Vinitaly 2024
Successo espositivo e crescita internazionale
Il futuro è green La nuova era delle lavastoviglie professionali
Una tenuta in simbiosi con una natura unica, un inno alla Laguna di Venezia e alle sue barene
Vinitaly 2024
Successo espositivo e crescita internazionale
Il futuro è green La nuova era delle lavastoviglie professionali
Una tenuta in simbiosi con una natura unica, un inno alla Laguna di Venezia e alle sue barene
Un segnale positivo viene dalla Fipe che prevede almeno 170mila assunzioni fra bar e ristoranti. E sembrano buone anche le aspettative di Federalberghi e Confindustria alberghi in base alle prenotazioni dei prossimi mesi. Tutto bene quindi per il comparto del turismo in genere? Ni, o meglio, dipende da che verso si guarda la medaglia.
Non è infatti detto che la ripresa post Covid del fuori casa continui a beneficare più o meno tutte le imprese. Il calo dei consumi e l’accentuarsi del divario fra chi vede calare il potere di acquisto e chi invece lo accresce, rischia di avere effetti “pesanti” sul nostro modello dei pubblici esercizi, che si basa su imprese, per lo più familiari e spesso deboli a livello di gestione e di risorse. Ad avvantaggiarsi in questo momento potrebbero essere i locali di più basso livello o quelli al contrario più lussuosi. Se si pensa che lo scontrino medio di una cena si aggira fra i 25 e i 40 euro si può capire come il crescente divario socio-economico a livello di consumatori potrebbe incidere negativamente sui ristoranti della fascia media (che sono la stragrande maggioranza).
Le previsioni, legate anche a importanti investimenti, delle catene della ristorazione di base (spesso di brand in franchising) puntano proprio ad erodere clientela ai ristoranti di fascia media. Nella fascia alta del mercato turistico si assiste al contrario all’apertura di nuovi hotel a 4 e 5 stelle, anche se il target sono prevalentemente i turisti stranieri più ricchi.
Per ora sembra essersi fermata l’emorragia di pubblici esercizi causata dal Covid, ma a ben guardare, le aperture che compensano le chiusure riguardano proprio i due estremi del mercato. Mancanza di personale qualificato e costi in crescita sembrano al momento le emergenze principali, ma non sono certo le sole ragioni per cui riflettere su modelli da aggiornare.
I rinnovi contrattuali potrebbero essere l’occasione per rivedere orari e turni (recuperando così interesse per il lavoro in sala o in cucina) di bar e ristoranti. Ma il punto vero è che in un mercato altamente competitivo e con troppe insegne (sono oltre 300 mila i locali in Italia dove si somministra cibo), le imprese devono investire sull’innovazione in tutti i campi, dal marketing alla tecnologia di cottura, dai sistemi di prenotazione a nuovi rapporti di fidelizzazione con la clientela.
Temi che Italia a Tavola affronta quotidianamente proprio per offrire opportunità di aggiornamento e crescita e vincere una sfida che deve contare anche sul recupero dei cardini della cucina italiana. In gioco ci sono un modello di ristorazione che fa parte dello stile di vita italiano - che ci è invidiato in tutto il mondo e che è uno dei principali richiami a livello turistico - e la filiera agroalimentare di qualità che la-
Il turismo in Italia sembra mostrare previsioni di assunzioni nel comparto, ma nonostante la ripresa post Covid, il calo dei consumi e del potere di acquisto potrebbero influire negativamente sui ristoranti di fascia media
Una
TORRESELLA, UNA TENUTA IN SIMBIOSI CON UNA NATURA UNICA, UN INNO ALLA LAGUNA DI VENEZIA E ALLE SUE BARENE
Dal paesaggio della Laguna di Venezia e dalle sue affascinanti barene arriva l’ispirazione per le nuove etichette di Torresella. Il risultato sono dieci pack contemporanei ed eleganti che celebrano il territorio dove la tenuta affonda le proprie radici dal 1984
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Quando le uscite superano le entrate non occorre aver studiato ad Oxford per comprendere che un modello distributivo di beni e servizi non sta più in piedi economicamente ed i dati e la mortalità delle aziende lo certificano. Negli ultimi 10 anni hanno chiuso i battenti per sempre oltre 110.000 attività senza che la politica e/o le amministrazioni/istituzioni locali o regionali battessero un colpo! Si sta assistendo da testimoni impotenti a questa deriva delle nostre città ed in particolare modo dei nostri centri storici senza mettere in campo alcuna politica di contrasto, dimenticando che senza
commercio e senza cittadini le città perdono l’anima e la loro stessa vivibilità.
Questo fenomeno dimostra l’estrema fragilità delle imprese del commercio, della ristorazione e del turismo che vivono e muoiono in funzione degli equilibri delle nostre città. Basta un minimo cambiamento sociale, demografico o di traffico e viabilità all’interno di un quartiere per ribaltare le sorti di un’attività economica. Se prima i cambiamenti avvenivano in tempi lunghi di decine di anni, adesso avvengono nel giro di pochi mesi. Ecco perché è necessario ponderare bene ogni decisione se vogliamo modellare la città sull’impronta dell’efficienza, della sostenibilità e dell’accoglienza verso tutti, residenti e turisti.
Altrimenti rischiamo di ritrovarci con intere aree prive di negozi e servizi, quindi senza presidi sociali e di si-
curezza. Deve esserci un impegno di tutti quello di costruire una nuova urbanità, che rimetta al centro il bisogno e le aspettative dei cittadini, ricreando e riportando funzioni e servizi che sono stati totalmente decentrati e che hanno svuotato di valore i nostri centri storici, dove restano solo quelle funzioni turistiche, almeno laddove insiste questo ambito economico come nelle città d’arte.
Occorre ricostruire una visione condivisa per un nuovo sviluppo delle nostre città che consideri la dimensione del vivere comune, dove abitare e consumare e dove la sostenibilità, l’ambiente, l’educazione e la cultura ritornino ad essere al centro dei nostri interessi e del nostro impegno! Non c’è più tempo: siamo al capolinea e dobbiamo lavorare a un nuovo modello, che parta dalle aspettative, dai bisogni e dai sentimenti delle persone.
Brutta storia di cronaca: una titolare di pizzeria si è tolta la vita a seguito di una serie di post e scambi di opinioni in un portale web di recensioni. Una storia costruita “ad hoc”, sembrerebbe, che ha sfruttato gay e disabili per finire nelle cronache locali, e sulle bocche del paese, quale paladina di categorie discriminate attraverso una vicenda, che avrebbe certamente, adotto a lei proprietaria favorevoli consensi per la sua attività commerciale. Ciò che sembrava inizialmente agli occhi dei più diffidenti, un piccolo stratagemma pubblicitario e di marketing locale, ha messo in moto l’ attenzione della stampa nazionale e dei più importanti “good-influenzer” , che sono andati a verificare l’ autenticità dell’ intera vicenda.
Svelata la fake news, screditata e pubblicamente additata quale truffatrice, il suicidio, per la sua mente debole, sarebbe stata l’unica via di fuga, a conseguenza della scoperta dell’intero imbroglio e delle conseguenti critiche e ripercussioni economiche sulla sua attività. Non mi soffermo sulla vicenda che ha veramente del tragico, e quali sono stati poi gli sviluppi delle indagini da parte degli inquirenti, ma ritengo opportuno soffermarmi sulle criticità create da queste piattaforme in rete (tipo tripadvisor) e sulla veridicità dei giudizi che vengono espressi dalla utenza, specie in fatto di ristorazione.
Queste recensioni, lasciate in rete, possono decretare il successo di una attività come l’ incubo maggiore per il ristoratore. L’ era di queste piattaforme comunque dopo un gran-
dioso “boom” iniziale, sembrerebbe stia volgendo al termine, anche per poca credibilità e facile manipolazione, da parte di veri e propri “genietti” della rete, che creano volani economici su commissione, e non certo di poco costo.
Da tutto questo, la Federazione Italiana Cuochi, si estranea completamente, dove interessi e manomissioni sono cose frequenti in nome del “Dio soldo”. Il nostro Ente, per l’indotto di tesserati e per le loro attività commerciali, ha creato l’ “App - RistFIC” , non certo soggetta a fattori economici, bensì gratuita. Un sistema di geo-localizzazione delle attività ristorative dei soci iscritti (di coloro che ne hanno dato disponibilità e consenso), dove un qualunque socio e la sua famiglia, in visita ad una qualsiasi località turistica, potrà trovare senza difficoltà e direttamente dal portale della Fic, chi ti riceverà come un “fratello” nel suo ristorante (o altro), dove è garantita la genuinità, la buona cucina, senso di grande accoglienza e soprattutto trasparenza.
Fic, come sempre, un passo oltre alla credibilità di Ente e a favore dei propri soci.
Con l’avvento della primavera anche le elaborazioni gastronomiche e lo stile di cucina di ogni professionista cambiano rotta. La nuova stagione si rivela quindi un’opportunità per dare nuovo impulso ai menu e gratificare la clientela. Il raggio d’azione è ampio e in grado di orientare tutta la carta, dall’antipasto al dolce. Il panorama di ingredienti offerto è ricco e variegato: prodotti di stagione freschi che rispettano i cicli naturali e garantiscono l’unicità dei sapori. In questo
contesto un ruolo di primo piano viene interpretato dall’olio extravergine di oliva.
Il tutto, nel rispetto delle nostre linee guida, assicurando la trasparenza di filiera. È quindi il momento di mettere in risalto primizie, germogli, erbe e profumi mediterranei. Sapori e colori nuovi entrano nel piatto. La cottura è preferibilmente senza grassi e il momento dell’anno ci spinge a un matrimonio che predilige il pescato. Per quanto riguarda la cottura, deve essere breve e intensa, non in
acqua per il rischio di penalizzare le proprietà delle verdure.
Per quanto riguarda i primi piatti, per esempio nel Risotto Primavera, le primizie si esaltano e completano una ricetta ricca e sempre apprezzata anche dal punto di vista cromatico. È il periodo del risveglio della natura. E allora le verdure si possono anche saltare con dello zenzero, un inno alla vivacità o vanno leggermente soffritte in frittata o nelle omelette. Semplicità, gusto e colore le coordinate da seguire.
Da non sottovalutare poi la sempre più consistente fascia di consumatori che fa dell’alimentazione vegetariana un punto fermo. E in aggiunta, in campo crudista, le interpretazioni diventano esponenziali. La primavera a tavola offre quindi numerosi spunti di riflessione all’insegna di creatività e fantasia.
Per una pasticceria i fornitori locali sono molto importanti, per diversi motivi. La loro vicinanza significa che per il pasticcere è possibile andare a visionare i prodotti di stagione sul posto, per esempio nel caso della frutta o dei latticini e avere, quando possibile, una consegna giornaliera di materie prime super fresche.
Se si tratta di trovare un nuovo fornitore, conviene affidarsi al passaparola di amici e colleghi per identificare chi possa avere dei prodotti della qualità richiesta e che lavori con serietà, per poi poter andare di persona a vedere l’offerta, cosa che è sem-
pre un plus, specialmente se si inizia un rapporto: ci si presenta e si parla per fissare quantità, consegne, prezzo.
Esplorare anche sui social può essere utile, bisogna sempre fare ricerca. Importante anche, nelle varie fiere di settore (come il Sigep), incontrare e scoprire le aziende nuove che espongono, assaggiarne i prodotti o capire le tecnologie di lavorazione. Poter scegliere di persona il prodotto da utilizzare in pasticceria è sempre una buona regola. Avere un fornitore locale permette di sentirlo prima della raccolta, di sapere come sta andando la maturazione dei frutti, di rivedere le previsioni e aggiustare le quantità se ci sono dei problemi di raccolto.
Il rapporto nel migliore dei casi diventa quello di un fornitore di fiducia. Importantissima, oltre alla fiducia e al rapporto personale che si instaura con il fornitore locale, è infatti l’appartenenza allo stesso territorio, che permette di condividere conoscenze e cultura e, soprattutto, di aiutare l’agricoltura locale. Spesso ci sono microproduzioni di eccellenza che, se utiliz-
zate nelle nostre ricette, possono aiutare il contadino a continuare la sua attività, tenendo a mente che per noi è necessaria sempre la tracciabilità.
È un senso di responsabilità verso queste piccole realtà che a volte producono vere eccellenze di territorio che potrebbero perdersi. Il pasticcere vende e racconta il territorio attraverso i suoi dolci.
Pasqua corta quest’anno, a fine Marzo. Una ricorrenza dove il cioccolato nelle sue diverse interpretazioni si veste a festa. Per non parlare delle uova. Ma una protagonista di primo piano e di elevato rango in questo periodo è anche la Colomba. Punto di arrivo del dolce percorso che da Natale ha visto sotto i riflettori i grandi lievitati. E la Colomba, se vogliamo, è la regina del gran ballo finale.
Sulla scena è dominante la classica mandorlata. Per il 90% rappresentata da quella glassata. Si stanno però conquistando sempre più nuovi spazi quelle innovative, caratterizzate da varianti seducenti per il palato dei consumatori. Variegato il panorama degli abbinamenti. Basti pensare al matrimonio frutta-cioccolato, fragola-caramello, frutti di bosco-cioccolato fondente o limone-cioccolato bianco. Interpretazioni ormai molto ricercate. Con il cioccolato, che la sua presenza non fa mai mancare; un ingrediente trasversale lungo le tradizioni.
Colomba in mille sfaccettature, quindi, fino ad arrivare alla tipologia salata con in sospensione salumi e
verdure e un impasto all’insegna di formaggio e olio di oliva. Siamo immersi nella creatività a massimi livelli; decisamente una nuova frontiera. Elaborazioni tutte accolte da vetrine molto colorate che promuovono le tonalità della primavera. Non possono poi mancare, tra uova e colombe, i dolci tipici della tradizione pasquale di ogni regione: dalla Fugassa in Veneto e presente in al-
tre regioni del nord alla Pizza di Pasqua molto apprezzata in diverse zone del centro, alla Pastiera napoletana al sud. Solo alcuni esempi di arte dolce attraversando a volo radente l’Italia. Un orizzonte dolciario molto ricco. Importante sottolineare, è doveroso, il grande impegno profuso dai maestri pasticceri in questo periodo. Con la Pasqua che cade il 30 marzo i laboratori sono stati davvero sotto pressione. Tra febbraio e marzo un susseguirsi serrato di importanti ricorrenze legate al mondo della pasticceria: Carnevale, San Valentino, San Giuseppe, per poi planare sul periodo pasquale. Bravi, davvero!
el mondo della pasticceria, nuove tendenze stanno emergendo, influenzando non solo i gusti e le preferenze dei consumatori, ma anche i metodi di produzione e presentazione dei dolci. Esploriamone alcune:
• INNOVAZIONE TECNOLOGICA: la tecnologia sta prendendo sempre più piede nella pasticceria. L’intelligenza artificiale gioca un ruolo significativo nella creazione di ricette innovative, ma è l’impiego generale delle tecnologie avanzate a definire il settore. Strumenti di cottura di precisione e attrezzature all’avanguardia per la lavorazione degli ingredienti stanno elevando l’arte della pasticceria a nuovi livelli di eccellenza;
• REINTERPRETAZIONE DEI CLASSICI: i classici non passano mai di moda. Nel 2023, abbiamo visto la trasformazione di ricette tradizionali in creazioni moderne. I pasticceri reinventano vecchi cavalli di battaglia, adattando sapori familiari a presentazioni e tecniche contemporanee. Questi classici reinventati non solo catturano l’attenzione per il loro aspetto unico, ma stanno anche guadagnando popolarità per l’equilibrio tra innovazione e tradizione.
• FUSIONE DI SAPORI E TEXTU-
RE: dolce e salato in contrasto, essenze floreali, accostamenti audaci di consi-
stenze diverse e sapori inusuali. I pasticceri stanno sperimentando, spingendo i confini del gusto tradizionale verso nuovi orizzonti. La ricerca di nuovi equilibri tra sapori e consistenze sta diventando un segno distintivo della pasticceria moderna, attirando sia gli amanti dei dolci tradizionali sia chi ama avventurarsi in luoghi meno esplorati del gusto e della pasticceria. Inoltre, è interessante notare che nel 2024, l’innovazione e la tradizione si fondono per creare esperienze sempre più ricercate e personalizzate nel mondo dolce.
Insieme ai colleghi maestri Conpait, il nostro quotidiano impegno va nella direzione della conoscenza e dell’esperienza. Ricordando che il pasticcere, figura centrale nell’arte della pasticceria, è un professionista che coniuga abilità tecniche, creatività e dedizione.
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Di vini naturali se ne parla molto, specialmente negli ultimi anni, ma tutti sanno davvero cosa sono? Ecco tre punti essenziali che caratterizzano questo prodotto tanto discusso e intorno al quale si suscitano dibattiti prolungati: la viticoltura biodinamica (che esclude l’uso di sostanze chimiche); le fermentazioni spontanee; le lunghe macerazioni sulle bucce.
In Italia, sono approdati agli inizi degli anni 2000, ma solo ora stanno emergendo come un vero e proprio trend, tanto da spingere alcuni imprenditori a trasformare i loro wine bar in autentici paradisi per gli appassionati. Anche le liste dei vini di numerose attività stanno subendo questa metamorfosi, indipendentemente dalla loro categoria
(enoteche, pizzerie, bistrot, trattorie, e altro ancora). Alcuni locali vantano scaffali con oltre 600 etichette.
E i ristoranti di alta classe? Certamente non sono esclusi da questo fenomeno, anche se in misura minore, poiché la clientela internazionale rimane fedele alle grandi cantine storiche. Lo stesso vale per i ristoranti degli hotel, che hanno abbracciato l’inclusività di fronte alla crescente domanda. Fra le pagine delle loro carte, spiccano sempre di più i nomi di produttori noti, come quelli abruzzesi, friulani o emiliani.
Ma si tratta solo di una tendenza? Assolutamente no. I vini naturali rappresentano un tributo all’artigianalità e alla sostenibilità, almeno idealmente. Non va trascurata l’importanza della pulizia cromatica e olfattiva, aspetti che oggi vengono sempre più valorizzati dai produttori e cercati dai consumatori. E così, nei ristoranti di alta classe, non sarà difficile trovare un abbinamento di vini esclusivamente naturali, con grande soddisfazione dei sommelier e dei clienti.
In occasione del XIX° Congresso nazionale di Solidus I Professionisti dell’Ospitalità ha preso forma il Manifesto del Turismo di Solidus. Forte il senso di orgoglio che gli associati hanno espresso nel comporre quello che vuole essere un fortissimo contributo al settore turismo. Nel documento si sono evidenziati 5 punti importanti che sono stati definiti la vera sfida da vincere nel più breve tempo possibile.
1) Certificare l’industria dell’ospitalità Nel settore abbiamo creato un miracolo economico, con il turismo. Nel 2022 il turismo italiano ha fornito alle casse dello Stato un surplus di ben 18 miliardi di euro. Nel 2023 il solo incoming raggiungerà quota 46 miliardi di euro producendo anche un surplus della bilancia dei pagamenti vicina ai 20 miliardi di euro. Almeno un quarto del Pil ruota attorno all’industria dell’ospitalità. Rappresentiamo un settore strategico per l’Italia e vogliamo che l’Italia ci tratti come tale.
2) Adeguare gli emolumenti di chi lavora nel turismo Ridurre l’Iva. Un problema piuttosto drammatico riguarda gli emolumenti che nell’industria dell’ospitalità italiana sono decisamente inferiori rispetto alla media europea. I contratti sono fermi da anni e il peso in busta paga del Fisco è sempre più oneroso sia per le aziende che per i lavoratori.
3) Certificare e riconoscere le professionalità
Non ci sono più i camerieri e le cameriere, gli osti e i lavapiatti del passato. Ci sono professionisti abili a usare le migliori tecnologie per pulire, sanificare, cucinare, servire in tavola prima consigliando e poi presentando i piatti e i vini. Non c’è più il direttore d’albergo in soggezione davanti agli ospiti titolati, ma
manager moderni in tutti i reparti che accolgono alla pari ospiti da tutto il mondo garantendo la massima sicurezza e la migliore qualità del servizio.
4) Attenzione alla qualità di istruzione e formazione Scuola da riformare, scuole che funzionino. Investire sull’istruzione. Nei primi due anni gli allievi studiano tutti i reparti, le ore sono di 50’, solo 6 ore di pratica, vedono il docente ogni 15 giorni, ci sono docenti di 21 anni che insegnano l’anno dopo aver conseguito il diploma. Gli stage non sono istruttivi ma fanno gli interessi di datori di lavoro con pochi scrupoli. Ci sono validi master post diploma. Manca un’ università dedicata al mondo dell’Ospitalità.
5) Attenzione alla qualità di vita e ambientale
La riqualificazione del territorio italiano è l’elemento fondamentale per incentivare e promuovere i flussi turistici e per dar vita a un “Progetto Turismo Italia” che abbia basi serie e concrete di riuscita. Il progetto deve avere una struttura regionale nello studio e nell’attuazione con l’assunzione di precise responsabilità politiche da parte delle amministrazioni pubbliche comunali, provinciali e regionali. Il territorio deve essere accessibile, pulito e sicuro. Noi vogliamo aiutare l’opinione pubblica e chi ci governa a rendersene conto e aiutarci a fare dell’Italia un Paese ancora più accogliente non solo per chi ci arriva ma anche e soprattutto per chi ci vive.
Ischia si è interrogata sugli scenari futuri intorno a una tavola rotonda organizzata all’istituto professionale alberghiero “Telese”, chiamando a raccolta, davanti alle nuove generazioni, amministratori, associazioni di categoria ed esperti del settore. Una grande partecipazione ad un appuntamento organizzato, tra l’altro, insieme ad Amira (Associazione Maitre Italiani Ristoranti e Alberghi), alla presenza del presidente nazionale Valerio Beltrami: «L’appeal delle professioni del turismoha commentato - passa attraverso politiche di welfare sul lavoro, con turni e modalità operative che si concilino il più possibile con le aspettative delle
nuove generazioni e che restituiscano dignità alle professioni, traducendosi in un benessere del lavoratore e, di riflesso, dell’ospite».
Le nuove generazioni scelgono sempre con minor convinzione percorsi professionali, come denunciato ario Sironi, dirigente scolastico dell’istituto dalla solida tradizione, che ha confermato un declino delle iscrizioni a favore dei licei, “ancora percepiti, sso in modo superficiale ed errato, come soluzioni preferibili”. Sulla necessità di puntare a target turistici sempre alificati, rifuggendo la logica del low cost e mettendo a sistema i percorsi culturali, enogastronomici e legati al benessere e alle terme dell’isola d’Ischia, hanno convenuto, i sindaci di Lacco Ameno e Serrara Fontana, Giacomo Pascale e Irene Iacono, e l’assessore al turismo di Ischia, Luigi Di Vaia, che ha raccontato il percorso della neonata Destination Management Organization di Ischia, che - con la consulenza dell’esperto di marketing turistico Joseph Ejarque - favorisce strategie di programmazione turistica condivise tra pubblico e privato.
Il convegno è entrato nel vivo soprattutto grazie agli interrogativi degli studenti, che hanno sottolineato la necessità di cercare lavoro al di fuori del
contesto isolano, lamentando i contro di opportunità stagionali. Sono intervenuti, tra gli altri, Armando Ambrosio, responsabile dei percorsi di formazione ed inserimento professionale, Damiano De Crescenzo di Platenaria Hotels e Hospitality Assolombarda, Salvatore Trapanese di Solidus Campania, Andrea Di Meglio di Federalberghi Ischia e Procida e Domenico De Vanna, ceo di Management e Hospitality Orienta Turismo.
Molto apprezzati gli interventi dello chef stellato Crescenzo Scotti, ischitano, e di Giovan Giuseppe Trani, responsabile Amira di Ischia e Procida: «Chi lavora nel turismo ha il ruolo privilegiato di esaudire il sogno di chi viaggia, per questo è un peccato che non si creino le condizioni ideali per avere piacere nel ricoprire il proprio ruolo».
A chiudere i lavori il direttore dell’albergo San Lorenzo, Camillo Iacono: «Nuovi incontri costruttivi tra le partiha commentato - possono aiutare a far crescere il mercato turistico dell’isola d’Ischia».
Mary Key Ash, fondatrice della omonima compagnia di cosmetici scriveva, “una idea mediocre che crea entusiasmo avrà più successo di una brillante idea che non ispira nessuno”. Oggi più che mai la motivazione dei collaboratori è cruciale per una azienda di successo. È essenziale saper creare una atmosfera aziendale nella quale i collaboratori si sentono di dare il loro meglio nel lavoro che svolgono.
Un buon direttore deve conoscere i propri dipendenti e deve saper tirar fuori da ognuno il meglio che possono dare. La delega di funzioni di responsabilità è una forma di motivazione che le perso-
ne migliori apprezzano più di ogni altra forma di incentivazione. Vedono in questo il riconoscimento delle loro potenzialità e sanno che svolgendo al meglio gli incarichi ricevuti, avranno una crescita professionale importante e questo darà loro anche visibilità.
Questo rende il loro lavoro importante. I grandi successi si ottengono quando si è spronati e riflettendo sui successi che durante la nostra carriera abbiamo ottenuto quanto è fondamentale la motivazione. Quindi avere un’ organizzazione che sa motivare la sua gente a tutti i livelli, significa mettere a loro agio, per lavorare bene, tutta la forza lavoro di una azienda, dar loro la possibilità di eccellere. Parlando con alcuni colleghi anni fa, mi dicevano che la motivazione deve essere innata nelle persone e che era tempo perso investire sulla motivazione dei collaboratori. Se uno non si sa auto motivare, non merita la nostra attenzione e non avrà mai successo.
Ritenevano che un collaboratore doveva di per sè essere stimolato per la sola ragione di avere un posto di lavoro. A mio avviso non c’è niente di più sbagliato. Ognuno di noi ha la propria personalità e siamo tutti differenti, serve a noi direttori strutturarci con capi servizio che sappiano incentivare individualmen-
te i loro diretti collaboratori. Questo dovrebbe essere il talento primario di ogni uno di loro. Il direttore, a sua volta, deve saper creare l’ ambiente giusto perché i suoi capi servizio lavorino in questa direzione. È sicuramente più semplice saper svolgere un lavoro manuale, anche se qualificato, che non saper dedicare il proprio tempo ai collaboratori per motivarli ad eccellere.
Il direttore deve comunicare chiaramente gli obiettivi da raggiungere e ancor meglio se essi sono fissati insieme al collaboratore stesso. Deve saper creare una serie di incarichi “stimolanti”, saper ringraziare quando il lavoro è completato, essere a disposizione in caso di necessità, adottare un approccio di crescita professionale attraverso gli errori e celebrare i successi. Motivando le persone, coinvolgi le loro menti e i loro cuori, dobbiamo incentivare le persone con il nostro esempio. Un team motivato può vincere qualsiasi sfida.
Il turismo, nel 2024, sarà fortemente influenzato dai progressi tecnologici e dalle esigenze dei nuovi ospiti, questo ci è ormai chiaro. Le tendenze che potrebbero caratterizzare il futuro del settore turistico sono diverse e molteplici. Abbiamo provato ad elencare le principali, quelle che avranno un impatto maggiore.
• TURISMO SOSTENIBILE: sempre più viaggiatori si preoccuperanno dell’impatto ambientale dei loro viaggi e quindi presteranno maggiore attenzione alla sostenibilità, con un’attenzione particolare alla riduzione delle emissioni di carbonio, all’uso di rinnovabili e alla conservazione delle risorse. Sarà necessario dotarsi di una certificazione del tipo “Ecolabel”;
• ESPERIENZE PERSONALIZZATE: il viaggiatore che nel passato voleva “perdersi” in un oasi di relax e staccare la spina, oggi è un viandante che vuole “ritrovarsi” e vivere esperienze concrete e sostenibili, i viandanti cercano esperienze uniche e personalizzate. Le tecnologie come l’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati consentiranno alle aziende di offrire servizi su misura;
• USO DI REALTÀ VIRTUALE E AUMENTATA: la realtà virtuale e aumentata offriranno nuove opportunità nel
settore del turismo. I viaggiatori potranno esplorare virtualmente le destinazioni, sperimentare visite guidate virtuali e utilizzare strumenti di traduzione in tempo reale per facilitare la comunicazione con le persone locali, comodamente seduti nel proprio salotto, con strumentazioni sensoriali, che renderanno l’esperienza, incredibilmente vicina alla verità;
• TURISMO ESPERIENZIALE: sempre più viaggiatori cercano esperienze autentiche e significative durante i loro viaggi. Ci sarà un aumento delle attività culturali, delle esperienze culinarie, delle visite a comunità locali e del turismo esperienziale in generale;
ritti umani e alla partecipazione attiva delle comunità locali nello sviluppo turistico;
• DIGITALIZZAZIONE E AUTOMAZIONE: i processi di prenotazione e gestione dei viaggi diventeranno sempre più digitalizzati e automatizzati. Ci sarà una maggiore adozione di soluzioni tecnologiche come la prenotazione online, il check-in automatico, l’uso di chatbot per l’assistenza clienti e l’integrazione di pagamenti digitali;
• VIAGGI RESPONSABILI: sempre più viaggiatori saranno consapevoli dell’impatto sociale dei loro viaggi. Ci sarà una maggiore attenzione all’inclusione sociale, alla promozione dell’uguaglianza di genere, alla tutela dei di-
Queste sono solo alcune possibili tendenze che potrebbero caratterizzare il futuro del turismo. È importante tenere presente che la verità sul futuro non la conosciamo, perché viaggia ad una velocità, che noi non riusciamo a comprendere, forse in questo potranno darci una mano i nostri nipotini.
Carissimi lettori e stimati Soci di Abi Professional, è con grande entusiasmo che vi rivolgo il mio saluto in questo editoriale, dedicato a un momento speciale per la nostra Associazione. È il periodo giusto per presentare la nuova tessera associativa, un simbolo tangibile della nostra comunità e della nostra passione condivisa per l’eccellenza nel settore. Come molti di voi sapranno, la tessera associativa di Abi Professional è molto più di un semplice pezzo di plastica, è un oggetto carico di significato e di storia, destinato a diventare un autentico cult. Ogni anno, con orgoglio e dedizione, ci impegniamo affinché la tessera non sia solo un documento, ma anche un’opera d’arte da collezione, ed il mio ringraziamento va al Socio Cugino Bob alias Roberto Pellerei, della Sezione Piemonte, artefice di queste creazioni, e che cura anche tutta la parte grafica di Abi Professional.
d’Ampezzo, cattura l’essenza dei suoi colori verde e dei ri flessi azzurri, e promette di deliziare il palato con la sua composizione unica.
Non è solo la tessera a essere al centro delle nostre attenzioni quest’anno. Celebreremo con orgoglio il decimo anniversario della fondazione della nostra Associazione, un traguardo che testimonia il nostro impegno costante e la nostra crescita nel tempo. Insieme al Comitato Esecutivo, stiamo pianificando una serie di eventi e iniziative emozionanti, che renderanno questo anniversario indimenticabile. Il prossimo convegno nazionale è già in fase di preparazione, con l’obiettivo di offrire ai nostri soci un’esperienza memorabile, ricca di conoscenze e opportunità di networking.
E quest’anno, sono lieto di annunciare che la tessera del 2024 si distingue per i suoi bellissimi colori: il verde, ispirato al vibrante cocktail che vedete in foto, e il viola, che richiama la bellezza delle decorazioni che arricchiscono il nostro mondo. Un omaggio speciale va al Socio della sezione Veneto, Massimo Blanda, il geniale creatore del cocktail “Sorapis”, vincitore del primo premio a Roma. Questa delizia sensoriale, ispirata al suggestivo lago alpino sopra Cortina
In conclusione, guardo con fiducia e gratitudine al futuro di Abi Professional. Siamo una comunità unita da una passione comune e da valori condivisi, pronti a cogliere le sfide e le opportunità che ci riserva il cammino. Grazie per il vostro continuo sostegno e impegno.
14
17 aprile
Vinitaly ospiterà più di 4mila cantine provenienti da 30 nazioni su un'area espositiva oltre 180mila m². Il salone è al centro del Piano Strategico di
Veronafiere
“One 2024-2026” volto a rafforzare la promozione del brand
C’ è tutto il made in Italy enologico da tutte le regioni italiane e da oltre 30 nazioni alla 56ª edizione di Vinitaly, in programma a Veronafiere dal 14 al 17 aprile prossimo. Ad oggi, infatti, il quartiere fieristico di oltre 180mila m² netti è pronto a diventare l’agorà internazionale del wine business per 4mila cantine già confermate. Una partecipazione espositiva consolidata che conferma la centralità del Salone internazionale del vino e dei distillati sempre più targetizzato sulle esigenze delle imprese e sulla promozione del settore in Italia e sui mercati esteri, storici ed emergenti.
Va in questa direzione anche il nuovo Piano strategico di Veronafiere “One 2024-2026” che contempla un rafforzamento ulteriore della mission di Vinitaly volta ad amplificare la piattaforma promozionale del brand per garantire, al contempo, investimenti per l’incoming sulla manifestazione e sul prodotto italiano nelle piazze export più strategiche, grazie a un radicamento di Veronafiere ancora più capillare proprio in quelle aree. Prosegue, inoltre, il percorso di selezione qualitativa degli operatori avviato per la 55ª edizione del 2023, con un programma straordinario di recruiting che portò a
Verona 29.600 operatori internazionali da 143 nazioni (su un complessivo di 93mila presenze), di cui oltre mille top buyer scelti e ospitati da Veronafiere e Ice-Agenzia. Mentre sono stati 11mila gli appuntamenti pianificati tra espositori e buyer sulla piattaforma Vinitaly Plus a cui si sono aggiunti quelli fissati direttamente tra aziende e operatori.
