è realizzato in rete per conferire maggiore traspirabilità. Harry e Megan sono disponibili nelle varianti bianco, nero, grigio, blu, beige e verde militare.
Con la stessa attitudine moderna e versatile è stato progettato il pantalone Taylor, un capo dinamico, sportivo, fresco e leggero, composto anche questo dal nuovo G-Tech Pro e da una maglia in rete inserita nel fianco, nel fondo della gamba e nel fascione davanti. Taylor è caratterizzato da due tasche alla francese sul davanti e due tasche sul retro ed è proposto in ben sei varianti colore: bianco, nero, blu, grigio piombo, verde militare e beige. Un capo che, una volta scelto, non si abbandona più. �� cod 96660
Professional Filter Service è l’app di Brita sempre a portata di mano, che guida il barista e il tecnico nella scelta del filtro più adatto per ogni locale, nella fase di montaggio e in quella operativa. Fornisce, inoltre, un utile promemoria per la sostituzione del filtro e molte altre funzioni.
L’azienda ha creato un rapido filmato che presenta l’app in tutta la sua semplicità: una volta identificato il campo di applicazione, è sufficiente inserire semplici dati quali il settore di applicazione, la durezza dell’acqua e il consumo giornaliero e l’app suggerisce la soluzione di filtrazione su misura per ogni esigenza, insieme a guide per l’installazione, video, schede tecniche e tabelle relative alle capacità. L’app
Professional Filter Service, immediata
e semplice da scaricare, permette di contare su un efficiente, preciso e utile consulente dell’acqua tascabile.
Ecco nel dettaglio le funzioni dell’App Professional Filter Service di Brita:
• Guida multimediale: permette l’accesso completo a manuali, video, brochure, schede tecniche e tabelle relative alle capacità del filtro installato.
• Assistente per l’installazione: fornisce assistenza per l’installazione e imposta i promemoria per la sostituzione del filtro. Inoltre permette di selezionare l’impostazione corretta di bypass; conoscere la data di sostituzione del filtro; impostare promemoria per il ricambio del filtro con notifiche via email o dal calendario.
• Consulente per i filtri: identifica il filtro adatto alle esigenze del singolo operatore in pochi passaggi, permettendo di selezionare il campo di applicazione; inserire la qualità dell’acqua; inserire il consumo giornaliero; ricevere suggerimenti sul filtro adatto a ogni esigenza specifica.
• Impostazioni su misura: è possibile personalizzare l’interfaccia scegliendo tra 9 opzioni di lingua, nonché impostare l’unità di misura della durezza dell’acqua preferita.
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Per informazioni:
www.brita.it/app-filtermanager
Brita Italia
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�� www.brita.it
sioni per gli esercenti convenzionati e semplificando l’intero processo.
Il problema è noto: le commissioni pagate dagli esercenti sui buoni pasto possono arrivare anche al 20% del valore del buono stesso, scoraggiando bar, ristoranti e supermercati dall’offrire questo servizio ai propri clienti.
Questo lo scenario nel quale si fa strada Coverflex, startup specializzata in welfare aziendale, che si propone di segnare un punto di svolta nel campo dei buoni pasto, azzerando le commis-
L’accettazione dei buoni pasto, infatti, se da un lato porta nuovi clienti, dall’altro causa molta operatività per il singolo commerciante. Quali novità introduce quindi Coverflex? Oltre all’azzeramento delle commissioni e alla possibilità di utilizzare il Pos già in dotazione, il modello di business proposto dalla startup prevede che, attraverso la Coverflex Card, l’utente possa pagare in un’unica transazione, utilizzando buoni pasto e crediti personali caricati sulla carta. L’accredito avviene poi sul conto dell’esercente entro pochi giorni e l’unico pagamento richiesto è una fee annuale di 50 euro, da pagare entro fino anno, se ci si convenziona prima della fine di giugno 2023.
Per il 2023 l’obiettivo è quello di allargare il network di esercenti arrivando a decine di migliaia di partner. Sono già convenzionati: Pescaria, To.market, I love Poke, La Filetteria, Miscusi, That’s Vapore, Felsinea Ristorazione, Coop Reno, Tramé, Kebhouze, Tigros, Selex e molti altri.
«Grazie alla nostra soluzione, accettare i buoni pasto diventa vantaggioso e facile. Per espandere l’implementazione del nostro servizio collaboriamo con i fornitori di vari sistemi di cassa e abbiamo un team pronto a seguire l’esercente nella collaborazione con Coverflex» - dice Francesca Pedroni, Head of Network di Coverflex. �� cod 97061
La startup specializzata in welfare aziendale si propone di segnare un punto di svolta nel campo dei buoni pasto, azzerando le commissioni per gli esercenti convenzionati e semplificando l’intero processo
RISERIA VIGNOLA
LA COLLEZIONE DI RISI AROMATICI NATURALMENTE CO
LORATI - Origini Capolavori di natura è stata creata per fornire una fonte d’ispirazione alla creatività degli chef. Intervista a Silvia Garbarino, direttore marketing e comunicazione. ▶�� cod 96327
PARMIGIANO REGGIANO
TUTTE LE BIODIVERSITÀ DELLA DOP IN MOSTRA ALLA FIERA - C’è un Parmigiano Reggiano per tutti i gusti e per tutte le occasioni. E non parliamo solo di stagionature, ma anche di razze. Intervista a Fabrizio Raimondi, responsabile relazioni esterne.
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L’edizione più partecipata di TuttoFood si è conclusa con oltre 83mila visitatori professionali, provenienti da tutto il mondo. Il 20% di questi visitatori erano internazionali, in rappresentanza di ben 132 Paesi diversi. Le delegazioni più numerose provenivano dalla Spagna, dagli Stati Uniti, dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Germania, dall’Olanda, dalla Cina, dalla Romania, dalla Polonia e dal Regno Unito. Ma non erano solo queste le presenze internazionali, infatti delegazioni provenienti da tutti e cinque i continenti hanno partecipato all’evento, includendo Paesi come il Vietnam, il Canada, le Isole Faroe, il Paraguay e il Kazakistan. Durante i quattro giorni di fiera, si sono svolti numerosi incontri
di affari grazie alla piattaforma di matching che ha permesso di mettere in contatto i brand espositori con i buyer selezionati, con il supporto dell’ITA/ICE Agenzia.
Questa opportunità ha favorito la creazione di scambi commerciali e la promozione dei prodotti presenti alla fiera. TuttoFood ha dimostrato ancora una volta di essere un punto di incontro e di scambio per l’industria alimentare a livello internazionale, promuovendo la diversità culinaria e le eccellenze dei prodotti provenienti da tutto il mondo. L’entusiasmo e la partecipazione di visitatori, buyer, giornalisti e influencer hanno reso questa edizione un successo straordinario, confermando il ruolo di TuttoFood come evento di riferimento per il settore alimentare. Uno dei punti di forza di quest’anno è stato il nuovo concept espositivo, che ha organizzato le aree in macrocategorie, riunendo settori verticali in base all’affinità di filiera. Questa logica di distribuzione ha reso l’esperienza di visita più
ALESSANDRO BORGHESE E LA RIVINCITA DELLE PENNE LISCE - Pasta Armando, dopo il successo dello Spaghettone, sempre in collaborazione con Alessandro Borghese, lancia la Penna Liscia. Intervista a Fabrizio Nucifora, brand sales & marketing director con lo chef Alessandro Borghese.
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MADAMA OLIVA
GREEN E CANALE
- L’azienda utilizza plastica non solo riciclabile, ma anche riciclata nella linea Frutto. Nell’ultimo anno, ha sviluppato un progetto dedicato al canale Horeca. Intervista a Sabrina Mancini, direttrice marketing.
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LA CUCINA DEL FUTURO: INGREDIENTI
FRESCHI E SOSTENIBILI - Le ten denze sul ruolo del Mercato Agroalimentare di Milano: attenzione alla materia prima, crescente divario negli acquisti fra qualità e prezzo e il ruolo dei “freschi”. Intervista a Cesare Ferrero, presidente. ▶�� cod 96361
GRANA PADANO
DA GRANA PADANO, UN PIATTO OLIMPIONICO CHE FONDE SALUTE E GUSTO - Il Consorzio Grana Padano ha presentato un piatto di Andrea Aprea pensato per le Olimpiadi invernali Milano Cortina del 2026 e per gli sportivi, pun tando sul gusto di un formaggio medaglia d’oro nel mondo. Il Consorzio ha anche celebrato il grande successo del proprio marchio del mondo. Nel 2022 sono state oltre 5,2 milioni le forme prodotte e l’export ha raggiunto il record assoluto del 47%. Intervista a Giovanni Malagò, presidente del Coni, Renato Zaghini, presidente del Consorzio Grana Padano e allo chef stellato ideatore del piatto Andrea Aprea.
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L’ACETO BALSAMICO
DI MODENA - L’azienda ha presentato la collaborazione con Gianluca Fusto per il cioccolatino “Alchimia” e cinque nuovi prodotti dell’universo agrodolce. Intervista a Claudio Stefani Giusti, a.d.
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ARIA E FIOREGLUT
DOLCI- L’azienda era presente con uno stand caratterizzato da mille colori, come i vicoli di Napoli, in cui è stato possibile degustare le specialità realizzate con le due ultime novità. Intervista ad Antimo Caputo, a.d. ▶�� cod 96295
FARINE E LIEVITI, PROTAGONISTI DEGLI
EVENTI - La linea di lieviti PH4 e gli eventi più importanti: “Meet Massari R-evolution”, “La faccio all’italiana”, Pastry Bit Competition e Pizza Bit Competition. Intervista a Sabrina Dallagiovanna, sales e marketing mana ger. ▶�� cod 96329
DRAGO CONSERVE
CON I NUOVI CONDIMENTI
TONNO E CIPOLLE E TON NO E TARTUFO - L’azienda ha proposto due novità per la cucina e per la pizzeria, supportate da show cooking. Intervista a Pierpaolo e Alessandro Drago, direttore commerciale e a.d. con lo chef Max Mariola. ▶�� cod 96407
NA - L’azienda ha presentato in occasione della kermesse milanese la Pinsa Romana, la cui ricetta originale è stata creata nel 2001 da Corrado Di Marco. Leggerezza e croccantezza sono le parole chiave della Pinsa Romana Di Marco. Intervista ad Alberto di Marco, a.d. ▶�� cod 96367
AGNELLO GALLESE
I SAPORI DEL GALLES PIACCIONO SEMPRE DI PIÙ IN ITALIA - Hcc Meat Promotion Wales ha portato due fra i prodotti più tipici della sua terra: Welsh Lamb Igp e il Welsh Beef Igp. Intervista a Jason Craig, International Trade Consultant.
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- Norwegian Seafood Council allo stand della Norvegia ha promosso il pesce norvegese in nuovi mercati e in quelli esistenti, tramite il marchio di origine Seafood from Norway. Intervista a Jennifer Mazzilli.
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semplice ed efficace, facilitando l’esplorazione e la scoperta di nuovi brand e prodotti. I nuovi prodotti sono stati protagonisti indiscussi dell’evento, con una straordinaria presenza e un’ampia gamma di innovazioni in termini di sostenibilità. Sia nei packaging sia nei processi di produzione, l’attenzione all’ambiente è stata evidente, con soluzioni che rispondono alle esigenze dei consumatori moderni. Inoltre, sono state presentate nuove ricette che anticipano le tendenze di consumo in crescita, come la dieta plant-based e i prodotti ricchi di proteine. I formati ad alto contenuto di servizio hanno soddisfatto la richiesta di praticità, rispecchiando gli stili di vita attuali. La kermesse ha dimostrato ancora una volta di essere una piattaforma dinamica e all’avanguardia, in cui le aziende possono presentare le loro soluzioni innovative e incontrare potenziali acquirenti.
MOLINI PIVETTI
CON VINCENZO IANNUCCI PER LA LINEA SPECIAL - L’azienda ha presentato la Linea Spe cial, una gamma di cinque farine innovative, tra cui “Nafavola”, la farina dedicata alla pizza napoletana. Intervista al testimonial e maestro pizzaiolo Vincenzo Iannucci con Gianluca Pivetti. ▶�� cod 96217
SORÌ, FIOR DI LATTE APPENNINO CAMPANO E LE PIZZE DI FRANCO PEPE- L’azienda ha presentato un progetto che prevede la creazione di pizze da parte di Franco Pepe realizzate esclusivamente con Fior di Latte Appen nino Campano, un prodotto che nasce dalla realizzazione di un disciplinare volontario che ne prevede la produzione secondo standard ben precisi a partire dalla raccolta del latte, che avviene nel territorio dell’alto casertano. Durante la kermesse è stato lanciato anche un contest per trovare un nome alla nuova pizza di Pepe, presentata nello stand di Sorì durante la kermesse. Intervista ad Antonio Sorrentino, Ceo, con Franco Pepe. ▶�� cod 96377
LA NUOVA LINEA ECCO FATTO!, PASTA E COUS COUS ISTANTANEI E SENZA GLUTINE - La nuova linea Ecco Fatto! comprende prodotti perfetti per essere consumati ovunque, grazie al formato in Cup da 70 grammi. Altra novità è la nuova Miscela Più. Intervista a Francesco Nanei, account manager Italia Horeca. ▶�� cod 96358
L’azienda presenta il nuovo prosciutto crudo, prodotto senza aggiunta di conservanti, nitriti, nitrati e aromi e con un ridotto contenuto di sodio, rispetto ai prosciutti attualmente in commercio.
Da anni Salumificio San Michele investe in tecnologie innovative per garantire prodotti buoni, sicuri e sostenibili. Alla base di tutto, l’idea di operare in un contesto virtuoso che guardi sia all’ottimizzazione di tutta l’azienda sia allo sviluppo e protezione del proprio contesto sociale e ambientale. L’azienda si impegna, infatti, in ogni ambito, a un continuo miglioramento per garantire benessere ai consumatori finali e ai dipendenti, partendo dall’industria e arrivando alle tavole di tutto il mondo.
Salumificio San Michele, durante la kermesse milanese TuttoFood, ha presentato Libra, il prosciutto crudo 2.0, ricco di potassio e caratterizzato da un contenuto di sodio ridotto del 25% rispetto ai prosciutti crudi tradizionali. «Libra è un prodotto ideale per i consumatori attenti al proprio benessere che cercano di limitare l’assunzione di sale nella propria dieta, perfetto per il lifestyle healthy dell’uomo moderno e per i trend di mercato che virano sempre più verso prodotti che siano il giusto connubio
tra qualità, gusto e salute - spiega Daniele Cremonesi, Ceo dell’azienda - Salumificio San Michele si distingue per la sua attenzione alla qualità delle materie prime e alla cura artigianale nella produzione dei suoi salumi, che rappresentano un’eccellenza del made in Italy nel mondo».
La storia del Salumificio San Michele ha inizio più di 40 anni fa a San Michele Tiorre (Felino), alle porte di Parma, nel cuore della Food Valley. Nasce come prosciuttificio nel 1978 ad opera della famiglia Cremonesi, che ancora oggi ne è proprietaria. Nel corso degli anni allo stabilimento storico si sono ag-
giunti prima lo stabilimento di Langhirano (Pr), poi quello di Offanengo (Cr), dedicato al disosso e alla logistica, infine, un secondo impianto sempre a Langhirano, dedicato all’affettamento.
La tradizione e l’esperienza acquisite hanno portato l’azienda ad integrare completamente tutte le fasi di lavorazione e produzione del prosciutto. Grazie a questi ampliamenti, San Michele produce oggi circa 800mila prosciutti all’anno, riuscendo a soddisfare le crescenti richieste sia da parte del mercato nazionale sia da quello estero. ▶
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MOLINO BRAGA
LA SPACCANAPOLI, LA FARINA IDEALE PER UNA PIZZA
PERFETTA - L’azienda ha spinto due prodotti per la pizzeria: Spaccanapoli Base e Forte e Mix Stirata. Ha anche presentato per la pasticceria: Farina per Sfoglia Gold. Intervista a Marco Brusamolino, direttore com merciale. ▶�� cod 96393
MOLINO PASINI
TRE NUOVI PRODOTTI E UN’IDENTITÀ
SONORA DALLA FARINA - Molino Pasini ha presentato Pasta d’oro Artic, Orzo Bruno - Linea Elementi, la farina firmata Ian Spampatti e due progetti di comunicazione. Intervista a Gianluca Pasini, amministratore. ▶�� cod 95441
SALOV
OLIO SAGRA E FILIPPO BERIO: INNOVAZIONE E SOSTENIBILITÀ AL PRIMO POSTO
- Salov ha presentato le linee dei due marchi dedicate al retail e alla ristorazione con un focus sulle caratteristiche qualitative e sulla sostenibilità ambientale. Intervista a Emanuele Siena, marketing director.
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SALOMON FOODWORLD®
ARRIVA IL CATALOGO BURGER UNLIMITED - La gamma di hamburger presentata dall’a zienda permette di offrire ai clienti circa 4 milioni di combinazioni che puntano sulla diversificazione delle fonti proteiche. Intervista a Giovanni Vitale, responsabile commerciale Italia.
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SORBET SHOT, COULIS DI FRUTTA E PANCAKE E WAFFLE - Menù ha portato alla kermesse milanese le nuove referenze, come Sorbet Shot con le Coulis di Frutta Fresca e un preparato per Pancake e Waffle. Intervista a Federico Masella, marketing e national key account manager Italia.
