Prima dei catari

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Prima dei catari

di Francesco Zambon Maggio 2009

Indice Introduzione................................................................................................................................1 Bibliografia ................................................................................................................................2 I Patereni di Bosnia.....................................................................................................................3 I Bogomili di Bisanzio ...............................................................................................................3 I Pauliciani .................................................................................................................................4 Gli eretici di Ani .........................................................................................................................5 Tra il I° ed il IV° secolo..............................................................................................................6 Ritornando indietro.....................................................................................................................7 Conclusioni.................................................................................................................................9

Introduzione La storia dei catari viene, da molti autori, studiata per i soli territori dell'attuale Francia, Germania, Olanda e Italia centro-settentrionale, per il periodo compreso fra il 1050 e il 1350. Poco convinto di questi confini temporali e spaziali ho cercato di approfondire quanto si conosce sui Bogomili dei Balcani, spesso chiamati anche Bogomili di Bosnia. Oltre al viaggio del bogomilo “Papa Niceta” a St.Felix de Caraman del 1167 [L] informazioni sugli eretici dei Balcani sono presenti ad esempio in Bernardo Gui [BG] e nell'elenco delle chiese catare di Rainiero Sacconi [RS]. Ho trovato inizialmente il vecchio testo di Runciman [R] e successivamente la bibliografia allegata. Si tratta di testi spesso non tradotti in italiano e con impostazioni e punti di vista anche diversi tra loro ma che ricostruiscono in modo molto simile una storia che porta ai confini est dell'impero bizantino nel 7°-8° secolo. Informazioni scarse ma piuttosto coerenti permettono di riconoscere analogie tra le posizioni dei catari e quelle di Marcione, un “eretico” del 2° secolo, fondatore della Chiesa dei “Buoni Cristiani”, della quale ci sono tracce in Medio Oriente fino al V° secolo. Con il percorso qui presentato si raccolgono una serie di informazioni che arricchiscono quanto sappiamo dei catari e lasciano ipotizzare anche alcune variazioni dei loro usi e costumi avvenute nel corso del tempo.


La chiesa di Otzum – Armenia 2008

Bibliografia [N] Vrej Nersessian “The Tondrakian Movement: Religious Movements in the Armenian Church from the Fourth to the Tenth Centuries” ISBN # 0-915138-99-9, 1987 [C] Fred. C. Conybeare “The Key of Truth. A Manual of the Paulician Church of Armenia” SBN-13: 978-1402155925 [R] Steven Runciman “The medieval manicheee - a study of the christian dualist eresy” SBN 0521289262, 1947 [L] Milan Loos “Dualist Heresy in the Middle Ages” ISBN 902471673X, 1974 [D] Jean Duvernoy “La religione dei Catari” ISBN 88-272-1372-4, 1976 [O] Obolensky “The Bogomils: a study in Balkan Neo-Manicheaism” Cambridge U.P ISBN 0521582628/9, 1948 [F] John Fine “The Bosnian Church” ISBN:0863565034, 2007 [S] Matthew Spinka: “A History of Christianity in the Balkans” 1933 - Archon Books 1968 Lcccn: 68-20379 [Lu] S.N.C Lieu Manicheaism in later Roman Empire and Medieval China, Mohr Siebeck ed-, 1992 Manchester ISBN 3161458206, 9783161458200 [AC] Anna Commena “Alexias” in Migne PG V CXXXI [PS] Pietro Siculo “Historia manicheorum seo Paulicianorum” M.Rader – Goettingen 1846 [TS] Tommaso di Spalato “Historia Salonica” in “History of the bishopships of Salona and Split” 2006 ISBN 978-963-7326-59-2 ISSN 1419-7782 Central European Medieval Texts [PM] Paolo Marangon “Il pensiero ereticale nella Marca Trevigiana e a Venezia dal 1200 al 1350” 1984, Francisci ed. [BG] Bernard Gui : “Manuel de l'Inquisiteur” Mollat ed. paris 1926 [ES] Everwin Steinfeld “Epistola ad Bernardum” Migne PL 182 [RS] Raniero Sacconi “Summa de Catharis et Pauperibus de Lugduno” ed Dondaine in “Heresies of the High Middle Ages” N.Y. 1991 Trad. W.L.Wakefield ISBN 0231027435, 9780231027434


