Conservare col freddo
Qualità nutrizionali e sicurezza alimentare
Vita da chef
Stress, ambizioni e sfide nel mondo della Ristorazione
Conservare col freddo
Qualità nutrizionali e sicurezza alimentare
Vita da chef
Stress, ambizioni e sfide nel mondo della Ristorazione
Una squadra vincente per il Progetto Food Service
Diciamocela tutta: davvero la Michelin pensa di poter dare le carte per tutto il turismo? Che ora voglia giudicare anche gli hotel, attribuendo da 1 a 3 chiavi, è legittimo. Ma, si può fare benissimo a meno delle sue chiavi, che poi, con neanche troppa creatività, sono una brutta rielaborazione grafica dei macaron-stelle, senza i quali non varrebbero nulla. Ma se le “stelle” pesano, anche se sempre meno, per l’autorevolezza del passato della Rossa (più sobrio), fa sorridere l’idea che le “chiavi-simil stella” possano ora avere lo stesso successo.
Il mercato degli hotel è decisamente più organizzato di quello dei ristoranti. Almeno per la fascia alta, dai 4 stelle in su, il consumatore, italiano o straniero che sia, sa cosa aspettarsi in base alle stelle. E il prezzo è spesso un indice preciso del livello di servizi e camere. Altro che chiavi…
In più, almeno a giudicare dalla prima edizione, la nuova guida sembra un pessimo tentativo di imbrogliare le carte, per recuperare una reputazione che in campo alberghiero ha perso ormai da decenni. Per l’Italia le scelte fatte sembrano ancora una volta frutto della strategia per rendere l’Italia inferiore alla Francia: da noi 8 hotel con 3 chiavi contro i 9 della sola Parigi! Se già è bizzarro creare nuove piramidi nell’amplissima offerta alberghiera, frutto delle regole internazionali degli hotel, non si capisce l’abisso rispetto ad altre classifiche autorevoli e consolidate.
Un dato per tutti: il Passalacqua sul lago di Como (miglior hotel del mondo per The World’s 50 Best Hotels) per la Rossa merita solo una chiave. E ne hanno una sola anche Borgo Egnazia di Savelletri (già miglior hotel al mondo e prossima sede del G7), oppure a Roma i 5 stelle De Russie o Hassler. In compenso ne ha 3 la dimora di charme Casa Maria Luigia a Modena (che non ha stelle e solo 12 camere), probabilmente solo perché fa capo al tristellato Massimo Bottura, già miglior cuoco al mondo. La Michelin cerca di fare il bello e cattivo tempo come fa per i cuochi: pensiamo solo ai giudizi nettamente divergente fra World’s 50 Best restaurant e la Rossa: Central di Virgilio Martinez a Lima è il miglior ristorante del mondo, ma non ha stelle. E in Italia Lido 84 di Gardone Riviera (Bs) di Riccardo Camanini ha solo una stella, ma è il 7° locale al mondo. Se troppi ristoratori inseguono ancora il mito della stella, non sarà però certo una chiave a modificare lo stile o l’organizzazione di catene internazionali che sul prestigio delle loro strutture investono milioni ogni anno. E l’attuale sistema di stelle alberghiere reggerà senz’altro anche al gioco della Michelin che forse pensa solo di crearsi una posizione per il mercato remunerativo delle prenotazioni alberghiere, così come ha fatto
La decisione della Michelin di valutare anche gli hotel, attribuendo da 1 a 3 chiavi, suscitata delle perplessità: scelte discutibili per le strutture italiane, con valutazioni che spesso non corrispondono al prestigio
Chiavi Michelin hotel cod 105020
Passalacqua 50 Best Hotels cod 99556
Central 50 Best Restaurants cod 97423
Lido 84 50 Best Restaurants cod 97439 APPROFONDIMENTI
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Una squadra vincente per il Progetto Food Service
MOLINI PIVETTI
UNA SQUADRA VINCENTE PER IL PROGETTO FOOD SERVICE
La mission di Molini Pivetti è sempre stata quella di produrre farine di alta qualità, utilizzando grani selezionati e sostenendo pratiche di agricoltura sostenibile che includono l’attenzione verso la filiera corta, il sostegno agli agricoltori locali, e l’impiego di metodi di coltivazione che rispettano l’ambiente
Congelamento e surgelazione Pilastri per la qualità e la sicurezza alimentare
Criogenia alimentare, come il freddo estremo salvaguarda qualità e nutrienti degli alimenti
Un festival per scoprire il Tête de Moine DOP e il suo territorio
edelblu, Bergader reinventa il classico formaggio erborinato con tre nuove varianti
Bindi, qualità, innovazione e servizio nella pasticceria per la ristorazione
Ercole Olivario 2024 Vincitori e menzioni
La moda dei vini “naturali” nella ristorazione: una tendenza controversa
Cuor di Pane festeggia la 35ª cotta e fa incetta di premi
Essse Caffè Qualità di prodotto, servizio e formazione
Come gestire gli aumenti di prezzo nel menu
Vita da chef, stress, ambizioni e sfide nel mondo della Ristorazione
Ridurre i costi del coperto senza sacrificare la qualità
Creatività, l’origine di un progetto di architettura di successo
Sandro Ferretti La dolce rinascita del maritozzo
Potrebbe esistere una ristorazione senza i camerieri?
BrodettoFest 2024 Preparate i cucchiai!
Questo simbolo in coda a un articolo indica che sul quotidiano online www.italiaatavola.net ci sono versioni più ampie del testo, approfondimenti o gallery fotografiche consultabili inserendo nel campo cerca per codice o parola chiave il numero che lo affianca. Questo simbolo indica che c’è un video
Quello che stiamo attraversando è un momento delicato per molte ragioni, tra cui il rinnovo del Contratto nazionale. La sensazione a volte è che un tema come quello dei contratti sia Novecentesco, che sia sempre più lontano dalle esigenze che la modernità impone in questo burrascoso secolo dove un segnale incoraggiante è sempre accompagnato da difficoltà inaudite.
Di certo, in un quadro come questo, il ruolo dello Stato è più che mai decisivo. Dovrebbe essere anche suo l’impe-
gno per attuare incentivanti e mirati interventi sul cuneo fiscale, sulla detassazione degli aumenti salariali, incoraggiando lo sviluppo del welfare privato, il tutto con l’obiettivo di anticipare in qualche modo risorse ai lavori e di mediare le posizioni tra le parti sociali.
Dobbiamo rispondere ai bisogni dei lavoratori. Occorre acquisire consapevolezza di come certi mestieri richiedano un supplemento di sacrificio, in particolar modo per i più giovani. E occorre, di conseguenza, poter compensare economicamente le rinunce che questi lavori comportano, tenendo conto anche dell’importanza dell’attrattività. Spesso si tratta, infatti, di lavori che non riservano plausi o menzioni particolari.
Sostenere questi mestieri significherebbe dare un segnale anche dal punto di vista etico, investendo nella dignità del lavoro. Come? Attraverso una fiscalità che premi quelle attività in cui, per forza di cose, sono previsti turni festivi, orari notturni, rinunce personali. Solo questa è la strada utile per dare valore a questi mestieri senza correre il rischio che vengano abbandonati, fa-
cendo venir meno un aspetto fondamentale per la nostra società e per la sua socialità.
Al contrario, ci troveremo nelle condizioni di chi ha soltanto cibo pre-preparato, pre-confenzionato, pre-cotto, senza relazioni umane, senza il piacere dello stare insieme. Salvare questi valori significa salvare l’identità e l’unicità di un Paese che fa delle relazioni umane l’ingrediente centrale di quella qualità della vita che tutto il mondo ci invidia. Un patrimonio materiale e immateriale che va sostenuto con politiche mirate di incentivazione e premialità.
L’alternativa è semplice: diventare tutti clienti, senza più nessuno che ci serva e che ci accolga. Trasformarsi nel Paese dei fast food. Le imprese, da sole, non possono farcela. Serve un percorso condiviso.
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Notizia recentissima: via libera del Consiglio dei
Ministri alle nuove regole in materia di intelligenza artificiale. La normativa, si legge in una nota di Palazzo Chigi, interviene in cinque punti di programmi ben definiti, che non sto qui ad elencare nel dettaglio. L’intera delibera comunque prevede l’alfabetizzazione (ottima cosa) di un’utenza non proprio giovane verso le nuove tecnologie, in materia di intelligenza artificiale (oltre a percorsi scolastici e universitari), la formazione a professionisti e operatori del settore informatico, mettendoli al corrente dei rischi di questo tema.
La Federazione Italiana Cuochi sta osservando con attenzione l’emergere di una nuova tendenza nel mercato della ristorazione: l’introduzione di robot che sostituiscono i cuochi in cucina, i camerieri e persino i sommelier in sala. Come visto all’ultima fiera dell’Alto Adriatico a Caorle (Ve).
Quello che più mi inquieta in tutta questa faccenda, (non me ne vogliano i nostri politici) è che nel provvedimento di legge citato pocanzi, riguardo all’IA c’è l’impegno italiano a spendere fino a 1 miliardo di euro, in nome di un progresso che avanza.
Soldi che potrebbero servire a fronte di nostri progetti Fic avanzati da anni alle Commissioni Ministeriali competenti, per gli aspetti di defiscalizzazione per coloro che assumono una doppia brigata di cucina; oppure all’anticipazione alla pensione quale “Bonus”, a riconoscimento di lavoro usurante, solo per dirne alcune.
Giustamente, e lo riconosco, nella “vita reale” e nella politica amministrativa, ci sono delle priorità nell’ interesse comune e non di una sola categoria: siamo in un’era dove di fatto, nei contesti e nelle filiere produttive indu-
striali, non viene più messo “al centro” il lavoratore in quanto essere umano, ma solo come un mero “fattore”.
Ciò che mi rallegra a favore del nostro difficile mestiere è che, grazie alla nostra cultura gastronomica e l’amore del buon mangiare, in Italia difficilmente le macchine troveranno terreno fertile e nè saranno in grado di farci spaghetti alla carbonara o quel risotto all’onda, di questo ne sono certo.
L’opinione pubblica guarda il robot in cucina come un film ambientato nel futuro, con curiosità e non con timore, perché comunque l’italiano amerà sempre trovare davanti ad un fornello un cuoco “vero” e quanto meno un ottimo professionista, meglio dico io, se con una giacca Fic .
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Tra maggio e giugno Euro-Toques intensifica i suoi tour di promozione della cucina italiana all’estero. Tanto per dare alcune coordinate geografiche, ci spostiamo tra Londra, Shanghai, Riad e New York. Più o meno un giro del mondo armati di profumi e sapori, con il supporto delle nostre istituzioni. Tappe fondamentali a sostegno di un’economia che vola. L’agroalimentare italiano all’estero ha fatturato nel 2023 ben 64 miliardi di euro, in incremento del 6% sull’anno precedente.
Siamo un Paese che vanta più di 300 specialità riconosciute tra Dop, Igp e Stg, per non parlare degli oltre 5.500 prodotti alimentari tradizionali. Un vanto che va difeso, tutelato e fatto conoscere anche per combattere il fenomeno fake dell’italian sounding, che ci penalizza per decine e decine di miliardi di euro. Se ne fosse azzerato il valore, il nostro export in questo macromercato potrebbe più che raddoppiare.
Siamo con la valigia sempre
pronta anche per incoraggiare quella tenace ristorazione nel mondo che si impegna a produrre cucina italiana e non all’italiana. Euro-Toques è al suo fianco per dimostrare che questi operatori stanno perseguendo la strada giusta nel valorizzare le nostre filiere e promuovere tutti i giorni il made in Italy,
non a parole ma sulle tavole. Il palato soddisfatto e consapevole della loro clientela (in crescita) lo conferma. Noi ci siamo e continuiamo a valorizzare ovunque i prodotti e i produttori che fanno dell’agroalimentare italiano un unicum assoluto nel mondo. Portiamo all’estero anche i concetti di fondo che sono l’arte dello stare assieme e la cultura dell’ospitalità, i valori che animano la Giornata della Ristorazione, iniziativa ideata dalla Fipe-Federazione italiana pubblici esercizi che in maggio riunisce i ristoratori di ogni livello per celebrare, appunto, l’ospitalità. La cucina, interprete della cultura dei territori, è da sempre un eccezionale snodo di accoglienza e di promozione turistica. Ed Euro-Toques continua a comunicare questo nostro stile di vita, inimitabile, lungo ogni continente.
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Croissant e piccoli levitati a cubo, a sfera, a cilindro, a disco e così via, si vedono spesso su Instagram e altri social: senza volerlo penalizzare, credo che questo trend delle forme insolite sia un modo ingegnoso di catturare attenzione e suscitare curiosità, ma non penso che soppianterà il classico croissant dal comprovato appeal, che parla di tradizione e celebra l’italianissima colazione al bar.
Vedo bene questo tipo di prodotti per un evento celebrativo o particolare, dove l’effetto “wow” ha un peso specifico, ma non in caffetteria per la colazione giornaliera: oggi si lavora ad altissimo livello con ingredienti e lievito madre, sarebbe un peccato limitare poi lo sviluppo naturale del prodotto con la cottura in questi particolari stampi geometrici chiusi. Oltre a richiedere molta attenzione nel ribilanciare la ricetta perché i nuovi prodotti rimangano soffici.
C’è anche una questione di costi e redditività: gli stampi geometrici individuali sono costosi, fino a 12-15 euro l’uno, e un investimento di alti numeri in questa direzione porterebbe la colazione a un prezzo finale troppo alto; già il classico croissant,
in termini di lavoro, è poco redditizio. Il trend geometrico è invece ideale per le monoporzioni e le torte moderne, che sono composte da diverse consistenze; lo stampo a forma di sfera può funzionare nel caso del babà, ma solo se c’è un’apertura dove l’impasto possa fuoriuscire, come pure il cubo che deve lasciare però aperto il lato superiore, permettendo la lievitazione.
La strada da prendere, a mio parere, è lasciarne intatta o quasi la figura familiare e lavorare sull’impasto e sulle farciture, abbassando le quantità degli zuccheri e dei grassi per proporre un prodotto goloso e più leggero, come gli amatissimi maritozzi, bomboloni e ciambelle che, cotti al
forno anziché fritti, mantengono il classico aspetto super appetitoso, soddisfacendo l’occhio, ma con meno calorie.
L’attenzione del pubblico sul lato “benessere” cresce continuamente e questo è un trend cui bisogna fare molta attenzione.
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La Federazione internazionale pasticceria gelateria cioccolateria da sempre è vicina ai giovani e agli istituti alberghieri con un proprio comparto scuole. La formazione è uno dei nostri punti fermi. Per questo abbiamo messo a punto un protocollo d’intesa con il Ministero dell’istruzione e del merito, che ha bandito due concorsi che ci vedono in prima linea tutti gli anni.
Il primo è aperto a tutti gli istituti italiani, mentre il secondo, nostro fiore all’occhiello, è dedicato ai ragazzi “speciali” che frequentano gli alberghieri. Entrando nel dettaglio, dal 9 all’11 aprile si sono confrontati a Vittorio Veneto, Treviso, 30 scuole nazionali che hanno visto confrontarsi, in 5 batterie, ben 60 allievi che hanno dovuto realizzare un dessert al piatto. Una manifestazione in crescita, giunta quest’anno alla sesta edizione, che ha visto l’iscrizione di ben 47 scuole. È stato quindi necessario effettuare delle selezioni regionali. Un risultato di cui siamo molto orgogliosi, perché il fronte delle nuove leve che si avvicina al nostro mondo si sta allargando, coinvolgendo di anno in anno sempre più giovani. L’edizione 2023 ha visto imporsi l’Istituto Domenico Alberto Azuni di Cagliari, città dove avrà luo-
go il prossimo concorso. Grande merito va a Maurizio Santilli di Termoli, responsabile internazionale della Federazione per le scuole.
E proprio nella città molisana, nel mese di maggio, si svolge la terza edizione che vede protagoniste 23 scuole con i loro giovani. I ragazzi “speciali”, coadiuvati da un loro compagno in veste di assistente, devono realizzare, anche in questa manifestazione, un dessert al piatto. Si tratta di un concorso importante, coinvolgente, che vuole essere una spinta all’inclusione e una molla per affermarsi nella vita e nel lavoro.
Il Concorso nazionale di pasticceria
ragazzi “speciali” degli alberghieri d’Italia ha lo scopo di valorizzare le abilità e le capacità metodologiche degli allievi con programmazione differenziata nella cultura della pasticceria italiana e internazionale, interscambiando metodologie finalizzate alla crescita e al confronto.
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L’Italia è rinomata in tutto il mondo per la sua ricca tradizione culinaria, e la pasticceria non fa eccezione. Nel cuore di questa tradizione si trova l’artigianalità, un valore che i pasticceri italiani custodiscono gelosamente come segreto del loro successo.
L’artigianalità è l’anima della pasticceria italiana. È un approccio che privilegia la qualità alla quantità, l’unicità alla standardizzazione. I pasticceri artigiani sono maestri nel trasformare ingredienti semplici in opere d’arte commestibili, utilizzando tecniche tramandate di generazione in generazione. Ogni dolce racconta una storia, ogni boccone è un viaggio attraverso i sapori autentici del territorio.
Nonostante il profondo rispetto per la tradizione, i pasticceri italiani non hanno paura di innovare. Artigianalità non
significa restare ancorati al passato, ma saper integrare nuove tecniche e tendenze, sempre con l’obiettivo di elevare l’esperienza gustativa. Che si tratti di reinterpretare un classico o di inventare qualcosa di completamente nuovo, l’innovazione è guidata da un profondo senso estetico e da una ricerca incessante della perfezione.
I pasticceri moderni si trovano di fronte a una sfida: mantenere viva l’artigianalità in un mondo che premia la velocità e l’efficienza. Tuttavia, molti hanno risposto a questa sfida con passione e dedizione, preservando le tecniche tradizionali pur abbracciando le moderne tecnologie. Questo equilibrio tra antico e nuovo è ciò che mantiene viva la pasticceria italiana, rendendola sempre attuale e ricercata.
La pasticceria italiana è un patrimonio culturale che va oltre il semplice piacere del palato. È un simbolo dell’artigianalità che caratterizza l’eccellenza italiana nel mondo. I pasticceri italiani, con la loro abilità, creatività e passione, continuano a incantare e sorprendere, confermando che l’artigianalità è non solo importante, ma essenziale per l’arte della pasticceria.
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Aquasi un mese dalla fine del Salone internazionale del vino, possiamo affermare che il mondo enologico ha bisogno del Vinitaly, di questo Vinitaly! In un momento così difficile per il vino dove i consumi hanno subito un drastico rallentamento, le giacenze in cantina sono numerosissime e la battaglia con il clima è sempre più complicata abbiamo assistito ad una fiera del vino come non si vedeva da tempo, una fiera finalmente di qualità.
Presenze in crescita per Vinitaly
2024, al contrario di quanto visto al Vinexpo di Bordeaux e al ProWein di Düsseldorf, quasi 100.000 visitatori di cui ben un terzo stranieri. Abbiamo avuto la possibilità di incontrare i produttori, scambiare due chiacchiere in tranquillità e degustare bottiglie rare portate per l’occasione.
Spazio dedicato soprattutto a operatori del settore, sommelier e buyer internazionali. A Verona si è parlato molto di come superare questo momento così difficile, alcune soluzioni che sono emerse sono quelle
di diminuire la produzione per ettaro, bloccare i sussidi per nuove vigne, ma anche piantare vitigni più resistenti alla siccità, per esempio nel sud Italia, e più dialogo con i giovani che sono sempre più lontani dal consumare vino.
La contrapposizione tra vino naturale e vino convenzionale ha lasciato spazio ai vini low-alcol e alcol-free, che potrebbero essere una carta vincente per avvicinare le nuove generazioni e quei consumatori ancora intimoriti dal grado alcolico troppo alto. Questa pratica, al momento, è ancora vietata in Italia ma in futuro chissà.
Quindi, che sia naturale, convenzionale, low-alcol, bianco o rosso il Vinitaly è un momento di assaggi, dibattiti e confronti, e tutti ci auguriamo che possa continuare ad essere il luogo di partenza per migliorare il mondo del vino. Cheers!
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Acompletamento di quanto precedentemente pubblicato nel mese di aprile e riportato nel “Manifesto del Turismo di Solidus I Professionisti dell’Ospitalità”, ecco ulteriori argomenti e spunti che abbiamo voluto sottolineare sul documento a beneficio di chi vuole contribuire a rendere il settore competitivo e sempre indirizzato al miglioramento dei servizi, dell’organizzazione, al benessere dei turisti e degli addetti ai lavori.
La ricettività va riqualificata attraverso una classificazione alberghiera che tenga conto soprattutto di:
• Qualità dei servizi (controllata con periodicità da società terze);
• Professionalità del personale addetto;
• Certificazione delle strutture ricettive sulla base del loro impatto energetico e ambientale attraverso enti specializzati e riconosciuti. L’opportunità dei carbon credits può consentire alle strutture ricettive di porsi come avanguardia del processo di decarbonizzazione;
sivo - tramite la multimedialità e il 3D - per trasformare i nostri bacini culturali in un motore di sviluppo economico.
La promo-commercializzazione deve coordinare i prodotti turistici esistenti sul territorio regionale per ottimizzarne la promozione e valorizzarne la commercializzazione. Essere presenti sui social network sia per promuovere e commercializzare i prodotti turistici, che per effettuare ricerca e sviluppo sugli utenti finali. La gestione dei reclami, delle richieste, dei consigli è un valore aggiunto della promo-commercializzazione.
• Laurea obbligatoria per gestire o dirigere alberghi;
• Finanziamenti pubblici mirati alla ristrutturazione e riqualificazione del patrimonio alberghiero al fine di consentire agli imprenditori di dotare gli alberghi di servizi e tecnologie di ultima generazione, centri benessere, banda larga, fonti di energia alternativa.
I prodotti turistici devono essere progettati per creare emozioni ed esperienze uniche. I musei vanno trasformati in laboratori dinamici della cultura e della memoria con l’impiego della multimedialità, dotandoli anche di servizi di ristorazione. Vanno progettati parchi a tema culturali che valorizzino il patrimonio culturale italiano dotandolo di un valore aggiunto deci-
Coordinare la presenza delle amministrazioni pubbliche e degli operatori privati al fine di ottimizzare l’offerta evitando la concorrenza interna tra gli operatori e gli amministratori pubblici, oltre che tra le diverse amministrazioni pubbliche. Le risorse umane vanno formate per esaltare i valori dell’accoglienza e dell’ospitalità nelle strutture ricettive, abbinando studio e lavoro e imponendo la laurea per poter dirigere o gestire una struttura ricettiva. Serve inoltre defiscalizzare gli oneri sociali al fine di premiare il lavoro nel turismo, valorizzando il ruolo delle Associazioni professionali che detengono l’esperienza e il know how maturati in decenni di attività, affermando il concetto della formazione continua, durante l’intera vita professionale dei singoli.
Il tema della riunione Europea annuale Ehma, tenutasi a Venezia ad Aprile, è stato “Il capitale umano e la sfida di coinvolgere nuovi giovani professionisti nell’ospitalità”. Si tratta di una tematica quanto mai attuale ma l’impegno nei confronti della prossima generazione di professionisti dell’ospitalità è stato fin dall’inizio uno degli obiettivi dell’Associazione.
Con i giovani forse abbiamo sbagliato negli ultimi anni. Noi albergatori avremmo dovuto raccontare meglio il nostro mestiere e non legarlo solo a turni e orari: i ragazzi oggi chiedono un maggior equilibrio tra lavoro e tempo libero e questo non è inconciliabile nemmeno nel nostro settore. Il capitale umano e il suo ruolo nell’ospitalità di
lusso esplorano i modi per impegnare, coinvolgere e ispirare i giovani a intraprendere una professione gratificante che ruota intorno alle persone e offre opportunità e soddisfazione. Non a caso l’associazione ultimamente ha creato una certificazione di idoneità per general manager. Questo è un passo importante verso la valorizzazione del direttore d’albergo. Durante il convegno abbiamo trattato opportunità per stare più vicini alle esigenze dei nostri dipendenti; ai giovani bisogna garantire più meritocrazia e crescita professionale.
In tal senso, Ehma ha sviluppato una collaborazione e partnership molto attiva e proficua con le Università di Cornell negli Stati Uniti e l’Ecole Hotellier Lausanne, partnership che permette in tempo reale di conoscere le richieste delle nuove leve di studenti e di professionisti del mondo dell’ospitalità e di essere sempre al corrente delle nuove tendenze. Diversi docenti collaborano attivamente su tavoli di lavoro che condividiamo insieme (diversity and inclusion, sostenibilità, trend di mercato, innova-
zione, corsi professionali mirati alle differenti discipline, coaching, etc. ).
In Italia come Hotel Principe di Savoia lavoriamo a stretto contatto e su diversi fronti dell’ospitalità con le università italiane Iulm e Bocconi. Per modulare offerte adeguate al nuovo pubblico diventa sempre più prezioso il confronto e il “contagio” tra operatori del settore. Ehma è un’associazione di persone, non di hotel e il nostro obiettivo è promuovere l’amicizia e lo spirito amicale tra i soci, sostenere un ambiente inclusivo e stimolante, condividere esperienze, dare supporto per comunicare all’interno del settore con integrità e fiducia, nonché facilitare la formazione continua con il sostegno di istituti internazionali.
Ci guida, in ogni caso, una passione comune per un futuro sostenibile ed inclusivo del mondo dell’ospitalità. Noi siamo i custodi e promotori di valori e standard dei nostri hotel.
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Gli italiani residenti all’estero e gli italo-discendenti, sono stimati in un numero impressionante che sfiora gli 80milioni di persone. Il ministero del turismo, in sinergia con l’Enit e la Farnesina, hanno dato vita a questa iniziativa, per ridare slancio al turismo Italiano, mortificato dalla pandemia di Covid19.
Viaggiare alla scoperta delle proprie radici è diventato reale e accessibile con la nascita di “Italea” , la piattaforma dedicata agli italiani all’estero e agli italo-discendenti desiderosi di riconnettersi con le proprie origini.
Il progetto Italea si rivolge, sia a coloro che vogliono organizzare un viaggio per esplorare i luoghi, le tradizioni e la cultura dei propri antenati, sia a chi desidera scoprire la propria di-
scendenza italiana, e che potrà avvalersi di una rete di esperti pronti a collaborare nella ricerca delle proprie radici. Il nome “Italea” si ispira dalla parola “talea”, il processo attraverso il quale il contadino tagliando una parte e ripiantandola, permette alla pianta di rigenerarsi, sviluppando nuove radici, parallelo con gli Italiani che hanno lasciato l’Italia e hanno piantato le proprie radici in altre nazioni ed altri Continenti. Italea guida i viaggiatori in questa esperienza di ricerca e connessione con le proprie radici, ed è accessibile dal sito www.italea.
Italiani,entro i 5/6mila abitanti, da dove è partita la maggioranza dei nostri connazionali che vivono all’estero.