In contemporanea a Vinitaly 2024 anche la 28ª edizione di Sol, International olive oil trade show (area C); Xcellent Beers (area C) e il 25° Enolitech, Salone internazionale delle tecnologie per la produzione di vino, olio e birra (pad. F). Con le tre rassegne, il numero delle aziende presenti nei 17 padiglioni della fiera sale a quasi 4.300 (dato ad oggi). Confermato Vinitaly and the city, il fuori salone per gli appassionati
in calendario nel centro della città scaligera, patrimonio Unesco, dal 12 al 15 aprile 2024. Nel 2023, sono state oltre 45mila le degustazioni da parte dei winelover.
Intercettare le tendenze di consumo e garantire una rappresentazione evolutiva del settore in linea con le esigenze del mercato. È uno degli obiettivi delle aree tematiche di Vinitaly che, anche quest’anno, traccia diversi percorsi di matching domanda-offerta sempre più a trazione internazionale.
• O RGANIC HALL (area C, nuova posizione - 9ª edizione), salone dedicato al vino biologico certificato prodotto in Italia e all’estero che quest’anno
conta cento aziende, con la presenza di espositori internazionali provenienti da Ungheria, Slovenia e Austria. Confermate per il 2024 l’Enoteca Bio e le degustazioni in collaborazione con FederBio e Vi.Te;
• INTERNATIONAL WINE HALL (tensostruttura D), padiglione dei paesi produttori esteri che scelgono Vinitaly quale loro vetrina espositiva a partire dalle aziende aderenti al progetto Open Balkan (Serbia, Albania e Macedonia del Nord), Francia con le maison di Champagne, Georgia, Ungheria, Brasile, Armenia, Sudafrica e Grecia;
• MI XOLOGY (1° piano Palaexpo), la sezione espositiva e che esprime l’arte dei cocktail e della miscelazione di vini, liquori e distillati sulla base dei nuovi trend internazionali. In programma nei quattro giorni di manifestazione, masterclass guidate dai bartender più talentuosi e in voga;
• MICRO MEGA WINES - MICRO SIZE, MEGA QUALITY (area C, nuova posizione - 3ª edizione). È l’unità espositiva all’insegna di “piccolo è bello” ideata dal wine writer Ian D’Agata per Vinitaly. Al centro del progetto le produzioni di nicchia a tiratura limitata.
Dagli esclusivi Grand Tasting alle masterclass guidate dalle più importanti riviste enologiche internazionali, passando per gli appuntamenti dedicati a MicroMega Wines, le piccole produzioni tricolori di altissima qualità fino ai consolidati walk around tasting. È un viaggio nell’Italia del vino con una finestra sul mondo quello del calendario delle degustazioni firmato Vinitaly, che dal 14 al 17 aprile animerà i padiglioni di Veronafiere. Nel palinsesto della 56ª edizione del Salone internazionale del vino e dei
distillati, confermati infatti gli globali dell’International Wine Hall e il Vinitaly Tasting - The Doctor Wine Selection (pad. 10 tutti i giorni), lo spazio curato da Daniele Cernilli, direttore della Guida essenziale ai vini d’Italia, pensato per buyer e horeca.
Spazio anche a Young to Young (14, 15 e 16 aprile - sala A 1° piano pad. 10), le degustazioni in cui giovani produttori si raccontano a giovani comunicatori del vino sotto la regia dei giornalisti enogastronomici Paolo Massobrio e Marco Gatti, e ai tasting dedicati alle produzioni biologiche certificate nell’Organic Hall, in collaborazione con FederBio e Vi.Te. In programma anche Oltre la Doc (14 aprile ore 15.00, sala Tulipano Palaexpo), la degustazione che festeggia i 50 anni della testata Civiltà del Bere oltre ai numerosi momenti degustativi di espositori, Consorzi e associazioni.
Sotto i riflettori, il panel delle super degustazioni realizzate da Vinitaly che quest’anno vede protagonisti gli spumanti italiani in “Cool under pressu-
Master of Wine Gabriele Gorelli (15 aprile ore 11.00 - sala Tulipano Palexpo), e alcune delle denominazioni più rappresentative del panorama enoico del Belpaese in “Le quattro Grandi ‘B’ del Vino Italiano: Barbaresco, Barolo, Bolgheri e Brunello” firmato da Ian D’Agata (16 aprile ore 11.00, sala Argento Palaexpo), uno dei più esperti wine writer mondiali, il quale idealmente vola anche nella terra del Dragone con “Italia-Cina: Andate e ritorno, un viaggio alla scoperte dei mondi nuovi del vino” (17 aprile ore 11.00, sala Argento Palaexpo). “I grandi vini autoctoni italiani” sono poi al centro della degustazione condotta dall’enologo Riccardo Cotarella (16 aprile ore 15.00, sala Argento Palaexpo).
A tagliare il nastro del programma delle degustazioni il consueto walk around tasting dei Tre Bicchieri del Gambero Rosso (domenica 14 aprile dalle 11 alle 16.30 in sala Argento Palaexpo), seguito da quello dell’Orange Wine Festival (lunedì 15 aprile dalle
11 alle 18, sala Argento Palaexpo) e quello di Ais (mercoledì 17 aprile dalle 11 alle 15, sala Tulipano Palaexpo). Tornano i tasting Ex…Press e tutti gli appuntamenti condotti dalla stampa estera in collaborazione con Vinitaly da International Wine & Spirit Compe tition (15 aprile ore 15, sala Iris Palaex po) a Decanter (14 aprile ore 15, sala A 10 piano pad. 10), da Weinwirtschaft (15 aprile ore 15, sala A 1° piano pad. 10) a Gilbert&Gaillard (16 aprile ore 15, sala A 1° piano pad. 10) fino a Vi num (14 aprile ore 15, sala B 1° piano pad. 10), Revija Vino (16 aprile ore 11, sala B 1° piano pad. 10) oltre al Semi nario Permanente Veronelli (16 aprile ore 15 sala B 1° piano pad. 10).
Sol, International olive oil trade show
La 28ª edizione di Sol torna alle origini, trasformandosi in International Olive Oil Trade Show, padiglione dedicato esclusivamente all’olio di oliva. Obiet tivo: creare ulteriori opportunità com merciali con iniziative mirate, migliora
re il posizionamento di quelle esistenti e incrementare la partecipazione di espositori e visitatori professionali. Tra le novità, l’ampliamento della merceologia in esposizione, a partire dai derivati dell’oro verde, come le olive da tavola, i sott’oli, le paste spalmabili a base di olio Evo, fino agli oli aromatizzati, i prodotti per la cosmesi e quelli nutraceutici.
Cambiamenti in atto anche per il Concorso Internazionale Sol d’Oro, giunto alla 22ª edizione (Verona, 11/18 marzo 2024), che si svolgerà in modalità “blind tasting” con una giuria qualificata e di provenienza internazionale, posizionandosi tra i concorsi più selettivi nella sua categoria.
Taglia il traguardo della 25ª edizione Enolitech, il salone internazionale dedicato all’innovazione tecnologica applicata alla vitivinicoltura, all’olivicoltu-
Si rinnova il Vinitaly Design International Packaging Competition, il premio destinato al miglior packaging che - in occasione della 28ª edizione - cambia la sua veste in Vinitaly Design Award. Oltre al naming, le novità investono anche il regolamento del concorso che presenta un nuovo format con modifiche nel sistema di votazione. I vincitori saranno premiati sabato 13 aprile in occasione della serata di Gala al Teatro Ristori.
Giunge all’ottava edizione 5StarWines - the Book, la selezione di vini di Veronafiere in collaborazione con Assoenologi. Una tre giorni di degustazione alla cieca (9-11 aprile), effettuata da un panel di giudici esperti, che culmina nella redazione dell’omonima guida contenente tutti i vini che hanno ottenuto un punteggio pari o superiore a 90/100. Al
Tre semplici lettere che stanno per Unità Geografiche Aggiuntive. Obbiettivo semplice. Qualificare ancor più in dettaglio la provenienza di una bottiglia di Chianti Classico Gran Selezione (almeno per il momento). Un progetto con un lungo iter che ha permesso al Consorzio Chianti Classico di introdurre questa importante denominazione, strettamente legata al territorio di origine
SAN CASCIANO
PANZ ANO
SAN DONATO IN POGGIO
CASTELLINA
GREVE MONTEFIORALLE
L AMOLE
RADDA
GAIOLE
14 / 17 aprile 2024
Tdi Guido Ricciarelliutto nasce dalla ricerca delle diverse sfumature che un sorso di vino del Gallo Nero può regalare andando oltre alla semplice indicazione del comune di provenienza. Un vino fatto a Montefioralle, piuttosto che Lamole o Panzano, diverse per habitat con le loro specificità geologiche e climatiche ha lineamenti differenti da uno di Greve in Chianti che racchiude tutte queste frazioni. E lo stesso vale per Vagliagli, frazione di Castelnuovo Berardenga. Hanno un loro tratto distintivo i vini di Radda così come quelli Gaiole, Castellina e San Casciano. Un vino fatto a San Donato in Poggio (accorpamento dei comuni di Barberino Tavarnelle e Poggibonsi) si inquadra a sé affacciandosi a
nord su San Casciano, a est su Montefioralle e Panzano e a sud su Castellina in Chianti.
In buona sostanza l’introduzione delle Unità Geografiche Aggiuntive (Uga) intende rappresentare un’ulteriore importante tappa nel percorso di valorizzazione delle caratteristiche distintive del Chianti Classico. Si inizia con i Chianti Classico Gran Selezione. Undici portabandiera, ognuno con la sua storia da raccontare. I primi riscontri? Conforta vedere già in molti ristoranti toscani l’indicazione della Uga in carta dei vini. Siamo solo all’inizio. Uga. Più di un acronimo. Un mondo da scoprire.
E i numeri sembrano dare ragione alla Gran Selezione, spinta dalla riconoscibilità delle 11 Uga: un elemento sempre più ricercato dai consumatori più attenti. La tipologia rappresenta attualmente circa il 6% della produzione totale di Chianti
Classico (quest’ultima pari a 35-38 milioni di bottiglie, 270 mila ettolitri medi all’anno). L’introduzione di 11 Uga, in etichetta ufficialmente da luglio 2023, è l’ultima mossa del Consorzio, che dà la misura di un progetto unico nel panorama enologico italiano.
Fino a oggi eravamo soliti dividere il territorio del Chianti Classico seguendo i confini degli 8 comuni che ne fanno parte. Di questi, 4 vi rientrano per intero: Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Greve in Chianti e Radda in Chianti. I rimanenti 4 vi rientrano invece solo in parte e sono, in ordine di estensione: Castelnuovo Berardenga, San Casciano in Val di Pesa, Barberino Tavarnelle e Poggibonsi.
Oggi il territorio del Chianti Classico viene suddiviso in 11 aree più specifiche chiamate Unità Geografiche Aggiuntive (Uga). In particolare, le Uga del Chianti Classico sono, in ordine geografico: San Casciano, Greve, Montefioralle, Lamole, Panzano, Radda, Gaiole, Castelnuovo Berardenga, Vagliagli, Castellina, San Donato in Poggio
Alcune di esse coincidono con i territori comunali prima citati: Castellina, Gaiole, Radda e San Casciano. Altre invece derivano dal frazionamento dei territori comunali in aree più specifiche: Greve, Lamole, Montefioralle, Panzano, Castelnuovo Berardenga e Vagliagli. San Donato in Poggio, al contrario, nasce dall’accorpamento di Barberino Tavarnelle e di una minuscola porzione di Poggibonsi.
Le Uga, strumento di valorizzazione del Chianti Classico
«Un’importante novità - commenta il Consorzio del Chianti Classicoapprovata dall’Assemblea dei Soci a giugno 2021 e volta alla suddivisione del territorio di produzione in zone più ristrette e dotate di maggiore omogeneità, le Unità geografiche aggiuntive, per arrivare ad indicarne il nome in etichetta. Fra gli obiettivi, quello di rafforzare la comunicazione del binomio vino-territorio, aumentare la qualità in termini di identità e territorialità, consentire al
consumatore di conoscere la prove nienza delle uve e, non ultimo, stimolare la domanda attraverso la differenziazione dell’offerta. Per questo sono state individuate e delimitate undici Unità Geografiche Aggiuntive all’interno della zona di produzione del Chianti Classico, distinguibili in base a una combinazione unica di fattori naturali (composizione del suolo, microclima, giacitura dei vigneti, ecc.) e fattori umani (storia culturale, tradizioni locali, spirito di comunità)».
Anche i numeri sembrano dare ragione alla Gran Selezione, spinte dalla riconoscibilità delle 11 Uga: un elemento sempre più ricercato,
a livello internazionale, dai consu matori più attenti. La tipologia rappresenta attualmente circa il 6% della produzione totale di Chianti Classico (quest’ultima pari a 35-38 milioni di bottiglie, 270 mila ettolitri medi all’anno). L’introduzione di 11 Uga (Unità Geografiche Aggiuntive), in etichetta ufficialmente da luglio 2023, è l’ultima mossa del Consorzio, che dà la misura di un progetto unico nel panorama enologico italiano. «Un traguardo storico per la denominazione - dichiara il presidente Giovanni Manetti - dal momento che adesso tutti i consumatori potranno finalmente scegliere vini provenienti dalle diverse Uga e apprezzare le
sfumature del territorio del Gallo Nero. Un ulteriore passo per la valorizzazione delle caratteristiche distintive del Chianti Classico».
L’utilizzo delle Uga del Chianti Classico, almeno inizialmente, è riservato ai Chianti Classico Gran Selezione. Le Uga non implicano alcuna classificazione o risvolto qualitativo. In altre parole un Chianti Classico con indicazione di Uga in etichetta non si configura per forza di cose come un vino di qualità superiore a un Chianti Classico che invece ne è privo. Lo stesso dicasi per due Chianti Classico prodotti da Uga differenti.
Detto in modo ancora più chiaro: l’utilizzo della Uga in etichetta certifica soltanto l’area di provenienza delle uve. L’uso della Uga non è obbligatorio, anche nel caso in cui sull’etichetta sia specificato il nome di un vigneto (a differenza quindi di quanto accade con le Mga di Barolo e Barbaresco).
A differenza delle sottozone, per le Uga non è prevista nella normativa vigente alcuna possibilità di indicazioni restrittive relative ai parametri sia fisico-chimici che organolettici. Un Chianti Classico Gran Selezione che indichi il nome di una Uga in etichetta può contenere fino al 15% di un’altra Uga, così come stabilito dalla legge europea sulle denominazioni di origine.
San Casciano (area del comune di San Casciano in Val di pesa nella zona del Chianti Classico) Partendo da Nord e proseguendo in senso orario la prima Uga che si incontra è proprio San Casciano. Parliamo di un altopiano alluvionale che si colloca attorno ai 300 metri sul livello del mare. Al suo interno scorrono i torrenti Terzona e Sugana. Nella parte meridionale il paesaggio si fa più montuoso con formazione di sillano e alberese. Nella zona bassa buona percentuale di scheletro localmente anche sotto forma di ciottoli silicei. L’uniformità dei suoli, del paesaggio e del clima fa sì che anche i vini abbiano uno stile molto omogeneo e riconoscibile. Si distinguono in media per un co-
lore meno intenso di altri, ma più fitto rispetto per esempio a Lamole, e per una struttura tannica sempre molto bilanciata, oltre che per un’acidità quasi mai aggressiva e per un frutto rotondo. Un poco più austeri sono invece i vini che nascono nella fascia meridionale della Uga, e in particolare nella parte alta del versante che si affaccia sulla valle della Greve, dove i vini iniziano ad assomigliare a quelli prodotti della vicina Uga Montefioralle. Nel complesso i vini di San Casciano hanno una beva molto piacevole che non ne compromette la tenuta nel tempo.
Greve (frazionamento del comune di Greve in Chianti) Punti di riferimento geografico sono i Monti del Chianti a est, il fiume Greve a ovest e il torrente Ema a nord. Forte presenza di argilliti scistose
con formazione di sillano. Più defilata verso nord-est netta risulta la prevalenza del ma cigno. Microclima più fresco nella zona delle Marne del Su game e non meno impor tante la fascia collinare lungo la sponda destra del fiume Greve. Qui troviamo macigno. Più in basso suoli più poveri e drenanti a dominante di arenaria. Nonostante la vastità del territorio, i vini della Uga Greve evidenziano un tratto ricorrente fatto di sostanza e di energia, completato da un frutto in genere più scuro nella zona di Strada in Chianti, da un tocco di austerità nella zona di Greti e da una sensazione di maggiore freschezza invece nelle zone più alte di Ruffoli e nella valle di Dudda e Lucolena.
Montefioralle
(frazionamento del comune di Greve in Chianti)
Si sviluppa interamente lungo la riva sinistra del fiume Greve. Il Borgo di Montefioralle si trova a sud del Borro del Bacherale e del Borro della Pau-
Il rubino concentrato e brillante fa da preludio al bouquet di violetta e di frutti di bosco che si esprimono in alleanza con effluvi speziati e balsamici. Al palato è tonico e potente, con dinamicità ed eleganza, dove ai tannini fittissimi fanno da contraltare stimolanti sensazioni di sapidità e succulenza che si prolungano in un finale crepitante di frutto, spezie ed erbe aromatiche.
Lamole, è la più piccola Uga del Chianti Classico. La maggior parte dei vigneti si colloca fra i 500 e i 625 metri sul livello del mare, cosa che ne fa una dei distretti più tardivi della denominazione. Formazione geologica a base macigno. Pendenze spesso importanti con il conseguente quanto tradizionale ricorso ai terrazzamenti. I vini si distinguono per un colore meno intenso di altri, un profilo floreale evidente e per una struttura di tutta eleganza e freschezza.
terrazzati. Le formazioni geologiche prevalenti in gioco sono la pietra forte e l’alberese, la cui presenza diffusa fa poi si che i vini di questa Uga
abbiano uno stile piuttosto omogeneo, capace di combinare il tipico risvolto fruttato con una struttura che sa essere allo stesso tempo snella e rotonda, come ci si aspetta del resto da una zona più calda della media.
Lamole
(frazionamento del comune di Greve in Chianti)
Con i suoi quasi mille ettari complessivi e novanta circa di vigneto,
Panzano (frazionamento del comune di Greve in Chianti) Siamo davanti a due opposti versanti. Quello orientale ricade ancora a pieno titolo nel bacino idrografico del fiume Greve. Quello occidentale rientra invece nel bacino idrografico del torrente Pesa e raccoglie in sé la maggior parte dei vigneti. Al suo interno la zona più conosciuta è quella della Conca d’Oro, per l’inconfondibile profilo paesaggistico. Da qui derivano vini dalla riconoscibile vena terrosa. Vini a volte più fruttati e carnosi. Tornando invece al versante orientale, pietraforte e argilliti scistose, alta densità vitata.
Radda (intero comune di Radda in Chianti)
Il crinale montuoso poggia su due diversi bacini idrografici. A nord quello del torrente Pesa e a sud quello del torrente Arbia. Troviamo Macigno nella fascia alta della collina. argilliti scistose, formazione di sillano e pietraforte in quella medio-bassa. Lungo le valli sono ricchi di scheletro con inserti a galestro Quote altimetriche significative data la vicinanza dei Monti del Chianti, clima più fresco che porta con sé una vendemmia in genere piuttosto tardiva e uno stile nei vini centrato su frutti rossi e cenni tostati.
Gaiole (intero comune di Gaiole in Chianti)
Particolarmente utili al suo interno sono i corsi d’acqua che tratteggiano in modo naturale alcune aree. Per la precisione i torrenti Arbia, Rigo, Piana e Massellone. Quote altimetriche comprese in prevalenza tra i 400 e
500 metri sul livello del mare.
Netta la prevalenza del Macigno interrotto qua e là da formazione di sillano e in parte alberese. Non mancano tufo e arenaria.
Vini dalla trama slanciata, dal tannino incisivo, erba di campo e lampi affumicati. Decisamente autorevoli in uno degli scacchieri più interessanti della Doc.
Vendemmia effettuata a mano in cassette con successiva diraspatura soffice. 27 giorni di fermentazione sulle bucce, segue fermentazione malolattica. 24 mesi di maturazione in botti di legno a 16°C a cui segue un lungo periodo di affinamento in bottiglia. Rosso granato intenso, al naso ricorda la liquirizia, i frutti di bosco e la vaniglia. In bocca si presenta robusto, con tannini equilibrati e di grande persistenza.
Castelnuovo Berardenga (frazionamento del comune di Castelnuovo Berardenga) Questa Uga ha il suo riferimento storico e geografico nel borgo di San Gusmé. A nord e quindi nelle zone in media più elevate abbiamo Macigno e alberese, scendendo di quote
abbiamo sabbie, meglio note come tufo senese e conglomerati marini. All’estremo più meridionale troviamo invece le argille e i limi marini. Elevata anche la pietrosi-
tà calcare compatta su base arenaria. I vini si delineano come espressioni di un clima caldo, dal frutto rosso cangiante con tocchi ematici e terrosi.
Vagliagli
(frazionamento del comune di Castelnuovo Berardenga)
Siamo nell’ala occidentale del comune di Castelnuovo Berardenga con quote altimetriche che superano con
regolarità i 400 metri sul livello del mare, arrivando a toccare i 500 metri nel comune di Vagliagli.
Nella zona meridionale, più bassa troviamo sabbie e conglomerati marini. A occidente vediamo depositi lacustri e risalendo ancora formazioni di sillano e alberese. Nelle zone più settentrionali il frutto si esprime in modo piuttosto brillante. Nel resto della Uga il frutto è scuro per una struttura tannica generosa e austera.
Castellina (intero comune di Castellina in Chianti)
Castellina è in assoluto la zona con la maggior superficie vitata. La distribuzione dei vigneti porta ad incontrare formazioni di sillano e alberese. La fascia meridionale si associa a depositi lacustri in genere più fini e argillosi. Insomma, un quadro geologico complesso. A grandi linee possiamo comunque dire che nella fascia più alta del versante occidentale i vini si distinguono per una struttura saporita e per un frutto più brillante. Mentre nelle zone di origini lacustre hanno profumi più floreali che fruttati con cenni affumicati.
San Donato in Poggio (parte del comune di Barberino Tavarnelle e di una piccola porzione del comune di Poggibonsi all’interno dell’area di produzione del Chianti Classico)
Segnata dal corso del torrente Pesa. La formazione geologia di riferimento per l’intera area è l’alberese nella sua declinazione più classica. Ma non mancano qua e là pietraforte, formazioni di sillano, vene di argilliti scistose e una vasta area di sabbie marine. Più agili e fruttati i vini prodotti sull’alberese. Eleganti e austeri quelli nascenti nella zona più meridionale. Galestro puro nella zona di Monsanto dal fruttato rigoglioso. cod 103408
La denominazione Chianti Classico, con i suoi oltre 70.000 ettari di superficie si erge come un pilastro nel panorama enoico italiano. Quest'anno, celebrando il centenario dalla fondazione del Consorzio, la guida annuale del Gambero Rosso rivela la coesione e l'autorevolezza della Gran Selezione, la piacevolezza del Chianti Classico annata e la robustezza della tipologia Riserva
di Guido RicciarelliTanto per capirci, degli oltre 70.000 ettari di superficie della zona di denominazione, solo circa 9.800 sono destinati a vigneto e di questi circa 6.800 alla produzione del vino Chianti Classico. Una denominazione imprescindibile nel panorama enoico italiano, al cui interno troviamo mille sfumature di terreno e situazioni climatiche e altimetriche così diverse tra loro da creare un universo quasi inestricabile, il cui unico denominatore comune sembra essere rappresentato da quel grande ed esigente vitigno chiamato Sangiovese.
Vitigno che suscita da sempre l’attenzione nostra e delle Guide di settore, spesso discordanti e troppo generose nell’elargire premi e punteggi su
vasta scala, che finiscono per annacquare (ci pare il temine più appropriato) la loro presa sui lettori e soprattutto sui consumatori che appaiono piuttosto disorientati. Non è pero il caso del Chianti Classico che ha messo d’accordo un po’ tutti. Particolarmente performante è apparsa la valutazione di una Guida di riferimento come il Gambero Rosso che ha estratto 25 Vini da 3 Bicchieri. E ciò avviene addirittura quando il Consorzio si accinge, il prossimo mese di maggio, a festeggiare il centenario dalla sua fondazione.
Attacca così l’introduzione fatta dai Curatori della Guida (Giuseppe Carrus, Gianni Fabrizio e Marco Sabellico). “Parliamo della denominazione più conosciuta in Italia e nel mondo. Quest’anno più che in altri emerge l’autorevolezza della Gran Selezione
(9 vini premiati) spesso frutto di singole vigne, per vini dal grande potenziale evolutivo, così come la piacevolezza del Chianti Classico annata (8 vini premiati) che solo questa Guida premia con numeri così rilevanti. Tiene bene anche la tipologia Riserva (8 vini premiati).”
Li abbiamo degustati per voi uno per uno grazie alla disponibilità del Consorzio Vino Chianti Classico presieduto da Giovanni Manetti e diretto da Carlotta Gori, con il supporto organizzativo di Silvia Fiorentini e Ilaria Micheli nella sede di Sambuca Val di Pesa.
Una carrellata effettivamente entusiasmante nella quale la tentazione sarebbe quella di spendersi in schede tecniche individuali, ma ci rendiamo conto che in queste quantità potrebbero risultare indigeste per le inevitabile ripetizioni. Ci pare invece più efficace raggruppare le descrizioni per aree territoriali che costituiscono, con le loro rispettive peculiarità, il vero valore aggiunto in una degustazione. Senza entrare nello specifico, per questioni di spazio, sulla introduzione assai interessante delle 11 Unità Geografiche Aggiuntive (o Uga) che ha l’obbiettivo di accentuare la spinta identitaria dei
vini e che sta sortendo i primi effetti positivi sui mercati, possiamo dire che da ogni comprensorio possiamo ricavare indicazioni sorprendenti.
Radda in Chianti
Di ogni vino cercheremo di riportare quello che è nastro avviso il suo tratto distintivo. La parte del leone la fa sicuramente la zona di Radda in Chianti, più fresca della media, dove l’altitudine è mediamente più elevata con forti pendenze e i terreni sono ricchi di scheletro con inserti a galestro. Qui vanno 6 dei 25 premi. Esattamente al Chianti Classico 2021 del Castello di Radda, (frutti rossi) aI Chianti Classico 2021 di L’Erta di Radda (erbe
officinali), il Chianti Classico 2020 di Vale delle Corti (toni affumicati), il Chianti Classico Gran Selezione Coltassala 2020 di Castello di Volpaia (tabacco), il Chianti Classico Riserva 2020 di Castello di Albola (cenni tostati) e il Chianti Classico il Campitello Ris 2020 di Monteraponi (scia balsamica, qui i vigneti raggiungono i 550 metri sul livello del mare). In sostanza da questo areale arrivano vini definiti e coerenti, capaci di restare sempre in sintonia con i suoli, i climi e i paradigmi del loro terroir.
Castellina in Chianti, dove la riduzione dell’altitudine si accompagna ad un aumento di argilla nel suolo che si presenta più sciolto, risponde con 4 vini sul gradino più alto del podio. Si impongono il Chianti Classico 2021 della Tenuta di Lilliano (viola mammola), il Chianti Classico Gran Selezione Vigna del Capannino 2020 della Tenuta di Bibbiano (tratto sapido), il Chianti Classico Gran Selezione Sergio Zingarelli 2019 di Rocca delle Macie (grafite) e il Chianti Classico Gran Selezione Villa Rosa 2019 di Famiglia Cecchi (sottobosco, zona più alta). Da qui tendenzialmente arrivano vini dal bouquet ben profilato.
In bocca hanno una silhouette sottile ma articolata con ritmo, terminando in un finale profondo.
Anche Gaiole in Chianti, dove nei terreni assistiamo ad un aumento della presenza di tufo e arenaria con variazioni altimetriche importanti, si aggiudica 4 riconoscimenti massimi. Si tratta del Chianti Classico La Porta di Vertine 2020 di Bertinga (toni agrumati, siamo in una conca), il Chianti Classico Gran Selezione Colledilà 2020 Barone Ricasoli (arioso) il Chianti Classico Gran Selezione
Vigna Gittori 2020 Riecine (raffinato, zona dove si toccano anche i 600 metri di altitudine) e il Chianti Classico
Vigna Barbischio Ris 2020 Maurizio Alongi (tocco silvestre). Decisamente autorevoli, propongono aromi brillanti, dalla trama slanciata, finissima e leggiadra con tannino incisivo ma molto preciso e saporito per un sorso goloso e al contempo articolato.
Si aggiunge al plotone dei magnifici 4 anche Greve in Chianti, dove troviamo suoli più poveri e drenanti a dominante di arenaria, con il Chianti Classico Lamole 2021 di I Fabbri (pietra focaia), il Chianti Classico Gran Selezione La Corte 2020 del Castello di Querceto (toni di radice e i terreni hanno un colore rosso bruno davvero particolare), il Chianti Classico Gran Selezione Le Bolle 2019 del Castello Vicchiomaggio (grafite) e il Chianti Classico La Forra Ris 2019 di Tenute Ambrogio e Giovanni Folonari (tabacco). Qui registriamo un elegante corollario aromatico che accompagna e asseconda una trama gustativa che si distingue per ampiezza, profondità e articolazione.
Da Castelnuovo Berardenga, dove l’elevata pietrosità calcarea compatta su base di arenaria e/o alberese marca i terreni, arrivano 3 premi che vanno a il Chianti Classico Petrignano 2020 di Dievole (melograno), il Chianti Classico 2019 di Castell’in Villa (ematico e terroso, zona più chiusa) e il Chianti e il Classico Riserva 2019 di Vallepicciola. Vini che vorremmo avere sempre nel bicchiere da questa zona. Hanno un naso sfaccettato, complesso, intrigante, per poi offrire una bocca leggiadra, freschissima, di beva appagante e profonda, dal finale pulito e sapido.
Da San Casciano in Val di Pesa, zona bassa con buona percentuale di scheletro localmente anche sotto forma di ciottoli silicei, ecco il Chianti Classico Villa Antinori Riserva 2020 Marchesi Antinori (speziato e affumicato) e il Chianti Classico Riserva 2019 Villa Le Corti (erbe aromatiche, zona ben esposta ). Netta la vena floreale. In bocca il sorso affusolato e leggiadro, è ben profilato e dal finale solido. Una doppietta niente male.
Dall’UGA San Donato in Poggio, nel comune di Barberino Tavarnelle, sboccia il Chianti Classico Gran Selezione il Poggio 2018 del Castello di Monsanto. Qui le vigne spuntano da un galestro puro. Netti i rimandi di polvere da sparo.
Un mix di territori
Infine, il Chianti Classico Riserva Ducale 2020 di Ruffino. Le uve provengono dai vigneti delle Tenute di Gretole e Santedame a Castellina in Chianti e di Montemasso a Greve in Chianti). Un “ibrido”, se vogliamo, che racchiude in un vino solo tante sfaccettature di una Denominazione baciata dal favore degli Dei. Spiccano rimandi di sottobosco e spezie.
Persone appunto. Non ci siamo dimenticati di loro. Meritano un articolo a parte. Lunga vita al Sangiovese. Lunga vita al Chianti Classico. Hanno partecipato alla degustazione. Alberto Lupini (Direttore di Italia a Tavola). Guido Ricciarelli (coordinatore del panel, collaboratore e autore di rubriche fisse di Italia a Tavola). Servizio vini curato da Ilaria Micheli. Foto di Simone Lampredi cod 103393
Nel 2023 l’Amarone ha subìto una battuta d’arresto nei volumi esportati. Oggi i vini commercialmente solidi sono i fine wines, quelli che hanno un profondo legame con il territorio di origine. Occorre pensare a un Amarone che rimetta in equilibrio i suoi fattori produttivi: il metodo, il territorio, le persone e la comunicazione. Nel mentre l'annata 2019 è a 5 stelle e il risotto all'Amarone è De.Co
Che nel mondo si beva meno (e sempre meno vino rosso), non è una notizia. Complice un mix di fattori generazionali ed etnici, ma anche climatici, i palati di tutto il mondo stanno progressivamente spostando le proprie preferenze verso tipologie di alcolici diverse dal vino, e in particolare dal suo colore simbolo. A ribadirlo anche l’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv), ad Amarone Opera prima, il
consueto appuntamento annuale dedicato al re dei rossi veneti organizzato dal Consorzio vini della Valpolicella, con 70 aziende partecipanti. Ma la soluzione c’è. Ed è nalla possibile evoluzione stilistica dell’Amarone in un fine wine contemporaneo e con meno metodo, più equilibrio e territorialità.
Nel mentre l’annata 2019 presentata ad Amarone Opera Prima è a 5 stelle e il risotto all'Amarone è divenato piatto De.Co (Denominazione comunale): è la prima volta come De.Co per un piatto a base di vino.
