di Aldo C. Marturano La caduta della Bulgaria del Volga* Secondo L.N. Gumiliòv, un grande peso negli eventi che stiamo per raccontare l'ebbero i secolari periodi ciclici di clima secco e clima umido che si fecero sentire nella steppa, uno nel III e un altro nel X sec. Il primo periodo significò una spinta allo spostamento di masse di genti verso l'ovest del continente eurasiatico che sfociò nelle famigerate Invasioni Barbariche. In Occidente gli effetti del mutamento climatico di fatto non erano così appariscenti per la presenza della foresta nordica e quindi le terre dell'Ovest potevano rappresentare una meta ambita dai pastori impediti a migrare verso il sud a causa delle altissime montagne del Pamir e del TienShan. Il secondo periodo invece segnò in particolare il tempo della decadenza e della fine della Bulgaria del Volga. Non fa meraviglia tuttavia non trovar cenno di questi cambiamenti di clima presso i contemporanei musulmani giacché, dice L.N. Gumiliòv, le “...oscillazioni periodiche di umidità e di secchezza nella steppa si producono nel corso di secoli e non possono essere notate nel corso di una o tre generazioni.” Le ragioni della siccità? Un abbassamento generale della temperatura che impediva all'umidità dell'aria di cadere sul suolo sotto forma di pioggia e alle nevi del Pamir/Tienshan, che alimentavano i fiumi che scendevano verso la steppa, di sciogliersi. Di conseguenza il Mare d'Aral e le oasi stesse si riducevano perché i due fiumi Syr-darya e AmuDarya diminuivano la loro portata. Se il pastore è costretto a spostarsi sempre più ad ovest per trovare foraggio per le sue bestie, credendo che tutto ciò sia l'effetto di una qualche ira divina o d'un incantesimo sulla sua persona o sulla sua gente prima di convincersi che il clima è realmente cambiato, il contadino nelle oasi contigue vede il terreno coltivabile diminuire e le sabbie avanzare e anche lui è convinto di essere il bersaglio di ire divine e di incantesimi. Alla fine la decisione del pastore di migrare verso le terre del contadino provoca una serie di conflitti a non finire fra migrante e sedentario! Intorno al IX-X sec. la regione della steppa a nord delle oasi sopraddette era abitata dalla lega degli Oghuz (in parte detti anche Turkmeni) fino al Volga. Comincia a essere abbandonata dai Peceneghi che si riversano nella steppa ucraina e i Karluki avanzano da est. Questi erano i più orientali e governati da esponenti della nobile famiglia Ašina la quale aveva dato ai propri Kaghan il nome di Khan neri (o Karakhanidi) in cui l'aggettivo “nero” era usato in senso geografico e voleva dire soltanto i Signori del nord. Se l'equilibrio dei rapporti con la Khoresmia (abbastanza rari fino ad allora) era stato di solito un po' precario (in una partita di schiavi si era trovata persino la moglie di un capo karluko), seppur non sfavorevole a contatti amichevoli, è possibile che, a causa del clima mutato e nella ricerca di un luogo migliore per vivere, i Karluki, non appena si presentò l'occasione in cui i Samanidi chiesero loro aiuto nelle lotte per il potere nel 960, accettarono subito la condizione posta per essere degli alleati alla pari e optarono per l'Islam. Nel 992 decidono di assediare Bukharà. La città con i suoi ormai deboli sceicchi samanidi è in imbarazzo: Nel passato gli Oghuz fornivano i ragazzi per l'armata nazionale, ma ora che avevano abbandonato il paganesimo e si erano convertiti all'Islam che fare davanti a questa provocazione? Abbiamo il documento di un noto faqih di Bukharà, Abu-l-Husain Hilal as-Sabi, ove, essendogli stati comunicati questi dubbi, questi avesse consigliato sibillinamente di non resistere. Si risparmiarono delle vite, ma ormai la dinastia samanide era alla fine e, con l'assenso di tutta l'élite rimasta al potere, il khan karluko Kylyč Bugra comunque entrò in città. Non vi rimase per molto, ma alla fine, quando riuscì a spartirsi il territorio con i restanti sceicchi Samanidi nel 996, si insediò a Bukharà per sempre. * статья впервые была опубликована____