Un progetto attraverso il quale le comunità italiane all’estero presenti in tutto il mondo verranno coinvolte nella valorizzazione della nostra offerta turistica, all’interno di una strategia volta a invertire il processo di depauperamento dei borghi italiani per sostenere attivamente il rilancio, della nostra cultura, del nostro turismo e della nostra economia.
com. Il ministero del turismo, ha coinvolto con un bando ad hoc, i piccoli comuni
L’obiettivo è di consentire una riscoperta “a tutto tondo” dei luoghi di provenienza, consentendo ai visitatori di riappropriarsi della cultura delle loro origini anche attraverso tradizioni, testimonianze, artigianato e gastronomia. L’ultimo dato economico conosciuto è del 2018 il flusso in entrata generato dal Turismo delle Radici fu pari a circa 4 miliardi di euro, e nel
Martedi 23 aprile 2024 nella splendida struttura di “Villa Lucrezio” adiacente al parco della rimembranza di Posillipo (Na), si è tenuto il primo concorso rivolto agli allievi del 4° e 5° anno degli istituti alberghieri di Napoli: Amira school prize “flambé art e restaurant service skills”, ideato dal fiduciario della sezione Napoli Dario Duro in collaborazione con tutto il suo direttivo.
La sezione Amira Napoli ha organizzato questo primo concorso ove i partecipanti hanno avuto l’opportunità di dimostrare le proprie abilità nelle due categorie. L’obiettivo è di coinvolgere attivamente le nuove generazioni di fronte a una giuria composta da professionisti dell’ospitalità pronti a valorizzare i futuri leader della ristorazione.
Prima dell’inizio della gara è giunto il messaggio dell’assessore regionale del turismo Felice Casucci che, impossibilitato a partecipare, ha inviato un in bocca al lupo a tutti i partecipanti.
Nella gara del flambé gli allievi si sono esibiti nella preparazione di un dessert con relativo abbinamento del vino, mentre nella gara del “restaurant service shills” hanno dovuto superare più prove di abilità di servizio e colpo d’occhio (caccia agli errori). Le due giurie composte dal presidente Amira Valerio Beltrami, Arturo Fosco presidente
Apci Campania, Manuela Papaccio Ais Campania, Piero Ferretti imprenditore alberghiero e Giuseppe De Girolamo giornalista gastronomo, hanno giudicato la gara al flambè, mentre per l’altra categoria erano presenti Enzo Dadamo fiduciario della sezione Amira Formia, Mario Volpe F&B Hotel Excelsior di Napoli, Pasquale Brillante e Renato De Simone soci Amira. La classifica della categoria “flambé” ha visto vincitore Giuseppe Riccio dell’Istituto Duca di Buonvicino, al secondo posto Mimmo Veneruso dell’Istituto Adriano Tilgher, al terzo posto ex aequo gli istituti Elena di Savoia e Ippolito Cavalcanti. Mentre per la categoria “restaurant service skills” ha visto aggiudicarsi la vittoria Arianna Cuccinello dell’Istituto Adriano Tigher, al secondo Roberta Monaco dell’Istituto Lucio Petronio e al terzo posto ex aequo gli istituti Duca Di Buonvicino e Ippolito Cavalcanti. Sommando i punteggi ottenuti nelle due categorie ha visto vittorioso l’Istituto Adriano Tilgher che si è aggiudicato il trofeo messo in palio dal pastificio Bassolino di Napoli. Un ringraziamento particolare va agli allievi accompagnati dai loro docenti che hanno assistito con ansia tutte le prove, ai numerosi sponsor che hanno allestito un buffet con tante
specialità locali, alla stampa, tv, fotografi e a tutti i soci della sezione Amira Napoli che già dal mattino hanno lavorato per far sì che la manifestazione riuscisse al 100% (non posso nominarli tutti perché erano tantissimi e rischierei di dimenticarne qualcuno). L’appuntamento è già fissato per l’anno prossimo 2025 sicuramente con moltissimi atri istituti partecipanti.
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Nel cuore delle Marche, tra il canto delle onde e l’abbraccio delle antiche mura, Senigallia si prepara ad accogliere un evento senza precedenti nel panorama italiano del caffè e dei cocktail: il 9° Convegno Nazionale Abi Professional.
Dal 12 al 14 novembre 2024, questa affascinante città costiera diventerà il fulcro dell’eccellenza dei Bartenders targati Abi Professional, radunando professionisti, appassionati e curiosi da ogni angolo della penisola. Ma è il mercoledì 13 novembre che la celebre “Rotonda a Mare” assumerà un’aura ancora più magica, ospitando la giornata clou del convegno, con la finale che incoronerà il Campione Italiano Abi Professional per il cocktail e il Campione Italiano ABI Professional per 2° edizione della “Caffè Vergnano Challenge”.
fessionisti del settore e per condividere conoscenze e esperienze in un clima di festa e collaborazione.
Le giornate saranno dense di appuntamenti imperdibili: dalle competizioni che terranno con il fiato sospeso gli spettatori, alle degustazioni che regaleranno esperienze sensoriali uniche a tutti i partecipanti.
Un evento straordinario, reso ancor più speciale dall’anniversario dei 10 anni dalla nascita dell’associazione Abi Professional. Un decennio di impegno, passione e crescita continua, celebrato con la maestria e l’eleganza che contraddistinguono questa prestigiosa istituzione.
Ma il convegno non è solo una festa di compleanno: è l’occasione per esaltare la perfezione del caffè e dei cocktail, per premiare l’abilità e l’ingegno dei pro-
Abi Professional si conferma, ancora una volta, come faro luminoso nel panorama della cultura del caffè nella mixology e dei cocktail, promuovendo l’eccellenza, la formazione e la condivisione di know-how. E mentre ci prepariamo a sollevare le tazze e ad alzare i bicchieri in un brindisi colmo di soddisfazione e gratitudine, non possiamo che essere ansiosi di vivere appieno l’atmosfera unica di questo indimenticabile evento. Quindi, preparatevi a immergervi in tre giorni di pura perfezione a Senigallia, tra caffè aromatici e cocktail raffinati. Stay tuned, perché il meglio deve ancora venire.
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La conservazione degli alimenti attraverso congelazione e surgelazione è fondamentale per garantirne la sicurezza e la qualità. Queste tecnologie hanno radici antiche, dall'uso primitivo del ghiaccio fino ai sistemi di refrigerazione moderna. La congelazione rallenta i processi di deterioramento ma può causare danni cellulari agli alimenti. La surgelazione conserva meglio la qualità degli alimenti, minimizzando i danni
Ldi Gabriele Pasca
a conservazione degli alimenti rappresenta un pilastro fondamentale per garantire la sicurezza, la qualità e la varietà dell’offerta culinaria. Le tecnologie di congelazione e surgelazione sono al centro di questo processo, in quanto consentono agli operatori di allungare la durata di conservazione degli alimen-
ti, mantenendone intatte le proprietà nutritive e organolettiche.
La congelazione rallenta i processi biologici e chimici che causano il
deterioramento degli alimenti, mentre la surgelazione rapida cristallizza l'acqua contenuta negli alimenti in particelle finissime, riducendo i danni cellulari e preservando la struttura originale. Per comprendere meglio queste tecnologie è necessario non solo conoscere le basi scientifiche e tecniche di queste metodologie, ma anche la loro evoluzione storica, dalla semplice esposizione al freddo naturale fino agli avanzati sistemi di refrigerazione di oggi.
La conservazione degli alimenti attraverso il freddo si articola principalmente in due processi: la congelazione e la surgelazione. Entrambe le tecniche riducono la
temperatura degli alimenti al di sotto del punto di congelamento dell'acqua, ma differiscono significativamente nei metodi e nei risultati finali.
CONGELAZIONE: questo metodo abbassa gradualmente la tempera tura degli alimenti fino a circa -18°C
Durante il processo, l'acqua interna si trasforma in cristalli di ghiaccio rela tivamente grandi, che possono rom pere le pareti cellulari degli alimenti. Di conseguenza, al momento dello scongelamento, gli alimenti possono rilasciare una quantità considerevole di liquidi, col rischio di provocare una perdita di consistenza e sapore. No nostante ciò, la congelazione rimane un metodo efficace per preservare gli alimenti per lunghi periodi, in quanto rallenta l'attività microbica e gli enzimi che causano il deterioramento.
SURGELAZIONE: considerata una tecnologia più avanzata, la surgelazione impiega temperature molto più basse, generalmente intorno ai -30°C o inferiori, e velocizza notevolmente il processo di congelamento. Ciò porta alla formazione di microcristalli di ghiaccio che non danneggiano le strutture cellulari. Gli alimenti mantengono quindi una qualità quasi indistinguibile da quella fresca una volta scongelati, con minimi danni ai tessuti e nessuna perdita significativa di liquidi o sapore.
Per il settore Horeca, la scelta di una delle due tecniche dipende dall'uso specifico degli alimenti, dai costi di gestione e dalle attrezzature disponibili. La surgelazione, pur essendo più costosa in termini di attrezzature e gestione energetica, offre una qualità superiore che può essere cruciale per certi tipi di prodotti alimentari, specialmente quelli ad alta qualità come carni pregiate, pesce fresco e preparazioni delicate.
La conservazione degli alimenti grazie al freddo risale a tempi antichi, quando l'umanità sfruttava il ghiaccio naturale e la neve per prolungare la conservazione dei cibi. Questo metodo primitivo si basava sull'esposizione diretta al freddo durante i mesi invernali o sull'immagazzinamento di ghiaccio e neve in fosse isolate termicamente, una pratica diffusa ben prima dell'avvento della refrigerazione meccanica.
Con l'avanzare della civiltà e l'incremento delle necessità legate alla conservazione alimentare, in particolare durante i periodi di carestia o le lunghe traversate marittime, si sono sviluppate tecniche più sofisticate. Nel XVII e XVIII secolo, la costruzione di ghiacciaie, strutture isolate dove si conservava il ghiaccio raccolto durante l'inverno, divenne comune in Europa e Nord America. Il passaggio da questi metodi rudimentali a quelli mo-
derni di refrigerazione inizia nel XIX secolo con gli esperimenti di scienziati come William Cullen, che nel 1748 dimostrò la possibilità di abbassare la temperatura evaporando l'acqua in un vuoto parziale. Tuttavia, è solo nella seconda metà del secolo che la refrigerazione meccanica prende piede, grazie agli sviluppi tecnologici che permisero la produzione di freddo in maniera controllata e continuativa.
La refrigerazione moderna iniziò a prendere forma nel XIX secolo, quando gli sviluppi tecnologici permisero la creazione dei primi sistemi di refrigerazione meccanica. Un passaggio cruciale fu rappresentato dall'invenzione del frigorifero a compressione di vapore, un metodo ancora oggi al cuore della maggior parte dei sistemi di refrigerazione e surgelazione. Nel 1834, l'inventore statunitense Jacob Perkins costruì il primo frigorifero a compressione di vapore.
Questo sistema utilizzava un compressore per comprimere l'ammoniaca fino a che non si liquefaceva, rilasciando calore. L'ammoniaca liquefatta, una volta espansa, evaporava assorbendo calore dall'ambiente circostante, effetto che veniva utilizzato per raffreddare i cibi conservati. Questo principio fondamentale è stato affinato nel corso degli anni, ma la base rimane la stessa: l'uso di un fluido refrigerante che, attraverso cicli di compressione ed espansione, sottrae calore dall'interno del frigorifero o congelatore. Successivamente, nel tardo XIX secolo, lo sviluppo e l'adozione di questa tecnologia da parte di industrie come quella della birra e del carne, accelerarono l'innovazione e l'efficienza di questi sistemi.
La surgelazione come metodo di conservazione degli alimenti ha fatto il suo ingresso nel mercato con una rivoluzionaria invenzione negli anni '20 del XX secolo. Clarence Birdseye, considerato il padre della surgelazione moderna, osservò durante i suoi viaggi in Canada che i pesci congelati rapidamente a temperature estremamente basse mantenevano una qualità superiore rispetto a quelli congelati lentamente. Questo fatto lo portò a sviluppare il primo processo di surgelazione rapida, che utilizzava l'aria fredda soffiata ad alta velocità per congelare gli alimenti quasi istantaneamente.
Il metodo di Birdseye, brevettato nel 1927, riduceva drasticamente la formazione di grandi cristalli di ghiaccio, limitando i danni alle cellule degli alimenti e preservando così la loro struttura, il sapore e il valore nutritivo. Questa tecnologia spianò
la strada a numerose innovazioni nei decenni seguenti, come il migliora mento dei congelatori e lo sviluppo di tecniche di imballaggio che minimiz zassero l'esposizione all’ossigeno e riducessero ulteriormente il rischio di bruciature da congelamento e degradazione.
Nel corso del tempo, l'industria ha introdotto sistemi sempre più sofisticati, come la surgelazione a letto fluido, la surgelazione con azoto liquido e la surgelazione a immersione, ciascuno ideale per differenti tipi di prodotti alimentari.
L'evoluzione delle tecnologie di congelazione e surgelazione ha seguito un percorso di miglioramento continuo, focalizzato sull'efficienza energetica
to con sé innovazioni significative.
Negli anni, i miglioramenti nel design dei compressori e l'introduzione di refrigeranti più efficienti e meno impattanti sull'ambiente hanno reso i sistemi di congelamento più sostenibili. Parallelamente, l'adozione di isolanti termici avanzati ha ridotto ulteriormente i consumi energetici e ha contribuito a minimizzare l'impronta ecologica delle operazioni di refrigerazione
La tecnologia del controllo digitale ha permesso una regolazione più precisa delle temperature e una migliore gestione del ciclo di congelamento. Questi sistemi avanzati possono ora monitorare costantemente
conservazione ottimale degli alimenti.
Impatto della moderna tecnologia di congelazione sul settore Horeca
Uno degli impatti più significativi è la capacità di mantenere la freschezza degli alimenti. Grazie alla surgelazione rapida, i prodotti come pesce, carne, frutta e verdura possono essere conservati per mesi con proprietà organolettiche e nutritive quasi inalterate. Questo si traduce in una riduzione dello spreco alimentare, un aspetto cruciale per la sostenibilità del settore. L'uso efficace di queste tecnologie consente anche una maggiore
flessibilità nella gestione del menu
I ristoratori possono sperimentare con ingredienti esotici o stagionali senza il timore di limitazioni legate alla disponibilità o al deterioramento rapido. Inoltre, la possibilità di acquistare in quantità, approfittando di prezzi più vantaggiosi, e di conservare il surplus senza perdite di qualità, si traduce in una gestione più efficiente delle scorte e una riduzione dei costi operativi.
Sempre più case studies specifici mostrano come ristoranti e catene di alberghi abbiano implementato con successo queste tecnologie, non solo per migliorare la qualità del servizio ma anche per ottimizzare la logistica e la pianificazione delle risorse, al fine di garantire un servizio eccellente e una maggiore soddisfazione del cliente. cod 104863
Gli abbattitori sono dispositivi fondamentali per le aziende che necessitano di raffreddare rapidamente gli alimenti: essi permettono una conservazione prolungata prima che questi raggiungano il consumatore. Questo processo garantisce la freschezza del prodotto e ne mantiene intatte le proprietà organolettiche e nutritive.
Queste strutture sono annesse direttamente agli impianti produttivi e consentono il trasferimento dei prodotti attraverso nastri trasportatori dal luogo di produzione al luogo di stoccaggio. Questo sistema facilita un controllo continuo e diretto delle fasi di lavorazione e conservazione e garantisce l'integrità del prodotto per l'intera catena di produzione.
Di fronte a esigenze diverse, dettate dalle preferenze dei consumatori o dalla specificità dei prodotti, molte aziende optano per l'utilizzo di magazzini frigoriferi condivisi. Queste strutture sono gestite da fornitori logistici terzi e offrono soluzioni di stoccaggio personalizzate, adattabili a diverse necessità. Le imprese che non dispongono di celle frigorifere integrate nei loro impianti trovano nei magazzini refrigerati pubblici una risorsa per conservare efficacemente i loro prodotti, potendo in questo modo garantire una distribuzione capillare e tempestiva ai loro clienti.
La criogenia alimentare
è una tecnica avanzata di conservazione che utilizza gas criogenici come azoto liquido o anidride carbonica liquida per congelare gli alimenti a temperature estremamente basse, mantenendo intatte le proprietà organolettiche e nutritive. Questo metodo si basa sulla rapida trasformazione dell'acqua in ghiaccio, minimizzando la formazione di macrocristalli che danneggiano le membrane cellulari degli alimenti.
La criogenia alimentare è una tecnica avanzata di conservazione che utilizza temperature estremamente basse per preservare le qualità originali degli alimenti. Questo metodo, chiamato anche surgelazione criogenica lenta significativamente i processi enzimatici responsabili del dete rioramento degli alimenti a mantenere intatte le loro proprietà organolettiche e nutritive. Questa tecnica to liquido o anidride carbonica liquida per ottenere basse tem perature molto rapidamente. Questi agenti criogenici, estre mamente freddi, assicura no una surgelazione uniforme e rapida, essenziale per preservare la freschezza e la qualità degli alimenti come
erano al momento della loro preparazione.
La surgelazione criogenica rappresenta un'evoluzione significativa nelle tecniche di conservazione degli alimenti grazie all'utilizzo di gas criogenici come l'azoto liquido e l'anidride carbonica liquida. Questi
tura fino a raggiungere i -18°C nel cuore del prodotto: la loro azione permette una trasformazione quasi istantanea dell'acqua in ghiaccio.
Il vantaggio principale di questa metodica risiede nella velocità di congelamento. Una rapida transizione dello stato dell'acqua da liquido a solido minimizza la formazione di macrocristalli di ghiaccio, che sono spesso la causa della rottura delle membrane cellulari negli alimenti. Quando queste membrane si rompono, si verifica una perdita di liquidi all'interno degli alimenti, che può risultare in un prodotto finale meno succoso e saporito una volta scongelato.
La criogenia, dunque, conserva meglio l'integrità strutturale e nutrizionale degli alimenti e impedisce anche l'ossidazione e la proliferazione batterica, due processi che possono avvenire durante la conservazione a lungo termine.
Con il blocco di queste reazioni enzimatiche, gli alimenti mantengono pertanto un profilo nutrizionale più ricco e sono più sicuri da consumare
Gli abbattitori di temperatura sono essenziali nelle cucine professionali, soprattutto per quanto riguarda la preparazione di pasti in anticipo o la necessità di raffreddare rapidamente grandi quantità di cibo caldo. Questi dispositivi riducono rapidamente la temperatura degli alimenti da +90°C a +3°C in meno di 90 minuti, una fase cruciale per bloccare la proliferazione di batteri e garantire la sicurezza alimentare.
Oltre alla funzione di raffreddamento rapido, molti abbattitori permettono anche la surgelazione profonda, portando gli alimenti da +90°C a -18°C in tempi brevi. Questi apparecchi sono particolarmente utili per cucine che lavorano con preparazioni che devono essere conservate o trasportate, in quanto facilitano un flusso di lavoro più flessibile e sicuro in termini di gestione alimentare.
Questi dispositivi sono ideali per surgelare piccoli pezzi di cibo come verdure tagliate, frutti di bosco o prodotti semi-elaborati. Il cibo è posto su una superficie porosa attraverso cui passa aria fredda a velocità elevata: ciò permette un congelamento rapido e uniforme. Questo metodo previene l'aggregazione e mantiene i pezzi separati.
Utilizzati soprattutto in contesti di produzione elevata, i surgelatori a spirale massimizzano lo spazio verticale in quanto fanno avanzare i prodotti su nastri trasportatori a forma di spirale. Questo sistema assicura un flusso continuo di produzione e un congelamento omogeneo, essenziale per mantenere alta la qualità di prodotti come pane, pizza e pasticceria surgelata.
Questa tecnologia prevede l'immersione dei prodotti in soluzioni refrigeranti come soluzioni saline fredde o glicole. È particolarmente efficace per alimenti liquidi o semi-liquidi come salse o creme.
Questi surgelatori spruzzano azoto liquido direttamente sugli alimenti, rendendo possibile il raggiungimento di temperature estremamente basse in pochissimo tempo. La criosurgelazione consente di congelare rapidamente anche i prodotti più delicati e mantiene inalterate le loro caratteristiche organolettiche e strutturali.
litativo che operativo, fattori che la rendono una scelta efficace per l'industria alimentare. Uno dei principali benefici della surgelazione criogenica, come detto, è la preservazione della qualità del prodotto.
Dal punto di vista operativo, invece, migliora l'efficienza dei processi produttivi. La rapidità del congelamento permette una maggiore turnover dei prodotti e riduce i tempi di attesa nelle linee di produzione. Inoltre, questo metodo contribuisce
sull'ambiente. Essendo un processo più veloce, riduce il consumo energetico rispetto alla surgelazione meccanica, diminuisce gli scarti alimentari, e contribuisce a implementare una filiera alimentare più sostenibile
Il Gruppo Siad è una realtà di spicco
to a Bergamo nel 1927, ha da allora ampliato significativamente il proprio raggio d'azione, diventando un leader nella produzione e distribuzione di gas industriali, alimentari, speciali e medicinali.
L'esperienza accumulata nel corso degli anni permette a Siad di offrire soluzioni all'avanguardia anche nel settore della surgelazione criogenica
Siad propone una gamma completa di impianti e servizi per la criogenia alimentare e sviluppa soluzioni che rispondono specificatamente alle esigenze della filiera agroalimentare. cod 104863
Idati raccolti in Italia dall’IiasIstituto Italiano Alimenti Surgelati, concentrati esclusivamente sul canale Retail (che comprende i consumi all'interno delle abitazioni), mostrano che nel 2023 il settore dei prodotti surgelati ha mantenuto una forte solidità. Il consumo rilevato ammonta a 645.000 tonnellate. Si tratta di numeri particolarmente positivi, specialmente se confrontati con il 2019, l'anno prima dello scoppio della pandemia, quando i consumi di alimenti surgelati si erano fermati a 589.000 tonnellate. Negli anni che hanno seguito, il consumo di questi prodotti ha visto una crescita senza eguali, assestandosi nel tempo a livelli comunque elevati. Un numero crescente di famiglie italiane, dunque, ha iniziato a integrare regolarmente i surgelati nella propria dieta o ne ha incrementato l’uso.
«Il 2023 è stato un anno con non poche difficoltà: dai problemi di approvvigionamento delle materie prime, registrati nei primi mesi dell’anno e provocati da eventi climatici estremi (come la siccità), alle notevoli criticità incontrate dalla logistica e dai trasporti a livello globale, fino al perdura-
re dell’inflazione, soprattutto nel comparto alimentare - commenta Giorgio Donegani, Presidente Iias -. Nonostante questo contesto, il comparto dei frozen food ha mostrato una solida tenuta: a fronte di una leggera frenata del canale Retail - peraltro ampiamente attesa dopo anni di aumenti senza precedenti - l’indice di penetrazione dei surgelati negli acquisti delle famiglie italiane si è mantenuta su livelli rag guardevoli, con una crescita di qua si dieci punti percentuali (+9,4%) rispetto agli anni pre-pandemici, confermando come i frozen food siano ormai stabilmente diventa ti parte integrante del carello della spesa degli Italiani», conclude Do negani.
Infine, il segmento delle pizze surgelate merita una menzione speciale. Dopo aver registrato aumenti significativi nel 2020 e nel 2021, il settore ha visto una normalizzazione nel 2022 e nel 2023, principalmente a causa della ripresa dei consumi al di fuori delle mura domestiche.
Negli ultimi anni, questa categoria ha continuato a evolversi con successo, grazie alla diversificazione dell'offerta e all'introduzione di nuovi formati e ingredienti, l'uso di farine speciali come quelle integrali o di kamut, e le versioni senza glutine, incontrando in questo modo anche le esigenze di consumatori con specifiche restrizioni
MORDIQUA: LA NUOVA BASE PER PIZZA E FOCACCIA DI MOLINO DALLAGIOVANNA
Presentata a Cibus 2024, MordiQUA è la nuova base per pizza e focaccia di Molino Dallagiovanna che coniuga croccantezza fuori, delicatezza e leggerezza all'interno, per un risultato scioglievole al morso. Si tratta di un prodotto precotto e abbattuto, conservato surgelato a -18°C. Per prepararlo, è sufficiente estrarlo dal congelatore, condirlo a piacere, cuocerlo in forno a temperatura moderata (regolando il tempo in base al forno e agli ingredienti utilizzati) e servirlo.
«Abbiamo concepito un prodotto versatile e personalizzabile, capace di abbracciare le esigenze dei professionisti permettendo di standardizzare il lavoro, risparmiando tempo, velocizzando il servizio,
THE VEGETARIAN BUTCHER:
PRODOTTI SURGELATI A BASE
Unilever Food Solutions presenta
The Vegetarian Butcher di prodotti surgelati a base di proteine vegetali in quattro gustose e irresistibili proposte per la ri storazione italia
na: Raw NoBeef Burger, NoChicken Nuggets,
riducendo gli sprechi - sottolinea Sabrina Dallagiovanna, sales marketing manager di Molino Dallagiovanna.
Abbiamo scelto Cibus per presentare una novità assoluta ritenendo questo appuntamento l'ideale punto d'incontro delle eccellenze dell'agroalimentare made in Italy”. Un prodotto che è disponibile in due tipologie:
• MordiQUA Classica: per chi ama una base tradizionale dal gusto classico e colore dorato.
• MordiQUA Multicereale: per chi preferisce un gusto più deciso e un colore più scuro, grazie all'aggiunta di farina integrale, cereali e semi. Questa nuova referenza è disponibile nei formati: 19x29 cm, 19x39 cm, 25x39 cm, 25x54 cm e Ø25 cm. cod 105071
NoSchnitzel e il nuovissimo Crispy
NoChicken Burger. Questi prodotti, 100% plant based, si caratterizzano per l’aspetto, il gusto e la consistenza paragonabili a quelli della carne. The Vegetarian Butcher rappresenta l’opportunità per lo chef di arricchire il proprio menu con soluzioni a base vegetale, innovative e ricche di gusto, che soddisfano i trend alimentari emergenti. cod 105119
GRIGLIATE BONDUELLE FOOD SERVICE, SANE E GUSTOSE PER PREPARAZIONI ESTIVE
Bonduelle Food Service, punto di riferimento nel mondo dei vegetali per il fuori casa, presenta la gamma Grigliate Service, composta da melanzane, zucchine, peperoni, cipolle rosse e zucca. Grigliate al naturale, le verdure sono cotte con una tecnica speciale che garantisce risultati eccellenti nel rispetto del colore, del gusto e della consistenza. Il sapore è intenso e il prodotto assicura un’alta resa e nessun rilascio di acqua
I prodotti offrono tutti i vantaggi di praticità e velocità, con un significativo risparmio di tempo e risorse e una riduzione degli sprechi, tutti elementi che influiscono in modo positivo sul food cost. Le Grigliate offrono anche un’alta versatilità per creare ricette gustose e adatte ai diversi momenti di consumo. Inoltre, la gamma Grigliate Service si avvale del protocollo di produzione Service adottato da Bonduelle Food Service su alcune linee di prodotto, grazie al quale le verdure possono essere utilizzate anche a freddo, solo scongelandole e senza bisogno di rigenerazione, garantendo la massima sicurezza alimentare. cod 103438
La bella stagione è iniziata: apertivi all'aperto, pranzi e cene in dehors, sfiziosità da street food e la pinsa può essere sempre protagonista! Le basi artigianali precotte e surgelate di Di Marco per il settore della ristorazione sono l'alleato ideale: eliminano la necessità di essere esperti in panificazione e di disporre di spazi dedicati; sono perfettamente impastate e spianate a mano, si sposano con qualsiasi condimento, salato o dolce, e si adattano ad ogni tipologia di servizio e momento di consumo.
La linea freezer è disponibile in un'ampia quantità di prodotti e formati: ovali, tondi, ripieni e al taglio, anche nella versione senza glutine, per estendere l'offerta a qualsiasi tipologia di clientela, rispondendo alle esigenze di
benessere di tutti i tipi di consumatore.
