I dazi nel Polesine sotto il dominio estense (e due lettere inedite del Doge di Venezia al Marchese di Ferrara) Intorno alla metà del ‘200 gli Estensi erano già Signori di Ferrara e a partire da questa data nominarono una serie di “officiali”, con svariate mansioni, regolate dagli statuti cittadini che prescrivevano la durata degli incarichi e i requisiti delle persone che erano chiamate a esercitarli. Nel corso del Tre e del Quattrocento gli Estensi si erano progressivamente insignoriti di molte città e province. Nelle terre soggette essi avevano cercato di mantenere « l’ordinamento comunale riservandosi solo il diritto di nominare, tramite patente, tutti gli officiali più importanti precedentemente eletti dal consiglio cittadino: cosa che per altro facevano nel pieno rispetto delle consuetudini e degli statuti locali, che all’atto della dedizione non erano stati per nulla uniformati e a cui non erano state apportate che minime modifiche anche nelle piccole podesterie rurali, dove venivano inviati un notaio e un podestà con giurisdizione più o meno limitata a seconda di come si erano storicamente articolati i rapporti delle singole terre con il Comune urbano e nelle ‘provincie’ prive di un capoluogo urbano (Polesine, Garfagnana e Romagna), che gli Estensi si erano ben guardati dall’assoggettare alla giurisdizione o al controllo finanziario di una città» (1). Oltre al podestà e al notaio, il ducato inviava camerlenghi o massari, incaricati « di gestire e/o appaltare i dazi e le gabelle locali e subordinato direttamente ai fattori generali di Ferrara (mentre la redazione degli estimi rimaneva sotto l’autonomo controllo degli abitanti). Inoltre, in ognuna delle ‘provincie’, o più propriamente ‘Stati’ secondo il lessico del tempo, veniva nominato anche un capitano o commissario con giurisdizione su tutto il distretto». I podestà erano garanti dell’ordine pubblico, e quindi sorvegliavano le fiere e i mercati, limitando per quanto era possibile il contrabbando, svolgendo un controllo delle strade principali, costituendo così la longa manus del duca di Ferrara a livello locale. Gli officiali tenevano inoltre una fitta corrispondenza con la Cancelleria ducale, che voleva essere informata di tutto quanto accadeva nel territorio: quantità dei raccolti, ordine pubblico, eventuale presenza di truppe straniere, tentativi di rivolte sociali, ecc. Per tutto codesto lavori gli ufficiali erano stipendiati, e lo stipendio variava a seconda dell’importanza delle località. Ad Adria, per esempio tra 1457 e il 1507 il Visconte e il notaio percepivano rispettivamente 12 e 4 lire. Ad Ariano il Capitano 7 lire, a Rovigo il Visconte invece 20 lire (2). Veniamo ora alla parte che ci interessa più da vicino, ovvero ai compiti di controllo che spettavano agli officiali, strettamente controllati dagli Estensi che emanavano ordini in questo senso molto dettagliati. La documentazione in nostro possesso lo evidenzia chiaramente. Si tratta di un registro dei dazi risalente al XIV secolo secondo la congettura del Bocchi, redatto in latino e che il Bocchi stesso ricopiò e tradusse in italiano (3).
«… 1308 (o meglio 1318) Dei Dazii del Polesine. Appartiene a quest’epoca un importante documento, cioè le provisiones modi et ordines d’esigere i dazii in tutto il Polesine di Rovigo, tanto dagli officiali de’marchesi, quanto dai conduttori dei medesimi dazii. Sono paragrafi 176, oltre le aggiunte di cui a suo luogo. Ne diamo l’estratto, perché da esso si può conoscere la natura dei proventi del paese, ed il loro valore. E’ scritto in latino dal paragrafo (ossia capitolo) 1 sino al 174. E’ un codice cartaceo copiato intorno la metà del secolo XVI, tutto di un solo carattere, tranne nelle due ultime pagine che sono le 44 e 45. Si conserva nel museo dell’autore...».
Dazii e gabelle di transito per lo Polesine da Venezia a Verona per flumen vetus (Adige) o per flumen Athesis (Adigetto) e per qualunque altro luogo del Polesine. E viceversa… I vari capitoli dei dazi sono stati numerati dal Bocchi. Si lascia intatta la numerazione.