I Patereni di Bosnia Nelle poche fonti primarie sopravvissute [F] si parla, quasi senza eccezioni, dell'”eresia”, senza mai darle un nome e senza approfondire di quale eresia si tratti anche se l'identificazione con i catari è certa. Nei pochi casi nei quali si utilizza un nome li si chiama “Patereni” da parte dei Latini e “Babuni” da parte dei Serbi. Il termine greco “Bogomili”, usato anche dai Bulgari, non viene utilizzato in Bosnia perché l'influenza di Bizantini e Bulgari vi è stata minima. Le informazioni più approfondite sui Patereni sono piuttosto tarde e riguardano la Bosnia, la Dalmazia e Dubrovnik in particolare. Queste informazioni ci permettono di associarli ai Catari; può darsi ci siano state alcune differenze dottrinali e sociali ma la documentazione disponibile è troppo scarsa per poterle tracciare con qualche sicurezza. Le notizie riguardanti Dalmazia e Dubrovnik (Chiesa di Dalmazia) associano gli eretici di tali luoghi con le chiese eretiche latina e greca di Bisanzio e con quella bulgara di Dragovitza. come del resto riporta Raniero Sacconi. Della Bosnia, specie nel periodo, XI-XIV secolo, si possono dire poche cose: •

Diffusa presenza della Chiesa di Bosnia ma anche una chiara e generalizzata incapacità in loco di percepire se tale Chiesa era eretica. Ad esempio un vescovo [L] bosniaco che non conosce i testi per il battesimo cattolico può essere un vescovo cattolico ignorante ma anche un vescovo patereno non riconosciuto.

Il supporto alla Chiesa di Bosnia da parte di alcuni Ban, i reggitori della Bosnia..

Una serie di azioni militari contro i Bosniaci da parte dei Serbi

Crociate indette da vari Papi combattute da ungheresi e da principi croati. Circa gli effetti di queste azioni non si sa praticamente nulla.

La storia veneziana invece ignora del tutto la presenza di eretici che pure, secondo altre fonti [TS] , erano ben presenti nelle città governate da Venezia.

I Papi, oltre ad interessarsi costantemente al problema dell'eresia in Bosnia, inviano dapprima i domenicani e successivamente missioni francescane e denunciano ripetutamente la migrazione di eretici italiani in Bosnia. Non ho trovato altre tracce di tale emigrazione oltre alle dichiarazioni papali. E' meglio documentata la presenza di eretici simili ai catari, a lungo, durante l'impero turco, specie a Dubrovnik e nell'interno; presenza di case dei perfetti lungo le vie di traffico, perfetti che svolgevano un ruolo attivo nell'assicurare trasporti e commerci. I Bogomili di Bisanzio I termine Bogomili ([O] [L] [R]) indica, per il clero ortodosso greco, bulgari, macedoni e greci convertiti alla religione praticata dai Pauliciani, presenti tra gli armeni ed i siriani trasferiti o deportati dai bizantini dall'est dell'Anatolia a Filippopoli/Plovdiv e dintorni. La religione dei Pauliciani si diffuse nel primo impero bulgaro (681-1018) con l'appoggio degli imperatori bulgari che erano alla ricerca di una autonomia religiosa da Bisanzio; autonomia poi anche consolidata con la creazione di un Patriarca bulgaro cattolico o comunque non dipendete dal Patriarca di Costantinopoli. Come sempre, in ambito bulgaro le notizie scritte sono molto scarse; c'è solo traccia della grande preoccupazione da parte del clero ortodosso per la nuova eresia.


