Maria Stelladoro Daniele monaco, scriba del SS.mo Salvatore di Messina de lingua phari*
1. Introduzione Daniele1, monaco VNHXRIXYOD[, esplicò la sua attivitĂ di amanuense scevofilace nel monastero del SS.mo Salvatore de lingua phari2 di Messina3 tra la fine del ‘200 e i primi del ‘300 : oltre a qualche * Dedico questo modesto contributo al prof. Paul Canart, mio Maestro. 1 Sul monaco Daniele, scriba del monastero, si veda il lavoro della compianta Foti, ÂŤÂ Daniele . Notoriamente molto scorretto, lo definiva la compianta Enrica Follieri (a cura di), La Vita, p. 102. Il bollandista Jean Stiltingh, che nel 1750 editò l’agiografia di Elia lo Speleota (BHG 581), trĂ dita, per il testo greco, solo dal Menologio di Daniele (Mess. gr. 30, f. 29v-49v), informa di averla cavata da un apographum valde mendosum (l’attuale Bruxell. Reg. gr. 8450-51 – assai sbrigativamente e genericamente, a nostro avviso, citato dal Caruso, ÂŤÂ Sulla cronologia , p. 25, n. 1, che lo registra semplicemente come Bruxell. 8450-51, senza alcun riferimento nĂŠ alla lingua nĂŠ alla Bibliotheca Regia Bruxellensis in cui è conservato –, cartaceo, saec. xvii, f. 1-50v, sul quale si rimanda a Van de Vorst-Delehaye, Catalogus, p. 216), cfr. AA. SS., Sept., III, Antverpiae, 1750, p. 843BF, n. 2-3 e nota in margine al n. 2. Il codice Bruxell. Reg. gr. 8450-51, f. 1-50v è un apografo del Mess. gr. 30, f. 29v-49v. Anche la Vita di Nicodemo di KellĂ rana (BHG e Novum Auctarium BHG 2305) ci è stata tramandata, con imprecisazioni, da un unico codice in greco, il Mess. gr. 30, f. 245v-250v. Su Elia lo Speleota e Nicodemo e sui santi monaci italo greci dei secc. ix-xiii si rimanda, oltre che al Convegno Internazionale (= Il Monachesimo d’Oriente e d’Occidente) di Studi tenutosi a Grottaferrata il 23-26 settembre 2004, anche al recente lavoro di Caruso, ÂŤÂ La FZYUD , p. 55-96 ; Id., ÂŤÂ Sulla cronologia , p. 25-65 ; Id., ÂŤÂ Un nuovo , p. 79-96 ; Stelladoro, ÂŤÂ Il monachesimo  ; Ead., ÂŤÂ Note , p. 229-241. Per le critiche mosse agli errori di Daniele monaco, nonostante la bella grafia, cfr. Caruso, ÂŤÂ Un nuovo , p. 84-85 ; Id., ÂŤÂ Sulla cronologia , p. 37 e n. 52 ; Follieri (a cura di), La Vita, p. 298. 2 Cfr. LucĂ , ÂŤÂ I Normanni , n. 292. Accettiamo la denominazione de lingua phari, proposta da LucĂ piuttosto che non quella in lingua phari, proposta dalla compianta Foti, Il monastero. LucĂ , infatti, pur riconoscendo che l’espressione in lingua phari sia grammaticalmente corretta, preferisce scrivere de lingua phari, in quanto è la forma corrente nella documentazione superstite, cfr. LucĂ , ÂŤÂ I Normanni , n. 292. 3 Sul monastero del SS.mo Salvatore di Messina, si veda Foti, ÂŤÂ Cultura  ; Ead., Il monastero ; Mercati, Per la storia, p. 166-176 ; Pirri, Sicilia, p. 971-996 ; Re, ÂŤÂ Il copista  ; Id., Il typicon ; Rodriquez, Bibliografia ; Ead., Catalogo ; Scaduto, Il monachesimo, p. 165-243/414-436. Sulle vicende della biblioteca e sui manoscritti del monastero del SS.mo Salvatore, si rimanda agli Atti del Convegno : Basilio ; Foti, Catalogo ; Ead., I Codici ; Ead., Il monastero, p. 29-119 ; Mercati, Per la
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esito minore di carattere liturgico, ha messo assieme i due famosi volumi del tardo panegirico messinese, che si conserva nei codici Mess. gr. 30 + 29 (olim PE = 42 e olim PD = 41), vergati nel 1307-13084. Il menologio di Daniele è composto da testi metafrastici, premetafrastici ma soprattutto da una ricca collezione di Vitae di santi locali, per alcuni dei quali tale panegirico risulta spesso testis unicus. Ăˆ proprio a Daniele VNHXRIXYOD[ che si deve quel ricco corpus menologico in cui figurano, spesso trĂ dite da fonte unica, tante Vitae di eroi della fede che avevano operato nell’Italia Meridionale a partire dal fondatore dell’Acroterio, Bartolomeo di Simeri. Lo scriba Daniele ha voluto lasciare memoria di sĂŠ, oltre che nei manoscritti, anche nell’autoritratto posto all’inizio del ELYR di Bartolomeo di Simeri5, conservato nel Mess. gr. 29, f.
storia, p. 32-60, 85-97, 149-178, 228-247, 269-291 ; LucĂ , ÂŤÂ Antonio  ; Id., ÂŤÂ Il Vaticano  ; Re, Il typikon. Alcuni criteri, che qui riportiamo, hanno consentito la ricostruzione (seppure ancora parziale) del consistente patrimonio della biblioteca del monastero : l’identificazione con i volumi elencati nei tre antichi inventari del Fondo Greco manoscritto della biblioteca (tre furono gli inventari del fondo manoscritto della biblioteca, redatti rispettivamente : uno del 1563, stilato da Francesco Antonio Napoli, emissario di Pio IV comprendente 122 mss. ; un altro riconducibile a poco prima del 1581, che enumera 110 codici e l’ultimo del sec. xvii vergato da un anonimo che elenca solo 92 codici. Sui tre predetti inventari si rimanda a Batiffol, L’abbaye, p. 128-142, che edita il catalogo di Francesco Antonio Napoli ; Mercati, Per la storia, p. 31-60 ; 149-166 ; 228-247 ; 269-291. Utile al riguardo anche il lavoro di Stelladoro, ÂŤÂ Il codice , p. 103-123). Gli altri criteri sono : le sottoscrizioni degli scribi ; le note di possesso ; le indicazioni dei marginalia e la firma che Antonio Carissimo, notaio vissuto nel sec. xv (sul quale si rimanda a Foti, ÂŤÂ Antonius , p. 1-14 ; Ead., Il Vangelo, p. 75-84 ; LucĂ , ÂŤÂ Antonio ), era solito apporre ad alcuni codici del monastero. 4 Sui quali si rimanda a Borsari, Il monachesimo, p. 122-124 ; Canart, ÂŤÂ Gli scriptoria , p. 153-154 ; Delehaye, Catalogus, p. 33-47 ; Devreesse, Les manuscrits, p. 14, n. 5/42 ; Ehrhard, Ăœberlieferung, III, p. 443-450 ; Foti, Il monastero, p. 62 ss. ; Halkin, ÂŤÂ Manuscrits , p. 250-253 ; Mancini, Codices, p. 45-67 ; Rodriquez, Bibliografia ; Ead., Catalogo, p. 63-68/ 57-72 ; Turyn, Dated, I, p. 110-112, II, pl. 85/235d. Sui manoscritti citati dall’Ehrhard si rimanda a Perria, I manoscritti. 5 L’agiografia di Bartolomeo di Simeri (BHG 235) fu editata dal bollandista Jean Stiltinch nel 1762 (rist. Bruxelles, 1970) nell’viii tomo degli AA.SS. di Sept., VIII, come Appendix ad diem XIX Augusti, p. 810-826. Stilting, che pare essersi mosso sulle orme del confratello Conrad Janninck (cfr. op. cit., p. 795BC, § II, n. 16), pubblicava l’editio princeps del ELYR di Bartolomeo da Simeri cavandola, non dal testo greco conservato nel secondo volume del Menologio di Daniele (Mess. gr. 29), ma da due suoi tardi apografi (i testi nn. 18 e 19) contenuti nello stesso codice, il ms. 192 conservato nella Biblioteca Bollandiana di Bruxelles e precisamente : il Bruxell. Bolland. gr. 192. 