Dal Dei Dazii del Polesine (24) De’ Mugnai
(Molendinarij)
I mugnai e chiunque porta a mulinare frumento et bladas di persone abitanti e dimoranti nelle terre di Rovigo, Lendinara Badia e loro borghi devono essere muniti d’un bollettino che deve esser dato gratuito da detti officiali o da chi per essi; e tal bollettino deve a questi essere reso ostensibile [mostrato], tuttoché sia macinato il grano; pena dieci soldi parvorum ogni stajo ad ogni contravvenzione oltre la perdita de’ carri, quadrighe, somensi semarios et bestie su cui quel frumento e quelle biade si portassero a macinare… (26) De’ Beccai I beccai d’esse terre e borghi non esercitino beccheria se non nelle case a ciò deputate e da deputarsi dal marchese o suo cammerarium in Polesine, pena dieci lire parvorum ad ogni contraffazione, e la perdita delle carni vendute…
(2-6) Del
Vino
Chi vuole vendere al minuto dee riportare licenza o bolletta (bulletam) e pagare il dazio; pena dieci lire di piccoli parvorum per ogni contraffazione oltre la perdita del vino e del suo recipiente … libera l’importazione del vino in tutto il Polesine. Eccetto che provenga dal padovano per lo passo di Barbuglio ove dovrà pagarsi un soldo e sei denari di entrata per ogni mastello di vino di monte, ed un soldo per mastello di vino di pianura. È vietato a osti, taverneri e venditori [vendere] qualunque [ tipo] di vino al minuto nelle terre di Rovigo, Lendinara, Badia e loro borghi ed in ogni luogo del Polesine tenere nelle osterie loro e taverne vino di sapore e colore come il daziato, ed usarne per la famiglia loro…
(122) Ancora
sui mugnai
Ogni mugnajo macinante biade o che ne vuol macinare paghi ogni anno lire tre marchesane, e ciò perché è consuetudine che detti mugnai vendano a piacer loro ogni quantità di farina che lucrano dalla macinatura; siano poi tenuti a quella quantità di denari sebbene non abbiano venduto quella farina…
(114-116) Poteri
conferiti agli officiali
Lecito ad officiali… ed andare e venire di giorno e di notte con armi, lumi o sena, senza contraddizione d’alcun officiale o rettore; denunziare ed accusare i delinquenti, prenderli o farli prendere. Condurli in carcere (fortiam) dei rettori ed officiali del Polesine, donde non saranno rilasciati senza l’intero pagamento dovuto. Detti officiali o chi per essi possano anche esigere da qualunque contraente sulle cose predette con persone non soggette alla giurisdizione temporale de’ Signori Marchesi i detti dazii nel Polesine, se il contraente è soggetto a questa giurisdizione; specialmente se il non soggetto ricusa pagare; se poi entrambi non sono soggetti, possano gli officiali o chi per essi porre le mani nei loro beni, e pagarsi con essi fino all’importare del loro diritto , e far bandire (forbanniri), i contravventori dal qual bando non possano liberarsi che coll’intero pagamento. I rettori ed officiali del Polesine devono… costringere i contravventori, e nelle cose e nelle persone, sommariamente e senza formalità di giudizio sine praepositis iudicis e condannare i denunziati al pagamento di dazii e pene aggiunte…
Due lettere indirizzate dal Governo veneto ai marchesi estensi a regolazione dei commerci da Venezia a Ferrara e viceversa 1430 - 28 maggio. In Pregadi. Libro 58 per terram a carte 209 Lettera n. 1 Avendoci esposti il Sig, Marchese estense che si conducano da Venezia a Ferrara ed alle parti di Lombardia mercanzie e cose dai nostri veneti, o da altri sotto il nome de veneti, che in realtà non sono sue o d’altre persone, e tuttavia da essi veneti sono indicate (taxantur) come loro proprie, (quia invicem convieniunt); locché ridonda a grave pregiudizio degli introiti di detto Sig, Marchese, ed avendo perciò pregato la Nostra Signoria, che si degnasse a ciò provedere; vada parte che si commetta agli officiali nostri (tabulae exitus), che devono dare (imporre) d’ora innanzi il giuramento (sacramentum) ai veneti che conducono o vogliono far condurre mercanzie e cose da Venezia a Ferrara od in Lombardia nel modo che segue: Il tale spontaneamente, toccate le Sante Scritture sui santi vangeli giurerà che le cose e mercanzie che conduce o vuole far condurre da Venezia a Ferrara od in Lombardia sono sue proprie e non d’altri, e che in bona fede, realmente, e non con qualche finto colore, le cose stesse vengono condotte nei predetti luoghi, a suo pericolo e spese: e che di dette cose non fece vendita, convenzione, alienazione contratto o provisione a chicchessia per rigore del quale, e della quale condotta possa derivare danno o pregiudizio agli introiti e dazii di dette città di Venezia, Ferrara e de luoghi loro( et locorum ipsorum et alterius eorum); né fa ciò in frode a pregiudizio degli introiti dei dazii predetti onde glie ne venga qualche lucro od emolumento. Il contravventore cada in contrabbando nella perdita delle cose e nella pena dello spergiuro. E ciò si proclami pubblicamente nelle scale di Rialto onde a tutti sia manifesto. Bernardino de Bontadis nodaro [notaio] della Curia Maggiore, copia fedelmente dall’autentico, ed in fede di ciò mi [io] sottoscrissi.