Si tratta di un periodo di terrificanti guerre tra bulgari e bizantini che devastarono profondamente e per decenni il territorio. Con la ripresa di parte significativa della penisola balcanica da parte dell'imperatore Alessio Commeno [AC], l'eresia bogomila si diffonde anche nelle città bizantine, a corte, tra i commercianti e in modo significativo tra il clero e nei monasteri. La diffusione tra i commercianti ed i produttori di tessuti e di carta sembra essere invece il veicolo più probabile per la diffusione dell'eresia tra le più vivaci comunità dell'Occidente. La presenza di una chiesa eretica latina a Bisanzio potrebbe essere stata uno dei tramiti. L'altro tramite è stato, per ragionevole supposizione, il passaggio dei pellegrini diretti alla Terra Santa, pellegrini che soggiornavano a lungo a Bisanzio e che spesso non proseguivano oltre. I Pauliciani La presenza di siriani e armeni di religione “pauliciana” attorno a Filippopoli/Plovdiv è ben documentata dalla storia bizantina. Si parla infatti di trasferimenti in Tracia di queste popolazioni guerriere durante le lotte iconoclastiche da parte degli imperatori iconoclasti (ad es. Leone VI alla fine del IX° secolo) che li ritenevamo soldati fidati. Successivamente, ad esempio con l'imperatore Giovanni Zimisce (imperatore 969-976), si tratta di deportazioni di popolazioni dall'est dall'Anatolia alla Tracia per togliere alleati ad arabi e turchi e ricavarne contadini/soldati per ripopolare la Tracia e combattere i bulgari. Sappiamo che i Pauliciani di Tracia hanno combattuto per i bizantini in Sicilia e Calabria. Non sono però stati sempre fedeli all'imperatore Alessio Commeno (imperatore 1081-1118) come avvenne all'assedio di Durazzo presa dai Normanni. Li hanno conosciuti direttamente anche i crociati: l'imperatore Federico Barbarossa durante la terza crociata e Villehardouin il cronista della quarta. La comunità eretica di Plovdiv è sopravvissuta aderendo nel 1700 alla Chiesa Cattolica. Sui Pauliciani in Oriente disponiamo di una relazione di Pietro Siculo[PS], un ambasciatore bizantino presso i pauliciani di Tefrice/Divirgi che avevano costituito un piccolo stato al confine tra gli arabi e i bizantini. I pauliciani, con una serie di scorrerie, avevano appoggiato, in varie occasioni, l'avanzata degli arabi arrivando a devastare Efeso. Pietro Siculo era stato sei mesi a Tefrice per trattare uno scambio di prigionieri. Sconfitti poi dall'imperatore Basilio I°, i pauliciani furono dispersi e deportati in Tracia (872). Pietro Siculo riferisce ad un vescovo in Bulgaria, che chiede chiarimenti sulla nuova eresia giunta nella sua diocesi, della loro religione e di un legame stretto con la predicazione di San Paolo. I pauliciani chiamano le loro comunità con i nomi delle città di missione di San Paolo; i loro capi usano i nomi dei seguaci di Paolo citati nelle Epistole e usano come testi sacri le lettere di San Paolo, gli Atti degli Apostoli, attribuiti ad autori vicini a San Luca, ed i Vangeli. Ritengono che solo il Nuovo Testamento sia stato ispirato dal Dio di Amore; la Bibbia invece è ispirata da un Dio di Giustizia. E' interessante annotare che il fondatore dei Pauliciani, Silvano, poi lapidato dai bizantini, avrebbe ricevuto (circa nel 670 d.c.) il Vangelo da un religioso proveniente dall'oriente; chiaro segno di una preesistenza dell'eresia. Silvano viveva a Samosata, una città oggi nel fondo del lago Ataturk, ma allora in una zona vivace economicamente e per la diffusione del cristianesimo, vicina ad Antiochia ed Edessa.