La versatilità della pinsa Di Marco, oltre a intercettare sempre di più le nuove esigenze di gusto - adatta com'è anche a vegetariani e vegani - offre nuove opportunità ed evidenti vantaggi ai professionisti del settore: la lunga durata (18 mesi di shelf life) è una delle caratteristiche principali della linea freezer, per una base che resta inalterata e si prepara in pochi minuti dopo lo scongelamento.
Eliminando completamente la variabile della realizzazione dell'impasto, la riuscita del prodotto resta letteralmente nelle mani dei maestri pinsaioli Di Marco, preservandone tutte le caratteristiche, l’artigianalità e il gusto autentico. In questo modo ai ristoratori viene offerto uno dei vantaggi più
importanti: risultato perfetto e niente sprechi.
Ma c'è di più... Quest'estate la scelta della Pinsa Romana Di Marco porta con sé una novità che dà ancora più valore alla convivialità italiana a tema calcio: tutti i prodotti saranno inviati ai professionisti della ristorazione nella scatola in Limited Edition La Pinsa di Casa Azzurri, dove un Qrcode rimanderà alle ricette che i tifosi non possono proprio perdersi. La nuova avventura sportiva di Di Marco è su www.lapinsadicasaazzurri.it cod 104888
PanPinsa è la linea di schiacciatine Molino Spadoni ispirata alla pinsa. Realizzate con un mix di farine di grano tenero, soia e riso. Un impasto a base di pasta madre e biga, per un risultato finale soffice e ben alveolato
PanPinsa è una linea di schiacciatine che nasce dalla ricetta di un prodotto bakery di grande tendenza: la pinsa. Alla base vi è infatti un mix di farine composto da farina di grano tenero, di soia e di riso. L’impasto è realizzato solo con pasta madre, rinfrescata giornalmente dagli anni ’60 e biga ed è caratterizzato da un’alta idratazione (oltre il 90% di acqua sulla farina), che lo rende ben alveolato e soffice.
Come da tradizione dell’azienda, è steso a mano, dopo una lievitazione di almeno 48 ore, e condito in superficie con olio evo. Croccanti fuori e morbide dentro, altamente digeribili, le schiacciatine sono disponibili in 6 versioni diverse (13 x 13 cm, 100 g, confezione da 4 pezzi):
• PanPinsa tipo “0”;
• Integrale;
• Riso Nerone, dal caratteristico colore violaceo;
• Curcuma e Semi di Lino, dall’impasto giallo oro;
• 7 Cereali, con un mix di farine e semi;
• Mediterranea, con pomodoro, capperi, olive e origano
Versatili, si prestano a ogni tipo di farcitura, e hanno un alto grado di servizio. Già cotte e pretagliate, il loro rinvenimento richiede un passaggio in piastra o in forno per 3/4 minuti (180-200 °C). A queste si aggiunge la versione Maxi tipo “0” (24 x 14 cm, 200 g, in confezione da due pezzi) non pretagliata, ideale anche da tagliare a fette per il cestino del pane. cod 104901
Molino Spadoni 0544 569056
www.molinospadoni.it
La mission di Molini
Pivetti è sempre stata quella di produrre farine di alta qualità, utilizzando grani selezionati e sostenendo pratiche di agricoltura sostenibile che includono l’attenzione verso la filiera corta, il sostegno agli agricoltori locali, e l’impiego di metodi di coltivazione che rispettano l’ambiente
Molini Pivetti, un’azienda italiana specializzata nella produzione di farine, con una storia che risale al 1875. Fondata da Valente Pivetti in Emilia-Romagna, una regione nota per la sua vocazione alla produzione di grano tenero e per grandi eccellenze alimentari, Molini Pivetti ha iniziato come un piccolo mulino a gestione familiare.
Attraverso generazioni, l’azienda ha sempre mantenuto una forte connessione con la regione di origine, rimanendo fedele alla sua eredità mentre si adattava alle nuove tecnologie e tendenze del mercato, oggi alla quinta generazione.
La mission dell’azienda è sempre stata quella di produrre farine di alta
qualità, utilizzando grani selezionati e sostenendo anche pratiche di agricoltura sostenibile. Ciò include l’attenzione verso la filiera corta, il sostegno agli agricoltori locali, e l’impiego di metodi di coltivazione che rispettano l’ambiente.
Nel corso degli anni, Molini Pivetti ha espanso la sua offerta, includendo diverse tipologie di farine per rispondere alle esigenze dei professionisti del settore alimentare, come panificatori, pasticceri e pizzaioli con farine specifiche per ogni tipologia di prodotto.
Focalizzandoci sul tema del pizzaiolo, oggi, il molino emiliano è sempre più determinato ad offrire un valore aggiunto ai professionisti del settore e, proprio per rispondere a questa esigenza del mercato,
ha creato un team di formazione (guidato da Vincenzo Iannucci, per la pizza Napoletana, e da Federico Perrone per quella Romana, alla pala in teglia, e Emiliana) in grado di supportare il pizzaiolo nella creazione di tutte le diverse tipologie di pizza e ha dato vita all’innovativa Linea Special, che accoglie 5 farine specifiche.
Napoletana, romana o emiliana: per ogni pizza, una farina Molini Pivetti
Per quanto riguarda la pizza Napoletana propone “Nafavola” (nelle varianti W270 e W320) e “Incanto”, entrambe farine di grano tenero Tipo 0, che conferisce aromi e profumi.
La “Nafavola 270” è una composizione studiata per ottenere un impasto leggero e scioglievole, una garanzia per i professionisti che vogliono preparare la pizza napoletana tradizionale, caratterizzata da una pasta morbida e bordo alto, ed è consigliata per impasti diretti con 10-26 ore di lievitazione.
“Nafavola 320” ha una “forza” in grado di dar vita ad una pizza napoletana dall’alveolatura sviluppata, che garantisce una straordinaria
Pizza Napoletana
esplosione del cornicione ed è consigliata per impasti con 26-72 ore di lievitazione.
“Incanto” è una farina dalle grandi virtù, arricchita con il germe di grano, specifica per pre-impasti tipo Biga e o tipo Poolish, impasti diretti e per il rinfresco del lievito madre. Un prodotto che permette di mantenere la giusta fermentazione dalle 18 alle 48 ore.
Per la pizza Romana, alla pala e in teglia abbiamo la farina “Maggica”, Tipo 0, in grado di garantire un’ottima capacità di assorbimento e facilità di lavorazione, per una pizza croccante all’esterno e morbida all’interno. Consigliata per impasti con 24-48 ore di lievitazione, ad alte idratazioni.
Per la pizza Emiliana invece è stata creata la farina “Sorbole”, Tipo 00, prodotta da grani selezionati esclusivamente italiani. Ideale per tirata e croccante. Consigliata per “Pivetti in pizzeria”: formazione e valorizzazione per i professionisti
Per Molini Pivetti l’universo Horeca rappresenta il terreno d’azione per eccellenza, in quanto trasforma in prodotti gastronomici il frutto della sua filiera produttiva: la farina. Un’azienda capace di creare progetti di filiera, tanto da averne una, la filiera Campi Protetti Pivetti. Una filiera tracciata e controllata in tutte le sue fasi, garantendo la totale italianità dei grani, 100% emiliani, utilizzati per la produzione, dal campo alla macinazione. Una filiera legata al luogo di origine, dove la stretta collaborazione tra azienda e agricoltori è la colonna portante da cui nasce la linea di farine Gran Riserva, per i professionisti della pizza e della panificazione.
«Il Progetto Food Service “Pivetti in pizzeria” di Molini Pivetti - spie-
ga Vincenzo Iannucci - è dedicato ai professionisti e sta raccogliendo numerosi consensi in Italia e in Eu ropa. Molini Pivetti si mette infatti al servizio degli operatori, nel senso più completo del termine. Facciamo dimostrazioni, affiancamento e for mazione all’interno delle pizzerie e presso la nostra sede. Un’iniziativa dinamica che offre tante opportuni tà di visibilità e che mette al centro la figura del pizzaiolo, dando un no tevole valore aggiunto».
«Il ruolo del pizzaiolo è di prima ria importanza poiché, attraverso la sua ineguagliabile manualità, fa sì che questa produzione alimentare possa essere percepita come mar chio di italianità nel mondo - pun tualizza Gianluca Pivetti - natural mente, anche grazie a ingredienti d’eccellenza come le nostre farine con un particolare riferimento a quelle della filiera Campi Protetti Pivetti, 100% emiliane, provenienti in parte dal territorio ferrarese, e selezionate con estrema cura».
Molini Pivetti e Iannucci Academy per dare valore all’arte della pizza
La forza del pizzaiolo è la sua formazione: un convegno di successo si è svolto ad aprile all’interno degli Scavi di Pompei promosso da Molini Pivetti e Iannucci Academy
Un’associazione, la Iannucci Academy che porta avanti il concetto del convegno: valorizzazione del pizzaiolo, garantendo loro formazione durante l’anno, previa iscrizione, con corsi gratuiti all’interno di Molini Pivetti.
Un altro importante progetto è l’esclusiva iniziativa Pivetti in pizzeria
Challenge, un percorso itinerante che prevede 10 tappe nel prossimo biennio, dal nord al sud della Penisola
Un format creato insieme a Garage Pizza e Dissapore per coinvolgere numerosi pizzaioli che si metteranno in gioco per la vittoria del premio della critica, realizzando la loro pizza più rappresentativa, che rispetti la tradizione ma che con una visione innovativa e originale presenti la massima espressione del territorio di appartenenza. Innovazione nel rispetto della tradizione e del territorio è la mission che guida anche Molini Pivetti che, sin dalla sua fondazione, si distingue per il suo “Saper far farina” grazie all’attenzione al prodotto, alle esigenze dei professionisti e al territorio.
LE PROSSIME TAPPE PIVETTI IN PIZZERIA CHALLENGE
• 27 maggio a Catania
• 10 giugno a Catanzaro.
In seguito al protocollo d’intesa siglato tra le città di Ferrara, con i suoi campi fertili e la sua eccellenza nella produzione di farine e Pompei, custode dell’arte culinaria napoletana, presso il Parco Archeologico della città partenopea si è tenuto un prestigioso dibattito sull’importanza del riconoscimento ufficiale della figura del pizzaiolo all’interno dei programmi didattici degli Istituti Alberghieri.
Si tratta della volontà di valorizzare un talento umano, oltre che un prodotto fondamentale del nostro Paese come è la pizza. «Si è piantato il primo seme di quello che nascerà come germoglio - ha affermato con soddisfazione Gianluca Pivetti - e che mi auguro ci possa aiutare a centrare l’obiettivo: restituire al pizzaiolo il giusto valore che merita, portando quest’arte fin sui banchi di scuola».
Molini Pivetti si è storicamente impegnata nella valorizzazione e formazione del primo anello della filiera, l’agricoltore, volendo porre lo stesso impegno anche per l’ultimo anello della filiera, il pizzaiolo.
«Questo rappresenta il punto di partenza di un progetto molto più ampio - ha detto con entusiasmo Vincenzo Iannucci - che comprende anche questo manuale che vuole difendere la pizza e l’italianità nel mondo. Per questo è importante tutelarla e portarla nella scuola, per formare validi artigiani italiani che con la loro arte donano non solo un sorriso ma un futuro ad un comparto in fortissima crescita economica». Nello specifico, è stato distribuito da Vincenzo Iannucci il “Manuale di Formazione del Pizzaiolo”, da lui personalmente curato in collaborazione con Molini Pivetti
“Adotta un campo di grano”: la sostenibilità secondo Molini Pivetti
Sostenibilità sociale e ambientale, due fattori determinanti per il mo-
dus operandi dell’azienda molitoria. Il primo per valorizzare e mettere in campo la formazione, sia per i professionisti sia per le future generazioni con il progetto “Adotta un campo di
grano”, un progetto volto a sensibilizzare i bambini lle scuole primarie sui temi quali, tto per l’ambiente, biodiversità, filiera e sostenibilità che prevede 4 tappe nell’arco di due anni.
Oltre 600 bambini nel mese di maggio sono stati coinvolti in campo per le tappe della biodiversità e della macinazione, con attività didattiche e ludiche, facendo taccare con mano la realtà circostante.
Un’azienda oggi alla quinta generazione, fatta di tradizione e agricoltura, innovazione, cultura e sostenibilità, che il prossimo anno compie 150 anni. cod 105160
Molini Pivetti
051 900003 @molinipivetti www.molinipivetti.it
Le farine di Agugiaro & Figna si sono raccontate a Cibus attraverso la pizzeria e la pasticceria d’autore, a cura dei più influenti pizzaioli e maestri pasticceri. Creazioni e degustazioni eccezionali hanno mostrato ancora una volta ai numerosi stakeholder e visitatori della manifestazione l’eccellenza delle farine del gruppo molitorio, oggi anche alla conquista del mondo della ristorazione.
Con un mercato già consolidato nel mondo della pizzeria professionale grazie alla linea Le 5 Stagioni e una forte ascesa delle linee di farine pensate per la pasticceria e la ristorazione, Agugiaro & Figna Molini ha portato a
Cibus 2024 una sintesi dei suoi più grandi successi.
Linea Faridea: miscele versatili per panificatori e pasticceri
Pizzeria e Pasticceria d’autore si sono alternate ai banchi dello stand, dove durante la quattro giorni hanno preso forma incontri e degustazioni dalla colazione al pranzo fino all’aperitivo. Ad ogni prodotto la sua farina specifica: così l’ampia gamma di farine di Agugiaro & Figna è stata declinata in una varietà di prelibatezze da forno, dimostrando che un biscotto ai semi di lino può diventare unico se realizzato con
Nucleo Rustico e Farina MIA GRA da Macinazione Integrata® Autentica e un Croissant rustico sprigiona al meglio il suo sapore se preparato con la Miscela Gran Muesli Faridea
Proprio la gamma Faridea, caratterizzata da grande versatilità delle sue farine, consente infatti a panificatori e pasticceri di interpretare le ricette, basandosi principalmente sulle qualità tecnologiche e organolettiche della farina, che, miscelata con pochi altri ingredienti è in grado di fare la differenza nella resa finale del prodotto.
La linea Faridea, sviluppata da Agugiaro & Figna Molini, include alcune miscele a etichetta pulita, prive di
additivi, coloranti, emulsionanti, stabilizzanti e conservanti. Le miscele esclusive per dolci, quando lo contemplano, prediligono aroma naturale.
Tornando ai tasting d’autore proposti da Agugiaro & Figna a Cibus, la pizzeria ha toccato i suoi momenti di punta grazie ai capolavori realizzati con Le 5 Stagioni e MIA - Farine da Macinazione Integrata® Autentica
Ciccio Vitiello ha scelto infatti la Farina MIA X da Macinazione Integrata® Autentica per celebrare la stagionalità delle materie prime, portando in scena “Il culto della terra”, una pizza al padellino alla canapa con verdure cotte a bassa temperatura. Vincenzo Mansi, campione del mondo di pizzeria napoletana nel 2023, ha deliziato invece il pubblico con una pizza napoletana come da tradizione, preparata con la Farina Napoletana Verde; mentre Gigi Vurchio ha proposto una rivisitazione della pizza classica, miscelando la Farina Tipozero Superiore de Le 5 Stagioni e la MIA M da Macinazione Integrata® Autentica
Due brand questi ultimi, sempre più centrali nel lavoro dei pizzaioli. Le 5 Stagioni, ormai noto a livello nazionale e internazionale, è il primo marchio di farine di Agugiaro & Figna dedicato
pizzaioli di trovare la migliore ispirazio ne. MIA, invece, con la sua peculiarità di essere frutto di un processo brevettato che associa due tipologie di molitura, la tradizionale a pietra con la moderna a cilindri, si presta per un utilizzo ad ampio raggio delle farine, spaziando dalle lavorazioni in pizzeria a quelle di panificazione e pasticceria con la caratteristica di riuscire a preservare tutte le sfumature organolettiche del grano proprio per merito del virtuoso processo di Macinazione Integrata®. Le Farine MIA sono studiate, testate e perfezionate nel laboratorio di Ricerca & Sviluppo di Agugiaro & Figna e includono le referenze MIA X, MIA M e MIA S (farine di Tipo 1 di grano tenero dal differente valore proteico), MIA GRA (da Grani Antichi 100% italiani
mona) e (semola rimacinata integrale di grano duro).
Protagonista dei più grandi eventi del panorama gastronomico italiano, come il Campionato Mondiale del Panettone, la linea di farine Le Sinfonie ideata per la Pasticceria professionale continua, inoltre, a regalare importanti soddisfazioni al gruppo molitorio e a Cibus non è mancata la pasticceria d’autore, che è stata affidata alle mani esperte dei pasticceri dell’Accademia dei Maestri del Lievito Madre
Il primo giorno è toccato a Francesco Elmi, che ha proposto il Bauletto con impasto al caffè, inerti: gianduia, caramello, mandorla e glassa alle nocciole. È stata poi la volta di Aniello di Caprio che con i suoi “Soliti noti” ha sedotto gli ospiti con due versioni di Panettone, uno Classico e l’altro al caffè; due dolci speciali come Il Bossolà e il tradizionale Panettone Milanese sono stati proposti da Oscar Pagani e Maurizio Bonanomi cod 105116
Agugiaro & Figna Molini 049 9624611 www.agugiarofigna.com
na festa per celebrare un territorio e le sue eccellenze, e più nello specifico uno dei formaggi simbolo dello Giura svizze. Siamo stati (cantone Giura nel nord della Svizzera) per una due giorni interamente dedicata a questa eccellenza e per celebrare questo territorio, fatto di tradizioni antiche e sapori decisi.
Partiamo però dall’inizio e insiedirettore del consorzio Tête de Moine DOP, Martin Siegenthaler andiamo a scoprire storia e caratteristiche di questo formaggio: «Tête de Moine significa letteralmente “testa di monaco”. Questo nome alluderebbe al fatto che la raschiatura ricorda la tonsura dei monaci. Si narra infatti che un monaco affamato durante la notte mangiava il formaggio raschiando la parte superiore con un coltellino. È 800 anni fa è iniziata la storia del Tête de Moine DOP proprio qui
Il Tête de Moine è un formaggio di prodotto in piccoli caseifici di paese secondo procedimenti , nel rispetto dell’elenco
«La peculiarità del Tête de Moine DOP - prosegue Siegenthaler - è che si formaggio molto piccolo , il peso rispetto
alla superficie è infatti molto elevato, quindi la maturazione è molto veloce. Ha un gusto molto intenso e ne produciamo cinque tipi diversi, ma ne esportiamo solo quattro: il Classic (almeno 75 giorni di stagionatura) che è il più delicato, la Réserve (almeno 4 mesi di stagionatura), l’Extra, che ha una stagionatura di più di sei mesi, dal sapore molto intenso, il biologico e il Fermiére, che viene prodotto solo nelle fattorie e che al momento non esportiamo».
Parlavamo di raschiatura del formaggio, ma per un risultato perfetto, serve una Girolle! Un utensile inventato nel 1982 da Nicolas Crevoisier che permette di creare delle rosette facendo girare una lama su un asse inserito nella forma. «Abbiamo bisogno della Girolle - continua Siegentha-
ler - abbiamo una storia di 800 anni ma è solo da 40 anni che la Girolle è stata inventata. E questo dà al Tête de Moine DOP un sapore speciale. La rosetta si scioglie molto meglio sulla lingua e viene amplificato il gusto, con tutti i sapori della montagna e del latte crudo, al palato i sapori diventano più interessanti e intensi».
E proprio a Bellelay, dove ha sede la Maison de la Tête de Moine e sorge l’antica abbazia si è svolta la tradizionale festa, una due giorni di aggregazione, cultura, ma anche di competizione. Non solo, infatti, tanti stand con prodotti regionali ma anche il Concorso internazionale di taglieri di formaggi e miglior Tête de Moine DOP.
«Per noi la Fête de la Tête de Moine - continua Siegenthaler - è molto im-
portante. Abbiamo più di 10.000 visitatori in questa zona. E siamo in un piccolo villaggio di circa 150 persone. Abbiamo la nostra sede qui a Bellelay ed è proprio qui che è iniziata la storia 800 anni fa. Quindi per noi è molto importante e vogliamo festeggiare in modo adeguato... e abbiamo sempre avuto molto successo».
«Abbiamo circa 50 chalet - conclude Siegenthaler - di prodotti tipici provenienti da questa zona. Gli agricoltori e i produttori di formaggio sono molto orgogliosi di quello fanno e della loro tradizione. Anche perché è un processo artigianale e non usiamo nessun insilato. Siamo tra gli 800 e i 900 metri di altitudine, è tutto latte di montagna, si sente la differenza e si sentono le particolarità di questo prodotto e come amiamo spesso dire “il Tête de Moine DOP ha un sapore davvero unico!”».
A chiusura della serata di sabato poi sono stati proclamati i vincitori del Concorso internazionale di taglieri di formaggi: primo classificato il Belgio, seconda la Svizzera e terza la Francia. La giuria del pubblico invece ha eletto miglior Tête de Moine DOP Classic quella di Marc-André Girardin, Corgémont, Tête de Moine DOP Reserve di Franz von Büren, Villeret e come Tête de Moine DOP Bio Florian & CédricSpielhofer, St. Imier. cod 105002
I partecipanti del Concorso internazionale di taglieri di formaggi
Gustoso, versatile e fantasioso. Nasce all’insegna di questi tre punti di forza la nuovissima versione dello storico formaggio erborinato di Bergader, con le sue caratteristiche venature blu, da sempre utilizzato con successo in tutte le cucine del mondo, sia nei ristoranti che a casa, per realizzare piatti regionali e internazionali.
Edelpilz, il grande classico dell’azienda bavarese che vanta 122 anni di tradizione casearia e qualità eccellente, torna oggi a scaffale come edelblu e, oltre che in versione Classic, sarà disponibile in tre nuove varianti pronte all’uso e adatte a qualsiasi esigenza culinaria.
«Le referenze storiche, prima fra tutte Edelpilz, rappresentano il connubio perfetto tra il saper fare antico dei maestri casari e l’attenzione ai trend
di consumo - spiega Luca Fontana, direttore commerciale internazionale di Bergader -. Per questo motivo abbiamo deciso di rimanere fedeli alla qualità che lo contraddistingue, mantenendo la stessa ricetta che lo ha reso un prodotto indispensabile nelle cucine degli chef ma anche in quelle di tante famiglie italiane».
Edelblu ha infatti mantenuto i colori caratteristici della confezione da 100 grammi, ben riconoscibile e impattante a scaffale, ma si presenta con una grafica più moderna e accattivante, pensata per essere individuata facilmente dagli affezionati ma allo stesso tempo per intercettare e incuriosire un pubblico nuovo.
Alla versione Classic, Bergader ha deciso di affiancare tre varianti studiate per stupire gli amanti del Blue Cheese:
• edelblu Cream: nella pratica confezione da 175 g, è cremoso e spalmabile, grazie a un’inedita ricetta, adatto a preparazioni fredde e calde, per un utilizzo fantasioso in cucina.
• edelblu Cubes: nell’innovativo pack 2x50 g che azzera gli sprechi. Pratici e versatili, i cubetti da 6 mm sono perfetti per rendere appetitose insalate, pizze, gratin e ricette fredde o al forno.
• edelblu Gourmet: nella vaschetta da 100 g. Ricercato e versatile, è ottimo come ingrediente ma gustoso anche a freddo o per arricchire una selezione di formaggi. cod 104551
Il Consorzio Tutela del formaggio Grana Padano ha creato una nuova e più performante piattaforma a conferma del successo che il portale “Educazione nutrizionale Grana Padano” ha conseguito in quasi 20 anni di attività, con oltre sei milioni di pagine visitate solo nel 2023 e un alto indice di autorevolezza riconosciuto da Google. Il portale, realizzato con tecnologie digitali avanzate, ha un nuovo layout e una maggiore capacità di coinvolgere l’utente per informarlo sui principi della prevenzione primaria e diffondere informazioni sull’equilibrata alimentazione e un corretto stile di vita, volte a migliorare il benessere e la salute.
Sul nuovo portale “Educazione nutrizionale Grana Padano” è possibile, inoltre, scaricare 10 app facili da usare e utili per seguire programmi alimentari che promuovono il benessere, danno indicazioni sul proprio stato fisico o sulle calorie da consumare in una giornata per rimanere in forma.
Le app offrono servizi adatti a tutte le generazioni, compresi i millennial, per stimolarli ad occuparsi della loro salute. Di seguito i nomi delle app sviluppate:
1. Calorie&Menu della salute
2. Calorie&Menu della salute per la menopausa
3. L.O.Ve dieta sostenibile, vegetariana
4 L.O.Ve dieta sostenibile, vegetariana per la menopausa
5 La dieta del Grana Padano
6. Calcolo del Bmi e massa grassa
7. Calcolo del Bmi per bambini e adolescenti
8 La buona merenda
9. Zuccherometro
10. Calcolo del fabbisogno di calorie quotidiane. cod 102880
Consorzio Tutela Grana Padano
www.granapadano.it
www.educazionenutrizionale.granapadano.it
Cooking Cream Sour Taste è la nuova panna sviluppata da Elle & Vire
Professionnel® dal buon gusto della “crème fraïche”, con delicate note acidule, ideale per piatti caldi e freddi, in cucina e in pasticceria
«L’acidità esalta i sapori. Questa panna, dalle note acidule perfettamente bilanciate, conferisce personalità ad un piatto. È una grande scoperta che colmerà un vuoto».
Con queste parole Pierre Gagnaire - chef pluristellato e storico volto Elle & Vire Professionnel® - descrive sapientemente la nuova Cooking Cream Sour Taste, una panna leggera, con solo il 12% di materia grassa, che esalta in modo straordinario il gusto di piatti caldi e freddi, in ristorazione
ma anche pasticceria. Studiata in stretta collaborazione proprio con chef Gagnaire, è frutto dell’ineguagliato know-how di Elle & Vire Professionnel®, iconico brand francese che della migliore panna normanna ha fatto il proprio marchio di fabbrica.
A fare eco alle sue parole, un altro grande esponente dell’alta cucina e anch’egli volto di Elle & Vire Professionnel®, Antonio Guida: «Ha quel tocco di acidità che ricerchiamo per esaltare alcuni sapori e la sua texture è densa al punto giusto. Il basso tenore di grassi la rende ancora più interessante».
Gusto straordinario e grande valore di servizio
1. Buon gusto fresco di panna con note acidule: il suo sapore è ben equilibrato, per piatti autentici;
2. Texture scioglievole, corposa e liscia per applicazioni gourmet a freddo, con performance eccellenti anche a caldo;
3. Conveniente: risparmio di tempo e passaggi. Non è più necessario aggiungere ingredienti acidi per dare sapore o addensare, questa panna è pronta all’uso, donando perfetta consistenza.
4. Lunga shelf life: 9 mesi, in un formato pratico e richiudibile per una perfetta conservazione.
La nuova panna Cooking Cream Sour Taste offre versatilità, cremosità e un sapore leggermente acido tipico della “crème fraîche” francese. «Questa cooking cream ha una bella texture - continua Pierre Gagnaire - e resiste bene al calore. È anche perfetta da utilizzare come elemento di cottura. Proprio qui entra in gioco il savoirfaire di Elle & Vire, perché la panna non si separa: tiene molto bene. Ti intriga ed è rassicurante al tempo stesso». cod 105003
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5. Leggerezza: con il 12% M.G. si rivela ideale per una cucina leggera, a ridotto contenuto di grassi.