Così nel talk, “Clima, produzione e mercati: la Valpolicella alla prova del cambiamento”, il Consorzio ha voluto interrogarsi sul futuro di una denominazione giovane, protagonista di una crescita vertiginosa negli ultimi vent’anni. «Abbiamo scelto un approccio più critico che celebrativo per festeggiare la 20ª edizione dell’evento dedicato all’Amarone - ha detto il presidente, Christian Marchesini - Come Consorzio crediamo però che il modo migliore per continuare a crescere sia quello di analizzare
con serietà e pun tualità le sfide che i cambiamenti climatici, le nuo ve dinamiche di consumo e gli sviluppi sui mercati pon gono alla deno minazione. Dob biamo, vogliamo e possiamo fare un Amarone sempre più com petitivo, più contemporaneo».
sorzio, marone è stato in passato un vino che ha soddisfatto una domanda di mercato. I produttori della Valpo licella sono stati tra i più bravi, so prattutto in alcuni mercati, a capire che c’era la necessità di un vino morbido, caldo e piacevole. Que sto ha consentito un grande successo volume trico. Per farlo si è, però, ecceduto con l’appassimento e con la necessità di rincorrere uno stile che questo segmento del mercato richiedeva. Oggi quel segmento non cresce più e regala molte più ombre che sicurezze per il futuro. Dobbiamo quindi cambiare ed evolverci reindirizzando i nostri vini verso un cambiamento sia in termini di geografie di mercato, che di profilazione del consumatore. Per farlo occorre, anche ma non solo, un cambio stilistico. I vini commercialmente solidi sono infatti i fine wines, quelli che hanno un profondo legame con il territorio di origine, vini che hanno valori e un wording comunicativo specifico tali da renderli identitari. Occorre pensare a un Amarone che rimetta in equilibrio i suoi fattori produttivi: il metodo (la messa a riposo), il
territorio (suolo, vitigni, clima), le persone (produttori, imprese) e la comunicazione. La sfida è chiaramente complessa, dal volume al valore, e richiede dei cambi: culturali, produttivi, legislativi e comuni-
Anche perché, secondo le elaborazioni dell’Osservatorio Uiv, nel 2023 l’Amarone ha subìto una battuta d’arresto nei volumi esportati (-12%), a circa 75 mila ettolitri, dato comunque in linea (+1%) con il 2019 e sensibilmente in crescita negli ultimi 10 anni (+17%). Il calo tendenziale dell’export nell’ultimo anno è dovuto da una parte a riduzioni reali dei consumi (in particolare Scandinavia e Canada, in parte Germania, che ha comunque registrato un forte aumento delle vendite nel canale retail), mentre negli Stati Uniti, al trend generale dei vini rossi, si è affiancato l’effetto congiunturale del destocking di prodotto accumulato alla fase distributiva, che ha coinvolto tutto il vino italiano e non solo, rallentando in maniera significativa le richieste di vino dall’estero. Stabili, infine, le vendite sul canale retail italiano.
Un quadro che mostra cali importanti per i principali vitigni dei 5 Continenti e i principali competitor, con l’export dei rossi francesi nell’ultimo
biennio che si è contratto del 15% e quello spagnolo di oltre il 20%. Lo scorso anno i consumi globali della tipologia hanno fatto segnare un -7% rispetto al 2021, con forti ridimensionamenti negli ultimi 12 mesi nei principali mercati di sbocco, a partire da Usa (-9%), Canada (-17%) fino ai Paesi Scandinavi, alla Cina e alla stessa Italia (-5%).
«Per la prima volta dopo decenni di boom, il mercato del vino registra una sorta di restrizione del recinto in cui opera - ha detto il responsabile dell’Osservatorio Uiv, Carlo Flamini -, ma ci sono le eccezioni importanti nei segmenti premium della nostra offerta. Negli Usa, per esempio, a fronte di vendite generali di vino rosso italiano a -9% nel canale più profittevole, quello dell’on-premise (ristorazione, locali, hotel), l’unica fascia di prezzo che è riuscita a strappare aumenti è quella all’ingrosso sopra
i 25 dollari a bottiglia (+2%). Da qui devono ripartire i prodotti italiani, dimenticando il concetto di rosso da “mass market” e coltivando forti valori di identità e coerenza territoriale e stilistica».
Amarone Opera prima è dedicato all’annata 2019. Un millesimo che, secondo il panel di degustazione del Consorzio, si aggiudica le 5 stelle grazie a una «qualità sensoriale elevata, con profili olfattivi e gustativi che rispecchiano le caratteristiche della denominazione in modo centrato e moderno. Per quanto riguarda la prospettiva di longevità, l’annata 2019 presenta un grande potenziale di invecchiamento senza difettare in freschezza e bevibilità, collimando perfettamente con gli odierni trend di consumo».
Buone notizie anche per il risotto all'Amarone che ha ottenuto la Denominazione comunale (De.Co). È la prima volta come De.Co per un piatto a base di vino. La domanda di riconoscimento è stata promossa dai ristoratori tipici del Comune di Verona, guidati dai ristoranti Caffè Monte Baldo, Al Calmiere e Trattoria Pane e Vino, in collaborazione con il Consorzio della Valpolicella, quello del Riso Vialone Nano e l'ente Fiera del Riso di Isola della Scala. «Il risotto all'Amarone è un autentico ambasciatore della tradizione enogastronomica scaligera nel mondo - commenta il presidente del Consorzio Vini Valpolicella, Marchesini - Un piatto che esprime la profonda relazione tra i 19 comuni della denominazione e Verona, con il vigneto urbano più grande d'Italia». cod 102383
La scelta di Albino Armani, di coltivare la vite in contesti di quota elevata, come a Marano di Valpolicella, ha contribuito a creare vini riconoscibili per la croccantezza del frutto, l'eleganza e la freschezza
Come molte delle scelte imprenditoriali di Albino Armani, originario della Vallagarina Trentina e oggi proprietario di cinque tenute vitivinicole distribuite in Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia, anche quella fatta in Valpolicella segue una direzione precisa e consapevole e si fa veicolo di un approccio oggi radicato in tutta la sua produzione: mettere in bottiglia vini di spiccata freschezza ed eleganza, che siano portavoce del loro territorio.
La filosofia produttiva dell’azienda si distingue da sempre per la scelta - se si vuole, lungimirante - di coltivare la vite in contesti alpini o comunque di quota: ne deriva uno stile ben identificabile che ritroviamo in tutte le sue produzioni. Ed è qui a Marano di Valpolicella che la famiglia Armani decise ormai più di vent’anni fa di produrre i grandi rossi
scaligeri, dove l’altitudine coadiuvata dalla valorizzazione del terroir - a partire dalla scelta di utilizzare tutte le principali uve ammesse - ha portato coerentemente ad enfatizzare la riconoscibilità dei vini, con la tipica croccantezza del frutto, l’eleganza e freschezza dovute al clima di alta collina. I vigneti si trovano infatti alle altitudini maggiori dell’areale - tra i 400 e i 600 m slm - in un territorio tra i più alti e scoscesi della denominazione.
Trionfi e riconoscimenti per i rossi scaligeri
Scelte e risultati premiati anche dalle migliori guide ai vini nazionali e internazionali, che annualmente riconoscono punteggi altissimi ai rossi scaligeri di Armani, come, per citarne uno, la Grande Médaille d’Or assegnata al “Cuslanus” Amarone della Valpolicella Docg Classico Ri-
serva 2016 dal prestigioso Concours
Mondial de Bruxelles. Non solo l’altitudine elevata contribuisce a fare del Cuslanus un prodotto unico nel suo genere. Grazie ad una mappatura dei suoli che l’azienda ha svolto circa sei anni fa con il geologo Guido Gonzato, oggi sappiamo che Marano è l’unica sottozona della denominazione ad avere terreni a carattere vulcanico.
E proprio dai vigneti situati tra S. Rocco e Camporal e condotti dalla Famiglia Armani arriva l’attenta selezione di uve destinate all’Amarone Riserva, dal nome dell’antica divinità adorata dagli Arusnati in Valpolicella al tempo degli Etruschi. A questo dio è collegata, inoltre, l’idea del trascorrere del tempo, proprio come questo vino richiede il tempo di maturazione per esprimersi al meglio in evoluzioni balsamiche ed eteree. Un sorso vivace, di grande personalità, struttura, freschezza, sapido ed elegante, che regala un finale molto persistente.
A distinguersi è anche il pluripremiato Valpolicella Classico Superiore Docg Egle, la tipologia che - più di tutte - è pura espressione del territorio. La tradizione racconta infatti che tra i vignaioli di queste valli da sempre
si assaggi il Valpolicella per valutare ma soprattutto riconoscere lo stile produttivo. “Egle” - dal nome della padrona di casa Egle Capilupi, nonché Pr e brand ambassador di Albino Armani - è espressione fedele del territorio da cui proviene, dove i suoli e il clima fresco con intense escursioni termiche sono fattori naturali decisivi a esaltarne l’elegante personalità.
La cantina di Marano è un capolavoro di architettura sostenibile che si inserisce squisitamente nel paesaggio senza alterarlo né danneggiarlo. Siamo in Località Camporal, da cui si domina letteralmente la vallata sottostante ed è possibile godere di una vista unica e mozza-
fiato. Qui si possono ammirare sia i tipici terrazzamenti della tradizione che - a causa dei dislivelli - impongono vendemmie manuali e separate per consentire una corretta maturazione di tutti i grappoli sia le vecchie vigne allevate a pergola veronese e adagiate sulle marogne (i tipici muri a secco), che occupano l’ultima e più alta fascia di terra coltivabile della Valpolicella Classica. cod 103591 Per visite ed eventi della cantina visitare il sito www.albinoarmani.com
Albino Armani
045 7290033
www.albinoarmani.com
Pasqua Vini, azienda leader e ambasciatrice dell'Amarone della Valpolicella e dei vini veneti nel mondo, è stata insignita lo scorso febbraio del titolo globale di “Innovator of the Year" in occasione dei 24° Annual Wine Star Awards, tra i momenti più importanti per il mondo del vino. L’evento, che celebra l’eccellenza in varie categorie dei settori wine & spirits, è stato organizzato da Wine Enthusiast e si è tenuto all'Eden Roc Hotel di Miami.
È la prima volta che un'azienda vinicola italiana riceve questo riconoscimento che premia il lungo percorso di investimenti in sviluppo e innovazione - costanti e coerenti - intrapreso da Pasqua Vini, che ha permesso all'azienda di diventare un laboratorio di ricerca (come l'ha definita Wine Enthusiast lo scorso anno) e di fornire una serie di contributi notevoli all'evoluzione dell'industria del vino.
Riccardo Pasqua, amministratore delegato di Pasqua Vini, ha spiegato: «Essere la prima azienda vinicola italiana a ricevere questo
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prestigioso riconoscimento è motivo di immenso orgoglio e testimonia la passione e l'innovazione che da generazioni contraddistinguono la nostra famiglia. Vogliamo ringraziare Wine Enthusiast per averci permesso di raggiungere un traguardo così significativo nella nostra storia centenaria».
«Siamo davvero onorati di aver ricevuto il titolo di Innovator of the Year da Wine Enthusiast. Questo
premio testimonia l’impegno della nostra famiglia nello spingere oltre i confini della vinificazione per creare vini eccezionali», ha dichiarato Alessandro Pasqua, Presidente di Pasqua Usa.
Sin dal 1925 la famiglia Pasqua ha dimostrato un approccio visionario che abbraccia l'innovazione, pur mantenendo un profondo legame con la tradizione. Oltre a produrre etichette di alta qualità grazie alla continua sperimentazione su vitigni e terroir, le distintive ed efficaci strategie di marketing e comunicazione dell'azienda hanno permesso di posizionarla strategicamente in mercati cruciali, tra cui gli Stati Uniti e l’Asia. cod 103434
In Torresella - storico tassello del mosaico enologico di Santa Margherita Gruppo Vinicolonatura e sostenibilità sono i protagonisti di una tenuta abbracciata da un paesaggio agricolo incontaminato e distante dai clamori urbani. I vigneti, protetti dalle Alpi, si estendono da Fossalta di Portogruaro, dove ha sede la cantina, fino al mare e danno vita a vini fortemente identitari che riflettono la profonda connessione con il territorio circostante: la Laguna di Venezia. Torresella da sempre si impegna a proteggere, rispettare e convivere armoniosamente con il suo prezioso patrimonio ambientale
Dal paesaggio della Laguna di Venezia e dalle sue affascinanti barene arriva l'ispirazione per le nuove etichette di Torresella. Il risultato sono dieci pack contemporanei ed eleganti che celebrano il territorio dove la tenuta affonda le proprie radici dal 1984
Un paesaggio agricolo distante dal caos cittadino dei grandi centri urbani, dove vita e lavoro pro cedono in perfetta armonia con la natura circo stante. Una distesa di vigneti che si estendono da Fos salta di Portogruaro fino al mare: da un lato le maestose cime delle Alpi, dall'altro la Laguna di Venezia, un tesoro di biodiversità riconosciuto anche come patrimonio Une sco dove acqua, terra e aria vivono in perfetta simbiosi tra loro.
Granaio d'Italia e vigneto d'eccellenza sin ai tempi de gli antichi romani e della Serenissima, questo angolo di Veneto fa oggi da palcoscenico ai vini di Torresella che si presentano al pubblico con un nuovo look. Il restyling, che trae ispirazione proprio dal territorio, dona al Brand un'immagine elegante e fortemente contemporanea grazie alle dieci etichette che richiamano nitidamente le sihlouette morbide delle barene veneziane: zone di terra emersa, talvolta sommerse per effetto delle maree.
Protagonista indiscussa dell'immagine di Torresella resta la garzetta, uccello mascotte dell'areale lagunare, che l'ha eletto come meta delle sue danze migratorie. dunque il legame con il territorio il fil rouge della nuova immagine della tenuta i cui vini sono resi ancora più
Un Prosecco ben calibrato, in perfetto equilibrio e dalla grande piacevolezza di beva. Di colore giallo paglierino tenue, questo spumante luminoso e brillante dispiega all’olfatto intensi profumi di agrumi e frutta croccante a polpa bianca. Al palato si distende in un sorso dinamico e ritmico grazie a un perlage di estrema finezza e persistenza, abile nel cadenzare nel lungo finale l’espressione aromatica di fiori primaverili e di frutta dolce e croccante. Ideale per l'aperitivo, accompagna piatti saporiti e piccanti della cucina mediterranea e asiatica.
Il delicato colore rosato fa da preludio a un bouquet fragrante di fiori, note agrumate e piccoli frutti a bacca rossa. L'eleganza dei profumi si traduce al palato in una freschezza gustativa vibrante e avvolgente. Le sue giocose bollicine ne esaltano leggerezza e bevibilità, prolungando in un finale piacevole i sentori aromatici. Ottimo come aperitivo, si sposa bene con una vasta gamma di antipasti della tradizione italiana e preparazioni a base di pesce e verdure - preferibilmente dalle nuances rosate come gamberetti, salmone, rapa e pomodoro -. Ideale anche in abbinamento a piatti speziati e saporiti della cucina orientale.
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unici dal terroir da cui traggono origine. Il terreno dove le viti affondano le proprie radici è caratterizzato infatti da un suolo ricco di sali minerali e argilla. Il clima è reso favorevole da estati calde, che presentano una minima escursione termica tra giorno e notte, e dalle brezze marine che temperano costantemente l'atmosfera. Ne risultano dieci vini fortemente identitari, un tributo a quella fetta di terra che, abbracciata dai fiumi Livenza e Tagliamento, si distende dalle Alpi fino al mare: dai Prosecco Doc Extra Dry e Prosecco Doc Rosé, si arriva ai bianchi da monovarietale (Pinot Grigio, Chardonnay, Sauvignon e Traminer Aromatico), completado l'offerta con una selezione di rossi che puntano sull'eleganza: Merlot, Cabernet Sauvignon, Refosco e Pinot Nero.
"Dalla parte della natura", questo lo statement di Torresella: un vero e proprio inno che manifesta l'impegno della tenuta nel tutelare il prezioso territorio che accoglie i suoi vigneti. Un impegno che passa attraverso buone
pratiche in vigna e in cantina qua li: la selezione accurata dei cloni che, insieme alla gestione del verde, crea condizioni microclimatiche ideali per la maturazione dei grappoli; l'abbandono del diserbo chimico a favore di un presidio più attento e presente in vigna; l'utilizzo di bottiglie in gran parte composte da vetro riciclato e, successivamente al loro utilizzo, interamente riciclabili; l'innovativo utilizzo dell'ala gocciolante interrata che assicura un'irrigazione efficiente con notevole risparmio di acqua dolce; l'impiego di energia proveniente da fonti rinnovabili e di imballaggi in carta e cartone interamente certificati FSC.
La costante dedizione nel segno della sostenibilità ha permesso a Torresella di ottenere anche la certificazione SQNPI - Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata - che attesta il minimo impatto ambientale delle
Vino bianco secco, caratterizzato da un colore giallo paglierino. Si caratterizza per finezza e sapidità al palato e delicati aromi di pera e mela verde. Ottimo come aperitivo, si abbina anche a ricette sia semplici che elaborate a base di vegetali e di pesce.
Vino bianco secco dal colore giallo paglierino intenso. La sua principale caratteristica risiede nei profumi fini ed eleganti tipici del vitigno, uniti a una struttura acida che ne preserva la piacevole freschezza. Si abbina perfettamente ad antipasti magri e piatti a base di carni bianche. Ideale con il pesce al forno o alla griglia: preparazioni che ne accentuano la complessità e contribuiscono a un'esperienza gastronomica equilibrata.
Vino dal colore giallo paglierino che anticipa il classico ventaglio aromatico di note floreali, agrumi, frutta tropicale e spezie dolci. Al palato è fresco, avvolgente e dinamico, caratteri che esaltano la sua fragranza aromatica. Si sposa perfettamente con antipasti e primi piatti, soprattutto a base di pesce. Particolarmente indicato su portate con note dolci o piccanti.
pratiche agricole. Torresella aderisce inoltre al programma Rafcycle di UPM Raflatac, che consente di recuperare gli scarti delle etichette autoadesive, derivati dalla vestizione della bottiglia, trasformandoli in nuovi prodotti, secondo le pratiche di economia circolare.
Il tappo a vite Stelvin adottato da Torresella per la gamma dei vini fermi si rivela una scelta moderna e praticaconsentendo l'apertura della bottiglia senza l'uso del cavatappi - e in linea con il desiderio del Brand di produrre vini freschi, di qualità e di pronta beva, che non necessitano un lungo affinamento in bottiglia. Questa soluzione, che sempre più si sta diffondendo nel panorama dei fine wines, contribuisce anche a ridurre l'impatto ambientale grazie alla leggerezza del materiale utilizzato e alla facilità del suo riciclo. cod 103670
Torresella
0421 246 111
Rotari è la punta di diamante del Gruppo Mezzacorona.
Nel 2024 il celebre Trentodoc
Cuvée 28 di Rotari si presenta con un nuovo design
el cuore delle Dolomiti in Trentino si stagliano i vigneti di proprietà che danno vita agli spumanti Rotari Trentodoc. I venti freschi, il clima montano-mediterraneo, con gli influssi delle montagne a nord e del lago di Garda a sud e le forti escursioni termiche rappresentano l’ambiente ideale per la coltivazione delle uve alla base di Rotari.
Punta di diamante del Gruppo Mezzacorona, la Cantina Rotari è una delle più significative strutture di produzione di spumante Metodo Classico in
Fondata nel 1977, oggi è una cantina di moderna concezione perfettamente integrata nel territorio circostante. Ideata e costruita nel rispetto dell’ambiente, è una realtà in prima linea per la tutela del territorio, assieme alla sua casa madre Mezzacorona. “Prendersi cura dell’ambiente che ci circonda è un impegno quotidiano. La nostra sensibilità ambientale ha radici profonde”.
In questo 2024, ricco di novità per tutto il Gruppo
Mezzacorona, lo storico Cuvèe 28, che con la sua inconfondibile eleganza ed armonia sigilla l’ingresso a tutto il mondo Trentodoc Rotari, si presenta con una nuova veste. Un design raffinato, assertivo, evocativo di momenti e sensazioni speciali, di festa, di celebrazione. Colori dell’eleganza: oro, bianco e nero; e solo il tocco rosso tipico di Cuvée 28.
Puntando all’eccellenza, il Cuvée 28 è un Trentodoc armonico e fragrante, prodotto con sole uve Chardonnay raccolte a mano nei terreni montani più vocati del Trentino. Sosta sui lieviti per minimo 36 mesi forgiando un carattere di estremo equilibrio in struttura, morbidezza, freschezza e mineralità.
Nel calice si esprime con tonalità gialle dorate e un perlage elegante e persistente. Aromi freschi di frutti maturi uniti a profumi di nocciola e mandorla sono accompagnati da dolci sentori di vaniglia mentre al palato emerge un retrogusto minerale e una piacevole freschezza.
Un Trentodoc perfetto per la quotidianità, che a partire da questa primavera si presenta in una veste ancor più elegante, iconica e raffinata cod 103415
Ladaltempo è un Prosecco Superiore Docg nato nel cuore di Valdobbiadene: innovativo e distintivo, è il risultato di una straordinaria longevità, grazie al Metodo Ruggeri e una maturazione sui lieviti di 60 mesi
Questo è un racconto di saper fare e di innovazione. Si chiama Ladaltempo Nr.1 ed è più di un vino… bensì un pioniere, capostipite di una nuova linea di Prosecco Superiore Docg, quello che nasce nel cuore di Valdobbiadene, della storica Cantina Ruggeri.
Tutto inizia tra i pendii scoscesi e le vigne rigogliose di Valdobbiadene, territorio che l'Unesco ha riconosciuto come Patrimonio dell’Umanità. Qui, da generazioni, il tempo della Natura e quello dell’uomo si intrecciano per dare vita e gusto “all’arte del Prosecco”. E sempre qui Ruggeri ha osato e sperimentato per sviluppare un metodo in grado di dare vita a un Prosecco che va oltre la definizione di “vino giovane con struttura leggera”. Ladaltempo è infatti un Valdobbiadene Docg di eccezionale longevità che vive la sua trasformazione in spumante seguita da una lunga e quieta maturazione sui lieviti che è durata 60 mesi.
Grazie al Metodo Ruggeri - una filosofia che abbraccia l’intero processo produttivo e che include anche l’affinamento per periodi ben più lunghi rispetto alle tradizionali tempistiche del Prosecco - la cantina ha potuto creare bottiglie che si distinguono per maggiore complessità e profondità.
È da questa ricerca che nasce Ladaltempo, non solo un vino ma un progetto enologico, un Prosecco Superiore che riflette e porta con sé un percorso di innovazione visionario da degustare per scoprirne il carattere distinto: equilibrio, spiccata morbidezza, piacevole freschezza e sapidità.
Il processo eccezionalmente lungo da cui scaturisce Ladaltempo rivela il valore intrinseco dell’attesa. Il voler aspettare il momento giusto senza doversi piegare alle scadenze, aspettative e ricorrenze del mondo. Per questo motivo Ladaltempo non uscirà tutti gli anni, né dovrà seguire l’ordine cronologico delle vendemmie.
«Vedrà la luce solo quando gli enologi riterranno sia giunto il momento migliore della sua evoluzione» commentano Paolo e Isabella Bisol, figlio e nipote del fondatore della storica Cantina Ruggeri. «Ladaltempo incarna le tradizioni e il saper fare del nostro territorio, allo stesso tempo racconta l’imprinting visionario di una cantina che da sempre ha voluto sperimentare e mettersi in gioco per creare nuovi percorsi.» Aggiunge Laura Mayr, General Manager di Ruggeri. Il Ladaltempo è disponibile sull' e-commerce di Cantina Ruggeri. cod 103653
Lo stiamo vedendo nelle sale dei cinema di tutta Italia. Il castello di San Salvatore è location d’elezione del nuovo film di Pio e Amedeo “Come può uno scoglio”, girato in gran parte a Treviso e soprattutto nella splendida cornice del castello di Susegana, da sempre proprietà della famiglia dei conti Collalto, antichissima famiglia di origine longobarda che, già attorno all'anno Mille, governa con il titolo di Conti di Treviso, la città stessa. Il maniero è l’emblema inconfondibile del verdissimo panorama che alterna prati e boschi ai suoi rinomati vigneti. Conte Collalto è infatti anche il brand dell’azienda agricola e della
cantina le cui origini sono datate intorno all’anno 958.
Da più di mille anni qui si produce quel vino che ha un grande pregio, vanto di cui poche cantine possono gloriarsi: il vino realizzato proviene esclusivamente dalle uve coltivate nei vigneti di proprietà. Oggi l’azienda agricola è capitanata dalla principessa Isabella Collalto de Croÿ che ha fatto della sostenibilità il punto di forza dell’intera azienda. L’obiettivo è quello di non impattare sul territorio per preservarlo integro e florido. Politica che garantisce agli uvaggi la loro inequivocabile qualità. Prova ne sia il Vinciguerra Rosso Riserva Colli di Coneglia-
Il fletto di cervo, riduzione ai frutti rossi e composta di cipolla rossa di Tropea dello chef Mattia Rizzotto si abbina alla perfezione alle note fresche ma complesse del
Vinciguerra Rosso Riserva Colli di Conegliano Docg di Collalto
no Docg. Il vino, che subito sprigiona intensi profumi di frutta a bacca nera e di prugna, prende il suo nome da un antenato della famiglia Collalto.
Vinciguerra VII (1727 - 1819), abate, fu eminente figura del casato e “si distinse per il rinnovamento agricolo” come scrive lo storico Pierandrea Moro. Il Vinciguerra è un vino prodotto da uve Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Marzemino, tutte provenienti esclusivamente da vigneti di proprietà Collalto, che maturano su un terreno argilloso esposto a sud. Vendemmiato verso la fine di settembre, primi di ottobre viene sottoposto a lunga macerazione a contatto con le bucce e poi affinato in parte in tonneaux da 5 ettolitri e in parte in botti grandi da 50 ettolitri per 36 mesi, per terminare l’affinamento in bottiglia per altri 6/12 mesi in un caveau nelle storiche bottaie di Collalto.
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L’unione del classico taglio bordolese (Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot) con il Marzemino conferisce all’insieme del vino note di estrema freschezza e morbidezza con una struttura intrigante e complessa. Alla vista il colore è di un rosso rubino con sfumature granata. Al naso si riconoscono intensi profumi di frutti a bacca rossa e nera, come ciliegie e prugne, note tostate di tabacco e speziate con cardamomo, pepe nero, liquirizia, cuoio e balsamiche. Molto espressivo al palato in cui emergono freschezza e tannini marcati ma maturi.
Lo chef Mattia Rizzotto del ristorante Il Melograno, che si trova nel suggestivo paesino di Valrovina (Vi) sulle colline bassanesi, ci propone un perfetto abbinamento con un Filetto di Cervo, riduzione ai frutti rossi e composta di cipolla di Tropea. Un piatto complesso che richiama nei sapori i profumi del vino.
Ingredienti (per 10 persone): Filetto di cervo kg 1,6, radicchio trevigiano kg 1
Per la salsa ai frutti rossi: Vinciguerra Collalto Docg ml 400, aceto balsamico di Mode na Dop ml 50, zucchero semola to g 50, ribes rosso g 70, lampo ni g 30, fondo bruno g 500, 1 ci polla di Tropea
Per la composta di cipolla di Tropea: cipolla di Tropea g 50, zucchero semolato g 25, aceto balsamico di Modena Dop ml 100, miele di castagno g 20
Preparazione
Per la salsa ai frutti rossi: vare ribes e lamponi. Met tere in casseruola il vino, l’aceto balsamico, la cipolla di Tropea, lo zucchero, i frutti di bosco e far ridurre.
Passare il composto con il colino cinese e riportare sul fuoco unendo il fon do bruno fino ad otte nere una salsa con la consistenza desider
Per la composta di cipolla di Tropea: mondare, lavare e tagliare le cipolle a julienne con l’aiuto di una mandolina. Mettere le cipolle in una casseruola con lo zucchero, l’aceto balsamico ed il miele di castagno e lasciar cucinare a fuoco lento fino a che la composta non sarà pronta.
Per il filetto di cervo: per cucinare al meglio questo taglio pregiato, è importante scegliere una carne fresca e di qualità. Prima di procedere con la cottura, è consigliabile marinare il fi-
Bisol1542, parte del Gruppo Lunelli dal 2014, è il Prosecco Superiore che porta con sé il patrimonio della tradizione secolare di un territorio unico: le colline eroiche di Valdobbiadene. Rappresenta l’avanguardia in vini audaci nella tecnica e nella visione, è simbolo di italianità e bellezza di due luoghi da preservare, Valdobbiadene e Venezia, tratteggiati attraverso il segno artistico dell’acquerello, riportato anche sull'etichetta.
Bisol1542, l’espressione più pura del Prosecco Superiore di Valdobbiadene, in campagna valorizza le differenze di terroir e suoli, seleziona le migliori uve delle colline Unesco, si prende cura dei suoi vigneti disetanei, cioè con piante tra i 2 e gli 80 anni, impiegando 900 ore annue di lavoro manuale per ettaro, secondo una viticoltura dall’approccio sostenibile. Bisol1542 è firma di eccellenza e di autenticità territoria-
Bollicine tra terroir e tradizione nella culla del Valdobbiadene
Il patrimonio della tradizione secolare delle colline eroiche di Valdobbiadene trova la sua espressione più pura
in Bisol1542,
simboleggiando
l'italianità e
la bellezza di due luoghi da preservare:
Valdobbiadene e Venezia
le. Nella nuova e moderna cantina, luogo creato su misura per garantire distintività a ogni vino, traduce fedelmente quanto fa nei vigneti eroici di Valdobbiadene, secondo uno stile enologico non invasivo.
Il Prosecco Superiore Bisol1542 si declina in cinque bollicine esclusive e di personalità, non solo per il diverso dosaggio (dall’Extra Brut al Dry), amche perché combina l’asprezza delle colline più vocate di Valdobbiadene alla caparbietà dei conferenti che vi lavorano in un sorso raffinato di terroir; realizzato con il Metodo Martinotti, a valorizzare l’aromaticità della Glera e a mantenere l’identità di bollicina informale, ma mai banale, di questo Prosecco.
L’annata, riportata sulla bottiglia, racconta la cremosa grandezza
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PAD 8 | Stand E5
delle Rive con Relio, il rapporto tra Valdobbiadene e Venezia nel minor grado alcolico della Docg, i Gondolieri, la versatilità di Crede, la grazia di Molera e la celebre collina del Cartizze.
Il Prosecco Superiore Bisol1542 è esempio di una qualità senza compromessi, sintesi del “saper fare” di un team affiatato. Pluri-premiato dalla critica internazionale, Bisol1542 è riferimento del Prosecco Superiore in Italia, negli States, in Uk e in oltre 60 Paesi. cod 103257
La storia della famiglia
Tallarini è permeata dalla passione per il vino, che ha spinto Vincenzo Tallarini a realizzare un significativo progetto per la costruzione di Tallarini Wines, oggi gestita con la nuova generazione
La storia della famiglia Tallarini è intrisa di una profonda passione per il vino, che ha portato Vincenzo Tallarini a realizzare un significativo progetto per la costruzione di una cantina in Bergamasca, a Gandosso (Bg), nel borgo di Fontanile, dando vita alla Tallarini Wines.
Attualmente, l'azienda si estende su diverse decine di ettari, distinguendosi come una realtà viticola dinamica e orientata all'innovazione.
Anna, Franca e Roberta Tallarini
La nuova generazione, rappresentata da Anna e Angelo insieme alle rispettive famiglie, continua a gestire l'azienda, apportando rinnovamenti tecnici e produttivi, ma mantenendo saldo l'amore per il territorio e la tradizione che contraddistinguono da sempre la Qualità Tallarini.
Ogni vino firmato Tallarini nasce dal lavoro in vigna: bassa resa, selezione manuale dei grappoli e capacità di cogliere l’attimo per dare il via
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alla vendemmia. La cantina accoglie legni di piccole dimensioni, barrique e tonneau per i grandi vini, acciaio per i bianchi più giovani. Pressatura soffice, criomacerazione, taglio bordolese e appassimento delle uve sono le linee guida. L’affinamento avviene in bottiglia: dai pochi mesi per i vini di pronta beva, fino a diversi anni per quelli di lungo invecchiamento. La produzione annua si attesta ad oltre 200mila bottiglie.
La Collezione Tallarini offre una gamma di vini per le grandi occasioni, tra cui spicca il Moscato di Scanzo Docg, considerato una delle gemme della cantina. La selezione comprende anche etichette prestigiose come Crystal Rime, Maria e Anna Tallarini e Franca Tallarini Metodo Classico Millesimati, Assolo Moscato Giallo della Bergamasca, Valcalepio Moscato Passito di Gandosso, Sérafo Rosso della Bergamasca Igt, Satiro Cabernet Sauvignon della Bergamasca Igt, Gaetano Valcalepio Rosso Riserva Doc e Fabula Chardonnay della Bergamasca Igt. Questo panorama enologico offre un assortimento ampio e ricercato, dove territorio e identità sono i pilastri della filosofia produttiva della Casa di Gandosso. La passione per la vigna persiste, ora arricchita da una consapevolezza evoluta e strutturata.