L'eresia pauliciana appare quando gli arabi sono costretti ad una ritirata dai bizantini e non viene correlata con correnti di pensiero precedenti. Gli arabi trattarono le diverse sette dei cristiane con tolleranza ed ebbero cristiani pauliciani e monofisiti come alleati sin dalla presa di Damasco e fino al tempo delle crociate. Le fonti arabe sugli eretici cristiani sono comunque scarse e tarde ma attestano la presenza di cristiani seguaci di Marcione in Siria. Gli eretici di Ani La leggenda di Silvano [N] si ripete, in ambito armeno, con Smbat di Zarahawan il quale avrebbe ricevuto nell' 830 a Militene lo stesso vangelo sempre da un religioso proveniente dalla Siria e lo diffuse tra gli Armeni fondando la comunità di Tondrak. Bisogna in proposito notare che l'Armenia in quel periodo era uno stato indipendente in bilico tra bizantini, arabi e poi turchi, cristiano ma mai appartenuto all'impero romano, con una chiesa potente, ricca e opprimente, ritenuta eretica dai bizantini non avendo accettato le conclusioni del concilio di Calcedonia che condanna i monofisiti (per loro Cristo ha una sola natura, quella divina) Gli eretici armeni sono coinvolti in due episodi principali. Il primo riguarda il villaggio di Tondrak (per questo sono anche chiamati Tondrachiani) che, assieme a villaggi vicini si mantiene indipendente dal potente monastero di Tatev, malgrado varie repressioni militari da parte dei re Bagratidi. Il villaggio si trovava a nord del lago Van, oggi in una zona periferica della Turchia ma allora zona molto evoluta. Il secondo episodio riguarda la città di Ani, nella quale l'eresia armena ebbe grande diffusione. Ani fu, per tre secoli, una delle principali città al mondo: era un terminale della via della seta. La città fu occupata dai Bizantini (1044) i quali attuarono una politica di repressione degli eretici. Poco dopo Ani fu occupata dai turchi selgiuchidi (1064) che la distrussero completamente. Oggi le rovine di Ani si trovano in Turchia al confine con l'Armenia vicina alla città di Gumri. Poco dopo, nel 1071, con la battaglia di Manzikert i turchi occuperanno tutta l'Anatolia e le notizie sull'eresia quasi cessano. La letteratura armena comprende vari testi di ecclesiastici contro l'eresia: i testi principali sono di Giovanni di Otzum (m 728) e di Gregorio di Narek (m 1173). In entrambi i casi si elenca solo che cosa gli eretici rifiutano, con l'intento di non diffondere le loro menzogne. E' interessante notare che non si fa cenno al dualismo quanto piuttosto al rifiuto delle immagini, della Madonna, della croce, della comunione, del matrimonio e del fatto che si ordinano al sacerdozio tra loro. Inoltre gli eretici sostengono di avere gli stessi testi inspirati da Dio degli ortodossi. Il più preciso legame tra Tondrakiani e Pauliciani è rappresentato da una lettera di Grigor Magistros Pahalavuni [in C] , il governatore bizantino del tema armeno, inviata ai vescovi siriani. Li invita a non farsi ingannare dai profughi armeni, che non sono come loro dicono “buoni cristiani” ma che sono come i Pauliciani a loro ben noti. La volontà di non associare il nome “pauliciani” a san Paolo - le leggende in proposito sono numerose - lo porta ad associarli erroneamente a Paolo di Samosata il fondatore della teologia adozionista: Cristo è un uomo adottato da Dio, come avveniva per gli imperatori e avvenne per Maometto. Le informazioni sugli eretici armeni sono state inquinate dal testo religioso del 1700 pubblicato dallo studioso inglese Conybeare con il titolo “ La Chiave della verità” [C e N App III°] . Il testo fu datato al X° secolo da linguisti ingannati dal linguaggio arcaicizzante e attribuito ai Tondrachiani. Il libro contiene una confusa teologia adozionista. Solo di recente il testo è stato correttamente datato [N] e pertanto un atteggiamento adozionista dei Tondrachiani non ha più sostegni. Il testo di Conybeare è comunque di grande interesse per l'introduzione e la traduzione di numerosi testi armeni sull'eresia. L'eresia dei “Buoni Cristiani” in Armenia è discretamente documentata dal 554 (concilio di


