COME RAFFIGURARE IL COSMO DI DANTE?

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Fiorenza Serra

! COME RAFFIGURARE IL COSMO DI DANTE? ! ! !

Piccola sintesi di cosmologia dantesca E cominciò: Le cose tutte quante hanno ordine tra loro, e questo è forma che l’universo a Dio fa simigliante. (Par. I, 103-105)

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Con queste parole Beatrice inizia a spiegare a Dante la forma gerarchica e ordinata dell’universo, che egli prende a modello della sua stessa opera poetica. 1 La concezione cosmologica dantesca deriva, come è noto, da quella aristotelicotolemaica, con influenze del platonismo e del neoplatonismo; il tutto rivisitato secondo l’interpretazione cristiana. Questa, al tempo di Dante, aveva già sistematizzato, con la scolastica e Tommaso d’Aquino in particolare, la concezione pagana, adattandola alla visione biblica e cristiana. Nè va dimenticato l’incontro con la cultura araba.2 L’idea classica del mondo si basa su una concezione antropomorfica (Platone nel Timeo considera l’universo come un organismo, un animale) secondo la quale il cosmo, come l’essere vivente, ha sei orientamenti: alto e basso, destra e sinistra, davanti e dietro. E questi orientamenti non sono neutri ma implicano un significato morale: buoni l’alto, la destra e il davanti; cattivi il basso, la sinistra e il dietro. Osserva Aristotele che tutti i popoli, barbari o greci, assegnano al divino la regione superiore. C’è però una difficoltà: secondo il filosofo, per una serie di calcoli e di ragionamenti relativi al movimento dei pianeti, il basso e l’alto del mondo sono capovolti: il polo nord sta in “basso”, regione meno nobile, il polo sud “in alto”, regione più nobile. Così pure in Dante: “Il mondo vissuto dell’ecumene terrestre è, rispetto alla sfera nobile e somma delle stelle fisse, un mondo rovesciato” 3. Questo capovolgimento del mondo viene spiegato dal poeta con il mito della caduta di Lucifero e con il peccato di Adamo che sarà redento dal sacrificio del Cristo. Il viaggio di Dante nell’aldilà,

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“Tutto il poema infine non è che una grande celebrazione, dandogli visibilità e bellezza, di un tale ordine.” Divina Commedia con il commento di Anna Maria Chiavacci Leonardi, vol III, Mondadori, pag 46 ! 2

“E che cos’è l’erudizione dantesca? Aristotele come una farfalla di felpa, è orlato della bordatura araba di Averroè”. Osip Mandel’stam, Conversazioni su Dante, Il melangolo, 2003, pag. 52 ! 3

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Giorgio Stabile, Dante e la filosofia della natura, Galluzzo, 2007, pag. 148


allegoria di tutta la storia umana, ha lo scopo di ristabilire il giusto equilibrio del mondo: è un viaggio dalla perdizione alla salvezza, dall’ignoranza alla scienza e alla sapienza. “Il viaggio fisico di Dante è anche un viaggio alla ricerca dell’ordine cosmico” 4.

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Sandro Botticelli Dante e Beatrice nel cielo della luna

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Roberto Mercuri, Comedìa, in Letteratura italiana, Le opere, vol I, Einaudi, 1992, pag. 236


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LA TERRA, IL SUO CENTRO E I DUE EMISFERI ALTO E BASSO

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L’inferno

Il mondo è immaginato da Dante come una sfera: nell’emisfero meridionale (che sta “in alto”) si trovano tutte le acque con la montagna del Purgatorio mentre quello settentrionale (“in basso”) è interamente occupato dall’ecumene, la terra abitata al cui centro si trova la città di Gerusalemme. Sotto la città si apre la voragine dell’inferno.

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Questo è visto come un grande imbuto e, a causa di tale forma, alcuni studiosi hanno ipotizzato che Dante conoscesse la teoria della precessione degli equinozi: si tratta di un movimento rotatorio dell’asse terrestre, facente perno sul proprio centro, che forma appunto, nella sua rappresentazione geometrica, due coni i cui vertici sono posizionati al centro della terra.

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Ecco uno schema esplicativo:

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Dopo aver disceso i nove gironi dell’inferno, nei quali vengono puniti peccati sempre più gravi, i due viaggiatori arrivano al cospetto di Lucifero, massimo concentrato del male.

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Giuseppe Badalucco, La struttura dell’Inferno dantesco, www.daltramontoallalba.it


Nella figura seguente, come lo vede il pittore William Blake:

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Questo punto è interessante perché, attraversando il centro della terra, Dante ha modo di spiegare come immagina il globo terracqueo. Il passaggio dall’uno all’altro emisfero avviene con un capovolgimento alto/basso, sopra/sotto (come si è già accennato, l’alto è il bene, il basso il male; così pure il davanti e il dietro, la destra e la sinistra hanno lo stesso significato: nell’inferno si discende girando verso sinistra, nel purgatorio si sale volgendo verso destra). Arrivati dunque al cospetto di Lucifero, nel cuore della terra, per procedere nel cammino, Virgilio, con Dante abbracciato al suo collo, si aggrappa al vello del demonio e discende (utilizzando il pelame quasi come una scala) quel corpo orribile fino a raggiungere i fianchi. A questo punto, Virgilio con fatica si capovolge, e solo allora riprende il suo cammino iniziando la risalita: i due sono ormai nell’altro emisfero. Come suggerisce Marìa Zambrano, con immagine giocosa, essi fanno una capriola: “. . . E che Dante lo dovesse aggirare (Satana), seguendo l’indicazione di Virgilio di fare come lui, capovolgendosi, mettendo i piedi al posto della testa, facendo cioè la capriola, questo gioco infantile che un tempo era rigorosamente praticato dai bambini; così capovolgendosi, cambiarono il centro di gravità, e di lì a poco risalirono aggrappandosi ai peli dell’immondo animale, perché avevano ormai cessato di appartenere alla gravità !5


del polo oscuro, della oscurità della terra, della oscurità massima, e andavano verso la luce con una semplice capriola.” 6