Il Tofu viene considerato un cibo nuovo arrivato sugli scaffali della grande distribuzione grazie alla crescita della dieta vegetariana e vegana, perchè sostituisce la carne e il pesce. Ma l’origine del tofu si perde nella notte dei tempi. Secondo alcune fonti popolari, si narra che fu il nobile Liu Ana a scoprire il tofu intorno al 164 a.C. in una regione della Cina settentrionale; un’altra ipotesi invece sostiene che si tratti di un “caso”, ovvero si racconta che, nel momento in cui si stavano facendo bollire dei fagioli di soia mescolati a del sale marino sporco venne attivato così, in modo spontaneo, il processo di formazione del caglio e la successiva coagulazione dell’impasto.
Una terza leggenda chiama in causa le tradizioni dei mongoli, copiate dagli antichi cinesi. In questo caso, si immagina che questi ultimi avessero imparato il metodo di formazione del caglio dal latte di muc-
ca dalle popolazioni della Mongolia e l’avessero poi replicato sul latte di soia. Di sicuro è che già 2000 anni fa si consumasse il tofu in Cina, e che da lì venne esportato prima in Corea e poi in Giappone
La diffusione successiva nel resto del Sud Est Asiatico potrebbe essere legata al successo del Buddismo che riteneva, già allora, il tofu un alimento chiave dell’alimentazione vegetariana. Per trovare il tofu in tutto il mondo, invece, dobbiamo aspettare tempi molto recenti quando è cresciuto il numero di persone che seguono questo tipo di alimentazione anche in Occidente.
Il tofu si ottiene dalla cagliatura del succo estratto dalla soia e dalla successiva pressatura in blocchi di bambù di forma rettangolare o quadrata. Il procedimento utilizzato ricorda molto quello della produzione del formaggio, anche se, in questo caso, il prodotto ottenuto avrà un sapore e aroma neutro. È un alimento ricco di proteine e privo di colesterolo, che
riesce ad assorbire molto facilmente gli aromi, prestandosi così a molte preparazioni.
Si possono distinguere due categorie principali, ovvero il tofu fresco, prodotto direttamente dal latte di soia, e il tofu conservato che si ottiene dal tofu fresco. Il più diffuso in commercio è quello in panetti, sia nella versione al naturale che aromatizzata o affumicata.
Oppure esiste il silken tofu, venduto in vaschetta, è l’ideale per la preparazione dei dessert come budini e creme, ma anche per altri dolci. Si può mangiare fritto, impanato con i corn flakes per fare i nuggets di tofu, saltato in padella per preparare il pad thai, alla piastra, tagliato a tocchetti e cotto in padella con le verdure oppure aggiunto a insalate, sughi e zuppe.
Come si utilizza: in padella, alla piastra o al forno, ma deve essere marinato con spezie o erbe aromatiche; in polpette, fritto, per preparare ripieni, in brodo tagiato a cubetti, strapazzato. cod 105058
In Casa Caffè, situata a Fossombrone, è stato possibile toccare con mano come un singolo piatto possa incarnare un sogno unico, veicolando un messaggio globale. Questo piatto, creato da Nicola Costantini, rappresenta la perfezione di una ricetta che merita di essere condivisa in tutto il mondo, unita alla vita di un uomo che ha esplorato diverse culture. L’equilibrio raggiunto tra cremosità, una
mantecatura raffinata, una saporosità delicata, una leggera aromaticità e una ricchezza di sapori, dove la dolcezza si fonde con una complessità di profumi e gusti, avvolge il palato con un’eleganza senza pari. Dimostrando che il tufo bianchetto può essere protagonista di vere e proprie magie culinarie, Costantini invia un messaggio forte contro l’uso di additivi chimici in cucina. Durante la visita a Casa Caffè, è o possibile incontrare un team eccezionale, pronto a lanciare un progetto ambizioso: una residenza incantata sulle colline di Fossombrone. Qui, gli appassionati e gli accademici del tartufo ambiscono a creare un laboratorio di sperimentazione culinaria aperto tutto l’anno, dedicato a questo pregiato ingrediente.
Accademia del Tartufo nel Mondo
E per un appassionato di dolci, la conclusione non poteva essere migliore: Creème Brûlée un dessert ricco ma al tempo stesso piacevole e distintivo, che non eccede in dolcezza. Contrasta dolcemente con la freschezza e l’acidità della frutta, impreziosito da una fogliolina di menta, culminando in un gesto d’amore culinario verso il palato, pensato da chi nutre vero amore per i suoi ospiti. cod 104333
Dopo il successo di Milano nel 2015 e Dubai nel 2021, è giunto il momento di portare il messaggio della biodiversità del tartufo fino in Giappone, a Osaka, nel 2025. Il tartufo incarna davvero l’essenza della cultura e della cucina italiana, e la prossima esposizione universale nel Sol Levante si preannuncia come il palcoscenico ideale per celebrare
questa autenticità territoriale. Lavoriamo affinché il tartufo diventi il vessillo delle nostre preziosità culinarie in Giappone, un impegno rafforzato dopo l’evento di Urbino. Grazie alla collaborazione con l’Ambasciatore Mario Vattani e l’Università di Urbino, siamo pronti a mostrare al mondo l’intera filiera a centimetro zero del tartufo. cod 105087
LUCA ZAIA, PRESIDENTE GOURMET, PROMUOVE
L’INIZIATIVA DEL TARTUFO VENETO ANNUALE AL VINITALY
Il Risotto Vialone Nano Igp veronese, mantecato con Morlacco del Grappa, formaggio lavorato in malga con latte crudo, e abbondantemente condito con fresco tartufo veneto di stagione, è stato proclamato il piatto della “Perfezione Veneta” nel mondo. Questa iniziativa culinaria è stata presentata per la prima volta in occasione della 56ª edizione del Vinitaly. L’intera operazione è stata fortemente voluta dalla Regione Veneto, che ha scelto di dare continuità alla celebrazione del formaggio iniziata a Caseus a ottobre, portandola al Vinitaly per deliziare il palato delle migliaia di appassionati. I visitatori del padiglione Veneto hanno potuto sperimentare un’esclusiva combinazione di sapori, dove tartufo, formaggio e vino si sono fusi in un abbraccio gastronomico unico.
In questo contesto il Presidente Zaia è stato onorato dal Comitato scientifico dell’Accademia del Tartufo nel Mondo, che gli ha conferito il titolo di Presidente Gourmet e Ambasciatore del tartufo veneto. Il riconoscimento è stato accompagnato da un diploma, una medaglia e un cappello accademico, celebrando il suo impegno nella valorizzazione dei prodotti locali. cod 104719
Bindi ha raggiunto la fama internazionale grazie alla combinazione
perfetta di qualità dei prodotti, consulenza al cliente e costante innovazione
Flute Piña ColadaCosa trasforma una piccola pasticceria artigianale nella più grande pasticceria d’Italia? Non c’è una risposta semplice, ma possiamo paragonare questo processo alla preparazione di un dolce: è la combinazione perfetta degli ingredienti che fa la differenza. Parlando di dolci e di successo, nessuno è più esperto di Bindi. Da quando nel lontano 1946 ha aperto le porte della sua pasticceria milanese, ha saputo
costruire un punto di riferimento nel settore Horeca, conquistando il pa lato non solo degli italiani ma anche di un pubblico internazionale
La base fondamentale di questo successo è la qualità dei prodotti. Bindi ha sempre puntato sull’eccel lenza, selezionando le materie prime con cura e attenzione.
Ma c’è di più, la consulenza al cliente costituisce un altro pilastro importantissimo, che ha le sue fon
so visite guidate allo stabilimento, i partecipanti possono toccare con mano l’artigianalità e l’innovazione tecnologica che si celano dietro ogni dolce prelibatezza.
Ma l’Accademia non si ferma qui. Offre anche un training ad hoc per conoscere a fondo la gamma di pro dotti, fondamentale per orientarsi tra le delizie di Bindi e offrire così un ser vizio impeccabile ai clienti. Durante le giornate dedicate, si mette in luce l’importanza della presentazione, esposizione e modalità di servizio del prodotto: dettagli che fanno la differenza nel mercato competitivo della ristorazione.
Primavera/Estate
Anticipare le tendenze e suggerire ai clienti le soluzioni creative e distinti ve più adatte alle loro esigenze è un altro punto chiave che ha caratteriz zato la profonda offerta della gam ma dei dessert Bindi.
gno costante di Bindi nel soddisfare i gusti più raffinati dei suoi clienti, mantenendo viva l’autentica tradizio-
il segreto di Bindi non risiede solo nella qualità dei suoi prodotti, ma anche nell’attenzione al servizio e alla costante in. È così che un prestigioso marchio conquista il cuore e il palato di un pubblico sempre più vasto, in Bindi 02 982941 www.bindidessert.it
Sono 12 le etichette di olio premiate, in rappresentanza delle migliori produzioni di tutta Italia, che hanno brillato nelle due distinte categorie previste, extravergine e oli extravergini certificati Dop/Igp alla 32ª edizione dell’Ercole Olivario, il concorso nazionale dedicato alle eccellenze olearie italiane, organizzato dall’Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in collaborazione con la Camera di commercio dell’Umbria, il ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il ministero delle Imprese e del Made in Italy, Agenzia Ice, il sostegno di Unaprol consorzio olivicolo italiano, Italia olivicola e del Crea - consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agra-
ria - centro di ricerca ingegneria e trasformazioni agroalimentari sede di Pescara.
I vincitori sono stati proclamati in Umbria, a Perugia, nell’auditorium di San Francesco al Prato, alla presenza dell’onorevole Emanuele Prisco, sottosegretario di Stato al ministero degli Interni. A svelare i vincitori di questa edizione Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di commercio dell’Umbria e del Comitato di coordinamento dell’Ercole Olivario insieme a Federico Sisti, segretario generale della Camera di commercio dell’Umbria.
DOP/IGP FRUTTATO LEGGERO
1° Batta Dop Umbria Colli del Trasimeno del Frantoio Batta, Perugia
DOP/IGP FRUTTATO MEDIO
1° Colleruita Dop Umbria Colli Assisi - Spoleto dell’azienda Viola di Foligno (Pg)
2° Brioleum Garda Dop Trentino dell’azienda agricola Brioleum di Arco (Tn), 3° Agrestis Nettaribleo Dop Monti Iblei - Sottozona Monte Lauro della Società cooperativa agricola Agrestis di Buccheri (Sr)
DOP/IGP FRUTTATO INTENSO
1° Hirpinia Dop Irpinia - Colline dell’Ufita dell’azienda San Comaio di Zungoli (Av)
2° Oragnic Bio Igp Toscano del Frantoio Franci di Montenero (Gr)
EXTRAVERGINE FRUTTATO LEGGERO
1° Molensis dell’azienda Marina Colonna di San Martino in Pensilis (Cb)
EXTRAVERGINE FRUTTATO MEDIO
1° Gangalupo dell’azienda agricola Bisceglie Maria di Santo Spirito (Ba)
2° Alphabetum dell’azienda Masoni Becciu di Deidda Valentina di Villacidro (Su)
EXTRAVERGINE FRUTTATO INTENSO
1° Concordu dell’azienda Nicola Solinas di Villacidro (Su)
2° Torchia dell’oleificio Torchia di Tiriolo (Cz)
3° Schinosa dell’azienda agricole Di Martino di Trani (Bt)
I 7 award speciali
AMPHORA OLEARIA per la miglior confezione, all’etichetta Casa Lontana del Frantoio Gaudenzi di Trevi (Pg).
MENZIONE OLIO MONOCULTIVAR
all’olio Dop Sardegna fruttato verdemonocultivar Bosana dell’Accademia
Olearia Fois Antonello di Alghero (Ss).
MENZIONE DI MERITO GIOVANE
IMPRENDITORE all’Azienda agraria
Andrea Caterina di Ururi (Cb) con l’olio evo Centoundici, Molise.
MENZIONE DI MERITO IMPRESA
DIGITAL COMMUNICATION ex equo all’Azienda agraria Riva del Garda di Riva del Garda (Tn) e all’Azienda Salvatore Rota di S. Mauro Marchesato (Kr).
MENZIONE DI MERITO IMPRESA
DONNA all’Azienda agricola Buoni o Del Buono Maria Pia di Cetona (Si) con l’olio Dop Terre di Siena - Podere Ricavo, Toscana.
MENZIONE DI MERITO “GIORGIO
PHELLAS - TURISMO DELL’OLIO”
alla Società agricola Mandranova di Palma di Montechiaro (Ag).
cod 104408
L’olio extravergine Sardegna Dop Biologico nasce dalla molitura delle olive cultivar Bosana, con uno specifico processo a freddo che preserva le qualità organolettiche delle olive e ne esalta il sapore.
Il risultato è un Extravergine fruttato verde dal sapore intenso e con forti richiami di cardo e carciofo. Al gusto si riconosce per i toni equilibratamente intensi di amaro e piccante. Un prodotto intenso che si sposa perfettamente con i piatti più decisi della nostra cucina, ideale sulle zuppe o a crudo su una bruschetta.
Agrestis, nasce nel 2003 a Buccheri, con l’intento di preservare e valorizzare le campagne e la tradizione dell’olio d’oliva. L’ “Agrestis Nettaribleo” Bio & Dop racchiude tutte le migliori caratteristiche dell’oliva autoctona “Tonda Iblea”, con note di pomodoro verde, mela bianca, erba appena falciata ed erbe selvatiche, con un sapore amaro deciso e piccante, ma allo stesso tempo equilibrato con sentori di fave fresche, carciofi e pomodoro. Ottimo per insalate, antipasti di pesce, zuppe di legumi e carni bianche e rosse. 10% di sconto su www.agrestis.eu con il codice ITALIAATAVOLA2024
Il mondo dei vini naturali ha catalizzato l'attenzione dell'alta ristorazione, generando un dibattito acceso intorno a questa particolare tipologia vinicola. Ma cosa caratterizza realmente questi vini e quali sono le loro implicazioni? Ecco tre elementi chiave che delineano il profilo di questo prodotto tanto discusso: la viticoltura biodinamica, che esclude l'uso di sostanze chimiche; le fermentazioni spontanee; le lunghe macerazioni sulle bucce
In Italia, i vini naturali hanno fatto la loro comparsa agli inizi degli anni 2000, ma solo di recente hanno conquistato il ruolo di autentico trend, trasformando alcuni wine bar in veri e propri santuari per gli appassionati. Questa tendenza si riflette anche nelle liste dei vini di numerose attività, indipendentemente dalla loro categoria. Non mancano locali con scaffali che sfoggiano oltre 600 etichette, anche se molte di queste pre-
sentano somiglianze che le rendono quasi dei cloni. È importante notare che i vini "naturali" spesso eliminano le caratteristiche olfattive e gustative tipiche delle varie tipologie vinicole, rimescolando le carte in tavola di un'industria consolidata.
Ristoranti di lusso e vini naturali: un connubio possibile?
Ma cosa succede nei ristoranti di alta classe? Anche se in misura minore, anche loro sono coinvolti in questa ondata di interesse per i vini naturali Tuttavia, la clientela continua a mantenere fede alle grandi cantine storiche. Alcuni ristoranti degli hotel, invece, abbracciano l'inclusività per soddisfare una domanda crescente, proponendo sempre più nomi di produttori noti di “naturali” sulle loro carte.
Ma questo fenomeno è solo una moda passeggera? Francamente non si può dire. I vini naturali rappre-
sentano un richiamo all'artigianalità e alla sostenibilità, almeno idealmente
Tuttavia, non bisogna trascurare l'importanza della pulizia sensoriale, spesso carente in queste bottiglie. Molti consumatori si allontanano da vini che presentano odori sgradevoli o che mostrano segni di ossidazione e macerazioni prolungate. Questi aspetti, però, stanno guadagnando sempre più attenzione sia da parte dei produttori che dei consumatori.
Il mondo dei vini naturali ha suscitato grande interesse nell'alta ristorazione, grazie alla loro produzione che esclude l'uso di sostanze chimiche, le fermentazioni spontanee e le lunghe macerazioni sulle bucce. Questi vini sono diventati una tendenza emergente, trasformando alcuni wine bar in luoghi di culto per gli appassionati e anche se stanno guadagnando terreno la clientela continua a preferire le grandi cantine storiche
Ma c'è chi mette in discussione l'intero concetto di vino naturale. Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi e rinomato enologo italiano, lo considera un inganno. In una recente intervista, Cotarella ha ribadito che il vino naturale non esiste, sottolineando che l'intervento dell'uomo è inevitabile nel processo di produzione vinicola. Il vino in natura, è il suo ragionamento, si trasforma in aceto.
Le sue parole trovano eco anche in Patrick Cappiello, ex migliore sommelier degli Stati Uniti, che ha definito molti vini naturali “imbevibili”, al punto che ha smesso di proporli e di produrli. Questi commenti, in contrasto con la tendenza predominante, sollevano interrogativi su un settore in cui l'ideologia può talvolta oscurare la qualità del prodotto finale. Infine, Stefano Belli, giovane sommelier, propone una soluzione per ridurre le polemiche: la pubblicazione completa degli ingredienti presenti sulle etichette dei vini. Questo atto di trasparenza potrebbe aiutare i consumatori a prendere decisioni più consapevoli e a dissipare dubbi su una categoria di vini che continua a dividere opinioni.
Una cosa però è certa: salvo che si tratti di prodotti adulterati (il che esclude ogni ragionamento) il vino oggi non è fatto con la chimica. Semmai c’è un’estremizzazione di chi, in nome di vecchie pratiche, vuole riproporre stili che possono piacere o meno, ma che certo sono un’altra cosa rispetto alla “perfezione” che l’enologia ha perseguito negli ultimi anni per distinguere e valorizzare ogni vino e ogni territorio. Il metodo ancestrale è il metodo dei contadini e non è che quel vino fosse sempre buono e sano.
Ma mettiamo ora a confronto alcuni dei parei più diffusi, soprattutto tra i consumatori, su questa tipologia di vino...
• Maggiore salubrità: I sostenitori dei vini naturali affermano che questi vini siano più sani rispetto ai vini convenzionali, in quanto prodotti con uve coltivate in vigneti biologici e senza l'aggiunta di additivi chimici che potrebbero essere dannosi per la salute.
• Minore impatto ambientale: La produzione di vini naturali è generalmente considerata più sostenibile dal punto di vista ambientale, in quanto utilizza pratiche agricole che riducono l'uso di pesticidi e fertilizzanti chimici.
• Sapore più autentico: I vini naturali sono spesso descritti come aventi un sapore più puro e autentico rispetto ai vini convenzionali, che possono essere influenzati dall'aggiunta di additivi.
• Maggiore varietà: La produzione di vino naturale favorisce la biodiversità e la sperimentazione in vigna e in
cantina, portando alla creazione di vini unici e originali.
PARERI CONTRARI:
• Maggiore instabilità: I vini naturali, non essendo stabilizzati con additivi, possono essere più soggetti a variazioni di sapore e aroma nel tempo e possono presentare sedimenti o velature.
• Difficoltà di produzione: La produzione di vino naturale è più complessa e richiede maggiore attenzione da parte del vignaiolo, il che può portare a una minore resa e a prezzi più alti.
• Mancanza di regolamentazione: Non esiste una definizione univoca e universalmente accettata di vino naturale, e questo può portare a differenze significative nella qualità e nelle caratteristiche dei vini prodotti con questa etichetta.
• Gusto non sempre gradito: Il sapore dei vini naturali, spesso più rustico e complesso rispetto ai vini convenzionali, potrebbe non essere apprezzato da tutti i consumatori.
In conclusione, i vini naturali rappresentano un'alternativa per i consumatori che cercano un vino prodotto in modo sostenibile. Tuttavia, è importante essere consapevoli dei loro potenziali difetti e del fatto che il loro gusto potrebbe non essere gradito a tutti.
Oltre ai punti sopraccitati, è importante sottolineare che la ricerca scientifica sull'impatto sulla salute dei vini naturali è ancora in corso e non è ancora possibile trarre conclusioni definitive. La scelta di bere o meno vini naturali è una decisione personale che dovrebbe essere basata sulle proprie preferenze gustative, sulle proprie convinzioni e sulle proprie priorità in materia di salute e ambiente. cod 105148
La Cantina Kaltern, storica cooperativa con 590 famiglie di viticoltori, coltiva circa 440 ettari di vigneti, sfruttando le diverse condizioni di altitudine e terreno del territorio di Caldaro, nel sud dell'Alto Adige
Il pittoresco villaggio di Caldaro, situato nel sud dell'Alto Adige, è famoso non solo per il suo paesaggio idilliaco attorno all’omonimo lago, ma anche per i suoi vini di alta qualità.
Caldaro è la culla di 14 varietà di vitigni che crescono qui in condizioni ottimali grazie a differenze di altitudine e ai diversi tipi di terreno. I vigneti, infatti, si estendono dalle rive dell’omonimo lago a circa 240 metri, fino alle pendici delle imponenti montagne della Mendola, a circa 750 metri. Cantina Kaltern, storica realtà cooperativa che conta 590 famiglie
di viticoltori e coltiva quasi 440 ettari di vigneti, è orgogliosa portavoce di questa diversità che presenta in una gamma di vini organizzata in tre linee: Classica, Selezione e, al vertice, Quintessenz
La linea Quintessenz è composta da cinque vini di punta prodotti in purezza dalle varietà Pinot Bianco, Sauvignon, Kalterersee (Schiava), Cabernet Sauvignon e Moscato Giallo Passito. Trait d’union dei bianchi Quintessenz sono l’estrema eleganza e la croccantezza del frutto. Versatilità, scorrevolezza di beva e armonia le parole d’ordine che caratterizzano i rossi. Infine, l’avvolgente e vellutata freschezza del passito.
Il kellermeister, Thomas Scarizuola, per questi vini seleziona solo le uve migliori provenienti dai vigneti più vocati e selezionati, dove la quantità dell’uva vendemmiata viene deli-
beratamente ridotta per garantire la massima resa e il pieno potenziale di ogni singolo acino. I vini, apprezzati dalla critica, si distinguono per eleganza, finezza e struttura, lasciando sempre al centro dell’attenzione il piacere della beva.
La linea Quintessenz, come tutti i vini di Cantina Kaltern, nascono dalla dedizione e dalla passione dei viticoltori della cantina
Ogni viticoltore si prende cura, in media, di un appezzamento di 0,7 ettari e tutti insieme costituiscono una grande famiglia cooperativa che con impegno e professionalità realizza il successo di Cantina Kaltern. cod 105023
Cantina Kaltern 0471 963149 www.cantinakaltern.it
Eros Teboni
Miglior sommelier del mondo Wsa 2018
rima con la Corona d’Aragona e poi con il Regno di Spagna, tra il XV e il XVIII secolo d.C., la Sardegna dovrà sottomettersi alla dominazione spagnola. Tre secoli nei quali, secondo alcuni storici, il Vermentino, oggi il vino bianco maggiormente identitario della regione, arriverà in Sardegna dalla penisola Iberica. Tuttavia, già in epoca nuragica (1400-1200 a.C.), si poteva trovare in Gallura una fiorente produzione vinicola, ne abbiamo testimonianza dal ritrovamento di tracce organiche di vino, vinaccioli, acini carbonizzati e recipienti per la mescita. Un vitigno particolarmente vocato, che in tanti secoli ha trovato la sua casa in Sardegna, grazie alla permeabilità e porosità dei suoli, all’elevato contenuto di potassio, talvolta alla maturazione tardiva delle uve, fornendo vini acidi e minerali, dai profumi intensi, a cui nel 1976 è stata attribuita la Doc e vent’anni dopo la Docg. cod 105132
SARAJA 1
ARGIOLAS
SURRAU 3 2
1
VERMENTINO DI GALLURA SUPERIORE KRAMORI - SARAJA
Varietà: 100% Vermentino
Forma di allevamento: Guyot
Prezzo medio: € 14 / 20
Il Vermentino Kramori, espressivo del terroir gallurese, grazie a vigneti di circa 18 anni, a 500 metri di altitudine, su suoli di tipo argilloso-sabbiosi, con pietre quarzifere.
La raccolta avviene in modo manuale, in cassette, l’ultima settimana di settembre, a cui seguirà la diraspatura e la pressatura soffice. La fermentazione si protrae 15 giorni per l’80% in tini di acciaio senza malolattica, il restante 20% in tonneaux leggermente tostate, 8 mesi di elevage sui propri lieviti e 2 mesi di affinamento in bottiglia. Un Vermentino duttile e dalla forte personalità che è un piacere mettere in tavola. Al naso grande armonia, fiori di campo, mela gialla, pera, origano, ginestra, agrumi, frutta a polpa gialla. Al palato è ricco, strutturato, molto fresco, salino, teso, ben bilanciato, colpisce per l’aromaticità, l’intensità, un interessante complessità e una lunghezza sorprendente. In abbinamento: Sgombro, rapa rossa, caprino e mela, ricetta creata dal ristorante Santamonica di Genova, presente sulla guida TavoleDoc Liguria.
Is Argiolas è un Vermentino di rango, ottenuto con uve selezionate, che prosperano grazie al clima mite, alla brezza costante e ai fertili suoli calcareoargillosi della località di Selegas, nel sud della Sardegna. Il mosto fiore permane per alcuni mesi in acciaio, mentre una parte affina in piccoli fusti di rovere, la fermentazione alcolica viene indotta con lieviti indigeni. Un super classico per aperitivi e piatti di pesce alla griglia, che al naso si caratterizza per un'ampia e intensa trama olfattiva, dove spiccano fiori bianchi, frutta gialla, mela, albicocca, clementine, papaia, mango. Al palato è morbido, fresco, intenso, molto sapido, con una parte citrica importante, note tipiche di mandorla amara e un finale lungo ed elegante, che lascia intuire di poter essere stappato anche dopo qualche anno. In abbinamento: Anguilla caramellata in carpione, ricetta di Ivan Maniago del ristorante Impronta d'Acqua di Cavi di Lavagna (Ge), presente sulla guida TavoleDoc Liguria. VERMENTINO
Varietà: 100% Vermentino
Forma di allevamento: Guyot
Prezzo medio: € 20 / 29
Il Vermentino Superiore Sciala si ottiene grazie a lavorazioni in vigna manuali, a cui seguono diraspatura, pigiatura, breve contatto delle bucce con il mosto e fermentazione alcolica in vasche di acciaio. È tra i vini di punta dell’azienda e grazie a un approccio moderno ha saputo imporsi come una delle più interessanti interpretazioni del Vermentino. Una bottiglia decisamente interessante e piacevole, che al naso rivela una trama sensoriale floreale e fruttata, tra cui spiccano sentori di macchia mediterranea, mandorla dolce, papaia, mango e accenni iodati e minerali. Al palato denota struttura, un’intensa carica aromatica, una bella mineralità, ed è morbido, ricco, sapido, agrumato, molto croccante, con leggere note di fieno e miele, insieme a un'entusiasmante lunghezza e persistenza. In abbinamento: Ventresca di tonno su crema di pane al fondo bruno e cavolo viola, ricetta di Davide Suanno del ristorante Cucina Valoria di Genova, presente sulla guida TavoleDoc
Varietà: 100% Vermentino
Forma di allevamento: controspalliera
Prezzo medio: € 13 / 19
attiva dei rappresentanti regionali e confida nella concretizzazione di rapporti sempre più intensi e collaborativi.