Dvin) e da vari interventi successivi dei Catolicos, i Patriarchi autocefali di Armenia, ma esiste anche un lieve legame con l'eresia citata dal sinodo armeno di Sahapivan del 447. Il testo del sinodo è contenuto in una raccolta risistemata da Giovanni di Otzum, un Catolicos (717-728) che scrive un testo contro i “mclne”, chiaramente identificati con i Pauliciani, utilizzando lo stesso termine misterioso usato anche nei testi del sinodo di Sahapivan. [N p10] Il legame è debole ma ci riporta all'epoca in cui il vescovo Yeznik Koghbatsi (441-450), scrive l'ultima e lucidissima confutazione di Marcione, assieme a confutazioni dei filosofi greci e degli zoroastriani. Il legame tra Marcione e i Pauliciani/Tondrachiani è antico: viene proposto da Durando de Huesca [D p252] riportando da Isidoro di Siviglia ma anche, in modo più preciso, dal vardapet (monaco teologo) armeno del XII° secolo Paolo di Taron. [C]

Tra il I° ed il IV° secolo La predicazione di San Paolo nella regione dell'Egeo (Corinto, Atene, Efeso..) si conclude nel 63 dc. Circa nell'85 nasce a Sinope, non lontano nel mar Nero, Marcione, figlio di vescovo e poi vescovo a sua volta. Tra San Paolo e Marcione potrebbero esserci quindi uno, al massimo due, intermediari. Si ricordi che l'ultimo allievo di San Giovanni, che viveva ad Efeso, Policarpo, muore nel 145 a Roma e conosce bene Marcione e lo definisce “il figlio di Satana”. Marcione si presenta a Roma nel 140 come vescovo, con robusti mezzi economici e tenta di inserisi nella chiesa romana ma ne viene scacciato. Per completare il clima dell'epoca ricordiamo che negli stessi anni aveva grande successo a Roma l'alessandrino Valentino, uno gnostico che vantava di essere stato allievo di un allievo di San Paolo. Marcione porta a Roma una versione del Vangelo di San Luca a cui, rispetto alla versione accettata nel Nuovo Testamento, mancano i primi due capitoli (la nascita di Cristo e la discendenza da Davide) mentre alcune frasi contrarie alle opinioni di Marcione sono abbreviate. Marcione ha inoltre 11 lettere di San Paolo. Dieci lettere sono, tra quelle del Nuovo Testamento, di più certa attribuzione. Una lettera, quella ai laodicei, è invece scomparsa. Secondo i suoi detrattori, il furente Tertulliano ad esempio, Marcione modificava i testi sacri a suo comodo; è probabile invece che disponesse di testi più antichi. La sua attenzione alla interpretazione del testo costrinse la Chiesa ad iniziare l'individuazione sistematica dei testi che formeranno il Nuovo Testamento. Prima di approfondire le tesi di Marcione ricordiamo che egli fondò una chiesa che subì le persecuzioni assieme ai cattolici fino al IV° secolo, specialmente nel vicino oriente. Recenti studi suggeriscono di attribuire alla chiesa di Marcione l'influenza cristiana su Mani. [LU] Marcione è autore di un libro scomparso, “Antitesi”, nel quale vengono elencate le contraddizioni tra il Nuovo ed il Vecchio Testamento. Le informazioni su di lui sono ricavate da un lungo elenco di confutazioni che vanno da Tertulliano a Yeznik includendo Agostino, Giovanni Crisostomo e Giovanni Damasceno. Viste le antitesi che rendono i due messaggi religiosi profondamente diversi, Marcione conclude che l'ispiratore del Vecchio Testamento è un Dio di Giustizia, contrapposto al Dio di Amore del Nuovo. Ne consegue un totale rifiuto della legge mosaica e dell'influenza giudaica. Il rifiuto della discendenza di Cristo da Davide, anzi il rifiuto della umanità del