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Ecco il passo:

Com’a lui piacque, il collo li avvinghiai; ed el prese di tempo e loco poste; e quando l’ali furo aperte assai, appigliò sé a le vellute coste: di vello in vello giù discese poscia tra ‘l folto pelo e le gelate croste. Quando noi fummo là dove la coscia si volge, a punto in sul grosso de l’anche, lo duca, con fatica e con angoscia, volse la testa ov’elli avea le zanche, e aggrappossi al pel com’om che sale, sì che ‘n inferno i’ credea tornar anche. (Inf. XXXIV, 70-81) Superato quel punto, Dante, seduto a riposare su un sasso, solleva lo sguardo e si sorprende di vedere Lucifero non più come prima ma capovolto, con le gambe in alto:

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Io levai li occhi, e credetti vedere Lucifero com’io l’avea lasciato; e vidili le gambe in su tenere (Inf. XXXIV, 88-90)

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Marìa Zambrano, Dante specchio umano, Città aperta edizioni, 2007, pag 32


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Meravigliato, ne chiede spiegazione a Virgilio, così pure del fatto che in breve tempo da sera si sia fatto mattino, come gli ha detto il maestro, sollecitandolo ad affrettarsi.

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Ed elli a me: “Tu immagini ancora d’esser di là dal centro, ov’io mi presi al pel del vermo reo ch’l mondo fora. Di là fosti cotanto quant’io scesi; quand’io mi volsi, tu passasti ‘l punto al qual si traggon d’ogne parte i pesi. E se’ or sotto l’emisperio giunto ch’è contraposto a quel che la gran secca coverchia, e sotto ‘l cui colmo consunto fu l’uom che nacque e visse sanza pecca: tu hai i piedi in su picciola spera che l’altra faccia fa de la Giudecca. Qui è da man, quando là è sera: e questi, che ne fe’ scala col pelo, fitto è ancor sì come prima era. !7


Da questa parte cadde giù dal cielo; e la terra, che pria di qua si sporse, per paura di lui fe’ del mar velo, e venne a l’emisperio nostro; e forse per fuggir lui lasciò qui loco vòto quella ch’appar di qua, e sù ricorse”. (Inf. XXXIV, 106-126)

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Superato il centro della terra, “il punto/ al qual si traggon d’ogni parte i pesi”, secondo la teoria aristotelica, i due si trovano nell’altro emifero. La nuova posizione è spiegata con precisione dal maestro: essi stavano nell’emisfero settentrionale finché Virgilio si appese al pelo del demonio (al pel del vermo reo) per continuare la discesa; quando egli si volse, cioè capovolse, insieme a Dante passò il centro e raggiunse l’emisfero delle acque, che si trova sotto quello della terra abitata (E se’ or sotto l’emisperio giunto ch’è contraposto a quel che la gran secca/ coverchia), dove venne immolato il Cristo (l’uom che nacque e visse sanza pecca ). Ora siamo nell’emisfero meridionale dove è già mattino mentre di là è sera (Qui è da man, quando là è sera). Qui precipitò il diavolo ribelle (Da questa parte cadde giù dal cielo) e così è rimasto conficcato, con l’ombelico al centro del globo terrestre, la testa e il torso nell’emisfero settentrionale, le gambe e il culo in quello meridionale; posizione rimasta da allora immutata. Come spiega Giorgio Stabile: “La giacitura di Lucifero è l’inverso della ideale giacitura dell’ Atlante cosmico, con la destra volta a occidente, la sinistra a oriente, il capo verso il basso (polo nord) e i piedi verso l’alto (polo sud)”.7 La terra, che prima si trovava in questa parte del globo, per paura dell’immondo contatto, si ritirò nell’emisfero boreale, formando “la gran secca”, nel cui mezzo è collocata la città di Gerusalemme, centro della cristianità e quindi necessariamente anche del globo. Essa creò così un vuoto (forse per fuggir lui lasciò qui loco vòto ”), che costituisce il passaggio (la natural burrella) attraverso il quale i due ora si avviano per sbucare all’aperto. Dove si troveranno ai piedi della montagna del purgatorio. Questa, pure, fu generata contemporaneamente alla caduta di Lucifero: con la materia della cavità dell’inferno, si elevò, nella parte opposta, il cono del Purgatorio. Sulla cima della montagna si trova l’Eden, casa di Adamo ed Eva, agli antipodi di Gerusalemme, dove invece venne elevata sul Golgota la croce di Cristo (sotto ‘l cui colmo consunto), e dove, secondo Origene, si troverebbe pure la tomba di Adamo. Il simbolismo è evidente.