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DALLA PRODUZIONE AL PACKAGING PER UNA GAMMA DI FARINE 100% SOSTENIBILI - L’azienda ha voluto porre l’attenzione sulla propria filiera certificata Dtp 112 Csqa, grazie a cui vengono prodotte quattro tipologie di farine con anche il packaging totalmente ecosostenibile. Intervista a Piero Cosma, Ceo. ▶�� cod 96381
RICCHIGIA
LE ECCELLENZE SICILIANE ALLA CONQUISTA DI ITALIA ED ESTERO - L’azienda ha presentato alla kermesse milanese la storia e la mission della famiglia, le origini del Pistacchio di Bronte Dop, le sue qualità organolettiche e i prodotti sia dolci sia salati, sia tradizionali sia biologici. Esporta in tutto il mondo con la missione di abbracciare nuovi mercati e realizzare nuovi prodotti. Intervista a Laura Lupo, fondatrice.
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MOLINO COSMA ’ASalumificio Bordoni produce bresaola dal 1964. Nato a Mazzo di Valtellina (So) da una piccola macelleria, il salumificio si trasforma in poco tempo in stabilimento produttivo. Ai più avanzati impianti di lavorazione e all’alta qualità delle materie pri me, Bordoni ag giunge la passio ne per il mestiere, facendo della sua bresaola un’eccellenza del la gastronomia italiana. Salumifi cio Bordoni ha presentato l’ulti ma novità di pro dotto: Bresaola 2Go, l’innovativa julienne di bresaola
nel pratico formato doypack, perfetta per essere trasportata ovunque e per lo stile di vita “on the go”. «La particolarità di Bresaola 2Go - spiega Barbara Bordoni, chief operating office dell’azienda - è quella di essere un prodotto dalle infinite possibilità: può essere una merenda golosa per tutte le età, un topping inaspettato per insalate e pokè oppure uno snack proteico pre-allenamento. La julienne di bresaola è ottenuta dai migliori tagli di carne, lavorati secondo l’antica ricetta di famiglia Bordoni e sapientemente stagionati.
Il marchio Bordoni nasce nel 1964, con la piccola macelleria di famiglia, in un paesino delle Alpi Centrali italiane dal fascino incontaminato e suggestivo. Qui, in Valtellina, il clima è secco, la temperatura è costante e l’aria è fresca e tersa: non manca nulla per garantire alla bresaola del Salumificio Bordoni le condizioni ideali per diventare un’eccellenza della gastronomia italiana. Grazie al legame con il territorio, all’alta qualità delle materie prime, al valore delle tradizioni e alla passione per il mestiere, la famiglia Bordoni, nel 1997, trasforma il piccolo salumificio nel suo primo stabilimento produttivo. In pochi anni l’impegno nell’attività di produzione, la collaborazione con i più grandi marchi della salumeria e l’esportazione del prodotto all’estero, permettono a Salumificio Bordoni di ottenere il riconoscimento di Membro del Consorzio di tutela della Bresaola della Valtellina. ▶�� cod 96363
Salumificio Bordoni
�� 0342 862002
�� www.bresaolabordoni.it
Giorgia e Barbara BordoniIl Prosciutto di Carpegna Dop rappresenta un immenso patrimonio gastronomico che negli anni si sta consolidando come un importante protagonista della salumeria italiana, sia sul mercato nazionale che internazionale. Tutto questo anche grazie all’attività del Consorzio che lo rappresenta - il Consorzio del Prosciutto di Carpegna Dop, costituitosi nel 2015 -
con lo scopo di tutelare e promuovere questo prodotto che ha le sue origini proprio a Carpegna, nelle Marche.
Il Prosciutto di Carpegna Dop porta con sé, sia in termini produttivi sia culturali, una tradizione secolare che risale al 1400, e regolamentata da un disciplinare che dal 1996 ne attesta la Dop, è oggi un’eccellenza apprezzata e ricercata sia nel canale della ristorazione e del Normal Trade sia in quello
La produzione del Prosciutto di Carpegna nel 2022 è cresciuta del 30% sul 2021, arrivando a raggiungere un fatturato di 12 milioni di euro. I canali principali di vendita sono la Gdo (85,4%) ed il Normal Trade. Da registrare anche un aumento delle esportazioni all’estero (6% del fatturato totale). Anche nel 2023 le attività del Consorzio, volte alla promozione del prosciutto, si rivolgono a diversi target quali i professionisti della ri-
storazione, i professionisti della Gdo e il consumatore finale.
La campagna “Puri si nasce, soffici si diventa” prevederà attività adv su carta stampata e online, una campagna radio sulle principali emittenti nazionali, collaborazioni con chef per la creazione di ricette ed abbinamenti con il Carpegna Dop, l’organizzazione di incoming per visitare l’unico prosciuttificio che lo produce.
Non sarà dimenticata la degustazione: è infatti la singola fetta la più importante ambassador del Prosciutto di Carpegna Dop. La qualità è elevatissima e preservata da un disciplinare ferreo che definisce ogni passaggio di produzione del Carpegna, così da poter offrire al consumatore finale un prodotto Dop tutelato e garantito. �� cod 97104
The way we lake it.
La sostenibilità ambientale, la salubrità di prodotto e il benessere animale sono le tre nuove inevitabili frontiere per la filiera casearia e chi arriverà prima e velocemente a integrare e a comunicare questi fattori nel processo produttivo sarà premiato dal mercato mondiale. «Il Consorzio Tutela Grana Padano è su questa strada - spiega il suo presidente Renato Zaghini -. Fummo pionieri nel 2007 e quest’anno Legambiente ci ha conferito il riconoscimento di formaggio dell’anno, grazie all’attuazione del progetto Life TTGG».
Per la prima volta nell’assemblea generale dello scorso aprile, il Con sorzio di Tutela approvato il bilancio di sostenibilità. «Lo abbiamo voluto perché per migliorare è necessario misurare quello che la filiera fa ogni giorno sotto questo profilo - aggiun ge Zaghini - e secondo le indicazioni degli obiettivi di sviluppo sostenibile ribaditi dall’Onu nell’Agenda 2030. Inoltre dobbiamo comunicare que sto impegno con il giusto linguag gio».
Abbiamo intervistato Renato Zaghini, presidente del Consorzio Tutela Grana Padano, che ha illustrato con entusiasmo i risultati e i successi ottenuti nel 2022 e nei primi mesi del 2023 e ha anche spiegato quali siano gli obiettivi per il biennio 2023-2024.
Siete soddisfatti dei risultati ottenuti nei primi mesi del 2023?
Nel 2022 l’aumento complessivo delle vendite di Grana Padano DOP è stato del 2,38% spinto soprattutto dalla crescita dell’export. Questo è un dato che riassume il successo del Grana Padano DOP che si conferma essere il prodotto a denominazione d’origine protetta più consumato nel mondo con una produzione di 5.212.103 forme. Il trend di crescita dei primi due mesi (gennaio/febbraio) 2023 continua a darci grande soddisfazione, attestandosi ad un +2,24%, grazie al +5,4% del grattugiato e al +0,11% delle forme e pezzi. A sostenere questo risultato sono la Germania, la Francia e l’Olanda, molto bene gli Usa, la Spagna. Altra grande soddisfazione arriva dalla new entry Polonia che ha registrato un +44%.
Come siete riusciti a raggiungerli?
Il Consorzio Grana Padano si è impegnato nell’ultimo periodo nella definizione puntuale e nell’esecuzione attenta di un piano marketing triennale. L’orizzonte temporale era ed è 2021-2024. Il piano predisposto contiene focus particolareggiati sulle attività Consumer e Trade, sia in Italia che all’estero. Considerando i risultati del 2022, che hanno delineato un percorso di crescita internazionale del nostro sistema, possiamo giudicare il percorso intrapreso come vincente. Oltre alla solidità di tutta la filiera del Grana Padano DOP, che ci risulta essere nettamente la più remunerativa del settore lattiero caseario italiano, decisiva nella crescita, a nostro avviso, è stata la rinnovata campagna promozionale che ha portato il claim “Un’emozione italiana” sia sui media nazionali che sui principali mercati esteri.
Quali sono gli obiettivi del Consorzio Grana Padano per il 2023?
Dobbiamo guardare con attenzione e lungimiranza all’estero che, nel 2023-2024, in quasi tutti i paesi target si presenta con prospettive di volumi stabili. Pertanto, se vogliamo continuare a crescere, dobbiamo sottrarre quote di mercato ad altri formaggi di minore pregio, tra cui soprattutto sono ricomprese le contraffazioni
Per la sostenibilità ambientale il Consorzio sta applicando nelle aziende il sistema di controllo messo a punto con il progetto Life TTGG e tutta la filiera segue le procedure “Made in green e allevamento responsabile”, scelta che è valsa al Consorzio il riconoscimento internazionale Wipo. Sulla sostenibilità sociale al programma “Educazione Nutrizionale Grana Padano” e alla crescita dei servizi di vigilanza, si è affiancata la Fondazione Grana Padano ETS, braccio operativo per tutte le numerose ed impegnative attività socioassistenziali.
La governance sostenibile invece nel 2022 ha remunerato consorziati e consumatori con circa l’89%
animale, perché il suo costante miglioramento consente una salute più elevata delle bovine e una migliore qualità del loro latte. «É la materia prima del formaggio - sottolinea Zaghini - Più alta è la sua qualità, maggiori sono le garanzie per il consumatore». Decisivo e innovativo per garantirlo è l’accordo siglato tra il Consorzio di Tutela e Assalzoo, la principale associazione di produttori di alimenti zootecnici, che istituisce “l’Albo dei fornitori di foraggi e mangimi per le bovine da latte destinato alla trasformazione in Grana Padano DOP”.
L’albo punta all’azzeramento delle “non conformità” inerenti all’alimentazione degli allevamenti iscritti alla DOP, compresi gli errori nella formu-
L’albo sarà chiuso, autorizzando, quindi, solo i soggetti iscritti a fornire foraggi e mangimi per produrre Grana Padano DOP e consentendo ai produttori di latte della filiera di rifornirsi esclusivamente da loro. Ma al tempo stesso rimarrà aperto per ricevere le iscrizioni di tutte le aziende interessate e con i requisiti per farne parte. Per questo sarà creata una sezione sul sito del Consorzio (www.granapadano.it) dove sarà possibile per i fornitori iscriversi all’Albo con costi annuali contenuti, destinati a controlli, gestione dei dati e attività.
«Siamo convinti che l’albo contribuirà a migliorare la produzione di Grana Padano DOP e ad assicurare il rispetto delle regole - commenta
L’azienda emiliana ha partecipato a due appuntamenti di rilievo per l’universo Horeca: TuttoFood e TuttoPizza. A Napoli oltre 30 pizzaioli da tutta Italia hanno sperimentato le farine Nafavola per pizza napoletana
Dietro Special, la nuova linea di farine di Molini Pivetti, c’è un grande lavoro di ricerca, ma anche di squadra. «A partire dal Progetto Foodservice rivolto agli operatori professionali, abbiamo riunito un gruppo di formazione ed esperti, sotto la guida del proprio team di tecnici professionisti, per la creazione di 5 nuove referenze dedicate a quei pizzaioli che ricercano eccellenza, facile lavorabilità e massima resa del prodotto per un risultato fragrante e gustoso».
Così Tonia Sorrentino, responsabile marketing del molino di Renazzo
(Fe), al termine del tour de force che ha visto l’azienda emiliana protagonista in maggio a Milano e Napoli per due appuntamenti di rilievo per l’universo Horeca, i saloni TuttoFood e TuttoPizza. Momenti di incontro e confronto di livello internazionale. A Milano, a inizio maggio, un debutto in grande stile molto apprezzato da operatori professionali e buyer con il lancio di questa gamma innovativa di 5 referenze specifiche: Nafavola (in due tipologie dedicate alla pizza napoletana), Sorbole (pizza emiliana), Maggica (alla pala e in teglia alla romana) e Incanto (dedicata ai pre-
fermenti liquidi e solidi). Prodotti di altissima qualità che omaggiano la pizza nelle sue varianti in un viaggio attraverso l’Italia.
A Napoli, a fine mese, una conferma di grande valore nella capitale mondiale della pizza. «Un appuntamento importante per presentarci su questo mercato con farine professionali dedicate alla pizza napoletana, tradizionale e innovativa - spiega Tonia Sorrentino - Più di 30 pizzaioli, da tutta Italia, nel nostro stand hanno collaborato con il nostro tecnico, il maestro pizzaiolo Vincenzo Iannucci, per realizzare la loro pizza d’autore e comunicare la loro storia di pizzeria e il loro know-how. Con grande determinazione abbiamo voluto instaurare una forte relazione con i pizzaioli, per soddisfare ogni loro esigenza sia tecnica che commerciale. Per questo motivo abbiamo potenziato la rete distributiva, garantendo un servizio costante di consulenza per i clienti pizzaioli, attività demo presso le loro sedi e direttamente in mulino e ovviamente materiale a supporto di comunicazione e gadget».
Per quanto riguarda la pizza napoletana, la linea Special propone Nafavola, una farina di grano tenero Tipo 0 in due varianti, W270 e W320. Unica nel suo genere, è perfetta per ottenere un’autentica pizza napoletana, tradizionale o innovativa. Nello specifico, Nafavola 270 è una composizione studiata per ottenere un impasto leggero e scioglievole, dall’alveolatura sviluppata che garantisce una straordinaria esplosione del cornicio-
Molini Pivetti è un’azienda dinamica, molto attiva anche a monte della filiera e nell’educazione dei consumatori di domani ai valori della sostenibilità. Non parole, ma azioni sul territorio. Il progetto “Adotta un campo di grano” è infatti volto a sensibilizzare le future generazioni a temi importanti quali sostenibilità, rispetto dell’ambiente e importanza della biodiversità. Un percorso che dura due anni e si articola in quattro tappe: la semina in un campo della proprietà Pivetti, la biodiversità e le api, lo studio del chicco di grano e la farina. Attività didattiche e ludiche per toccare con mano la realtà di Molini Pivetti e in parallelo imparare cosa significa rispettare l’ambiente. In maggio oltre 750 bambini delle scuole di Ferrara e provincia hanno mosso i primi passi adottando questo progetto.
ne ed è consigliata per impasti diretti con 10-26 ore di lievitazione. Nafavola 320 ha una “forza” di W320 per donare resistenza ed elasticità durante l’impasto e una migliore struttura durante la lievitazione.
È consigliata per impasti con 2672 ore di lievitazione. In aggiunta, Incanto è la farina di Tipo 0 con germe di grano, che conferisce aromi e profumi. Una farina specifica per preimpasti Biga e Poolish, impasti diretti e
per il rinfresco del lievito madre. Un prodotto che permette di mantenere la giusta fermentazione dalle 18 alle 48 ore. Una farina dalle grandi virtù, che può essere utilizzata singolarmente o miscelata alle altre. �� cod 96904
Una miscela per pinsa, pizza alla pala, in teglia e padellino, ricca di fibre e con germe di grano e farina di riso per accentuare la croccantezza e leggerezza della pizza. È una delle novità 2023 firmata Molino Grassi, disponibile in doppia versione: Romana, con meno fibre per impasti dalla colorazione chiara, e Romana Rustica, dai toni più ambrati per esaltare il valore, il gusto e i sapori di una volta.
«Si tratta di una novità fortemente voluta dall’azienda - racconta Cristian Zaghini, tecnico e formatore Molino Grassi che, insieme a Nicola Ascani e Diego Vitagliano, ha messo a punto non solo Romana, ma anche Napoletana, l’altra new entry del molino parmense. Due prodotti che vanno a completare la vasta linea dedicata al mondo pizza: «come tecnico Molino Grassi posso dire che la gamma offerta è
completa, ma soprattutto che l’azienda offre continuità al prodotto. Questo implica che una volta “imparato” l’utilizzo di una certa farina, le modifiche da apportare alle modalità di lavorazione nel tempo sono pochissime».
Farine tecniche, affidabili, ma anche supporto in termini di formazione e consulenza, servizi che Molino Grassi offre attraverso il proprio staff tecnico, comprendente figure accreditate a livello nazionale e non solo: «in veste di formatore per Molino Grassi ho sviluppato un metodo molto fattivo, ossia strutturo la mia consulenza attraverso l’ascolto del cliente - prosegue Cristian Zaghini - Ho così iniziato a comunicare diversamente ai miei corsi e nei momenti di formazione dedicata: oltre ai temi più classici, entro nel merito del “modo” di impastare, occupandomi anche di tutti quegli aspetti molto pratici che fanno parte della quotidianità in pizzeria».
La gamma Pizza Molino Grassi comprende farine diverse, in base ai differenti tempi di lievitazione. Non mancano, per pizza tirata a impasto diretto, la Fast H6, perfetta anche per pizza al trancio, così come la Speedy H10, o ancora la Midi H12, certificata per la pizza napoletana verace dalla Avpn (Associazione Verace Pizza Napoletana), ideale pure per focaccia.
La gamma si completa con Extramidi H16, per pizza tirata e al piatto, e Slow H24, messa a punto per pizza al piatto, al trancio e focaccia ad impasto diretto o indiretto. �� cod 96655
Il tuo Tiramisù fatto in casa, con meno tempo e lavoro
Carte D’Or preparato per Tiramisù
• 100% affidabile per gusto, consistenza e stabilità.
• Con vero mascarpone e uova già pastorizzate. • Senza glutine.
Resa : 48 porzioni.
La linea di farine Le 5 Stagioni di Agugiaro & Figna ha dato il via a una rivoluzione nel mondo della pizzeria con una svolta per i professionisti del settore, rivolgendosi agli amanti della tradizione così come agli sperimentatori più audaci. Oggi il marchio ha un’identità multiprodotto con una varietà di oltre 30 tipi di farine e miscele e punta a diventare la risposta certa e risolutiva ai pizzaioli di tutto il mondo, che possono affidarsi, per le loro creazio-
ni, ad una materia prima in grado di offrire altissime performance. Tradizionalisti, contemporanei, fautori della commistione fra innovazione e sapori antichi della terra: tutti i pizzaioli possono trovare ispirazione nelle farine Le 5 Stagioni.