18 – e non il cod. 284, come erroneamente citato dal Caruso, ÂŤÂ Recensione , p. 303 (ma nella n. 15 lo cita 192), che è, invece, il numero progressivo e non quello della collocazione del codice 192, che contiene 21 documenti, dei quali solo i nn. 18 e 19 interessano la BHG 233 mentre i nn. 20 e 21 contengono rispettivamente un Compendium Vitae Bartholomaei, f. 240-240v e un /RYJR HMJNZPLDVWLNRY ai f. 244-253, registrato quest’ultimo nella BHG 236-, f. 190-213v (BHG 233) – cartaceo, saecc. xvii-xviii ; e il Bruxell. Bolland. gr. 192. 19 (BHG 233), f. 215-237, vergato nel 1745 dal professore di lingua greca, ieromonaco e bibliotecario del monastero SS. Salvatore, don Alessandro Villare (com’è attestato nel sigillo apposto ai f. 237-238 e com’è altresĂŹ precisato dagli stessi bollandisti nel catalogo compilato da Van de Vorst-Delehaye, Catalogus, p. 227-229, spec. p. 229, per il n. 19 : ÂŤÂ apographum ex codice 41 monasterii SS. Salvatoris prope Messanam anno 1745 exaratum ab Alexandro Villare hieromonacho dicti monasterii, ut ipse testatur et fidem facit notarius publicus Messanae et ipse senatus, cuius sigillo charta munita est (f. 237-238)  ). Ăˆ utile precisare che il codice 41 del monastero del SS. Salvatore altri non è che l’attuale Mess. gr. 29 (olim PD = 41), cioè il secondo tomo, dopo il Mess. gr. 30, (olim PE = 42), del monumentale Menologio di Daniele. Augusto Mancini, Per la critica, p. 5, confrontando l’ed. dello Stilting con il testo nel Mess. gr. 29 ebbe modo di rilevare che il testo bollandiano era ÂŤÂ in molti luoghi difettoso  presentando ÂŤÂ molte mende  per cui si rendeva necessario ÂŤÂ un esame piĂš accurato del codice messinese , che il Mancini in effetti fece e pubblicò nella giĂ citata memoria Per la critica, p. 3-16.
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213v, prima colonna6. L’autoritratto, al margine sinistro della prima colonna del f. 213v del Mess. gr. 29, mostra Daniele monaco VNHXRIXYOD[ seduto proprio nell’atto di offrire la sua opera di calligrafo alla Madonna Odigitria e a Bartolomeo di Simeri, i cui ritratti sono posti in un riquadro incorniciato in rosso, di fattura provinciale, collocato un poco piĂš in alto rispetto a quello di Daniele, che, raffigurato nell’atto di scrivere7, volge proprio il suo sguardo in alto verso di loro. Sul lato sinistro, proprio accanto all’autoritratto di Daniele, si legge, ad inchiostro rosso, il suo nome distribuito su due linee, come segue : 'DQLeK O8 ; invece, in alto, esattamente al margine superiore dello stesso f. 213v nella prima colonna, proprio sopra la cornice in rosso del riquadro contenente al suo interno le icone della Madonna Odigitria a sn. e di Bartolomeo di Simeri a ds., si legge, ad inchiostro rosso : DXJ RX VW RX LT ORJ R PT . Per amore di completezza ricordiamo che Bartolomeo di Simeri, dopo avere fondato il cenobio di S. Maria Odigitria a Rossano, fondò pure il monastero del SS. mo Salvatore de lingua phari di Messina9. Il copista è stato definito da Maria Bianca Foti epigono dei traslitteratori10. Egli era solito eliminare gli antigrafi della sua copia11. GiĂ l’Ehrhard aveva sottolineato che alcune Vitae di santi, accolte nel panegirico di Daniele, erano traduzioni in greco di agiografie in latino12. Il monaco Daniele rivela purtroppo una contrastante personalitĂ in quanto le scarse capacitĂ linguistiche e tecniche non collimavano con gli alti interessi antiquari e filologici : egli associava alla nitidezza della grafia una grande trascuraggine ortografica13. L’operato di Daniele rivela quindi, da un lato, una forte pulsione antiquaria, che lo spinge a ricercare antichi esemplari in maiuscola, puntualmente obliterati dopo averli copiati ed usati come supporto di nuovi codici ; dall’altro lato rivela pure una forte pulsione filologica, che, se lo spinge a trasmettere la tradizione dei santi locali, tuttavia, contrasta con le sue pessime qualitĂ di copista14. Nonostante le critiche mettano in evidenza che le scarse capacitĂ tecnico-linguistiche, come si diceva, non siano pari agli interessi antiquariofilologici dello VNHXRIXYOD[ Daniele, la sua opera di trascrittore resta tuttavia emblematica, a nostro 6 Mancini, Per la critica, p. 6 registra erroneamente tale autoritratto al f. 221 del predetto codice ; nell’altra opera Codices, p. 66 lo registra erroneamente al f. 221v del predetto codice. 7 Caruso, ÂŤÂ Recensione , p. 307, n. 12 evidenzia come per Mancini, Per la critica, p. 7, Daniele, in questo autoritratto, sia raffigurato seduto nell’atto di scrivere. Crediamo con Mancini che Daniele, raffigurato seduto nell’atto di scrivere, offrisse proprio l’attivitĂ che lo raffigurava, cioè quella di calligrafo, alla Madonna Odigitria e a Bartolomeo, come pare attestare anche la tradizione del suo stesso ELYR Un’ottima riproduzione di tale autoritratto è nella tav. 13 del Catalogo, di M.T. Rodriquez (che, tuttavia, Caruso, ÂŤÂ Recensione , p. 307, n. 12 ; Id., ÂŤÂ Un nuovo , p. 85, n. 31 non cita) oltre che sulla copertina di Calabria bizantina (la sola citata dal Caruso, ÂŤÂ Recensione , p. 307, n. 12). 8 Riportato dal Mancini, Per la critica, p. 7. 9 Sull’argomento si rimanda alla seguente bibliografia essenziale : Batiffol, L’abbaye ; LucĂ , ÂŤÂ AttivitĂ Â Âť, p. 25-73 ; Id., ÂŤÂ I Normanni , p. 1-91 ; Id., ÂŤÂ Il Patir , p. 255-268 ; Id., Manoscritti ; Id., ÂŤÂ Rossano , p. 93-170 ; Id., ÂŤÂ Scrittura , p. 117-130. 10 Foti, ÂŤÂ Daniele , p. 128-132. Sui traslitteratori, cfr., da recente, Cavallo, ÂŤÂ Presentazione  ; Ronconi, La traslitterazione. 11 Per l’attivitĂ di Daniele e le sue traslitterazioni si rimanda a Foti, ÂŤÂ Daniele , p. 128-130 ; Ead., Il monastero, p. 62/113. 12 Ehrhard, Ăœberlieferung, III, p. 449-450. Cfr, pure Foti, ÂŤÂ Daniele , p. 128-130 ; Ead., Il monastero, p. 114. Sui manoscritti citati dall’Ehrhard si rimanda a Perria, I manoscritti. 13 Follieri (a cura di), La Vita, p. 298. 14 Foti, ÂŤÂ Daniele , p. 128-130 ; Ead., Il monastero, p. 117.