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Giorgio Stabile, op. cit. pag.153


Nel disegno vediamo il globo terrestre giustamente orientato, con la montagna del purgatorio in alto, Gerusalemme e la voragine dell’inferno in basso, e Lucifero capovolto.8

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“L’antitesi Eden Gerusalemme serve a ristabilire la ‘stazione eretta’ non solo dell’uomo ma anche del mondo, che vide nel suo basso la croce ‘rovesciata’ del Calvario e vede ergersi nel suo alto l’Eden come punto ideale di redenzione e come corrispettivo terrestre di quell’alto dei cieli verso cui si diresse l’ascensione di Cristo risorto”.9 Spiega ancora Giorgio Stabile, a proposito della conversio realizzata da Virgilio “. . . la cui simbolica revolutio testa-gambe, oltreché contrapporsi alla posizione contro natura di Lucifero, ristabilisce gli orientamenti assoluti e originari del cosmo. A partire

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Ricordiamo che, secondo la concezione dantesca, la creazione avvenne simultaneamente: angeli, cieli, terra; immediatamente ci fu l’atto di superbia di Lucifero con la conseguente espulsione del ribelle catapultato sulla terra e lo sconvolgimento derivatone.(Par. XXIX, 13-57) ! 9

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Giorgio Stabile, op.cit. pag.160


da questo momento il mondo è restituito alla sua posizione naturale: l’uomo in stazione eretta può finalmente far coincidere il proprio schema corporeo con i valori assoluti dello schema cosmico, in una ritrovata conciliazione tra spazio interiore dell’anima e tempio celeste” 10. Ora finalmente il capo è rivolto “in alto” e i piedi sono “in basso”.” Oltrepassato il centro, i due viaggiatori iniziano a risalire inoltrandosi per un buio passaggio (la natural burella), guidati dal rumore di un ruscello:

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Lo duca e io per quel cammino ascoso intrammo a ritornar nel chiaro mondo; e sanza cura aver d’alcun riposo salimmo sù, el primo e io secondo, tanto ch’io vidi de le cose belle che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo; e quindi uscimmo a riveder le stelle. (Inf. XXXIV, 133-139)

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Che sono le stelle dell’emisfero australe.

! La Divina Commedia illustrata da Gustave Doré

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Giorgo Stabile, op. cit., pag. 156


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Il purgatorio

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Come si legge nel primo canto del Purgatorio, il viandante vide quattro stelle. Queste, secondo tutti i commentatori, rappresentano le quattro virtĂš cardinali. Secondo alcuni, potrebbero pure indicare la Croce del sud di cui forse gli era giunta notizia attraverso i racconti di naviganti arabi. In entrambi i significati, sono le stelle che videro brillare i nostri progenitori durante la loro breve vita beata nel Paradiso terrestre:

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I’ mi volsi a man destra, e puosi mente a l’altro polo, e vidi quattro stelle non viste mai fuor ch’a la prima gente (Purg. I, 22-24)

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Dopo il peccato originale e la cacciata dal paradiso terrestre, i due antenati emigrarono nell’altro emisfero,11 ritrovandosi anche essi “capovolti” come il mondo, e in questa posizione vivono i loro discendenti. Capovolgimento fisico e morale. Da allora l’umanità si trova nel polo basso, da dove vede il cielo delle stelle fisse volgersi ad sinistra e non ad dextera: oltre al capovolgimento sopra/sotto avviene anche un rovesciamento destra/sinistra del mondo. “Il carattere nostalgico della redenzione, e dunque dell’intero Purgatorio, consiste, appunto in questa “presenza della memoria” di una colpa fissata una volta per tutte nella struttura del cosmo… La memoria della colpa redenta genera un rimpianto nostalgico… tra godimento originario ormai perduto e stato attuale di privazione, con la distanza diametrale che oppone l’alto del mondo ( l’altro polo )- dove brillano senza effetto le quattro stelle delle virtù- al settentrinal vedovo sito che, come la Gerusalemme celeste fatta terrena, giace, umiliato e solo al culmine basso del mondo”12 Dal peccato dei primi genitori alla redenzione operata dal Cristo: Dante ripercorre nel suo viaggio il cammino dal peccato alla salvezza, dalle tenebre alla luce, dall’ignoranza alla sapienza, dell’intera umanità. Ci ritroviamo ora ai piedi della montagna del Purgatorio, la “zona di intrusione terra-cielo”, come osserva Roberto Mercuri 13.

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Charles Singleton nota che, per la collocazione dell’Eden, Dante segue l’undicesimo libro della Genesi, Sant’Agostino e la Vetus latina, dove, a proposito della cacciata, si dice: et ejecit Adam et collocavit eum contra paradisum voluptatis. 12 !

Giorgio Stabile, op. cit. pag.64

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Giorgio Mercuri, op. cit. pag. 226

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La capriola

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Prima di procedere, torniamo un attimo al cuore della terra per cercare di comprendere appieno il significato di quella capriola, della discesa e della risalita.