Sin dalla sua nascita, Le 5 Stagioni si è distinta nel settore delle farine e prodotti affini destinati ai professionisti della pizza, forte di una tradizione millenaria nell’arte molitoria, che ha saputo coniugare tradizione,
ricerca e sviluppo, tecnologie all’avanguardia e sostenibilità.
Se ieri Le 5 Stagioni si proponeva ai professionisti come una linea di farine dedicate, con oltre 20 referenze di prodotto dalle elevate caratteristiche tecniche, oggi il marchio è pronto a un ulteriore balzo in avanti ed è in
grado di soddisfare le esigenze di un mercato che vede il pizzaiolo sempre più attento e responsabile nella scelta delle farine. Così la vision de Le 5 Stagioni è quella di essere la risposta certa, innovativa e risolutiva ai pizzaioli di tutto il mondo, con l’obiettivo di offrire le migliori farine e miscele a chi sceglie l’eccellenza, la qualità e l’autenticità degli ingredienti.
Una costante attitudine all’innovazione senza mai spezzare il legame con il know how millenario nell’arte molitoria, fa della linea Le 5 Stagioni un prodotto al passo con i tempi e capace di anticipare le esigenze dei pizzaioli. Grazie a Le 5 Stagioni, oggi, i professionisti della pizza e gli appassionati possono esprimere al
meglio il proprio stile e dare la forma preferita alle idee, portando in tavola eccellenza e creatività con la certezza di un prodotto finale di altissimo livello. La comunicazione con il cliente è un altro valore portante de Le 5 Stagioni: l’offerta dei prodotti su misura e il supporto continuo da parte del personale tecnico, sono pensati con il pizzaiolo e per il pizzaiolo, al fine di garantirgli il risultato auspicato.
La possibilità di ottenere un prodotto specifico e l’assistenza taylormade al professionista sono condizioni che consentono di lavorare in piena tranquillità e fiducia. Una community e un magazine dedicati ai professionisti e agli appassionati della pizza, costituiscono un altro valore de Le 5 Stagioni. In Pizza Stories, infatti, la passione e l’expertise nel settore della pizzeria vengono condivise, promuovendo storie, eventi e formazione.
Alla selezione dei grani provenienti dalle migliori coltivazioni italiane e del mondo, si uniscono i processi di lavorazione all’avanguardia con ben 7 controlli che analizzano la salubrità della farina e 8 laboratori di analisi impegnati nelle attività di ricerca e innovazione, in costante dialogo con il dipartimento di Ricerca e Sviluppo in-house. Il rispetto delle caratteristiche native del chicco e dell’ecosistema, nonché una produzione realizzata con il 100% di energia proveniente da fonti rinnovabili, sono la garanzia di una qualità indiscussa e tracciabile. �� cod 97084
Il patrimonio culturale e tecnico di Agugiaro & Figna ha permesso di sviluppare prodotti sempre più specifici: oltre 30 tipi di farine rientrano nella linea Le 5 Stagioni. Tra i prodotti ormai irrinunciabili per il professionista non possono mancare la Superiore, forte, versatile e adatta a tutti gli impasti con lunga lievitazione dove è richiesta un’ottima elasticità; o la Farina Oro di Tipo “00”, un portento per gli impasti diretti e indiretti e per il rinfresco del lievito madre. Tra le Integrali, la Farina Mora da macinazione extra vergine sta regalando grandi soddisfazioni ai pizzaioli, che la usano in purezza o in aggiunta negli impasti tradizionali, ai quali dona sapore intenso ma dolce e rotondo.
La Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp
giamo anche qualche foglia di profumatissimo basilico e un filo di extravergine di oliva. L’insalata estiva per antonomasia. Che però, attenzione, attenzione! È nemica del frigo.
Forse non tutti sanno che la Cipolla Rossa di Tropea, una volta tagliata o sbucciata, va conservata in ambienti freschi, asciutti, al riparo dalla luce per evitare che germoglino. Mai in frigo, perché ammuffisce.
Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp si utilizza sia fresca sia disidratata al sole sia scollettata sia intrecciata. E poi non si butta via niente. Persino i ciuffi del cipollotto fresco, possono essere utilizzati.
Si sa, in estate la voglia di cucinare è inversamente proporzionale alla voglia di mettersi ai fornelli. Più salgono le temperature e più ci si orienta verso la preparazione di piatti semplici, poco sofisticati e freschi, ma senza rinunciare al gusto. Una bella insalata e il gioco è fatto. Alzi la mano chi, alla parola insalata, non ha immaginato subito, con tanto di acquolina, quella preparata con due ingredienti semplicissimi come pomodoro e Cipolla Rossa di Tropea Calabria Igp; anzi quattro, se aggiun-
Il più famoso tra i tuberi ovali, ingrediente principe della cucina Mediterranea, icona dell’agroalimentare Made
In Calabria, sempre più apprezzata e utilizzata dagli chef internazionali, è sempre una buona idea. Una soluzione a portata di forchetta. Sarà che la Rossa di Tropea sta bene con tutto. Dolcissima e croccantissima, viene usata ormai in tutte le preparazioni e ricette, della tradizione e non. Dall’antipasto al dessert: 12 mesi su 12. La
E poi con il suo colore vivo e acceso mette anche allegria. Quando si dice, che anche l’occhio vuole la sua parte. Dalle straordinarie qualità, la Cipolla di Tropea deve le sue
sfumature al fatto che è ricca di antocianine (composti polifenolici solforati appartenenti alla famiglia dei flavonoidi). Da Nord a Sud, non c’è menu che non preveda almeno uno
è un ingrediente unico con bontà e proprietà salutari uniche, tra cui la protezione cardiovascolare, antinfluenzale e l’azione antibatterica.
È considerata un antibiotico naturale
dei piatti a base di cipolla. Fosse anche solo per il soffritto. Se non avete provato gli anelli di cipolla fritta, ricetta rustica, croccante, facile e gustosa, fatelo quanto prima. Sono un ottimo e sfizioso antipasto. L’abbinamento è perfetto anche con la selvaggina, con la carne e gli arrosti e perché no!? Con il tonno e lo sgombro.
Oltre all’esperienza del gusto, presenta molteplici effetti salutari. È afrodisiaca, antisettica, anestetica, diuretica, cura i reumatismi, il mal di testa, gli ascessi, le verruche, i foruncoli. È emolliente, antiasmatica, antisclerotica, regola il tasso di colesterolo nel sangue, contro il diabete e le punture di insetti, allontana il rischio tumorale e preserva dall’invecchiamento. Gli antichi egizi la utilizzavano per prevenire le infezioni. Oggi è provato che la Cipolla Rossa di Tropea si prende cura del cuore, può essere considerata un vero e proprio antibiotico naturale, aiuta a tenere sotto controllo l’ipertensione e l’arteriosclerosi, in generale migliora l’attività digestiva e contribuisce al riequilibrio della flora batterica intestinale, è amica della linea e, grazie alla presenza di quercetina, permette addirittura una migliore performance sportiva.
L’Inran, oggi Crea, negli anni ‘90, in seguito a studi di laboratorio, ha individuato quantità di quercetina nella cipolla di Tropea pari a 500 mg per Kg di parte edule. Pertanto si apre una nuova opportunità di mercato per i sottoprodotti di questa liliacea, fino a ieri considerati scarto.
Il vantaggio sta nel fatto che la si può consumare cruda, tanto è dolce e croccante, è che le sue componenti medicamentose non subiscono denaturazione a causa delle alte temperature di cottura. Che sia uni-
ca, si sa. Si differenzia dalle altre varietà in quanto contiene una maggiore quantità acquosa, pertanto, le sue tuniche risultano più spesse, croccanti e saporite. La maggiore porosità permette un più accentuato assorbimento degli aromi sprigionati da ogni tipo di spezia e condimento, rendendo questo prodotto di una bontà unica. Oltre alle proprietà antibiotiche e antiossidanti comuni alle altre varietà di cipolla, mangiare regolarmente la cipolla di Tropea, previene infarti e malattie cardiovascolari. Contiene, infatti, i tioli, dei composti organici che contrastano in maniera efficace l’accumulo dei sedimenti grassi. In questo modo fa pulizia nel sangue impedendo che si induriscano le arterie.
Infine con solo 26 calorie ogni 100 grammi è perfetta nelle diete di coloro che hanno malattie cardiovascolari perché contrasta i radicali liberi e abbassa i livelli di colesterolo cattivo nel sangue. Se utilizzata sulle ferite agisce come valida alternativa al disinfettante. Inoltre, è perfetta per far conservare gli alimenti che condisce perché è un ottimo antisettico. È anche un ottimo antinfluenzale. Decotta riduce le infiammazioni delle vie respiratorie e combatte il raffreddore. Se utilizzato per fare i gargarismi il succo di cipolla aiuta a far migliorare il mal di gola e disinfetta il cavo orale. È considerata efficace anche nella prevenzione delle infezioni delle vie urinarie perché combatte i batteri e stimola la diuresi. L’olio essenziale di cipolla aiuta a ridurre la ritenzione idrica migliorando la circolazione sanguigna.
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Bonduelle Food Service presenta la gamma Grigliate Service, composta da Me
lanzane, Zucchine, Peperoni, Cipolle
Rosse, Peperoni
Julienne, Tris di Verdure e Zucca.
Grigliate al naturale, le verdure sono cotte con una tecnica speciale che garantisce risultati eccellenti nel rispetto del colore, del gusto e della consistenza. Il
sapore è intenso e il prodotto assicura un’alta resa e nessun rilascio di acqua. I prodotti offrono tutti i vantaggi di praticità e velocità, con un significativo risparmio di tempo e risorse e una riduzione degli sprechi, tutti elementi che influiscono in modo positivo sul food cost. Le Grigliate offrono anche un’alta versatilità per
creare ricette gustose e adatte ai diversi momenti di consumo.
La gamma Grigliate Service, inoltre, si avvale del protocollo di produzione Service, adottato da Bonduelle Food Service su alcune linee di prodotto, grazie al quale le verdure possono essere utilizzate anche a freddo, solo scongelandole e senza bisogno di rigenerazione, garantendo la massima sicurezza alimentare. L’impiego delle Grigliate con protocollo Service risulta particolarmente vantaggioso nel periodo estivo per la preparazione di piatti veloci e freschi con ingredienti che non necessitano di essere scaldati. Basti pensare all’attività di catering, banqueting e dei bar e ai diversi momenti di consumo che propongono durante la giornata, dalla colazione all’after dinner, passando per le pause pranzo e gli aperitivi.
Le Grigliate Service sono alleate indispensabili per panini, sandwich, focacce, insalate, finger food e per tante altre ricette e ispirazioni presenti nello “Speciale Bar” di Greenology, scaricabile all’indirizzo www.bonduellefoodservice.it/download-cataloghi Tra le ricette estive fresche e veloci da preparare con la gamma Grigliate Service la Julienne di Peperoni alla menta, mandorle e olive, la Piada con Peperoni grigliati, Cipolle rosse e crescenza, la Pinsa con Verdure grigliate, hummus di lenticchie, bufala e pomodorini, il Total Green Burger. �� cod 96449
L’utilizzo dei fiori eduli è diventato un trend grazie ai grandi chef e bartender che li usano per decorare o insaporire i loro piatti. Ci svela alcuni consigli e segreti il culinary gardener Enrico Costanza
di Piera GentaL’uso dei fiori commestibili in gastronomia non è proprio una novità. Sono diventati di tendenza, grazie ai grandi chef che li usano per decorare o insaporire i loro piatti. Non solo la nuova tendenza della mixology si rivolge ai fiori eduli. La verità è che in cucina si adoperano da almeno un millennio. Gli antichi romani utilizzavano i petali di rosa e le violette; nella Londra di Shakespeare, durante gli spettacoli teatrali, era sorseggiata acqua di rose o liquore aromatizzato con ga-
rofani. I fiori in fondo sono vegetali come gli altri ortaggi e fanno già parte della nostra dieta senza che la loro presenza desti particolari curiosità. Broccoli, carciofi, cavolfiori, fiori di zucca sono tutte infiorescenze delle piante. E ancora capperi, zafferano e chiodi di garofano. Ma prima di andare nel giardinetto condominiale a raccogliere fiori, occorre fare attenzione: non tutti sono commestibili, alcuni sono anche velenosi.
Tra quelli di piante aromatiche; borragine, maggiorana, origano, santo-
reggia. Tra i fiori di vegetali: rucola, puisello. Evitare il fiore di pomodoro, di patata, dei peperoni e degli asparagi. Qualche idea per utilizzarli in cucina: risotto alle rose o la frittata ai fiori di tarassaco, meglio conosciuto come dente di leone: ne bastano una ventina. Per i vegetariani l’hamburger di quinoa con fiori di calendula. In alcune regioni si usa poi gustare deliziose frittelle con i profumati fiori di acacia e in altre si è soliti aromatizzare tanti piatti con i minuscoli e saporiti fiori del finocchietto selvatico. I petali della calendula sostituiscono nelle preparazioni lo zafferano: non soltanto per il colore, ma anche per il gusto. Aggiungono una nota di colore alle insalate e accompagnano le frittate. Le violette si sposano meravigliosamente con i primi lattughini di stagione. Si coniuga benissimo con le insalate anche il nasturzio, che ha un gusto leggermente piccante. Particolarmente indicato è l’abbinamento del gelsomino alle ricette a base di pesce, per il suo profumo delicato. I petali di rosa sono utilizzati soprattutto nella pasticceria, per realizzare marmellate e profumare e decorare le crostate.
Abbiamo chiesto a Enrico Costanza, noto culinary gardener, quali sono i più conosciuti fiori da utilizzare in gastronomia. «Il Nasturzio, con il suo gusto piccante e i sui colori che vanno dal giallo al rosso intenso, resta il re dei fiori edibili - spiegaPerfetto nella misticanza. Gradevolmente piccante è anche il fiore della rucola. Sono, invece, dei piccoli campanelli rosa i fiori della tulbaghia, che per il loro gusto possono sostituire l’aglio». �� cod 96722
tefano Ciotti (membro Euroha creato Nostrano nel 2015, per raccontare che cosa di nostrano lui conservi nel suo cuore e per condividere le esperienze con clienti e amici. «L’estate di Nostrano sarà ricca di novità con un nuovo menu dedicato a quelle sensazioni euforiche e briose di quando ero piccolo - racconta - Quando per le prime volte mi portavano al mare e andavo in spiaggia, con il secchiello, la paletta e ho fatto il primo bagno. Quindi ho pensato di racchiudere dentro a un menu queste emozioni e far rivivere ai nostri
clienti quelle speciali sensazioni che mantengono integri i gusti e i sapori che scorrono nelle mie vene, con una connotazione romagnola e marchigiana, così come sono le mie origini. Nella mia cucina, il mare si sposa con la collina, ho sempre usato il formaggio con il pesce, ma ho sempre utilizzato anche il tartufo che conosco fin da ragazzo nella mia Montefiore Conca (Rn). E poi lavorando tanti anni con il Maestro Sartini a San Marino, nativo di Pennabilli (Rn), il tartufo me lo hanno sparato nelle vene così come in questo periodo i prugnoli».
E poi Stefano ci manifesta come, secondo lui, le Marche possano diventare una punta di diamante nell’attrarre un importante fetta del turismo
enogastronomico internazionale. Le Marche devono essere fotografate da grandi professionisti di ogni comparto: dalla cucina, alla ceramica e alla moda e fatte conoscere sui palcoscenici internazionali di tutto il mondo.
«Nelle Marche - prosegue - abbiamo tutto. Pesaro è una città di mare dove si fanno vacanze stupende, è tranquilla e propone ogni tipo di offerta. Oltre alla proposta del mare, abbiamo un straordinario entroterra da scoprire; magari possiamo godere dal lunedì al venerdì di un mare incontaminato e il fine settimana rifugiarci in collina dove in un’ ora si raggiungano le più alte vette».�� cod 97055
Visita:
www.accademiadeltartufonelmondo.it
Giuseppe Cristini è tornato a Sestino (Ar) per incontrare Pino Crestini, un maestro cavatore noto in tutta Italia per il suo ruolo di custode del bosco toscano e addestratore di cani da tartufo. Pino inizia dicendo che la stagione estiva del tartufo è iniziata e le abbondanti piogge dello scorso maggio maggio promettono un’ottima stagione. Tuttavia, il problema che abbiamo osservato negli ultimi tre o quattro anni è l’epidemia di cinghiali che sta distruggendo le tartufaie.