I vini di Tallarini saranno presenti al Vinitaly, dal 14 al 17 aprile allo stand B9 presso il PalaExpo. cod 103746
Tinazzi celebra il territorio del lago con il nuovo Garda Bianco Dop della linea Ca’ de’ Rocchi, caratterizzato da freschezza e note fruttate, e con il Chiaretto di Bardolino Dop Campo delle Rose, prodotto da oltre 50 anni
diversi da tutti gli altri: non solo sono baciati dal sole ma sono dolcemente abbracciati dal lago. Un terroir unico, ideale per le uve Garganega e Trebbiano.
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Tinazzi, la cantina con sede storica sul lago di Garda fondata nel 1968, presente anche in Puglia da più di 10 anni con la controllata Cantine San Giorgio, crede molto nel nuovo trend di mercato caratterizzato da vini più accessibili, quotidiani che uniscono tradizione e innovazione. Nel cuore del pittoresco territorio gardesano, esistono vigneti
Ed è proprio a questo territorio che la famiglia Tinazzi ha voluto dedicare il nuovo vino Garda Bianco Dop della linea Ca’ de’ Rocchi. Il Garda Bianco Dop, è caratterizzato da una freschezza inconfondibile e da note fruttate avvolgenti, incanta anche i palati più esigenti con la sua eleganza, pur essendo un vino adatto anche al consumo quotidiano. Un bianco fermo ideale nel momento dell’aperitivo, accompagna cibi semplici, fritture ma anche focaccia e pizza.
Sempre dal lago di Garda, e più precisamente da Bardolino, sulla sponda veronese e terra d’origine della famiglia Tinazzi, troviamo già dal 1800 uno dei rosati più conosciuti d’Italia: il Chiaretto di Bardolino Dop.
«Non facciamo l’errore di credere che il rosato sia un vino per sole donne o destinato ad essere bevuto solo
d’estate - dice Giorgio Tinazzi, terza generazione alla guida della Tinazzi - è invece un vino sempre più trasversale, destagionalizzato che si avvicina molto al mondo dello Champagne, è apprezzato soprattutto dai giovani e l’Italia può sicuramente dire la sua».
Al Chiaretto di Bardolino Dop “Campo delle Rose” si accompagna un successo ormai pluriennale, del resto Tinazzi lo produce da più di 50 anni. Il Chiaretto proviene dalla vinificazione in rosa di uve prevalentemente Corvina, è fresco, esile nella struttura, acido e profumato. Al naso è floreale e fruttato con note di fragola, lampone e ciliegia. Gli abbinamenti migliori? Con tartufo nero estivo, pesce, paella e il sushi. Un ottimo vino da aperitivi vista lago.
Gli altri vini della linea Ca’ de’ Rocchi che accompagnano gli aperitivi sono Istà, Pinot Grigio delle Venezie Dop, il Custoza Dop, il Soave Classico Dop e, oltre al Lugana, Bardolino e Valpolicella Dop. cod 103516
Il sole, il mare, l’arte e… il vino. La Puglia è tutto questo e Paololeo ne è l’interprete, con vini che partono dai profumi dei vitigni autoctoni da riscoprire, come la Malvasia Nera, la Verdeca o il Minutolo, passano per la
piacevolezza dei bianchi freschi e fruttati fino ad arrivare ai rossi strutturati simbolo della regione, come Primitivo e Negroamaro. Vini che sono frutto della conoscenza del territorio da parte del fondatore, Paolo Leo, e della sua visione sperimentale, supportata dalla
L’azienda si trova nel cuore del Parco del Negroamaro, il vitigno più ne è l’interprete da 24 anni, con il proprio carattere fiero e deciso, un rosso importante che porta in sé tutto il calore Puglia. Ma la produzione non si limita solo ai vini rossi, bianchi profumati, rosati morbidi e seducenti, rossi bere freschi in ogni stagione. Al centro del progetto sono i vitigni autoctoni, ovenienti dal Salento, da Manduria e è un Fiano in purezza, ideale per l’aperitivo o da abbinare alla cucina fresca e colorata
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della primavera e dell’estate; MoraMora e RosaMora nascono invece dalla Malvasia Nera, vitigno a lungo sottovalutato, che l’azienda ha riportato alla luce. È un vitigno raro, che si esprime in vini originali, da degustare freschi, in ogni occasione.
L’ultimo progetto è la “Cantina Sottomarina”. Prima cantina in Puglia, Paololeo ha accettato la sfida di affidare al mare 1011 bottiglie di Mormora, un Metodo Classico “marino”, ottenuto da due varietà autoctone da riscoprire, la Verdeca e il Maresco. Le acque di Porto Cesareo le custodiranno per 12 mesi a -30 m, riparandole dalla luce e dall’influsso delle fasi lunari, un vino tutto da scoprire. cod 103707
Ferrari, la forza di un nome che nel vino evoca gioia e prestigio. Merito della famiglia Lunelli, imprenditori vinicoli davvero lungimiranti. Hanno custodito i saperi di un sognatore, Giulio Ferrari, il cantiniere di Trento che già nel 1902 sfidava il fascino dello Champagne producendo nella sua città qualche migliaio di bottiglie di spumante classico. I loro TrentoDoc sono inconfondibili per stile e assoluta versatilità, sia le super Riserve che le versioni più im mediate. Tutti i loro vini meritano l’enco mio più sincero per autorevolezza e affi dabilità. In particolare il Giulio Ferrari Trento Riserva del Fondatore 2012 si colloca tra i pochi spumanti italiani in grado di competere in termini di qualità con le migliori cuvée di Champagne, tra cui nomi come Krug e Salon. Questo Chardonnay
puro subisce una maturazione di un decennio sui lieviti in bottiglia prima dello sboccamento. Proviene da alcuni dei migliori vigneti di Ferrari. Le sue eleganti bollicine sollecitano delicatamente il palato, mentre gli aromi accattivanti di mela cotta, pasta dolce, mandorle e limoni canditi catturano i sensi. Ha una struttura testurizzata e raffinata, offre un frutto delizioso e un finale aristocratico.
Ma a tutto questo si aggiunge, dal 2021 e confermata fino al 2025, la sponsorizzazione legata alla premiazione dei piloti da podio nei Gran Premi di Formula 1. Proprio così, le bottiglie che avete visto stappare perlopiù da Max Werstappen (con Carlos Sainz che ha salvato per una volta l’onore della scuderia di Maranello vincendo il GP di Singapore) sono targate Ferrari. �� cod 103781 VInitaly PAD 3 | Stand C3
Stefano Fambri, direttore di Nosio e rappresentante di Rotari, Gruppo Mezzacorona, è stato eletto all'unanimità nuovo presidente dall'assemblea dei soci 2024 dell'Istituto Trento Doc, che rappresenta oggi 67 case spumantistiche trentine e si occupa di promuovere il marchio Trentodoc in Italia e all'estero. «Ringrazio gli associati per la fiducia che mi è
stata accordata - dichiara Fambri. Sarà per me un onore da presidente rappresentare l'Istituto, agendo nell'interesse di tutti. Senza dubbio, insieme al cda le azioni proseguiranno nel segno della continuità rispetto a quanto fatto finora, con lo scopo di consolidare la crescita e il successo fin qui raggiunti, valorizzando ulteriormente l'eccellenza delle nostre bollicine di montagna».
�� cod 103291
VInitaly PAD 3 | Stand B2
La storica Azienda Agricola Drusian sarà a Verona dal 14 al 17 aprile 2024 in occasione di Vinitaly. Quest’anno verranno presentate due novità di Francesco Drusian, terza generazione al timone dell’omonima Azienda dal 1988, sita nel cuore delle Colline di Conegliano e Valdobbiadene, Patrimonio dell’Umanità. Per concludere il ciclo triennale del progetto nato nel 2022, “le RIVE, la nostra FIEREZZA”, che prevedeva la realizzazione di tre prodotti annuali in edizione limitata, verrà svelato lo Spumante Valdobbiadene Docg Rive di Bigolino per omaggiare i vigneti Glera situati dietro l’Azienda. Verrà presentato poi il nuovo brand, Tenuta di Cart, che ap proda a Vinitaly con la rinnova ta veste dello Spumante Rosa to Rose Mari, già noto in casa Drusian, prodotto da uve 100% Pinot Nero provenienti dai vigneti situati ai piedi delle Dolomiti Bellunesi. Seguiranno, in futuro, due vini fermi Pinot Nero e Pinot Bianco in purezza e uno Spuman te metodo classico.
�� cod 103804
VInitaly PAD 6 | Stand B4
Ndi colline morbide e orizzon ti dipinti di vigneti, si celebra la sinfonia di sapori e aromi del Barbera d’Asti Docg, gioiello enologico tutelato dal Consorzio Barbera d'Asti e Vini del Monferrato. Questo territorio, dove il vino diventa poesia e la natura palcoscenico, invita a scoprire non solo la bellezza del paesaggio ma anche la ricchezza di una tradizione vinicola senza tempo.
Il vino Barbera d’Asti Docg, con la sua struttura intensa e note vibranti di ciliegia e prugna, offre un viaggio sensoriale che lega indissolubilmente la passione e la storia di un territorio unico. La sua versatilità la rende protagonista di una tavola ricca e variegata, capace di accompagnare con eleganza una vasta gamma di piatti. Si tratta infatti di un vino capace di abbinarsi perfettamente con la tradizionale cucina piemontese: i tajarin al sugo di salsiccia esaltano la sua acidità e struttura, mentre la sua ricchezza aromatica valorizza piatti avvolgenti come gli agnolotti del plin. Le grigliate di carne, con la loro succulenza, trovano nel Barbera d'Asti Docg il contrappunto ideale grazie alla sua capacità di bilanciare ricchezza e acidità.
La sua versione “Superiore” invece, che richiede un invecchiamento minimo di 14 mesi, di cui almeno 6 in legno, rappresenta l'espressione più complessa e strutturata di questo vino. Con una maggiore concentrazione, il vino Barbera d'Asti Docg Superiore si distingue per la sua profondità aromatica e la sua eleganza, facendosi portavoce di un legame ancora più profondo con la terra di origine.
Estremamente ampio lo scenario culinario che si può aprire con questo vino: dai piatti di carne più strutturati, come brasati e stufati, a formaggi sta-
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gionati di carattere. La sua complessità si sposa splendidamente anche con piatti internazionali, come un ricco curry di agnello o piatti a base di funghi e tartufo, che ne esaltano la ricchezza di aromi e la struttura tannica.
Oltre ai classici piemontesi, la Barbera d’Asti Docg e la Barbera d’Asti Docg Superiore invitano infatti a esplorazioni culinarie che varcano i confini regionali, accostandosi a cucine internazionali che privilegiano intensità e ricchezza di sapori. Dalle carni rosse elaborate alle preparazioni speziate, ogni abbinamento diventa un'occasione per scoprire nuove armonie gustative, testimoniando la capacità di questo vino di attraversare culture e tradizioni, mantenendo sempre un legame vivo con la sua origine. Vini che rappresentano così non solo un patrimonio del territorio ma anche un ponte verso un dialogo enogastronomico globale, dove la tradizione si fonde con la modernità per creare esperienze sensoriali uniche e indimenticabili. cod 103341
Per informazioni: www.viniastimonferrato.it
Paolo Porfidio è laureato in enologia e lavora come head sommelier al ristorante Terrazza Gallia, al settimo piano dell’Excelsior Hotel Gallia di Milano. Si è classificato primo nel sondaggio “Personaggio dell’anno 2019Premio Italia a Tavola” nella categoria Sala e Hotel. Grande è la sua popolarità nel mondo professionale e sui social network, tanto che nel sondaggio era risultato il candidato più votato in assoluto tra tutte le categorie. Nel 2020 è stato nominato coordinatore di Aspi (Associazione sommellerie professionale italiana) Milano. È miglior sommelier per Identità Golose 2023.
Colore rosso rubino con sfumature granata. È caratterizzato anche da una grande concentrazione e un grande tenore alcolico. Al naso, spri giona tutta la potenza, tutta l'eleganza di questo territorio, note spic catamente di evoluzione e quelle fruttate con i tipici profumi di frutta rossa, (ciliegia, amarena leggermente sotto spirito), ma soprattutto delle note piacevolmente speziate, liquirizia, cacao, cannella e noce moscata. Il palato è poi estramente avvolgente e morbido, rotondo ma con una grande freschezza e acidità. Il finale è sinonimo di piacevolezza, ma soprattutto di una persistenza aromatica molto importante. cod 103808 VInitaly PAD 9 | Stand B14
Colore giallo paglierino con dei riflessi verdognoli, fini spiccati e molto luminosi e un piacevolissimo profumo ricco di note di frutta a polpa bianca che virano poi su note aggregate e note tropicali, addirittura troviamo l'ananas, il pompelmo e il cedro accompagnate da piacevolissime note balsamiche di salvia, basilico, timo, ricco e fresco. In bocca freschezza, sapidità, profondità, ampiezza, ma soprattutto una grande persistenza aromatica. Finale persistente con richiamo fruttati di agrumi con conferma di mineralità e finezza.
cod 103810
Giallo paglierino, molto tenue ma vivo, luminoso. Il profumo richiama grandi fiori bianchi, freschi, frutta a polpa bianca, una bella pera, ma anche note agrumate come lime e pompelmo con delle note leggermente tropicali. Al palato è ricco e festoso con questa bollicina ricca e viva che allieta il sorso e lo rinfresca. Grandi acidità e piacevolezza, arricchite dalla parte aromatica. Ritorna la frutta a polpa gialla accompagnata da un'elegante sapidità.
Ottimo abbinato a frutti di mare, tartare di pesce, pasta ripiena, formaggio stagionato come il Parmigiano Reggiano o un brie, o come cod 103811 VInitaly PAD 1 | Stand B4-C4
Eros Teboni
Miglior sommelier del mondo Wsa 2018
iportato in auge da qualche anno a questa parte con risultati sorprendenti, il Pecorino è un vino che presenta interessanti peculiarità. Esprime caratteristiche organolettiche sostanzialmente differenti in base alle zone. Tra i precursori di spicco, l’imprenditore vitivinicolo marchigiano Guido Cocci Grifoni, che lo reintrodusse nei primi anni Ottanta a Offida e a Ripatransone, dedicandosi alla ricerca e alla sperimentazione, stimolando l’intero comparto, mentre di pari passo la rinascita del vino Pecorino si estendeva anche al vicino Abruzzo con risultati di notevole pregio. Eccone tre che mi hanno favorevolmente colpito e che vi consiglio di assaggiare. cod 103759
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ANCONA 3 2
UMANI
PESCARA
FEUDO ANTICO 1
CATALDI MADONNA
CASADONNA
FEUDO ANTICO
VInitaly PAD 7 | Stand B2
Varietà: 100% Pecorino
Forma di allevamento: Guyot
Prezzo medio: € 42 / 50
Un grande Pecorino, realizzato in condizioni estreme, con una tiratura limitata per collezionisti. La vendemmia avviene intorno alla seconda metà di ottobre, la vinificazione con fermentazione spontanea dei lieviti presenti nelle uve, l’affinamento si protrae in fusti di acacia per sei mesi sui lieviti, senza travaso, nei medesimi contenitori di fermentazione, per poi dare corso all’imbottigliamento, senza filtrazione né chiarifica. Al naso una trama olfattiva intrigante, dove prevalgono freschezza, sentori floreali delicati, pompelmo e lime. Al palato corpo e una bella concentrazione, per un sorso fresco, acido, salino, minerale, con impercettibili note esotiche e un finale lungo e persistente.
In abbinamento: Il pescato, il carciofo e il musciame, ricetta di Salvatore Butticé del ristorante il Moro a Monza e socio Euro-Toques Italia
VInitaly PAD 12 | Stand E4
Varietà: 100% Pecorino
Forma di allevamento: Guyot
Prezzo medio: € 12 / 16
Giulia, Pecorino Igt Terre Aquilane, dedicato dal padre Luigi alla figlia Giulia nel suo diciottesimo compleanno, un vino espressivo dei valori aziendali e del territorio, che mi ha fatto provare interessanti sensazioni e sottolinea i caratteri unici del Pecorino di montagna. Al naso sentori tenui di elicriso e macchia mediterranea, insieme a ritorni di arancia, bergamotto e clementina. Al palato corpo e struttura, per un sorso aromatico con note di fieno, fiori disidratati e limone, sostenuto da grande freschezza, pulizia e piacevolezza, un’acidità marcata in armonia con un sorso, sapido, lungo, persistente, definito, di grande bevibilità.
In abbinamento: Timballo di pane, alici di Cetara e pomodori Marinda, ricetta di Marco Apicella del Ristorante Al Peschereccio di Vedano Olona in provincia di Varese e socio Euro-Toques Italia
VInitaly PAD 7 | Stand E4
Varietà: 100% Pecorino
Forma di allevamento: Guyot
Prezzo medio: € 12 / 16
Si produce nella tenuta di Montipagano nei pressi di Roseto degli Abruzzi, 27 ettari coltivati in regime biologico, sulle pendici di una collina che guarda al Gran Sasso. La vendemmia si svolge all’inizio di settembre, in cantina si da luogo a una pressatura soffice separando il mosto fiore dal mosto di pressatura, la fermentazione avviene in serbatoi di acciaio per 20 giorni, l’affinamento si protrae per circa 12 mesi in cemento e 5 in bottiglia. Al naso sprigiona delicate nuances floreali di biancospino e geranio, con sentori di chinotto, mela Granny Smith, salvia. Al palato è elegante, con una buona concentrazione, fresco, sapido, minerale, con note erbacee e floreali, tanta frutta gialla, pesca e albicocca, per chiudere lungo, con note finali di agrumi e lievi spezie.
In abbinamento: Paparuol e Aulive, pollo alla 'nduja, olive e peperoni arrostiti, ricetta di Giovanni Solofra, Chef del ristorante 2 Stelle Michelin “Tre Olivi” di Paestum
Ldi Giuseppe De Biasi
e cantine cooperative in Italia hanno storicamente svolto un ruolo centrale nello sviluppo della viticoltura del nostro paese. Sia sotto il profilo del sostegno sociale dei piccoli viticoltori (e della preservazione dei terreni vitati) sia come incubatore professionale per enologi e produttori diventati, una volta in proprio, storie di successo. Dall’Alto Adige alla Sicilia le cooperative del nuovo millennio hanno sempre più messo a frutto il vantaggio dell’eterogeneo corpus vitato non solo con un approccio quantitativo ma puntando ad una qualità che mira al podio delle guide di settore.
Rientra in questa categoria una storica realtà salentina come la Cupertinum, cantina cooperativa fondata nel
1935 a Copertino, splendida cittadina leccese che dall’alto dell’imponente castello domina l’area classica del Negroamaro. Vitigno identitario (tanto da dare il nome anche alla famosa band caratterizzata dalla grintosa vocalità di Giuliano Sangiorgi) come dimostra anche l’encomiabile progetto di far rivivere la vigna antica sui bastioni delle mura del castello, con filari di Negroamaro Cannellino, antica varietà autoctona. Sotto l’accorta guida di Francesco Trono e Giuseppe Pizzolante Leuzzi, rispettivamente presidente ed enologo della Cupertinum, il vitigno si esalta nel riuscito trittico rosso “Copertino Doc-Riserva-Settantacinque” e nell’armonico rosato “Spinello dei Falconi”, tutti caratterizzati da un ragguardevole rapporto qualità/prezzo.
Per spiccare l’acuto nell’originale “Glykòs 2019”, decretato più volte mi-
Il Franciacorta Docg Testanera Riserva 2016 di Centinari nasce nei vigneti di natura more nica situati nell’area di Erbusco, Adro, Cazzago e Gussago, prodotto interamente da uve 100% Chardonnay. Il metodo consolidato prevede la rifermentazione in bottiglia, la lenta maturazio ne e l’affinamento sui lieviti per almeno 72 mesi,
Puglia. In greco, il suo nome si traduce con “dolce”. I selezionati grappoli di Negroamaro dei filari coltivati ad alberello pugliese trascorrono 40 giorni ad appassire sui graticci prima di svelare nel calice il bel color rubino profondo con riflessi granata.
Naso di frutti rossi in confettura, ciliegia, mora, mirto e liquirizia e sorso ammaliante e rotondo per un campione da abbinare ad una torta caprese o ad una corroborante meditazione. Prezzo: 19 € (500 ml).
VInitaly PAD 11 | Stand F2 cod 103648
ben oltre quelli previsti dal disciplinare, durante i quali vengono ripetuti manualmente dei bâtonnage che andranno a caratterizzare il profilo gustativo e olfattivo.
Giallo intenso con riflessi accesi e brillanti, piacevole profumo speziato, ricorda le bacche di vaniglia, con una leggera nota di pepe bianco, fresco e sapido al palato. Persistente e ricco, frutto di un’annata particolare. L’azienda Centinari rappresenta un nuovo capitolo della storia della famiglia Togni che da 70 anni fa impresa con il vino e oggi è alla terza generazione, con Elisa e Andrea Togni. cod 103656
IBonetta di Campobello di Licata sono vignaioli da sempre; nel 2007, stanchi di vendere ottime uve, realizzarono la cantina con i più moderni requisiti assumendo come consulente Riccardo Cotarella. Hanno la fortuna di possedere terreni calcarei ricchi di gessi anche cristallini, di sostanze minerali che infondono ai vini caratteristiche uniche, viti reimpiantate con attenzione a partire dal 2000, maniacali cure col turali, trattamenti ridotti allo stretto necessario con coltivazione sostenibile e lotta integrata, a quote sui 250 m non molto lontani dal mare. In più lavorano con passione e dedizio ne e con le idee chiare.
Tutto quello che riguarda l’attività dell’azienda, dal la comunicazio ne alle etichette, dall’accoglienza alla qualità dei vini, è studiato e rea lizzato al meglio. Il risultato è che i vini oltre ad essere di eccelsa qualità sono molto ap
prezzati dalle guide e nei concorsi internazionali anche con le etichette più economiche, a tal proposito aggiungiamo che il loro rapporto qualità/prezzo è notevole.
Nero d’Avola, Syrah, Chardonnay, Grillo e Insolia nei loro 50 ha, e nonostante il successo da anni non hanno ingrandito la proprietà proprio per lavorare con cura.
Delle 13 etichette tra cui 4 spumanti m.c. degustiamo Adènzia Rosso 2020 Doc Sicilia appena in commercio, Nero d’Avola e Syrah. Vendemmia a mano, macerazione di 20 giorni a temperatura controllata, affinamento in botti legno-acciaio per 12 mesi e in
Nel calice colore rubino quasi impenetrabile, al naso amarena, prugna, frutti di bosco, note speziate e balsamiche, complesso e fine; in bocca spicca la sua giovinezza vivace, con tannini già morbidi e bilanciata acidità, corpo non possente per valorizzare la bevibilità, tanto lungo e
Sono 41.500 bottiglie da comprare a casse a € 16.50 e man mano gustarne l’evolu-
di Piera Genta
Un Etna Rosso Doc della cantina
Al-Cantàra da uve di nerello mascalese della vendemmia 2019 provenienti da uno specifico appezzamento della Contrada Feudo Santa Anastasia, a Randazzo (Ct) sull’Etna, dove ha sede l’azienda. Una sosta per 14 mesi nei tonneaux di castagno, essenza tipica della zona, imbottigliato in 1340 esemplari. Un vino dedicato ad un racconto non molto conosciuto di Giovanni Verga in cui racconta le vicende poco fortunate di Don Candeloro un burattinaio la cui arte va in malora a causa dell’avvento di un nuvo modo di fare teatro. Si spiega l’etichetta realizzata dall’artista Annachiara Di Pietro: tre pupi siciliani sullo sfondo di un sipario con i decori tipici del teatro dell’Opera dei Pupi riletti secondo i codici stilistici dell’artista. Tutte le etichette sono numerate e rifinite a mano. cod 103655
VInitaly PAD 2 | Stand B20
L’attività di vinificazione è fondamentale per valorizzare le qualità organolettiche e l’aromaticità di un vino. Il mondo dell’enologia può contare su gas tecnici, ricerca e innovazione, ingredienti fondamentali per contrastare anche gli effetti dei cambiamenti climatici. Tra i pionieri dell’innovazione c’è la Cantina Crifo di Ruvo di Puglia (Ba), che insieme a Siad e all’Università del Salento ha portato
avanti un progetto unico con risultati decisamente positivi.
Proprio i vantaggi indotti dall’uso dell’anidride carbonica e dell’azoto, oltre ad argon e ossigeno, nella produzione di vini rosati in ambiente Mediterraneo, hanno rappresentato l’assunto che ha portato alla vittoria del Premio Internazionale Siad edizione 2023.
La Cantina Crifo di Ruvo di Puglia (VInitaly PAD 11 | Stand C2) ha in particolare sperimentato il processo di criomacerazione pellicolare in pressa
nella vinificazione in rosato del Bombino nero. Il gruppo di ricerca, coordinato dal responsabile del progetto, il professor Vito Michele Paradiso dell’Università del Salento, era composto anche da Massimo Tripaldi, enologo della Cantina Crifo di Ruvo di Puglia, Biagio Bianchi (Università degli Studi di Bari), insieme a Ilaria Prezioso e Ignazio Allegretta (Università del Salento).
«Il nostro lavoro è cominciato più di due anni fa e lo scorso anno abbiamo applicato il metodo innovativo alla seconda vendemmia del Bombino Nero, in collaborazione con Siad e la cantina Crifo di Ruva di Puglia - commenta Vito Paradiso - Il focus sui vini rosati pugliesi, in particolare sul vitigno Bombino Nero da cui nasce la Docg Castel del Monte, permette di gestire l’inizio del processo di vinificazione, una fase molto delicata perché l’uva appena pigiata richiede una protezione dall’ossidazione e dai fenomeni di degradazione che determinano la qualità del vino. Nel nostro caso abbiamo raffreddato il pigiato utilizzando la tecnologia Kryos® di Siad, con i gas criogenici introdotti in fase liquida o gassosa, in modo da allontanare rapidamente l’ossigeno. Si tratta di un’operazione fondamentale».
«Per quanto riguarda la cessione di colore e l’arricchimento dal punto di vista aromatico - prosegue Vito Paradiso - aumentando l’estrazione di aromi primari presenti prevalentemente nelle bucce delle uve, che trasmettono al vino noti floreali e agrumate. I vantaggi sono notevoli, a partire dal punto di vista della qualità sensoriale» conclude. «Se il primo anno abbiamo utilizzato solo anidride carbonica, nella scorsa vendemmia abbiamo differenziato con altri gas tecnici come l’azoto. I risultati sono decisamente positivi e nei prossimi anni valuteremo se l’innova-
zione si traduce anche in una maggiore longevità del vino».
Criomacerazione, la Cantina Crifo si spinge oltre i
Ma quali sono state le reazioni del consumatore sul mercato? «Il vino in commercio ci sta dando grandissime soddisfazioni» afferma convinto Massimo Tripaldi, enologo della Cantina Crifo di Ruvo di Puglia, che produce oltre 4 milioni di bottiglie ogni anno, mentre il progetto ha riguardato 40 mila bottiglie di rosato. «Pur rispettando la varietà, la tecnologia dona al pigiato uno spettro olfattivo molto più ampio e accattivante. La scorsa annata si è rivelata carica di profumi inaspettati e ora proseguiremo con la sperimentazione, allargandola anche ad altri bianchi e rossi».
Maurizio Frati, esperto del Gruppo Siad per la parte enologia, afferma «che i gas tecnici diano un contributo importante nei processi di vinificazione è un fatto ormai consolidato e quanto hanno espresso fino ad ora è solo una parte di quello che possono ancora dare. Se, cosa, come e quando lo daranno dipenderà da come ci si muoverà nella loro ricerca».
Per questo scopo e con il fine di ottimizzare l’impiego delle risorse necessarie all’individuazione e al rapido sviluppo di nuove opportunità, Siad e Diemme Enologia Spa hanno avviato una collaborazione per unire le rispettive competenze e capacità operative, finalizzate alla messa a punto di tecnologie innovative e nell’implementazione delle esistenti nella filiera vitivinicola, in particolare nella prima parte: dal distacco del grappolo dal tralcio fino alla fermentazione. Il primo passo di questa collaborazione, che fa seguito ai risultati delle ricerche effettuate nella cantina Crifo, è l’implementazione della tecnologia Kryos® che si concretizzerà in una nuova impiantistica capace di operare sia con anidride carbonica che con azoto e le cui prestazioni saranno verificate sperimentalmente nella vendemmia 2024. Le cantine avranno così a disposizione un ulteriore strumento a supporto della ricerca del miglioramento qualitativo dei loro prodotti. cod 103508
Shanky’s Whip è frutto di una fusione impeccabile tra Black Irish Whiskey e altri distillati irlandesi con aromi naturali di vaniglia e caramello. Prodotto interamente in Irlanda è distribuito in Italia da Onestigroup
Shanky’s Whip è una straordi naria fusione di Black Irish Whiskey e altri distillati irlan desi arricchiti con aromi naturali di vaniglia e caramello. Questo liquore, completamente prodotto in Irlanda, si presenta in un’elegante ricetta ori ginale pronta a conquistare anche i palati più esigenti. È distribuito in Ita lia da Onestigroup. Dal colore noce scuro, Shanky’s Whip offre un bou quet olfattivo avvolgente e comples so, caratterizzato da note cremose, caramellate, burrose e speziate. Al palato, si rivela un’esperienza ricca e vellutata, con pronunciate sfumature
di vaniglia e caramello. Le caratteristiche distintive del whiskey irlandese emergono in modo persistente, conferendo complessità e profon-
i gusti. Grado alcolico del 33% e in formato da 70 cl.
Il marchio è rappresentato da un’etichetta che promuove l’intrigan-
Il Gruppo presenta “Acque in mostra”, lo stand che racconta l’essenza e le novità delle sue acque di punta. Refresco Italia, ha confermato anche quest’anno la sua presenza dal 18 al 20 febbraio all’evento fieristico di Beer&Food Attraction di Rimini, manifestazione che ha riunito la più completa offerta nazionale e internazionale di tendenze per gli operatori del mondo food and beverage e, per la prima volta, ha presenziato anche dal 10 al 13 marzo a Erba a Ristorexpo.
Lo stand è stato incentrato sui principali brand di acqua minerale del
gruppo: Mood, Valverde, Recoaro e S. Antonio, oltre ad Acquando, il servizio di acqua minerale in vetro a domicilio. Da un lato sono stati allestiti 3 totem, ognuno dedicato alle acque minerali di punta dell’azienda: Valverde, Mood e Recoaro.
Sui totem erano presenti foto retroilluminate del prodotto, in particolare: l’immagine di Recoaro rappresenta in primo piano la bottiglia Vanity con lo sfondo dell’Italia vista dallo Spazio, per sottolineare la presenza del prodotto su tutte le tavole dei migliori ristoranti italiani.
Per Mood, all’interno dello stand c’era il primo dei soggetti con cui si apre la nuova campagna adv 2024 rivolta al target B2b. Per Valverde, è stata scelta un’immagine che esprime tutta la sua eleganza: con la sua bottiglia dal design essenziale e la sua purezza unica che incontra ogni mise en place. L’intero allestimento è stato pensato per dare importanza ad ogni brand, ricreando l’atmosfera di una mostra. L’altro lato, composto da una parete continua, è stato dedicato alle novità in fase di sviluppo: una parete come un foglio sul quale sono disegnati i profili delle bottiglie che sono in fase di progettazione. Al centro dello stand era presente un ledwall, sul quale veniva visualizzato un video istituzionale dell’azienda e alcune delle sponsorizzazioni e collaborazioni dei brand. Il contrasto tra i colori scuri dello stand e la luce dei neon posizionati alla base dei totem e sulla parete, unitamente al pavimento lucido, hanno amplificato lo spazio donando un’atmosfera elegante e di grande impatto. cod 103556
Marco Bazzara, Sensory Project Manager e Academy Director della Bazzara Academy, condivide preziosi esercizi sensoriali per affinare le capacità gusto-olfattive degli assaggiatori e a potenziare le loro abilità
Per verificare il livello di percezione degli assaggiatori sulla base della loro sensibilità sensoriale o semplicemente per allenare le proprie capacità gusto-olfattive, si possono realizzare diversi esercizi sensoriali. Marco Bazzara, Sensory project manager e Academy Director della Bazzara Academy ci spiega quali sono e in cosa consistono.
«Allo scopo di stimolare l’olfatto a riconoscere e memorizzare gli odori, - afferma - si possono adoperare delle essenze, impregnando dei batuffoli di cotone con la sostanza odorosa scelta, per poi inserirli in piccoli flaconi di vetro e utilizzarli all’occorrenza. Sempre per aiutare a indivi-
duare e identificare singolarmente i diversi aromi naturali e a sviluppare la propria “banca dati olfattiva”, si rivela molto utile annusare svariati infusi di spezie o di erbe aromatiche, varietà diverse di frutta essiccata o succhi di agrumi freschi».
«Un altro esercizio praticabile durante tutte le ore del giorno - prosegue Marco Bazzara - consiste nel migliorare e aumentare l’attenzione agli odori e ai profumi dell’ambiente in cui viviamo e alla moltitudine di fragranze che la natura ci mette a disposizione».
«In questo caso, l’esercizio consiste
nell’assaggiare una serie di piccoli campioni con diverse soluzioni di sostanze sapide, ovviamente senza sapere come siano composti e con l’obiettivo di individuarne le differenze e i rispettivi sapori. I campioni vengono preparati da soluzioni base diluite a concentrazioni decrescenti utilizzando acqua neutra a temperatura ambiente e i seguenti prodotti: caffeina, solfato di chinino o estratto di tarassaco per l’amaro, acido citrico o tartarico per l’acido, saccarosio per il dolce, cloruro di sodio per il salato e glutammato di sodio per l’umami» conclude.