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Virgilio spiega chiaramente al suo discepolo che, fino al punto centrale della terra, essi scendevano e solo dopo essersi capovolti hanno iniziato la risalita (scendevano verso il male e risalivano verso il bene). Inoltre, sappiamo che, sprofondando nell’inferno, si precipita nei peccati sempre più gravi fino ad arrivare al male assoluto di Lucifero. Solo allora sarà possibile dare inizio alla lunga e difficile risalita verso il bene che culminerà nella ineffabile visione di Dio. Come afferma Charles Singleton: “E’ lo schema concettuale di una necessità, la necessità di discendere prima di ascendere, di una Discesa all’Umiltà prima che possa iniziare l’ascesa: la necessità della Discesa di Cristo alla Umiltà della Crocefissione, perché l’uomo possa ascendere alla salvezza” 14. Non dimentichiamo che, secondo la cultura e la religiosità medievale, l’ordine della terra e dell’universo risponde a criteri fisici e morali insieme; in questa ottica

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Charles Singleton, La poesia della Divina Commedia, Il mulino 1976, pag.492


dobbiamo intendere pure la struttura della Divina Commedia. “L’opera fu deliberatamente costruita come analogia di quel grande ‘poema’ che nella concezione del Medioevo cristiano è l’universo creato” 15. Osserva Giorgio Stabile che, se noi capolvolgiamo la figura del mondo nel giusto verso, e la raffiguriamo col polo sud in alto e il polo nord in basso, il cammino di Dante attraverso l’inferno e il purgatorio è tutto in salita 16. A ciò egli aggiunge che, dalla prospettiva del Purgatorio, la discesa lungo l’inferno avviene verso destra, come la risalita della montagna: insomma tutto il viaggio di Dante per raggiungere il bene supremo si svolgerebbe, visto nella prospettiva giusta, verso l’alto e verso destra. Questa non è tuttavia la prospettiva del pellegrino nè quella del lettore che segue il racconto del suo viaggio. Inoltre, tale punto di vista, accolto da altri autorevoli critici17, pone alcuni problemi riguardanti sia l’interpretazione letterale del canto XXXIV dell’ Inferno sia la rappresentazione grafica dell’aldilà dantesco sia, soprattutto, il significato morale e

religioso del viaggio nell’aldilà: “la necessità di discendere prima di ascendere”, il valore imprescindibile dell’umiltà.18

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Charles Singleton, op. cit. pag. 15

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Se l’entrata agli inferi, rispetto all’ecumene, è discesa sempre più in basso, “ricollocata nella struttura orientata dell’intero universo, si configura come ascesa ininterrotta dal basso al centro (Giudecca) e dal centro all’alto (Eden) del cosmo e come avvicinamento senza deviazione verso la vera patria di origine”. Giorgio Stabile, op. cit. Pag. 166. Come si vede nella figura del globo terrestre a pag. 8. ! 17 18 !

Cfr. Roberto Mercuri, op. cit. pagg. 222-223

D’altronde, anche Giorgio Stabile forza il testo alla sua teoria, sostenendo che la risalita inizia non dal centro della terra ma dalle pendici del Purgatorio: “Il viaggio ha richiesto esattamente lo stesso tempo trascorso tra la sera della Crocefissione e la mattina della Resurrezione. E questo si apprende non alla fine dell’Inferno ma all’inizio del Purgatorio, dove il viaggio, completata una delle sue fasi, può iniziarne una nuova; conclusa la discesa (che comprende la salita da una “tomba” ) può iniziare l’ascesa al monte”. Singleton, op.cit. pag. 492. La discesa che comprende la salita da una tomba? che significa? Questo perché, secondo lo studioso, il peccatore non può iniziare la risalita senza prima aver cinto il giunco, la cintura dell’umiltà, il suo “ramo d’oro”, ai piedi della montagna. ! 14


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IL COSMO

Osserviamo lo schema dell’universo dantesco basato sulla ottocentesca rappresentazione del Cactani:

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La sfera terrestre è collocata, immobile, al centro dei cieli con l’imbuto dell’inferno al suo interno e la natural burella che conduce all’esterno. Nella parte inferiore del globo si trova l’ecumene con Gerusalemme, in quella superiore la montagna del Purgatorio con l’Eden in cima. Sono indicati i quattro elementi: terra, acqua, aria e fuoco. La sfera terrestre e i suoi cieli sono sovrastati dall’ empireo con la rosa dei beati e Dio circondato dai nove cerchi angelici. Effettivamente la figura conferma l’interpretazione di Giorgio Stabile, di un viaggio tutto in salita, ma forse è proprio questa rappresentazione che non convince appieno. Essa mostra infatti delle incongruenze: Gerusalemme e gli uomini risultano essere collocati più lontano dalla divinità dello stesso Lucifero; il che contraddice il principio per cui il bene maggiore è più prossimo alla divinità mentre, allontanandosi, diminuisce la virtù che da essa si propaga. Altri problemi derivanti da questo schema grafico e concettuale riguardano l’ordinamento dell’universo intero e il rapporto tra il creatore e il mondo creato, tra lo spirito e la materia. E la maggiore difficoltà si incontra nel cercare di collocare il centro: il centro fisico dell’universo, secondo la concezione aristotelico-tolemaica, è costituito dalla terra, ma il centro spirituale si trova in Dio creatore da cui tutto deriva e che tutto comprende, quindi nell’empireo. Osserva Marìa Zambrano: “Notiamo dunque che esistono due centri di gravitazione o di attrazione, il centro oscuro dove precipita ciò che pesa e il centro celeste a cui ascende ciò che si è liberato del peso” 19.