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avviso, per i seguenti motivi : l’interesse15 con cui le tradizioni storico-agiografiche locali sono state recepite e introdotte in un panegirico ufficiale di struttura costantinopolitana ; la destinazione liturgica, come richiamo e rinnovamento dei doveri monastici ; infine, il riferimento, al Menologio di Daniele, di tardi richiami posti in margine al Typikon del monastero16. Tra la produzione agiografica degli ambienti intellettuali monastici, l’agiografia occupava un posto privilegiato. Il santorale italo-greco era molto piÚ ricco di Vitae agiografiche17 di quante non ve ne siano effettivamente approdate : è probabile che una parte dell’agiografia italo-greca sia andata perduta dal momento che, quanto ci è rimasto, si deve solo ai menologi trascritti da Daniele VNHXRIXY O D[ e, quindi, ci è stato tramandato per iniziativa ben precisa di un solo monaco particolarmente interessato agli avvenimenti nella zona di influenza del monastero del SS. mo Salvatore de lingua phari, proprio quella in cui si espande la scrittura di Reggio18. L’agiografia di Bartolomeo di Simeri19 costituisce l’ultima significativa acquisizione dell’agiografia italo-greca in un ambiente in cui ormai le capacità retoriche si erano quasi del tutto divaricate per le pulsioni della spontaneità religiosa dell’etnia20. In effetti, al di fuori delle linee di forza del monastero del SS.mo
15 Esso denota sia la crisi per cui le predette tradizioni si disperdevano, sia il fatto che rappresentavano il punto di riferimento culturale dell’ultima grecità dell’Isola, visto che l’opera di Daniele è l’ultima in tale senso, cfr. Foti, Il monastero, p. 117. 16 Sul typikon del monastero : Arranz, Le typicon ; Cozza-Luzi,  De typico , p. 117-130 ; Foti, I Codici, p. 72-73 ; Ead., Il monastero, p. 62 ; Guillou, Aspetti, p. 476-481 ; Leroy,  La date , p. 39-55 ; Mancini, Codices, p. 180-182 ; Matranga, Catalogo ; Re, Il copista, p. 145-156 ; Id, Il typikon, p. 249-278 ; Rossi,  La prefazione , p. 71-84. Per amore di completezza precisiamo che il  Catalogo , ultimato da Filippo Matranga [nato nel 1822] (fratello del celebre Pietro [nato nel 1807 – morto nel 1855]), il 1° ottobre 1885, è conservato, ancora manoscritto e senza paginazione, nella Biblioteca Regionale Universitaria di Messina. Su Matranga si rimanda alla bibliografia essenziale in Ferrari, Onomasticon, p. 407. Cfr. pure Caruso,  Tra Avignone , p. 37 ss. 17 Foti,  Cultura , p. 40. 18 Foti,  Cultura , p. 40 ss. offre un elenco di santi le cui vitae risalgono in questo periodo. Sullo stile di Reggio si vedano gli orientamenti nei seguenti recenti studi : Degni,  Sullo stile , p. 57-81 ; Re,  Considerazioni , p. 303-311 ; Id.,  I manoscritti , p. 99-124. 19 AA. SS., Sept., VIII, Antverpiae, 1762 (rist. an. Bruxelles, 1970), p. 810-826 a cura di J. Stilting come Appendix ad diem XIX Augusti. Sul santo si veda di recente Re, Sul viaggio, p. 71-76 ; Stelladoro,  Il monachesimo  ; Zaccagni,  Il bios , p. 193-274 e recensione di Caruso, in Bizantinistica. L’agiografia di Bartolomeo, pubblicata dai Bollandisti, trà dita dall’unico testimone, il Mess. gr. 29, cioè, come sappiamo, dal grosso Menologio di Daniele, vi occupa un posto privilegiato, sottolineato dalla presenza della miniatura, proprio in quanto Daniele monaco VNHXRIXYOD[ voleva solennizzare la vita del fondatore del monastero. Cfr. Foti,  Cultura , p. 45 e n. 2. La studiosa nota altresÏ (p. 47-48 dell’op. cit.) che si tratta di un’opera agiografica ricca di riferimenti culturali non interessata al miracoloso (la narrazione del miracolo operato da Bartolomeo consente all’agiografo di dilungarsi sulla fondazione del monastero, cfr. AA. SS., Sept., VIII, p. 823-825) ma teleologicamente orientata verso il culmine politico della carriera del santo e cioè la fondazione del monastero del SS.mo Salvatore de lingua phari. 20 Infatti, ad es. le Vitae dei santi Gerasimo, Giorgio, Arsenio, Stefano, ecc., testimoniate sia nel Triodio Mess. gr. 86 che nel Sinassario Lips. Rep. II 25 non giunsero forse mai al racconto agiografico. Il monastero del SS. mo Salvatore de lingua phari di Messina impiega la sua capacità retorica e la sua competenza letteraria nel recupero di antiche tessere agiografiche, traducendo dal latino la Vita di Bartolomeo Apostolo e componendo ex novo la Vita di di Giacomo, in quanto il problema
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Salvatore, che si cristalizzeranno nel panegirico di Daniele monaco VNHXRIXYOD[ si può reperire nell’ambito della grecitĂ minore dell’Italia meridionale solo qualche spunto di agiografia e ancora per qualche secolo : si tratta di opere poverissime, assai lontane dalla tensione ideologica e teologica che aveva caratterizzato la grande stagione agiografica con motivi e spunti di carattere folkloristico (come ad es. il motivo della ricerca del tesoro nella Vita di Giovanni Terista21). Neppure nella tarda agiografia siciliana la situazione cambia di molto e le tensioni, che si rivelano in questo periodo, penetrano pure nel menologio di Daniele monaco VNHXRIXYOD[ come pare dimostrare la Vita di Marina di Scanio22, priva delle tradizionali coordinate agiografiche e, quasi del tutto, incentrata sul tema del travestimento della monaca in monaco, di chiara derivazione novellistica23. Un manoscritto, che di questa parte agiografica si è salvato, ne fa postulare l’origine intorno al sec. xii : il ms. contiene la Vita di Giacomo di Zebedeo, che Daniele ha trascritto nei f. del Mess. gr. 29, copiando un testo che si è conservato come fascicolo aggiunto all’inizio del Mess. gr. 4924. Il Menologio di Daniele VNHXRIXYOD[ costituisce l’unico punto di riferimento nello stesso uso liturgico quotidiano25. La qualitĂ e l’eleganza dei codici del monastero suffraga l’ipotesi dell’esistenza di uno scriptorium organizzato e sicuramente diretto da un protocalligrafo, che, in etĂ normanna, sarĂ stato quasi certamente autonomo e strutturato organicamente26. Anche se la prima generazione di calligrafi pare essere stata calabra, sicuramente nell’ambito del monastero, si sarĂ creata una scuola. Pare, infatti, che il monastero abbia fatto ricorso a manodopera esterna e che abbia attinto al tradizionale serbatoio della grecitĂ d’oltre Stretto. Dal sec. xiii al sec. xiv, fino a Daniele VNHXRIXYOD[, tutti i copisti, la cui identità è rilevabile grazie a caratteristiche storiche e paleografiche, prestarono la loro opera per il monastero solo in un periodo della loro carriera e probabilmente fu proprio il collegamento con la realtĂ calabra che consentĂŹ l’esplicarsi di una fiorente attivitĂ di copia27. Nel primo decennio del ‘300 la grecitĂ del monastero del SS.mo Salvatore de lingua phari di Messina sembrò tentare una sua ultima proposta culturale, impegnandosi nel recupero di una tradizione agiografica, legata all’Acroterio ed ivi venerata. Ma, con Daniele pare ormai conclusa la storia dello scriptorium del SS.mo Salvatore di Messina28. Il Marc. gr. 362, sicuramente appartenuto, un tempo, alla biblioteca del monastero del SS.mo Salvatore di Messina, costituisce, ancora oggi, un interessante testimonium dell’attivitĂ di copia principale non era quello di recepire, in questo momento, le pulsioni etniche della base ma quello di fare i conti con la sempre piĂš crescente agiografia latina, cfr. Foti, ÂŤÂ Cultura , p. 47 e n. 4 ; Ead., Il monastero, p. 113-115. 