«Se non lo vedessi con i tuoi occhi, non ci crederesti - spiega - Le tartufaie sono state arate dai cinghiali già
due mesi fa, quando il tartufo era ancora acerbo e stavamo aspettando la crescita di maggio e giugno. Questo problema si è trasformato in una situazione spaventosa in cui l’epidemia di cinghiali sta devastando anni e anni di lavoro. Attualmente, il numero di cinghiali è fuori controllo. Solo nel Parco del Sasso Simone e Simoncello, qui accanto, potrebbero esserci quattro o cinquecento cinghiali che durante la notte causano distruzione... E se continuiamo così, perderemo il tartufo». È necessario affrontare questo problema apertamente e senza pregiudizi, altrimenti il lavoro del tartufaio andrà incontro alla morte. �� cod 97174
Igiovani dell’Istituto Ipseoa Varnelli di Cingoli (Mc), insieme a cinque rinomati chef, di cui tre provenienti dalla stessa scuola, hanno collaborato per creare una “narrazione” culinaria attraverso la creatività dei piatti cucinati e reinterpretati, abbinandoli ai sapori del tartufo nero d’estate. Giuseppe Cristini, direttore dell’Accademia, ha spiegato che a partire dallo scoso 1° giugno, nelle Marche, è ini-
ziata la raccolta del Tuber aestivum. L’obiettivo è proporre il tartufo a tutti i ristoranti delle Marche, sia di terra sia di mare, attraverso un grande evento organizzato in collaborazione con la Regione Marche e Atim (Agenzia turismo e internazionalizzazione). Durante l’estate, nei ristoranti aderenti delle cinque province, sarà possibile gustare piatti abbinati al tartufo aestivum. �� cod 97241
Il Dizionario Internazionale del Tartufo in 5 lingue è stato pubblicamente presentato lo scorso 25 maggio al Crea a Roma. Inglese, cinese, giapponese e arabo oltre, naturalmente, all’italiano: queste le lingue in cui si può leggere il dizionario internazionale “il Tartufo” presentato dagli autori Stefano Vaccari, Direttore Generale del Crea, e Giuseppe Cristini, Direttore artistico della rivista “Accademia del tartufo nel mondo”. «È un’opera immane che siamo riusciti a completare con un impegno di ricerca, di studio e di valorizzazione di questa preziosità unica al mondo - afferma Giuseppe Cristini, coautore del Dizionario -. Siamo andati a scavare tra i dialetti, in mezzo ai boschi e ai cavatori, studiando le razze di cani da tartufo, in territori anche poco conosciuti, ma bellissimi e incontaminati». Sua Maestà il Tartufo vive tra mistero e realtà, tra magia e cucina ed è sempre seducente, sensuale e accattivante.
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“TARTUFO TUTTO L’ANNO NELLE MARCHE”
Senna è specializzata nella produzione di salse, condimenti, margarine e specialità gastronomiche. Opera da più di 90 anni a livello globale in oltre 20 Paesi. Da più di 25 anni è presente in Italia nel settore Foodservice, lavorando a stretto contatto con esperti di primo piano nel campo gastronomico per elaborare soluzioni innovative adatte alla cucina. Inoltre, nella sede centrale di Vienna gestisce l’uni-
co centro di produzione di margarina dell’Austria.
Un’esperienza e un know-how di grande valore che hanno permesso di ideare un variegato assortimento di specialità gastronomiche sulla base delle esigenze del mondo della gastronomia e della ristorazione.
Le salse Senna, pronte all’uso, senza glutine e senza lattosio, sono perfette per la stagione estiva. Se si è alla ricerca di un tocco esotico, di un aroma speciale, di una nota piccante o fruttata per arricchire una ricetta e renderla davvero unica, Senna ha sempre la risposta giusta. Una gamma per tutte le esigenze, in grado di soddisfare ogni singola necessità professionale: dai classici come ketchup, maionese e senape, fino alle salse barbecue, cocktail, grill, tartara o curry, molte di queste anche vegane.
Per non parlare dell’inimitabile Senna Sour Cream, la salsa che non ti aspetti: con un delicato sapore di maionese e con l’aggiunta di un mix di panna acida fresca e yogurt, è una salsa molto più leggera, ideale per tramezzini e panini, patate fritte o al forno, così come per i piatti ai frutti di mare.
Punto fermo nella filosofia dell’azienda è trasmettere la voglia e il piacere di cucinare, attraverso un ventaglio di proposte, attento anche alle nuove esigenze salutistiche.
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Senna Sour Cream
è una salsa unica che delizia i sensi con la sua combinazione di sapore delicato e consistenza leggera. Un’opzione salutare per arricchire panini, patate e piatti di frutti di mare
Origini diverse, un unico traguardo: essere diventati un food trend in poco tempo e aver conquistato tantissimi consumatori italiani. Sono i pancake e i waffle, frittelle dolci americane le prime, cialde a forma di “nido d’ape” di provenienza Nord europea le seconde, ormai un must-have nei menu di bar, ristoranti e locali, sempre più richiesti a colazione, nei brunch o addirittura come pranzo.
Menù, storica azienda di Medolla (Mo), presenta un preparato in polvere per la realizzazione di Pancake e Waffle, la soluzione ideale per tutti i ristoratori che vogliono restare al passo con i
tempi e desiderano offrire qualcosa di nuovo, gustoso e versatile.
Grazie al preparato per Pancake e Waffle di Menù, è possibile preparare e servire queste specialità in modo facile e veloce. È sufficiente, infatti, aggiungere 1 litro di acqua per 1 busta di preparato in polvere (800g), amalgamare con una frusta, versare il composto in una padella o sulle apposite piastre per Pancake o Waffle e cuocere su ambo i lati fino a doratura. Con una busta si ottengono fino a 36 Waffle o 50 Pancake.
Grazie alla ricettazione neutra, è inoltre possibile servire questi due prodotti con abbinamenti sia dolci sia salati, dando così l’opportunità di propor-
re numerose ricette e di allargare la proposta a differenti occasioni di consumo. Se la versione dolce, accompagnata da creme, miele, frutta e cioccolato, è infatti ormai un classico prediletto nei brunch e per colazione, la versione salata dimostra la grande versatilità di questi prodotti e si presta a nuove sperimentazioni. Il progetto prevede una pratica bottiglia miscelatrice e dosatrice e una piastra multifunzione per realizzare sia Pancake sia Waffle, ma anche per grigliare carne o tostare panini.
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Un preparato in polvere per la realizzazione di Pancake e Waffle, la soluzione ideale per chi vuole offrire ai propri clienti qualcosa di nuovo, gustoso e versatile
Unilever Food Solutions presenta Carte D’Or Tiramisù, il preparato per realizzare il dessert della tradizione, in modo facile, veloce e con la garanzia di risultati eccellenti. Si tratta di un prodotto estremamente pratico e affidabile per gusto, consistenza perfetta anche dopo 24 ore, e affidabilità. Con vero mascarpone e uova pastorizzate, per una maggiore sicurezza alimentare, è un preparato senza glutine per soddisfare le esigenze di un numero crescente di clienti.
Carte D’Or Tiramisù permette di contenere tempi, costi e sprechi nella preparazione. Nello stesso tempo il prodotto garantisce un risultato finale eccellente, anche in assenza di personale qualificato. Inoltre è estremamente versatile: è infatti sufficiente sostituire o diluire il latte con succo di frutta, purea di frutta, centrifughe o infusi per personalizzare il dolce. Sul sito www.unileverfoodsolutions.it sono tantissime le ricette per dare vita
Come si utilizza Carte D’Or Tiramisù:
1. Versare in un recipiente 1 litro di panna e aggiungere il contenuto di 1 busta di Carte D’Or Tiramisù. Per una consistenza più fluida e un gusto più leggero utilizzare 750ml di panna e 250ml di latte. Montare per circa 2 minuti con una frusta elettrica a media velocità.
2. Utilizzando uno stampo rettangolare, alternare uno strato di biscotti (tipo savoiardi) imbevuti di caffè alla crema appena preparata. Cospargere con un velo di cacao.
3. Porre in frigorifero e attendere almeno 30 minuti prima di servire.
a originali proposte tutte da gustare.
Tra queste: Frolla con mousse di Tiramisù e ciliegie, Tiramisù espresso, Tiramisù all’arancia e al Grand Marnier, Tiramisù alla birra gluten free. Carte D’Or Tiramisù è disponibile in confezioni da 2 buste da 245 gr per circa 48 porzioni.
Carte D’Or Professional
Carte D’Or Tiramisù fa parte della gamma Dessert Carte D’Or Profes-
sional Senza Glutine, che comprende anche Panna Cotta, Crema Catalana, Mousse al Cioccolato, Sorbetto al Limone, Budino Cioccolato e Creme Caramel. Fa parte di Carte D’Or Professional anche lo Stacca Facile Senza Glutine e Senza Lattosio. �� cod 97043
Gianluca
“carta dolci” nella ristorazione.
Grazie anche alla Panna Excellence
Elle & Vire Professionnel®
SCOPRI LA RICETTA
“Lampo” di Gianluca Fusto
Tecnica: ganache montate
e ganache montate, grazie al basso punto di fusione e in particolare alla tenuta, sono ideali per realizzare dolci al piatto, potendo creare forme interessanti ed originali che garantiscono un’estetica perfetta dalla preparazione al servizio. Essenziale, a livello tecnico, è la qualità degli ingredienti, che vanno scelti sempre accuratamente, determinando caratteristiche e gusto del dolce. In questa ricetta è, prima di tutto, fondamentale la qualità della panna in termini di gusto e overrun, per una ganache particolarmente ariosa, leggera e stabile
resentazione ed estetica: stagionalità e racconto
ngredienti e colori sono i capisaldi di “Lampo” e più in generale di una corretta ed efficace esposizione visiva del dessert. Da rispettare, la stagionalità e la cromia degli ingredienti: l’estetica deve raccontare il dolce. In questo caso sono protagonisti il rosso - conferito dal lampone - e il bianco, oltre che la decorazione con lampone fresco e foglie di finocchio.
l tocco in più: Panna Excellence, gusto strepitoso e stabilità
Professionnel®. Il rinomato brand francese, leader nella produzione di prodotti lattiero-caseari per i professionisti, ha per l’occasione coniato con lo stesso Gianluca il neologismo che vuole unire eccellenza, semplicità e opportunità, concetti alla base del progetto
Ecco, quindi la prima ricetta che non manca di consigli - tecnici ed estetici - di Gianluca Fusto, forte della sua profonda esperienza e competenza nel mondo della ristorazione. Consigli, a partire dalle ganache montate, “cuore” della ricetta “Lampo”.
a dolcezza di Panna Excellence Elle & Vire Profession- il cui gusto deriva dall’origine del latte raccolto nel Nord della Francia, il più vicino possibile agli stabilimenti produttivi in Normandia - va a contrastare alla perfezione l’acidità del lampone e a esaltare la freschezza del finoc, creando una combinazione di sapori molto piacevole. Panna Excellence, inoltre, garantisce stabilità e ottimo overrun (oltre 2,7 volte il volume iniziale) - grazie al suo specifico processo produttivo - per realizzare ganache ariose e stabili, anche durante la fase di montaggio, evitando problemi di separazione. �� cod 96946
Fusto presenta una prima proposta di dessert e qualche consiglio, per realizzare una ideale
ono ventidue anni che racconto il mondo dell’olio extravergine artigianale di eccellenza negli auditorium più disparati sia in Italia, sia all’estero. Ma ogni volta che vengo invitato in una università all’estero, dove i ragazzi studiano enogastronomia italiana, il cuore si riempie di gioia.
Sapere che centinaia di allievi provenienti dall’Olanda e da tutto il mondo, nella prestigiosa Stenden University di Leeuwarden, a un’ora e mezzo da Amsterdam, ti ascolta-
no raccontare le sfumature dell’olio, senza fiatare e prendendo nota di tutto quello che racconti, è davvero un sogno.
È successo nel mese di maggio, dove sessanta ragazzi, divisi in tre turni, hanno potuto eseguire in cucina alcune ricette tipiche italiane con l’utilizzo dell’olio evo al posto del loro amato burro o delle varie salsine. Hanno scoperto che c’è un mondo nuovo, che purtroppo ancora oggi i nostri ragazzi delle scuole italiane dell’alberghiero o di cucina non scoprono perché nessun gli dà la pos-
sibilità di assaggiare gli aromi delle varie cultivar italiane. Poi abbiamo fatto un assaggio dei vari formaggi olandesi e a pasta molle e hanno inserito al posto delle marmellate o mieli, qualche goccia di Nocellara del Belice, di Caninese o di Semidana.
Il culmine lo abbiamo avuto quando i ragazzi hanno simulato una competizione tra loro, tra chi faceva una maionese all’olio extravergine e una all’olio di semi di girasole, come purtroppo erano abituati a fare fino al mio arrivo. Il risultato è stato sorprendente, perché assaggiata al cucchiaio, ovviamente la salsa all’olio Evo era forte e con retrogusto amaricante, ma siccome non avevano aggiunto nessun tipo di sale o spezia, l’accostamento con il branzino, è risultato perfettamente equilibrato e con un intenso prolungamento dei sapori, tra la forza dell’olio e la delicatezza della carne del pesce.
Di ritorno dall’Olanda, ho capito che far conoscere bene questo prodotto di nicchia in Italia, dobbiamo noi comunicatori passare dagli altri Paesi del mondo: un po’ come è successo per la moda, per il manifatturiero in generale e per le nostre eccellenze. Prima riusciremo a far capire al consumatore che l’olio vero delle aziende serie non ha niente a che fare con gli oli che negli scaffali costano pochi euro al litro, magari trovando un altro nome e prima il consumatore sarà felice di acquistare olio profumati, persistenti e salutari, che esalteranno gli ingredienti e i piatti della loro tradizione culinaria. �� cod 97119
da preservare e valorizzare
di
provenienti da tutto il mondo, ha preso parte a una lezione sulla cultura dell’olio extravergine
Il termine sostenibilità, anche in Italia, sta diventando sempre più importante e nel comparto caffeicolo la salute economica, ambientale e sociale è diventata un aspetto fondamentale.
Perché è importante parlare di sostenibilità nel mondo del caffè? Ne sentiamo parlare ovunque e in qualsiasi ambito: il termine “sostenibilità” sta diventando sempre più importante e anche nel comparto caffeicolo la salute economica, ambientale e sociale è diventata, o meglio è da sempre, un aspetto fondamentale. Per Marco Bazzara, sensory project manager e academy director della Bazzara Academy, scuola di formazione dell’omonima torrefazione triestina: «Fortunatamente anche in Italia, questa nuova sensibilità sta prendendo sempre più campo grazie ai caffè certificati Utz, Rainforest, Fairtrade,
ma anche attraverso dei programmi dedicati».
«Tra questi ricordiamo il gruppo Volcafe - prosegue Bazzara - che ha un programma, in tutti i Paesi d’origi ne, che è volto non solo alla sosteni bilità e all’ottimizzazione delle risor se nei Paesi produttori, ma anche all’innalzamento della qualità del prodotto, garantendo prezzi migliori al produttore. Credo sia importante comprendere che la diversificazio ne, la diversità e la qualità del pro dotto devono prescindere dalle dina miche finanziarie. Ritengo, sia molto importante, invece, dare sostegno ai produttori premiando la qualità del caffè».
Per Marco Bazzara, academy director della Bazzara Academy: «La sostenibilità è l’elemento collante che caratterizzerà in futuro tutti gli step della filiera del caffè»
Dalla biodiversità allo sfruttamento degli agricoltori che vivono in condi zioni di povertà, dai cambiamenti climatici ai prezzi del prodotto, sono tanti i problemi coinvolti, ecco per ché si tratta di un tema importante che dovrebbe essere trattato per sensibilizzare le aziende, ma anche per creare consumatori più consa pevoli.
Quando si parla di caffè è neces sario soffermarsi sulla consapevo lezza che per produrlo è necessaria una filiera di produzione lunga che spesso vale decine di migliaia di chi lometri tra il luogo di produzione e quello di consumo. La genesi di una tazza di caffè inizia almeno un anno e mezzo prima in una delle tante pic cole piantagioni disseminate nella fascia tropicale del pianeta dove il frutto della pianta impiega dai 9 agli 11 mesi per maturare.
Una filiera così lunga deve garan tire al consumatore di bere una be vanda sostenibile e socialmente reattenzione, un aspetto fondamentale che ha tre dimensioni che devono garantire:
uno sviluppo economico sostenibile (quindi dal punto di vista finanziario);
uno sviluppo sociale (con un progetto sociale che coinvolga la comunità locale);
uno sviluppo che protegga l’ambiente.
Essere sostenibili vuol dire prendersi cura dell’ambiente, redistribuire la ricchezza, dare la possibilità a chi vive in piantagione di poter avere una vita dignitosa» - conclude Marco Bazzara. �� cod 96778 Per informazioni:
www.bazzara.it/formazione/
Julius Meinl, storica torrefazione viennese con cuore produttivo in Italia, ha dato una nuova veste ai suoi iconici prodotti dedicati al mondo dell’Horeca. Un design fresco e moderno, che però conserva l’eredità viennese. Il nuovo packaging è il risultato di un lungo processo di ricerca e sviluppo del design da parte di un team dedicato di coffee expert e di Locanda Design, agenzia di design milanese.
I prodotti di Julius Meinl oggetto di restyling si dividono in due categorie; quelli di ispirazione viennese, caratterizzati da un gusto equilibrato, con note di cioccolato e una morbida acidità; e quelli di ispirazione italiana, con una tostatura più scura e con un profilo di gusto più intenso. Le due linee si declinano graficamente con elementi iconi-
ci e distintivi, riconducibile alle tradizioni dei rispettivi metodi di lavorazione: viennese e italiano. Per la linea di caffè di ispirazione viennese, la storia unica della cultura viennese del caffè viene rappresentata con un riferimento simbolico, l’iconica sedia Thonet, che fa leva sullo spirito dell’ispirazione originale della Wiener Werkstatte - l’impresa di arti applicate, nata proprio a Vienna nel 1903. Tutta l’autenticità e il fascino italiano si esprime sui pack della linea
di ispirazione italiana con la gondola veneziana, come simbolo dell’italianità che rappresenta anche l’importanza dell’Italia nel mondo del caffè e in particolare, Venezia, capoluogo della regione in cui si trova il cuore produttivo dell’azienda e città simbolo per il caffè, proprio come Vienna.