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Marìa Zambrano, op. cit., pag. 97


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! ! ! Il paradiso !

La gloria di colui che tutto move per l’universo penetra e risplende in una parte più e meno altrove. Nel ciel che più de la sua luce prende fu’ io, e vidi cose che ridire né sa né può chi di là su discende (Par. I, 1-8) Così inizia il primo canto della terza cantica e in questi versi Dante sintetizza la sua concezione dell’ordinamento del paradiso e dell’universo, ordinamento che risponde a esigenze teologiche, morali e astronomiche, e si basa sulla teoria aristotelica, su Platone e sul neoplatonismo, rivisti secondo l’interpretaziana cristiana20. L’influenza del platonismo è particolarmente evidente nella terza cantica: ad esempio nel secondo canto del Paradiso, dove Beatrice spiega a Dante l’origine delle macchie lunari. Anche i concetti del Bene come luce che si irradia, dell’anima che sale al cielo, della musica dell’universo hanno la stessa derivazione. “Dio è il motore di ogni cosa, la causa prima del creato… Il mondo, in questa concezione totalizzante, si rivela come una sfera; è il centro: da questo centro, da Dio, acquistano senso, rilievo e giustificazione le cose, gli esseri tutti, la vita morale, la religione, l’arte. Esso è il metro di tutte le cose, di ciò che diciamo positivo e di ciò che gli è contrario… Concezione gerarchica propria di Dante e della cultura medievale; l’universo deve essere visto come una piramide, fatta di infiniti gradini dove si dispongono tutte le creature, e scandiscono i momenti ascendenti e discendenti di un’unica potenza che è al vertice, ma contrassegna di sé ogni gradino, ogni creatura”21 L’universo risulta quindi sferico ma anche piramidale, il centro è Dio ma pure la terra: intorno ad essa ruotano i cieli, dal primo, quello della luna, al nono, il primo mobile; oltre questo si trova l’Empireo, sede di Dio, il quale:

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“L’universo dantesco si configura, nelle sue linee generali, secondo uno schema che assimila originalmente le dottrine aristoteliche e neoplatoniche, in particolare il neoplatonismo procliano (…), e quello arabo di estrazione soprattutto avicenniana”. Vedi alla voce Universo, di Barbara Faes de Mottoni, nella Enciclopedia Dantesca. ! Tommaso 21

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Di Salvo, commento a Dante, La divina Commedia, Paradiso, Zanichelli, 1993, pag.14


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In tutte parti impera e quivi regge; quivi è la sua città e l’alto seggio. (Inf. I, 127-129)

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Scrive Dante nel De vulgari eloquentia: “Dio si fa sentire più nell’uomo che nell’animale bruto. Nell’animale più che nelle piante, in queste più che nei minerali e in questi più che nei primi elementi delle cose, nel fuoco più che nella terra”. Il rapporto che Dante stabilisce tra la creatura e il creatore, tra il mondo terrestre e quello celeste è stato bene indagato dalla critica; più difficoltoso è tratteggiare una rappresentazione grafica soddisfacente del cosmo dantesco che comprende la terra con i nove cieli (la materia) e il decimo cielo, l’empireo (lo spirito). Nella figura precedente abbiamo visto la sintesi comunemente accettata, che tuttavia lascia alcuni punti irrisolti: innanzitutto la relazione tra verticalità e circolarità, inoltre la collocazione del centro. Circolarità che corrisponde all’idea dell’universo derivata dalla concezione aristotelicotolemaica, verticalità dovuta alla concezione gerarchica cristiana. L’universo è sferico ma la virtù divina discende dall’alto e si dirama per i cieli fino alla terra. Il centro materiale dell’universo è la terra ma il centro spirituale è Dio, che ha la propria sede nell’empireo ma che tutto comprende. ”Il ciel che più de la sua luce prende” è l’empireo (dal greco: che sta nel fuoco), il paradiso. Dante “lo concepì di pura luce, del tutto immateriale, al di fuori dello spazio, immobile: sotto c’è la terra, immobile, al centro di un sistema di nove cieli che le ruotano intorno: segno anche questo della concezione gerarchica”22. L’empireo (in cui pure angeli e beati sono disposti gerarchicamente a godere la visione di Dio) sta oltre lo spazio e il tempo e oltre il mondo materiale; da esso si irraggia la luce divina che informa e illumina gradualmente tutto l’universo (in una parte più e meno altrove), ad iniziare dal primo mobile. In questo cielo completamente immateriale, puro spirito e luce divina, è arrivato Dante al termine del suo viaggio nell’aldilà: “Fu’ in quel cielo che più abbondantemente riceve della gloria di Dio ovvero della luce di Dio. Per cui è bene sapere che quel cielo è il cielo supremo, che contiene tutti i corpi, rimanendo esso in quiete eterna e non ricevendo virtù da nessun corpo” 23 L’empireo viene concepito in modo simmetrico (o speculare) al mondo della terra e dei nove cieli che le ruotano intorno; diremmo oggi, una sorta di un universo parallelo (che tuttavia comprende quell’altro). E pure nella rappresentazione dell’empireo si riscontrano gli stessi problemi emersi nella raffigurazione dell’intero universo. Anche qui c’è un punto centrale (Dio, più volte definito “punto”) intorno a cui ruotano i nove giri delle gerarchie angeliche:

22 ! Tommaso ! 23

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Di Salvo, op. cit. pag.15

Dante, Lettera a Cangrande della Scala


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Hildegard von Bingen, Liber divinorum operum

Il primo cerchio, il più vicino alla divinità, quello che gira più velocemente di tutti (più veloce anche del primo mobile), è dei serafini, segue il giro dei cherubini e via via, gradualmente, fino al cerchio degli arcangeli e a quello degli angeli, cerchi sempre più ampi e più lenti. La velocità dei cerchi angelici è contraria rispetto a quella dei cieli che girano intorno alla terra dove il cielo più veloce è il primo mobile, il più lontano dal centro; ma se assumiamo la prospettiva dell’empireo come centro assoluto, osserviamo che la velocità dei cerchi va sempre degradando man mano che ci allontaniamo dalla divinità: dal più veloce, il giro dei serafini, al più lento, il cielo della luna. Ciascun ordine angelico sovrintende a un cielo (i serafini sovrintendono al primo mobile, i

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cherubini alle stelle fisse, etc.). Il primo mobile, agito direttamente da Dio, è misura del tempo:

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Non è suo moto per altro distinto, ma li altri son mesurati a questo, sì come diece da mezzo e da quinto; e come il tempo tegna in cotal testo le sue radici e ne li altri le fronde, omai a te può esser manifesto (Par, XXVII, 115-120)

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Notare come, anche qui, ci sia un cambiamento di prospettiva: il tempo tiene le sue radici in questo vaso (testo), il primo mobile, e le sue fronde si diramano negli altri cieli fino alla terra. Abbiamo la visione capovolta di un albero, rispetto al nostro punto di vista terrestre. Inoltre si passa dalla circolarità alla verticalità. Dal primo mobile dunque si diparte il movimento e si diffonde la virtù divina che rimbalza di cielo in cielo fino alla terra con sempre minore forza (sempre meno di atto e più di potenza).

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E questo cielo non ha altro dove che la mente divina, in che s’accende l’amor che ‘l volge e la virtù ch’ei piove. (Par, XXVII, 109-111)

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Il centro del cosmo

Nell’universo si trovano sia il centro materiale della terra sia il centro spirituale di Dio: entrambi sono immobili. La provedenza, che cotanto assetta, del suo lume fa ‘l ciel sempre quieto nel qual si volge quel c’ha maggior fretta (Par. I, 121-123) Da questo passo risulta chiaro che il primo mobile –con tutto ciò che esso contiene, gli otto cieli e la terra – è contenuto entro l’empireo (il ciel sempre quieto è l’empireo e dentro di esso si gira quel ch’ha maggior fretta, ovvero il primo mobile). Così pure nel secondo canto del Paradiso, quando Beatrice spiega le macchie lunari e la virtù divina che diversamente si spande per l'univer !20


Dentro dal ciel della divina pace si gira un corpo, nella cui virtute l'esser di tutto suo contento giace (Par. II, 112-114)

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Ciò significa che dentro l'empireo (il ciel della divina pace) gira il primo mobile, (un corpo) nella cui virtù, derivante da Dio, risiede l'essere di tutto quanto esso contiene, cioè degli altri otto cieli. Per la collocazione del primo mobile (entro cui si situano tutti gli altri cieli e la terra) converrà dunque accettare questa spiegazione misteriosa: “questo cielo non ha altro dove che la mente divina”, in mente dei si colloca il primo mobile e tutto quanto esso contiene, cioè tutto l’universo (con la terra e il suo grumo di male, il vermo reo, al centro). Ma come può stare nel puro spirito anche la materia? come possono stare il tempo e i luoghi dove non c’è nè tempo nè luogo? In Dio, “ove s’appunta ogni ubi e ogni quando” (Par. XXIX, 13)? E Lucifero nella mente divina? Come può essere Dio centro e circonferenza? Il mistero è insolubile e non si può rappresentare con schemi grafici. A meno che non si accetti la soluzione recentemente tentata dallo studioso romeno Patapievici. Egli sostiene che per spiegare la concezione cosmologica dantesca del mondo umano, visibile, e di quello divino, invisibile, che sono coesistenti, bisogna ricorrere alla teoria di Einstein: “Come rappresentare geometricamente l’affermazione di Dante secondo la quale il Cielo cristallino si trova nella mente divina? Più concretamente, che qualsiasi oggetto che si trovi in quel cielo si trova in effetti in qualsiasi posto, cioè dappertutto? Geometricamente è come se dicessimo che la sfera dell’Empireo è tangente alla sfera del cielo cristallino in tutti i suoi punti conteporaneamente” 24 E, più avanti: “Se prendiamo in considerazione questi vincoli, approdiamo a una descrizione del mondo che è in realtà l’intersezione di un’ipersfera con lo spazio tridimensionale in cui viviamo noi uomini… Scopriamo che l’universo cristiano medievale doveva essere un’ipersfera, avente al proprio centro assoluto l’origine della Creazione”25 Ma appunto l’ipersfera è impossibile da raffigurare se non per approssimazioni.

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24 !