L’Enoteca Regionale sarà luogo di esposizione, degustazione e vendita di vini e prodotti alimentari con presenza di bistrot. La strutturazione delle attività permetterà al sito di non assumere forma statica in quanto la presenza dell’Enoteca Regionale potrà raggiungere luoghi diversi portando il nome e i prodotti di Lombardia all’interno di eventi, manifestazioni e fiere nazionali e internazionali con il sogno di poter rappresentare le proprie aziende e la propria storia nell’ambito delle Olimpiadi Invernali 2026 offrendo emozioni ai visitatori di tutto il mondo.
cerimonia ha fatto seguito alla conferenza stampa tenutasi nei giorni
pazione del sottosegretario Invernizzi anche agli assessori regionali Alessandro Beduschi e Simona Tironi nonché dei consiglieri Andrea Sala e Alessandro Cantoni oltre a numerosissimi sindaci, funzionari e rappresentanti locali. Il presidente dell’Enoteca Regionale Giorgio Allegrini dichiara tutta la sua soddisfazione per la partecipazione
Enoteca Regionale della ombardia ha riaperto le porte al pub. Il taglio del nastro si è tenuto alla presenza di numerosi sindaci del territorio, dell’assessore provinciale Andrea Frustagli e di rappresentanti di enti e associazioni locali con madrina di eccezione l’assessore regionale al turismo Barbara Mazzali e padrino il, accompagnati -
Le finalità dell’Enoteca Regionale saranno multiple e diversificate, e grazie alle collaborazioni perfezionate ed a perfezionarsi con il Comune di Broni e i Comuni di Visit Oltrepò, con la Federazione delle Strade del Vino e dei Sapori di Lombardia, con il Gal srl, con le Fondazioni Its Cremona e Le Vele, con l’Istituto Santachiara e l’Ente di formazione Ascom, con l’Associazione Italiana Cuochi, con la Segreteria nazionale Ucsi, con Avenir Factory Srl di Edoardo Stoppa e con Sara Bellinzona, recente finalista di Masterchef, i locali di Broni potranno diventare la sede di corsi di formazione che, dal livello amatoriale, a quello studentesco, sino a quello professionale e di altissima specializzazione siano in grado di formare giovani e non solo. cod 104891
Colli Tortonesi, fertile lembo di Piemonte incastonato tra il Monferrato e l’Oltrepò, hanno nel vitigno Timorasso, il proprio indiscusso ambasciatore enologico. Il “bianco cavaliere” alessandrino che qui prende il nome di Derthona, antica denominazione romana di Tortona, è attestato in zona fin dall’epoca medievale e per peculiarità olfattive, gustative e longevità rientra di diritto nella ristretta cerchia dei grandi bianchi piemontesi.
Dopo aver rischiato l’estinzione, a vantaggio di vitigni più produttivi e meno bizzosi, grazie all’opera pioneristica di una piccola schiera
di visionari produttori capeggiati da Walter Massa, autentico guru della denominazione, in poco più di tre decenni si è passati dall’ettaro scarso ai quasi 400 attuali.
Segnale di un rinascimento meritato di questo nobile vitigno che ha nell’attivo Consorzio di Tutela, nato nel 1999 e oggi guidato con piglio imprenditoriale da Gian Paolo Repetto, uno strumento di rilancio e valorizzazione territoriale, come ha dimostrato la quarta edizione di Derthona 2.0, ospitata il 6-7 aprile al Museo Grassi. Negli oltre 50 banchi di assaggio si è potuto constatare come i vini provenienti dalle sei valli tortonesi denotano differenze notevoli pur mantenendo quella spiccata acidità e decisa mineralità che identifica il vitigno.
Non è mancata una presenza simbolica, quella della cantina
ucraina Beykush di Eugen Shneideris, che nel suo vigneto sperimentale sulle sponde del Mar Nero ha piantato, grazie all’idea di un ucraino trapiantato in Piemonte, Bisso Atanassov e all’apporto dell’enologa Olga Romashko, alcuni filari di Timorasso.
In attesa dell’approfondimento sulle cantine degustate (con note culinarie come l’apprezzatissima sosta da Anna Ghisolfi) ci piace dedicare questa rubrica al Lerici 2021, molto diverso dal Derthona, che in terra ucraina si presenta con profumi di mela e agrumi e un lieve finale ammandorlato, perfetto da abbinare a grigliate di pesce. Quasi a voler azzardare che in questi tempi bui i grappoli di Timorasso possano farsi carico, come le fronde benedette dell’ulivo pasquale, di un messaggio di rinascita e di pace. cod 104935
Il Blanc 2022 di Tenuta Mazzolino, cantina dell'Oltrepò Pavese, si presenta con un'etichetta d’artista firmata Pablo Atchugarry, l’artista sudamericano che da 20 anni vive tra Lecco e l’Uruguay e ha disegnato l’etichetta dopo averlo assaggiato. 100% Chardonnay dal profilo elegante e morbido, recentemente insignito del premio Slow Wine per la sua luminosità eccezionale, trama cristallina, uso magistrale del legno. L’etichetta sfoggia colori caldi e linee morbide, riflesso cromatico delle qualità intrinseche del vino
Descritto dall’enologo Stefano Malchiodi come il risultato di un’annata solare che ha prodotto un vino ricco e rinfrescato da note agrumate,
Una storia tipica del profondo sud, fatta di terra, di duro lavoro, di famiglie numerose, di emigrazione ma con un mantenuto legame con le radici, con la terra. Saltiamo l’interes sante storia della che trovate nel sito ( merci.it
cata alla coltivazione di un esclusivo vitigno il anni è stata l’unico produttore.
Oggi l’azienda è condotta dalla giovane Rosa
miliari, nella campagna calabra di Nicotera, 27 ha di cui 12 vitati con l’esclusivo Magliocco Canino e 3 ha di Greco Bianco.
nino, tipico se non esclusivo della Calabria, non deve essere confuso con gli altri Magliocco co si caratterizza dagli acini ovali e per il grappolo spargolo, ricco di po lifenoli, tannini e con gradevole aci dità. Nonna e zio Comerci furono i pionieri ad impiantarlo nei primi del 900 e a crederci. Oggi i produttori di Canino sono 4 e sta per nascere la relativa Doc per valorizzare e far conoscere un vitigno dalle qualità uniche che danno vini che veramente sanno distinguersi.
Dal 2009 il vino Comerci è biologico, anzi di più, con fermentazioni naturali, solo acciaio e vetro ma
no; al palato ritornano i profumi, poi tannini molto piacevoli con corretta spalla acida; è fresco, armonico, pulito, molto lungo, di grande bevibilità e con una personalità che lo distingue e differenzia; rosso universale, suggeriamo di gustarlo con attenzione per scoprirne le sfumature cod 105145
utentica icona del vino siciliano, azienda tra le più riconoscibili in ambito internazionale, presente in ol tre sessanta mercati. Le cifre di Don nafugata fanno girare la testa anche agli astemi. Josè e Antonio Rallo, sot to la guida di mamma Gabriella, con tinuano la storia di successo iniziata oltre 40 anni fa da Giacomo. Cinque le cantine, inclusa la sede storica di Marsala. Quattro i terroir di riferimen to, le eccellenze del vigneto Sicilia: Contessa Entellina, Pantelleria, Vitto ria e l’Etna
Hanno preso gusto con le bolli cine da queste parti e il nostro breve viaggio inizia con il Sicilia Doc Vino Spumante Rosé 2018 Brut. Questo inconsueto Pinot Nero nasce dalla Tenuta di Contessa Entellina e territori limitrofi. Dopo una pressatura soffice fermenta in acciaio a circa 15-16°. Segue la rifermentazione in bottiglia. Dopo il tiraggio il Rosé affina almeno trentasei mesi sui lieviti. La versione Magnum, dal colore rosa antico, si caratterizza per un bouquet elegante e distinto. Note terziarie di crosta di pane, sentori fruttati di ribes e pompelmo rosa, cui si aggiungono note speziate di pepe bianco. In bocca presenta una piacevole freschezza e buona struttura, con un seducente ritorno delle sensazioni fruttate ed una vena sapida dalla lunga persistenza.
Formato Magnum anche per il Sul Vulcano Etna Rosso Doc 2020. Da uve Nerello Mascalese in purezza viene prodotto sul versante nord dell’Etna. Affinamento per 12 mesi, in parte in vasca e parzialmente in rovere francese e poi almeno 10 mesi di bottiglia. Dal colore rosso rubino chiaro, presenta un bouquet che si distingue per le note di spezie orientali (cardamomo e anice stellato), frutta rossa (fragola e amarena) accompagnato da piacevoli e freschi sentori balsamici. Al palato è succoso, con tannini setosi ed un finale elegante.
mesi. Dal colore rubino intenso con riflessi violacei, offre intensi aromi fruttati e floreali. Il bouquet si apre a delicate nuances balsamiche di alloro e note speziate di noce moscata. Freschezza e morbidezza lo rendono succoso e di piacevolissima beva. Espressione dell’armonico equilibrio che può raggiungere il Cerasuolo di Vittoria.
Ci spostiamo a Vittoria con il Sicilia Floramundi Cerasuolo di Vittoria Docg 2021. Da uve Nero d’Avola e Frappato, affina per circa 8 mesi in vasca e poi in bottiglia per almeno 7
Ci manca un solo vino per chiudere il quartetto, e ovviamente viene da Pantelleria. Sua maestà il Passito di Pantelleria Ben Ryé 2020. Le uve di Zibibbo provengono da undici diverse contrade dell’Isola. Regala Intensità e un portentoso ventaglio di profumi tra cioccolato bianco, erbe mediterranee e frutti disidratati. Bocca spettacolare, con un’elegantissima sapidità e grande armonia. Iconico. cod 105053
di Alberto Lupini
Ivini bergamaschi del consorzio tutela Valcalepio si proiettano verso il futuro con un'iniziativa ambiziosa.
Grazie alla collaborazione dei vivai cooperativi di Rauscedo, è stato avviato un progetto decennale per l'impianto di cinque varietà rosse resistenti alle malattie Merlot Kantus, Merlot Korus, Cabernet Volos, Cabernet Eidos e Pinot Krios saranno le punte di diamante di questa nuova fase sperimentale, già presentata in anteprima in autunno al 19° concorso internazionale “Emozioni dal Mondo: Merlot e Cabernet Insieme”.
L'iniziativa prevede l'impianto annuale di circa due ettari di vigneto, variando condizioni di pendenza, localizzazione e tipologia di allevamento. L'obiettivo è affrontare le sfide clima-
tiche che mettono alla prova i viticoltori, abbracciando l'innovazione con varietà resistenti. Questo passo rappresenta un cambiamento significativo, poiché solitamente si associa la resistenza alle malattie ai vitigni bianchi. Parallelamente, si stanno apportando lievi modifiche al disciplinare per migliorare ulteriormente la qualità dei vini. Il presidente del consorzio Valcalepio, Marco Locatelli, sottolinea l'importanza di preservare la tradizione, mentre si abbraccia l'innovazione. Il cambiamento consentirà l'inserimento di cinque vitigni autoctoni e porterà ad un'ulteriore valorizzazione del prodotto. «In pratica - precisa Locatelli - abbiamo lasciato sempre il classico taglio bordolese con le percentuali oggi ammesse, quindi Merlot e Cabernet Sauvignon, ma con la possibilità di inserire in piccole percentuali cinque vitigni autoctoni, la Merera, la Franco-
di Piera Genta
Prodotto nelle Langhe da Apeca Wines, una cuvée di Chardonnay e Pinot Nero affinata sui lieviti per 24 mesi e rifermenta in bottiglia con mosto appassito. Versato nei calici si pre senta con una spuma persistente che stuzzica vista e palato. Il bouquet è fine con profumi di fiori bianchi, delicati aromi fruttati, sentori di
Marco Locatelli
nia, l’Incrocio Terzi, il Rebo e il Petit verdot. Per la Riserva restano comunque solo i due vini base tradizionali. Per il Valcalepio bianco non cambia invece nulla e rimane sempre il taglio Chardonnay, Pinot bianco e Pinot grigio. Si è voluto dare una nuova veste al più classico, senza comunque volere andare in controtendenza sulla tradizione che è quella sempre vincente». Il messaggio del consorzio Valcalepio è chiaro: concentrarsi sulla qualità e sulla sostenibilità cod 104799
crosta di pane e leggere note tostate. Il sorso è di vivace freschezza minerale, con frutto maturo, armonioso e finale persistente. Vino da aperitivo che si abbina a tutto pasto con antipasti freddi e caldi, piatti di pesce e carni bianche.
Apeca Wines è una piccola azienda, nata nel 2018 dall’incontro di tre amici, che produce solo spumanti. Il nome deriva dai cognomi dei tre soci: Soren Hansen, manager danese appassionato di vino italiano; Marco Perissinotto, chef specializzato nella cucina di mare e Stefano Campaniello, sommelier e produttore di vino nelle Langhe. cod 105049
Cuor di Pane è la birra helles senza glutine di Birrificio Otus prodotta con pane invenduto recuperato dai produttori originali, sostenendo così l’iniziativa contro lo spreco alimentare. Recuperati quasi 3.000 kg di pane invenduto
Odi Andrea Lupinitus Cuor di Pane è la birra contro lo spreco alimentare. Una helles senza glutine prodotta con pane invenduto recuperato dai produttori
originali. L’impegno nella riduzione dello spreco alimentare è una delle tante iniziative che Birrificio Otus, dalla sua fondazione nel 2014, promuove con l’obiettivo di ridurre l’impatto sul territorio e sul pianeta.
Giunta alla 35ª cotta, quest’anno Cuor di Pane festeggia un importante traguardo: dal lancio nel novembre 2019 ad oggi, la produzione di questa helles senza glutine ha permesso di recuperare quasi 3.000 kg di pane invenduto che sarebbe altrimenti stato sprecato. Il pane usato nella produzione della Cuor di Pane corrisponde a circa il 15% del malto d’orzo. Cuor di Pane è un compendio di valori. È senza glutine grazie al processo produttivo innovativo di Otus.
Di rilievo sono anche i suoi riconoscimenti. Otus Cuor di Pane, dopo aver preso una menzione nella categoria F (Birre ad alta e bassa fermenta-
zione, speciali e speziate) al concorso World Gluten Free Beer Award 2022, ha ricevuto quest’anno il Premio Innovazione Sostenibilità di Beer&Food Attraction 2024 assegnato una volta all’anno all’azienda brassicola che utilizza prodotti e/o servizi in grado di ridurre l’impatto ambientale durante la produzione, l’uso o lo smaltimento.
Cuor di Pane è una birra equilibrata e non amara. Già al primo sorso è distinguibile il sentore rustico e fragrante dei cereali che lascia presto emergere un accento di crosta di pane. Il gusto si stabilizza su note erbacee tenui che infine rivelano un intenso e avvolgente sapore di miele. In bocca sorprendono la sua morbidezza e rotondità, difficili da ottenere in queste tipologie di birra dotate di tenore alcolico moderato.
Cuor di Pane ha una schiuma fine, compatta, aderente e persistente che sprigiona profumo di grano. L’aspetto può essere velato per la presenza dei lieviti. Il colore è giallo oro carico. Versatile negli abbinamenti, è piacevole come aperitivo, perfetta in abbinamento ai fritti e per accompagnare pizza, pasta o verdure. cod 104932
Birrificio Otus 035 296473 www.birrificiootus.com
Essse Caffè di Anzola dell’Emilia (Bo) è la torrefazione che ha dato vita a - e porta avanti con orgoglio - Miscela Masini (certificata premium IEI-Istituto espresso italiano), esclusivo blend Horeca dall’anima aromatica e cioccolatosa, delicata e corposa al tempo stesso. Fondata nel 1979 da Francesco Segafredo insieme alle sorelle Chiara e Cristina, nasce dopo la cessione, nel 1977, dell’impresa di famiglia che portava il suo cognome.
Oggi, alla guida dell’azienda, accanto ai fondatori Francesco, Chiara e Cristina Segafredo, operano i membri della quarta generazione: Agata Segafredo, Pietro Buscaroli, Riccardo e Ruggero Auteri. Questa continuità generazionale testimonia l’orgoglio e l’impegno della famiglia
nel mantenere vivo il patrimonio di conoscenze e valori che hanno reso Essse Caffè un marchio di eccellenza.
Italia a Tavola ha incontrato Agata Segafredo, communications manager Essse Caffè.
«Qualità di prodotto e servizio, ma anche coerenza e serietà. Da sempre la nostra azienda si propone non solo di fare un buon prodotto, ma garantire che resti tale sempre. Vogliamo essere un punto di riferimento affidabile per il lavoro quotidiano dei nostri clienti, bar e caffetterie soprattutto, ma anche pasticcerie e locali di ristorazione. Accanto all’universo Horeca, c’è poi tutto
Agata Segafredo, Francesco Segafredo, Ruggero Auteri, Riccardo Auteri, Pietro Buscaroli
il mondo Vending e Ocs (Office coffee service, ndr), ma anche consumer, in cui i nostri valori fondanti restano immutati».
Non a caso Essse Caffè è famosa per la costanza delle sue miscele. Quali strategie adottate per garantirla?
«Acquistiamo il caffè attraverso trader qualificati, proprio per ottenere un prodotto all’altezza dei nostri consueti standard qualitativi. Certamente si tratta di un’operazione più costosa rispetto all’acquisto diretto presso il Paese d’origine, ma lo vediamo come un vero e proprio investimento e ci ripaga in termini di risultato. Internamente, poi, Essse Caffè ha un apposito reparto specializzato il cui complesso compito è proprio quello di mantenere le nostre miscele invariate, al netto del mutare della materia prima».
Come si traducono i vostri valori nel rapporto con i clienti?
«Partiamo dal presupposto che Essse Caffè, come torrefazione, fornisce un semilavorato. Dopo la nostra prima lavorazione in torrefazione la bontà del caffè in tazzina ‘passa’ attraverso una seconda vera a propria piccola lavorazione industriale tramite le mani del barista e della sua macchina professionale. Per agevolare e migliorare, mantenendo il più possibile alta la qualità anche di questa seconda parte, che formalmente non è in capo a noi, l’operatore può contare sull’azienda non solo per quanto riguarda un ottimo prodotto, ma anche per ottenere il miglior risultato in tazza. Questo, grazie all’insostituibile assistenza della forza vendita e alle opportunità di formazione che offriamo. Al riguardo, Essse Caffè si rivela particolarmente attuale nel rispondere al bisogno rinnovato di formazione in ambito manageriale per il barista, offrendo quindi non solo as-
sistenza pratica ma anche strategica ed evolutiva per ogni locale». Essse Caffè è un’azienda di primo piano nell’universo Horeca: questa expertise come si traduce e quale plusvalore dà al vostro business a 360 gradi?
«Sicuramente l’asticella sempre alta in ogni aspetto della gamma Horeca resta una costante anche nella proposta Vending Ocs e consumer. Pensiamo che dare la migliore materia e i migliori strumenti sia fondamentale per agevolare ogni operatore, specializzato o privato che sia, a realizzare il miglior caffè possibile. Mi riferisco ad esempio al nostro Sistema Espresso, destinato al mercato at home: S20 e S20 Latte coniugano alte performance e senso estetico, con diverse funzioni avanzate. Entrambe offrono un eccellente e cremoso espresso con perfetta estrazione del caffè, grazie al beccuccio brevettato Essse».
Quali sono i prodotti di recente lancio sui quali puntate di più?
«Sul fronte Ocs sicuramente il Sistema Espresso Pro è un progetto cui teniamo molto: grazie a tag elettronici sulle confezioni di capsule, il sistema è in grado di contare e monitorare le erogazioni, garantendo che funzioni solo con prodotti originali Essse Caffè.
Questo assicura ai clienti la qualità del caffè e protegge la reputazione e gli interessi dei venditori che ci scelgono».
Senza svelare troppo, potreste condividere alcune anticipazioni sulle novità alle quali state lavorando?
«A breve apriremo altri canali, per esempio una linea per la ristorazione, offrendo opzioni specifiche per soddisfare necessità e preferenze di questo comparto. Amplieremo anche il mercato consumer, con particolare riferimento ai grani at home».
Quali trend di mercato avete identificato che richiedono un impegno specifico sulla qualità e come avete adattato le vostre strategie di business per rispondere a queste esigenze?
«In un contesto di prezzi record dei crudi e di difficoltà logistiche e ambientali, insieme all’instabilità in alcuni Paesi produttori, ci troviamo di fronte a sfide significative. I prezzi di Robusta hanno raggiunto record senza precedenti. Ci stiamo comunque preparando a rispondere con determinazione: non faremo compromessi sulla qualità». cod 104759
allestimento di un bar o di un coffee shop e, nel dettaglio, di un’area di lavoro, comporta tutta una serie di accorgimenti che hanno lo scopo di migliorare la routine del barista e sicuramente, di rimando, anche l’esperienza di consumo del cliente. La predisposizione dell’ambiente rappresenta infatti il biglietto da visita del locale. Ce ne parla Marco Bazzara, Sensory project manager e Academy director della Bazzara Academy.
«Un bar dovrebbe sempre essere provvisto di un’adeguata temperatura e ventilazione e avere un arredamento che sia in linea con il concept che il titolare vuole trasmettere ai suoi affezionati - spiega - La luminosità, la densità
degli spazi e il livello acustico al suo interno rappresenteranno elementi decisivi per creare un ambiente di rilassamento e non un semplice punto di ristoro per una frugale colazione».
«Uno degli elementi più importanti per la gestione degli ordini è sicuramente il bancone; esso deve essere il più ordinato e libero possibile, per permettere al barista di adibirlo a servizio del consumatore e di predisporre gli utensili da utilizzare per completare le preparazioni. La macchina da caffè espresso dovrà essere ben tenuta e operativa, con una curata predisposizione delle tazzi-
ne sopra la macchina, garantendo la presenza di panni per la pulizia di ogni componente. Vanno soprattutto distanziati latte e chicchi di caffè, che potrebbero deteriorarsi a causa della temperatura e che andranno quindi riposti in luogo appropriato per mantenerne le qualità e la freschezza» prosegue.
«Il barista, inoltre, necessiterà di spazio per approntare e servire ai tavoli, per cui la disposizione in sala deve inevitabilmente seguire una logica atta a gestire il flusso di gente e garantire al barista una certa libertà di movimento. Oltretutto, per i pagamenti al banco, sarà di vitale importanza separare la zona del servizio da quella della cassa
in modo tale da decongestionare il flusso in attesa al bancone e servire con la massima celerità tutta la clientela».
«Nei coffee shop strutturati a livello organizzativo per alti consumi, il servizio è predisposto affinché ci sia un operatore per la gestione degli ordini, uno per la preparazione dei cocktail o, nel caso del caffè, due operatori per estrarre bevande a base caffè e, per ottimizzare i tempi, un addetto alla montatura del latte; il tutto per evitare tempi morti e offrire un prodotto alle giuste temperature di servizio» conclude. cod 105034
Per informazioni: www.bazzara.it/formazione/
L’aumento vertiginoso del costo del caffè registrato negli ultimi tre anni sta mettendo a dura prova il portafoglio dei consumatori italiani che, per far fronte al caro prezzi, cercano di tutelare il proprio potere di acquisto. Come riferito dai dati dell’Osservatorio Shopping di DoveConviene, l’app che semplifica lo shopping facendo risparmiare tempo e denaro, si è registrato un aumento delle ricerche di caffè in promozione del +140% nel 2024, rispetto allo scorso anno.
Una tendenza che conferma come le offerte rappresentino uno strumento fondamentale per non rinunciare al piacere di questo rituale che ogni giorno, secondo DoveConviene, interessa il 95% degli italiani. Guardando ai formati, le cialde di caffè si posizionano tra quelli più
ambiti, con un incremento delle ricerche di sconti del +165%, seguite dalle capsule di caffè, le cui ricerche sono cresciute del +114%.
Ma non solo: dai risultati raccolti emerge che i consumatori sono sempre più aperti a sperimentare delle alternative al caffè tradizionale, andando alla ricerca di bevande calde che diano la carica per iniziare la giornata con il piede giusto. Basti infatti pensare che, nel 2024, la categoria dei prodotti sostitutivi del caffè ha registrato un aumento del +79% delle ricerche di sconti e promozioni.
In particolare, in prima posizione tra i prodotti sostitutivi più ricercati spicca l’orzo (+98%), seguito dal ginseng (+81%). Terzo posto, invece, per il tè, che nell’ultimo anno ha visto crescere le ricerche di sconti e promozioni del +75%. cod 104848
Anche quest’anno Acqua Valverde è stata presente al Fuorisalone 2024, uno degli eventi più attesi di Milano che si è svolto dal 16 al 21 aprile 2024 ed ha avuto come tema “Materia Natura”. Le collaborazioni di questa edizione hanno confermato il legame di Acqua Valverde con i più importanti ed esclusivi brand di design:
• BA GNO DIURNO : Studiolatte, Finemateria e Inabita hanno presentato Bagno Diurno, la riapertura dell’edificio storico dell’Ex Casa dell’Acqua di via Giacosa all’interno di Parco Trotter di Milano, un progetto volto a promuovere la riqualificazione di un’architettura pubblica inedita attraverso l’elemento dell’acqua.
• DILMO S: ha presentato Golden Years/Acta Est Fabula, una mostra personale di Studio Job. Job Sme-
ets, artista e designer, ha approfondito diverse tematiche esistenziali, per riflettere sulla fragilità del tempo e sulla nostra incessante marcia verso l’ignoto.
• RIM ADESIO: al centro della presentazione le novità 2024 che, negli spazi completamente rinnovati del flagship-store di Milano, si sono affiancate ai prodotti più iconici della collezione.
• Andrea Castrignano: Andrea si è presentato come Product Designer per l’evento presso il suo Atelier del Design e come Art Director invece per l’allestimento e il concept dell’evento presso lo Swiss Corner a Milano.
• L AGO : lancia Never Stop Dreaming, un invito a ricercare nel design soluzioni che conferiscano valore agli spazi abitativi. È stato inoltre
possibile scoprire l’intera Collezione Venezia, disegnata da Monica Armani.
• ELLE DECOR: Valverde è anche stata sponsor tecnico dell’evento “Material Home” di Elle Decor Italia ospitato nello storico Palazzo Bovara. L’allestimento è nato dalla collaborazione di tre progettisti: Elisa Ossino Studio, Rossi Bianchi Lighting Design e Studio Antonio Perazzi.
Acqua Valverde ribadisce il legame con i più importanti ed esclusivi eventi lifestyle, con l’obiettivo di offrire un prodotto unico ad una clientela sempre più attenta ed esigente. cod 105029
Mojito Zero è l’ultimo aperitivo analcolico di Fonte Margherita 1845. Dalle caratteristiche assai distintive è realizzato con succo di limone e aromi naturali. È privo di qualsiasi colorante. Si presenta con un profumo fresco, accattivante. Bevuto fresco è davvero dissetante.
Il Mojito Zero fa parte della famiglia degli aperitivi analcolici Fonte Margherita 1845 - Spritz Zero, Gin Tonica Zero, Bellini Zero, Mojito Zero e Limoncello Spritz - che sono gustosi aperitivi realizzati con l’acqua oligominerale delle Piccole Dolomiti e selezionati aromi naturali, senza coloranti artificiali e senza alcool. È un’acqua oligomi-
MANIVA: L’ACQUA ALCALINA
CHE CONQUISTA L’HORECA CON INNOVAZIONE E SOSTENIBILITÀ
nerale che proviene da un contesto montuoso, quello delle incontaminate Piccole Dolomiti, pieno di rigogliosa vegetazione. I delicati aromi naturali sono stati selezionati con grande attenzione dal laboratorio Ricerca & Sviluppo dell’azienda. Gli aperitivi Fonte Margherita 1845 sono disponibili nelle originali bottiglie di vetro da 27,5 cl. che rimandano ai tempi passati così come le etichette che sono state rivisitate in chiave contemporanea da importanti designer. Con questi aperitivi l’azienda veneta prosegue a promuovere una forma di socialità responsabile cioè la possibilità di divertirsi e di socializzare bevendo analcolici.