Le linee Super Premium e Premium avranno nella confezione un QR code che consente di accedere alle informazioni sulle iniziative di sostenibilità dell’azienda, tra cui il Julius Meinl Generations Program, un’iniziativa volta a sostenere le famiglie e le comunità locali nel tramandare il know-how del mondo del caffè alle generazioni future. Per il mondo Horeca il marchio di caffè premium Julius Meinl sta lavorando a tre nuove entusiasmanti miscele per la sua linea “The Originals”. Le novità di prodotto svolgeranno un ruolo di primo piano, lavorando fianco a fianco con i clienti che vogliono fare un passo avanti per rendere la sostenibilità un aspetto più significativo della loro gestione aziendale. �� cod 96171
di giovani inattivi. Dati preoccupanti e che sono un campanello d'allarme, anche e soprattutto per l'Horeca. Ciò che serve è un intervento sulla formazione, che deve motivare i giovani e, allo stesso tempo, rispondere alle reali esigenze del mondo del lavoro
La formazione dei giovani deve essere uno dei target principali per migliorare il futuro di ogni nazione. O almeno dovrebbe. Perché in Italia, ormai da decenni, non si è mai viaggiato in questa direzione, non valorizzando e potenziando mai le capacità e l’attitudine di ragazze e ragazzi, soprattutto in ottica lavorativa. E dagli ultimi rapporti che giungono da Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) e da Confartigianato non si vedono assolutamente miglioramenti. Nonostante nel nostro Paese ci sia una grande mancanza di personale in alcuni comparti, in particolare in
quello dell'Horeca, l'Italia è la peggior nazione nel Vecchio Continente per numero di giovani inattivi. Sono, infatti, 1.6 milioni coloro che non hanno ancora trovato (sia per occasione sia per voglia) una posizione lavorativa, quando solo tra ristorazione e turismo servirebbero circa 200-300mila persone da impegare.
Purtroppo, da anni, in particolare negli istituti alberghieri, per esempio, non è stato ancora cambiato il patto sociale ossia il divario che c'è tra scuola e mondo del lavoro. E que-
sto, come aveva annunciato lo scorso anno Matteo Scibilia (chef del Piazza della Repubblica di Milano e vicepresidente di Confcommercio Vimercate) è incredibile e inaccettabile. Un istituto alberghiero dovrebbe funzionare in modo diverso: deve diventare un vero e proprio ponte tra istruzione e mondo del lavoro con strumenti nuovi e all'avanguardia. Oggi questo non c'è: la scuola alberghiera e molte scuole professionali sono allo sbando. E tutto ciò, poi, si ripercuote qualche anno dopo sul mondo “dei grandi”.
Basti pensare che nel 2022, l'Italia è stato Paese con il più alto numero di giovani tra 25 e 34 anni che non si sono offerti sul mercato del lavoro: ben 1.568.000. Per valore assoluto di giovani inattivi siamo quindi al primo posto nell'Ue,
Il nostro Paese, come riportato da Inapp e Confartigianato, è il peggiore nell'Unione Europea per numero
con un tasso di inattività del 25,4%, rispetto alla media europea del 15%. La Germania registra il 13,9%, la Spagna il 13,7% e la Francia il 12,7%. È un fenomeno peggiorato visto che il tasso di inattività dei giovani italiani è aumentato di 3,4 punti rispetto al 21,9% registrato nel 2004. Numeri che si verificano in particolare, come dichiarato da Confartigianato in occasione della convention annuale dei Giovani Imprenditori a Roma, nelle zone meridionali d’Italia (Molise, Sardegna, Calabria, Sicilia e Basilicata), dove sono offerte condizioni peggiori per lavorare e per fare impresa. In testa, invece, c’è la Lombardia, seguita da Piemonte, Veneto, EmiliaRomagna e Trentino-Alto Adige.
Sul tema è intervenuto anche
Paolo Andreani, segretario generale della Uiltucs (sindacato di cate-
goria della Uil che rappresenta i lavoratori del terziario, turismo, commercio e servizi), che ha dichiarato: «I numeri dicono che la media delle retribuzioni nel comparto turistico si attesta tra gli 8 e i 9mila euro all’anno: con una retribuzione di questo tipo non si può mettere su famiglia. Quindi abbiamo da tempo sottolineato al governo l’importanza di avere la detassazione degli aumenti contrattuali, ma non ci siamo riusciti. Abbiamo avuto un piccolo risultato col taglio del cuneo fiscale. Con le imprese ci stiamo confrontando per aumentare i salari e fare un’operazione importante, anche contrattuale, sulla formazione, per qualificare l’attività lavorativa. Si dice che si trovino pochi lavoratori, ma è vero anche che con salari bassi, i lavoratori non andranno a lavorare. Pensiamo che il salario minimo possa essere una soluzione, se si intende il minimo contrattuale».
La scuola dovrebbe essere uno dei “bacini” da cui attingere per trovare quelle figure professionali giovani e necessarie alle imprese, ma se ciò non avviene, specie in tempo di crisi generale e occupazionale, allora la tenuta dell’apparato “scuola-lavoro” entra in crisi. E come sottolineava, già lo scorso autunno, anche Rocco Pozzulo, presidente di Fic - Federazione italiana cuochi: «Sono quanto mai necessarie misure straordinarie e coraggiose, come quella ipotizzata da noi, Federazione italiana cuochi, relativa all’introduzione anche nelle piccole aziende ristorative del doppio turno, con agevolazioni fiscali per coloro che ne usufruiscono. La nostra associazione si sta attivando
sempre più verso le scuole e i giovani con attività mirate, per infondere in loro passione e la giusta dedizione, in un mestiere che per quanto possa essere pesante e pieno di sacrifici è il lavoro più bello del mondo! Ma deve essere giustamente e correttamente retribuito e riconosciuto nel suo valore, facendone un’attività lavorativa che non penalizzi gli affetti, il proprio tempo libero e i rapporti sociali».
La formazione giovanile nel comparto Turismo, negli ultimi anni, ha sofferto e ha visto un notevole calo d’interesse da parte delle nuove generazioni. Il personale c’è, ma non ha la formazione giusta per far crescere un futuro professionista. E come sottolineava, già nei numeri scorsi della rivista, anche Angelo Musolino, presidente di Conpait: «Serve anche l'impegno, oltre che la volontà, di chi guida le istituzioni scolastiche. Non si perda altro tempo; si creino ancora opportunità e condivisione. Se, ad esempio, i docenti degli alberghieri continuano a riscontrare difficoltà con i ragazzi si chieda aiuto alle associazioni di riferimento come la nostra. Siamo pronti, come sempre, e aperti a collaborare per le nuove generazioni. Chi vuole diventare pasticcere, per esempio, oltre alla pratica nei laboratori e alle esperienze direttamente nei luoghi di lavoro, deve avere l'istruzione giusta, le basi didattiche quantomeno, la conoscenza dei prodotti ed il loro utilizzo. Se non si parte da questo, il rischio concreto è una non voluta involuzione dell'intera categoria».
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La stagione turistica dell'estate 2023 promette successo, ma gli operatori del comparto Turismo devono affrontare ancora sfide complesse, come l'aumento delle materie prime, i prezzi instabili e la carenza di personale. E oltre ad affrontare tutte queste criticità, devono fare i conti anche con le mutate esigenze dei consumatori
di Massimo Artorige GiubilesiFounder & ceo Giubilesi & Associati
Chairman FCSI Italian Unit
Dopo oltre tre anni, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms-Who), ha ufficialmente dichiarato il 5 maggio scorso la fine dell'emergenza sanitaria globale del Covid-19. Non si parlerà più di pandemia, dunque, ma di un virus che è in grado di causare una malattia che è destinata a rimanere quale patologia conosciuta. L'anno 2023 continua a scorrere a ritmi frenetici verso i nuovi
orizzonti disegnati dalla voglia comune di ripartire e recuperare il tempo e le risorse perdute: tutti i numeri e le previsioni portano il segno positivo di una grande ripresa dell'intero comparto dell'accoglienza, che si aspetta addirittura di superare i risultati degli anni pre-Covid.
Secondo il rapporto "Tourism Forecast 2023" dell'Istituto Demoskopika, si prevede che ci saranno quasi 127 milioni di turisti in Italia nel 2023, con oltre 442 milioni di pernottamenti, con numeri che rappresentano il valore più alto registrato dal 2010 ad oggi.
Ci sono anche segnali di ripresa sul fronte dell'incoming, con quasi 61 milioni di stranieri che dovrebbero scegliere l'Italia per le vacanze, generando ben 215 milioni di prenotazioni, con un flusso economico atteso che sfiora i 90 miliardi di euro (+22,8% rispetto all'anno precedente).
Insomma, se ci fidiamo dei numeri e delle previsioni, la stagione turistica sotto il cielo azzurro della nostra peni-
sola sarà più che brillante e prospera. Sull'onda dell'entusiasmo, che diffonde la buona notizia a macchia d'olio anche grazie ai media, gli operatori del comparto iniziano però a rendersi conto che non tutto ciò che brilla è oro colato e che godere del beneficio del crescente numero dei turisti, ha un rovescio della medaglia alquanto ruvido e fastidioso. Con lo sguardo al cielo, ma con i piedi ben saldati per terra, è chiaro che, per affrontare la stagione a testa alta, soddisfacendo le mutate esigenze e aspettative dei consumatori, sempre più consapevoli del loro potere di regolatori del mercato, sono necessarie diverse risorse, che ahimè scarseggiano con i numeri della bilancia decisamente a segno negativo.
Il difficile reperimento di materie prime, il tunnel della giostra altalenante dei prezzi, oltre alla mancanza di risorse umane (sia a livello direttivo che esecutivo, ndr), rappresentano solo alcune delle nubi all'orizzonte, dipinto per ora in blu, ma a forte rischio di trasformarsi in una tempesta perfetta.
L’ombrellone dei ripari sottoforma di bonus, incentivi e interventi di ristoro, si sta chiudendo, lasciando strada ai progetti Pnrr che evidentemente fanno acqua da più di un buco. E se non ci bastasse questo, tra le onde del mare di guai, ci si mette pure il meteo alternando periodi di siccità e infiniti giorni di pioggia incessante.
Sulla griglia rovente della stagione estiva alle porte, che riempirà le spiagge con persone in cerca di freschezza, il problema che brucerà di più, indubbiamente sarà quello della mancanza di personale. E se in caso venisse a mancare il pane, eufemismo per in-
tendere la carenza di approvvigionamento di qualche prodotto alimentare, gli operatori sapranno arrangiarsi, cambiando offerte e menu e nutrendo le ondate di turisti con la nostra “dieta mediterranea”. Ma ogni sforzo e impegno di raggirare gli ostacoli rimarrà impraticabile se non si trova la forza di braccia e mani sapienti in grado di trasformare il genio imprenditoriale in realtà.
Insomma, qualcuno deve pure remare, altrimenti la barca non va. E su questo punto, secondo me cruciale, nonostante tutto si continua a girare la palla, giocandola a rimbalzo tra datori di lavoro e lavoratori, tirando in mezzo sindacati e politici, prendendo e dando colpi, più bassi che alti, ma meritandosi tutti, nessuno escluso, il cartellino rosso e l'esclusione della partita. Confcommercio lancia l’allarme che mancano all'appello 280mila lavoratori a giochi già iniziati, dicesi stagione in corso, così il settore F&H si trova intrappolato e in dovere verso la pioggia di turisti, a ricorrere al riparo con soluzioni provvisorie e spesso improvvisate che non gioveranno di sicuro a mantenere l’immagine di un paese “open to meraviglia”.
Le problematiche attuali che affronta il comparto Food e Hotel non sono causate esclusivamente dai singoli eventi emergenziali, ma sono frutto di un periodo, fin troppo lungo, durante il quale si è andati avanti a tentoni, senza un piano preciso per il futuro. Per fortuna, abbiamo ancora il salvagente delle eccellenze italiane, le tradizioni e la cultura enogastronomica che con le sue unicità ci hanno tenuto a galla anche negli ultimi anni, ma a forza di stare aggrappati e di lasciarsi trainare dai successi dei nostri predecessori, stiamo perdendo le capacità di mettere in moto i cambiamenti necessari e costruire qualcosa di nuovo, utile e in sincronia con le esigenze dei nostri tempi. Spero e mi auguro che ci siano e che in futuro ci saranno sempre più imprenditori e operatori del settore F&H che riprenderanno il timone delle proprie attività, lasciandosi alle spalle gli errori del passato e guidando l'intero reparto con responsabilità e lungimiranza, affinché si riprenda la rotta giusta che porta verso l'obiettivo comune che non può che essere prosperità e benessere per tutti.
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Per informazioni:
www.giubilesiassociati.com
Sono sempre di più le persone che decidono di pranzare o cenare in hotel, utilizzando il ristorante della struttura, indipendentemente dal fatto che siano ospiti dell'albergo. Una tendenza che si sta verificando anche in Italia, come annunciato a Tuttofood durante un convegno organizzato da Apci e Manpower (su un campione di 300 intervistati in tutta Italia, nel corso dell'ultimo anno oltre il 50% ha dichiarato di aver cenato o pranzato al ristorante, mentre circa il 17% lo avrebbe fatto in ben sei diverse strutture).
Dal sondaggio proposto al convegno, realizzato da Osservatorio Sonda, è emerso che il 74% degli intervistati
va a pranzare negli hotel della propria città di residenza ancora per occasioni conviviali come banchetti (54,3%) o riunioni di lavoro (45,2%), ma ben il 51,1% dichiara di pranzare o cenare in un hotel durante il fine settimana con la famiglia o amici.
Di conseguenza, per chi fa dell'accoglienza il proprio business, valorizzare il ristorante in seno a un hotel è diventato oggi un obiettivo prioritario. Lo sa bene Giacomo Pini, imprenditore, Ceo e fondatore di GpStudios, azienda di consulenza e formazione in ambito ristorazione e turismo, nonché autore dei fortunati libri "Risto Boom. Crea il successo del tuo locale", "L’Arte del Breakfast" e "Il marketing territoriale dell'Italia che non ti aspetti. Come vendere i luoghi magici fuori dai circu-
iti turistici commerciali”, che insieme al suo staff ha calcolato che in diverse tipologie di strutture ricettive, dall’albergo stagionale al mare agli hotel in città e alle grandi catene, i ristoranti possono avere un’incidenza sul fatturato complessivo che varia dal 25% al 40%, con alcune punte di massima che toccano il 75%. Ma per raggiungere queste performance sono necessari investimenti mirati e la messa in pratica di una serie di buone pratiche gestionali e lavorative.
Per Pini c'è una differenza principale tra gestire un semplice ristorante ed essere alle redini di un locale abbinato
a una struttura alberghiera. «Il primo lavora per “se stesso”, mentre il secondo fa parte di un business più ampio, quello appunto della struttura ricettiva - ha spiegato Pini - Il che significa che gioca un importante ruolo nella buona riuscita dell’attività nel suo complesso, sia dal lato economico, sia dal lato reputazionale. Da sempre la tendenza ha visto la ristorazione alberghiera come una macchina pesante piena di costi e povera di ricavi, mentre oggi è a tutti gli effetti una leva di marketing».
Per Pini ci sono ampi margini di guadagno se si riesce a gestire al meglio il ristorante che si trova all'interno di un albergo. «Lasciamo che siano i numeri a parlare - ha ripreso il fondatore di GpStudios - Valutando le performance dei comparti F&B in diverse tipologie di strutture ricettive, dall’albergo stagionale al mare agli hotel in città e alle grandi catene, abbiamo un’incidenza sul fatturato complessivo che varia dal 25% al 40%, con alcune punte di massima che toccano il 75% grazie a un lavoro eccellente con il bar in ab-
binata al classico ristorante e al servizio in camera. Oltre al lato economico, poi, è rilevante anche il valore percepito dal cliente. L’esperienza culinaria all’interno di una struttura ricettiva trova la sua massima espressione nel raccontare e far vivere agli ospiti la genuinità e l’autenticità di un territorio attraverso le sue eccellenze enogastronomiche, i prodotti tipici, le lavorazioni della tradizione. Perfettamente in linea con ciò che i viaggiatori oggi ricercano.
E come se questo non bastasse, l’esperienza legata alla ristorazione alberghiera è capace di influenzare l’opinione generale dell’intero soggiorno. “Ho dormito molto bene, ma a colazione ho dovuto aspettare mezz’ora per il mio cappuccino e dopo la prima cena mi sono pentito di aver acquistato il pacchetto con la mezza pensione” è un pensiero comune ai più, purtroppo. C’è tanto da lavorare sul fronte della ristorazione alberghiera, ma le ultime evoluzioni fanno presagire bene e presentano un grande
spazio di crescita. In questi termini, il settore sta crescendo applicando diverse formule: infatti, c’è sempre da considerare la differenza tra due tipologie macro: il ristorante in hotel e il ristorante dell’hotel».
Per Pini esistono differenze sostanziali tra un ristorante d'hotel e il ristorante in hotel. La differenza sostanziale è nella formulazione del concept e del brand - ha spiegato il fondatore di GpStudios - Il ristorante d’hotel è costituito dal reparto F&B della struttura che può assumere diverse declinazioni a seconda della formula scelta, dalle classiche mezze pensioni al buffet fino al bar della piscina e al bistrot connesso. Queste, però, sono identità “no name”. Invece, il ristorante in hotel potrebbe avere un marchio e un’identità differente da quella dell’hotel stesso, anche se il più delle volte rimane comunque in linea a livello di target e personalità, proprio per non confondere il cliente e piuttosto sfruttare i benefici derivanti dalla sinergia tra le due attività. Il ristorante in hotel, quindi, è solitamente preso in gestione da uno chef o un F&B manager esterno».