21 Sul quale si veda di recente Stelladoro, ÂŤÂ Il monachesimo . 22 Sulla quale si veda di recente Stelladoro, ÂŤÂ S. Marina , p. 57-66. 23 Foti, ÂŤÂ Cultura , p. 48. 24 Foti, Il monastero, p. 113-114. 25 Al riguardo si veda : Arranz, Le typicon, p. 315-318 ; Cozza-Luzi, ÂŤÂ De typico , p. 131-136 ; Foti, I Codici, p. 72-73 ; Ead., Il monastero, p. 63 ; Guillou, Aspetti, p. 476-481 ; Leroy, ÂŤÂ La date , p. 39-55 ; Mancini, Codices, p. 180-182 ; Matranga, Catalogo ; Re, Il copista, p. 145-156 ; Id, Il typikon, p. 253, ss ; Rossi, ÂŤÂ La prefazione , p. 71-84. 26 Foti, Il monastero, p. 29-63 ; Ead., Lo scriptorium, p. 389-416. 27 Foti, ÂŤÂ Copisti , p. 367-382 ; Ead., Il monastero, p. 58. 28 Foti, ÂŤÂ Lo scriptorium , p. 389-416. Cfr. pure Cavallo, ÂŤÂ La trasmissione , p. 157-245 ; Id., Monachesimo, p. 33-43 ; Id., Tra lettura, p. 17-28.
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dello scriptorium del SS.mo Salvatore de lingua phari di Messina negli ultimi decenni del sec. xiii e nei primi del sec. xiv29. La ripresa dell’attivitĂ scrittoria del monastero, nel predetto ambito cronologico, è da collegare, a nostro avviso, a rinnovate esigenze liturgiche e troverĂ il suo culmine, pochi anni dopo, proprio nella monumentale opera del monaco Daniele VNHXRIXYOD[. Il monastero è pure stato sede di una delle piĂš importanti biblioteche delle realtĂ monastiche italo-greche30 : il cenobio del SS.mo Salvatore fu costituito in Archimandritato con il decreto di Ruggero II31 nel maggio del 1131 e posto, in seguito, a capo di una confederazione di circa una quarantina di monasteri greci suffraganei, ubicati nella parte orientale della Sicilia e della Calabria Meridionale32. Tale istituzione monastica era quasi nata come una colonia del monastero di S. Maria del Patir di Rossano, in quanto vi fu eletto primo archimandrita proprio Luca, giĂ igumeno del predetto monastero rossanese. Dal ELYR di Bartolomeo da Simeri33 sappiamo, inoltre, che Luca portò con sĂŠ dodici monaci e la metĂ dei libri della biblioteca del monastero del Patir di Rossano34. 2. Il menologio di Daniele SKEUOFULAX Il Menologio, ultimato, nel 1307 da Daniele monaco VNHXRIXYOD[, che ne sottoscrisse la prima parte (esemplata dal Mess. gr. 30), in data 2 settembre del 1307, è costituito, come si diceva, dai codici Mess. gr. 30 + 29, che contengono un panegirico italo-greco, che tramanda, spesso come testis unicus, molte vitae di santi italo-greci35. Ăˆ celebre la corposa raccolta, messa assieme dallo scriba, nell’estrema attivitĂ autonoma della cultura italo-greca del monastero, dove lo VNHXRIXY O D[
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Jacobs,  Nicolas , p. 152-155 ; Re, Il typikon, p. 272 ; Id., Note, p. 53, n. 1. Re, Il typicon, p. 249. Utile, riguardo le biblioteche monastiche, il recente contributo di Cavallo,  Biblioteca . 31 Del diploma rimane una copia conservata nel cod. Vat. lat. 8201 (costituito da copie di documenti eseguite nel sec. xvii su originali esistenti nell’Archivio dell’Archimandritato), f. 128-129v e 269-270v. Il testo è stato editato da Cusa, I diplomi, I, p. 292-294 ; Starrabba, I diplomi, p. 342-347. In traduzione latina è stato editato da Pirri, Sicilia, II, p. 972-973. Si vedano pure Caspar, Roger, p. 507 ; Scaduto, Il monachesimo, p. 180-183. 32 Suddivisi in due gruppi, i monasteri suffraganei si distinguevano in cenobi minori, cioè quelli alle dirette dipendenze dell’archimandrita, che li amministrava per mezzo di economi da lui stesso nominati ; e monasteri autocefalici, i quali eleggevano liberamente i propri igumeni e godevano di una maggiore autonomia. Su tali monasteri si veda Basilio ; Stelladoro,  Il codice . Si ricordi che in un primo elenco, contenuto nel diploma di conferma del decreto regio del maggio 1131 (emanato nell’ottobre del 1131 dal vescovo di Messina, Ugo), vi erano computati 31 monasteri (cfr. Pirri, Sicilia, p. 973-974 ; Scaduto, Il monachesimo, p. 183), invece, nel diploma di Ruggero il Normanno del febbraio 1133, con cui era perfezionato il precedente atto del 1131 (il documento è conservato nel Vat. lat. 8201, f. 56-59v ; 130-132v ; 60-63v ; 271-273v ; è stato editato in latino da Caspar, Roger, p. 523 ; Pirri, Sicilia, II, p. 974-976 ; Scaduto, Il monachesimo, p. 185-187) e se ne designava archimandrita Luca, già igumeno del monastero di S. Maria del Patir di Rossano, erano computati 41 monasteri, suddivisi come sopra. Cfr. pure Re, Il typikon, p. 250. 33 AA. SS., Sept., VIII, Antverpiae 1762, p. 810-826. Sul santo si veda di recente Stelladoro,  Il monachesimo . 34 Sugli stretti rapporti tra il monastero del Patir di Rossano e quello del SS.mo Salvatore di Messina si rimanda a Lucà ,  I Normanni , p. 45-63. 35 Re, Il typicon, p. 272. 30
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raccoglieva buona parte della tradizione agiografica del SS.mo Salvatore, sia antica che recente, salvando una tradizione di cui il panegirico messinese resta spesso superbo e unico testimone36. Daniele usa una scrittura di Reggio, ormai priva di qualsiasi vitalitĂ , in quanto è un continuatore di uno stile stereotipo37. Infatti, il menologio di Daniele VNHXRIXYOD[ è un’opera monumentale, vergata in una minuscola che, in effetti, ha ben poco dello stile di Reggio. Esso, anche se non ne esaurisce l’espressione grafica, è, tuttavia, quello del maggior numero di codici del monastero, e si orienta, piuttosto, verso una stilizzazione rettangolare. Tale menologio è costituito da due manoscritti di grande formato e di notevoli ambizioni sia sul piano testuale che su quello formale, e da un apparato decorativo ottenuto smembrando codici piĂš antichi per riutilizzarne nuovamente i fogli. Una sottoscrizione38 italo-greca chiude il primo dei due volumi dell’ampia raccolta di tradizione agiografica, portata a punto da Daniele nel suo Menologio39. Sul primo ed ultimo foglio è apposta la segnatura da una mano seriore rispetto a quella del copista40. Il Mess. gr. 3041 Ăˆ il primo dei due volumi del monumentale Menologio di Daniele. Ăˆ un codice membranaceo (sono cartacei solo le c. I-VI), che misura mm. 422 x 325, in gran parte palinsesto (f. I, 265 i.e, 230 ; II-VI). Risale al sec. xiv ed è datato precisamente al 2 settembre dell’A. D. 130742. La legatura è del sec. xx ; di fattura in mezzo cuoio su assi di legno con fermagli metallici. Non è rispettata la legge di Gregory43. La foratura è di tipo E Jones. La rigatura è a secco e di tipo 00D2 di Leroy44, il cui sistema però non è classificabile. La scrittura, ad inchiostro bruno scuro, è una minuscola in stile di Reggio, con le caratteristiche su esposte, ed è imputabile ad una sola mano. La scrittura distintiva è, invece, una maiuscola di tipo alessandrino. Il codice si presenta decorato con testate geometriche in minio ; ha, inoltre, titoli ed iniziali in minio e al f. 15r è riscontrabile una miniatura.