Lettera n. 2 Copia di lettera dell’Illustrissimo et Reverendissimo Doge di Venezia all’Illustrissimo Sig. Duca di Modena. 8 giugno 1454 a carte 144. Illustre et eccellentissimo figlio nostro carissimo. Tostoché Gio. Moro vir nobilis da noi mandato oratore all’eccellenza vostra, ritornò in patria, ci riferì tra l’altre cose quello che aveva trattato (agitatum)con essa nell’affare (in causa) de’ viri veneti, e seriamente (serio) – conosciamo la vostra disposizione circa l’osservanza e la consuetudine de’ nostri patti, sui quali soltanto quattro dubii sembravano sorgere. 1) quali fossero que’ veneti (sunt et districtuales districtus), che debbono godere dei patti e consuetudini anzidette; 2) se le parole che fanno menzione di andare, stare e ritornare, debbono intendersi per abitazione continua; 3) se le possessioni che li nostri veneti hanno comprate de ferraresi, i quali non traessero origine dai veneti, pervenissero de monasteri sottoposti al nostro dominio, debbano essere esenti; 4) se i veneti esercenti opere rurali debbano prestarsi personalmente ai lavori ( laboreria) degli argini del Po e delle coronelle; sui quali dubbi V. Ecc. trattando con noi col consueto suo facile amore, e volendo compiacervi, s’abbandonò liberamente alla disposizione e cognizione nostra. Di che noi paternamente ringraziandola, non ci sembra onesto che noi dobbiamo conoscere di questa causa. Ma volemmo far esaminare i patti, ed indagare le osservate consuetudini, dalle quali rileviamo che uomini di Venezia s’intendono i cittadini originari e quelli ancora che secondo le nostre leggi vengono creati cittadini originarii, e quelli che per privilegii venissero fatti cittadini di dentro e di fuori ( de intus et extra) , e similmente quelli fatti soltanto cittadini di dentro (de intus) per privilegio, i quali colle loro famiglie abitino continuamente. Diciamo inoltre sembrava onesto e per riguardo alla consuetudine e per altro legitime<sic> cause che quelle parole di andare, stare e ritornare (eundi, standi, et redeundi) devono intendersi per l’abitazione continua. Circa poi la parte delle possessioni che i veneti comprarono dai ferraresi, sebbene la consuetudine sia contraria, ci sembra consentire che per essa soltanto i nostri veneti debbano concorrere ai pesi, che se ricusino di farlo, ne siano compulsi dal nostro Visdomino. Infine intorno agli argini del Po, diciamo essere noi informati che quei pesi sono personali, e perché i patti siano liberi, ci sembra non dovervi essere tenuti, si forte ad laboreria illa contribui pro possessionibus consuetum est. Ci sembra onesto che debbano contribuirvi per quelle opere che occorrono nelle ville, nelle quali abitano. Dichiarato ancora che i cittadini nostri fatti per privilegio non s’intendano godere delle dette immunità; nel caso che fossero fatti cittadini ferraresi. Abbiamo pertanto decretato di significare paternamente a V. Ecc. questa nostra opinione, affinché se conviene con noi, la possa dichiarare, come dicemmo, onde per l’avvenire siano tolte le differenze anzidette. Io Francesco Pantaleo nodaro della Curia Maggiore fedelmente segnai.
Enzo Sardellaro, Professore di Lettere Italiane e Storia.
Note 1) G. Folin, Note sugli officiali degli stati estensi (secoli XV-XVI) in Gli officiali negli Stati italiani del Quattrocento, a c. di F. Liverotti, in «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», Quaderni della classe di Lettere e Filosofia, serie IV, I, 1977, pp. 99-154. Il saggio di Folin si può leggere anche in «Reti Medievali», p. 16. 2) Ivi, p. 36-37. 3) Il manoscritto del Bocchi è nell' Archivio Antico della Biblioteca Comunale di Adria (Segnatura: Busta 686 B 592 d 5).