�� cod 103639
Per informazioni:
www.bazzara.it/formazione/
Tra Emirati Arabi e Grecia: sono solo alcune delle ultime tappe internazionali di Essse Caffè, la storica torrefazione bolognese - fondata da Francesco, Chiara e Cristina Segafredo - che sempre più rafforza la propria presenza sul mercato estero. Medio Oriente e Grecia sono scenari di punta per Essse Caffè, e proprio qui l’azienda ha recentemente partecipato, con grande successo di pubblico specializzato, a Gulfood Dubai e Horeca Atene: la prima, manifestazione dedicata al comparto food punto di riferimento per tutto il Medio Oriente, la seconda, fiera leader per il settore dell’ospitalità e della ristorazione della Grecia. Appuntamenti che, insieme ai dati sull’export - con un peso che ormai ha raggiunto quasi il 25% sul fatturato totale - segnano positivamente la presenza di Essse Caffè nel mondo.
Lo conferma Pietro Buscaroli, direttore commerciale estero di Essse Caffè: «Portare l’espressione del miglior espresso italiano in nuovi territori ci apre a rinnovate sfide e opportunità. Stiamo sviluppando sempre di più incontri di training e formazione presso distributori e clienti, perché siamo convinti che attraverso queste azioni mirate passi il ‘far cultura’ di questa eccellenza italiana. A Gulfood non a caso lo stand Essse Caffè è stato teatro di diverse masterclass molto seguite ed apprezzate, a dimostrazione del fatto che il nostro segno distintivo si esprime al meglio anche, e soprattutto, nella formazione e nel trasmettere al pubblico la passione che mettiamo nel nostro lavoro. Anche Atene è stato un palco di ampio respiro: la Grecia infatti è uno dei nostri mercati più importanti, e il primo a livello europeo». �� cod 103470
Moak presenta Coffee Jockey, la nuova macchina del caffè del sistema For You, disegnata dal designer Odo Fioravanti. Un gioiello tecnologico, dalle linee pulite e dal design moderno, dotato di un display interattivo che aiuta a selezionare e personalizzare la propria bevanda, ideale, infatti, per gli uffici e gli ambienti di lavoro grazie alla possibilità di raggiungere dalle 10 alle 20 erogazioni al giorno.
La storica torrefazione viennese Julius Meinl, con cuore produttivo a Vicenza, entra ufficialmente a far parte dell’iniziativa Coffee&Climate, segnando una tappa significativa nell’impegno costante dell’alleanza nell’affrontare le sfide provocate dal cambiamento climatico, supportando le famiglie dei piccoli coltivatori di caffè. Con una storia più che decennale, C&C si pone come uno dei network più resilienti nel panorama della sostenibilità del caffè, promuovendo la collaborazione tra partner pubblici e privati per affrontare il profondo impatto del cambiamento climatico sulla produzione del caffè.
Christina Meinl, membro della famiglia alla quinta generazione, ha espresso la sua dedizione a questa causa, dichiarando: «Come azienda familiare, abbiamo sempre gestito la nostra società in modo responsabile, e spetta a noi assumere un ruolo attivo nella creazione e nell’adesione a iniziative sostenibili che avranno un impatto positivo sull’intero settore del caffè. Abbiamo sempre cercato di offrire le migliori miscele di caffè agli appassionati di tutto il mondo e l’adesione all’iniziativa coffee&climate rafforza la nostra dedizione all’approvvigionamento etico e alle pratiche sostenibili». �� cod 103505
Renato Zaghini: «grande soddisfazione per il podio nella classifica TasteAtlas»
Il Grana Padano si conferma leader nella graduatoria dei formaggi di TasteAtlas, consolidando la sua posizione con oltre 5 milioni di forme prodotte nel 2023. Il presidente del Consorzio di Tutela, Renato Zaghini, esprime la soddisfazione per questo riconoscimento e sottolinea come la territorialità rimanga fondamentale per l’export garantendo sostenibilità in tutti gli aspetti della produzione
In un contesto gastronomico internazionale sempre più competitivo, il Grana Padano ha conquistato un prestigioso posto sul podio nella graduatoria dei formaggi stilata da TasteAtlas. Con oltre 5 milioni di forme prodotte nel 2023 e una presenza consolidata nei mercati globali, il Grana Padano si conferma leader indiscusso tra i formaggi Dop più consumati al mondo. Il presidente
del Consorzio di Tutela, Renato Zaghini, svela la sua visione su questo riconoscimento e su altri temi chiave che caratterizzano la realtà del Grana Padano.
Il Grana Padano è sul podio nella graduatoria dei formaggi stilata da TasteAtlas: cosa significa questo riconoscimento per il consorzio e come giudicate il fatto di dividerlo con altri prodotti italiani come Parmigiano Reggiano e Burrata?
Per la filiera del Grana Padano è naturalmente una grande soddisfazione, che spiega il primato di formaggio Dop più consumato nel mondo che deteniamo da anni, migliorandolo nel 2023 con 5.456.349 forme prodotte con più di 2 milioni esportate solo nei primi dieci mesi dell’anno. Condividerlo con altre due eccellenze è importante perché conferma una nostra convinzione che abbiamo invitato le altre grandi Dop a condividere. Noi come
L’export continua a crescere e più in generale Grana Padano è la Dop più richiesta e consumata a livello mondiale: per la sfida internazionale è la territorialità la chiave?
È sicuramente l’elemento centrale, come abbiamo ribadito nel claim “Grana Padano Dop: un’emozione italiana”, che abbiamo portato con successo nei più importanti mercati esteri. E racchiude tanti punti di forza, primo fra tutti il forte e decisivo richiamo all’essenza della Dop, che impone come ogni ingrediente, dall’alimentazione delle bovine al caglio, sia prodotto nella zona di produzione. Andiamo quindi oltre il Made in Italy, che prevede più semplicemente la sola fase produttiva in Italia. Inoltre garantire la territorialità significa garantire la sostenibilità in tutti i suoi aspetti, cominciando dal benessere animale sino al miglioramento dell’impatto ambientale della produzione.
Queste opinabili affermazioni danno spago a produzioni senza controlli, che poi scimmiottano nei nomi e nei richiami le produzioni Dop, ampliando quindi il danno delle contraffazioni. Quindi, chiediamo alle istituzioni europee che tutelano le Dop e a quelle del nostro paese, il più ricco di queste eccellenze, di estendere nel mondo le tutele alle nostre eccellenze attraverso un’attenta definizione di accordi bilaterali con i paesi con i quali è importante lo scambio commerciale.
Cosa significa l’aver conseguito la certificazione sulla parità di genere e che politiche avete messo in atto?
Questo riconoscimento ottenuto dall’ente Dasa-Rägister Spa, preposto al rilascio della certificazione, premia il percorso intrapreso (da sempre ) mediante il quale abbiamo garantito e promosso un ambiente di lavoro sano e rispettoso delle pari opportunità. Ottenere la certificazione signifi
al 42%. Sono dati che dimostrano quindi come l’impegno dei consorziati sia iniziato tempo fa. Ora dobbiamo chiederci: quando avremo una donna presidente del Consorzio?
Avete preoccupazioni circa la situazione del settore agricolo considerando le nuove normative e le relative proteste?
La remunerazione dei produttori è da sempre al centro dell’attività del Consorzio, che per questo è nato con l’obiettivo di riuscirci attraverso la valorizzazione e la promozione di prodotti di qualità. Le filiere distributive spesso troppo lunghe sono un male antico, gli aumenti fuori controllo dei costi di produzione colpiscono l’economia senza che le imprese abbiano responsabilità, questo perché sono diventati armi di guerre che provocano vittime diverse. Siamo solidali con chi è in difficoltà e crediamo nella necessità di un confronto serrato, convinti che vi siano le
In tema di redditività del latte, che scenari prevede per il prossimo anno?
I dati raccolti a gennaio indicano un prezzo sui mercati inferiore ai 50 centesimi, ma alcuni produttori sono riusciti ad arrivare a questa soglia. L’obiettivo deve essere quindi quello di spingere i consumi. Ma in questa direzione sono fondamentali le scelte della Gdo. Il latte che sfiora i 2 euro al litro è un boomerang per tutti.
Cosa prevede e perché avete deciso di siglare un accordo con Aia e Fedana per la difesa e la valorizzazione della bovinicoltura? Avete intenzione di stipularne altri di questo tenore?
Ci auguriamo che ogni accordo possa aprire nuove opportunità e siamo attenti a coglierle. L’accordo sancisce un’alleanza strategica per condividere e rielaborare una serie di dati raccolti in particolare nell’ambito dei progetti gestiti dalle Ana socie di FedAna e realizzati grazie alla sottomisura
2005 e da poco è online anche il relativo portale: cosa porta di nuovo nella vostra attività e che ruolo può giocare nel rapporto con il consumatore?
Il nuovo portale Educazione Nutrizionale Grana Padano, realizzato con le tecnologie digitali più avanzate, ha un nuovo layout e una maggiore capacità di coinvolgere l’utente per informarlo sui principi della prevenzione primaria e diffondere informazioni sull’equilibrata alimentazione e un corretto stile di vita, volte a migliorare il benessere e la salute di ciascun individuo. Sarà inoltre possibile scaricare 10 App facili da usare e utili per seguire programmi alimentari che promuovono il benessere, danno indicazioni sul proprio stato fisico o sulle calorie da consumare in una giornata per rimanere in forma. Le App offrono servizi adatti a tutte le generazioni, compresi i millennial, per stimolarli ad occuparsi della loro salute. Sono, inoltre, disponibili App per l’infanzia e l’adolescenza, utili ai genitori per il benessere dei loro figli ed anche servizi e informazioni adatti ad un target più maturo, che trattano di menopausa o invecchiamento precoce per affrontare con maggiore serenità l’avanzare
Che risposte avete avuto dall’iniziativa “Il gusto del quotidiano - Lavoro e compimento di sé, da San Bene-
Grande è stato l’interesse raccolto in occasione del Meeting di Rimini. Stiamo valutando la possibilità di riproporlo in altre sedi, in collaborazione con istituzioni culturali e altri Enti.
Mdi Gabriele Ancona
enu selvaggi. Questo il titolo della campagna di promozione dei prodotti ittici di Alaska Seafood. Un’iniziativa di grande impatto proposta grazie all’estro di alcuni titolati professionisti della cucina. Non cuochi e ristoranti a caso. Dal 20 febbraio, per un mese, otto locali che fanno parte di Airg-Associazione italiana ristoratori giapponesi che promuove la cucina
del Sol Levante attraverso eventi e degustazioni, mettono in menu salmone selvaggio, black cod (merluzzo nero) e ikura (uova di salmone) dell’Alaska, a conferma del gusto, della versatilità e della naturalità di questi pesci. Otto famosi chef, che fanno cucina giapponese e non “alla giapponese”, a cui si è aggiunta la firma gastronomica di Claudio Sadler, stella Michelin e socio Euro-Toques.
Alaska Seafood, grandi interpreti, grandi cucine Protagonisti dell’evento sono i risto-
ranti milanesi Chic’n Quick (Claudio Sadler), Finger’s Garden (Roberto Okabe), Kokoro (Fabio Fucentese e Mariko Yamamoto), Osaka (Takimoto Takaaki), Poporoya (Minoru e Mami Hirazawa), Shiro (Ikeda Osamu), Zero (Wakui Daigo) e Mambo Tony Sushi a Varallo Sesia, Vercelli (Tony Dimartino) e Mikachan (Michaela Giambanco) a Roma.
“Menu selvaggi” continua la serie di eventi iniziata in gennaio, il “Wild Alaska Seafood Month”, un mese dedicato al senso di responsabilità, a quella sostenibilità che, per il pe-
scato dell’Alaska, rappresenta una priorità assoluta grazie una legge del 1959 entrata nella Costituzione. Tutte le specie ittiche nascono e crescono libere, nutrendosi nelle acque dell’estremo nord dell’Oceano Pacifico. Acque ricche di Omega 3, acidi grassi polinsaturi a catena lunga, veri e propri alleati della salute.
Alaska Seafood, alimenti che tutelano la salute
Il pesce selvaggio dell’Alaska è infatti ricco di nutrienti che riducono il rischio di malattie. Gli acidi grassi Omega 3 quello di cardiopatie e l’insorgenza del morbo di Alzheimer, mentre il potassio favorisce il controllo della pressione e riduce l’avvento di ictus. Presenti anche ferro, rame, zinco, selenio, vitamina D e B, oltre alle proteine che proteggono le ossa e mantengono la massa muscolare.
L’Alaska Seafood, come dimostrato dai ristoranti che hanno aderito all’iniziativa, in cucina si rivela versatile, regalando menu diversificati sia per valore nutritivo che per gusto. La consistenza è soda e compatta
per il salmone e morbida per il black cod, conosciuto anche come pesce burro. Italia a Tavola ha degustato le ricette elaborate da Wakui Daigo al
ristorante Zero di Milano. cod 103535
Per informazioni:
www.alaskaseafood.it
• CHIC’N QUICK | Scaloppa di Black Cod con riduzione di Pinot nero, lime e zenzero, spuma di patate e verza ricciolina croccante.
• FINGER’S GARDEN | Un intero menu dedicato ai prodotti ittici dell’Alaska.
• KOKORO | Gindara no nitsuke, stufato con dashi sake, zucchero, mirin, soia e zenzero fresco; Tartare di salmone rosso, condito con succo yuzu, yuzukosho, sale olio evo e ikura.
• MAMBO TONY SUSHI | Alaska Ikura Gunkan, bocconcini di riso sushi, alga nori, ikura marinata in salsa ponzu.
• MIKACHAN | Avvolgente Gindara: marinato in miso, sale, zucchero e scorze yuzu; Perle del mare d’Alaska, marinato in soia, sale e mirin.
• O SAKA | Sake ikura don: riso da sushi ricoperto con salmone e ikura: Gindara Saikyoyaki: carbonaro dell’Alaska marinato al miso e grigliato; Salmone Fry tartare: salmone con panatura croccante e salsa tartara; Salmone teryaki: filetto scottato alla piastra in salsa.
• POPOROYA | Syakedon: riso sushi con salsa della casa sopra fettine di salmone fresco, ikura e semi di sesamo; Ikura gunkan: bocconcini di riso sushi, alga nori e ikura; Ikura temaki: coni di alga nori con riso sushi e ikura.
• SHIRO | Syake shioyaky: salmone alla piastra, sale; Gunkan nigiri ikura: bocconcini di riso sushi, ikura marinato nela soia, alga nori, Gindara saikyoyaki: black cod marinato con miso,sake, mirin e zucchero, alla piastra.
• ZERO | Black Cod marinato in crema di miso; Sushi e Sashimi di ikura in purezza; Roll di Salmone affumicato con salsa al mango, pepe e wasabi; Tartare di salmone con ikura e gelée di ponzu.
Nel viaggio attraverso il mondo delle razze bovine autoctone italiane, ci immergiamo nel cuore del Piemonte per scoprire la Fassona: un’eccellenza del made in Italy, fregiata con l’Igp “Vitelloni Piemontesi della Coscia”
Ndi Matteo Scibilia
el nostro “viaggio” nel mondo della carne vogliamo approfondire la storia e il mercato delle razze bovine autoctone italiane, soprattutto di questi tempi, in cui ristoranti, distributori e macellerie, sempre più spesso propongono e vendono carni che arri-
vano dagli angoli più disparati del mondo: Kobe, Wagyu, Black Angus, Rubia Gallega, solo per citarne alcune.
Il nostro viaggio comincia visitando una regione che ha nel proprio Dna la carne bovina: il Piemonte. Regione spesso associata alla carne pregiata, come i il famoso Bue grasso di Carrù, nonostante rimanga una nicchia, riservata a pochi eletti chef e appassionati che realizzano splendidi bolliti, e la ben più nota Fassona Piemontese.
La Fassona è una razza bovina molto speciale, un’eccellenza assoluta del Piemonte e del made in Italy, fregiata con l’Igp “Vitelloni Piemontesi della Coscia” una precisa tutela di questa carne che deriva da bovini di Razza Piemontese allevati nell’area dove storicamente è sempre stata presente, nelle stalle come nei mercati zootecnici locali.
In quanto Igp, una volta assicurata l’origine della materia prima (ossia dell’animale giunto a maturità commerciale), non sono presenti vincoli sul luogo in cui avviene la macellazione e la lavorazione della carne. Pur senza alcun vincolo territoriale imposto da qualsivoglia disciplinare, risulta comunque che il 97% dei bovini allevati in Piemonte viene macellato in stabilimenti ubicati nella stessa regione, e questo incide positivamente sulla qualità della carne. Il disciplinare, prevede l’allevamento di una femmina adulta di Razza Piemontese, di età superiore ai 48 mesi e alimentata con prodotti vegetali e naturali di prima qualità.
L’origine storica del termine “Fassone”
Questo termine è il risultato di una traduzione letterale e puramente fonetica del sostantivo “fasson”.
Idioma che il sacerdote chierese Casimiro Zalli, nel suo “Disionari piemontèis, italian, latin e fransèis” edito nel 1815, traduceva come: “maniera”, o “foggia”. Come capita nei dialetti, dove l’etimologia di certe locuzioni è da ricercare sul campo, è probabile che l’uso del fasson, con il significato di vitello di Razza Piemontese di pregio, si sia consolidato nei mercati zootecnici del Piemonte.
Ciò è avvenuto raccogliendo un’espressione usata dai commercianti francesi i quali commentavano i vitelli migliori dicendo che erano “de bonne façon”. L’espressione, di inappuntabile sintassi transalpina, tradotta in italiano significa “di buona fattura”. Forte della sua orecchiabilità ispirò negli allevatori piemontesi la metonimìa che portò a bollare come “fasson” il meglio della loro produzione.
Una razza che arriva da molto lontano, il professor Silvano Maletto dell’Università di Torino ipotizza un bovino pleistocenico tipo Aurochs, vero progenitore della razza piemontese che in un periodo di circa 25.000 anni fa (Paleolitico) si incrociò con lo Zebu del continente indiano, lo sviluppo della razza in Piemonte come la intendiamo oggi è da farsi risalire intorno al 1800.
Scaglia: allevamento sostenibile nel cuore del Piemonte
Per scoprire i segreti di questa carne siamo andati a visitare a Rivoli (To), un’eccellenza, l’azienda agricola Scaglia (www.aziendaagricolascaglia.it), gestita direttamente dai tre fratelli, Paolo, Graziano e Mauro, che portano avanti una tradizione di famiglia dal 1931. Su una superficie di circa 60 ettari vengono allevati 380
bovini di razza piemontese (Fassone), 180 suini, 600 conigli, 4mila avicoli, tra cui la gallina bionda piemontese, utilizzando solo sostanze naturali come il fieno, la crusca e il mais, prodotti presso la stessa azienda.
L’azienda adotta ormai da anni una filosofia di allevamento sostenibile unica in tutto il Piemonte: l’energia utilizzata in tutta la filiera proviene da fonti rinnovabili ed è autoprodotta per l’80%. L’azienda aderisce al Consorzio di Tutela della Razza Piemontese con il marchio Coalvi per tutelare al massimo la sua attenta clientela, documentando l’origine
della carne che mai come in questo caso è a chilometro zero.
L’assenza di stress da trasporto e da macellazione, la puntualità nell’applicare il giusto tempo di frollatura e la professionalità di tutta l’equipe, rendono la carne tenerissima e gustosissima.
I consigli dei maestri macellai per l’utilizzo casalingo più appropriato dei vari tagli, aggiungono all’elevata qualità della carne, i sapori della tradizionale cucina piemontese. L’azienda Scaglia vende ai migliori ristoranti piemontesi e attraverso la macelleria annessa all’azienda.
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Nuovo emblema del made in Italy, la pinsa spopola nella ristorazione per la sua grande versatilità e per essere gustosa, leggera e digeribile. Il prodotto innovativo nato nel 2001 da un’intuizione di Corrado Di Marco ha rivoluzionato il mondo della pizza, affermandosi sia nel mercato Horeca che in Gdo, riscontrando sempre maggiore interesse nell’ottica di un’alimentazione sana e orientata al benessere, che intercetta le esigenze di un numero crescente di consumatori. Questo continua ad aprire opportunità nel comparto food per tutti i professionisti che vogliono provare a introdurre la pinsa nel loro menu o de-
siderano avviare un’attività moderna e differenziante che stuzzichi la clientela in diversi momenti di consumo.
La pinsa, nata nel 2001 dall’intuizione di Corrado Di Marco, si afferma come emblema del made in Italy nella ristorazione. Leggera, digeribile e gustosa, ha cambiato il mondo della pizza, conquistando sia l’Horeca che la Gdo
Proprio per questo, Di Marco produce per la ristorazione sia i mix di farine che le basi artigianali già pronte per Pinsa Romana. Di queste ultime, le linee disponibili sono ben tre e si adattano perfettamente alle diverse possibilità di conservazione, a seconda dello stile di ristorazione: le pinse freezer per la lunga conservazione, le basi frigo ideali per forti rotazioni e le versioni ambiente che incontrano la praticità del servizio espresso.
Caratterizzate da uno speciale mix di tre farine e un’antica tecnica di lievitazione
naturale, hanno un impasto artigianale povero di grassi e zuccheri, leggero e digeribile che, dopo la cottura, resta croccante fuori e morbido dentro. La pinsa, rigorosamente spianata a mano, ha una curiosa forma ovale, si sposa con ogni tipo di condimento, salato o dolce e si adatta ad ogni tipologia di servizio e momento conviviale: dalla raffinata ristorazione gourmet al più pratico asporto, dallo spuntino veloce all’happy hour. La pinsa, infatti, offre evidenti vantaggi a tutti i tipi di ristoratori, per i quali Di Marco ha creato versioni e formati differenti, studiati ad hoc. Un’offerta tutta da scoprire alle numerose fiere di settore del 2024: vi aspettiamo numerosi con un assaggio pronto! cod 103414
Menù introduce la tecnologia “Asettico” che mantiene un’autentica esperienza culinaria senza compromessi, garantendo qualità, risparmio di tempo e sapore intatto con prodotti pronti all’uso
Da ormai quasi un secolo, Menù, storica azienda di Medolla (Mo) leader nella produzione di specialità alimentari per il foodservice, fa della ricerca un suo caposaldo e grazie allo studio e all’impiego di attrezzature moderne riesce a soddisfare ogni esigenza dei professionisti della ristorazione.
È il caso della “Linea Asettico” che combina l’autenticità delle materie prime a una tecnologia esclusiva Menù all’avanguardia per offrire un prodotto finito senza eguali.
Ciò che rende unica questa tec-
nologia è il rapido processo termico che preserva le qualità organolettiche originarie degli ingredienti. Il prodotto, infatti, non ancora confezionato, viene pompato in un fascio tubiero molto caldo in cui viene sterilizzato in pochissimi minuti affinché non venga stressato: un unico rapido passaggio che mantiene l’autenticità della materia prima senza
aggiunta di conservanti per 24 mesi.
La “Linea Asettico” di Menù offre prodotti di altissima qualità, pronti per essere cucinati o finalizzati in pochi passaggi, garantendo quindi un notevole risparmio di tempo in cucina. Tra le referenze della linea, infatti, ci sono Creme, Grancreme e fondute ai formaggi, Grancreme e Gransalse di verdura (carciofi, porro, asparagi, funghi porcini, zucchine, melanzane), porcini e funghi prataioli trifolati, ricettazioni che normalmente richiedono lunghi tempi di preparazione.
La “Linea Asettico” si distingue per garantire un sapore autentico della materia prima, ricco e costante, che conferisce corposità e gusto a qualsiasi preparazione. I profumi sono intensi, di carattere, mentre i colori risultano naturali e vivi. Non per ultimo, la consistenza è ottimale: i funghi champignon e i porcini, ad esempio, si presentano a fette intere, croccanti, così come i pezzi di verdura nelle Gransalse, ed hanno tutti un alto potere condente.
Tutti i prodotti della gamma, infatti, possiedono una speciale emulsione, creata proprio grazie a questa unica tecnologia, che risulta particolarmente condente sia nei primi piatti che sulla pizza, aspetto non trascurabile in fase di mantecatura perché evita l’aggiunta di altri ingredienti grassi.
La “Linea Asettico” è disponibile nelle innovative scatole “Evolution Steel Box” e nelle pratiche buste. Scopri l’intera gamma Asettico su www.menu.it cod 103596
Bonduelle Food Service, punto di riferimento nel mondo dei vegetali per il fuori casa, presenta la gamma Grigliate Service, composta da melanzane, zucchine, peperoni, cipolle rosse e zucca. Grigliate al naturale, le verdure sono cotte con una tecnica speciale che garantisce risultati eccellenti nel rispetto del colore, del gusto e della consistenza. Il sapore è intenso e il prodotto assicura un’alta resa e nessun rilascio di acqua.
Praticità e versatilità per ottimizzare il food cost
I prodotti offrono tutti i vantaggi di praticità e velocità, con un significativo risparmio di tempo e risorse e una riduzione degli sprechi, tutti elementi che influiscono in modo positivo sul food cost. Le Grigliate offrono anche un’alta versatilità per creare ricette gustose e adatte ai diversi momenti di consumo. Inoltre, la gamma Grigliate Service si avvale del protocollo di produzione Service adottato da Bonduelle Food Service su alcune
linee di prodotto, grazie al quale le verdure possono essere utilizzate anche a freddo, solo scongelandole e senza bisogno di rigenerazione, garantendo la massima sicurezza alimentare.
L’impiego delle Grigliate con protocollo Service risulta particolarmente vantaggioso nel periodo estivo per la preparazione di piatti veloci e freschi con ingredienti che non necessitano di essere scaldati. Basti pensare all’attività di catering, banqueting, dei bar e ai diversi momenti di consumo che propongono durante la giornata, dalla colazione all’after dinner, passando per le pause pranzo e gli aperitivi.
Le Grigliate Service sono alleate indispensabili per panini, sandwich, focacce, insalate, finger food, per tante altre ricette e ispirazioni presenti nello “Speciale Bar” di Greenology®, scaricabile sul sito www.bonduellefoodservice.it nella sezione cata-
loghi. Tra le ricette estive fresche e veloci da preparare con la gamma Grigliate Service, la Julienne di Peperoni alla menta, mandorle e olive, la Piada con peperoni grigliati, cipolle rosse e crescenza, la Pinsa con verdure grigliate, hummus di lenticchie, bufala e pomodorini.
Greenology®, l’arte della cucina a base vegetale è il sistema integrato di prodotti, servizi e strumenti dedicati a Chef e Operatori della ristorazione per promuovere l’alimentazione a base vegetale. Con Greenology®, l’arte della cucina a base vegetale, Bonduelle Food Service mette a disposizione del mondo della ristorazione la sua esperienza nel mondo vegetale e la sua cultura culinaria per sfruttare appieno le potenzialità di questa cucina, in linea con le moderne tendenze alimentari, che guardano a piatti plant based, gustosi, sani e sostenibili. cod 103438
di Giuseppe Cristini
Pino, foto e medaglie testimoniano la tua storia col tartufo, a quando risalgono? E quale sarà, secondo te, l’andamento della stagione del tartufo Bianchetto?
«Queste foto risalgono a 22 anni fa, quando partecipavo a gare che erano più un’occasione di socializzazione che altro, poiché dal punto di vista cinofilo non avevano un vero significato... erano solo medaglie, senza importanza reale. L’ultima competizione a cui ho partecipato è stata quella per il vanghino d’oro a Sant’Agata Feltria (Rn), dopodiché ho smesso.
Riguardo alla stagione del tartufo Bianchetto, è molto seria. Non dico che non ci saranno tartufi, ma sarà quasi così». Quindi, oltre al tartufo Bianco Pregiato, anche il tartufo Bianchetto soffre a causa della siccità?
«È scientificamente provato che i miceli dei Tartufi iniziano a crescere tra Maggio e Luglio. Chi ha una stagione più lunga, come l’Aestivum, potrebbe essere meno colpito, ma il Bianchetto, il Melanosporum e altri, affrontano maggiori difficoltà. È un’annata difficile, soprattutto considerando le alte temperature e il vento durante la stagione cruciale da metà agosto a metà ottobre».
Quali zone in Italia sono le più adatte per il Bianchetto?
Accademia del Tartufo nel Mondo
«Il Bianchetto si trova in tutta la dorsale appenninica, soprattutto nei terreni superficiali con querce, roverelle, cerri e carpini neri. Dopo i rimboschimenti con conifere, come il pino nero e il pino d’Aleppo, le tartufaie artificiali si sono sviluppate. Ma i migliori ambienti per il Bianchetto sono quelli costieri con terreno leggero, come le pinete sulle dune. Tuttavia, molte di queste aree sono ora occupate dai cinghiali, compromettendo la produzione». cod 103203
Siamo con Silvano Petreti, Maestro Cavatore e custode del bosco per le Marche che ci spiega gli elementi necessari per avviare con successo una tartufaia. «È fondamentale disporre di un terreno idoneo, pertanto è necessario condurre analisi dettagliate. In questo modo, quando si piantano gli alberi, si evita di commettere errori e si assicura che crescano
in un ambiente favorevole al loro sviluppo. In secondo luogo è essenziale scegliere le piante con estrema accuratezza, affidandosi a tecnici competenti. Un’altro aspetto di vitale importanza è la cura continua delle piante. Solo dopo 6 o 8 anni di cure attente, si otterrà un ottimo risultato e si potrà finalmente gustare il frutto del proprio lavoro: il tartufo». cod 103615
Siamo a Comunanza, bellissima città picena, in compagnia di Luigi Contisciani, Presidente del Bim (Bacino Imbrifero Montano del Tronto) ma anche uomo che sa raccontare il tartufo di queste terre.
«Per le nostre aree il tartufo è il Re della tavola. È espressione di quattro territori che stiamo promuovendo: Comunanza, Force, Roccafluvione e Palmiano. Inoltre siamo fieri di poter iniziare un rapporto con le città italiane del tartufo, perché Comunanza, come tutto il territorio dei Sibillini, è vocato e vogliamo far conoscere non solo alla nostra provincia e alla nostra regione ma all’Italia intera, questa eccellenza. Partiamo dallo scorzone fino ad arrivare al nero pregiato e al bianco, ma non solo tartufo, abbiamo l’Anice verde di Castignano, la Mela rosa dei Sibillini, i nostri Marroni di Acquasanta Terme. E visto che oggi ci troviamo a Comunanza, vorrei ricordare la De.Co. del Tordo Matto di Comunanza». cod 103280
regione italiana per il rapporto tra arnie e superficie, vantano un patrimonio apistico di rilievo e il miele racchiude l’esperienza degli apicoltori locali e la bellezza intatta del territorio
di Omnia Comunicazione
Una lunghissima storia quella del miele delle Marche, seconda regione in Italia con il maggior numero di rapporto tra arnie e superficie regionale e con un patrimonio apistico importantissimo. Un prodotto che porta con sé tutta
l’esperienza degli apicoltori che da sempre allevano le api su un territorio ricchissimo di biodiversità. Dentro il miele c’è tutta la qualità delle Marche e della sua intatta bellezza, quella di paesaggi unici, integri e armoniosi e di un territorio animato da vitalità sociale e salubrità ambientale. Un’eccellenza regionale tanto da vantare il marchio QM - Qualità garantita dalle Marche che certifica la qualità, la tracciabilità e la trasparenza dei prodotti agroalimentari.
Il miele delle Marche: un tesoro di biodiversità Una produzione, quella del miele delle Marche, che partecipa al primato conquistato dalla regione come distretto biologico più grande d’Europa, portando sulle tavole cibi sani, genuini e rispettosi della natura. Millefiori, di Acacia, di Girasole, di Castagno, di Sulla, di Melata, di Coriandolo: sono
i mieli prodotti dagli apicoltori, veri custodi del futuro, dediti ogni giorno a garantire il perfetto equilibrio tra l’uomo e la natura, proteggendo le api che, con il loro imprescindibile contributo all’impollinazione, garantiscono la biodiversità.
Ricco di proprietà benefiche per la salute, tra cui quella antibatterica e antibiotica, il miele contiene microelementi preziosi con un elevato valore biologico e nutritivo. È, inoltre, un ingrediente delizioso, ideale negli abbinamenti tanto da essere sempre più apprezzato dai grandi chef da renderlo protagonista assoluto in cucina. Il miele Millefiori è tra i mieli più caratteristici prodotti dalle api marchigiane e più rappresentativo del territorio.
Dal colore che varia in base allo stato cristallizzato o liquido, sapore dolce con un bouquet floreale e dal gusto raffinato, è uno dei prodotti più diffusi e amati dagli appassionati di miele. Le sue note floreali si accordano perfettamente a numerose ricette, sia dolci che salate.
Il miele di girasole, dal giallo oro nei mieli cristallizzati a più ambrato per quelli liquidi, presenta un odore erbaceo poco persistente con un leggero aroma di polline. Si accosta bene a piatti semplici ma anche ai più complessi, per esempio ricette a base di verdure, uova, pesce o formaggi.