36 Per le Vitae agiografiche testimoniate solo dai mss. di Daniele si rimanda a Ehrhard, Ăœberlieferung, III, p. 448-449. Sui manoscritti citati dall’Ehrhard si veda Perria, I manoscritti. 37 La scrittura di Reggio, anche se non ne esaurisce l’esperienza grafica, è tuttavia quella portante del Monastero del SS. Salvatore e quella del maggior numero di codici ivi conservati e/o vergati. Al riguardo si rimanda a Degni, ÂŤÂ Sullo stile , p. 57-81 ; Foti, ÂŤÂ Cultura , p. 19 ss. ; Ead., Il monastero, p. 29 ss. ; Ead., ÂŤÂ Lo scriptorium , p. 389 ss. ; Perria, ÂŤÂ Introduzione , p. XI-XXIII ; Re, ÂŤÂ Considerazioni , p. 303-311 ; Id., ÂŤÂ I manoscritti , p. 99-124 ; Id., Lo stile, p. 99-124. Sui manoscritti greci dell’Italia Meridionale è utile il recente studio approntato da Canart-LucĂ , Codici. 38 Sulla sottoscrizione si rimanda al Seminario di Erice : Scribi e colofoni. 39 Nel Mess. gr. 30 la nota di chiusura è associata ad un’invocazione. 40 Rodriquez, Bibliografia ; Ead., Catalogo, p. XXXVIII. 41 Daneu Lattanzi, I manoscritti, p. 136-139 ; Mancini, Codices, p. 45-67 ; Rodriquez, Bibliografia ; Ead., Catalogo, p. 57-62 ; Turyn, Dated, p. 110-112. 42 Come si legge nella sottoscrizione al f. 265 i. e. 230, per la quale si rimanda a Rodriquez, Catalogo, p. 57-58 (tav. 87). 43 Gregory, ÂŤÂ Les cahiers , p. 261-268. 44 Per il riscontro si rimanda a Leroy, Les types de rĂŠglure ; Id., ÂŤÂ Quelques systèmes de rĂŠglure .
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Maria Stelladoro
Al f. 265 (i. e. 230) si legge la seguente sottoscrizione di Daniele monaco VNHXRIXYOD[ # HMWHOHLZYT K WR SDUR Q SDQKJKULN R Q GLD FHLURY
WRXC DMPDUW Z O RXC 'DQLKCO NDL VNHXZIXYOD[ WKC PHJ LY VW K PDYQGU D WRXCC 6 ZWKY U R DMNUZWK ULYRX 0HVVKY Q K PKQK VHSWHPEU LYZ HLM EÂ K-PHYUD VD EEDYWZ Z?UD TÂ H>W RX
•×ZL× KMQGKYNW RX × HX>FHVWDL NDL PKC NDWDUDYVWDL R^WL NDL R- JUDYIZQ SDUDJUDYIHL
Il Mess. gr. 2945 Ăˆ il secondo volume del monumentale Menologio di Daniele. Ăˆ un codice membranaceo (sono cartacei le c. I-V), misura mm. 420 x 330, in gran parte palinsesto (f. I, 251, II-IV). Risale al sec. xiv ed è riconducibile precisamente all’A. D. 1307-1308. Ăˆ lacunoso di un f. tra i f. 248-249. La legatura, eseguita in seguito al restauro presso il laboratorio della Badia Greca di Grottaferrata, è del sec. xx ; di fattura in cuoio con impressioni a secco del titolo abbreviato e del numero in oro sul dorso. Non è rispettata la legge di Gregory46. La foratura è del sistema 1e del tipo E Jones. La rigatura è a secco e di tipo 00D2 di Leroy47, il cui sistema non è classificabile. La scrittura, ad inchiostro bruno chiaro, è una minuscola in stile di Reggio, con le caratteristiche sopra esposte, ed è imputabile ad una sola mano. La scrittura distintiva è, invece, una maiuscola di tipo alessandrino. Il codice si presenta decorato con testate geometriche in carminio e in minio ; ha, inoltre, titoli ed iniziali in carminio e in minio e al f. 213v è riscontrabile una miniatura. Ai f. IIIv-Vr sono visibili delle annotazioni imputabili a Filippo Matranga. 3. Codici attribuiti a Daniele SKEUOFULAX Rivelano caratteristiche tipiche della mano di Daniele VNHXRIXYOD[ i seguenti codici48 : − Il Mess. gr. 8649, f. 220r-229r, contenenti Stichera dell’Ottateuco ed il Canone in onore della Croce di Giuseppe Innografo50 : Iosephus Hymnographus, Canon in honorem Crucis, 7R Q WRÂŽCC .XULYRX 45
Daneu Lattanzi, I manoscritti, p. 136-139 ; Mancini, Codices, p. 45-67 ; Rodriquez, Bibliografia ; Ead., Catalogo, p. 63-68 ; Turyn, Dated, p. 110-112. 46 Gregory,  Les cahiers , p. 261-268. 47 Per il riscontro si rimanda a Leroy, Les types de rÊglure ; Id.,  Quelques sytèmes de rÊglure . 48 Li elenchiamo disponendo quelli conservati nel monastero del SS. Salvatore di Messina in ordine topografico e tutti gli altri nell’ordine lessicografico delle Biblioteche che li conservano. 49 Foti, Il monastero, p. 62 ; Mancini, Codices, p. 146-147 ; Matranga, Catalogo attribuisce i f. 220-225 a Giacomo VNHXRIXYOD[, che fu il committente del codice, ma i ff. sopra citati sono imputabili alla mano di Daniele VNHXRIXYOD[. Cfr. pure Turyn, Dated, p. 39-41 e pl. 24/225a. 50 Sul quale si veda la bibliografia essenziale in Hagiography, p. 57-58 ; ODB 1074.