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Capacità, maturata negli anni, di innovare i processi produttivi e di qualificare la gamma di prodotti. È questo il “segreto” del successo che ha portato Maniva Acque Minerali ad una crescita costante e oggi a posizionarsi nell’Horeca con una proposta dedicata e particolare. Ecco allora che entrambi i canali - Horeca e retail - stanno performando al meglio per Maniva. «E registriamo anda-
ACQUA MOOD È “OFFICIAL WATER” DEI MIGLIORI TORNEI DI TENNIS ITALIANI SU TERRA ROSSA
Anche quest’anno Acqua Mood sarà official water di una serie di appuntamenti tennistici di grande rilievo sul territorio italiano che si terranno tra maggio e ottobre: il torneo Parma Ladies Open, gli Internazionali di Tennis Città di Perugia, gli Internazionali di Tennis Città di Todi e il torneo Olbia Challenger. Un’operazione importante di placement a conferma del legame tra il brand Acqua Mood e i più importanti ed esclusivi eventi sportivi italiani, a cui l’azienda Refresco non può mancare per offrire sempre un’acqua di altissimo livello. Acqua Mood è la style water per eccellenza, unica e contemporanea. cod 105101
menti nelle vendite superiori ai nostri competitor» chiosa con soddisfazione l’amministratore delegato Michele Foglio. Forte di questa progressione, Acqua Maniva rilancia con piano d’investimento di 12 milioni di euro in tre anni, grazie anche al finanziamento da 8 milioni, gestito da Intesa Sanpaolo e garantito da Sace, che dà un impulso cruciale ai progetti dell’azienda bresciana. cod 105008
Pavoni Italia si è evoluta diventando una delle principali aziende italiane nel settore dell’arte bianca, pasticceria, ristorazione e gelateria, oggi offre una gamma di circa 7mila articoli destinati ai professionisti
Pavoni Italia è una delle più importanti aziende italiane produttrici di attrezzature professionali nel settore dell’arte bianca, pasticceria, ristorazione e non solo. L’azienda è nata nel 1980 come produttrice di contenitori in plastica per il mondo della panificazione, diventando un’azienda di riferimento nel mondo.
Oggi offre una gamma di circa 7mila articoli destinati ai professionisti della pasticceria, del cioccolato, della ristorazione e della gelateria. Un marchio italiano con una storia riconosciuta di attenzione alle esigenze dei professionisti, che conosce da vicino
la differenza tra semplici strumenti di lavoro e oggetti votati all’eccellenza nei settori della ristorazione e della pasticceria.
Macchine per pasticceria e ristorazione al servizio dei professionisti
Tra i prodotti Pavoni Italia spicca la gamma di macchine dedicate alla pasticceria e alla ristorazione. Un’offerta pensata per i professionisti e concepita in collaborazione con loro. Ogni prodotto nasce ascoltando le necessità dei professionisti della pasticceria e della ristorazione, comprendendone le modalità di lavoro e i desideri.
Qui nasce l’idea, che viene poi messa in pratica.
La progettazione avviene in dettaglio negli uffici di ricerca e sviluppo e poi si avvia verso la produzione, curata componente per componente da mani esperte, alla ricerca della massima affidabilità. Con un’attenzione speciale al servizio post-vendita: la mano artigianale trova in questo campo il suo migliore terreno, revisionando in poche ore macchine pensate per durare nel tempo e poi rispedite prontamente ai clienti.
Cookmatic Pavoni: la macchina per basi, tartellette e pâte à choux
Best seller fra le macchine è Cookmatic, pensata per la produzione di basi, tartellette, pâte à choux e pastafrolla dolce e salata. Un sistema semplice che permette
di realizzare differenti forme e misure in poco tempo, grazie alle piastre intercambiabili. Tramite l’accoppiamento delle due piastre si possono ottenere tartellette perfette per dimensione e cottura.
L’interfaccia permette una programmazione intuitiva e rapida ed è semplice da utilizzare grazie a soli due parametri da settare: temperatura e tempo di cottura. Cookmatic è facile da pulire ed è adatta alla produzione in continuo per diverse ore.
Il mondo dei contenitori invece si arricchisce con una bella novità dedicata al settore Horeca: i contenitori colorati ad uso alimentare. Le ceste in plastica per alimenti sono realizzate con polimeri particolari che as-
sicurano la massima igiene, grazie alla resistenza a muffe e batteri. La plastica è inoltre facilmente lavabile; le ceste sono sovrapponibili e impilabili.
Le ceste Pavoni Italia sono pratiche e resistenti, sempre progettate per la conservazione ottimale degli alimenti favorendo la conservazione di tutti gli alimenti delicati e facilmente deperibili. Ogni colore ha la sua destinazione d’uso per una razionalizzazione degli stoccaggi e nessun rischio di contaminazione.
Per informazioni scrivi a Pavoni Italia a marketing@pavonitalia.com cod 104903
Pavoni Italia 035 4934111 www.pavonitalia.com
Nel mondo della ristorazione italiana, la ricerca di personale è in aumento, ma l'attrazione per la vita da chef diminuisce. Lo stress, le ambizioni e le sfide del settore si intrecciano con la dura realtà del lavoro in cucina e le conseguenze negative, come l'uso di droghe. Tuttavia, prospettive di miglioramento suggeriscono nuovi orari e condizioni di lavoro per vivere meglio questa professione
di Alberto LupiniSono sempre più le vetrine dei ristoranti di tutta Italia che espongono il cartello “Si cerca personale”. Una situazione che è andata crescendo dopo la pandemia e che sembra in contraddizione con due fattori: l’occupazione nei pubblici esercizi è tornata ad essere quella del pre-Covid, mentre sono in calo il numero delle imprese e, soprattutto, la capacità di spesa degli italiani. Il risultato è che mancano cuochi e camerieri, non solo nei centri turistici dove si registra un aumento della domanda per la presenza degli stranieri.
La realtà è quella che andiamo descrivendo ormai da tempo: mentre au-
menta la domanda nel fuori casa, c’è sempre meno gente interessata a lavorare in bar e ristoranti. Sarà per i profondi cambiamenti nelle aspettative delle persone dopo il Covid (si cerca più tempo libero e soddisfazioni extralavorative). Oppure perché a volte le remunerazioni dei dipendenti sono troppo basse a fronte di turni pesanti; o ancora per aver compreso come fossero false l’idealizzazione della cucina da parte di troppe trasmissioni televisive o le fantasiose recensioni marchettare di troppi ignoranti di cosa sta realmente dietro ad un servizio di ristorazione. Sta di fatto che soprattutto fra i giovani non è mai stata così bassa la scelta di lavorare in un pubblico esercizio. Tendenza confermata dal crollo delle iscrizioni alle scuole alberghiere, peraltro positivo se frutto di scelte più convinte.
La dura realtà del lavoro in cucina
La realtà è che, pur a fronte di molte soddisfazioni, lavorare in un mondo di prelibatezze, studio della materia prima, presentazioni del piatto e relativi servizi è impegnativo e la spettacolarizzazione fatta negli ultimi anni ha ceduto il passo alla consapevolezza che si tratta di un lavoro molto più duro di quanto si è fatto vedere in tv. E non sono pochi i cuochi che lo segnalano.
Ultimo caso quello di Philippe Léveillé che su Facebook ha commentato, con la delusione quasi di un padre, l’abbandono della sua brigata da parte di un giovane apprendista che probabilmente non aveva compreso quanto impegno e sacrificio richieda lavorare in cucina.
Quella dello chef è diventata in realtà una delle professioni più complesse e stressanti che esistano. Questo non è più un segreto e non lo era già prima del Covid. Orari a volte impossibili, così come lo sono i carichi di lavoro e le responsabilità, ben maggiori rispetto a quelle che riguardano qualsiasi altra attività commerciale. Per chi ha ambizioni, il lavoro
diventa una sorta di missione, o l’unico hobby, e questo può fare perdere di vista amici o relazioni. Soprattutto per un giovane può essere difficile pensare di essere a lavorare mentre i suoi coetanei sono a divertirsi, ad un aperitivo, al cinema o a ballare. Il cuoco o il cameriere lavora mentre gli altri sono in vacanza…
Lo stress e le
nel settore culinario
C’è poi lo stress di chi rincorre obiettivi ambiziosi: la stella Michelin o un ristorante proprio sono i traguardi che condizionano la vita a molti giovani. Non dimentichiamo che il lavoro dello chef da tempo è studiato dalla scienza psichiatrica per capire come sia possibile affrontare una routine così complessa. Al punto che la Federazione italiana cuochi (Fic) ha da anni commissionato ricerche dalle quali risulterebbe che in cucina si sviluppano “super-attività” che non sempre il cervello può gestire al meglio creando ansie. Un po’ come avviene a molti musicisti: il cervello di chi lavora in cucina ha in genere la zona dell’apprendimento più grande di tre volte rispetto a quello di una persona normale.
Già nel 2019 la Fic ricordava come ci fossero due tipi di stress: uno adattivo, che riguarda la sfera di attività frenetiche, ma gestibili potenzialmente; e maladattivo, che invece è quello che porta a problemi organici, a malattie, perché si spinge il corpo e la mente oltre le proprie capacità. Secondo una ricerca di Stanford, questo tipo di stress maladattivo porta all’allontanamento dalla famiglia, a mancanza di sicurezza e al non avere controllo del proprio lavoro. Da qui la richiesta di riconoscere il lavoro in cucina come usurante.
E in questo contesto non si devono dimenticare alcune delle conseguenze più negative di un malessere esistenziale. È il caso dell’abbandono del lavoro (pensiamo all’ex ristoratore di Bardolino che si è dedicato al recupero ambientale) o ai tanti che dopo la pandemia hanno preferito lasciare i ristoranti per lavorare nei supermercati o come magazzinieri per avere orari e turni diversi
All’estremo ci sono anche i casi di suicidio, come quelli di 5 anni fa di uno chef fra i più noti, Luciano Zazzeri, o l’anno prima di Anthony Bourdain E ancora prima di Franco Colombani e Sauro Brunicardi, solo per citarne alcuni.
Non si può poi non parlare di come allo stress sia collegato il possibile uso di droghe fra chi lavora nella ristorazione. Già 4 anni fa avevamo segnalato come una ricerca di RestWorld evidenziasse un consumo di cocaina superiore alla media di altri settori. Una situazione che aveva per tempo denunciato anche lo chef Gordon Ramsey nel documentario “Cocaine”, parlando apertamente dello smodato utilizzo di cocaina nell’industria della ristorazione, definendolo “piccolo sporco segreto dell'industria dell'ospitalità”.
Una realtà che durante la pandemia, per i timori generali, sempre per RestWorld sarebbe peggiorata, tanto che l'utilizzo di cocaina si era diffuso tra personale di cucina (36%), operatori di sala (35,3%) e reparto bar (28%). Si sarebbero drogati l'84,5% dei lavoratori del settore tra i 25 e i 39 anni. Soprattutto maschi.
La situazione oggi non dovrebbe essere più così tragica. In molti locali sono cambiati i ritmi di lavoro e in tanti altri, forse più di quello che ci si aspetta, i collaboratori sono gli stessi da anni, a conferma che nella ristorazione si può e si deve vivere meglio ri-
L’importante è non affrontare il lavoro come se fosse un rimedio o, peggio, un continuo esame per aggiungere chissà quali mete. Il sorriso è ciò che dovrebbe distinguere chi sta in sala o in cucina, perché è quello, prima ancora che la bontà del piatto o la qualità del servizio, che genera un sorriso nei commensali. Stare bene per fare stare bene gli altri, questa è la
vera sfida che va ben oltre l’obiettivo di una stella a cui non si può sacrificare tutto.
Anche perché solo così si può sfuggire da quella sorta di anatema che provocatoriamente Leonardo Lucarelli aveva lanciato nel 2016 col libro “Carne Trita, l'educazione di un cuoco” definendo come tutti “tossici, alcolisti, puttanieri e artisti” gli chef
L'ipotetico chef Eufemio Valori si trova a dover affrontare l'aumento dei prezzi al suo ristorante Primi Gustosi per mantenere gli standard elevati senza compromettere la sua clientela. Considera due opzioni: un aumento omogeneo del 5% su tutti i piatti o un aumento selettivo che tiene conto della marginalità e della sensibilità al prezzo di ciascun piatto
Nella vorticosa cornice del mondo enogastronomico contemporaneo, popolata da buongustai sempre più informati e da una competizione incessante, l’aumento dei prezzi è un delicato gioco di equilibri che il ristoratore deve orchestrare con mano ferma e
cuore sensibile. Prendere decisioni finanziarie senza scalfire il volume venduto è un'arte di equilibrio. Il valore attribuito dall'affezionato cliente non è solamente monetario ma emotivo; per questo, la revisione dei prezzi richiede un’attenta analisi per scemare il senso d’ansia e d’angoscia. Suddividiamo la nostra esplorazione economica in tre fasi distinte
Nella prima, analizzeremo le strategie più convenzionali che gli esercenti adottano quando si trovano di fronte alla necessità di rivedere al rialzo i listini. Nel nostro secondo incontro, ci avventureremo oltre i sentieri battuti per esplorare approcci innovativi e creativi nella gestione dei prezzi.
La tappa finale del nostro viaggio ci condurrà all'arte della comunica-
zione trasparente e convincente di tale incremento verso i clienti. Guida di questa traversata sarà lo chef Eufemio Valori (nome di fantasia), la sua rinomata trattoria “Primi Gustosi” sarà la nostra nave, pronta a salpare verso queste acque imprenditoriali.
Da anni, in un pittoresco angolo della città, Eufemio, con il suo sorriso contagioso e la sua innata passione per i sapori della tradizione, ha accolto una clientela affezionata tra le mura affrescate del suo ristorante, offrendo piatti che sono un tributo alla cucina classica italiana.
Ma oggi, nell’intimità della sua cucina, lo chef sfoglia le pagine di un registro che non racconta di ricette, ma di cifre e preoccupazioni. Sotto il rassicurante gorgoglio delle pentole, si agitano le acque dell'inquietudine, poiché i costi stanno salendo vertiginosamente.
Nonostante i suoi tentativi di negoziare con i fornitori locali, lo chef ha dovuto confrontarsi con l'aumento dei salari del suo personale, meritevole di ogni centesimo ma sempre più difficile da sostenere. Gli affitti nel quartiere sono cresciuti, una conseguenza amara della crescente popolarità della zona. Le bollette di ener-
gia elettrica sono più esose che mai Eufemio comprende che è inevitabile un aumento dei prezzi di circa il 5% per mantenere lo standard elevato e la magia della sua cucina senza sacrificare la marginalità della sua trattoria. Ma come può fare questo senza deludere quei clienti che, giorno dopo giorno, hanno scelto “Primi Gustosi” per sentirsi a casa?
In questo scenario non più solo immaginario, chef Eufemio si prepara a fare una scelta che influenzerà il futuro del suo amato ristorante e il legame con la sua inestimabile clientela. Attualmente il menu è composto da:
• Risotto alla milanese - €12,00: Un omaggio alle tradizioni della Lombardia, fatto con il miglior riso Carnaroli, brodo ricco e vero zafferano.
• Spaghetti alla carbonara - €10,00: La quintessenza della cucina romana, con guanciale croccante, pecorino romano Dop e uova di galline allevate a terra.
• Lasagne alla bolognese - €14,00: Un piatto che evoca le domeniche in famiglia, con strati di pasta all'uovo fatta in casa, ragù bolognese cotto a fuoco lento e besciamella.
• Trenette al pesto - €11,00: Una ricetta che profuma di Liguria, con pesto fatto in casa secondo la ricetta tradizionale, trenette e un tocco di patate e fagiolini.
I volumi venduti sono suddivisi per ogni piatto. I prezzi sono il risultato di una calcolata bilancia tra costo dei prodotti, lavoro del personale e l’esperienza complessiva che chef Eufemio vuole garantire ai suoi ospiti. Con l’aumento del 5%, dovrà considerare attentamente come e a quali piatti applicare questo adeguamento per continuare a prosperare senza sacrificare le aspettative dei clienti.
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La distribuzione equa dell'aumento
Un incremento omogeneo del 5% piano toglie il peso di calcoli complessi. Se procedesse con questa strategia, i primi piatti della trattoria vedrebbero i seguenti aggiustamenti:
• Risotto alla milanese: da €12,00 a €12,60
• Spaghetti alla carbonara da €10,00 a €10,50
• Lasagne alla bolognese da €14,00 a €14,70
• Trenette al pesto da €11,00 a €11,55
Questa scelta, per quanto finanziariamente razionale, potrebbe non riflettere completamente il variegato quadro economico sottostante i piatti proposti. Dal punto di vista amministrativo, adottare una percentuale
+5%+5%+5%+5%
costante di aumento alleggerisce il carico di lavoro, evitando di immergersi in un mare di calcoli. In men che non si dica, i nuovi prezzi possono essere aggiornati sui sistemi Pos e nel menu cartaceo con pochi semplici passaggi, lasciando a chef Eufemio più tempo per dedicarsi alla sua passione culinaria. Inoltre, il ranking dei piatti non cambia, la lasagna resta sempre la più costosa anche se la forbice verso l’opzione più economica aumenta.
D'altro canto, un incremento lineare lascia irrisolti alcuni quesiti economici: non sempre il costo delle materie prime aumenta in modo omogeneo. Le dinamiche del mercato potrebbero aver fatto impennare il prezzo dello zafferano molto più della crema di pecorino romano, o il costo del guanciale potrebbe essere rimasto stabile mentre quello dei pinoli per il pesto potrebbe aver visto ricarichi significativi. Applicare lo stesso aumento rischia di non tener conto di queste differenze, mettendo a dura prova i margini di alcuni piatti più di altri.
Inoltre, gli economisti e i marketer sostengono che i clienti attribuiscono il valore in maniera differente a seconda dell’articolo. Un aumento salomonico rischia di svalutare i piatti di punta o di sopravvalutare quelli
meno popolari, alterando il comportamento d'acquisto dei clienti. Risotto e lasagna possono ora avere la stessa percentuale di aumento, ma ciò non significa che il cliente li consideri come egualmente attraenti a livello di prezzo. Probabilmente, oltre il tetto di €14.5, la lasagna valica il limite massimo di valore percepito e crea una drammatica caduta del venduto.
In conclusione, un incremento uniforme potrebbe correggere i margini a breve termine, ma richiede una profonda riflessione strategica Prezzi aggiornati richiederanno nuove analisi dei costi e aggiustamenti del stock di prodotti. È essenziale valutare l'impatto a 360 gradi, considerando la clientela, i margini di profitto, e la reputazione del ristorante.
Lo chef Eufemio si trova a considerare un'alternativa all'aumento lineare: un incremento selettivo che gravi maggiormente su quei piatti con marginalità più vulnerabile o meno sensibili alle variazioni di prezzo. Questo approccio è da maestro scacchista, richiede astuzia, conoscenza profonda del proprio menu e delle dinamiche dei clienti. Sveliamo i suoi pensieri.
• Risotto alla milanese: un piatto di
alta fascia, dove lo zafferano presuppone un costo notevole. Questo può sopportare un aumento leggermente superiore al 5%, poiché i clienti capiranno il valore del piatto.
• Spaghetti alla carbonara: amato per la sua semplicità e genuinità, potrebbe non beneficiare di un grande incremento nei prezzi. Gli aficionados di questo classico cercano autenticità senza fronzoli, per cui un aumento più moderato potrebbe essere la chiave.
• Lasagne alla bolognese che richiede tempo e dedizione, un forno acceso e i clienti lo sanno. Po trebbero essere più inclini ad accet tare un rialzo, purché non troppo ec cessivo, vista la complessità della sua preparazione.
• Trenette al pesto freschi ma meno onerosi, Eufemio potrebbe optare per un aumento mar ginale, giusto per riparare i costi ma senza sorprendere troppo il cliente.
Chef Eufemio analizza i costi per ciascun piatto e considera la loro storia, la loro posizione culturale nel cuore dei suoi ospiti.
li possono permettere un aumento senza remore e quali richiedano un approccio più delicato librare gli aggiustamenti di prezzo con la precisione di un orologiaio.
Utilizzando le tecniche della psicologia dei prezzi, come lo charm pricing, chef Eufemio può ridurre il rischio di perdere la clientela. Potrebbe aggiustare i prezzi affinché sembrino meno intimidatori: un risotto che passa da €12,00 a €12,90 (+7.5%), una carbonara da €10,00 a €10,45 (+4.5%), le lasagne da €14,00
sumatore a rinunciare alle lasagne e a ordinare solo carbonare? Dentro l'orbita delle tattiche di rialzo mirato dei prezzi, un metodo particolarmente sagace è quello di interagire direttamente con il mercato per sondarne le reazioni.
Un esempio lampante potrebbe scaturire dall'esame approfondito
incremento di prezzo senza che ciò comporti un calo sostanziale nella quantità richiesta. È un gioco di osservazione e conoscenza del proprio pubblico che, se eseguito con perizia, può condurre a scelte di prezzo che salvaguardano il flusso di clientela e il margine di redditività.
Col cuore appesantito dalla re-
Fino a qualche tempo fa il costo del servizio di coperto sullo scontrino nella maggior parte delle attività ristorative era una voce quasi ininfluente, tanto che la maggior parte delle volte il cliente non la considerava nemmeno. Ma, ultimamente, questa voce ha iniziato a diventare
euro è salito radicalmente fino a toccare quota 3 euro (o più) per avventore. E così il coperto è iniziato a stare indigesto ad alcuni clienti.
Le polemiche su questa sorta di “balzello” si accendono periodicamente quando un'attività ristorativa decide e comunica di rinunciare per sempre
anche per ottimizzare alcune voci di costo. In questi casi è il cliente che apparecchia da solo il proprio tavolo, utilizzando tovagliette, posate, tovaglioli, bicchieri forniti dal locale. L’avventore, dunque, ordina il suo piatto, gli viene consegnato un dispositivo elettronico che gli segnala che il piatto è pronto,
il cliente lo ritira in autonomia e lo consuma. È anche vero, però, che in questi casi bisogna ammortizzare in qualche modo i costi sostenuti per il monouso fornito. E poi non sempre questa opzione è realmente applicabile. In alcuni casi, infatti, è il servizio stesso che fa la differenza nel far ritornare gli avventori in un locale».
Ma nei casi in cui non si volesse eliminare il servizio, come si potrebbe operare?
«A questo punto bisogna agire livello strategico rimettendo mano e testa su tutto il modello di gestione dell'attività ristorativa - ha ripreso il fondatore di GpStudios - Innanzitutto, cercando di capire se abbiamo veramente bisogno della tavola in stoffa, ad esempio, o se possiamo cercare soluzioni più convenienti senza per questo accontentarci di una qualità inferiore a livello di esperienza ristorativa del cliente e senza allontanarci troppo dall’immagine che il locale deve dare, in linea con la sua identità e proposta.
a fare qualche ragionamento strate gico a livello di forniture anche con i nostri fornitori
la mise en place più adeguata al livel lo di servizio e alle risorse destinate al suo acquisto e mantenimento andia mo a capire quali altri costi nascosti si celano dietro alla scelta fatta per capire quanto pesano effettivamente queste voci rispetto a ciascun cliente servito. Quindi, fatto questo, a capire come affogare questi costi nei prezzi sulla carta per ciascuna referenza. In sostanza, struire un prezzo di vendita utilizzan do tecniche di pricing che partono dal costo come base per poi valutare altri fattori comunque di rilievo qui “costruiamo” una carta studiata seguendo i princìpi del menu engine
ering, così che possa portare a maggiori introiti anche senza la presenza del coperto come voce separata. È importante comunque ricordare che, per legge, se non inseriamo la voce del coperto all’interno del menu non possiamo poi presentarla sul conto del cliente. Lo stesso vale anche per i bar che offrono servizio al tavolo: se la voce di spesa con il quantitativo economico da corrispondere non è presente sul listino prezzi, allora il cliente non è tenuto a pagarlo. La trasparenza, quindi, è fondamentale quando si parla di queste cose: sia lato del ristoratore, per quanto riguarda i suoi numeri a garanzia di un più efficace controllo, sia lato del cliente, per non creare disagi e scontenti alla lettura del conto o dello scontrino». Ma quindi, vende di più un ristorante senza coperto o un ristorante che fa pagare il coperto?
«Nonostante la polemica sui social incalzi sulle argomentazioni legate alle voci extra, talvolta anche
un altro semplicemente perché non ha la voce del coperto sul menu. Le premesse affinché un locale possa registrare vendite al top non si basano unicamente su questo: a fare la differenza oltre al numero è anche la comunicazione, la capacità del personale di applicare tecniche di vendita suggerita, così come anche quella del menu stesso, che già più volte abbiamo sottolineato essere uno strumento di vendita e di marketing a tutti gli effetti, se progettato con scienza e conoscenza. Sicuramente sfruttare la comunicazione può facilitare il mettere in evidenza il fatto che il locale non applica il coperto sul conto e magari costituire un piccolo e parziale vantaggio rispetto alla concorrenza, ma da solo questo non basta se mancano tutto il resto. Il successo di un locale, la sua capacità di generare vendite, ma soprattutto di garantirsi utile e risultati certi, è come una sinfonia: se manca un pezzo dell’orchestra o se l’acustica non è
Ddi Massimo Artorige
Giubilesi
Founder & ceo Giubilesi & Associati
Chairman FCSI Italian Unit
a attento osservatore del settore, ma anche come professionista senior del mondo ristorazione e ospitalità, non posso che confermare la straordinaria capacità e resilienza che sta mostrando il mondo Horeca che non solo continua a tenere testa alle turbolenze economiche globali, ma ha anche mostrato una capacità notevole di adattamento e crescita.
Secondo il Rapporto annuale Fipe 2023, nove imprese su dieci hanno migliorato o confermato il fatturato
dell'anno precedente, anticipando un 2024 ricco di ulteriori opportunità e stabilità. Nonostante le sfide poste dall'inflazione e dalle incertezze internazionali, il settore ha registrato consumi alimentari fuori casa per un totale di 92 miliardi di euro, con un livello di occupazione che ha superato significativamente i numeri pre-pandemici.
Oltre la crisi, verso un futuro
Questi risultati non solo riflettono la vitalità economica del settore, ma sottolineano anche un periodo di trasformazione, innescata dalle ripercussioni psicologiche, sociali ed economiche, prima a causa della pandemia e attual-
mente a causa delle guerre in corso che ci toccano da vicino.
In questo contesto, il futuro della ristorazione non è solo una questione di andare avanti, ma di navigare con innovazione verso nuove frontiere non solo culinarie, ma soprattutto di management e di gestione Da qualsivoglia angolo ci approcciamo, al centro rimane il cliente come principale stakeholder del cambiamento: ormai informato (bene o male è un altro discorso) esso è il soggetto che oggi è prima di tutto un individuo consapevole delle proprie scelte alimentari (e di vita) ed è in costante ricerca al miglior equilibrio qualità-prezzo rispetto al proprio potere di spesa.
Inoltre, si nota un cambiamento negli stili di vita degli italiani, che si rivelano meno abitudinari e più aperti all'esplorazione di nuove esperienze gastronomiche, un cambiamento nei comportamenti, soprattutto nel settore della ristorazione, che è stato profondo, rispecchiando una trasformazione culturale che va oltre la semplice reazione ad eventi economici o sociali temporanei.