I presidenti dei quattro consorzi: Alvaro Caramanti, Sergio Cocciarini, Frederic Oliva e Giovanni Zucconi
Uniti per le api: i consorzi apistici marchigiani promuovono e tutelano la biodiversità
I quattro Consorzi apistici marchigiani si sono uniti per tutelare, far conoscere e promuovere i prodotti dei propri soci. Sono quelli delle province di Pesaro e Urbino, di Ancona, di Macerata, di Fermo e di Ascoli Pice-
no. Oggi le Marche contano 71.497 alveari e 3.386 apicoltori e registrano una produzione media intorno alle 2 mila tonnellate l’anno (Osservatorio Miele), in condizioni normali, sempre più difficili per il cambiamento climatico.
Sono 69 le aziende regionali che conducono l’apicoltura con metodo biologico, per un totale di 7.543 alveari: circa il 10% del totale, con una produzione di circa 150 tonnellate. Infine, sono circa 1.800 gli alveari certificati con il marchio QM, che equivale a un quantitativo che varia dai 300 ai 400 quintali di miele.
Tutelare le api va a beneficio dell’ambiente e a favore della comunità intera. Lo stabilisce la Costituzione, di cui le api sono entrate di diritto, con la modifica dell’articolo 9, introducendo tra i principi fondamentali la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.
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Per informazioni:
www.marchedimiele.it
Il mondo delle salse è da sempre un segmento legato ad esperienze emozionali e di gusto. Tuttavia, in linea con le crescenti tendenze di consumo attento e consapevole, l’attenzione si sta spostando verso prodotti che non solo soddisfano il palato, ma offrono anche un valore aggiunto dal punto di vista nutrizio-
Unilever Food Solutions lancia il nuovo Peanut Butter Calvé, appositamente formulato per soddisfare le esigenze degli operatori del settore alimentare, che desiderano proporre nel proprio menu piatti dal gusto trendy e contemporaneo, che abbiano anche un apporto proteico
nale. In risposta a questa evoluzione, Unilever Food Solutions lancia il nuovo Peanut Butter Calvé. Questo innovativo prodotto è stato appositamente formulato per soddisfare le esigenze degli operatori del settore alimentare, che desiderano proporre nel proprio menu piatti dal gusto trendy e contemporaneo, che
Inquadra il QRcode e scopri la ricetta del Tiramisù proteico
abbiano anche un apporto proteico. Il Peanut Butter Calvé è infatti ricco di proteine e fonte di fibre. Offre un gusto straordinario, ma anche un beneficio nutrizionale, contribuendo a un’alimentazione bilanciata. Questo permette agli chef di personalizzare e arricchire un’ampia gamma di piatti, sia dolci che salati, anche internazionali, con un tocco moderno e di tendenza.
Con la sua versatilità, la sua consistenza cremosa e il suo sapore eccezionale, il Peanut Butter Calvé si presta perfettamente per essere utilizzato in una varietà di piatti originali. Tra le proposte: il satay di pollo, la zuppa di legumi e arachidi, il pollo fritto con maionese al burro di arachidi, i mini burger con maionese al peanut butter e molti dessert tra cui il tiramisù proteico al Peanut Butter, la mousse e i tartufini al burro di arachidi. Il Peanut Butter Calvé è disponibile nel formato da 1 kg. cod 103588
Una cialda dall’inconfondibile forma a nido d’ape, tipica della tradizione nordeuropea, amata e conosciuta in tutto il mondo. Facile da fare, ideali per una colazione golosa, un brunch o una merenda. Un prodotto antico, in Grecia si cuoceva tra due dischi di ferro un impasto di acqua e farina, le “obelias” che furono adottate dalle legioni romane e si diffusero in tutta Europa.
È nel Medioevo che la ricetta viene perfezionata: in Belgio, un abate cistercense crea un impasto con il miele e lo cuoce utilizzando le piastre per la preparazione delle ostie. Divennero così popolari che appaiono nei dipinti di alcuni maestri olandesi, come in “Scena della cucina olandese” di Joachim Bueckelaer e “La pasticceria delle frittelle” di Pieter Aertsen.
Ci sono tanti tipi di waffles: conosciamo le gaufre, che sono esattamente la stessa cosa dei waffle
classici “moderni” nati in Belgio e diffusi in tutto il Nord Europa; i gòfrì, tipici della tradizione piemontese e le ferratelle, tradizione molisana e abruzzese. Diversi sono, invece, i liege waffles: originari della Vallonia, la regione orientale del Belgio, sono infatti ricchi, densi, estremamente dolci e caratterizzati da un impasto simile a quello delle brioches. La leggenda vuole che siano stati inventati da un cuoco su richiesta del Principe Vescovo di Liège desideroso di un pasticcino particolarmente zuccherato. Oggi, in Belgio, i waffles sono generalmente serviti caldi da venditori in strada, con una spolverata di zucchero, oppure ricoperti di panna montata, frutta o scaglie di cioccolato.
Intorno alla metà dell’Ottocento si sviluppa nelle valli Susa e Chisone in Piemonte la tradizione dei gofri, che non nascono come dolcetti, ma come sostituti del pane per le famiglie che vivevano in montagna. Realizzati con acqua, farina e lievito, possono accompagnarsi con miele
o marmellate, nella versione dolce, o formaggio e affettati in quella salata, grazie al sapore neutro. Oggi sono un cibo di strada immancabile nelle feste di paese.
Nel Canavese e nel biellese esiste un’altra tradizione di cialde cotte con il ferro: i canestrelli che derivano il loro nome dai cesti intrecciati in cui venivano riposti dopo la cottura. A differenza dei gofri nella ricetta tradizionale troviamo uova e zucchero.
In centro Italia troviamo invece le ferratelle che derivano dai crustulum romani, conosciute anche come neole, pizzelle, nuvole o cancelle, a seconda del paese. Le piastre utilizzate per cuocere le ferratelle iniziano ad apparire solo nel Settecento e venivano forgiate dai fabbri su commissione delle spose delle ricche famiglie abruzzesi, le quali facevano incidere sulla piastra lo stemma del casato o le loro iniziali. “Lu ferre”, così personalizzato, costituiva infatti la dote che le giovani ragazze portavano al marito.
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Fausto Borella a oltre 20 anni cerco di raccontare l’olio extravergine di qualità in Italia e nel mondo attraverso corsi, eventi, educational appuntamenti in tv e molto altro. Nonostante i miei tentativi di educazio-
ne e sensibilizzazione a riconoscere questo prodotto, mi sono trovato ad affrontare una situazione che speravo, dopo anni di attività, potesse ripetersi sempre meno fino a scomparire.
Mi trovavo presso una delle aziende toscane produttrici di olio artigianale di eccellenza che seguo attraverso le nostre consulenze,
quando una notifica arriva sul cellulare della titolare. Un commento, breve, tagliente, acuito dalla platea di pubblico di un social network che in poltrona, vicino all’orario di cena, era pronto a sferrare il proprio giudizio. La recensione recitava: “Ho comprato qualche giorno fa il vostro olio, ma è immangiabile… amaro come il veleno”
Un’opinione che ha lasciato lo stesso amaro in bocca a tutta l’azienda. Al tempo dei social sembra sempre doveroso dare un’opinione personale, un feedback un commento che rimane pubblico e soprattutto, rimane nel tempo. A parte la questione morale su quanto sia giusto o meno andare a pubblicare una propria idea sul profilo pubblico di un’azienda, ho riflettuto sul fatto di quanto fosse comune l’atteggiamento di pubblicare delle opinioni, riflessioni personali o gusti soggettivi.
La cosa che mi ha fatto più dispiacere di questo commento è stato leggere che la signora abbinava la sensazione di amaro e piccante ad un’accezione totalmente negativa di un olio, come fosse immangiabile. Questo, mi ha riportato indietro di
anni luce quando tenevo i primi corsi di olio extravergine a Roma, oltre 15 anni fa, dove era quasi normale sentire questo tipo di commenti. Oggi, dopo tutto il lavoro fatto, tutte le attività e il tempo speso all’insegna di questo nobile prodotto, speravo che fosse ormai diffusa la percezione comune che un olio buono, genuino e che fa veramente bene al nostro corpo sa essere profumato, amaro o piccante; pensavo fosse dato assodato.
Ovviamente l’azienda è una produttrice pluri premiata ogni anno, con tutta la sua gamma di olio extravergine biologici, da concorsi e premi a livello nazionale e internazionale. Questo quindi fa riflettere su quanto la cultura dell’olio extravergine vada ancora diffusa in modo più profondo anche in Italia. Considerato il mio rapporto con l’azienda in questione mi sono permesso di chiamare diret
tamente la signora insoddisfatta per darle tutte le spiegazioni del caso e dirle quanto un olio pieno di polifenoli, tocoferoli e vitamina E, franto rigorosamente entro le 12 ore dalla raccolta, sia così buono per natura e che l’amaro è indice di qualità.
Nonostante questo, la signora non ha voluto accettare il mio parere, neanche dopo aver proposto di andare gratuitamente a tenere una degustazione nella sua città di residenza, non ne ha voluto sapere. La strada è ancora lunga, e noi comunicatori, abbiamo il dovere di continuare a educare il consumatore finale e chi opera nel settore, per riuscire a far scoprire e assaggiare la differenza tra un olio commmerciale e un grande olio artigianale realizzato con fatica e passione. C’è ancora molto da fare, ma andiamo sempre avanti!
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La storia della lavastoviglie, da iniziali creazioni rudimentali a moderne soluzioni high-tech, rappresenta un percorso straordinario di evoluzione tecnologica. Oggi, questo elettrodomestico non è solo un alleato indispensabile nelle cucine Horeca, ma anche un simbolo tangibile di sostenibilità e efficienza. L’innovazione tecnologica sta svolgendo un ruolo chiave nel plasmare il futuro del settore, spingendolo verso una direzione più verde e responsabile
Ldi Gabriele Pascae lavastoviglie, una volta macchine molto semplici e quasi rudimentali, stanno assumendo un ruolo centrale nelle strategie di
sostenibilità di ristoranti, hotel e altre attività del settore alimentare.
Questa transizione verso apparecchiature più verdi, oltre ad essere una risposta alle crescenti preoccupazioni ambientali, riflette anche un cam-
biamento nella mentalità dei consumatori e degli operatori del settore, sempre più attenti all’impatto ecologico delle loro scelte. La riduzione del consumo di acqua e energia, l’uso di detergenti meno inquinanti e la progettazione di macchine che riducono l’impronta di carbonio sono diventati aspetti fondamentali nella scelta di una lavastoviglie.
Il passaggio al verde: tendenze eco-sostenibili di lavaggio
Il settore sta infatti assistendo a un significativo orientamento verso pratiche eco-sostenibili, una tendenza che rispecchia l’urgente necessità di affrontare fenomeni molto complessi come, tra tutti, i cambiamenti climatici. Un movimento che non si limita solo alla riduzione dell’impronta di carbonio, ma abbraccia un approccio più ampio che include la conservazione dell’acqua, l’efficienza energetica e la minimizzazione dell’impatto dei detergenti sull’ecosistema.
Innovazioni come il recupero di calore, i sistemi di filtraggio avanzati e i cicli di lavaggio ottimizzati giocano un ruolo chiave nel ridurre il consumo energetico e idrico delle lavastoviglie. Queste tecnologie non solo diminuiscono l’uso di risorse preziose, ma contribuiscono anche a ridurre i costi operativi per i ristoranti e gli altri attori del settore Horeca.
L’attenzione alla sostenibilità si estende anche ai materiali utilizzati nella produzione delle lavastoviglie. L’impiego di componenti riciclabili e biodegradabili sta diventando sempre più comune, in linea con un approccio di design sostenibile che considera l’intero ciclo di vita del prodotto. Anche i detergenti e i disincrostanti subiscono una trasformazione, con la crescente disponibilità di alternative ecologiche che riducono l’inquinamento chimico e sono meno dannose per gli ecosistemi acquatici.
Questi cambiamenti sono guidati non solo dalla consapevolezza ecolo-
gica, ma anche da incentivi normativi e da una maggiore richiesta da parte dei consumatori di prodotti e servizi eco-compatibili. In questo contesto, le aziende che anticipano e adottano queste innovazioni contribuiscono a un futuro più sostenibile e si posizionano anche strategicamente in un mercato in rapida evoluzione, dove la sostenibilità diventa un fattore competitivo fondamentale.
Le tecnologie sostenibili spiegate nel dettaglio
Nel cuore dell’innovazione eco-sostenibile nel settore delle lavastoviglie, troviamo una serie di tecnologie avanzate, ciascuna progettata per affrontare specifiche sfide ambientali.
Una delle innovazioni più significative è il recupero di calore. Questo sistema consente di riutilizzare il calore generato durante i cicli di lavaggio per preriscaldare l’acqua entrante, riducendo così il fabbisogno energetico per portare l’acqua a temperatura. Il risultato è un doppio vantaggio: minor consumo di energia elettrica e riduzione dell’emissione di CO2
I moderni sistemi di filtraggio delle lavastoviglie giocano un ruolo cruciale nella riduzione del consumo idrico. Attraverso filtri avanzati e sistemi di ricircolo, l’acqua viene purificata e riutilizzata all’interno di più cicli di lavaggio: in questo modo è possibile ridurre drasticamente la quantità di acqua fresca necessaria. Non solo un gesto di attenzione verso il
Fondata nel 1899, Miele (www.miele.it) ha saputo espandersi ben oltre i confini nazionali, arrivando a essere rappresentata in circa 100 paesi. L’azienda, a conduzione familiare indipendente, è guidata da una filosofia di leadership nel settore per qualità e tecnologia, con una cultura aziendale che valorizza la collaborazione e la continuità. L’impegno di Miele nella sostenibilità è evidente, essendo membro del Global Compact delle Nazioni Unite e firmataria della “Carta della Diversità”. Con oltre 20.000 collaboratori a livello globale, l’azienda ha registrato nel 2022 un fatturato di 5,43 miliardi di euro.
La storia di Miele è caratterizzata da un percorso di innovazione continua: dalle orogini come fabbrica di centrifughe è riuscita a diventare un punto di riferimento nel settore degli elettrodomestici, sia domestici che professionali. Questa evoluzione si riflette anche nella loro ultima innovazione, come sottolineato da Marco Cargnelli, Head of Sales di Miele Professional Italia: «Miele Professional offre ai ristoratori un’ampia gamma di macchine per il lavaggio delle stoviglie, posate e bicchieri. La tecnologia ad acqua fresca è il punto forte di Miele, perché garantisce livelli di igiene superiori rispetto alla maggior parte delle lavastoviglie professionali. Quest’anno siamo particolarmente orgogliosi di aver creato un prodotto unico per il rapido lavaggio e l’asciugatura delle posate con acqua fresca, una soluzione davvero unica per i clienti più esigenti. La MasterLine, nei modelli 404 e 407, offre infatti la possibilità di riprocessare 600 posate in tempi minimi, senza bisogno di asciugatura a mano, riducendo quindi i costi e ottimizzando i turni del personale. Alcuni clienti riportano sui loro menu che le posate nei loro locali sono igienizzate con la nostra tecnologia, un dettaglio apprezzatissimo dai loro ospiti nel mondo post-pandemia. Questo è per noi un punto molto importante a testimonianza della qualità e dell’affidabilità delle nostre soluzioni.»
te di come l’innovazione possa guidare il settore verso un futuro più verde.
I detergenti eco-compatibili che riducono l’impronta chimica
Un altro aspetto fondamentale della sostenibilità nel settore riguarda i detergenti e i disincrostanti utilizzati. I detergenti moderni sono sviluppati con l’obiettivo di massimizzare l’efficienza di pulizia pur minimizzando l’uso di sostanze nocive e non biodegradabili.
I nuovi composti, infatti, sono formulati per essere efficaci a temperature più basse, ciò al fine di ridurre il consumo energetico necessario per riscaldare l’acqua. Fattore che, oltre a ridurre l’impronta di carbonio, diminuisce l’usura delle stoviglie e della stessa lavastoviglie, prolungandone la vita utile. Alcuni di questi detergenti incorporano enzimi naturali che scompongono i residui di cibo: un’alternativa più dolce e meno corrosiva rispetto ai tradizionali agenti chimici.
Un’altra considerazione importante è la biodegradabilità. I detergenti eco-compatibili sono progettati per decomporsi rapidamente e naturalmente nell’ambiente, riducendo così il rischio di inquinamento delle acque e l’impatto sugli ecosistemi acquatici. Inoltre, l’adozione di packaging ricicla-
Nata oltre 90 anni fa in un garage nella Foresta Nera, Meiko (www.meiko.it) ha ormai una presenza globale, con siti produttivi in Germania, Cina e Usa e con oltre 2600 dipendenti provenienti da più di 100 nazioni. L’azienda si impegna a sviluppare soluzioni che sono non solo efficaci in termini di lavaggio, pulizia e disinfezione, ma anche estremamente efficienti dal punto di vista energetico e delle risorse. Meiko ha l’ambizione di ridurre ulteriormente il consumo di energia elettrica, acqua e prodotti chimici, aumentare il ciclo di vita delle macchine e migliorarne la riciclabilità. Valbona Elezi, Marketing & Sales Office Manager di Meiko, sottolinea questo impegno: «In Meiko sviluppiamo soluzioni brillanti di lavaggio, pulizia, disinfezione e trattamento dei rifiuti, concentrandoci in particolare sull’efficienza energetica e quella delle risorse lavorando alle innovazioni di domani. Da sempre l’innovazione è il nostro motore: i nostri obiettivi ambiziosi puntano nel ridurre ulteriormente il consumo di energia elettrica, acqua e prodotti chimici, aumentare ancora il ciclo di vita delle nostre macchine, senza dimenticare di renderle ancora più riciclabili. Innovazione, qualità e sostenibilità sono le tre colonne portanti del marchio Meiko».
Le soluzioni di Meiko sono richieste in tutto il mondo, con oltre 550 brevetti attivi e circa 90.000 tonnellate di acciaio inossidabile prodotte dal 1988. L’azienda si impegna a garantire un servizio assistenza a 360°, con la reperibilità dei ricambi garantita per 20 anni e un impegno costante nella riparabilità per mantenere il valore nel tempo. Concludendo, Valbona Elezi afferma: «Il nostro obiettivo per il 2025 è costruire la soluzione di lavaggio Meiko più duratura e sostenibile che mai».
bile contribuisce ulteriormente a ridurre l’impronta ecologica del prodotto.
Contrariamente poi alla percezione comune che vede la sostenibilità come un costo aggiuntivo, le pratiche eco-compatibili nel sistema dei lavaggi stanno dimostrando di essere economicamente vantaggiose. L’efficien-
za energetica, ad esempio, si traduce in una riduzione diretta dei costi delle bollette elettriche. Lavastoviglie che utilizzano meno energia per riscaldare l’acqua e mantenere i cicli di lavaggio possono generare risparmi notevoli nel lungo periodo. Analogamente, i sistemi che utilizzano meno acqua riducono i costi idrici, un fattore di spesa importante per molte attività del settore.
Inoltre, l’uso di detergenti ecocompatibili, spesso più concentrati e efficienti, può ridurre la quantità di prodotto necessaria per ogni ciclo di lavaggio. Questi aspetti, combinati, rendono l’investimento in tecnologie sostenibili non solo una scelta ecologica ma anche un’astuta decisione finanziaria. cod 102177
Esploriamo come una sagace disposizione della lavastoviglie possa trasfigurare l’ambiente di lavoro in cucina, apportando miglioramenti significativi non solo alla produttività, ma anche all’estetica e alla funzionalità del cuore palpitante di ogni ristorante.
La posizione strategica della lavastoviglie può essere considerata elemento chiave nell’efficienza complessiva delle operazioni di cucina
di Gabriele PascaLa progettazione efficiente della cucina è un aspetto cruciale per ogni ristorante, e la scelta della posizione della lavastoviglie rappresenta un elemento fondamentale di questa pianificazione. L’obiettivo è garantire che la lavastoviglie non solo si adatti armoniosamente nello spazio disponibile, ma che contribuisca anche a un flusso di lavoro fluido e produttivo.
La decisione di dove e come installare una lavastoviglie va ben oltre la semplice scelta di un angolo libero nella cucina. Richiede un’analisi ap-
profondita delle dinamiche quotidiane di lavoro, della disposizione degli altri elettrodomestici e delle aree di preparazione, nonché della logistica legata alla movimentazione delle stoviglie. Una posizione ottimale può significativamente ridurre il tempo di trasporto delle stoviglie, ridurre i rischi di incidenti e migliorare l’efficienza generale del personale.
Inoltre, la progettazione deve tener conto delle necessità tecniche, come l’accesso alle linee idriche, ai sistemi di scarico e alle fonti di alimentazione elettrica. La vicinanza a queste infrastrutture può ridurre i costi
di installazione e facilitare eventuali interventi di manutenzione. L’approccio a questa fase di progettazione richiede quindi una visione che consideri tutti gli aspetti del funzionamento della cu-
cina, assicurando che la lavastoviglie sia un componente integrato e funzionale dell’ambiente di lavoro, piuttosto che un ostacolo o un pensiero dopo.
Primo passo: scegliere la lavastoviglie giusta
La selezione della lavastoviglie adatta per un ristorante non è una
decisione da prendere alla leggera, poiché influisce direttamente sull’efficienza operativa della cucina. Il primo passo consiste nell’analizzare il volume di lavoro previsto, che dipende dalla grandezza del ristorante e dal numero di coperti serviti quotidianamente. Basandosi su queste informazioni, è possibile determinare la capacità necessaria della lavastoviglie, evitando così di scegliere un modello sottodimensionato o eccessivamente grande per le esigenze del locale.
Un aspetto chiave è la velocità del ciclo di lavaggio. Per i ristoranti ad alto volume di lavoro, le lavastoviglie a ciclo rapido sono essenziali per garantire un flusso costante di stoviglie pulite durante i servizi. Al contrario, in ambienti con un flusso più moderato, una macchina con un ciclo di lavaggio standard può essere più che adeguata.
Un altro fattore da considerare è l’efficienza energetica e idrica della macchina. Optare per modelli più efficienti può comportare un investimento iniziale maggiore, ma si traduce in significativi risparmi sulle bollette nel lungo termine. Inoltre, le lavastoviglie con alte prestazioni di efficienza energetica sono spesso accompagnate da incentivi fiscali o sconti, che possono ulteriormente bilanciare il costo iniziale.
Non meno importante è lo spazio disponibile in cucina. Le dimensioni fisiche della lavastoviglie devono essere compatibili con lo spazio designato, lasciando sufficiente area per il movimento del personale e per l’accesso ad altre attrezzature. In ambienti con spazio limitato, le lavastoviglie compatte o sotto banco possono essere la soluzione ideale.
Pianificazione e sicurezza sono elementi chiave
L’installazione di una lavastoviglie in un ristorante richiede un’attenta pianificazione per garantire non solo l’efficienza operativa, ma anche la conformità alle normative di sicurezza e igiene. Prima di procedere, è essenziale valutare alcuni fattori chiave.
Una corretta installazione inizia con la valutazione dell’accesso ai servizi essenziali: acqua, scarico e alimentazione elettrica. La lavastoviglie deve essere posizionata in modo tale da consentire collegamenti diretti e sicuri a queste risorse. È fondamentale garantire che la pressione dell’acqua e la capacità di scarico siano adeguate a evitare malfunzionamenti o inefficienze.
Bisogna considerare la ventilazione nell’area dove verrà installata la lavastoviglie. Le lavastoviglie professionali possono generare una notevole quantità di vapore e calore; pertanto, una buona ventilazione è cruciale per mantenere un ambiente di lavoro confortevole e sicuro.
L’integrazione della lavastoviglie nel layout complessivo della cucina è vitale. È consigliabile posizionarla vicino alle aree di preparazione e servizio per minimizzare il movimento del personale e migliorare la logistica del flusso di stoviglie. Questa disposizione consente di ridurre il
tempo per caricare e scaricare la macchina.
La sicurezza è un altro aspetto critico. L’area intorno alla lavastoviglie dovrebbe essere libera da ostacoli, con pavimentazione antiscivolo per ridurre il rischio di incidenti. Inoltre, tutte le installazioni devono essere conformi alle normative locali in materia di sicurezza elettrica e idraulica.
Infine, l’accessibilità per la manutenzione è un fattore da non trascurare. È importante che il personale tecnico possa accedere facilmente alla macchina per eventuali riparazioni o manutenzioni regolari, senza interrompere le operazioni di cucina.
intorno alla lavastoviglie per massimizzare l’efficienza
Un aspetto cruciale nella disposizione della lavastoviglie è l’ergonomia. La macchina dovrebbe essere posizionata ad un’altezza che riduca la necessità di chinarsi o di sollevare pesi eccessivi, minimizzando così il rischio di infortuni sul lavoro.
La disposizione ergonomica facilita il caricamento e lo scarico delle stoviglie, rendendo l’intero processo più fluido e meno faticoso per gli operatori.
È importante considerare il percorso delle stoviglie dalla zona di preparazione alla zona di lavaggio e poi agli spazi di stoccaggio. La creazione di un flusso lineare e senza ostacoli aiuta a evitare congestioni e inefficienze, particolarmente durante le ore di punta. Questo include anche la progettazione di spazi adeguati
alla manipolazione e l’organizzazione delle stoviglie prima e dopo il lavaggio.
l’utilizzo dello spazio disponibile. La flessibilità nell’organizzazione dello spazio può essere utile per
Fondata nel 1998, Kromo (www.kromo-ali.com) si è affermata come una delle aziende leader nel settore, con presenza in oltre 120 paesi. Il suo impegno si riflette nello sviluppo, nella produzione e nell’assistenza di una gamma completa di lavastoviglie professionali, mirate a ridurre i costi operativi, massimizzare la sostenibilità e soddisfare le esigenze tecnologiche dei clienti.
La gamma di prodotti Kromo è una delle più ampia del settore e include modelli sottobanco, cappotta, lavapentole, macchine a traino e a nastro, tutti progettati per soddisfare le diverse necessità della ristorazione istituzionale e commerciale. L’azienda ha anche sviluppato prodotti innovativi come la Wash & Store, una lavastoviglie verticale, la macchina a granuli multibrevettata e la loro recente innovazione, la lavabottiglie. L’approccio di Kromo si sintetizza nel loro nuovo slogan “Your Smart Wash”, che rappresenta l’evoluzione aziendale verso un’incessante ricerca di innovazione, prestazione ed igiene. Questo impegno verso il progresso e la qualità è evidente in ogni aspetto del loro lavoro.
spazio non dovrebbe essere trascurata. Una cucina ben organizzata e visivamente gradevole può aumentare il morale del personale e contribuire a un ambiente di lavoro positivo.
Manutenzione e igiene per preservare efficienza e sicurezza
Mantenere la lavastoviglie in condizioni ottimali è cruciale per garantire un funzionamento efficiente e sicuro nel tempo. La regolare manutenzione e l’aderenza a rigorosi standard igienici sono essenziali non solo per il mantenimento della macchina, ma anche per garantire la sicurezza alimentare all’interno del ristorante.
Una manutenzione programmata e sistematica è la chiave per prevenire guasti e prolungare la vita utile della lavastoviglie. Questo include la pulizia regolare dei filtri, il controllo delle braccia di spruzzo e la verifica delle guarnizioni per eventuali segni di usura. Un piano di manutenzione ben definito può prevenire tempi di inattività imprevisti e costosi interventi di riparazione.
L’igiene è un aspetto fondamentale, soprattutto nel settore alimentare. È importante assicurarsi che la lavastoviglie sia pulita e igienizzata regolarmente per evitare la contami nazione incrociata e la proliferazio ne di batteri.
Ciò include la pulizia quotidiana del le superfici interne ed esterne della macchina e l’uso di soluzioni disin fettanti appropriate.
Un attento monitoraggio delle prestazioni della lavastoviglie aiuta a
Krupps: quasi sessant’anni di passione e innovazione nel lavaggio professionale
Krupps (www.krupps.com) si è affermata nel settore delle lavastoviglie professionali come un’azienda che combina esperienza, qualità, prestazioni e affidabilità. Fondato 58 anni fa, Krupps non si è limitato a produrre semplici macchine, ma ha sviluppato tecnologie innovative in stretta collaborazione con i professionisti del settore della ristorazione.
L’azienda è anche un leader nel campo dell’ecosostenibilità, avendo introdotto nel 1987 il sistema di lavaggio ad acqua pulita, una delle innovazioni più significative nel settore del lavaggio industriale, capace di coniugare efficacia e rispetto per l’ambiente. Il percorso di Krupps è segnato da continui avanzamenti tecnologici, come dimostra la loro timeline che include il lancio di prodotti rivoluzionari e l’ottenimento di riconoscimenti significativi.
Sauro Fusi, Marketing Manager di Krupps, spiega l’approccio dell’azienda: «In Krupps comprendiamo appieno le sfide quotidiane degli operatori Horeca, per questo ci dedichiamo costantemente nello sviluppo di soluzioni avanzate che ottimizzino il loro lavoro. Assicuriamo alle cucine di ristoranti e strutture industriali sistemi di lavaggio innovativi e di altissima qualità, con un forte focus sulla sostenibilità. Per rispondere alle nuove richieste del mercato, abbiamo sviluppato una serie di prodotti e servizi digitali a supporto degli utenti. Abbiamo recentemente introdotto la nuova gamma di lavastoviglie Kera, una linea moderna, completa e tecnologicamente avanzata, che offre prestazioni superiori, affidabilità e un risparmio energetico senza pari. Inoltre, forniamo una vasta serie di servizi digitali, come la piattaforma Ikloud e le app myKRUPPS e Krupps Remote Control, per permettere agli utenti di interagire con le nostre lavastoviglie, semplificando enormemente il lavoro quotidiano. La ricerca tecnologica è il cuore pulsante del nostro successo; dietro ogni prodotto Krupps c’è l’impegno incessante nel fornire soluzioni di lavaggio all’avanguardia.»
La ricerca di detergenti ideali per il lavaggio professionale delle stoviglie va oltre la semplice selezione. È un delicato equilibrio tra efficienza, rispetto delle normative e mantenere impeccabile l’igiene, e l’integrità di ogni cucina professionale di Gabriele Pasca
La pulizia delle stoviglie non è solo una questione di igiene, ma è un elemento cruciale che riflette gli standard qualitativi di un locale. In questo contesto, i detergenti professionali per il lavaggio delle stoviglie svolgono un ruolo fondamentale. La scelta del detergente giusto non solo influisce sul loro aspetto e sull’igiene, ma incide anche sulla longevità delle attrezzature e sull’efficienza operativa della cucina.
I detergenti liquidi, per esempio, sono particolarmente adatti per le macchine ad alta capacità, dove una distribu
zione uniforme e una rapida solubilità sono cruciali. Questi detergenti sono efficaci nella rimozione di grasso e residui alimentari e sono spesso la scelta preferita per la loro facilità di dosaggio e per la possibilità di essere utilizzati in sistemi automatici di dosaggio.
I detergenti in polvere, d’altra parte, offrono una maggiore versatilità e sono spesso più economici. Sono particolarmente efficaci contro macchie ostinate e incrostazioni, ma richiedono una manipolazione accurata per evitare sprechi e dosaggi eccessivi. Oltre alla forma, un fattore determinante nella scelta del detergente è la composizione chimica. Alcuni detergenti sono progettati per essere particolarmente efficaci con specifici tipi di acqua - dura o morbida - e possono includere additivi per mitigare gli effetti del calcare o per proteggere la lucentezza del vetro.
I fattori da considerare nella scelta dei detergenti
La selezione del detergente appropriato per una lavastoviglie professionale va oltre la semplice preferenza di marca o di tipologia. Diversi fattori chiave devono essere presi in considerazione per assicurare che il prodotto scelto soddisfi le esigenze specifiche di un ristorante e garantisca l’efficienza del processo di lavaggio.
Uno dei principali fattori da valutare è la durezza dell’acqua utilizzata. Acque con alto contenuto di minerali (acqua dura)
possono ridurre l’efficacia del detergente e lasciare residui sulle stoviglie. Detergenti formulati per acque dure contengono agenti che contrastano gli effetti dei minerali, prevenendo la formazione di aloni e depositi calcarei. Inversamente, in aree con acqua morbida, un detergente meno aggressivo può essere sufficiente e più economico.
Differenti materiali richiedono attenzioni diverse. Per esempio, i detergenti usati per stoviglie di vetro o cristallo dovrebbero essere delicati per prevenire graffi o opacizzazione. Allo stesso modo, per posate in argento o stoviglie con decorazioni delicate, è necessario scegliere prodotti specifici che non danneggino queste superfici.
Bilanciare l’efficienza di pulizia con il costo è un altro fattore decisivo. Mentre i detergenti più economici possono sembrare attraenti, potrebbero richiedere dosi maggiori o potrebbero non pulire altrettanto efficacemente, portando a un maggiore consumo di prodotto e di energia nel lungo periodo.
Anche l’uso di additivi di lavaggio può giocare un ruolo cruciale nel migliorare ulteriormente i risultati del processo di lavaggio delle stoviglie. Questi prodotti sono progettati per complementare l’azione dei detergenti, affrontando sfide specifiche e migliorando la qualità generale del lavaggio.