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SURVHOTRYQWH VKYPHURQ51. Il codice, che appare modesto nelle proporzioni, misura mm. 273 x 186, rivela una certa attenzione calligrafica che consente al copista di inserirsi dignitosamente nel solco del tradizionale stile di Reggio. La scrittura distintiva è una maiuscola costantinopolitana. Al f. 219v si legge una sottoscrizione dalla quale si apprende che il codice fu ultimato il 4 settembre 1280 da Filippo di Bova52 per Giacomo, VNHXRIXYOD[ e, poi, anche igumeno del monastero53 : HMWHOHLZYT K WR SDUR Q ELEOLYRQ PKQL VHSW HPE U LYZ G WK LMQG LNWLZ QR HMQQDYWK e WRX H>WRX ÂĂ—\ST GLD FHLUZ Q WOKYPRQR NDL e D-PDUWZORX )LOLYSS RX L-HURTXY WRX WRX DMSR %RR GLR RL- DMQDeJLQZYVNRQWH HX>FHVTDL N DL PK NDWKUDYVT H R^WL N DL R- JUDY I ZQ e SDUDJUDYIK ¨$QRLNRGRPKYT K GH SDUD WRX SDQRVLYRX e DMQGUR NDL HMQDUHYW RX N XULYR X ¨,DNZYERX L-HUR PRQDY F RX N DL VNHXRIXYO DNR e WK PHJ DY O K N DL SHULEOHYSW RX PR QK WRX 6 ZWK
U R DMNURW K U LYRX 0HVXYQK 54 Ăˆ un codice membranaceo, vi è rispettata la legge di Gregory55, la rigatura è a secco, secondo il sistema 9 e del tipo 00D1 di Leroy56. Vi prevale l’inchiostro bruno chiaro. Ăˆ decorato con una testata al f. 1, con iniziali e segni di paragrafo in carminio ; con una testata in minio al f. 219v ; con iniziali e segni di paragrafo in minio nella parte finale. La legatura è in cuoio e fu eseguita nel laboratorio di restauro del monastero basiliano Mezzojuso di Palermo nel 1979 durante il restauro, ultimato in data 29 novembre. − Il Mess. gr. 11557, f. 266v-267r, contenenti Alleluiaria. − Il Mess. gr. 14058, contenente il meneo innologico di luglio-agosto, in stile di Reggio, vergato presumibilmente nel Monastero del SS.mo Salvatore de lingua phari di Messina e datebile alla metĂ circa del sec. xii. I f. 169-180 sono palinsesti e di altre mani : la inferior dei f. 169-176 è una minuscola di piccole dimensioni, di contenuto liturgico ; la superior dei f. 169-174 è di Daniele VNHXRIXYOD[ che vi aggiunge uffici divini ; la inferior dei f. 177r-180r è un’ogivale a ductus leggermente inclinato a destra contenente frammenti della Genesi ; la superior dei f. 175r-180r, contenente uffici divini, pare della stessa mano che ha vergato il Mess. gr. 37, pure attribuito dalla Foti a Daniele VNHXRIXYOD[59, in quanto tale codice sembrerebbe influenzato proprio da questo manoscritto. Tale identificazione solleva alcune considerazioni, giĂ segnalate da Jacob e da Re60, che mettono in evidenza la figura di 51
Cfr. Rodriquez, Catalogo, p. 53. Sul territorio di Bova si rimanda a D’Agostino, La diocesi. 53 Foti,  Copisti , p. 367-382 ; Ead., Il monastero, p. 60-61 ; Perria,  Introduzione , p. XX ; Rodriquez, Bibliografia ; Ead., Catalogo, p. XXXII. 54 Per la trascrizione si veda Rodriquez, Catalogo, p. 52-53 e tav. 82. 55 Gregory,  Les cahiers , p. 261-268. 56 Per il riscontro si rimanda a Leroy, Les types de rÊglure ; Id.,  Quelques systèmes de rÊglure . 57 Il codice contiene il typikon del monastero, sul quale : Arranz, Le typicon ; Cozza-Luzi,  De typico , p. 117-130 ; Foti, I Codici, p. 72-73 ; Ead., Il monastero, p. 62 ; Guillou, Aspetti, p. 476-481 ; Leroy,  La date , p. 39-55 ; Mancini, Codices, p. 180-182 ; Matranga, Catalogo ; RE, Il copista, p. 145-156 ; Id,  Il typikon , p. 249-278 ; Rossi,  La prefazione , p. 71-84. 58 Foti, Il monastero, p. 40-41 ; Mancini, Codices, p. 203 ; Matranga, Catalogo. 59 Foti,  Daniele , p. 128-132 ; Ead., Il monastero, p. 41, n. 79. 60 Jacob,  Nicolas , p. 133-158 ; Re, Note, p. 53-60. 52
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un altro copista, il quale, nel sec. xiii, fu pure protagonista della fiorente attività scrittoria del monastero del SS.mo Salvatore de lingua phari di Messina : Nicola d’Oria (Oria in Puglia)61, al quale sono imputabili i seguenti codici : il Marc. gr. 362, codice assai calligrafico con sporadiche forme corsive e abbreviazioni ; il Cantabr. Univ. Libr. Ii 5.44, in una scrittura assai erudita, a ductus corsivo con abbondanza di abbreviazioni e sovrapposizioni, contenente opere aristoteliche, ultimato nel 1279 su committenza di Giacomo VNHXRIXYOD[ ; il Paris. gr. 106, in scrittura piÚ composita e regolare, contenente il Nuovo Testamento ; infine, il Vat. gr. 1342 anch’esso in una scrittura erudita a ductus corsivo con abbondanza di sovrapposizioni e abbreviazioni, contenente opere aristoteliche62. Come si vede, la scrittura di Nicola non è uniforme. I f. 181-195 (escluso il f. 195r) del Mess. gr. 140 presentano le caratteristiche sopra evidenziate63. Tali fogli fanno parte di una sezione, composta dai f. 169-198, aggiunta alla fine del volume per integrare il meneo di luglio-agosto con le ufficiature su Apollinare di Ravenna (f. 169-174v)64 ; Fantino di Tauriana (f. 174v-180)65 ; Sperato (f. 181-195, escluso il 195r relativo alla liturgia per la festa della Trasfigurazione)66 e Donato di Evira (f. 196-198), che mancavano nella parte originaria del codice. Come si diceva, la Foti aveva riconosciuto due dei copisti che avevano portato a compimento questa integrazione : l’uno era stato da lei identificato con Daniele monaco VNHXRIXYOD[, al quale attribuiva i f. 169-174 ; l’altro era stato da lei identificato con Jacob,  Nicolas , p. 133-158 riesce a fare luce sul significato dell’epiteto GDPLQRY (= HXMWHOKY ) che si legge nella sottoscrizione del Marc. gr. 362 (un panegirico vergato nel 1278/1279 per Giacomo VNHXRIXYOD[ e poi archimandrita dell’acroterio di Messina), sia riguardo alla patria del copista Nicola d’Oria (Oria, in Puglia), sia riguardo alla sua posizione sociale (prete secolare e non monaco). Cfr. pure Re, Note, p. 53. Turyn, Dated, II, pl. 15 ne ha riprodotto il f. 120r. 62 Jacob,  Nicolas , p. 134 considera il codice Vaticano un fratello gemello del codice di Cambridge. Cfr. pure Re, Note, p. 53-54. 63 Al copista della parte originaria del Mess. gr. 140 sono imputabili anche i codici Mess. gr. 69 e Mess. gr. 137, il foglio di guardia del Mess. gr. 111, il foglio incollato sul piatto anteriore del codice Esc. X.III.10 e i f. 262r-273v del Vat. gr. 300. Proprio quest’ultimo codice, che fu con molta probabilità vergato nell’acroterio di Messina, suffraga l’ipotesi che Nicola d’Oria avrebbe operato nello scriptorium del SS. Salvatore. Oltre a ciò, tale ipotesi pare rafforzata anche dal fatto che nel Mess. gr. 140 e nel Mess. gr. 137 si riscontrano annotazioni marginali dovute a Macario di Reggio e nel Mess. gr. 140 anche dei fogli finali vergati sia da Daniele VNHXRIXYOD[ che da Nicola d’Oria. Cfr. Foti, Il monastero, p. 40-41/52-53 ; Ead.,  Macario , p. 81-90 ; Jacob,  Nicolas , p. 134 ss. ; Lucà ,  Membra , p. 3-52 ; Re, Note, p. 54. 