F&B in hotel?
Per Pini per rilanciare un'attività è sempre bene promuoverla attraverso i necessari canali mediatici. «Interessante in questo senso potrebbe essere valutare anche l’apertura del ristorante alla clientela esterna - ha ripreso il fondatore di GpStudios - andando ad attirare non solo i propri ospiti, ma anche quelli della concorrenza, così come la popolazione locale e di prossimità. Questo potrebbe portare un nuovo flusso di entrate da non sottovalutare». �� cod 96638
Sono stati designati due nuovi rappresentanti regionali per Euro-Toques in Liguria e in Toscana.
Il nuovo delegato regionale per la Liguria è lo chef Giorgio Servetto, mentre per la Toscana arriva la riconferma della chef Silvia Baracchi
La presentazione di Giorgio Servetto si è svolta presso il ristorante Vignamare di Andora (Savona), mentre Silvia Baracchi è stata nominata nel suo ristorante Il Falconiere a Cortona (Arezzo).
Giorgio Servetto è direttore creativo della ristorazione del gruppo Peq Agri, azienda agricola fondata nel 2019. L'ufficialità del nuovo incarico è arrivata durante un evento svoltosi ad Andora, in provincia di Savona, dove si trova Cascina Praié, fulcro del progetto Peq Agri, e il ristorante Vignamare dello chef Servetto, stella verde (la stella che viene assegnata ai ristoranti particolarmente impe-
gnati nella cucina sostenibile e nella prevenzione degli sprechi, obiettivi da sempre promossi anche da EuroToques) nella Guida Michelin, unica della Liguria.
L'appuntamento si inserisce in un più ampio progetto promosso da Euro-Toques che prevede che ogni mese, nelle cucine di alcuni delegati regionali, vengano organizzati incontri gastronomici, in cui si promuove la cucina regionale nelle sue diverse declinazioni e si valorizzano i prodotti del singolo territorio. Questa
volta è toccato alla Liguria, alla presenza del presidente Enrico Derflinger e del suo vice Filippo Sinisgalli, oltre che di diversi membri regionali dell'associazione.
Il menu è stato, quindi, un saggio delle eccellenze gastronomiche liguri e del lavoro di Peq Agri, impegnata a valorizzare i prodotti del territorio e le sue tradizioni gastronomiche. Su tutti, Sgombro e piselli (sgombro confittato alle erbe aromatiche, crema di piselli, piselli sbianchiti, gel di limone rosso, fondo di prosciutto affumicato) e il dessert, Limone e basilico (cremoso al limone e ba silico, gel di limone, Pasticcera alla vaniglia, crumble di mandorle). Ad accompagnare il pasto, SciurbíPraié - Granaccia Doc Riviera Ligure di Cervoclassico, Vignamare - LupiSpumante Extra Brut metodo Classi co, Braje Sciac-trà - Lupi - Ormeasco di Pornassio Doc e Andalora - Praié - Spumante Brut metodo Martinotti.
«Ottimi vini del territorio, fatti da piccoli produttori che lavorano però a un livello altissimo - ha sottoline ato Derflingher. Conosco Giorgio da
sempre, è una persona modesta e pacata, un grande lavoratore che ci ha fatto ancora una volta assaggiare piatti eccezionali. L'intero progetto che ha deciso di sposare è tanto ambizioso quanto bello». �� cod 96809
La Lady Chef e patron del ristorante Il Falconiere di Cortona (Ar), Silvia Baracchi, una stella Michelin, è sta-
ta riconfermata alla guida regionale dell'associazione europea dei cuochi, Euro-Toques Italia.
L'ufficialità della nomina a Silvia Baracchi è arrivata durante la serata gourmet tenuta nella sua suggestiva location nel cuore della Valdichiana, alla presenza del presidente di Euro Toques Italia Enrico Derflingher, del suo vice Filippo Sinisgalli, di alcuni membri dell'associazione e di Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola. Il menu della serata: Fiori di zucca ripieni di melanzana, capperi e cioccolato bianco con burrata e menta a cura di Silvia Baracchi accompagnati da Champagne Blason Vert Brut - J.H. Quenardel; Risotto “Regina Vittoria” a cura di Enrico Derflingher accompagnato da Champagne Cuvée Blanc de Noirs - J.H. Quenardel; Rosatenero di Chianina al peposo, patate in varie consistenze e colori accompagnato da Ardito 2018 di Baracchi Winery e per chiudere “Crema di latte” lampone e gelato al cioccolato rosa di Marinella Paoloni, pastry chef de Il Falconiere, mentre nel bicchiere è stato versato il Vinsanto 2016 di Baracchi Winery.
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Il ciuppin ligure del cuoco Giuseppe Bizioli del Ristorante Ö Vittorio di Recco (Ge) ha trionfato nella Gara nazionale dei brodetti e delle zuppe di pesce
BrodettoFest, l'evento culinario organizzato da Confesercenti Pesaro e Urbino, ha concluso la sua edizione lo scorso 4 giugno con un'enorme partecipazione di pubblico. Questa edizione unica e senza precedenti ha confermato il successo del format, che unisce cultura, spettacoli e sostenibilità, mettendo in risalto la deliziosa zuppa di pesce italiana.
BrodettoFest si conferma un evento di grande importanza per la valorizzazione della tradizione enogastronomica locale, attirando sempre più interesse e partecipazione.
Il ciuppin ligure di Giuseppe Bizioli del Ristorante Ö Vittorio di Recco (Ge)
La spettacolare Gara nazionale dei brodetti e delle zuppe di pesce si è conclusa con un'affascinante sfida che ha visto il trionfo del ciuppin ligure: ad aggiudicarsi il primo posto è stato il cuoco bergamasco Giuseppe Bizioli del Ristorante Ö Vittorio di Recco, in Liguria. La vittoria è stata decretata dalla giuria popolare e dalla giuria di settore composta da Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola, Luciano Pignataro, giornalista, scrittore e esperto di gastronomia, Paolo Marchi, ideatore e curatore di Identità Golose e il cuoco Carmelo Carnevale
Un successo travolgente di pubblico
Alcuni numeri del successo: 10 mila brodetti serviti nel circuito ristoranti, 3 mila brodetti nella grande cucina dei pescatori, 500 kg di vongole sgusciate, sold out al Palabrodetto, cuore dell’evento, coordinato dagli chef dell’Apci guidati da Antonio Bedini e Otello Renzi, con la partecipazione dello chef stellato Giuseppe Mancino (2 stelle Michelin) del Ristorante Il Piccolo Principe di Viareggio, nel gotha degli chef italiani e internazionali e con Francesca Marsetti, chef a domicilio e seguita nel programma di Antonella Clerici su Rai Uno con Giorgione (Giorgio Barchiesi), oltre 200 bambini nello spazio dedicato di Brodetto&Kids e 300 persone agli appuntamenti alla scoperta dei vini marchigiani di Brodetto&Wine, in collaborazione con l’Istituto Marchigiano di Tutela.
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ARionero in Vulture, in provincia di Potenza, nel 2012
il giovane pizzaiolo Antonello Scatorchia, supportato dai genitori, gestori fino a qualche anno fa di una rinomata pasticceria e caffetteria del paese, decide di aprire un locale nuovo. Che esce dagli schemi della tradizionale pizzeria e si fonde con il mondo della moda, concentrandosi da subito su di un particolare tipo di pizza, la Verace Pizza Napoletana, unendo un design e uno stile moderno e fashion con un’antica tradizione classica campana.
In zona, infatti, le altre pizzerie producono un tipo di pizza “alla lucana”, con cornicioni non pronunciati e un impasto turgido. Antonello ci confessa che, insieme a papà Gerardo,
sin da bambino andava in giro per Napoli e in Campania a ricercare le migliori pizze.
A onor del vero, la nonna paterna Antonietta, aveva un bel forno a legna sul terrazzo di casa e sfornava pane e focaccia per la famiglia e il vicinato. Quindi, nel Dna di Antonello, era già scritto che da grande avrebbe fatto il pizzaiolo. Ha avuto come maestro e guida un pizzaiolo scomparso prematuramente, Marco Torino.
È lui che ha trasmesso ad Antonello la passione verso le farine, i lieviti, gli impasti e le materie prime. Antonello è da sempre alla ricerca dell’impasto perfetto. Per il suo impasto diretto utilizza un blend di farina tipo 0 e tipo 1 con germe di grano macinato a pietra e altamente idratato (circa l’80%) con 48 ore di maturazione per renderlo molto più digeribile e leggero e per mantenere l’elasticità dell’impasto. �� cod 96627
Da bambino cosa sognavi di diventare?
Il pilota
Il primo sapore che ti ricordi.
La pizza
Qual è il senso più importante?
Il gusto, al secondo posto l'olfatto
Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato.
La marinara reverse con emulsione di aglio nero
Come hai speso il primo stipendio? Per “l'elaborazione” del mio scooter
I tre piatti da provare almeno una volta nella vita.
Tutti, di qualsiasi territorio e tradizione
Cosa non manca mai nel frigo di casa tua?
Le olive in salamoia
Qual è il tuo cibo consolatorio?
Non ho cibi consolatori, però, preferisco il salato al dolce
Che rapporto hai con le tecnologie?
Sono un amante della tecnologia
All’Inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale?
Con tutte quelle fiamme? La pizza. Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?
Francesco Martucci. In modo da ricevere consigli e commenti. Quale quadro o artista rappresenta meglio la tua cucina?
Tutte le opere di Jackson Pollock
Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe?
““Fatte 'na pizza” di Pino Daniele
C’
è da dire che il suo motto, #SaddaSapèFà, che in soldoni significa “se devi farlo, fallo bene; se no, lascia stare”, Errico Porzio l’ha proprio onorato. Sì, perché questo pizzaiolo-imprenditore guida un impero della pizza che parte dal quartiere Soccavo di Napoli per espandersi a macchia d’olio tra la città e la regione (due insegne a Soccavo e poi Vomero, Lungomare Partenope, Aversa, Pozzuoli, Salerno).
«Nel 2021 abbiamo aperto a Roma, in giugno a Formia e in settembre sarà la volta di Nola - spiega - Queste le pizzerie classiche, a cui vanno aggiunte a Napoli le due da asporto e le dieci, di cui sette in franchising e altre tre in arrivo, con il marchio “Porzio… ni di pizza”. Formula al taglio. Per questo format abbiamo inaugurato un laboratorio per centralizzare e regolare a modello la produzione».
Errico Porzio, oggi 47 anni, ha iniziato a lavorare a 13 sotto la guida dello zio Mario Pellone. A 17 inizia a spiccare il volo con una stagione estiva in Calabria e poi quattro anni di fila a Posillipo dove struttura la professione. Nel 2000, ventiquattrenne, investe tutti i risparmi in una micropizzeria di 25 metri quadri nel suo quartiere, Soccavo. E dà il via alle danze. «La pizzeria Lampo faceva consegne a domicilio - racconta - I primi 4-5 mesi sono stati durissimi, ma con la tenacia e l’impegno ho tenuto duro. In prima linea, non più alle dipendenze di qualcuno, è stato molto stressante. Ma la formula è decollata. Nel 2012 ho aggiunto la sala, anche sotto la
Un'insegna dietro l’altra tra Campania e Lazio. Pizzerie classiche, asporto, al taglio. Il successo delle Pizze Social. Ogni locale consuma 30 sacchi da 25 kg di farina Mulino Caputo alla settimana
pressione della clientela, ed è stato un vero boom».
Oggi Errico Porzio è responsabile di 357 persone e solo per la classica napoletana ogni locale sforna 3.500 pizze a settimana. Uno standard che all’edizione 2022 di Napoli Pizza Village ha permesso alla sua insegna di servire 7mila pizze in dieci giorni, di fatto doppiando la produzione del secondo classificato.
Del resto la sua carta è ricchissima: pizze classiche, stagionali, fritte, vegane, speciali. E poi le Pizze Social. «L’idea è quella del giropizza, ma individuale - spiega - Una tonda con massimo quattro gusti». Ecco allora la Spakkanapoli, composta da Montanara classica, pizza fritta, Margherita Dop e Saporita o la Ke Pizza con cornicione ripieno di cervellatina intera, al centro metà friarielli e provola e metà patate al forno e fior di latte.
Ricomincio da 3: un gusto per scudet to con un colore dominante. I colori? Bianco, rosso e verde, naturalmente».
Le pizze firmate Errico Porzio prevedono un impasto idratato al 70% con una lievitazione che va dalle 30 alle
pasto su misura: un blend di Tipo 1, Pizzeria e Saccorosso. «Ogni nostro locale - puntualizza - ogni settimana consuma 30 sacchi da 25 chilogram mi». #SaddaSapèFà, appunto.
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Pizzeria Errico Porzio
�� 081 2412142
Francesca Tagliabue per conto di AMPI
Un centro storico che nel 1980 è stato riconosciuto Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco: uno dei posti da visitare almeno una volta nella vita. Questa è Roma. La cinematografia italiana e internazionale l’ha immortalata più e più volte per il fascino e la vitalità che sprigiona da secoli. Le vie del centro mondano di Roma si snodano tra i maestosi palaz-
zi della Città Eterna, affollate da grandi alberghi e caffè all’aperto frequentati, negli anni ’60, da stelle del cinema e da indiscreti paparazzi che hanno portato la città sul palcoscenico mondiale.
Dalla celebrata via Vittorio Veneto, simbolo internazionale della “dolce vita”, si raggiungono Palazzo Barberini con una delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica dove ammirare opere di Raffaello, Andrea del Sarto, Tintoretto, Tiziano, Bronzino, El greco. Accanto, c’è Piazza Barberini, con
Regalare felicità e dolcezza è il suo mantra:
il maestro AMPI Fabrizio Fiorani conquista con la creatività e l’eccellenza delle sue proposte, giocando a sperimentare per coinvolgere cuore, mente e anima con le sue creazioni
la splendida Fontana del Tritone e la più piccola Fontana delle Api, entrambe opere di Gian Lorenzo Bernini. La seconda fu smontata nel 1865, per poi essere ricostruita; oggi la valva superiore della sua conchiglia si trova all’angolo tra Piazza Barberini e Via Vittorio Veneto
Da questa via sale la gradinata che porta in Via Liguria, una volta parte del meraviglioso giardino di Villa Ludovisi e oggi fiancheggiata da imponenti palazzi. Siamo nel quartiere più lussuoso di Roma Capitale d’Italia, sede di villini signorili e palazzi nobiliari, negozi super-chic, caffè e ristoranti alla moda per l’alta borghesia e l’aristocrazia. Da qui si raggiungono grandi alberghi di prima categoria e W Rome, boutique hotel di lusso e design dove il Maestro
AMPI Fabrizio Fiorani, maître pasticciere di fama internazionale - ritornato nella sua città natale dopo un’intensa esperienza di 5 anni in Giappone per l’hotellerie firmata Bulgari - apre il suo primo spazio dedicato, Zucchero X Fabrizio Fiorani, una vetrina allegra e colorata aperta anche al pubblico di transito. Partner di W Rome Hotel, quindi, ma anche consulente di tanti eventi importanti, tra cui una ambassadorship per Bmw, e una collaborazione continuativa con lo chef Ciccio Sultano, due stelle Michelin.
Estremamente contemporaneo nella sua eleganza e nella sua offerta, il negozio Zucchero X Fabrizio Fiorani attira sia la clientela locale sia quella internazionale, anche se per il Maestro non esiste più questa differenza: «Il local non esiste più. C’è solo la clientela, che richiede una qualità estremamente alta, degli ingredienti come del prodotto finale, senza badare tanto al portafoglio - e la sa riconoscere».
top, una super squadra preparata ed efficiente che è fondamentale, tanta creatività - prosegue Fiorani - Biscotti, cioccolato in purezza, cremini. Abbiamo una macchina che eroga gelato soft, preparato con solo quattro ingredienti; un kit per cannolo siciliano, che puoi preparare a casa; una selezione di monoporzioni sempre freschissime».
«Ogni sei ore cambiamo i prodottispiega Fiorani - non utilizziamo complicati espedienti tecnologici per la conservazione, il concetto che sposiamo è che quando un prodotto è finito,
un e-shop. Se il prodotto è finito, vuol dire che è il momento di provare qualcos’altro o di tornare».
Fabrizio Fiorani crede nei momenti di felicità, da regalare e da regalarsi: «Lo prova il fatto che abbiamo un picco di clientela il lunedì pomeriggio, giornata “difficile” per antonomasia e che vede, invece, arrivare in negozio tanti clienti che cercano una coccola extra, un momento di dolcezza. Il lunedì è giorno di punta, per noi» sorride.
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anche se l’anno successivo si permette tre mesi di Erasmus in Inghilterra a Covent Garden, Londra, al RossodiSera. Una bella esperienza che l’ha formata sulla importanza della cerimonia accoglienza.
In itinere, alla ricerca di giovani talenti, oggi sostiamo nelle Marche per scrivere di Barbara Brasca. Marchigiana di origini e, come per molti conterranei, nomade di vocazione. Nasce e abita a Civitanova Marche (Mc), ha soli 21 anni ed è già conscia che il suo futuro sarà dietro un banco bar a professare la sua passione. Barbara ha capito di sentirsi adatta al lavoro al bar, dopo aver fatto diverse esperienze durante gli stage formativi. Il primo in Puglia in un beach resort, Le Cale d'Otranto (Le). Non si fa mancare il mare Barbara
Poi con l'arrivo del Covid, per Barbara sfuma il sogno di raggiungere i Caraibi dopo la maturità. Va in Sardegna per la stagione estiva e si trova a lavorare al resort Valle dell’Erica a Santa Teresa di Gallura (Ss) con dei grandi professionisti come Irene Deiara, il consorte Ernesto Molteni (past-president Abi Professional) e Silvano Evangelista (vice presidente Abi Professional). Lavorarando a stretto contatto con loro, il fuoco della passione per Barbara divampa e cosi inizia il suo vero percorso professionale. Al resort Valle dell’Erica. Ancora oggi in estate troviamo Barbara alla Valle dell’Erica, mentre in inverno la sua prima stagione lavora a Le Massif Hotel di Courmayeur (Ao) con Bernardo Ferro, attuale pre sidente Abi Professional, mentre l’in verno successivo continua la colla borazione con Irene Deiara e Ernesto Molteni a Cervinia (Ao) all’Hotel Excelsior Planet.
