Francesca Santucci I VERSI DELLA MORTE Que vaut quanque li siecles fait? Morz en une eure tot desfait Cha vale tutto ciò che il mondo produce? Morte in un’ora sola tutto distrugge (Hélinant De Froidmont, Vers de la Mort) La Morte, nella mitologia greca figlia della Notte primordiale e dell'Èrebo e sorella del Sonno (il dio Morfeo), come tutti i maggiori archetipi è simbolo ambivalente, rappresenta la fine di ogni principio vitale e l’ineluttabilità del destino umano, ma possiede anche la capacità di rigenerare (immagine, questa, desunta dalla concezione ciclica del tempo e dall'osservazione delle fasi naturali della vegetazione e delle colture agricole). Nelle tradizioni misteriche (orfismo, culti dionisiaci e misteri eleusini) è associata ai riti di iniziazione e di passaggio; nelle dottrine come il platonismo, la cabala, l'ermetismo e l'alchimia è ritenuta tappa fondamentale per l'elevazione spirituale e unica possibilità concessa agli uomini per affrancarsi dal corpo e dal ciclo delle rinascite; per il Cristianesimo è principio dinamico fondamentale, poiché, attraverso la figura del Redentore, consente il riscatto dal peccato, dunque la rigenerazione, la resurrezione e la vita eterna. In età medievale la Morte rappresentava la fine di ogni principio vitale e l'ineluttabilità del destino umano: fu allora che nell’iconografia assunse l’aspetto terrificante di uno scheletro (immagine diffusasi a partire dalle illustrazioni dei Trionfi di Petrarca) che regge in mano una falce (attributo del tempo) e una clessidra (simbolo del trascorrere del tempo e delle stagioni e della caducità dell’esistenza), o un arco armato di frecce (retaggio degli attributi di Apollo, Diana e Saturno, divinità iniziatiche che, nell’antichità, presiedevano alla nascita e ai diversi momenti della vita, fisica e spirituale, dispensando abbondanza o causando malattie e morbi), oppure di un demone dalle sembianza scimmiesche o caprine (l’ibrido fra l'uomo e l'animale è motivo derivante dalla demonizzazione di alcune divinità pagane come Pan e i Satiri). O ancora fu rappresentata in sembianza di uno spettro, o di un'ombra, oppure di un cavaliere solitario (immagine mutuata dall'Apocalisse di San Giovanni), come nell’incisione del 1513 di Albrecht Dùrer, Il cavaliere, la Morte e il diavolo, in cui il cavaliere solitario, che, imperturbabile, si staglia contro un lugubre sfondo roccioso, allude al motivo del viaggio negli Inferi (per alcuni, invece, rappresenterebbe la fede cristiana, la cui saldezza permette di vincere le oscure forze del male); il cavallo livido (il cavallo è simbolo dalla natura duplice, sia solare, associato all’energia