64 Il meneo del SS. Salvatore di Messina è testis unicus del canone ai f. 170v-174, pubblicato negli Analecta Hymnica Graeca, XI, p. 404-420. I f. 6-10 della prima ode fanno riferimento al motivo dell’investitura pietrina di Apolinnare di Ravenna. Sul motivo dell’apostolicità , presente, oltre che nella vita in greco di Apollinare di Ravenna, anche nelle agiografie dei protovescovi Berillo di Catania, Pancrazio di Taormina e Marciano di Siracusa, si veda : Follieri,  Vite , p. 193-203 ; Morini,  Dell’apostolicità  , p. 61-79 ; Re, Note, p. 54-55 ; Stelladoro,  S. Berillo , p. 133-152. Tanto il ELYR di Apollinare, trà dito dal solo Mess. gr. 29, quanto il canone, trà dito dal solo Mess. gr. 140 sono opera di Daniele monaco VNHXRIXYOD[ e pertanto risalgono alla fine del sec. xiii o agli inizi del sec. xiv. Contra Acconcia Longo in Analecta Hymnica Graeca, XI, p. 613-615, che fissa al sec. xii il terminus ante quem per la composizione del canone ritenendo erroneamente del sec. xii anche i f. 170-174 del Mess. gr. 140. Cfr. al riguardo la giusta correzione di Re, Note, p. 55, n. 7. 65 Il canone di Fantino di Tauriana, ai f. 176v-180, è stato editato negli Analecta Hymnica Graeca, XI, p. 421-441. Il copista ha omesso il tropario della prima ode corrispondente ai v. 29-35 del canone, cfr. Analecta Hymnica Graeca, XI, p. 423. Contra Mancini, Codices, p. 201 il quale aveva evidenziato la caduta di un foglio dopo il f. 176. Al riguardo si rimanda allo studio di Re, Note, p. 55, n. 8. 66 Anche in questo caso il codice di Messina risulta testis unicus. Re, Note, p. 55, n. 9 ne evidenzia una duplice importanza : sia per l’attribuzione a Sperato dell’appellativo di vescovo di Cartagine, sia per la relazione tra il santo e la Calabria. 61
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l’anonimo scriba (cui si attribuiscono i f. 214-228 del Mess. gr. 37), che avrebbe vergato i f. 175-180r del Mess. gr. 14067. Sia Daniele che l’anonimo operarono in contemporanea e in continuitĂ , in quanto l’uno subentrò all’altro nella trascrizione dello stesso testo e all’interno dello stesso fascicolo68. A questi due scribi va ora aggiunto, alla luce delle osservazioni di Jacob e Re, anche un altro scriba : Nicola d’Oria69 al quale sono imputabili sia la parte relativa all’officiatura di Sperato, costituita da un senione (f. 181-192), sia i f. 193-194 e il f. 195r.70. In conclusione, nel Mess. gr. 140 si riscontra dunque la contemporanea presenza di fogli vergati da piĂš scribi, cosĂŹ individuati : Nicola d’Oria, Daniele VNHXRIXYOD[, l’anonimo copista dei f. 214-228 del Mess. gr. 37, e Macario di Reggio, al quale sono attribubili varie annotazioni marginali. − Il Mess. gr. 14371, di mm. 240 x 180, composto da f. 178, rigato secondo il sistema 11 e il tipo 00C1 di Leroy 72, contenente uffici liturgici. − L’Ambr. gr. F 106 sup73, f. 326v-335v, contenenti i sermoni di Leone il Saggio, sembrano pure essere stati vergati dalla stessa mano di Daniele VNHXRIXYOD[. Questo codice reca, altresĂŹ, la firma del notaio Antonio Carissimo74. − Il Bruxell. Bibl. Roy., IV, 459 : Noret mette in evidenza la contemporaneitĂ tra la mano di Daniele VNHXRIXYOD[, scriba della maggior parte del Bruxell. Bibl. Roy., IV, 459 e l’altra mano (che chiama B) che avrebbe vergato i f. 14r-22r del medesimo codice75. Quindi Daniele avrebbe vergato i f. 1r-13v, 23r-130v del codice, che contengono omelie. Tale mano viene detta A. − Il f. 74 del Marc. gr. 359, del sec. xi, contenente un menologio dei mesi di marzo e aprile. Il f. 74 è un palinsesto attribubile a Daniele VNHXRIXYOD[, scriba del monastero del SS. Salvatore di Messina, che avrebbe colmato una lacuna del testo, usando un foglio che, originariamente, conteneva un Commentario ai Salmi, oggi a basso quoziente di leggibilitĂ , vergato in ogivale inclinata. Probabilmente
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I f. 169-176 costituiscono un quaternione palinsesto (la scriptio inferior è una minuscola minuta contenente testi dell’innografia italo-greca : al f. 170r risulta ancora leggibile l’inizio dell’inno riprodotto da Follieri, Initia, I, p. 534) ; i f. 177-180 costituiscono un binione palinsesto (la scriptio inferior è una maiuscola ogivale leggermente inclinata a destra contenente testi biblici). 68 Cfr al riguardo le giuste osservazioni di Re, Note, p. 55-56. 69 Jacob,  Nicolas , p. 133-158 ; Re, Note, p. 53-60. 70 Il f. 195r è stato ricongiunto al resto del codice, dal quale si era staccato, tramite una striscia di pergamena moderna attaccata al dorso e larga mm. 15 circa. I fogli attribuiti a Nicola d’Oria misurano mm. 235 x 182, sono vergati a piena pagina di 18 linee ciascuna, la rigatura è a matita, la membrana è di discrete qualità , è presente un’ornamentazione al f. 181, contenente l’inizio dell’acolutheia per Sperato, rappresentata da un fregio rettangolare in rosso eseguito con la tecnica della rÊserve. Cfr. Jacob,  Nicolas , p. 133-158 ; Re, Note, p. 53-60. 71 Foti, Il monastero, p. 62 ; Mancini, Codices, p. 203 ; Matranga, Catalogo ; Rossi,  Catalogo , p. 116-117. 72 Per il riscontro si rimanda a Leroy, Les types de rÊglure ; Id.,  Quelques systèmes de rÊglure . 73 Martini-Bassi, Catalogus, I, p. 421-425. Recentemente Cesare Pasini ha messo a punto un Inventario agiografico dei manoscritti greci dell’Ambrosiana. 74 Per questo personaggio, la cui attività è testimoniata a Messina tra il 1457 e il 1470, e che fu probabilmente un notaio della Curia archimandritale la cui sigla è presente in parecchi codici del monastero, che usa una scrittura talora a ductus posato tal’altra a ductus corsivo, si rimanda a Foti, Antonius, p. 1-14 ; Lucà ,  Antonio , p. 151-164. 75 Noret,  Le palimpseste , p. 102.
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si tratta di uno dei fogli usati da Daniele per confezionare codici messinesi, che nella inferior contengono un Commentario ai Salmi di Esichio di Gerusalemme76.