«Vedere i veri professionisti lavo rare con dedizione e passione ti fa capire che il percorso è si arduo, ma piacevole. Imparare significa capire quanta emozione ti dà preparare e servire una bevanda, anche sempli ce, ma che soddisfi il cliente» - cosi dice Barbara che aggiunge - «oggi
vedo sui diversi social coetanei che si spacciano per super barman, ma che non hanno nemmeno una briciola di competenza e professionalità dei grandi professionisti». E continua: «Chissà se i loro drink sono almeno bevibili? Oltre all’immagine, un grande professionista, deve mettere la sostanza e la passione, non basta sbalordire con effetti speciali». Barbara si è appena iscritta ad Abi Professional e ci confessa che la scelta non è stata solo una conseguenza delle figure che ha incontrato al lavoro, ma anche «dell’idea ponderata che per formare un grande professionista ci vuole una grande associazione e Abi Professional al momento mi ha mostrato di esserlo. Nelle associazioni trovi professionisti appassionati che ti sostengono e con le loro conoscenze ti aiutato a formare la tua carriera. Ai giovani dico che occorre studiare e praticare il lavoro assiduamente perché è si un sacrificio, ma è anche ricco di tante piacevoli soddisfazioni». �� cod 96633
• 25 ml Anice Varnelli;
• 15 ml Sciroppo di zucchero;
• 40 ml Caffè Espresso Vergnano;
• 20 ml Crema di latte
l mondo del bartending, sempre alla ricerca di nuovi ingredienti e distillati da proporre nei bar più eleganti e trendy e nei cocktail bar degli hotel più esclusivi, sta forse trascurando quello che in futuro potrebbe diventare un importante prodotto da avere in bottigliera, in virtù dei futuri aumenti dei flussi di turisti asiatici verso l’Europa e in particolare, spero, verso il nostro Paese. Vorrei presentare un distillato ancora
poco noto agli amici e colleghi barman, che arriva proprio dalla Cina, un paese che benché tanto se ne parli è ancora sconosciuto dal punto di vista enogastronomico, parliamo di Moutai.
Il liquore Moutai, deve il suo nome all’omonima cittadina situata nel distretto di Renhuai, nella provincia di Guinzhou, nella Cina Sud Occidentale e, assieme al Whisky scozzese, al Cognac francese, al Tequila messicano
e alla Grappa italiana, è considerato tra i più importanti liquori distillati al mondo. In Cina è spesso definito con la prestigiosa onorificenza “Spirit of China” ed è consacrato da una ricca e lunga storia: già nel 135 a.C. un liquore prodotto nella città di Moutai fu elogiato dall’imperatore della dinastia Han, che lo definì come il nettare più delizioso. Il liquore si sviluppò attraverso varie dinastie, dalla Han e Quin attraverso le dinastie Tang e Song, raggiungendo il suo apice con le dinastie Qing e Ming, tanto che ancora ai giorni nostri viene utilizzato lo stesso metodo produttivo di allora.
È però del XX secolo l’esplosione della sua fama, quando nel 1915 vinse la medaglia d’oro al “Panama e Pa cific International Exposition di San Francisco, grazie al suo aroma e alla sua eccellente qualità. Dal 1949 Mou tai è stato eletto il liquore ufficiale di ogni cerimonia diplomatica, voluto dall’allora presidente Zhou Enlai, e da lì a poco dopo divenne il liquore uffi ciale di stato per tutte le ambasciate Cinesi del mondo. L’ultimo riconosci mento a livello mondiale è stato del 2012, quando ha ricevuto la medaglia d’oro alla “World Spirit Awards”.
Il Moutai è un liquore distillato, pro dotto con sorgo, frumento e acqua, proveniente dal fiume Chishui: tutti gli ingredienti sono rigorosamente di provenienza locale. Dopo varie fer mentazioni, che avvengono in vasche fatte di una particolare terra rossa che proviene dalla stessa regione e che contribuisce a caratterizzare il suo particolare aroma, le distillazioni sono lunghe e complesse e vengono ripetute fino a 8 volte, garantendo
la purezza assoluta del distillato, a seguito di accurate miscelazioni dei
ria qualità, Moutai è stato insignito di numerosi riconoscimenti, tra i quali le denominazioni “Organic Food”, “Green Food” “Protected Geographical Indication Food” e “China Intangible
Nel 1993 è stata fondata la nuova società Guinzhou Moutai Chiew I/E, consociata di Kweichow Moutai, società con una particolare filosofia d’impresa: “Leale, corretto e reciproco beneficio, soddisfando il cliente con onore e prestigio attraverso un servizio di prima classe”. L’obiettivo è quello di incrementare e sviluppare l’esportazione di Moutai, aiutando il management dei mercati esteri a sviluppare canali di distribuzione e promozione. L’interesse societario mira a far conoscere e apprezzare Moutai nei mercati di Asia, Europa, America, Australia e Sud Africa e nei principali duty-free shops internazionali di tutto il mondo. In Italia Moutai è distribuito da Otto Otto Baijiu di Gavardo (Bs).
Le proprietà organolettiche del Moutai sono assai complesse: si presenta trasparente, con aroma deciso e intenso, che si sprigiona appena si apre la bottiglia. Si avvertono note di cereali ammorbidite da un leggero profumo di riso, salsa di soia e lievito, arricchite da note di cioccolato e frutta. Il gusto è complesso ed equilibrato, nonostante l’alta gradazione alcolica. Moutai va bevuto durante il pasto, negli appositi bicchierini che, secondo la tradizione cinese, servono per fare “Gan Bei” brindisi tutti d’un fiato da fare durante le cene ufficiali. �� cod 96862
Soltanto in Italia sono più di 200mila le persone affette da celiachia, numeri importanti che impongono alle strutture ricettive un’attenzione particolare per garantire una proposta adatta alle esigenze di tutti.
Le strutture per far fronte alle sempre maggiori richieste scelgono di produrre internamente i prodotti gluten free o di affidarsi ad aziende specializzate
Colazione e celiachia. Per capire di cosa stiamo parlando e dell’importanza dell’argomento è utile, senza dubbio, partire dai numeri. In Italia gli ultimi dati disponibili parlano di 233.147 persone affette da celiachia diagnosticata, mentre la stima parla di addirittura circa 400mila persone celiache che non hanno, però, ancora ricevuto la diagnosi.
Il fenomeno è ancora più rilevante se osserviamo i numeri della “gluten sensitivity”, patologia che secondo gli studiosi colpirebbe ben 3 milioni di persone in Italia, o l’intolleranza al lattosio, fenomeno che, secondo il Rapporto Eurispes 2017, riguarda ben oltre 4 milioni di persone nel nostro Paese. Insomma, cifre notevoli che dimostrano come bar e hotel non possano fare a meno di prestare attenzione, nella loro proposta, al mondo gluten free e in generale a quello delle intolleranze.
I numeri, in costante crescita, non possono che corrispondere a un co stante aumento dell’attenzione sul tema e, quindi, di richieste in questo senso. Anche perché, chi è affetto da celiachia, non ha particolari alter native, se non quella di seguire una dieta priva di glutine.
Si tratta, di fatto, dell’unica tera pia possibile: gli studi internaziona li più recenti attestano tra il 70 e il 93% la percentuale dei celiaci che si dichiarano soddisfatti, rilevando un miglioramento se non la remis sione dal punto di vista istologico e
la completa risoluzione dei sintomi intestinali.
Se è vero che la domanda è sempre più alta è altrettanto vero che, soprattutto per strutture piccole, è complesso garantire alti standard quando si parla di prodotti gluten free. Per poter garantire la totale assenza di contaminazioni, infatti, esistono regole stringenti che non tutti riescono a mantenere. L’Associazione Italiana Celiachia, in questo senso, ha tracciato un vero e proprio vademecum, che va dal singolo alimento fino alla sua distribuzione, passando per la preparazione e per il servizio. Tra le regole fondamentali, l’utilizzo, per esempio, di superfici di lavorazione a uso esclusivo dei prodotti senza glutine, ma anche un’attenzione massima agli utensili, agli abiti e alle mani, che devono es-
sere costantemente lavati per evitare ogni contaminazione.
Non solo: nel servizio è necessario marcare in maniera evidente i piatti senza glutine, in modo che non si confondano, o, se si parla di colazioni, utilizzare per il caffè d’orzo macchine dedicate. In alternativa si richiede l’utilizzo di braccetti dedicati, chiaramente riconoscibili, oppure dopo ogni preparazione con il caffè d’orzo, che il braccetto sia staccato e sciacquato sotto acqua corrente. Infine, è necessario che il personale sia adeguatamente formato e preparato sul tema. Molte complessità che, alla base, significano una sola cosa: un aumento dei costi che rende complesso, come dicevamo, per bar e hotel più piccoli offrire una proposta adeguata per la prima colazione.
Se i costi sono alti, le alternative sono, essenzialmente, due. La prima è quella di produrre all’inter-
no della struttura tutto il necessario per una colazione senza glutine. A farlo, però, sono soltanto due categorie di alberghi e bar: o quelli di fascia alta o chi ha deciso di specializzarsi nell’accoglienza di persone celiache. Se il primo caso è numericamente ridotto, il secondo è senza dubbio in crescita.
Sono sempre di più, infatti, le strutture gluten free specializzate. Dei veri e propri hotel senza glutine, dove la proposta gastronomica è studiata per essere adatta alle esigenze di tutti e rispetta i dettami a cui abbiamo accennato prima: cucine e laboratori a uso esclusivo per le preparazioni gluten free, formazione del personale, servizio attento a evitare ogni possibile contaminazione e, in alcuni casi, un menu unico, che vale per qualsiasi cliente ed è, quindi, inclusivo al massimo.
La seconda soluzione è, invece, più semplice da gestire, ma non per questo meno gustosa o di minor qualità. Gli hotel e i bar possono, infatti, affidarsi ad aziende che negli anni si sono sempre più specializzate nella produzione di intere linee dedicate ai prodotti senza glutine e che garanti scono, quindi, un’offerta molto ampia per una prima colazione “inclusiva”. Per chi non può preparare nelle pro prie cucine una colazione gluten free, esistono numerosi prodotti pronti che coprono tutte le necessità: si va dal pane, ai cornetti, passando per le mar mellate, i biscotti e le fette biscottate.
Al prodotto in sé si aggiunge un costante studio del packaging e degli espositori, che diventano fondamen tali quando si parla di prima colazio ne a buffet. Il risultato è che, a costi
Per Andrea Greco, consulente, formatore (www.andreagreco.it), titolare dell’omonima realtà aziendale, che produce farine senza glutine e proprietario del Bar Pasticceria Siciliana Senza Glutine e del Ristorante-Pizzeria Il Carrettino a Grosseto, la richiesta di prodotti per la colazione, e non solo, che incontrino le esigenze di celiaci e persone con intolleranze alimentari aumenterà nei prossimi anni in maniera costante.
«Sono nel comparto del senza glutine da quasi 20 anni e sono sicuro che aumenterà ancora la richiesta - spiega Andrea Greco - Anche perché le persone con intolleranze e celiache sono in aumento perché, in questi ultimi anni, c’è molta più attenzione alla salute e si fanno più screening per ricercare questo tipo di patologie. A questo si aggiunge anche il fatto che c'è un aumento di individui che non vogliono mangiare prodotti di origine animale».
Le richieste maggiori? «Tra i prodotti gluten free più richiesti per la colazione - aggiunge Greco - c'è il croissant vuoto e il pane, ma anche qualcosa di fritto piace sempre, come ad esempio la ciambella, il Krapfen o le frittelle».
E quali sono i nuovi orizzonti per la prima colazione? «Stiamo pensando anche a nuovi prodotti per la colazione e non, si tratta di proposte a basso contenuto di carboidrati, low carb - prosegue Greco - Un’altra tendenza che noi uniamo al senza glutine. Oggi è difficilissimo realizzare un prodotto di questo tipo, ma abbiamo i nostri esperti di tecnologie alimentari che stanno studiando questa innovazione e, oltre al low carb, punteremo anche su proposte con un basso dosaggio di zucchero. Infine, un’altra tendenza che stiamo seguendo è quella del prodotto proteico». �� cod 95312
accessibili anche a strutture di fascia medio-bassa, è possibile garantire una colazione varia a persone celiache o che, per scelta, non vogliono consumare glutine.
Cosa fare allora? Le opzioni ve le abbiamo raccontate. Una certezza c’è:
attenzione al mondo delle intolleranze e della celiachia. Non soltanto per i numeri di cui vi abbiamo parlato, ma perché, in generale, il mercato sembra muoversi con insistenza verso il “senza”, vale a dire verso prodotti sempre meno complessi e sempre più attenti a benessere e salute. Anzi, persino il mondo del gluten free non è più “indipendente”, ma è
vanno dal low carb ai prodotti proteici fino a una costante diminuzione della presenza di zucchero. È naturale, allora, come una struttura, sia essa un hotel o un bar, che sappia presentare una proposta varia e che mostri attenzione e sensibilità a questi temi avrà maggior gradimento rispetto ad altre che magari hanno deciso di investirci minori risorse e minor tempo.
La colazione è un momento fondamentale dell’esperienza fuori casa per le persone intolleranti. Nutrifree propone pertanto, un’ampia scelta di prodotti senza glutine e senza lattosio per rispondere a qualsiasi occasione di consumo.
Un’offerta concepita per offrire agli operatori del settore e ai loro clienti gusto e varietà, permettendo un servizio pratico e in totale sicurezza da contaminazioni da glutine, grazie al formato monoporzione.
Un assortimento unico nel mondo del gluten free dedicato al breakfast: fette biscottate, cereali, biscotti e merendine farcite tra cui la linea Cornetti Nutrifree. Morbidi e fragranti, dal delicato aroma di burro disponibili nella variante classica e ripieni di golosa farcitura al cioccolato e all'albicocca.
Per andare incontro alle esigenze di un consumatore sempre più informato e attento al tema della salute, Nutrifree propone inoltre una nuova linea di biscotti senza glutine e senza lattosio, realizzata con farine integrali selezionate.
Un equilibrio tra gusto e benessere che contribuisce ad un corretto apporto di fibre, particolarmente utili per le persone affette da celiachia in quanto aiutano a ridurre il carico glicemico e, di conseguenza, i rischi connessi all’insorgenza di diabete e problemi cardiovascolari.
Farina di riso integrale e sorgo sono alcuni degli ingredienti funzionali che rendono unici i nuovi biscotti Buoni Veri e Buoni Veri con gocce di cioccolato, disponibili in pratiche confezioni da 45 grammi.
Per valorizzare la propria offerta nel “fuori casa”, Nutrifree ha inoltre ideato degli espositori da banco dal grande appeal visivo. Tra questi il Kit Cornetti, che si compone di 15 cornetti disponibili in 3 gusti (classico, albicocca e cioccolato) e il Kit Colazione, un ricco assortimento di monoporzioni pensato per gli operatori dell’accoglienza. Questi strumenti si prestano per enfatizzare la presentazione dei prodotti e creare un vero proprio corner “gluten free” all’interno degli esercizi commerciali. �� cod 96549
Food is art. Respect it.
Schär Foodservice, la divisione dedicata al canale Horeca del Gruppo Dr. Schär, lancia un nuovo materiale espositivo per i professionisti dell’out-of-home che vogliono offrire snack glutenfree: un display in cartoncino compatto pre-riempito con 25 barrette Cereal Bar e 30 Choco Chip Cookies.
Le diagnosi di celiachia sono in costante crescita e aiutare a soddi sfare le necessità del target celiaco, dei sensibili al glutine e di
chiunque soffra di altri disturbi glutine correlati può essere differenziante per i professionisti del settore.
L’Expo Banco Cereal Bar & Choco Chip Cookies è pensato proprio per garantire agli esercenti del fuori casa il meglio dell’offerta senza glutine con un formato comodo e dal mini-
del cartone montato che contiene ben 55 prodotti. I pratici e sicuri prodotti monoporzione all’interno dell’Expo, che hanno scadenza a 9 mesi, sono stati selezionati da Schär Foodservice pensando alle diverse esigenze di consumo. Le fragranti barrette al müsli Cereal Bar da 25 g sono perfette per una ricarica di benessere, grazie alla presenza di vitamine e fibre. Preparate con miele di primissima qualità sono senza glutine e senza frumento, e costituiscono il break ideale per chi cerca uno snack salutare ed energetico.