Roman Patapievici, Gli occhi di Beatrice, Bruno Mondadori, 2006, pag.78

! 25

Roman Patapievici, op.cit. pag.87

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Eccone un esempio

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Se torniamo alla tradizione, scopriamo che, come ha osservato qualche studioso, queste recenti raffigurazioni dell’universo si rassomigliano alla forma del Battistero di Firenze dove la volta ottagonale presenta la finestrella centrale come la fonte luminosa divina circondata dalle gerarchie angeliche e i confini dell’ottagono proseguono nelle pareti laterali fino al pavimento, ottagonale esso pure. Si alluderebbe dunque alla conformazione del cosmo con la parte soprastante, la regione divina, che prosegue senza soluzione di continuità in quella inferiore, il nostro mondo :

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Coppo di Marcovaldo, Volta del Battistero

Nè dobbiamo stupirci di questo accostamento, se consideriamo che, secondo il grande studioso della scienza Kuhn, la concezione aristotelica dell’universo (da cui deriva quella dantesca) è più vicina all’idea di Einstein di quanto non lo sia quella copernicana26.

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“Forse per pura coincidenza, i concetti spaziali inclusi nella teoria generale della relatività di Einstein sono, per importanti aspetti, più vicini a quelli di Aristotele che a quelli di Newton. E l’universo di Einstein, come quello di Aristotele, e contrariamente a quello di Newton, potrebbe essere finito”. Thomas S. Kuhn, La rivoluzione copernicana, Einaudi, pag. 126 ! 23


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L’empireo

Lasciamo Einstein e continuiamo con Dante, il quale passa dalla contemplazione dei cori angelici a quella della divinità (che pare inclusa nei cerchi angelici mentre essa li comprende tutti), salendo senza rendersene conto dal primo mobile all’empireo:

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Non altrimenti il triunfo che lude sempre dintorno al punto che mi vinse, parendo inchiuso in quel ch’elli ‘nchiude a poco a poco al mio veder si stinse (Par. XXX, 10-13)

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Per passare dal primo mobile all’empireo egli volge gli occhi a Beatrice e “vola” con lei:

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con atto e voce di spedito duce ricominciò: “Noi semo usciti fòre del maggior corpo al ciel ch’è pura luce: luce intellettual, piena d’amore; amor di vero ben, pien di letizia; letizia che trascende ogni dolzore. (Par, XXX, 37-42)

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I due hanno lasciato il primo mobile e hanno raggiunto l'empireo. Osserva George Steiner: “Qui si passa dallo spazio e dal tempo al mondo dell’infinito e dell’eterno, dal regno della materia a quello dello spirito”. D’ora in avanti la vista di Dante, abbagliata dallo splendore, si adeguerà gradatamente alla visione luminosissima di Dio, perfezionando via via la sua percezione della divinità, che gli appare come un rivo, come un punto ma anche come un cerchio e un raggio, mentre essa rimane sempre uguale a se stessa. !24


Appare la figura di una rosa dagli innumerevoli petali nei quali sono disposti ad anfiteatro, in ordine gerarchico, i beati, intorno alla divinità che essi contemplano.

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In forma dunque di candida rosa mi si mostrava la milizia santa, che nel suo sangue Cristo fece sposa; (Par. XXXI, 1-3)

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Gli scranni dei beati sono numerati e ordinati a destra e a sinistra, da un lato le figure del vecchio testamento (tutto esaurito), dall’altro i nati dopo Gesù (ci sono ancora pochi posti liberi). In un primo momento la disposizione logistica, l’alto e il basso, non sono ben chiari: prima si dice che essi si riflettono in Dio come una sponda nel fondo del fiume, poi si afferma che Dio sta in alto ed essi in basso. Ma ormai abbiamo compreso che

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Presso e lontano, lì, né pon nè leva: ché dove Dio sanza mezzo governa, la legge natural nulla rileva. (Par. XXX,121-123)

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Tra questi beati e Dio svolazzano, in una frenetica attività, innumerevoli angeli:

Sì come schiera d’ape che s’infiora una fiata e una si ritorna là dove suo laboro s’insapora, nel gran fior discendeva che s’addorna di tante foglie, e quindi risaliva là dove ‘l suo amor sempre soggiorna. (Par. XXXI, 7-12)

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Nel cielo della perfezione e dell’immobilità si registra un gran movimento: è tutto un turbinio di ali, luci e colori che si sviluppano in ogni direzione, tra profumi inebrianti, canti soavi e cori angelici; e tra questi si delizia la visione dantesca:

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Su per la viva luce passeggiando, menava io li occhi per li gradi mo’ su, mo’ giù e mo’ recirculando. (Par XXXI, 46-48)

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Sandro Botticelli, Paradiso

La forma general di paradiso già tutta mio sguardo avea compresa, in nulla parte ancor fermato fiso; (Par. XXXI, 52-54)

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Ma per il nostro discorso è interessante soprattutto notare che il raggio divino si riflette direttamente nella superficie convessa del primo mobile, che la trasmette di poi di grado in grado ai cieli successivi: Lume è lassù che visibile face lo creatore a quella creatura, che solo in lui vedere ha la sua pace: e si distende in circular figura intanto, che la sua circunferenza sarebbe al sol troppo larga cintura. Fassi di raggio tutta sua parvenza reflessa al sommo del mobile primo, che prende quindi vivere e potenza. (Par, XXX, 100-108)