4. Conclusioni Il lavoro di Daniele monaco VNHXRIXYOD[ dell’Acroterio del SS. mo Salvatore di Messina è meritorio per avere salvato dall’oblÏo molti testi agiografici in greco, se si considera che spesso il Menologio di Daniele (Mess. gr. 30 + 29) si rivela testis unicus per l’agiografia di alcuni santi, come ad es. Elia di Reggio o lo Speleota, Nicodemo di Kellà rana e Bartolomeo di Simeri. Ma Daniele, nonostante la bella grafia commise degli errori di trascrizione che già nel 1907 gli valsero le critiche di Augusto Mancini, il quale, a proposito di Daniele, cosÏ si esprimeva  librorum scriptorem, qui foedissimis ac plurimis vitiis scatent 77 ed inoltre :  è solo un infaticabile calligrafo e un mediocre pittore, ed il numero grande di errori onde ha infarcito i due grossi volumi, è sufficiente prova della sua inettitudine letteraria 78. Ma, i numerosi errori ortografici sono tutti da imputare al solo Daniele monaco VNHXRIXYOD[ ? Nel 1954 anche Giuseppe Schirò aveva notato che non tutti gli errori ortografici riscontrati nel Menologio erano da imputare al solo scriba Daniele ma che alcuni si dovevano anche al suo collaboratore, altri anche ai manoscritti da cui mutuava, tanto che li censurò severamente con queste parole :  Il torto di Daniele fu di presumere di potere scrivere sotto dettatura : presunzione del resto non rara fra gli amanuensi. Inoltre fu infelice nella scelta del collaboratore, perchÊ chi gli dettava non solo non capiva il greco, ma non lo sapeva nemmeno leggere bene. Di qui legature di voci diverse, fratture di una stessa parola, accenti fuori posto, desinenze messe a capriccio, punteggiatura senza criterio, giuoco in cento combinazioni di vocali e dittonghi isofonici [‌] La stessa copia d’origine, che non crediamo molto lontana dal prototipo, doveva presentare qualche 76 La inferior dei codici di Messina è stata oggetto di studio di Mancini, Codices, p. 52-53/65-66. Per la descrizione del palinsesto della Biblioteca Marciana di Venezia si rimanda a Formentin, I palinsesti, p. 168. Il codice marciano greco è stato descritto da Mioni, Codices, II, p. 113-115. Per l’attribuzione del codice a Messina si rimanda a Foti,  Cultura , p. 12-13 ; Ead., Il Vangelo, p. 79 ss. La Foti,  Cultura , p. 12 aveva evidenziato come la nota di possesso rimandava ad un vescovo nei seguenti codici : Vat. gr. 1650 (vergato nel 1037 dal clerico siceliota Teodoro per il metropolita Nicola di Reggio) ; Escorial. gr. T III 13 (contenente una raccolta di testi giuridici e la Sinopsis legum di Michele Psello, vergato intorno alla metà del sec. xii da varie mani che si alternano in parte : i f. 1r-13v, 36r-41v sono in scrittura di Rossano ; i f. 42r-89v sono in scrittura di Reggio) ; Marc. gr. 338 (un panegirico messo assieme con frammenti di codici diversi dei secoli x-xi e xii) e il Marc. gr. 359. Il codice escorialense e il primo fra i due codici marciani presentano l’annotazione di possesso del vescovo Nicola, vergata dalla stessa mano del codice, il secondo codice marciano reca, invece, la provenienza del codice dal vescovo Nicola, imputabile probabilmente ad una mano del sec. xiii. Nel Marc. gr. 338 è pure visibile la nota di Antonio Carissimo (notaio attivo a Messina, come si diceva, tra il 1457 e il 1470, sul quale si rimanda a Foti,  Antonius , p. 1-14 ; Lucà ,  Antonio , p. 151-164). La Foti,  Cultura , p. 13 supponeva che tutti e tre i codici (l’estorialense e i due marciani) circolassero nell’area dello Stretto in considerazione della notazione di Antonio Carissimo e dell’integrazione di Daniele VNHXRIXYOD[. Non si conosce molto riguardo all’identità del vescovo Nicola, che la Foti,  Cultura , p. 13-14 proponeva suggestivamente di identificare con Nicola arcivescovo di Messina (dal 1166 al 1182), che succedette a Roberto, sul quale si rimanda a Pirri, Sicilia, I, p. 394-398. 77 Mancini, Codices, p. 67. Cfr. al riguardo anche Caruso,  Il santo , p. 51-72. 78 Mancini, Per la critica, p. 6.
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segno finale tachigrafico perchĂŠ chi dettava, e quindi anche l’amanuense, confondeva spesso le desinenze [‌] Abbiamo anche delle lacune, parte delle quali da attribuire allo stesso autore, di capacitĂ anche lui assai modeste [‌] 79. Su quali basi poggia l’affermazione – ripresa piĂš da recente dalla Arco MagrĂŹ – che lo scriba trascrivesse sotto dettatura ? Forse dal constatare, quanto alla tipologia degli errori, che un certo numero è proprio costituito da errori di iotacismo, da isofonismi e scambi ? Ăˆ pure vero, però, che nell’autoritratto che Daniele, monaco VNHXRIXYOD[, ci ha lasciato all’inizio del ELYR di Bartolomeo di Simeri nel Mess. gr. 29, f. 213v, egli è raffigurato in assoluta solitudine. Questo particolare è sufficientemente ostativo al fatto che Daniele si avvalesse di collaboratori ? Oppure è da credere che il ritratto sia semplicemente un dono devozionale del monaco VNHXRIXYOD[ alla Madonna Odigitria e a Bartolomeo, fondatore del monastero in cui operava ? Qualche anno dopo, nel 1962 anche Giuseppe Rossi Taibbi evidenziava gli errori di trascrizione del monaco VNHXRIXY O D[ : ÂŤÂ Daniele, pur essendo un conoscitore men che mediocre della lingua greca, scrisse sotto dettatura, col risultato di unire e dividere parole, o parti di parole, ad arbitrio, di apporre accenti e punteggiatura senza criterio, e di rendere costantemente difficile la comprensione del testo. La buona calligrafia non gli può fare perdonare la particolare trascuratezza 80. Sette anni dopo, nel 1969 la studiosa Arco MagrĂŹ evidenziava le seguenti sviste del traslitteratore Daniele : ÂŤÂ fu un buon calligrafo, ma copista negligente e mediocre conoscitore della lingua greca. [‌]  e ancora ÂŤÂ fu scritto sotto dettatura : di conseguenza il manoscritto è assai scorretto e abbonda di errori di punteggiatura, di accenti, di desinenze e di alterazioni di vocali e dittonghi isofonici 81. Recentemente anche l’emerita studiosa Follieri ha parlato della ÂŤÂ grande trascuraggine ortografica di Daniele 82. Non si può certamente negare che il Menologio di Daniele sia ÂŤÂ notoriamente molto scorretto 83 per la presenza di molti errori e di varia tipologia : lacune, omissioni, omoteleuto, iotacismi, isofonismi, scambi, ecc. Ma non si può neppure negare l’infaticabile lavoro dello scriba, che ha contribuito alla diffusione della memoria di alcuni santi, la cui agiografia conosciamo solo grazie all’opera, pur scorretta in molti punti, di Daniele nei due volumi del suo monumentale Menologio. Prof. Maria Stelladoro
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Schirò (a cura di), Vita, p. 6. Rossi Taibbi (a cura di), Vita, p. XXV. 81 Arco MagrÏ (a cura di), Vita, p. 80. 82 Follieri (a cura di), Vita, p. 298. PiÚ avanti (p. 301, n. 50 op. cit.) la studiosa ritorna sulla  cattiva qualità del testo trà dito nella trascrizione di Daniele . 83 Follieri (a cura di), Vita, p. 102. 80
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