Cristo, anticipano posizioni monofisite. In questa teologia la Madonna non ha alcun ruolo e San Giovanni Battista è un seguace del vecchio Dio che non ha compreso e seguito il nuovo Verbo. Il suo Battesimo con l'acqua, unico sacramento, deve essere reinterpretato in un battesimo spirituale. La prima lettera di San Pietro deve essere rifiutata in quanto collega strettamente Vecchio e Nuovo Testamento. La seconda lettera di San Pietro è stata inserita nel canone dai cattolici molto dopo Marcione; lo stesso avvenne per l'Apocalisse di Giovanni e altre lettere di Apostoli. Per Marcione la chiesa è la comunità religiosa, guidata da un vescovo aiutato da diaconi sul modello di Cristo e degli Apostoli; non vale l'interpretazione della tradizione, fondamentale per la Chiesa Cattolica, quanto la lettura diretta dei testi scritti in una lingua comprensibile a tutti i fedeli. I fedeli di Marcione, non condizionati dal concilio di Nicea, non costruiscono edifici chiamati chiese, non accettano immagini religiose ed invece traducono le scritture sacre nelle lingua dei fedeli. In Marcione è presente un atteggiamento dualistico: la distinzione presente nelle Scritture tra un Principio della Luce ed un Principio delle Tenebre, i due ordini di realtà che si oppongono per le loro proprietà e postulano due principi. Il dualismo è perciò non un punto di partenza, come in Mani, ma il punto di arrivo di un ragionamento, il risultato di un esame delle Scritture.[D] Si tratta di un atteggiamento gnostico, o, viste le date, di una anticipazione degli gnostici, che tenta di rendere compatibile il messaggio cristiano con la filosofia neo-platonica diffusa all'epoca. Atteggiamento comunque molto moderato rispetto alle complesse gerarchie di Eoni delle teologie valentiniane e manichee. Ritornando indietro Il percorso all'indietro nel tempo è stato lungo e molto incerto. Certamente molte affermazioni possono essere meglio documentate, ma restano comunque molte questioni aperte e carenza di informazioni. Ciò nonostante possiamo evidenziare come alcune caratteristiche della chiesa di Marcione e del primo cristianesimo si siano conservate fino agli ultimi catari. Il dualismo della religione di Mani è stato immediatamente condannato nell'Impero Romano al tempo di Diocleziano, nel 296, anche per ragioni politiche trattandosi di religione di origine persiana. La legge prevedeva il rogo per gli accusati recidivi e il sequestro dei beni. Questa legge è stata recepita nella legislazione di Giustiniano e poi iterata per secoli da imperatori e papi. L'accusa di essere “manichei” è quindi l'identificazione giuridica di un reato e non l'individuazione di un legame culturale con la religione di Mani. A Bisanzio Bogomili e Pauliciani subiscono anche l'accusa di essere Messaliani. Questa è una antica eresia di cui si perdono le tracce prima del IV° secolo. Simili ai Montanisti, pensavano che dopo un lungo periodo di preghiera e digiuni si potesse giungere ad uno stato mistico dopo il quale non era più possibile peccare. Diffusa tra gli eremiti dei primi secoli in medio oriente ha solo deboli se non inesistenti punti di contatto con l'eresia di Marcione ma, essendo stata condannata dal Concilio di Efeso, può essere anch'essa utilizzata come “reato”. Si noti che l'accusa di “Messalianesimo” non appare in occidente tra le accuse ai catari e


quella di “manicheismo” non appare per gli eretici armeni. L'Armenia infatti non ha mai fatto parte dell' Impero Romano ; gli eretici in Armenia venivano marchiati a fuoco con il segno della volpe, mentre i bizantini utilizzavano il rogo. Un artigiano vicentino del XIV° secolo elenca all'inquisitore [PM] le sacre scritture dei catari, lette in volgare: • •