I consumatori sono diventati più esigenti riguardo alla qualità del cibo che scelgono di consumare fuori casa La ricerca della qualità si estende anche al servizio e all'ambiente del locale, con un crescente interesse verso esperienze di ristorazione che offrono un valore aggiunto tangibile, proiettato anche verso la socializzazione. Dall'altro lato, gli operatori del settore stanno affrontando queste evoluzioni adeguando le proprie offerte per rispondere efficacemente alle mutate aspettative dei clienti
Un pilastro fondamentale di questa trasformazione è la digitalizzazione. Secondo il Rapporto Fipe circa il 90% dei ristoranti e l'80% dei bar ha adottato tecnologie digitali all'avanguardia, spaziando da connessioni Wi-Fi aperte a sofisticati sistemi di prenotazione online. Queste innovazioni non solo arricchiscono l'esperienza dei clienti, ma migliorano anche l'efficienza operativa ed economica delle attività, permettendo una gestione più accurata delle risorse, oltre che la riduzione degli sprechi.
Inoltre, si osserva una tendenza verso un'offerta più diversificata e di alta qualità. Mentre i modelli tradizionali come i bar possono registrare una contrazione, i ristoranti più complessi stanno sperimentando una crescita.
Nel 2023 sono 331.888 le imprese attive nei servizi di ristorazione, in leggera flessione rispetto all’anno precedente, si contano 132.004 imprese che svolgono attività di bar, mentre sono 195.471 le imprese classificate come ristoranti e attività di ristorazione mobile. Le imprese che svolgono attività di banqueting, di fornitura di pasti preparati e di ristorazione collettiva sono poco meno di 3.700.
Significativi come sempre anche i numeri relativi alle aperture e le chiusure: nel 2023 hanno avviato l’attività 10.319 imprese della ristorazione, mentre 28.012 l’hanno cessata. Comunque in termini generali le nuove aperture segnalano un +6,5% rispetto 2022, indubbio segno che il settore rimane attrattivo.
Attenzione però: anche se i consumatori sono disposti a pagare di
più per una qualità superiore, sono anche più attenti a ottenere un buon rapporto qualità-prezzo, orientando una crescente popolarità di format di ristorazione che offrono menu innovativi e creativi a prezzi contenuti o di soluzioni come il menu fisso che offre trasparenza e controllo sul costo del pasto.
Tuttavia, mentre il settore della ristorazione italiana si adatta e sembra prosperare di fronte alle trasformazioni interne e alle mutevoli aspettative dei consumatori, non si deve abbassare la guardia e ignorare le prospettive all'orizzonte.
Le tensioni geopolitiche e i conflitti in diverse parti del mondo hanno già influenzato significativamente i costi delle materie prime e la stabilità dei mercati, imponendo ai ristoratori di essere ancora più strategici e resilienti nella gestione delle risorse.
Inoltre, l'ascesa dell'intelligenza artificiale (IA) promette di rivoluzionare ulteriormente l'industria, non solo ottimizzando le operazioni e migliorando l'efficienza, ma anche creando nuove opportunità per personalizzare l'esperienza culinaria.
Ci stiamo trovando in una fase di relativa calma, come prima dell’inizio di una tempesta, ovvero poco prima del momento in qui ci si prepara ad un cambiamento ancora più radicale dovuto anche ad altri fattori, tra cui i cambiamenti climatici e il riordino di mercati ed economia globale che potrebbero riscrivere le regole del successo nel settore della ristorazione in un futuro prossimo.
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Per informazioni: www.giubilesiassociati.com
Emanuele Svetti
i siete mai domandati come sempre più locali oggi si assomigliano tra loro? Non che la domanda sia un “dubbio amletico per l’umanità” a cui sia dovuto dare una risposta, ma credo che siano mol-
ti quelli a cui questo dettaglio non sia sfuggito.
Per provare a dare una lettura coerente con il mio pensiero mi piacerebbe parlarvi del concetto di “origine”, da cui deriva la parola tanto blasonata all'interno del mondo dei cosiddetti creativi.
L'origine è sia un inizio che un fondamento, rappresentando un punto
estremo. Il creatore del caos primigenio può essere considerato il più grande dei creativi. Come il caos, anche un locale ha sempre un'origine: l'idea dell'imprenditore, che prende forma attraverso la vena ispirazionale del creativo. Tuttavia, quando questa scintilla si traduce in innovazione?
L’originalità è una delle risposte, o se scrivessi “carenza di originalità”,
avremmo centrato il cuore del pro blema: ci sono troppi locali uguali perché spesso imprenditori e creativi si infatuano delle idee o delle propo ste di altri, e così facendo, producono copie più o meno belle, memorie di qualcosa già visto, creando noia, as suefazione, fastidio, e a volte anche successo.
Quali siano gli elementi originanti di questa attitudine imprenditoriale?
Non è semplice da spiegare, io pongo spesso la “paura” come elemento sca tenante: generare novità, confrontarsi con interpretazioni diverse, risolvere il problema da un altro punto di vista, non porta sicurezza, lascia quel sentimento di incertezza ed ansietà.
Diventa chiaro come l'origine non sia certezza di successo, come espresso nel modo di dire: “risolvere il problema all’origine”. Quindi a volte un’idea originale può essere anche sbagliata o generare difetti sul risultato finale
Osare, andare oltre la semplice soluzione di un problema, esprimere originalità, cercare soluzioni diverse ad uno stesso problema, combattere per le proprie visioni, se sono piene di buone idee. Quando si inizia a pensare un nuovo locale, non si dovrebbe mai partire da quello di un altro, ma cercare di individuare nuove rotte, non aver paura di divenire trend setter, ma anzi esserne fieri, perché la voglia di innovare e reinventare “contenitori sociali” rimarrà l’arma più potente in mano ad imprenditori e creativi.
Esperienza, coerenza, originalità: il mix vincente per locali unici
Sento sempre più spesso parlare addetti ai lavori citando lo storytelling come la soluzione, ma credo sia chiaro da quanto scritto fino ad ora, come
per me sia solo un ingrediente: intorno vanno a amalgamati esperienze, coerenza, professionalità e stravaganza come in una grande cucina in cui nascono piatti incredibili.
Essere originali vuol dire cercare di essere completamente sé stessi, liberi di poter fare qualcosa di nuovo e di poter esplorare vie non ancora battute, incoraggiati dalla coscienza dell’eccezionalità del risultato finale. È importante quindi che imprenditore e creativo sviluppino la propria originalità. In che maniera? Cercando di capire l’importanza di usare la testa in ogni occasione, perché come diceva Herman Melville: è meglio fallire nell’originalità, che avere successo nell’imitazione.
Ai miei clienti chiedo sempre di fidarsi ed affidarsi, perché il vero “viaggio”, il solo “bagno di giovinezza per la mente”, non è necessariamente quello di andare a scoprire nuove mode, ma sempre più spesso quello di guardare con occhi diversi ciò che già conosciamo e che ci circonda, ossia di vedere con gli occhi di un altro le migliaia di problemi che si creano durante lo sviluppo di un nuovo concept, trasfor-
mandoli nel fondamento dell’idea.
Per fare questo, il patto tra un creativo ed un cliente deve essere quello tra due soggetti che sanno ascoltarsi, un locale che funziona non è soltanto fatto di colori, materiali ed illuminazione, ma anche soprattutto di soluzioni ai problemi di gestione, soluzioni sull’uso degli spazi, soluzioni sui flussi.
Molto spesso crediamo che la soluzione stia nel fare un ambiente più bello di altri, ma in realtà quello è probabilmente generato dal più grande difetto di ascolto reciproco: la mancanza di empatia. Due o più persone che pensano un locale in empatia tra loro creeranno un successo. Quindi è importante scegliere con attenzione i giusti professionisti per ogni nuovo lavoro, per ogni nuova idea, senza cadere nella trappola dei facili, quanto banali, consigli del web o dell’amico, è importante essere sempre e solo “originali”. cod 105163
Per maggiori informazioni lo Studio Svetti Architecture rimane a disposizione, per approfondimenti info@studiosvetti.com
La marinatura è una tecnica di cucina tradizionale, un metodo di preparazione degli alimenti con grandi benefici per la salute. Risulta ideale per tutti quegli alimenti che si possono sfilettare in strati sottili. Nel caso del pesce il pensiero va ad alici, salmone, sarde, pesce spada, storione o tonno. Il pesce può essere marinato sia da crudo, per essere consumato al naturale, sia da cotto, prima e durante la cottura per essere insaporito.
Detta anche “cottura a freddo”, la marinatura consiste nell’immersione (almeno 2-3 ore) degli alimenti, tagliati a fettine sottili, in un liquido
ad alto contenuto acido (vino, birra, aceto, succo di limone), spesso miscelato con olio extravergine, spezie ed erbe.
La componente acida è quella che agisce sulle fibre modificandone le proteine e rendendo la superficie della carne pastosa. Ma per una corretta marinatura entrano in gioco altre componenti: vanno utilizzate anche una parte grassa, una aromatica e una legante.
Quella grassa è rappresentata dall’olio, che assorbe gli aromi e li conduce all’interno delle fibre dell’alimento. La parte aromatica racchiude gli aromi che
si vogliono utilizzare, dalle spezie classiche alle verdure (sedano, carote, cipolle, aglio). Infine, per unire la componente acida a quella grassa,
Il segreto per una buona marinatura, in questo caso del salmone, consiste nel marinare su entrambi i lati, sia su polpa sia su pelle, rispettivamente per 12 e 6 ore. I tempi si possono dimezzare se si utilizza la tecnica sottovuoto.
si può utilizzare la salsa di senape o la lecitina di soia.
Abbiamo accennato al fatto che i pesci possono essere marinati sia da crudi sia da cotti. Entrando nei dettagli, per i pesci da servire crudi, il tonno sposa gli agrumi, il salmone il pepe rosa, le alici aglio e limone e il pesce spada un battuto di capperi e olive nere. I carapaci possono essere marinati anche a lungo, mentre i crostacei e i molluschi vanno marinati al momento.
Per quanto riguarda i pesci cotti, la marinatura va effettuata prima della cottura e durante. In questo modo si dona più sapore e profumo al nostro piatto. La marinatura, e questo è un ulteriore valore aggiunto, mantiene le carni dei pesci cotti al forno o sulla brace morbide e gustose, come nella ricetta Salmone marinato, cime di rapa, montata al mascarpone ed erbe gentili. cod 104284 Per informazioni: www.debic.com/it-it
Debic Cream Plus Mascarpone consente di risparmiare tempo e portare una carica extra di gusto nel tuo laboratorio. Nata dalla combinazione di panna al 35% di grassi e mascarpone, garantisce un equilibrio perfetto, non coagula, si distingue per la texture eccezionale e garantisce una tenuta che dura nel tempo. Alta qualità costante. Debic Cream Plus Mascarpone è ideale per decorare e arricchire le tue creazioni dolci e salate. Premiscelata, è facile da usare. La temperatura di lavorazione ottimale è tra +2°C e +7°C.
«Gdi Carla Latini
uardo il mare e penso, immagino viaggi. Viaggi fatti di sapori, che esplorano nuovi mondi per poi ritornare da dove sono partito: la mia terra». Nei menu di Paolo Antinori, c’è tutta la sua storia. Ci sono i suoi sogni da bambino, la sua tenacia, i suoi valori e il suo legame con la terra. C’è tutto il suo viaggio, quello che ha compiuto in oltre venti anni di esperienza dal Fortino Napoleonico a ora, chef del Ginevra Restaurant di Ancona
La sua è una storia di passione e di pazienza. Tanta. «Come quella di mio nonno che lasciava sobbollire il ragù per ore, senza fretta». È la storia di una tradizione che si rinnova, che non dimentica il pane caldo della mamma e della nonna cotto nel forno a legna, ma lo rielabora, oggi,
sperimentando delle combinazioni creative ed equilibrate.
Paolo è già entrato nella selezione delle guide Michelin, de L’Espresso e del Gambero Rosso. Si muove sempre con eleganza, gesti sicuri, puliti, essenziali. Gioco di sguardi con i suoi ragazzi. Non una semplice brigata, ma una famiglia da far sbocciare e con cui crescere insieme.
È discreto, non urlato, come i suoi piatti, che lasciano parlare solo ed esclusivamente la materia, senza orpelli. Invece che procedere per addizione, crea per sottrazione, togliendo tutto ciò che è superfluo. Lui va dritto all’essenza. Crea percorsi che vanno dalla terra al mare, che parlano di Ancona e aprono altri mondi. Raccontano di mani, che continuano a divertirsi nel comporre, e di immaginazione che sa unire gli ingredienti. Perché Paolo, per creare, chiude gli occhi. E immagina tableau. Piatti composti, ma leggeri. cod 105159
cosa sognavi di diventare?
Il primo sapore che ti ricordi. Le frittelle di polenta. Di mia madre e anche di mia nonna
Qual è il senso più importante?
Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato.
I Capelli di Gioachino Rossini in pasta di zucchero realizzati nel bel mezzo di un concorso
Come hai speso il primo stipendio?
Sulla mia prima Vespa
I tre piatti da provare almeno una volta nella vita. Risotto, vincisgrassi e gelato
Cosa non manca mai nel frigo di casa tua?
La verdura e le mele
Qual è il tuo cibo consolatorio?
Il pane con olio e sale
Che rapporto hai con le tecnologie? Perdo sempre.
All’Inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale?
Pollo allo spiedo o arrosticini. Laggiù il fuoco non manca!
Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?
Chi mi ha fatto amare la cucina
Quale quadro o artista rappresenta di più la tua cucina?
L’Arcimboldo
Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe? "Cuore Matto" di Little Tony
ontinuano gli appuntamenti con la quinta edizione di Foodart Collection - Il Menù del Futuro, il progetto formativo di Unilever Food Solutions, che analizza le tendenze della ristorazione in Italia e offre ai professionisti del settore strumenti concreti per tradurle in un’offerta qualificata, innovativa e in grado di soddisfare un cliente sempre più esigente. Il progetto coinvolge chef stellati, protagonisti di un calendario di 12 eventi live sul territorio e on demand, che condividono attraverso ricette e interviste inedite la loro interpretazione delle due principali tendenze della ristorazione italiana emerse quest’anno: Tradizione Moderna e Combinazioni Sensoriali.
La Tradizione Moderna racconta di una cultura gastronomica che è ponte tra passato e futuro e della sfida dello chef nell’innovare, rispettando la tradizione e creando nuovi accostamenti e forme di piatti senza tempo. Con Combinazioni Sensoriali si parla di abbinamenti nuovi e inaspettati di ingredienti, sapori e consistenze, spesso frutto di contaminazioni di altre culture, che richiedono allo chef un perfetto equilibrio tra conoscenza, tecnica e sperimentazione.
Ecco i prossimi appuntamenti in collaborazione con Federazione italiana cuochi, che da anni affianca Unilever Food Solutions nello sviluppo di proposte formative innovative:
• il 23 maggio alle 15.30 evento “A tu per tu con …” dedicato a Roberta Merolli e Giovanni Solofra. Compagni nel lavoro e nella vita hanno conquistato ancora nel 2023 2 Stelle Michelin con il Ristorante Tre Olivi di Paestum (Sa). La pastry chef Roberta Merolli ha collaborato per diversi anni con lo chef Heinz Beck, prima di continuare la sua attività insieme al compagno Giovanni. La sua pasticceria creativa esalta le materie prime ed esprime l’amore profondo e il rispetto per la terra. Giovanni Solofra ha una solida esperienza in cucine di altissimo livello e ha scelto con Roberta Merolli di dedicarsi allo studio delle eccellenze culinarie, proponendo una cucina permeata dagli ingredienti tipici della dieta mediterranea.
• l’11 giugno è previsto l’appuntamento “A casa di …” Felix Lo Basso nel suo Felix Lo Basso Home & Restaurant di Milano, 1 Stella Michelin. È interprete di una cucina di alto livello, sofisticata nell’elaborazione dei piatti, ma con forti legami con la tradizione e le materie prime italiane. Intuizione, fantasia, innovazione e creatività sono gli elementi che caratterizzano la sua proposta gastronomica.
Per iscriversi gratuitamente agli eventi visitare il sito www.unileverfoodsolutions.it
Pur mantenendo i valori di sempre “Giocare a golf, mangiare bene e bere bene, tanta voglia di divertirsi e solidarietà”, tante le novità per il Circuito Ristogolf 2024 by Allianz. La prima è la nuova veste grafica dal sapore vintage creata con la tecnica del Papercutting: sei illustrazioni, una per ogni appuntamento, declinate in soggetti “risto” e “golf” e ambientate in paesaggi naturali che richiamo i campi da golf. Le illustrazioni ci accompagneranno per tutto il Circuito esposte su tele; verranno riprodotte su un set di tazze e su cartoline postali, omaggiati ai partecipanti, proprio come collection da raccogliere di tappa in tappa.
Un’altra novità è il coinvolgimento in alcune tappe dei vincitori di MasterChef Italia; una contaminazione tra uno sport come il golf legato alle tradizioni e un approccio comunicativo moderno, dove il legame è certamente la passione per la cucina e l'eccellere nella competizione.
Per l'evento conclusivo del Circuito Ristogolf 2024 by Allianz dal 4 al 6 ottobre, i Ristogolfisti saranno accolti in Toscana a Punta Ala (Gr) da Andrea Ansaldi, erede della famiglia Gallia, che ha fatto la storia dell’hotellerie italiana di lusso. L'evento conclusivo sarà il palcoscenico per consegnare le donazioni raccolte a favore della Fonda-
zione Francesca Rava - NPH Italia ETS, Charity Partner 2024, per sostenere il progetto “Ci prendiamo Cura di Te” rivolto alla povertà sanitaria dei minori in Italia. Una sinergia anticipata sui canali social da Martina Colombari, madrina della Fondazione. Il Presidente di Ristogolf chef Chicco Cerea, il Vicepresidente chef Giancarlo Morelli, il direttore event manager Dario Colloi, vi aspettano numerosi perché il Circuito Ristogolf 2024 by Allianz… è da giocare, è da assaporare, è da gioire, è da condividere, è da collezionare, insomma… è da vivere!
Per info www.ristogolf.com e le pagine social Ristogolf. cod 105185
Biomassplus® garantisce che la cottura rispetti le norme igienico-sanitarie e la salute dei consumatori e dia garanzie sul rispetto dei requisiti delle norme tecniche per l'impiego di materie prime non contaminate
Biomassplus® è la certificazione che garantisce qualità, sostenibilità e tracciabilità dei biocombustibili come legna, cippato e bricchette e che garantisce la legalità del processo di produzione della biomassa legnosa e la sostenibilità della filiera (www.biomassplus.org). Una certificazione che garantisce che la cottura nel forno a legna o alla brace rispetti le norme igienico-sanitarie e la salute dei consumatori. Questo vale anche per le circa 120mila pizzerie che sfornano 2,7 miliardi di pizze ogni anno, ma non solo.
in ristoranti e pizzerie, cos'è Biomassplus®?
I tecnici di Aiel (Associazione italiana energie agroforestali) dopo una serie di verifiche hanno prodotto una nota tecnica in cui sono indicati i requisiti che garantiscono il rispetto del protocollo internazionale HACCP per la sicurezza e la salubrità degli alimenti e la loro somministrazione.
Ristoranti e pizzerie possono dunque fare riferimento a Biomassplus® per essere sicuri di rispettare gli standard igienici richiesti dato che
è coerente con il Regolamento (CE) n.852/2004 sull'igiene degli alimenti, che prevede che chi opera nel settore alimentare adotti una serie di prassi e procedure in materia d'igiene, basate sull'analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo (HACCP), per garantire l'igiene e la sicurezza degli alimenti in ogni fase del processo, dal momento della produzione fino a quello del consumo.
Nell'ambito dell'identificazione di eventuali rischi da prevenire, gna da ardere e bricchette utiliz zate nelle pizzerie o nei ristoranti contribuiscono al soddisfacimento degli adempimenti HACCP se non presentano contaminazioni di sor ta, cioè se il legno è vergine, se la tracciabilità del materiale è nota e se l'insieme delle caratteristiche di “salubrità”, inclusa l'assenza di carie o muffe, è garantita.
Pur non esistendo una certifi cazione che distingua legna e bric chette specifiche per l'uso alimen tare e la cottura dei cibi, la verginità del materiale legnoso e l'assenza di carie o muffe sono elementi espres samente considerati dalla norma tecnica internazionale ISO 17225 che definisce le classi di qualità dei biocombustibili legnosi.
La norma è a sua volta adottata e riflessa dallo schema di certificazione di qualità della legna da ardere e delle bricchette Biomassplus® che dà quindi la garanzia al consumatore finale, inclusi i titolari di attività produttive alimentari e di ristorazione, sul rispetto dei requisiti delle norme tecniche per l'impiego di materie prime
za di carie e muffe visibili.
Per garantire la qualità dell'aria e la sicurezza alimentare, il Comune di Milano ha introdotto disposizioni stringenti riguardanti l'uso di biocombustibili nelle attività ristorative e alimentari. Secondo il Regolamento per la qualità dell'aria, è obbligatorio utilizzare biocombustibili
classificati non inferiori alla classe
A1 e cer-
conservati in modo che le loro caratteristiche non subiscano alterazioni, e la documentazione di certificazione delle forniture deve essere mantenuta per almeno un anno e resa disponibile al personale addetto al controllo e alla vigilanza quando richiesto. Pertanto, tutte le attività ristorative e alimentari nel Comune di Milano sono tenute ad utilizzare legna da ardere e bricchette di legno di qualità certificata, con una certificazione completa rilasciata da un Organismo di certificazione accreditato.
La certificazione di Biomassplus® si dimostra conforme a queste disposizioni normative, garantendo che i biocombustibili utilizzati soddisfino gli standard di qualità e sicurezza richiesti. È importante notare che le autodichiarazioni o le analisi di laboratorio occasionali non sono sufficienti: è necessaria una certificazione completa rilasciata da un Organismo accreditato. cod 104995
di Gabriele Ancona
Ha alle spalle numerosi titoli. Il più recente, e di grande prestigio, il Challange Pizza Expo 2023 all’International Pizza Expo di Las Vegas. Una competizione di assoluta caratura per quanto riguarda l’universo pizza. D’altronde,
Simone Fortunato in pizzeria ci è nato.
«Rappresento la quarta generazione di una storica famiglia di pizzaioli napoletani - racconta - Mi è venuto naturale esercitare quest’arte. Sai, quando a sette anni i compiti non li fai a casa ma in pizzeria il percorso è già tracciato». Oggi quarantaset-
tenne, Simone dal 2018 ha dato vita a Portici (Na) a un’insegna che porta il suo nome. Un locale dalle spalle larghe, grazie alla sua consolidata esperienza, che si sviluppa su 300 metri quadri e accoglie 90 ospiti in sala e 30 nel dehors.
«Simone Fortunato Pizzeriaspiega - punta sulla classica pizza
napoletana. Sono un tradizionalista sfegatato e le farciture gourmet o quella di cucina qui non trovano sbocchi. Secondo la mia formazione e visione, con la pizza si può arrivare solo fino a un certo punto. Formaggi e salumi sono i benvenuti, ma sulle materie prime non si fanno deroghe: si vola alto».
Sapori, gusto e materie prime
Sono circa 35 le pizze che compongono il menu, suddivise per tipologia: da forno, fritte e pinsa romana. «Tra quelle più richieste - sottolinea Simone Fortunato - mi piace ricordare la Scarpariello con pomodoro ciliegino saltato in padella, provola di Agerola, pepe, olio evo e Pecorino Romano in uscita, così come la Porchettone, a
base di porchetta di Ariccia, provola di Agerola e patate di Avezzano al forno». Sempre sulla cresta dell’onda la Bufalina verace (datterini, mozza
pomodoro e pepe, e per la pinsa Friariellotta con salsiccia di suino, provola dei Monti Lattari, crema di friarielli.
Farciture che richiedono un impasto che dia vita a una pizza leggera e digeribile. «Utilizzo il classico diretto, con una lievitazione al massimo di 24 ore a temperatura ambiente. La farina? La Blu Pizzeria di Mulino Caputo. Un rapporto generazionale antico e collaudato. Ero un bambino la prima volta che sono entrato nel mulino». Una farina studiata per la classica pizza napoletana. Il glutine elastico e l’amido soffice consentono la formazione di impasti con ottima idratazione, leggeri e con una lievitazione a regola d’arte. cod 104599
di Gabriele Ancona
Era poco più che maggiorenne quando Antonio Di Tella, campano di Aversa (Ce), a Marina di Carrara ha trasformato un semplice bar nella Pizzeria all’Angolo, il suo locale da 21 anni. «Un piccolo esercizio - racconta - con solo una ventina di coperti, ma molto forte per quanto riguarda asporto e delivery. Sforniamo 1.200 pizze alla settimana. Siamo un punto di riferimento del quartiere». Antonio, che ha imparato l’arte della pizza da adolescente, ricorda con affetto l’origine di questa sua pas-
sione. «La mia era una famiglia di operai - spiega - e sono cresciuto con la nonna, bracciante agricolo. Sono cresciuto immerso nell’agroalimentare, circondato da materie prime, conserve e sott’oli. Lei mi ha insegnato i fondamentali della cucina e avendo un forno anche quelli della lievitazione, mettendo le mani in pasta per produrre pizza e pane. Avere aperto una pizzeria è stata quindi una conseguenza logica, un ritrovarmi».
Una strada non certo in discesa, ma impegno, passione e sacrifici han no dato il loro risultato. Non a caso nel 2023 a Parma Antonio ha conquistato il titolo di Campione del Mondo per la categoria Pizza in pala e il gradino più alto del podio anche nel Triathlon (pizza classica, teglia, pala). Propone una pizza che non si sradica dai cano ni della tradizione pur concedendosi qualche guizzo da solista. «La pizzasottolinea - è la radice della nostra cu cina e il salto di qualità lo si può fare investendo nelle materie prime, dalla farina agli ingredienti per la farcitura. Alla clientela propongo un menu clas sico e uno che contempla prodotti di stagione e del territorio; sono circa 50 le pizze che serviamo».
Come scelta e abitudine, e qui torna a galla il vissuto con la nonna, è fon damentale il rapporto con i piccoli produttori e il mondo agricolo, ma con un'eccezione a favore dell’industria.
«Per il pomodoro da molti anni il mio referente è Cirio Alta Cucinapuntualizza - Una realtà che riesce a coprire le mie esigenze e a soddisfar mi a 360 gradi. Sono nato nel pomo doro e con Cirio Alta Cucina so che vado sul sicuro, dalla Polpa ai Pelati, dai Ciliegini ai Datterini. Una gamma
completa e tanto valore aggiunto in ogni prodotto».