• Brillantanti: formulati per agire nell’ultima fase del ciclo di lavaggio, lasciando stoviglie e bicchieri senza aloni o macchie. Agiscono riducendo la tensione superficiale dell’acqua, permettendo così un’asciugatura più rapida e uniforme. Questo è particolarmente importante per i bicchieri e le stoviglie utilizzate in ambienti di ristorazione di alto livello, dove l’aspetto estetico è fondamentale;
• Disincrostanti: utilizzati per rimuovere depositi minerali e incrostazioni, soprattutto in macchine che hanno subito un uso prolungato. Questi prodotti sono fondamentali per mantenere le prestazioni ottimali della lavastoviglie, evitando blocchi e malfunzionamenti che possono derivare dall’accumulo di calcare;
• Detergenti specializzati: alcuni additivi sono progettati per affrontare problemi specifici come la rimozione di residui di amido o proteine, che possono essere particolarmente ostinati. Questi additivi specializzati sono utili in cucine che trattano un alto volume di determinati tipi di cibo.
Sicurezza e conformità
tra regolamentazioni e standard
Le regolamentazioni e gli standard di sicurezza giocano un
Il brevetto della prima lavastoviglie
di Gabriele PascaNel cuore della rivoluzione industriale, un’invenzione sorprendente stava per fare il suo ingresso nei laboratori domestici e nelle cucine professionali. La storia di questo nuovo e strano (per l’epoca!) elettrodomestico, inizia con Josephine Cochrane, un’innovatrice che, spinta dalla frustrazione di vedere le sue stoviglie pregiate rovinate dal lavaggio manuale, decise di prendere in mano la situazione.
Nel 1886, Cochrane presentò al mondo la sua creazione: la prima
lavastoviglie pratica, una macchina capace di pulire le stoviglie più rapidamente e con maggiore cura rispetto al lavaggio a mano.
L’idea di Cochrane era semplice ma rivoluzionaria: un sistema di cesti metallici e un meccanismo a pressione che spruzzava acqua calda sulle stoviglie. Nonostante l’iniziale scetticismo, l’invenzione si dimostrò una vera panacea, soprattutto per il settore alberghiero, dove la necessità di lavare grandi quantità di stoviglie in modo rapido ed efficiente era sempre stata una sfida non da poco.
Da quel primo modello rudimentale, le lavastoviglie hanno subito un’evoluzione continua, trasformandosi da macchine ingombranti e dispendiose in elettrodomestici eleganti, efficienti e accessibili. Oggi, queste macchine sono diventate parte integrante delle cucine moderne, soprattutto in ambito professionale, tanto che nessuno potrebbe immaginare di esserne sprovvisto.
Progresso tecnologico e adattabilità nel settore ristorativo
È nel corso del Novecento che la lavastoviglie subisce un’evoluzione radicale, guidata dall’innovazione tecnologica e dalla crescente domanda di efficienza e praticità nel settore della ristorazione. Dalle macchine iniziali, pesanti e manuali, ci si è spostati verso sistemi automatici, in grado di gestire volumi di stoviglie maggiori con minor sforzo.
L’introduzione di timer automatici e cicli di lavaggio personalizzabili ha rappresentato una svolta molto importante. Queste funzionalità permettevano ai ristoratori di programmare il lavaggio in base alle proprie esigenze specifiche, ottimizzando il tempo e riducendo il consumo di risorse. Inoltre, l’emergere di bracci di spruzzo rotanti e sistemi di filtraggio più efficienti ha migliorato notevolmente la qualità del lavaggio, garantendo risultati uniformi e riducendo la necessità di prelavaggio manuale.
Parallelamente, si è assistito a un progresso significativo nel cam-
po dei detergenti e dei disincrostanti, con lo sviluppo di formulazioni più efficaci e meno aggressive. Questi nuovi composti hanno contribuito a migliorare la pulizia delle stoviglie, riducendo al contempo l’impatto ambientale.
A differenza delle controparti domestiche, le macchine che operano in contesti professionali sono progettate per gestire un volume di lavoro molto più elevato, essenziale in ambienti dove velocità e affidabilità sono imprescindibili. Nell’ambito delle lavastoviglie professionali, il mercato attuale presenta una varietà di modelli, ognuno con caratteristiche e funzionalità specifiche progettate per soddisfare esigenze diverse.
Le lavastoviglie a cappa sono progettate per ambienti di medio-alta capacità, come ristoranti e hotel. Caratterizzate da un meccanismo
in cui una cappa si solleva per inserire e rimuovere i cesti, queste macchine combinano alta efficienza e capacità di lavaggio con un ingombro relativamente contenuto. Dotati di cicli rapidi e sistemi di riscaldamento potenti, questi modelli sono ideali per gestire un grande flusso di stoviglie durante le ore di punta.
Per le cucine di grandi dimensioni, come quelle degli ospedali, delle mense aziendali e dei grandi hotel, le lavastoviglie a nastro trasportatore rappresentano la soluzione ideale. Questi sistemi, estremamente efficienti in termini di capacità, permettono di trattare un gran numero di stoviglie in modo continuo. La loro modularità consente inoltre una personalizzazione in base alle esigenze specifiche di spazio e volume di lavoro.
Le lavastoviglie compatte sono una soluzione per gli spazi ristretti, come piccoli ristoranti, bar o caffetterie. Nonostante le dimensioni ridotte, offrono prestazioni elevate, garantendo comunque pulizia e igiene. Sono ideali per ambienti con volumi di lavaggio moderati ma che richiedono comunque efficienza e rapidità.
In alcuni contesti, come piccoli ristoranti o caffè, si può trovare l’uso di lavastoviglie domestiche. Queste macchine, pur non essen-
do progettate per un uso intensivo come le commerciali, possono offrire una soluzione valida per esigenze di lavaggio limitate in quanto riescono a combinare praticità d’uso e costi contenuti.
DI LAVAGGIO E ASCIUGATURA
Alcuni modelli di lavastoviglie professionali integrano funzioni di asciugatura avanzate. Queste soluzioni sono particolarmente apprezzate in contesti dove la rapidità di esecuzione del ciclo completo di lavaggio e asciugatura è fondamentale, come nei ristoranti à la carte e in quelli di alta gamma.
La tecnologia al servizio di sostenibilità e risparmio
Per quanto il
merca -
to possa sembrare nettamente al passo con i tempi, l’industria delle lavastoviglie professionali si sta evolvendo rapidamente, spinta da innovazioni tecnologiche e da una crescente enfasi sulla sostenibilità e l’efficienza operativa. Le tendenze emergenti e le tecnologie di prossima generazione stanno ridefinendo il futuro delle lavastoviglie nel settore alimentare.
Una delle principali tendenze è l’integrazione della connettività IoT (Internet of Things) nelle lavastoviglie. Questa tecnologia permette alle macchine di connettersi a Internet, facilitando la raccolta di dati, il monitoraggio remoto e l’ottimizzazione dei cicli di lavaggio. Gli operatori possono monitorare lo stato delle mac-
chine in tempo reale, ricevere notifiche di manutenzione e ottimizzare l’uso delle risorse: in questo modo è possibile ridurre sprechi di acqua ed energia.
Le nuove lavastoviglie incorporano tecnologie avanzate per ridurre il consumo di acqua ed energia. Sistemi come il recupero di calore e i cicli di lavaggio a basso consumo sono sempre più comuni. Queste innovazioni non solo riducono l’impatto ambientale, ma offrono anche un significativo risparmio economico a lungo termine.
Un’altra area di sviluppo riguarda l’uso di materiali sostenibili e di design eco-compatibili. I produttori stanno esplorando materiali riciclabili e biodegradabili per componenti e detergenti e puntano a ridurre l’impronta ecologica delle loro macchine.
L’accento si sta spostando anche verso la personalizzazione. Con la diversità di esigenze nei diversi contesti di ristorazione, i produttori stanno sviluppando lavastoviglie che possono essere adattate a re-
quisiti specifici, sia in termini di dimensioni, capacità o cicli di lavaggio personalizzati.
In risposta alle crescenti preoccupazioni sanitarie, le nuove lavastoviglie presentano tecnologie che garantiscono livelli superiori di igiene e disinfezione. Sistemi come il lavaggio ad alta temperatura e l’utilizzo di UV o ozono per la sterilizzazione stanno diventando più diffusi, in quanto garantiscono che le stoviglie non solo siano pulite ma anche igienicamente sicure.
L’integrazione dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico nelle lavastoviglie è un campo emergente. Queste tecnologie potrebbero permettere alle macchine di adattarsi automaticamente a diversi tipi di carico, in modo tale da ottimizzare al massimo l’uso di acqua e detergenti, fattore che può determinare l’efficienza complessiva del lavaggio.
cod 102183
30-31 maggio
01-02 giugno
Tutto pronto a Fano per la più attesa gara di cucina di pesce. Sono già tanti i cuochi di ogni regione pronti a cimentarsi con un piatto principe della tavola come la zuppa di pesce. L’occasione è il Brodetto Fest, un evento nato con l’obiettivo di recuperare e valorizzare la tradizione marinara, diventando nel tempo un punto di riferimento nazionale per tutte le iniziative legate alla celebrazione della gastronomia di mare. Ed è in questo contesto che si terrà uno dei più interessanti confronti a livello nazionale fra cuochi specializzati nel pesce. Brodetto Fest è un mix di marineria, cucina, cultura e sostenibilità che attira ogni anno migliaia di visitatori dall’Italia e dall’estero, grazie anche a questo
confronto fra chef. Dal 30 maggio al 02 giugno 2024 la kermesse tornerà ad animare la cittadina marchigiana con la centro proprio la gara di cucina.
L’attenzione della città verso questa pietanza tipica, però, non si limita ai soli giorni del Brodetto Fest, ma è al centro della proposta culinaria tutto l’anno grazie alla rete dei Ristoranti del Brodetto che propongono il brodetto alla fanese, intrecciando l’identità gastronomica della città con moderne tecniche culinarie.
Tra le principali attrazioni dell’evento c’è come detto la Gara nazionale dei
Brodetti e delle Zuppe di Pesce, una sfi da culinaria che coinvolge regioni italia ne nella competizione per la zuppa più attesa e più deliziosa del 2024. Una giuria composta da esperti gastronomi e giornalisti decreterà quella vincente. La gara si svolgerà in data 31 maggio e 1 giugno al Palabrodetto, una grande tensostruttura del Lungomare Simo netti al Lido di Fano. Le delegazioni regionali partecipanti saranno otto. La gara si struttura in 2 momenti: ne partecipanti
N.B: la ricetta deve essere una zuppa della tradizione e rappresentare il territorio.
Selezione partecipanti
Sei un cuoco? Hai un ristorante di pe sce? Vuoi partecipare alla sfida? Invia a redazione@italiaatavola.net, entro e non oltre il 30 aprile, la tua ricetta completa di una zuppa tradizionale del territorio, con foto e indicando nell’oggetto “Ricetta per Brodetto”. Il comitato tecnico di Italia a Tavola selezionerà gli 8 chef (uno per regione) che parteciperanno alla fase finale di Fano.
fondamentali. Al termine, la ricetta vie ne servita alla giuria tecnica e al pubblico (60 persone) per la valutazione.
La ricetta viene valutata come segue:
Giuria tecnica: 80 punti (4 giudici, 20 punti ciascuno)
Mise en place per tutto il pubblico, at trezzature base per la cucina (pentole, mestoli, teglie, ecc.)
PER INFO TECNICHE:
Antonio Bedini Responsabile
Palabrodetto - Tel 328 0066763
COMPETENZE
Fase finale a Fano
La gara si sviluppa in 4 manche in cui le otto regioni si esibisco a coppie e vengono valutate. Si partecipa tutti contro tutti.
CALENDARIO
Venerdì 31 maggio
Ore 13.00 | 1a manche (2 regioni)
Ore 20.00 | 2a manche (2 regioni)
Sabato 1 giugno
Ore 13.00 | 3a manche (2 regioni)
Ore 20.00 | 4a manche (2 regioni)
Nell’ambito di ciascuna manche i due concorrenti si esibiscono uno alla volta, nella preparazione e nel racconto
Giuria popolare: 10 punti (chi ottiene la maggioranza delle preferenze dal pubblico si aggiudica il bonus di 10 punti). Alla fine delle otto esibizioni e quindi della quarta manche lo chef che avrà ottenuto il punteggio maggiore vincerà la gara.
La giuria della fase finale sarà presieduta da Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola.
La gara si svolge presso il Palabrodetto, struttura attrezzata con;
• CUCINA PALCO: per dimostrazione ricetta
• CUCINA BACKSTAGE: cucina attrezzata con fornelli, cuocipasta, firogriferi, congelatori, piani di lavoro, ecc.
• SALA: spazio con tavoli rivolti al
Il concorrente dovrà portare tutto il prodotto per realizzare al ricetta per 60 persone.
L’organizzazione corrisponderà al concorrente un rimborso forfettario di 200 € per il food cost e l’ospitalità per una notte per max due persone. Non è previsto rimborso viaggio.
Oltre la gara, un festival ricco di attività dedicate alla tradizione marinara
Durante tutta la durata del festival, grazie al progetto Brodetto Boat, sarà poi possibile effettuare escursioni in mare a bordo della motonave Queen Elisabeth, partendo dal porto di Fano. Le uscite, della durata di un’ora e mezza circa, sono guidate dal professor Corrado Piccinetti, direttore del Laboratorio di Biologia
Marina e Pesca dell’Università di Bologna, offrendo un’opportunità unica di conoscere da vicino il mare e l’attività dei pescatori locali.
Saranno allestiti inoltre degli spazi dedicati come:
• Spazio Bro, dedicato alla cucina dei pescatori che preparano e portano in tavola il brodetto, un piatto tradizionale nato a bordo dei pescherecci a base di pesce povero pescato a chilometro zero.
• Spazio Vongole che offre momenti di informazione e degustazione, evidenziando la pesca sostenibile delle vongole a Fano.
• Brodetto&Wine, uno spazio dedicato ai migliori vini delle Marche, in collaborazione con l’Istituto Marchigiano di Tutela Vini - Imt. Incontri e degustazioni con sommelier ed esperti del settore si concentrano sul miglior abbinamento cibo-vino, con un focus sulle denominazioni Doc e Docg delle Marche.
Un appuntamento
per promuovere attività sostenibili (e non solo)
Infine, l’evento promuove attività sostenibili per l’ambiente attraverso collaborazioni con associazioni ambientaliste
nazionali e locali, focalizzandosi sull’impatto dell’uomo sul mondo marino, dalle microplastiche al cambiamento climatico, per comprendere e affrontare i fattori che modificano l’ecosistema e le abitudini di alcune specie particolarmente sensibili, come le tartarughe marine.
Gli approfondimenti sul mare offrono momenti di studio sulla salute del mare e dei suoi fondali, a cura di esperti come Donato Giovannelli, microbiologo all’Università Federico II di Napoli, insieme a giornalisti e direttori di istituti di ricerca marina. Per sensibilizzare le giovani generazioni sull’importanza del mondo marino e della sua biodiversità, utilizzando il gioco come strumen-
to educativo, verrà istituito il progetto Brodetto&Kids sostenuto dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste. Durante le giornate del Brodetto Fest, il Palco Centrale Brodetto Time ospiterà grandi nomi nazionali e internazionali, come scrittori, musicisti, attori, scienziati e divulgatori, creando momenti di spettacolo che trattano temi importanti come il mare, l’ambiente e il territorio.
Torna l’esperienza gustativa della migliore cucina italiana grazie agli imperdibili cooking show, momenti di assaggio prelibato con piatti firmati da celebri chef �� cod 103623 Per informazioni: www.brodettofest.com
Immaginate l'ingresso in un ristorante, l'atmosfera è calda e l'accoglienza cortese. Mentre ci si accomoda al tavolo, l'attesa del menu genera quella piacevole anticipazione che precede ogni grande esperienza gastronomica. Il menu viene posto, e l'attenzione si rivolge alle parole, alle descrizioni dei piatti che evocano immagini di terre lontane e di sapori complessi.
Tuttavia, la decisione finale del commensale si cela dietro a meccanismi psicologici che trascendono gli ingredienti e le tecniche culinarie: entra qui in gioco la psicologia del prezzo, un invisibile condimento
che può esaltare o compromettere il sapore di un piatto ancora prima che questo venga assaggiato.
Scheletri di cifre e simboli che, accanto a nomi di piatti, sussurrano suggestioni di esclusività o qualità superlativa. Quello che spesso sfugge, tuttavia, è il raffinato lavoro psicologico che sta dietro a quei numeri, un lavoro che intende svelare e valorizzare il gusto nascosto di ogni proposta senza dire una sola parola. Vediamo tre tecniche molto utilizzate.
Nel contesto raffinato del settore gastronomico, questa tecnica si di-
mostra particolarmente adeguata, avendo il potere di modulare il processo decisionale dei clienti con la presentazione strategica dei piatti. Nel menu viene inserito un piatto particolarmente costoso rispetto agli altri: questo agisce come "prezzo-esca", creando un punto di riferimento che altera la percezione del valore delle altre opzioni Questo metodo, chiamato “effetto dell'ancoraggio”, fa sì che i piatti con un prezzo medio diventino più attraenti, venendo percepiti come più abbordabili e convenienti in confronto all'opzione più cara. Attraverso questa tattica, i ristoratori possono indurre i clienti a considerare queste scelte come le più vantaggiose.
Per il ristoratore, il piatto più costoso non è necessariamente quello su cui si basano le prospettive di profitto. Al contrario, spesso il piatto a prezzo medio è quello che presenta il miglior equilibrio tra costo di produzione e prezzo al pubblico, generando quindi maggior margine. In tal modo, sebbene il cliente faccia la sua scelta in apparente libertà, in realtà è delicatamente guidato verso l'opzione che il ristorante preferisce vendere.
Tuttavia, perché tale strategia sia efficace ed efficiente, essa deve essere implementata con uno sguardo attento all'equilibrio generale dei prezzi e alla qualità percepita, per assicurare che il cliente si senta sempre soddisfatto della scelta fatta e dell'esperienza complessiva vissuta.
(prezzi terminanti in 9 o 5)
Questa tattica è un esempio emblematico di come dettagli apparentemente minimi possano avere un impatto significativo sulla psicologia del consumatore. L'uso di un prezzo che termina con .99 o .95, noto come "Charm Pricing", trae vantaggio dalla tendenza cognitiva degli
esseri umani a processare i numeri da sinistra verso destra, valutando quindi primariamente la cifra più alta e dando meno importanza agli altri numeri
Il fenomeno psicologico alla base di questa percezione è noto come “left-digit effect” ossia l'effetto del numero di sinistra. Quindi, anche se il prezzo è ridotto di un solo centesimo, la percezione del consumatore può cambiare drammaticamente. Un piatto che ha un prezzo di, per esempio, 9,99€ viene spesso inconsciamente paragonato a 9€ piuttosto che a 10€, nonostante la differenza reale sia di soli pochi centesimi. Questo inconscio arrotondamento al ribasso può portare i clienti a percepire un miglior rapporto qualità-prezzo.
Allo stesso tempo, terminare un prezzo con 9 o 5 può suggerire un affare o uno sconto, creando una sensazione psicologica di risparmio. Nella gastronomia, dove il valore e la qualità del cibo sono di importanza cruciale, mantenere questa percezione di alta qualità pur offrendo un'illusione di convenienza è una tecnica di pricing estremamente efficace
Tuttavia, è importante che i ristoratori usino questa strategia con giudizio. Se i clienti dovessero percepire questa tattica come ingannevole o eccessiva, potrebbero sentirsi manipolati, con un possibile impatto negativo sulle loro esperienze generali. Per esempio, i prezzi che terminano in 9 o 5 potrebbero non essere appropriati in un ristorante ultra-lusso dove i clienti si aspettano trasparenza e premium pricing. In combinazione con una comprensione sofisticata della presentazione del menu e del posizionamento dell'articolo, la strategia del prezzo terminante in 9 o 5 può quindi essere potente. Si tratta di equilibrare la sottigliezza di questa tattica con l'integrità del marchio e l'esperienza culinaria complessiva, per garantire che il valore percepito dal cliente sia ottimizzato senza sacrificare la percezione di qualità e di lusso.
Utilizzando prezzi terminanti in .99 o .95, il ristorante dà l'impressione di offrire valore e un leggero sconto su ogni piatto. Questo metodo può indurre i clienti a percepire i prezzi come più convenzionali o competitivi, senza compromettere l'aura di qualità associata ai piatti offerti.
Quando si offre un insieme di esperienze gustative a un prezzo unico, si tocca una corda sensibile nella psicologia del consumatore: quella del valore aggiunto. Dietro l'apparente convenienza numerica si attiva nel cliente la percezione di ricevere un extra, di partecipare a un'esperienza esclusiva che altrimenti avrebbe potuto sembrare irraggiungibile o quantomeno meno accessibile.
Nel ricco tessuto del dining, dove ogni dettaglio ha il suo perché, il “Bundle Pricing” regala al cliente un senso di abbondanza e di cura, spingendo spesso ad una maggiore propensione a spendere in cambio di un'esperienza culinaria arrotondata e completa. I ristoranti che applicano questa strategia con successo sanno bene che il pasto non finisce con il dessert, ma continua nella memoria del cliente ben dopo l'ultima forchettata.
Dal punto di vista del ristorante, il bundle pricing può essere un ottimo modo per incrementare le vendite di piatti che altrimenti sarebbero meno ordinati e ad ottimizzare il flusso di lavoro in cucina, prevedendo con maggior precisione la quantità di cibo da preparare. In più, l'offerta di menu degustazione aiuta a creare un'esperienza di pasto completa e soddisfacente, che può rafforzare la propria reputazione e incoraggiare la clientela a ritornare.
Ecco un esempio di bundle pricing in una osteria italiana:
Menu alla carta
Antipasto: Capesante scottate - 12€
Primo: Risotto ai funghi porcini - 15€
Secondo Piatto: filetto di manzo - 25€
Dessert: Mousse al cioccolato - 7€
Se un cliente scegliesse un piatto da ogni categoria, spenderebbe un totale di 59€. Tuttavia, con la strategia di bundle pricing, il ristorante potrebbe proporre un “menu Degustazione”
che include tutti e quattro i piatti ad un prezzo predefinito di 50€.
In questo modo, il cliente percepisce una convenienza materiale (un risparmio di 9€ rispetto all'acquisto dei piatti individualmente) e viene anche incentivato a provare una gamma più ampia di ciò che il ristorante ha da offrire.
Le tecniche di psicologia dei prezzi applicate nel settore gastronomico dimostrano l'unione tra l'arte culinaria e le scienze del marketing e del comportamento dei consumatori. Dietro a ogni prezzo nel menu si nasconde un'attenta strategia mirata a offrire un'avventura culinaria che vada oltre una semplice transazione economica, lasciando un ricordo duraturo nel cliente. Per i ristoratori, il successo si misura non solo in termini di profitto, ma anche nella capacità di regalare momenti indimenticabili che rimangono impressi nella memoria emotiva dei loro ospiti.
Il settore, sempre alla ricerca di eccellenza, continuerà a sviluppare queste tecniche per valorizzare ciascun piatto, facendo sì che il prezzo non sia mai solo un numero, ma parte integrante di un'esperienza unica e soddisfacente. Questa danza tra numeri e sapori guida discretamente i clienti verso tesori gastronomici, arricchendo la loro esperienza a tavola con ogni assaggio. cod 103651
Per rivedere insieme la strategia dei prezzi e migliorare il margine dei tuoi prodotti, ti invito a contattarmi al seguente indirizzo e-mail kairosgoodfriend@gmail.com e a visitare il mio sito blog www.kairosgoodfriend.com
Le tre A della sostenibilità: Ambiente, Alimentazione e Agricoltura, sono interconnesse e rappresentano le sfide centrali del nostro tempo. La loro interdipendenza richiede un approccio olistico e urgente per un futuro sostenibile.Per affrontare queste sfide è necessario un impegno collettivo, ma anche azione individuale e collaborazione tra agricoltori, distributori e imprenditori nel settore alimentare
Sdi Massimo Artorige Giubilesi
Founder & ceo Giubilesi & Associati
Chairman FCSI Italian Unit
arà per puro caso o per coincidenza linguistica, non saprei, ma avete notato che le tre parole che ultimamente sentiamo più spesso riferendosi alle problematiche centrali del periodo storico che stiamo vivendo, iniziano con la lettera A: Ambiente, Alimentazione, Agricoltura.
Vista da questa angolazione, la connessione tra queste “3 A” forma un trittico fondamentale per il futuro di tut-
ti noi in ogni ambito, generalmente e ancora di più nel settore del food e dell'ospitalità, sottolineando non solo la loro importanza basilare ma anche l'urgenza di posizionarli al centro delle nostre priorità.
In un'era segnata da sfide globali senza precedenti, quali cambiamenti climatici, perdita di biodiversità e insicurezza alimentare, l'interrelazione tra queste "3 A" emerge come un perno su cui orientare la nostra bussola morale e operativa verso un orizzonte di sostenibilità che non possa rimanere più come sola parola priva di azioni.
L'ambiente è il fondamento su cui si costruiscono l'alimentazione e l'agricoltura. Le pratiche industriali insostenibili, l'uso eccessivo di risorse naturali e la gestione senza criteri dei rifiuti stanno erodendo la capacità del nostro pianeta di supportare la vita.
Secondo l’Ipcc (Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico), organo istituito nel 1988 dalla World Meteorological Organization e dallo United Nations Environment Programme composto da 195 Paesi, l'industria
e l'energia sono responsabili di circa il 75% delle emissioni globali di CO2
Queste emissioni contribuiscono all'effetto serra e al riscaldamento globale, influenzando negativamente l'agricoltura e la disponibilità di cibo. L'Onu stima che ogni anno vengono prodotte circa 300 milioni di tonnellate di plastica, con una percentuale significativa che finisce negli oceani, minacciando la vita marina e la salute degli ecosistemi. Nel settore del food e dell'ospitalità, questi dati si devono tradurre velocemente in una crescente consapevolezza dell'importanza di ridurre l'impronta ecologica attraverso l'utilizzo di energie rinnovabili, la minimizzazione degli sprechi alimentari e la promozione di un consumo responsabile. Esempi virtuosi nel settore mostrano come un impegno verso pratiche sostenibili possa non solo ridurre l'impatto ambientale, ma anche attrarre una clientela sempre più sensibile a queste tematiche.
“A” come Alimentazione: nutrire il corpo e il pianeta
L'alimentazione collega l'individuo all'ambiente globale in un ciclo di interdipendenza: la scelta dei cibi che consumiamo non influisce solo sulla nostra salute, ma anche sull'ambiente e sulle comunità agricole.
Secondo la Fao circa un terzo del cibo prodotto nel mondo per il consumo umano, pari a circa 1,3 miliardi di tonnellate all'anno, viene perso o sprecato. Questo non solo rappresenta un uso inefficiente delle risorse naturali, ma contribuisce anche alle emissioni di gas serra dalla decomposizione dei rifiuti alimentari in discarica.
Promuovere un'educazione alimentare che enfatizzi diete basate su prodotti locali, stagionali e a basso impatto, può contribuire a ridurre l'impronta carbonica. Ristoranti e catene alimentari che abbracciano questa filosofia non solo rispondono alla crescente domanda di opzioni alimentari sostenibili ma giocano anche un ruolo chiave nell'educare i consumatori verso scelte più consapevoli.
Secondo la Fao, l'agricoltura consuma circa il 70% delle risorse idriche dolci a livello globale ed in alcune regioni del pianeta, l'uso eccessivo di acqua per l'irrigazione sta portando all'esaurimento delle falde acquifere, mettendo a rischio la sicurezza idrica futura.
Sempre la Fao stima che circa 10 milioni di ettari di foresta vengano persi ogni anno, in parte a causa dell'espansione agricola, in aggiunta alla deforestazione che contribuisce al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità, compromettendo la capacità degli ecosistemi di supportare la vita. Di fronte a questi dati emerge chiaramente che l'agricoltura è il
punto di incontro tra ambiente e alimentazione, dove le decisioni pratiche si manifestano concretamente non solo nel paesaggio naturale, ma anche a livello sociale ed economico.
L'adozione di metodi di agricoltura sostenibile, quali l'agricoltura biologica, la rotazione delle colture e la conservazione dell'acqua, rappresenta un investimento nella resilienza a lungo termine dei nostri sistemi alimentari, ma la loro applicazione concreta nella realtà attuale ha ancora tanti ostacoli davanti a se. Ecco perché la collaborazione tra agricoltori, distributori, ristoratori e imprenditori dell’ospitalità deve espandersi ancora di più per favorire le filiere corte (quelle vere) e il consumo di prodotti locali che riporteranno forza alle economie territoriali, riducendo l'impronta ecologica del cibo che arriva sulle nostre tavole. Sono ben consapevole che non sto dicendo niente di nuovo. Sta diventando una specie di moda parlare di sostenibilità, mentre i dati e le statistiche dipingono un quadro preoccupante.
È finito il tempo di osservare passivamente o di lasciare il peso della responsabilità sulle sole spalle dei decisori politici e delle grandi corporazioni. Ognuno di noi ha un ruolo da svolgere, dalle scelte quotidiane su cosa mangiamo, come viaggiamo, a come votiamo, possiamo tutti contribuire a un movimento globale per il cambiamento.
L'industria del food e dell'ospitalità, con la sua vasta portata e impatto sociale, ha una leva particolarmente potente per influenzare positivamente l'ambiente, l'alimentazione, l'agricoltura.
cod 103814
Per informazioni:
www.giubilesiassociati.com
on grande successo, in termini di partecipazione, ma anche di volumi di affari, si è chiusa a Carrarafiere la quarantaquattresima edizione di Tirreno CT, la fiera di riferimento per l’ospitalità che, insieme a Balnearia, ha popolato dal 3 al 6 marzo scorsi, i padiglioni di una fiera presa d’assalto da operatori del settore.
Un successo segnato non solo dall’incontro tra domanda e offerta, ormai fiore all’occhiello dell’appuntamento toscano, ma anche dalle tante attività che le associazioni di categoria hanno svolto in fiera. A partire dal Pentathlon della cucina italiana e dalla novità di quest’anno, il Triathlon, per la cucina al microonde, due appuntamenti che hanno richiamato in fiera cuochi di tutto il mondo. Anche la formazione è stata al centro della manifestazione grazie alla partecipazione della Scuola Tessieri che ha animato le giornate con tante iniziative.
Anche il mondo della panificazione e della pasticceria è stato al centro dei tanti appuntamenti di rilievo nazionale promossi a Tirreno CT da uno dei partner storici, la Federazione italiana pasticceri, gelatieri e cioccolatieri (Fipcg) che anche quest’anno ha animato la manifestazione con i concorsi per il miglior pane, la miglior colomba e i migliori pasticceri d’Italia. Importante vetrina anche per il mondo della gelateria con l’Oscar del Gelato
Tra i dati positivi di questa edizione anche la crescita in termini di presenza del settore vitivinicolo italiano. Non solo con la partecipazione delle associazioni, in particolare la Fisar che ha dato vita a un ricco programma di degustazioni, ma anche per i tanti marchi nazionali che hanno scelto Tirreno CT come immancabile. L’evento di Carrarafiere si conferma unico nel suo genere. Appuntamento al 2025 con la 45ª edizione. cod 103697
Fedegroup, con 50 ristoranti in Italia e all’estero, eccelle nei servizi di ristorazione per l’hotellerie. L’azienda si distingue per cura nei dettagli e ricerca dell’eccellenza, con 20 anni di competenza nel food&beverage
Cinquanta ristoranti in Italia e all’estero, una competenza ventennale nel segmento food&beverage, la collaborazione con uno Chef stellato, 3 brand ristorativi di successo con oltre 15 punti vendita sul territorio nazionale: Fedegroup è l’azienda leader in Italia per i servizi
di ristorazione in outsourcing per l’hotellerie e su strada.
Servizio food&beverage per hotel curato in ogni dettaglio
Ricerca, studio del mercato locale e del target, partnership con i fornitori che garantiscono eccellenza nelle materie prime e una filiera etica e garantita sono alla base della proposta food&beverage di Fedegroup dedicata all’hotellerie e ideata e prodotta ad hoc per ogni struttura, in totale autonomia operativa e massima sinergia con gli obiettivi e l’identità del partner. «L’hotel è da sempre una porta d’accesso alla cultura italiana, un “luogo chiave” nella filiera del turismo e nella promozione dell’alta qualità tricolore in termini di hospitality e ristorazione. Il nostro servizio food&beverage in hotel è curato in ogni dettaglio, dalla
colazione alla cena e al servizio in camera. La cura che mettiamo nel servizio e nella composizione dei nostri menu ci ha resi parte attiva del processo di apertura dei nostri locali in hotel al pubblico esterno, una tendenza già molto avanzata a livello inter-
nazionale e che in Italia negli ultimi anni registra una importante crescita di consensi, ottimizzando l’economia del comparto hotellerie e rendendo gli hotel realtà vive e connesse con il tessuto sociale.» racconta Mirko Sanna, Direttore generale di Fedegroup.
A garantire la qualità e l’ottimo value for money è una batteria di chef guidata dall’Executive chef Raimo Chiacchiera, affiancato dal Maestro pizzaiuolo Alberto Buonocore e dallo Chef una stella Michelin Paolo Gramaglia. «Oggi più che in passato siamo davanti a un pubblico consapevole che vuole vivere un’esperien-
za ad ogni assaggio. La scelta del consumatore è sempre più incisiva e polarizzata: se da una parte ci sono le stelle Michelin con le loro offerte di altissimo livello destinate ad un pubblico high-spending, dall’altra ci sono ristoranti capaci di offrire scorci autentici della nostra tradizione e qualità a un prezzo accessibile.» continua Sanna «È su questi che Fedegroup vanta un know-how unico nel settore con una “squadra di cucina” composta da oltre 200 persone che condividono la passione per la cultura enogastronomica italiana e la mission di offrire proposte eccellenti a prezzi competitivi.»