• • • •

Il Pentateuco è stato scritto dal Demonio: affermazione coerente con quelle di Marcione anche se il Dio di Giustizia viene successivamente identificato con Satana che non ha l'accezione di giustizia. Si possono leggere i libri dei Salmi e dei Profeti: non è chiaro se sono ritenuti scritture sacre o solo buone letture. Si tratta di un atteggiamento più moderato rispetto a Marcione il quale esclude completamente il Vecchio Testamento. Si tratta tuttavia di libri del Vecchio testamento citati nei Vangeli ed è probabile l'influenza dei monaci bizantini, tanto presenti tra i Bogomili, per la loro accettazione I Vangeli sono gli stessi dei Cattolici. Anche in questo caso non è chiaro quando vengono accettati i quattro vangeli e non solo quello di Luca nella versione di Marcione. Secondo Pietro Siculo [PS] sono già accettati dai Pauliciani. Gli Atti degli Apostoli sono accettati. Lettere di san Paolo: l'eretico conferma l'importanza delle lettere di San Paolo: non è chiaro se rifiuti le lettere “Pastorali” e quella agli Ebrei che non erano nell' “Apostolicon” di Marcione e che sono, per molti studiosi, del II° secolo. Lettere di Giovanni, Pietro e Giacomo: rifiutate le lettere di Pietro, la prima esplicitamente per il contenuto che collega strettamente Vecchio e Nuovo Testamento, la seconda è stata inserita nel Nuovo Testamento in epoca molto tarda. Le altre lettere non sono nell'”Apostolicon” di Marcione e sono state recepite nel Canone dopo il II° secolo. Apocalisse: esplicitamente rifiutata, anche secondo Pietro Siculo. L'Apocalisse è stata recepita nel Nuovo Testamento molto dopo lo scisma di Marcione.

In breve alcune osservazioni su sacramenti, preghiere e atteggiamenti dei “buoni cristiani”: • battesimo: unico sacramento dei “buoni cristiani” anche se interpretato in senso spirituale, rifiutando quello di Giovanni Battista. Rimane l'antichissima tradizione del battesimo in punto di morte, mentre viene nettamente rifiutato il battesimo dei bambini. • gli altri sacramenti sono del tutto ignorati. Si deve tener conto che la Chiesa inizia a formalizzarli solo dopo Agostino (IV° secolo) • letizia al momento del martirio: documentata in epoca antica e motivata dal fatto che il martirio assicurava il regno dei Cieli. Si ritrova nei Catari dal Rogo di Colonia a quello di Balibasta •

unica preghiera il “Pater Noster”: la preghiera viene ripetuta continuamente dai perfetti. Capitava la stessa cosa per le penitenze dei Cavalieri Templari.

Sembra che anche i Buoni Cristiani fossero consci dell'antichità della loro religione: Dopo il rogo di Colonia del 1143 Egwin di Steinfeld [ES] scrive: “Quelli che sono stati arsi ci hanno dichiarato in loro difesa che quest'eresia è rimasta nascosta fino ad ora dall'epoca dei martiri e che ha continuato ad esistere in Grecia ed in altri paesi”.


Conclusioni Il viaggio nel passato ed il ritorno non sembrano inutili. Il dualismo nei catari, pur presente, non sembra essere la loro caratteristica principale. Molto più rilevanti sembrano essere: •

la formazione accurata sulle scritture, la loro lettura e commento senza ricorrere ad una lingua ecclesiatica, greca o latina che sia.

Il rifiuto del filtro ecclesiatico sia nell'interpretazione dei testi che nei rapporti con il divino

la salvezza raggiunta “sola fide”

il rifiuto della legge Mosaica e della tradizione giudaica

Pur essendo sopravvissuti a fatica in luoghi e tempi maledetti i “buoni cristiani” sono ripetutamente rinati nelle società più evolute del medioevo (Samosata, Ani, Bisanzio…). La loro forza è ragionevolmente motivata da: •

forte giustificazione della presenza del male nel mondo

moderata dalla certezza che alla fine tutti si salveranno e un atteggiamento molto attento nei confronti della natura

lettura diretta dei testi religiosi; partecipazione attiva dei laici

austerità, moralità e laboriosità dei perfetti

cura della preparazione dei diaconi che ha assicurato una notevole continuità della predicazione e degli usi e costumi

Affermare che, per questi motivi, i catari hanno anticipato aspetti della riforma è probabilmente una forzatura, ma certamente il quadro tradizionale di questa eresia viene arricchito riconoscendovi istanze sempre attuali nel Cristianesimo.


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