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Questi versi sembrerebbero confermare la validità della rappresentazione tradizionale che colloca Dio al centro dell’empireo, fuori e sopra i cieli e la terra. Ma quella rosa mistica dove sta? Perché viene solitamente raffigurata a mezza strada tra il cielo supremo e tutti gli altri mentre essa si spande ovunque nell’empireo? Ancora, nel trentatreesimo del Paradiso, quando il poeta arriva a contemplare la gloria divina, dice:

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Nel suo profondo vidi che s’interna, legato con amore in un volume, ciò che per l’universo si squaderna: sustanze e accidenti e lor costume quasi conflati insieme, per tal modo che ciò ch’io dico è un semplice lume. La forma universal di questo nodo credo ch’io vidi, perché più di largo, dicendo questo, mi sento ch’io godo. (Par. XXXIII, 85-93)

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Si utilizzano in questo passo altre immagini per indicare il rapporto tra il creatore e il creato: il volume, il nodo.

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Infine, negli ultimi versi della cantica, e dell’intero poema, appare la figura della ruota, il cui centro è unito per mezzo dei raggi ai diversi punti della circonferenza, come nei rosoni delle chiese romaniche e gotiche.

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Basilica di Santa Maria di Collemaggio !28


A l’alta fantasia qui mancò possa; ma già volgeva il mio desìo e ‘l velle, sì come rota ch’igualmente è mossa, l’amor che move il sole e l’altre stelle (Par. XXXIII, 142-145)

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E sono questi i versi conclusivi dell'intero poema.

Conclusioni

Concludiamo anche noi il nostro ragionamento. In breve: la concezione dantesca dell’universo, che coniuga la tradizione greca con quella cristiana, concepisce tre livelli, gerarchicamente disposti: quello più alto è l’empireo, puro spirito, sede di Dio, con i nove giri degli angeli e gli scranni dei beati, luogo della perfezione e dell’unità, immateriale; seguono i nove cieli rotanti, composti di quintessenza, materia sopraffina ma pur sempre materia, dal primo mobile, al cielo delle stelle fisse, via via fino a quello della luna, sui quali si irradia la virtù divina con potenza sempre più flebile; infine c’è la terra, il mondo sublunare e materiale degli uomini (che a loro volta sono composti di anima e di corpo), della corruzione e della molteplicità. Scrive Dante nel Convivio che l'empireo "è lo soprano edificio del mondo, nel quale tutto s'inchiude, e di fuori dal quale nulla è; ed esso non è in un luogo, ma formato fu solo ne la prima mente". La struttura sferica dell'empireo (che tutto comprende), dei cieli (che comprendono la terra) e della terra (che si trova al centro dei nove cieli, con il suo cuore diabolico), coabita con quella verticale e gerarchica della virtù divina. Risultano delle incongruenze determinate dalla diversa natura dell’universo: quella mista o del tutto materiale del mondo creato, dei cieli e della terra, e quella, tutta spirituale, del creatore e dell'empireo. Le due dimensioni si rapportano in maniera misteriosa tra di loro: l’empireo sta fuori e al di sopra del mondo, se lo pensiamo come luogo, ma è il centro dell’universo se consideriamo che da esso deriva il moto dei cieli e da esso discende la virtù che tutto informa; il centro del mondo è la terra ma il centro dell’universo è Dio, che ne è pure il vertice, in senso gerarchico, poiché da esso tutto “discende”. Converrà arrendersi se la logica non aiuta a spiegare alcune contraddizioni. Anche Dante, arrivato al cospetto di Dio e quindi di fronte alla Trinità (raffigurata con tre cerchi di diversi colori), si sforza invano di comprendere razionalmente il mistero !29


della natura umana del Cristo, come il geometra che si affanna inutilmente a misurare il cerchio per riuscire a farne la quadratura. E la risoluzione di questo problema appare proprio una sorta di quadratura del cerchio. Oppure ci affidiamo all’intuizione di Marìa Zambrano la quale, con parole oscure e poetiche, ricolloca l’uomo al centro del tutto e ricorre alla bella immagine dello specchio poliedrico che ci aiuta a comprendere sia il cosmo sia il capolavoro di Dante: “L’idea che l’uomo sia come un orizzonte –assimilato all’orizzonte- perché media tra i due emisferi. Mediatore tra l’emisfero degli esseri naturali irrazionali e la ragione, tra la bestia e l’angelo, capace di attraversare, come illustra simbolicamnete il suo poema straordinario tutti gli stati dell’essere, dal centro dell’inferno fino all’ultimo cielo, proprio ai piedi del centro supremo, del trono della Santa Trinità. Quel che ci offre nella sua opera è, in effetti, la condizione umana in tutta la sua pienezza, nella piena attuazione delle sue possibilità: fin qui può abbasarsi l’uomo, fin lì può ascendere; fino a tali confini estremi dell’afflizione e della beatitudine e, semplicemente, sulla terra, dove l’uomo può espandere la sua potenza e il suo intelletto. A questa idea verificata dall’esperienza risponde l’opera di Dante. E’ uno specchio poliedrico” 27. Uno specchio che assume e ci restituisce l’immagine del mondo.

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Marìa Zambrano, op.cit. pagg. 59-61


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