Sul fronte della ristorazione retail, Fedegroup mette al centro l’identità: ogni ristorante Fedegroup è unico e offre una proposta culinaria inedita, coniugando tradizione e modernità e offrendo al pubblico una degustazione originale del territorio. Se il Nabucco, da oltre cinquant’anni punto di riferimento nel cuore di Brera (Milano), fa del legame tra lirica e cultura gastronomica la sua firma, con un menu stagionale che affonda le radici nel “mangiare milanese” autentico a cui si alternano piatti amati dal Maestro Verdi a cui sono dedicati gli spazi;
il Gran Baguttin interpreta l’incontro tra storia, letteratura e glamour: le stesse sale che hanno visto la nascita del celebre premio letterario Bagutta si trovano oggi al centro del Quadrilatero della Moda e al loro interno è possibile gustare un menu che racconta la tradizione meneghina, tra materie prime pregiate e tagli di carne “sartoriali” , con piatti ricchi di contaminazioni cosmopolite e ispirazioni glam.
A Padova Fedegroup gestisce da 10 anni un altro luogo ricco di storia e con un’identità unica: il celebre Caffè Pedrocchi, che vanta a pranzo e a cena un menu 100% padovano, fatto di ingredienti locali di prima scelta che incontrano con creatività le fragranzefirma del Caffè: menta, caffè e cioccolato. «Raccogliere l’eredità di Antonio Pedrocchi che voleva il suo Caffè come spazio di riferimento per la città sempre aperto è stata una delle più belle sfide per Fedegroup. Quando ci troviamo davanti a “monumenti” della tradizione locale come il Pedrocchi scegliamo sempre di valorizzarne la tradizione creando un’offerta capace di attrarre un vasto pubblico, nazionale e internazionale. Da quasi duecento anni i padovani bevono il caffè al nostro banco storico e migliaia di turisti vengono a scoprire un pezzo di storia italiana vivendo un’esperienza unica, moderna e allo stesso tempo immutata nel tempo.» racconta Sanna «Oggi il Pedrocchi è lo stesso “Caffè senza porte” voluto dal suo fondatore: gli studenti della vicina università lo scelgono per i pomeriggi di studio nella Sala Verde, dove non esiste obbligo di consumazioni e a tutti sono offerti caffè americano e connessione wi-fi, le coppie lo scelgono per celebrare matrimoni e unioni civili, le aziende del territorio organizzano qui i loro eventi
principali e ogni anno il Caffè “restituisce” alla città un ricco palinsesto di eventi culturali aperti al pubblico.»
Nell’ultimo triennio Fedegroup ha inoltre acquisito Golocious, Baessato e Artisti del Vegetariano dando vita a un portfolio di brand amati dal pubblico che fanno della riconoscibilità la loro chiave strategica. «La differenziazione è un elemento fondamentale della strategia Fedegroup sul fronte dei brand ristorativi: oggi possiamo offrire ai nostri partner la possibilità di inserire nei loro spazi ristorativi format di successo capaci di soddisfare ogni esigenza, dallo stre-
et food di Golocious all’offerta plant based di Artisti del Vegetariano fino all’esperienza esclusiva sotto il segno della socialità di Baessato. Ognuna di queste insegne porta con sé un asset valoriale condiviso e riconosciuto dal consumatore: quando entriamo in un Golocious, un Baessato o un Artisti del Vegetariano abbiamo la garanzia di trovare quello che stiamo cercando.» conclude Sanna. cod 103454
abatino Lattanzi ha 35 anni e un modo di accogliere gli ingredienti nei suoi piatti pulito e trasparente. Va fino in fondo alla materia prima. Alla ricerca delle origini nella natura. Alla ricerca dei volti dei produttori artigiani che raccontano una storia.
Una passione che nasce quasi per necessità e si trasforma, velocemente, in amore puro. La mamma lavora per molte ore durante il giorno e Sabatino rimane a casa con la sorella maggiore. A lui che ha circa 10 anni, il compito di cucinare. Grande è la voglia di far assaggiare alla mamma i suoi sughi e le sue paste. Ci dice una frase, mentre racconta di sé, che ci colpisce: «C’è un produttore artigiano di caffè, un amico, che pensa che io sia felice di portare alta la ban-
diera dell’economia della felicità».
Un concetto che si rispecchia in Sabatino fin da quando, quattordicenne, viene assunto in un celebre locale di Civitella del Tronto, Zunica hotel ristorante. Cresce e matura al Zunica fino a diventare la firma del locale. Durante questo percorso arrivano 3 Cappelli, 2 Forchette e la menzione sulla Michelin e stima da parte dei colleghi.
Il 19 Maggio del 2022 apre Batì a Tortoreto Lido (Te). Un luogo tutto suo che vuole rimanere legato all’infanzia. Perché il nome Batì non è altro che il "soprannome" con cui lo chiamavano i suoi amici quando giocavano a calcio. Batì è un’originale abbreviazione di Sabatino. Da Batì continua e si evolve la cucina della condivisione. Come durante una partita di calcio così ai fornelli ogni elemento ha il suo ruolo preciso e deve essere abile a cambiare posizione durante il gioco. cod 103690
Da bambino cosa sognavi di diventare?
Il cuoco.
Il primo sapore che ti ricordi. Il latte. E adesso quando prendo in braccio un bambino neonato sento ancora quello odore.
Qual è il senso più importante?
Il gusto.
Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato.
"Si trittica ma non si muove" Omaggio ai terremotati di Amatrice.
Come hai speso il primo stipendio?
Il motorino per poter andare a lavoro. I tre piatti da provare almeno una volta nella vita.
Le lumache di Franco Mirasole, Ops di Massimo Bottura, la Pizza fritta di Sorbillo.
Cosa non manca mai nel frigo di casa tua?
Succo al mirtillo.
Qual è il tuo cibo consolatorio?
I gelati.
Che rapporto hai con le tecnologie? Pessimo.
All’Inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale? La frittata. Era la cena di tutte le sere durante la mia prima stagione.
Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?
Mia moglie e mia figlia tra 15 anni.
Quale quadro o artista rappresenta meglio la tua cucina?
"La persistenza della memoria" di Salvator Dalì.
Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe?
"Non mollo", Fabri Fibra. Mi ha aiutato nei momenti più difficili della mia carriera.
Dopo l'esperienza del Comitato di Tutela Ristoranti di Bologna durante la pandemia, che ha agito con successo contro le restrizioni ministeriali, i ristoratori di Bologna e provincia hanno ritenuto necessario costituire il Consorzio Tutela Ristoranti Bologna come un'organizzazione stabile e attiva,
offrendo attività e consulenze ai consorziati.
Così, all'evento tenutosi presso lo studio dell'avvocato Massimiliano Bacillieri, è stata introdotta la creazione del Consorzio con l'elezione del presidente Paolo Pezzoli (Corte dei Molini), del vice presidente Michele Pettinicchio (Ristorante Al
Pappagallo sul Green e Bottega al Pappagallo) e dei consiglieri Luca Benati (Trattoria Amedea), Elisabetta Valenti (Ristorante Al Pappagallo sul Green e Bottega al Pappagallo).
Il Consorzio opera nell'intera Area Metropolitana di Bologna, dal centro alla provincia, e si impegna a mantenere uno status apolitico. Durante la presentazione è stato evidenziato il criterio di ammissione al Consorzio, richiedendo a chi si iscrive di possedere una cucina propria e di non utilizzare piatti preconfezionati. L'obiettivo è creare una rete di esperti del settore che possano condividere storie, competenze e risolvere le criticità legate alla ristorazione.
Servizi offerti ai consorziati:
• Condizioni vantaggiose con la Banca Popolare dell’Emilia Romagna.
• Consulenza legale, fiscale e del lavoro.
• Fornitori selezionati con listini prezzi vantaggiosi e sconti speciali.
• Manutentore disponibile 24/7 per interventi tempestivi su attrezzature da cucina.
• Raccolta di un database di professionisti selezionati per garantire competenze nei candidati.
• Corsi di formazione sul management applicato al settore della ristorazione.
Il Consorzio Tutela Ristoranti Bologna si presenta come un'iniziativa solida e collaborativa, pronta a supportare e migliorare il settore della ristorazione a Bologna e provincia. cod 103239
di Gabriele Ancona
Quarant’anni tondi, tondi, Luca Rallo è un maestro piazzaiolo con i fiocchi. Napoletano verace, Campione del Mondo di Pizza Senza Glutine (Pizza World Cup 2021), oggi guida due locali a Roma. Fantasie ‘e Napoli e Fantasie di Napoli presso il Centro Commerciale GranRoma sono un tributo alla sua città d’origine e, soprattutto alla pizza.
«Ho iniziato a mettere la mani in pasta a 14 anni con il mio papà Vincenzo, pizzaiolo, che mi ha trasmes-
so questa passione - racconta - Per due anni lo ho accompagnato lungo le stagioni estive. Ho imparato tanto, ma ho sentito l’esigenza di tagliare il cordone ombelicale e mi sono fatto ancor più le ossa in una pizzeria di Napoli come aiuto pizzaiolo». Poi il salto e la trasferta a Roma, che si è rivelata definitiva, appena maggiorenne. «Otto anni da Zio Ciro - sottolinea - dove sfornavo 1200 pizze al giorno apprendendo velocità e tecnica, a cui ho aggiunto tanto studio». Nel 2000 dà vita a un primo locale, in società, ma è nel 2008 che spicca il volo con Fantasie ‘e Napoli. «Supportato da mio padre - puntualizza - ho chiuso insieme a lui il cerchio professionale. Da 16 anni questo locale, che conta 100 coperti e altrettanti nel dehors, va alla grande. Lo scorso dicembre ho raddoppiato nel Centro Commerciale GranRoma: 140 posti a sedere e un centinaio sulla terrazza».
Fantasie 'e Napoli, anche senza glutine
I menu di Rallo propongono una quarantina di pizze tra classiche e innovative e 20 senza glutine. La tradizio-
ne napoletana è di casa, ma con un tocco di creatività in più e una ricerca rigorosa in merito alle materie prime, «su cui non si può scherzare: bisogna volare alto». Per quanto riguarda i pomodori, dopo tanta selezione, il napoletanissimo Luca Rallo - basta sentirlo parlare - ha piantato radici
con Cirio Alta Cucina. «Garantisce sempre uno standard di alto livello. Siamo molto soddisfatti della resa di Cuor di Pelato, dei Pelati, dei Datterini sia Rossi che Gialli».
Elevata resa, ricca salsatura, buccia sottile che li mantiene intatti durante la cottura, dolcezza e polpa cremosa sono solo alcuni dei punti di forza che hanno conquistato Rallo e le sue centinaia di clienti. Tra le pizze molto apprezzate e che mi piace ricordare - annota - la Manfredi con bordo con crema di ricotta, Cuor di Pelato, Datterini, bufala campana e in uscita prosciutto crudo e basilico. Sul fronte senza glutine una ricetta che spopola è a base di Datterini Gialli, bufala campana, friarielli e pecorino». cod 103667
di Gabriele Ancona È
una case history internazionale. Non a caso L’Antica Pizzeria Da Michele ha aggiunto la dicitura “in the World”. Sì, perché da Napoli, in 154 anni, si è moltiplicata un po’ ovunque, da Tokyo a Gedda, da Colonia a Londra, Barcellona, New York, Los Angeles.
Da Michele, dal 1929 sempre a Forcella
«Un marchio che si è moltiplicato per 50», spiega Alessandro Condurro, amministratore delegato del Gruppo
e trisnipote di Salvatore, il primo della stirpe a mettere le mani in pasta. «Era di Torre Annunziata e a Napoli serviva per strada le pizze fritte. Suo figlio Michele, nel 1870, ebbe l’intuizione di effettuare la consegna a domicilio, delivery ante litteram. In questo modo riuscì a mettere da parte i soldi per un locale. Nel 1904 a Forcella aprì la prima Pizzeria Da Michele che nel 1929, sempre a Forcella, si trasferì nei locali di oggi».
L’impresa Da Michele, al momento, si sviluppa con 25 insegne nel mondo e 20 in Italia in franchising e 5 a gestione diretta in Campania: Napoli, Salerno, Pompei e due ad Aversa, una con formula tradizionale e l’altra asporto. A breve l’inaugurazione di un Da Michele anche a Caserta. Solo i locali in Campania sfornano ogni giorno circa 2700 pizze di cui 1500 a Napoli e solo, come vuole la tradizione della famiglia in questo storico locale, nelle tipologie Margherita e Marinara.
«Per quanto riguarda la nostra filosofia di pizza - sottolinea Alessandro Condurro - siamo rigorosi. Deve esse-
re classica, verace e a ruota di carro. Anche questa un’invenzione di Michele, che proponendo una pizza molto estesa invogliava la clientela attratta dal rapporto qualità-quantità». Marketing in purezza: l’estensione che comunica l’idea di mangiare di più. Marketing strategico che continua a oltranza. Antonio Falco, 31 anni, è il primo pizzaiolo di tutta la rete Da Michele, il maestro che dà la linea in tutto il mondo. Allo stesso modo, nei 50 locali, presto 51, un’unica farina, da Mulino Caputo la Pizzeria Blu. Una farina che grazie al glutine elastico e all’amido soffice favorisce la formazione di impasti con ottima idratazione, leggeri e a lievitazione perfetta. «Una farina che vanta un’ottima qualità delle proteine - puntualizza Falco - Assicura resistenza ed estensibilità, notevole valore aggiunto per la pizza a ruota di carro. E poi assicura uno standard di alto livello, sempre e in tutto il mondo» cod 102343
L’Antica Pizzeria
Da Michele
081 5539204
www.damichele.net
Sull’onda del grande successo che la pasticceria tradizionale siciliana sta riscuotendo nel mondo, il Maestro AMPI Santi Palazzolo si ispira a uno dei grandi classici regionali e ne reiventa una versione contemporanea
Francesca Tagliabue per conto di AMPI
l Maestro AMPI Santi Palazzolo è cresciuto in mezzo alla meravigliosa arte dolce della tradizione siciliana, a Cinisi, 20 km da Palermo, dove la Pasticceria Palazzolo nasce nel 1920 quando il nonno apre un piccolo laboratorio di dolci tipici siciliani, che rimangono il
cuore della sua offerta. Oggi la pasticceria, che nel 2020 ha compiuto 100 anni, è strutturata secondo procedure e tecnologie all’avanguardia, pur tenendo a cuore i valori di qualità e tradizione della sua fondazione. Dall’importante laboratorio di produzione odierno, cassate, cannoli, buccellati, frutta di Martorana, dolci alle mandorle e al pistacchio - il meglio della ineguagliabile tradizione dolciaria siciliana - partono a conquistare i palati esteri.
Harmony«Questa regione è unica, con un patrimonio dolciario immenso e antico» dice Santi Palazzolo. Tra i dolci siciliani più caratteristici c’è il buccellato, dolce da viaggio che nasce come natalizio ma che ormai, grazie alla sua capacità di durare nel tempo, viene prodotto tutto l’anno per rispondere alla richiesta di visitatori e turisti - le coste di Cinisi sono tra le più belle d’Italia - al punto che è uno dei dolci più venduti nella show room del Maestro nell’Aeroporto Internazionale Falcone e Borsellino di Palermo, aperto da Santi Palazzolo all’interno dell’area commerciale nel 2001, e nell’e-commerce della Pasticceria Palazzolo.
Un rustico anello di frolla con una farcitura consistente di miele di fichi, mandorle d’Avola, gocce di cioccolato e Marsala, decorato con una corona di frutta candita, questo antico dolce si chiama buccellato perché la pasta si “buccella”, ossia si buca, risultando in tanti piccoli fori.
La magia del nuovo buccellato “Harmony”
Senza nulla togliere al suo classico buccellato, Santi Palazzolo ha deciso di realizzare un nuovo dolce, molto equilibrato nei sapori e non eccessivamente dolce, per rispondere alle tendenze odierne, ispirato al buccellato tradizionale: lo ha chiamato Harmony, ovvero armonia. Harmony è formato da quattro componenti: su una base alta - ben 3,5 cm - di frolla sablée al cacao poggia il ripieno, che è il vero omaggio al buccellato e che il Maestro chiama “composto aromatico siciliano”, un inno ai prodotti del territorio. La farcitura include, infatti, frutta secca tostata (come mandorle e noci); fichi secchi ammorbiditi e ridotti a cubet-
tini, messi in infusione in una bagna con un liquore all’arancia; marmellata di arance amare; una purea di limone candito con spezie (cannella, pepe nero, caffè in polvere, chiodi di garofano, polvere di cacao) e infine, novità rispetto al tradizionale buccellato, scaglie di fave di cacao frantumate. Il tutto, macerato per 48 ore e poi frullato, va a formare una massa cremosa con pezzetti e granelle, una rivisitazione del buccellato che parla di Sicilia.
Questa farcitura va nella base di sablée e su di essa viene steso uno strato di una sorta di frangipane al cacao, cioè una massa morbida montata di burro, mandorle in polvere, zucchero, tuorli e cacao, che viene versata sul composto aromatico fino a raggiungere il bordo della torta. Harmony viene lasciato riposare
ed è poi finito con cubetti croccanti di frolla montata alle mandorle, a ricordare un crumble. Cotto in forno a 170°C per 40 minuti, una volta raffreddato è spolverizzata con zucchero a velo vanigliato.
Irresistibile, più morbida e “leggera” della sua storica ispirazione, con la sua contemporaneità che intriga senza abbandonare il legame con il dolce di tradizione, Harmony sta avendo un grande successo. Il dolce - che rimane profumatissimo di aromi siciliani, vaniglia, cacaodura 60 giorni in dispensa ed è ideale consumato a colazione o con il tè del pomeriggio. �� cod 103637
l mercato mondiale del gin è in netto incremento. E questo vale anche per l'Italia anche se una parte dei consumi è data dall’acquisto di Gin e liquori per la casa, perché dal covid in poi le persone hanno iniziato a farsi i cocktail a casa, così come il Gin Tonic.
Al riguardo dell’eccesso di produzione di etichette di Gin, conosco un detto che mi è stato tramandato da vecchi Barman, quando il barman lavorava a “stock” nei grandi alberghi: “Il troppo storpia” per difetto o per eccesso, logicamente ci si riferiva al lavoro dello stock e chi conosceva quel metodo sa di cosa parlo, fatto sta che quel troppo portò poi al crollo di un sistema di lavoro che per
decine di anni permise ai barman di proliferare e diventare famosi. Ecco non vorrei che anche con il Gin quel troppo porti poi ad un crollo del settore facendo poi male a qualcuno, barman compresi.
Però si comincia a dire che forse vi è qualcosa che non quadra, ed è di settembre 2023 l’articolo uscito sul Gambero Rosso che parla proprio di questo argomento, come ad esempio a fronte di poche distillerie in Italia vi siano centinaia di etichette, di produttori di Gin. Ma non solo, l’uso e la qualità degli ingredienti da chi è certificato? La legislazione produttiva lascia abbastanza spazio. Posso produrre un Gin con una quantità minima di Ginepro o altro ingrediente di alta qualità, basterà dire che vi siano 2 grammi di ginepro di alta qualità Toscana sul totale, ipotizziamo di 10 grammi litro per poter definirlo “pro-
dotto con ginepro Toscano di alta qualità” e così per gli altri ingredienti, dal limone alle botaniche.
Come è giustificato il prezzo elevato del Gin oggi?
Analizziamo punto per punto i 5 elementi di determinazione. È effettivamente giustificato pagare un Gin dai 20 euro fino ai 30, 40 e 50 euro a bottiglia? Quali sono gli effettivi costi di produzione legati a materie prime, marketing e distribuzione?
1° elemento: i quantitativi di ogni etichetta non superano spesso vendite che di poche centinaia di bottiglie, i più abili forse arrivano a qualche migliaio, e come insegna il mercato meno ne produci e più costa;
2° elemento: non avendo una distilleria e dovendo andare a cercarne una seria e farsi produrre il gin avrà
un costo che andrà ammortizzato nel prezzo della bottiglia;
3° elemento: gli ingredienti, parliamo di botaniche, in alcuni casi sono raccolte direttamente da chi ha avuto l'idea di produrre il Gin, ma quante ne possono raccogliere e in che quantità? Questo influisce poi nell’andare a comprare la quantità sufficiente da piccoli produttori;
4° elemento: non avendo una distribuzione, ci si avvale di corrieri spedendo dal proprio magazzino oppure avvalendosi di un’azienda che già commercializza altre etichette, andando ad aumentare ulteriormente i costi;
5° elemento: commercializzare il Gin significa fare marketing, investimenti pubblicitari, campagne, sostenere associazioni professionali del settore, creare eventi, aprire un sito che faccia anche e-commerce ecc. Tutto ciò ha costi, che solo le aziende liquoristiche di media dimensione e con una storia nel settore possono permettersi
Come si giudica la qualità e il prezzo di un Gin miscelato?
In ambito di degustazione puro, andremo a definirne i profumi, ed il gusto ascoltando le botaniche che se sono di qualità ci parleranno di quel prodotto facendoci entusiasmare. Ma quanti consumatori sono in grado di farlo? E quanti barman hanno la giusta competenza?
E ancora, quanto il prezzo del Gin in commercio oggi è veramente giustificato? Da quanto emerso dalla mia indagine almeno il 60/70% dei costi non sono legati alla materia prima ma a tutto ciò che lo contorna, quindi qualche dubbio me lo pongo, anche perché sugli ultimi nati il prez-
zo è schizzato dagli oltre 30 fino ai 40 euro come ad esempio il Gin vincitore della 1° Gin Awards, l’Élite Milano, legato alla moda del capoluogo Lombardo e prodotto da una azienda con sede a Bergamo, con botaniche provenienti da una cooperativa siciliana e distillato a Meda in Brianza dalla distilleria Eugin, già produttrice dell’omonimo Gin.
Se ieri i fattori di scelta di un prodotto erano dati dal blasone dell'azienda, l'origininalità della provenienza dal consiglio di un barman, oggi ci si basa sulla pubblicità e sulle campagne di marketing, poi viene il packaging, che spesso determina la scelta prima ancora del con siglio del barman, sulla drink Gin list, dove saranno elenca ti tutti i Gin presenti nel locale e in ultimo sul consiglio del Barman, che si trova avvolto nell’imbarazzo della scelta contornato da decine e decine di bottiglie di Gin, e che ci esalterà il Gin a lui più simpatico o il produttore a lui più vicino in quel momento, destinato ad una clientela molto popolare a tutti i livelli sociali con buona disponibilità eco nomica anche senza grandi competenze su ciò che beve.
to, sta portando e porterà tanti nuovi produttori a cimentarsi in questo settore. Prima di tutto la moda, perché così fan tutti, e quindi ci si fa prendere da questa (che io voglio chiamare) passione e ci può stare, e che rispetto, ma non chiamiamolo spirito imprenditoriale, questo lasciamolo alle aziende storiche che sono anche produttrici, in quanto non so' che profitti si potranno realizzare da questa attività se non quello della soddisfazione personale di essere proprietari di un marchio di Gin.
Per concludere questa inchiesta, ho voluto capire il motivo che ha porta-
Ho cercato qualcosa di particolare che si discostasse per originalità dalla media di quello che è reperibile sul mercato, e dopo una lunga e attenta ricerca, mi sono imbattuto in questo Lucius Dry Gin, presentato a giugno 2022, fatto con il formaggio quale aromatizzante, si avete capito bene il formaggio, per l’esattezza il Gorgonzola. «Lucius Dry Gin è ispirato da San Lucio, patrono dei caseari e del Gorgonzola - ci raccontano i titolari di Alfa Spirits -, è il primo Gin in cui gli ingredienti principali sono il ginepro Piemontese raccolto in Val D’Ossola (Vb) e il Gorgonzola che combinati al sapore del sottobosco conferito da muschi e licheni creano una nuova esperienza da bere portando nel bicchiere tradizione ma anche innovazione». cod 100681
Ci troviamo a Biella per incontrare Simona Trivellini, barlady di adozione biellese. Simona è nata a Macerata, nelle Marche. Sin da adolescente, sapeva di voler intraprendere una carriera a contatto con la clientela. Così si iscrive alle superiori con l’obiettivo di diventare Perito Aziendale con specializzazione in lingue estere. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Vista la scarsa “performance” scolastica, i genitori decidono per punizione, durante l’estate, di mandarla al mare a lavorare. Mai punizione fu così azzeccata. Simona si sentiva a
suo agio tra i tavoli a servire le bibite ghiacciate, le sontuose coppe gelato, con i piedi nella sabbia. Capisce subito che quella era la sua strada.
Con il diploma e l’esperienza lavorativa nei locali nella sua valigia, parte alla volta di Londra, dove ricomincia dalla gavetta. Apprende l’arte dell’accoglienza formale, tipica degli anglosassoni, e lavora anche nel locale che ha reso famoso il flair in tutto il mondo, il TGI Friday’s, così come in tanti altri, per circa 9 anni. Poi, parte nuovamente e la troviamo negli Stati Uniti, a Miami, addirittura allo Sky Bar. Per chi non lo sapesse, si tratta di un bar ristorante pensato e ideato da Robert De Niro.
Rientra in Italia e decide di fermarsi per qualche mese nella sua terra natale, nelle marche. Successivamente, va a trovare una sua carissima amica, con la quale aveva condiviso parte delle esperienze lavorative, a Biella.
Chiediamo a Simona cosa significa per una donna affrontare un mestiere così impegnativo, sia all’estero che in Italia. La sua risposta non si fa attendere: «All’estero, la figura femminile sul bancone è sicuramente più apprezzata che in Italia. Le cose stanno cambiando, è vero, ma ci sono ancora troppe difficoltà e diffidenze nei confronti di una donna che vuole avere una carriera nel mondo del bar e dell’accoglienza in generale». Simona continua «Consiglierei ad una giovane che inizia ad esplora-
re questo mondo di essere consapevole che sarà un percorso in salita, ma se saprà essere determinata potrà farcela. Come in un cocktail, occorre avere le giuste dosi degli ingredienti. In questo caso, una buona dose di determinazione, di coraggio, essere sempre preparati e avere tanta fiducia in sé stessi.»
Simona Trivelli si è recentemente associata ad Abi Professional, anche se l’abbiamo spesso vista, prima della sua iscrizione, impegnata nelle varie iniziative dell’associazione insieme al suo compagno Roberto Pellerei, conosciuto affettuosamente come “cugino Bob” per gli amici.
Pensi sia giusto per un professionista far parte di un’associazione?
«Credo che non solo sia giusto ma necessario, in un’associazione la condivisione degli sforzi per migliorare qualitativamente la propria professione è una condizione fondamentale. Ad esempio, ho trovato questa dinamica in Abi Professional, ed è per questo che mi sono associata. Vedere le socie che con Abi Professional in Rosa si impegnano per elevare l’immagine delle barlady, specialmente per una nobile causa come la raccolta fondi per una associazione oncologica pediatrica, è un motivo di grande ispirazione».
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La ricetta presentata a Skyway (concorso di cocktail che si svolge nel punto più alto d’Europa) e con la quale Simona si è classificata prima.
• 30 ml VerGin Vertosan
• 30 ml Liquore al timo
• 20 ml amaro Arduino
• 0,5 ml Celery Bitter
• 40 ml soda al bergamotto
La scelta migliore per le novità dell' Horeca
Ldi Domenicantonio
Galatà
Presidente Associazione
Italiana Nutrizionisti in Cucina
a cucina mediterranea esiste grazie a un patrimonio di conoscenze verificate dalla scienza, obiettiva e cinica; non lascia spazio a sentimentalisti e non risparmia neanche la tradizione.
Dopo il soffritto, di cui abbiamo discusso nell'articolo precedente, adesso sale in cattedra per la cucina mediterranea, il fritto. Tra le preparazioni più prelibate, è una tecnica di cottura tramandata di generazione in
generazione, presente in molte culture. Rappresenta un capitolo importante della cucina mediterranea, trasformando da secoli ingredienti locali in ricette iconiche. È inutile domandarsi qual è il successo del fritto, basta averlo assaggiato. Anzi, basta entrare in una cucina dove si è fritto per levarsi qualsiasi dubbio prima ancora dell’assaggio.
Qualcuno esclama ancora “fritta è buona pure la ciabatta”. In realtà, il risultato che si può ottenere col fritto è diverso in base alla nostra conoscenza rispetto alla tecnica; altrimenti “saprà solo di fritto”. È importante
friggere alimenti freschi, ancora ricchi di vitamine, come le patate, perché è proprio per conservare questi nutrienti che conviene friggerli.
Un altro esempio sono gli omega 3 del pesce; se li infiliamo nel forno, si ossidano trasformandosi da salutari in poco salutari, mentre se li friggiamo rimangono intatti! Tutto merito della velocità: per friggere bastano 2 minuti, per un risotto invece ne occorrono almeno 20. Tuttavia, nel fritto, la fretta è bandita. Il motto “a tavola è già tardi”, che è anche il titolo del mio primo libro, integra il concetto che dobbiamo prenderci del tempo
per studiare, per conoscere come cucinare adeguatamente gli alimenti. Questo riflette lo stile di vita mediterraneo, ovvero dedicarsi con cura al reperimento della materia prima e con passione alla sua preparazione. Pesce fresco, verdure di stagione, devono danzare in padella. Quando si frigge gli alimenti devono essere immersi completamente, altrimenti si inzupperanno. Per friggere serve l’olio, tanto, ed è per questo che quando si frigge si frigge per tutti; nelle occasioni in cui ci si riuniva, per le zeppole fritte, mi ricordo venivano da tutto il viale. Non solo i vicini di casa, c’erano anche gli zii da fuori. Questa è la cucina mediterranea, quella che fa bene perché preserva i nutrienti quanto la convivialità. Questo è il suo segreto.
Questa pratica non solo contribuisce al mantenimento dell'equilibrio metabolico del fegato e di conseguenza anche dell’intestino, ma rappresenta anche un approccio scientificamente valido per favorire la salute e il benessere generale. In un'epoca in cui gran parte dei cibi che consumiamo sono ultra-processati, la frittura è l’antitesi perché è un processo rapido in cui gli alimenti non hanno il tempo di ossidarsi. Contrariamente a quanto si pensa, il fritto (così come il soffritto), se fatto correttamente, può addirittura essere terapeutico. Ci sono molti studi recenti che hanno dimostrato come un fritto ogni tanto possa addirittura combattere anche il mal di testa.
pazienti, studenti dei miei corsi. Ma la saggezza culinaria ci insegna che l’olio esausto non dovrebbe affrontare il triste destino del “rifiuto”. Dopo la frittura, l’olio merita uno smaltimento appropriato. Mia nonna, regina delle soluzioni domestiche, lo trasformava in sapone fatto in casa.
Il rituale iniziava raccogliendo l’olio usato o quello troppo “acido” di annate avverse. Poi, con maestria, lo mescolava con la soda caustica e l’acqua. Non aveva studiato, ma conosceva il magico processo della saponificazione; infine, l’olio “metamorfosato” diventava un sapone artigianale, portatore di sostenibilità e risparmio. Un modo creativo e diligente, oggi diremmo green, per dire addio all’olio esausto.
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Mia nonna, dopo le zeppole, mangiava sempre qualche mandarino; diceva che “ sgrassano”. Il consumo di frutta dopo il fritto assume rilevanza scientifica. La frittura stimola l'attività del fegato, coinvolto nella metabolizzazione di sostanze tossiche, farmaci e ormoni tiroidei (attivando il metabolismo). Poiché il fegato stimolato richiede energia, principalmente zuccheri e vitamine per svolgere efficacemente queste funzioni, l'integrazione di frutta fornisce una fonte naturale di tali elementi; il carburante per il fegato.
Per questo motivo, è il momento di ripristinare le buone abitudini e le vecchie tradizioni della cucina mediterranea, che hanno permesso ai nostri avi di vivere a lungo e soprattutto in salute. Adesso tutti allergici, tutti celiaci, tutti intolleranti al lattosio. Provate a cucinare gli alimenti giusti con le giuste modalità di cottura, seguendo la cucina mediterranea; vedrete che non esiste cura migliore.
Dell'olio non si butta via niente: dal fritto al sapone fatto in casa
“Il fritto non è sostenibile; poi con tutto quell’olio che ci fai, lo butti?” È come mi rispondono spesso amici,
Ingredienti per 1 kg di sapone:
• 1 l di olio esausto
• 320 g di acqua
• 150 g di soda caustica
• 3 cucchiai colmi di bicarbonato di sodio
Procedimento:
In un contenitore, versa la soda caustica nell'acqua, attendi che raggiunga 50°C. Unisci gli oli alla soluzione caustica, mescola con un frullatore a immersione. Versa il composto nello stampo in silicone o legno. Copri il sapone con un panno e lascia solidificare per circa 24 ore. Estrai il sapone dagli stampi indossando guanti in gomma per precauzione contro la soda residua. Taglialo nella forma che preferisci.
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Marzo 2024 · anno XXXVIII · n. 316 - Italia a Tavola è una rivista di aggiornamento professionale e cultura enogastronomica per l’Horeca. Si occupa di food service, alberghi, ristoranti, pizzerie, pasticcerie, bar, turismo, travel, wellness e salute, con attenzione particolare ai professionisti, agli enti, alle aziende e alle associazioni del settore in tutta Italia.
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