Il corsaro pisano Trapelicino: un’avventura mediterranea del XII secolo in “Bollettino Storico Pisano” , LXXVI (2007), pp. 31-56
E. Salvatori É assai difficile che la documentazione del medioevo centrale consenta di ricostruire la vita di un singolo personaggio, a meno che costui non abbia occupato alte cariche istituzionali o sia stato coinvolto in avvenimenti particolarmente rilevanti. Ancor più rara é poi l’opportunità di intuire, dalla lettura delle testimonianze, anche il carattere del personaggio in questione, di vederne l’anima dietro il nome, di tratteggiarlo - in un certo senso - come se fosse il protagonista di un romanzo storico. Questo è invece il caso del pisano Trapelicino, prima comandante di vascello, poi “bannito” e in seguito cursor, corsaro1. Navigatore instancabile, Trapelicino trascorse tutta la seconda metà del XII secolo bordeggiando le coste del Mediterraneo e venne coinvolto nelle vicende politiche, diplomatiche e militari di almeno cinque grandi potenze: i comuni di Pisa e Genova, il califfato fatimide d’Egitto, la corona d’Aragona e l’impero bizantino. La sua storia illumina con una luce inusuale il sistema delle relazioni mediterranee dell’epoca, prova l’esistenza di equipaggi misti cristiano-musulmani, conferma alcune connotazioni del sistema di governo vigente sui vascelli cristiani medievali, fornisce infine preziosi contributi a quanto sappiamo sulla pirateria e la guerra di corsa in un periodo così risalente2. Rimandando alle conclusioni una sintesi più organica di quanto emerge dalle vicissitudini di Trapelicino, è prima opportuno lasciare spazio al loro racconto, che suddivido in tre momenti:
il crimine che costò a Trapelicino il bando dalla città di Pisa;
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Il corsaro, dal latino cursor, è un “proprietario di nave incaricato di difendere una parte di mare, a cui viene concesso di depredare i nemici” (Tesoro della Lingua Italiana delle Origini, a cura del CNR e dell’Opera del Vocabolario Italiano (http://tlio.ovi.cnr.it/TLIO/index.html). Altra definizione, tratta dal Il Grande Dizionario di Italiano, Garzanti 2005, recita: “comandante di una nave privata autorizzato dal proprio stato ad attaccare bastimenti nemici”. Entrambe le spiegazioni (pur con la comprensibile prudenza nell’uso del termine “stato” nell’Italia di XII secolo) si adattano appieno alla figura di Trapelicino, che per altro è definito cursor dai contemporanei. Sulla distinzione tra pirateria e guerra di corsa e su come Trapelicino si caratterizzi all’interno di entrambi i fenomeni si vedano la nota seguente e le considerazioni in conclusione. 2 Già nel nel 1972 Michel Mollat avvertiva come non fosse agevole distinguere tra pirateria e guerra di corsa. Dal punto di vista giuridico, tuttavia, la pirateria è un fenomeno criminale slegato dal mondo politico, una realtà senza tempo perché si manifesta dove e quando si sviluppa il commercio marittimo. La guerra di corsa invece è un’azione legalizzata dall’incarico dello stato mandante e si manifesta quando e dove lo stato, in relazione al rafforzamento del diritto e delle istituzioni, trova utile usarla come strumento ausiliario al suo sforzo di controllo delle rotte marittime. (M. MOLLAT, Guerre de course et piraterie à la fin du Moyen Age: aspects économiques et sociaux. Position de problèmes, in «Hansische Geschichtsblatter» 90 (1972), pp. 1-14, ora in IDEM, Etudes d'histoire maritime (1938-1975), Torino, Bottega d'Erasmo, 1977, pp. 473-486, in particolare p. 473). La guerra di corsa comincerebbe, secondo Mollat, alla fine del XIII secolo: il caso di Trapelicino è quindi assai precoce (ibidem, p. 482).
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