Tra le pizze più apprezzate in questo periodo segnala quella con spinacino saltato, burrata con oliva taggiasca, acciughina e datterino rosso e la combinazione di sapori che prevede crema di piselli, lardo di seppia, crema di Parmigiano e datterini rossi e gialli. «Nel campo delle classiche - annota
Il contenuto di servizio è presto detto. Grandi, corposi e di colore rosso vivo, I Pelati sono un prodotto di punta di Cirio Alta Cucina e vantano un'elevata resa grazie alla ricca salsatura. Grazie alla sua particolare consistenza, la Polpa conferisce un gusto ricco, intenso e verace a ogni ricetta. Sulla pizza esalta tutta la polposità del pomodoro fresco cod 104702
0585 633420
ià tre anni fa, a Cibus 2021, il maestro
Sandro Ferretti presentò un maritozzo speciale, dall’impasto rivi, un dolce che ebbe un tale successo da arrivare, a oggi, a una produzione di 20.000 pezzi al che ha previsto per la produzione, l’acquisto di un macchinario specializzato e molto tecnologico.
a nonna aveva un panificio - racconta il maestro
Sandro Ferretti - i cui profumi si diffondevano per tutta la strada, e da ragazzo la sua meren-
da quotidiana consisteva in un goloso maritozzo, una specialità dell’amata progenitrice che ne custodiva gelosamente la ricetta»
Passano gli anni e la passione per la pasticceria lo porterà a lasciare gli studi da odontotecnico, seguire corsi e stage con grandi maestri dell’arte dolce e, infine, ad ampliare il panificio, gestito a quel punto dai genitori, con una pasticceria, dedicandosi alla pasticceria mignon, poco conosciuta in quel periodo.
Il successo inizia con la proposta di gelati mignon, mini-coni che conquistano subito spazio nei grandi eventi come il Pitti a Firenze. Dopo molti anni, in occasione di un trasloco, per caso salta fuori la scatola con le ricette della nonna, compresa quella del mitico maritozzo, che il maestro ha voluto “reinventare” come uno dei ricordi più golosi della sua infanzia.
Presa la ricetta della nonna, Sandro Ferretti ha subito lavorato su un nuovo bilanciamento, cominciando dall’impasto che voleva fosse sempre morbido, anche se conservato in frigorifero a + 4/6°C.
«La farina che la nonna utilizzava era molto debole, l’ho sostituita con una biologica per lievitati di forza 320W. A una parte dell’olio di semi (il 90%) - la nonna usava solo quello - ho sostituito burro, lasciando una parte di olio per spennellare l’impasto una decina di minuti prima di toglierlo. Il maritozzo romano ha sentori di arancia nell’impasto, che ho voluto rafforzare nel mio aggiungendo all’arancia ulteriori aromi agrumati, cioè il limone e il mandarino tardivo di Ciaculli, oltre alla vaniglia. Ho scelto di utilizzare il lievito madre, e il risultato è un dolce molto morbido e conservabile in frigorifero».
di mango e passion fruit, completato da una panna al cocco. Sapori freschi e leggerezza per conquistare l’estate.
Le varianti portate al Cibus di quest’anno sono state più d’una. Sandro Ferretti presenta una gamma di maritozzi “evoluti”: in particolare spicca quella che vede l’involucro del maritozzo farcito con un inserto
Le dimensioni contano: «Non vogliamo fare dei maritozzi giganti, abbiamo visto che le dimensioni più gradite sono: una più grande da 95 g e una piccola da 50 g. Oltre al sempreverde classico, che teniamo sempre, quest’anno abbiamo inserito altre due nuove variazioni oltre a mango- passion fruit e cocco: una vede il tipico maritozzo con la panna, farcito però con crema anidra alla nocciola, e un'altra ha al cuore un inserto di lampone e fragola, mentre la panna è al pistacchio».
Il maestro Sandro Ferretti, con i suoi figli produce dessert da fine pasto, lavora oltre che per il suo marchio, anche per diverse aziende e per il consumatore finale, producendo 200 referenze. Sandro Ferretti sorride e scherza raccontando che i clienti gli dicono che con il maritozzo - insieme ad altri suoi prodotti da colazione come krapfen, “croissant” a cubo e a cilindro lievitati e farciti, veneziane mandorlate e no, vuote o farcite con crema - è riuscito ad alzare il prezzo della colazione, con i più golosi che lasciano alle spalle il classico cornetto. Largo al maritozzo! cod 105162
www.ferrettidessert.it
l nome è quanto meno singolare e “sise” non lascia adito a frain tendimenti, sono proprio le vol garmente dette “Tette delle mona che”. Sono andata a investigare il per chè del successo di questo dolce anti co, quanto ben noto, della pasticceria tradizionale abruzzese e un pit stop in quel di Guardiagrele, pittoresco borgo in provincia di Chieti dove hanno avu to origine, è stato d'obbligo.
Il pasticcere Emo Lullo, punto di riferimento di questa specialità a Guardiagrele e in tutto l’Abruzzo, mi racconta che le Sise nascono come dolce devozionale in onore di Sant'A gata (martire a cui la leggenda attribu isce la crescita del seno dopo che ne fu barbaramente mutilata) preparate per la prima volta nel convento di Guardiagrele.
Pare che le Clarisse del convento nascondessero le loro prosperità inserendo un pezzo di stoffa fra i seni, ma non mancano altre ipotesi all’origine del loro nome ma decisamente più geografiche. Pare infatti che questo dolce sia chiamato anche Tre Monti, in riferimento alle tre cime della Maiella.
Che si chiamino Sise o Tre Monti, sarà impossibile per voi, come lo è stato per me, fare a meno della spazzola che il buon Emo Lullo mette a
re naso e vestiti dallo zucchero a velo che imbianca candidamente queste tre cime di morbidissimo pan di Spagna, pieno stracolmo di copiosa crema pasticciera aromatizzata al rum.
Affondateci la faccia e sarà una gioia sprofondare in quella morbidezza, un po' come quando da neonati appoggiavamo la bocca al morbido seno materno, dimenticando ogni pena.
Cos'altro mi è piaciuto delle Sise?
La morbidezza incredibile del pan di Spagna, più simile a una brioche delicata e candida, e l’estrema semplicità
di questo dolce senza fronzoli, ma dal gusto rotondo, pieno e soddisfacente.
Se visitate l’Abruzzo vi consiglio di non perderla e già che ci siete assaggiate l'altra specialità di Emo Lullo, il torrone d'Abruzzo detto “Torrone Aelion”, molto simile a un croccante, composto da mandorle intere tostate mescolate a zucchero, frutta candita e cannella. Una super chicca! Delizioso senza altra definizione
Bye bye Abruzzo, ma solo per ora, tornerò presto sulle tracce di nuovi dolci abruzzesi tanto gustosi quanto poco conosciuti. A ognuno la sua missione! cod 105041
La figura del cameriere è ritenuta dai gestori dei ristoranti sempre più come una presenza non proficua, incapace di portare qualsiasi valore aggiunto ai fini del successo del locale, invece è fondamentale. Per un servizio eccellente, conoscenze come quelle riferite ai Codici comportamentali degli ospiti sono importanti
agli anni novanta e, sempre più ultimamente, la figura del cameriere, è ritenuta dai gestori dei ristoranti come una presenza non proficua, incapace di portare qualsiasi valore aggiunto ai fini del successo del locale, un mero portapiatti che premia, consegnandole ai tavoli, le portate che uno chef spesso di grido, ha cucinato.
È un dato di fatto, una cocente sconfitta della ristorazione, e, soprattutto, un problema per la funzionalità dell'accoglienza. Ma chi ha indotto gli ospiti nella scelta
di quelle portate, consigliandole? Come è possibile ragionare in un modo così assurdo e, se la vogliamo dire tutta, auto-lesionista?
La sala, e i suoi operatori, purtroppo, sono percepiti, oramai, invece che una imprescindibile risorsa, solo come un costo, tanto da ridurre al minimo la presenza di camerieri al servizio degli ospiti.
Eppure chi accoglie con cortesia e attenzione gli ospiti avendo riguardo alla loro tipologia, con attenzione a quelli non abituali, a cui prestare la migliore premura per fidelizzarli, e chi prende, poi, la comanda vendendo il menu e mettendo a proprio agio gli ospiti, e chi li assiste e se ve ne fosse il bisogno, ne gestisce le lamentele e, infine, li accommiata? Forse lo chef?
Il cameriere deve essere considerato e pagato come un professionista, come un guest e sales manager perchè tale è, invece che sminuirlo e mai formarlo, perché sia sempre più in grado di essere un testimonial del ristorante. Proseguendo l'umiliazione del ruolo del cameriere, accade che oggi questa risorsa scarseggi e i ristoratori se ne dolgano, piangendo lacrime di coccodrillo.
Oggi la sala è svilita e con la sala sono sviliti i camerieri.
ruolo del cameriere, figura fondamentale del servizio
Il cameriere è la figura fondamentale del servizio, come non accorgersene? Non aver tutelato e fatto crescere, e sempre più professionalizzato, la figura del cameriere, è stato errore gravissimo dei ristoratori, ma anche in primis degli istituti alberghieri e degli stessi chef che si sono sentiti unici detentori della ristorazione e egocentrici dei della guida gastronomica e del successo di un locale, niente operando affinché la sala tornasse funzionale e funzionante, già nel loro interesse, come era un tempo, da troppi anni, passato.
Pertanto, affinché, il cameriere torni ad essere figura centrale del servizio occorre che possa primeggiare per compe-
tenze, in modo da favorire la cucina e supportare il valore del ristorante.
Quanto sono importanti, per un servizio eccellente, conoscenze come quelle riferite ai Codici comportamentali degli ospiti, per una gestione personalizzata delle aspettative e delle esigenze specifiche degli ospiti. Investire sulla sala significa aumentare il fatturato aumentando il numero e la frequenza degli ospiti che amano sentirsi, in un locale, come meglio che a casa propria. cod 104455
Per contatti: www.codiceospite.it info@codiceospite.it
Il ristorante Sintesi situato ad Ariccia (Rm), nel cuore dei Castelli Romani, è stato inaugurato nella prima settimana di marzo 2020, pochi giorni prima che scoppiasse il Covid. Sara Scarsella, Matteo Compagnucci e Carla Scarsella sono i tre giovani proprietari. La forza di questo giovanissimo team è che si è saputo mettere in gioco due volte: la prima con l’apertura di un ristorante contemporaneo in una zona fortemente legata alla tradizione e poi con la capacità di riadattarsi velocemente a causa del momento storico dovuto dalla pandemia A novembre 2022 riceve la prima Stella nella Guida Michelin Italia 2023.
Per descrivere il servizio offerto nella sala del ristorante Sintesi, Carla Scarsella ha scelto di utilizzare le parole che i clienti più frequentemente impiegano al momento dei saluti, che potremmo riassumere con: “Servizio
gentile, presente ma non invadente. Il personale è preparato e sorridente, con una predisposizione all’accoglienza e non altezzoso”.
Questa è proprio la “sintesi” del servizio di sala che Carla Scarsella sognava e che orgogliosamente porta avanti ogni giorno, grazie all’impegno profuso dai ragazzi che lavorano nella brigata.
Federica Bazzucchi è una colonna portante, presente sin dall’apertura nel 2020. All’epoca in sala era l'unica figura al fianco di Carla, il ristorante era aperto da pochi mesi in un territorio in cui la proposta era percepita come una novità (con il senso più completo che questa parola contiene) e con un futuro che, come per tutti gli altri colleghi, appariva molto incerto. Federica c’era e ha creduto nel progetto Sintesi fin dal principio.
Loris Paolini, un grande professionista e bravissimo sommelier, ha saputo capire da subito qual è l’idea di cucina degli chef e la scelta delle etichette proposte, andando ad incrementare e migliorare costantemente la carta dei vini.
Michela Vizzini, giovane, appassionata e con tanta voglia di crescere, ha saputo portare nuova linfa dando uno sprint ulteriore alla complessa macchina che si accende ad ogni servizio.
In ultimo, non in ordine di importanza, Valerio Cesaroni che lavora da Sintesi un giorno a settimana e negli altri giorni porta avanti con responsabilità e passione il lavoro di sala da Tinello, il bistrot aperto dalla proprietà a Castel Gandolfo sul finire dell’estate 2023.
Il servizio da Sintesi si basa sulla coordinazione ed il dialogo tra sala e cucina, sullo studio continuo attraverso corsi di formazione e letture preservizio, sul valore umano, sulle attitudini di ciascuno e sulle attenzioni rivolte a ciascun collaboratore, importanti tanto quelle che si rivolgono ai clienti.
La sala è arredata in modo elegante ed essenziale, con un forte richiamo alla natura grazie ai pannelli di muschio, caratterizzata da tavoli in legno nudi e dettagli in ferro. L’obiettivo è quello di creare un ambiente affine all’essenzialità dei piatti pensati dagli chef Sara Scarsella e Matteo Compagnucci ed al servizio di sala.
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La mansione principale del personale di sala e l'obiettivo principale dei ristoranti è la vendita. L'applicazione costante e strutturata delle tecniche di vendita porta ad un ottimo aumento dei ricavi
di Enrik Gjoka
La mansione principale del personale di sala e l'obbiettivo principale dell'azienda di ristorazione è la vendita. Il cameriere
è un commerciale, è il commerciale dell'azienda ristorativa e la vendita è l'attività essenziale svolta dal cameriere. L'accoglienza, il servizio a tavola e l'assistenza al cliente sono solo attività complementari alla vendita. Il comportamento etico e il relazionarsi con il cliente sono delle attività trasversali, vincolate all'obbiettivo principale, che rimane la vendita.
Non sto cercando affatto di sminuire l'importanza di queste ultime attività e nemmeno di negare il loro ruolo rilevante nell'operatività del reparto sala. Anzi, sono convinto dell'esigenza di allargare le conoscenze ed arricchire le competenze
riguardanti tali attività. Vorrei sottolineare e ribadire, piuttosto, che la loro progettazione e il loro sviluppo dovrebbero essere ridimensionati e modellati in funzione dell'attività di vendita.
Sono anni, ma che dico, lustri e decenni, che le mansioni della brigata di sala ruotano intorno alla funzione “servizio”. Si parla, e si scrive, quasi solo su questo argomento. Quanto è importante dare un servizio di qualità, quanto è fondamentale il livello di servizio per l'andamento di un'azienda ristorativa, ecc. Intanto i ristoranti vanno in fallimento, o nella migliore delle ipotesi, vengono sven-
duti. E questo perché non ci si focalizza sul profitto.
Non credo proprio che i primi osti o i primi locandieri abbiano iniziato a prestare i loro “servigi” per puro altruismo, così come non penso che i ristoratori odierni passino le giornate lontani dalle loro case e dalle loro famiglie solo per poter “assistere e servire” la clientela o per pura filantropia.
Dunque, torniamo con i piedi per terra e parliamo di vendite o di profitto. Giusto per fare un esempio: la brigata di sala ha lo stesso costo mensile (inteso come somma delle buste paga) a prescindere dalla produttività mensile del personale (intesa in questo caso come volume di ricavi). Un aumento dei ricavi generato dall'applicazione delle tecniche di vendita incide direttamente e
esempio. Ipotizziamo di realizzare il risultato più basso (30mila euro) dal quale dobbiamo dedurre unicamente i costi delle materie prime, i quali, come ben sappiamo, oscillano dal 25% al 40%.
Considerando il food cost più alto, visto i continui aumenti dei prezzi, (40%, dunque 12mila euro di ulteriore food cost) il profitto aumenterebbe di 18mila euro. Anziché realizzare 20mila euro di profitto, nella peggiore delle ipotesi il ristorante ne realizzerebbe 38mila. Un risultato che merita attenzione e un attimo di riflessione con i tempi che corrono.
La nuova sfida chiave è la crescita della produttività del cameriere
L'aumento dei prezzi delle materie
giorno dopo giorno, con persistenza e dedizione.
A questo link (https://360gradiristoconsulenza.it/corso-di-formazione-sulle-tecniche-di-vendita/ ) troverete ulteriori informazioni e approfondimenti sui benefici relativi all'applicazione delle tecniche di vendita nella ristorazione commerciale.
Il mio intento, però, non è solo quello di condividere ma soprattutto quello di confrontarmi sui suddetti ragionamenti, perché personalmente sono convinto che dalle discussioni scaturiscono le idee migliori. Perciò vi invito vivamente di scrivermi per qualsiasi opinione (soprattutto se divergente dalle mie), correzione o punto di vista attinente all'argomento tramite questo link ( https://360gradi-ristoconsulenza.
All'Expo Erba, si è svolto il concorso interregionale Abi Professional. Durante questa giornata di gare intense, si sono tenute le selezioni per il Caffè Vergnano 1882 e Abi Professional Challenge, le selezioni interregionali per il Concorso Abi Professional e l’Umberto Caselli Competition È proprio in momenti come questi che emerge il vero spirito di un’associazione. Organizzare eventi che attraggono concorrenti di alto livello e mettano in luce le loro abilità consente di scoprire personaggi di spicco, la cui storia merita davvero di essere condivisa. Ed è per questo che abbiamo avvicinato e intervistato Annika Garruti
Annika, diplomata all’Istituto Professionale Alberghiero Statale Trivero di Biella, con specializzazione in sala e bar, non ha mai avuto il rimpianto di aver intrapreso questo percorso «se tornassi indietro 1000 volte, sceglierei per altrettante volte la stessa strada» ci confida «nel passato, il ruolo delle donne nella ristorazione era ancora subalterno e meno valorizzato: non si parlava nemmeno di “Gender Quality”. Le donne con ruoli di responsabilità nella ristorazione, soprattutto nei bar, erano davvero rare».
Tuttavia, dopo trent’anni di esperienza nel settore, Annika riconosce che le cose stanno iniziando lentamente cambiare. Cambiamento dovuto alla determinazione di molte donne che si trovano impegnate in vari livelli di responsabilità nelle direzioni di alberghi, ristoranti e bar.
Da tre anni, Annika è membro di Abi Professional, dove arricchisce l'associazione con la sua partecipazione attiva, prendendo parte ai concorsi insieme al marito Davide, anch’egli associato e con cui condivide l'esperienza di docente. «Abbracciare la mission di Abi Professional è stato facile. Condivido gli stessi valori professionali e gli stessi intenti nel costruire una cultura del buon bere, e in modo che i giovani si avvicinino fiduciosi a questa professione».
«La presenza attiva delle associazioni di categoria come Abi Professional nella didattica, a mio avviso, è
cruciale per coinvolgere i giovani studenti e appassionarli al lavoro di barman» dice Annika, e continua «sarebbe fantastico se si potesse sviluppare una formula che offra ai giovani studenti non solo la possibilità di partecipare a concorsi, ma anche a seminari, visite d’istruzione presso aziende produttrici di bevande, sia alcoliche che non, e di incontrare figure professionali del settore. Queste iniziative potrebbero davvero ispirare e preparare la prossima generazione di talentuosi barman». cod 105155
Rosaspina è il drink che si è classificato al primo posto al The Bar Challenge 2023
• Sciroppo alla rosa Fabbri
• Vermouth Rosé Martini
• Succo alla Mora Bio Cascina La Teresina (To)
• Succo di Aloe
• Gin the Barmaster
• Garnish: Spine in Isomalto con Amarena Fabbri)
Ingredienti derivanti da fiori e da piante "con spine" come rovo e cactacea. Completa il cerchio del gusto il sentore fruttato e speziato dato dal Dry Gin e Vermouth e il sapore netto dell'amarena di guarnizione a chiudere. Amarena Fabbri e spine in isomalto per guarnire.
BrodettoFest, il Festival internazionale dei brodetti e delle zuppe di pesce, torna al Lido di Fano (Pu) nei giorni 30 e 31 maggio e 1 e 2 giugno. L’evento offre un’esperienza gastronomica e culturale autentica
Il cuore di Fano (Pu) batte per BrodettoFest, il Festival internazionale dei brodetti e delle zuppe di pesce, che torna al Lido (Lungomare Simonetti), nei giorni 30 e 31 maggio e 1 e 2 giugno: quattro giornate per celebrare il piatto simbolo della tradizione marinara e vivere un’esperienza gastronomica e culturale autentica. Il profumo caratteristico e il gusto unico del brodetto sono ormai un segno identitario della città, che durante il Festival si trasforma in un grande teatro di sapori: tra tutti, quello della zuppa alla fanese, da assaggiare tutti i giorni nel circuito dei ristoranti dedicato.
BrodettoFest non è solo buon cibo, la kermesse è animata da cooking show, abbinamenti esclusivi con i vini delle Marche, laboratori per bambini, mostre d’arte, talk show con grandi nomi del panorama culturale italiano, spettacoli, concerti e tantissime iniziative per un totale di circa cinquanta appuntamenti.
Otto regioni italiane in sfida al BrodettoFest
L’evento più atteso è la Gara Nazionale dei Brodetti e delle Zuppe di Pesce, una sfida a colpi di padelle e cucchiai, che coinvolge ben otto chef da altrettante regioni italiane: Matteo Crisanti (Abruzzo), Erminia Cuomo (Campania), Giuseppe Bizioli (Liguria), Daniele Tantucci (Marche), Matteo Donati (Toscana), Gabriele Biscotti
(Puglia), Simone Ciccotti (Umbria), Daniele Zennaro (Veneto).
In giuria: Alberto Lupini direttore di Italia a Tavola, chef Igles Corelli, il giornalista e scrittore Nicola Dante Basile e chef Paolo Gramaglia. La gara è in collaborazione con la rivista nazionale Italia a Tavola. Si avvia per questa edizione un’importante collaborazione con lo storico brand di pentole italiane Moneta dal 1875. Per l’occasione è stata realizzata una pentola con il rivestimento naturale in FineGres in edizione limitata dedicata al BrodettoFest.
La pentola ufficiale della Gara Nazionale dei brodetti e delle zuppe di pesce sarà utilizzata dagli chef stellati nei cooking show in programma nella grande cucina del PalaBrodetto. La gara, nei giorni venerdì 31 maggio e sabato 1 giugno, quando si decreterà la regione vincitrice, sarà condotta dalla giornalista tarantina Monica Caradonna, volto di Linea Verde Life in onda su Rai Uno.
I cookingshow al PalaBrodetto sono firmati dalle grandi star della cucina italiana. Chef stellati e grandi cuochi della televisione si susseguono ai fornelli per deliziare il pubblico con i loro piatti, in una chiave di rivisitazione della ricetta tradizionale. Tra gli chef più attesi il napoletano stellato Andrea
Riccardo Scamarcio, Simona Molinae Andrea Aprea. Sono questi i primi superospiti annunciati per BrodettoFest, il Festival internazionale dei brodetti e delle zuppe di pesce, che torna al Lido di Fano (Pu), il 30 e 31 maggio e l’1 e 2 giugno: quattro giornate per celebrare il piatto simbolo della tradizione marinara e vivere un’esperienza gastronomica e culturale autentica. BrodettoFest non è solo buon cibo, la kermesse è animata da cooking show, abbinamenti esclusivi con i vini delle Marche, laboratori per bambini, mostre d’arte, talk show con grandi nomi del panorama culturale italiano, spettacoli, concerti e tantissime iniziative.
giugno - ore 20) dopo essersi costruito una reputazione in Europa e in Italia, lo chef ha scelto Porta Venezia (Milano) come culla per un nuovo ambizioso progetto che porta il suo nome, un ristorante e un bistrot all’interno di un edificio storico sede della Fondazione Rovati. E ancora, Igles Corelli, maestro incontrastato, insignito di cinque stelle dalla guida Michelin, volto storico de “Il gusto di Igles” sul canale di Gambero Rosso Chanell. Inventore della cucina circolare, nella sua cucina nulla viene trascurato o buttato, tutto viene trasformato, grazie alla tecnologia, alla ricerca alla sperimentazione, ma sempre caratterizzata dalla ricerca dei migliori prodotti. Il risultato è una cucina creativa, ricca di riferimenti lo
anche domenica 2 giugno alle ore 13 con un cooking show all’insegna della più buona cucina italiana.
Portavoce della figura del cuoco come promotore della salute, Alessandro Circiello, porta (giovedì 30 maggio - ore 20) al Lido la sua passione per la sana alimentazione, di cui le zuppe di pesce sono un classico. Ospite fisso in tv sulla Rai, Sky, Cnn International e Mediaset. Collabora con il Ministero dell’Ambiente e con il Ministero dell’Agricoltura (Masaf) sul tema della valorizzazione dei prodotti alimentari, delle biodiversità e sulla promozione della dieta mediterranea. Cooking show in collaborazione con Earth System. Il coordinamento della cucina del Palabrodetto è a cura di Antonio Bedini (Apci).
A BrodettoWine in collaborazione con Food Brand Marche l’assaggio diventa emozione pura, grazie agli abbinamenti con i vini Doc e Docg del territorio, selezionati tra le migliori cantine vitivinicole delle Marche.
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Per informazioni: www.brodettofest.com
Longarone, Belluno 6–7–8 OTTOBRE 2024
Orari domenica, lunedì e martedì 10–18
Dolomiti Horeca è un momento di incontro fra gli albergatori e ristoratori con le aziende che riforniscono di beni e servizi questo importante settore. L’ospitalità e la ristorazione nelle aree rurali caratterizzano la maggior parte del lavoro degli operatori che frequentano Dolomiti Horeca, giunta quest’anno alla quarta edizione: 6-78 ottobre 2024.
La fiera nasce proprio nel 2019, quando le Olimpiadi Inverali 2026 vengono assegnate a Milano-Cortina. La naturale vicinanza con la perla delle Dolomiti vede questa fiera impegnata ad accompagnare gli operatori Horeca verso questa opportunità.
Si tratta di un trampolino di lancio per lo sviluppo di tutto il settore turistico in un ampio territorio. Così Dolomiti
Horeca ha trovato nel quartiere fieristico di Longarone la sua sede naturale, collocata a metà strada fra le Dolomiti e le Colline di Valdobbiadene e Conegliano, entrambi Patrimonio Unesco.
La zona geografica di maggior coinvolgimento riguarda soprattutto le aree montane e collinari del Veneto, FriuliVenezia Giulia e Trentino - Alto Adige, ma l’interesse si sta spingendo oltre grazie alle novità che caratterizzano sempre più l’esposizione.
A testimoniarlo ci sono i numeri del 2023: la terza edizione ha visto un ulteriore incremento del 30% degli operatori in visita. Mentre l’area espositiva per il 2024 segna un +25% rispetto allo scorso anno con importanti new entry a garantire una manifestazione completa e all’altezza di tutto il settore Horeca.
Tra le novità, un ricco programma dedicato al mondo della pizza grazie alla partecipazione della “Quattro Spicchi Team Accademy” con concorsi e masterclass che vedranno protagonisti chef e pizzaioli del calibro di Rufo, Brunori, Gianotti, Tiziano, Vari, Spanò, Bucca, Alingeri, Mannello, Starità e Sorbillo. Grazie alla collaborazione con numerosi partner che rappresentano tutto il mondo Horeca, le tre giornate sono caratterizzate da incontri b2b, masterclass, momenti di confronto e approfondimenti per gli operatori del settore avendo come focus la qualità dell’offerta, la facilitazione del matching tra aziende e la ricerca di rappresentanti e manodopera specializzata. Per maggiori informazioni visita www.longaronefiere.it cod 105014
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Maggio 2024 · Anno XXXVIII · N. 318 - Italia a Tavola è una rivista di aggiornamento professionale e cultura enogastronomica per l’Horeca. Si occupa di food service, alberghi, ristoranti, pizzerie, pasticcerie, bar, turismo, travel, wellness e salute, con attenzione particolare ai professionisti, agli enti, alle aziende e alle associazioni del settore in tutta Italia.
Collaboratori di questo numero: Valerio Beltrami, Giuseppe Cristini, Aldo Cursano, Matteo Cutolo, Bartolomeo D’Amico, Sal De Riso, Enrico Derflingher, Tiziana Di Masi, Bernardo Ferro, Enrik Gjoka, Kairos Goodfriend, Francesco Guidugli, Martino Lorenzini, Angelo Musolino, Omnia Comunicazione, Gabriele Pasca, Rocco Pozzulo, Alberto Presutti, Guido Ricciarelli, Enrico Rota, Emanuele Svetti, Francesca Tagliabue, Eros Teboni, Rudy Travagli.
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