Choco Chip Cookies, con due pezzi a confezione, sono golosi biscotti ispirati alla tradizione americana con il 12% di gocce di cioccolato fondente. Senza glutine, senza frumento e senza lattosio rappresentano la pausa perfetta per la clientela che cerca un momento stuzzicante e appagante per il palato.
l brand Schär, ben visibile sull’espositore, è rassicurante anche per i numerosi turisti stranieri in Italia, grazie alla conoscenza del marchio a livello internazionale, sinonimo di sicurezza e affidabilità.�� cod 96698
è pensato per garantire il meglio dell’offerta senza glutine con un formato comodo e dal minimo ingombro, data la compattezza del cartone montato che contiene ben 55 prodotti
Secchezza della pelle e dei capelli, cellulite, ritenzione idrica: sembra incredibile, ma la soluzione potrebbe essere un’insalata ben fatta o un frullato dagli ingredienti azzeccati. Tutto questo prende il nome di “beauty food” ed è un trend che dal Giappone si è diffuso ovunque riscuotendo un grande successo. Sono infatti sempre più numerosi i ricettari, le riviste, i blog, ma anche i brand del compar-
to food and beverage che si approcciano a questo nuovo lifestyle, diffondendo consigli su come essere belli fuori partendo da dentro, dal cibo che decidiamo di ingerire tutti i giorni.
“Mangio sano per dimagrire” è oramai un concetto vecchio che è stato sostituito dal “mangio sano per apparire più bello”. A veicolare questo messaggio sono le aziende in prima persona e i corrispettivi packaging. Sempre più spesso, infatti, le confezioni degli alimenti sembrano assomigliare a quelle dei cosmetici: colori chiari e freschi in una grafica
minimal ed elegante. Il mondo del cibo sembra così avvicinarsi sempre di più a quello del fashion: “siamo quel che mangiamo” non è più sem plice retorica, sta diventando una consolidata realtà.
Tra gli alimenti più in voga nell’ambito del beauty si ricordano il collagene e l’olio di cocco, sempre più richiesti come surplus in frullati, centrifughe e bowl di verdure. Non si tratta però soltanto di prodotti ali mentari ricercati: ve ne sono alcuni più facili da reperire, come il limone, in grado di attenuare le macchie cu tanee dell’incarnato, o gli asparagi, capaci di donare elasticità alla pelle. Quello del beauty food è un mondo che potrebbe rivoluzionare la skinca re quotidiana di ognuno di noi: niente più creme e maschere costose e niente più prodotti chimici, solo un’a limentazione corretta e il più possibi le naturale.
In gioco non ci sono però solo le abitudini alimentari, ma anche un im patto ambientale ridotto e una note vole riduzione degli sprechi, temi piuttosto caldi al giorno d’oggi. Si pensi solo alla plastica dei packa ging che si potrebbe risparmiare: si tratterebbe di una vera e propria rivo luzione. Rivoluzione che sta già pren dendo piede, se si considera che ne gli Stati Uniti, già il 56% delle donne fa affidamento a superfood come ananas e avocado per prendersi cura della propria pelle
Un tempo erano le bacche di goji, oggi il col lagene. Sono sempre più gli alimenti e le bevan de che, tramite questo “ingrediente segreto” voglio no colpire un target ben preciso attento al benessere del proprio corpo. Il trend, di origine nipponica, propone una selezione di bevande dal gusto gradevole e non invasi vo al collagene e altri estratti (Q10, ceramidi, acido ialuroni co) con l’obiettivo di migliorare la salute e l’elasticità della pelle da dentro. Capostipite in Italia la linea “Skincare” di San Benedetto, ma oggi sono tantissimi i brand che stanno seguendo il trend proponendo bevande dal packaging tenue e girl-oriented che “ruba” lo stile al settore cosmetico.
Nootropi dette anche “smart drugs” perché sono composti naturalmente presenti in natura che aiutano le funzioni cerebrali e cognitive. Sono presenti negli alimenti come il caffè, il cacao, il ginseng o il ginkgo biloba. Sono veri e propri superfood per il potenziamento neurologico.
4. Patata dolce: per unghie sane e forti
5. Ostriche: per capelli lucenti e folti
Influencer classe 1930 che parla di bellezza, salute e self-love con la perfetta dose di autoironia.
Gli omega 3 presenti nel tonno in scatola sono noti per la loro capacità di prevenire le malattie cardiovascolari, mantenere sotto controllo i trigliceridi e la pressione sanguigna e offrire benefici sulla memoria
di Matteo Scibilia
Non c’è ombra di dubbio in natura esistono varie specie di tonno, ma solo alcune sono usate per conserve. Sebbene non sia obbligatorio dichiarare la specie utilizzata, molte aziende
iniziano a farlo. Il migliore è il Thunnus Thynnus, un tonno dalle carni rosa, chiamato anche “tonno rosso”, seguito dall’Alalunga, che caratterizzato da carni bianche, dall’Albacares chiamato anche “pinna gialla. Il più scadente è il Thunnus Eutynnus Pelarnis, mai dichiarato sulle confezioni perché più scadente: se vi imbattete in una scatoletta low cost
contenente tonno con carni scure e sapore amarognolo, ecco scovato il motivo.
Il tonno in scatola è una fonte economica di acidi grassi omega 3. Queste sostanze aiutano a prevenire le malattie cardiovascolari e a tenere sotto controllo trigliceridi e pressione sanguigna. Gli omega 3, inoltre, hanno effetti benefici sulla memoria
e sull’umore. Il tonno in scatola viene in genere preparato con il tonno Albacares che si trova in quasi tutti i mari caldi del pianeta, in particolare nell’Atlantico meridionale, nel Pacifico occidentale, nel mare caraibico, nell’oceano Indiano e lungo le coste atlantiche del Portogallo. Dopo essere stato pescato, il pesce viene pulito, cotto in acqua, inscatolato previa aggiunta di olio e sterilizzato con il metodo Uht (Ultra high temperature), una temperatura di oltre 100 gradi, a cui i prodotti sono sottoposti in molti casi solo per pochi secondi.
Comprare tonno in scatola è facile, in tutti i supermercati e negozi le tipologie di “scatolette” sono ormai moltissime. Purtroppo ci sono da fare alcune distinzioni. Ormai la qualità permette di poter acquistare e di poter scegliere tra innumerevoli prodotti con prezzi notevolmente diversi. La scelta non è facile: poche aziende specificano la tipologia di pesce inscatolato. Si va da parti di tonno compattato e di origine non meglio specificato, a filetti di tonni pregiati.
Ulteriore indizio e specifica è l’olio di conservazione: si passa dall’olio di oliva a quello extravergine a quello biologico. Anni fa l’olio utilizzato era scadente, spesso di semi e normalmente si buttava: oggi invece è parte integrale dell’utilizzo del tonno stesso. Nel mediterraneo non ci sono molti tonni e i più pregiati vengono acquistati dal Giappone, ma sta prevalendo anche l’allevamento in mare aperto tra le coste spagnole, francesi e la Sardegna.
Mi preme sottolineare due realtà che inscatolano tonno pregiato in maniera artigianale, una spagnola e l’altra italiana. Partiamo dalla spagnola Conservera de Tarifa, che è il risultato dell’unione di varie fabbriche artigianali di conservazione di pesce sott’olio più antiche di Tarifa. Possiamo affermare che ci troviamo davanti all’azienda di conservazione di pesce sott’olio con la più antica tradizione completamente artigiana-
Quali sono le proprietà nutrizionali del tonno in scatola? In 100 grammi di tonno in scatola sgocciolato c’è un apporto di circa
192 calorie, così ripartite: 53% proteine e 47% lipidi. Nella stessa quantità sono inoltre presenti:
• 62,3 g di acqua
• 25,2 g di proteine
• 8,1 g di lipidi
• 65 mg di colesterolo
• 0,04 mg di vitamina B1
• 0,11 mg di vitamina B2
• 10,4 mg di vitamina B3
• 14 mg di vitamina A
• 316 mg di sodio
• 301 mg di potassio
• 1,7 mg di ferro
• 7 mg di calcio
• 205 mg di fosforo
le della provincia di Cadice. Nel 2013 con la creazione del nuovo marchio Conservera de Tarifa inizia a espandersi fuori dalla Spagna, puntando ai mercati americano e europeo.
L’azienda italiana he voglio sottolineare è Iasa: campana, di Pellezzano (Sa), fondata nel 1969 dalla famiglia Di Mauro. Oggi Lucia Di Mauro, figlia del fondatore gestisce l’azienda, inscatolando artigianalmente tonno anche italiano. È la prima azienda in Italia a rifornire la Gdo di tonno di qualità in vasetti di vetro. «Il trattamento artigianale del pesce non è un vezzo - spiega Lucia Di Mauro - Permette di mantenere le caratteristiche della texture del tonno, senza che questo venga stritolato dalle macchine. È importante la qualità dei pesci e l’origine, ma ancora più importante è la lavorazione».
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Per iniziare al meglio, un piccolo aperitivo a base di - ça va sans dire - Grana Padano DOP nelle sue tre stagionature. Ed eccoci all’antipasto, “Tartare di Gambero Rosso e asparagi, uovo pochè, spuma di Grana Padano DOP 12 mesi e bottarga di tonno”. Una bella sinfonia di sapori e cremosità ottimamente abbinati al Lugana DOC Metodo Classico Primessenza 2019 di Montonale.
A seguire il primo, “Spaghettone di Gragnano Grana Padano DOP 24 mesi, pepe e crudo di scampi”, cottura perfetta, cremosità e dolcezza in contrappunto con il pepe. In abbinamento Lugana DOC Conchiglia 2022 di Citari
“Nati per stare insieme: Restaurant Week
Ascovilo-Grana Padano”, sette ristoranti di diverse tipologie fra Bergamo e Brescia sono testimonial degli abbinamenti d’eccellenza tra Grana Padano DOP e i vini lombardi di qualità promossi da Ascovilo, valorizzando produzioni e cultura del territorio nella cornice di “Brescia e Bergamo capitale della Cultura”. Per il primo appuntamento nella bergamasca siamo a Mozzo, al Ristorante La Caprese, una vera e propria istituzione nella zona e non solo.
Il secondo “Ombrina in doppia cottura e crema di Grana Padano DOP 18 mesi, carote baby con latte di cocco al limone e purea di mela”, gustoso e avvolgente, delicato e ben bilanciato. L’abbinamento scelto: Lugana DOC Riserva Busocaldo 2019 di Pasini San Giovanni. Spazio dunque al pre-dessert: “Bavarese lime e Grana Padano DOP 12 mesi, estratto di cetriolo e gel lime e menta”, fresco e vegetale. Perfetto per pulire la bocca e prepararla al finale. Finale classico con Pastiera tradizionale rigorosamente fatta in casa, in abbinamento il Lugana DOC Vendemmia Tardiva 2018 di Perla del Garda. �� cod 96800
L’iniziativa “Nati per stare insieme: Restaurant Week” organizzata da Ascolvilo, Grana Padano, Italia a Tavola e Golosaria nata nel 2022 continua quest’anno con la seconda serie di appuntamenti all’insegna dei prodotti del territorio nell’ambito di Brescia e Bergamo, Capitale Italiana della Cultura. Situato in una zona tranquilla di Brescia in via Albertano, il ristorante Lanzani Bottega&Bistrot di proprietà della famiglia Lanzani è stato il teatro della prima serata di “Nati per stare insieme: Restaurant Week Ascovilo-Grana Padano” moderata da Paolo Massobrio. Il patron Alessandro Lanzani con lo chef Michele Citro hanno accolto i propri ospiti con un menu attento alla materia prima che incarna la sua filosofia di ri-
Antonella Federico, Nicola Bentoglio, Alberto Lupini, Alex Normanni e Federico Bovarini Juri Pagani, Cristina Bordignon, Paolo Massobrio, Edoardo Peduto, Federico Bovarini e Francesca SalodiniSeconda tappa in terra orobica, siamo a Ponteranica, in collina e a due passi dalla città. Qui dal 1963 la famiglia Falconi gestisce una trattoria in cui, come amano dire “si bada più alla sostanza che alla forma”. Ma la Trattoria
Falconi non è solo questo, negli anni è diventato un punto di riferimento per gli amanti delle carne
Per iniziare al meglio, un piccolo aperitivo a base di Grana Padano DOP nelle sue tre stagionature. E in abbinamento il primo dei quattro vini lombardi di qualità, il “Bottinus” Metodo Classico Garda DOC Spumante Brut della Cantina Bottenago.
Spazio al vero e proprio antipasto, anzi 3 in uno. Battuta di controfiletto di Chianina con crema di Grana Padano DOP 12 mesi, Polpettine di lesso su brodo di Grana Padano DOP 12 mesi e La polenta di Storo con fonduta di Grana Padano DOP
12 mesi. In abbinamento ritorna la Cantina Bottenago con il “Bottinus” Metodo Classico Garda DOC Spumante Extra Brut
Piatto forte e di piena tradizione, i Casonsèi di Nonna Maria con pancetta croccante su latte di Grana Padano DOP 18 mesi. Un ripieno ricco e sostanzioso per quello che, oltre essere una delle ricette che meglio identifica la tradizione culinaria bergamasca, è il piatto dei 60 anni della trattoria che ricorrono proprio quest’anno. Rigorosamente fatti in casa! In abbinamento il Perla del Garda Cuvée Extra Brut
A seguire il secondo, Tagliata di controfiletto di Bruna Alpina con riduzione di Merlot “Leonatus”, purea di gialla di Martinengo e infuso di Grana Padano DOP 24 mesi. Gustoso e rotondo, saporito e invitante. In abbinamento lo stesso vino usato
cerca continua. Si aprono le danze con Uovo in camicia, spinaci saltati e spuma di Grana Padano DOP in abbinamento al “Chloé” Valtènesi Riserva Classico DOC di Opera Roses, per poi procedere con il primo piatto, un Risotto alle erbe fini e croccante di Grana Padano DOP in abbinamento a “Hamas” Lugana DOC 2021 della cascina le Preseglie. Si continua con una Tartare di manzo ai carciofi e Grana Padano DOP abbinata al Valtènesi Riviera del Garda Classico Chiaretto DOP dell’azienda Tenute del Garda. Prima di procedere con il servizio del dolce si è tenuta la degustazione in purezza delle tre stagionature del Grana Padano DOP prima, e in pairing ai vini della serata poi, attraverso un gioco di abbinamenti in cui è stato coinvolto anche il pubblico a indicare le proprie preferenze in base al gusto personale. �� cod 96500
per la riduzione, il Garda DOP Merlot “Leonatus” dell’azienda Perla del Garda, e a chiusura il dolce, la Torta di pere con crema inglese al Grana Padano DOP 12 mesi.
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Ristorante “Lanzani” | via Albertano da Brescia 41 - Brescia (BS)
Cena Guidata Giovedì 11 Maggio Ore 20.00
Menu in Promozione dal 8 al 12 Maggio 2023
Ristorante “La Caprese” | via Giuseppe Garibaldi 7 - Mozzo (BG)
Cena Guidata Mercoledì 24 Maggio Ore 20.00
Menu in Promozione dal 22 al 27 Maggio 2023
Ristorante “Trattoria Falconi” | via Valbona 81 - Ponteranica (BG)
Cena Guidata Martedì 6 Giugno Ore 20.00
Menu in Promozione dal 5 al 10 Giugno 2023
Ristorante “Il Gattolardo” | via Papa 13/15 - Desenzano del Garda (BS)
Cena Guidata Mercoledì 20 Settembre Ore 20.00
Menu in Promozione dal 18 al 23 Settembre 2023
Ristorante “Carlo Magno” | via Campiani 9 - Collebeato (BS)
Cena Guidata Mercoledì 11 Ottobre Ore 20.00
Menu in Promozione dal 9 al 14 Ottobre 2023
Ristorante “'La Braseria” | via Risorgimento 17 - Osio Sotto (BG)
Cena Guidata Lunedì 23 Ottobre Ore 20.00
Menu in Promozione dal 23 al 28 Ottobre 2023
Ristorante “Moscatello & Muliner” | loc. Moscatello 5 - Pozzolengo (BS)
Cena Guidata Mercoledì 22 Novembre Ore 20.00
Menu in promozione dal 20 al 25 Novembre 2023
Marco Falconi, Giovanna Prandini, Alberto Lupini, Alessio Inganni, Federico Bovarini e Grazia MercalliEdizioni Contatto srl unipersonale via Piatti, 51 · 24030 Mozzo (Bg)
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Giugno 2023 · anno XXXVII · n. 309 - Italia a Tavola è una rivista di aggiornamento professionale e cultura enogastronomica per l’Horeca. Si occupa di food service, alberghi, ristoranti, pizzerie, pasticcerie, bar, turismo, travel, wellness e salute, con attenzione particolare ai professionisti, agli enti, alle aziende e alle associazioni del settore in tutta Italia.
Collaboratori di questo numero
Valerio Beltrami, Fausto Borella, Giuseppe Cristini, Matteo Cutolo, Sal De Riso, Enrico Derflingher, Bernardo Ferro, Fabio Di Pietro, Francesca Fornaciari, Massimo Artorige Giubilesi, Francesco Guidugli, Ezio Indiani, Carmine Lamorte, Martino Lorenzini, Giambattista Marchetto, Angelo Musolino, Gianluca Pirovano, Paolo Porfidio, Rocco Pozzulo, Guido Ricciarelli, Francesca Tagliabue, Eros Teboni
Foto Shutterstock® 2023 - Italia a Tavola
permesso scritto dell’Editore.
Pasticceria Gelateria Cioccolateria
itchef-GVCI Gruppo virtuale cuochi italiani
Euro-Toques Italia Ampi Accademia Maestri Pasticceri Italiani
Abi itchefs-GVCI Gruppo Virtuale Cuochi Italiani
Conpait Confederazione Pasticceri Italiani
Amira Associazione Maîtres Italiani Ristoranti ed Alberghi
Registrazione del Tribunale di Bergamo n. 39 del 21/11/88
Iscrizione al Roc (Registro degli operatori di comunicazione) n.10548. Chiuso il 12 giugno 2023
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