ADESTE NR. 04 Domenica 27 Gennaio 2019

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della Memoria è una ricorrenza istituita per ricordare gli atroci fatti avvenuti durante il periodo nazista e le persone a cui è stata negata vita e dignità durante la Shoah. Il 27 gennaio è una data, una commemorazione, durante la quale non si possono e non si devono dimenticare le tragedie dell’olocausto, anzi è importante condividere e “far sapere” per sensibilizzare le persone a quella che è stata una delle più terribili e imperdonabili azioni della storia umana. Una giornata simbolica, quella del Giorno della Memoria: era il 27 gennaio del 1945 quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa arrivarono nella città polacca Oświęcim, oggi conosciuta con il nome tedesco di Auschwitz. Varcati i cancelli del lager, i militari si ritrovarono di fronte l'orrore, la morte, lo sterminio. Liberati i pochi superstiti, le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono al mondo la brutalità di un vero e proprio genocidio. Non è un caso che il termine Shoah stia ad indicare una “catastrofe” e sia utilizzato per riferirsi allo sterminio nazista. Shoah, una parola ebraica che richiama un sacrificio biblico: con esso si voleva dare un senso alla morte, un senso ad un'incontenibile tragedia. Inoltre, con il termine ebraico è nato anche quello di “genocidio”, una forma di eliminazione di massa che, purtroppo, ha sempre fatto parte della storia ma mai è stata come quella avvenuta nei campi di concentramento nazisti. La legge italiana definisce così le finalità del Giorno della Memoria: “Data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz… al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.

Quello che oggi dobbiamo imparare è molto semplice: non dimenticare. Questo è lo scopo, il fulcro di quello che la Giornata della Memoria vuole tramandare. Le testimonianze dei sopravvissuti, i racconti, i documenti e la storia devono essere le fonti utili non solo per il presente, ma anche per le generazioni future che, a loro volta avranno il compito di “tramandare” un orrore storico che non si deve ripetere.


«Non so ancora perché quella canzone mi sia venuta in mente – ha ricordato Francesco Guccini di una delle sue canzoni più celebri e una delle prime che compose – stavo preparando un esame di latino, e presi la chitarra. Avevo appena letto due libri , Tu passerai per il camino di Vincenzo Pappalettera (ex deportato di Mauthausen, ndr) e Il flagello della svastica di Lord Russel e mi è venuta spontanea questa canzone. La scrissi su un fogliettino di carta da quaderno. È stata poi cantata dall’Equipe84 perché io ai tempi non avevo nessuna intenzione di fare da grande il cantautore. Non ero iscritto alla Siae e quindi la prima versione del brano, che si chiamava Canzone del bambino nel vento, è stata firmata da due prestanome. Anche mio padre era stato in un campo di concentramento, non un campo di sterminio, ma un campo militare. Ma non mi aveva mai raccontato niente. Forse anche per questo motivo ho voluto scrivere una canzone». Il brano, del 1966, è una narrazione a due voci: un bambino morto e «passato per il camino» e l’autore che si interroga sulla crudeltà dell’uomo: «Io chiedo quando sarà che l’ uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento si poserà». 50 anni dopo quella canzone, Francesco Guccini, che alla fine «da grande» è diventato cantautore, è andato in visita a Auschwitz, un’esperienza raccontata nel documentario Son morto che ero bambino.


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uando sono scesi dal treno della morte, ad Auschwitz, uno di loro ha cominciato a distribuire biglietti da visita autografati. Erano i Lilliput e da più di dieci anni giravano per tante nazioni dell’est Europa, loro che venivano dalla Romania, a cantare e ballare. I

l nome spiegava tutto: cinque donne e due uomini, tutti nani e tutti della stessa famiglia, gli Ovitz. Fratelli e sorelle. Dieci in tutto, perché c’erano anche altri tre con altezza nella media. Fu questo a evitare loro quei camini sempre fumanti che avevano visto scendendo dal treno. L’incontro con l’Angelo della Morte, il dottor Mengele, fu paradossalmente la loro salvezza. L’Olocausto che è nato con i disabili si rovescia per loro attraverso la cattiveria e la follia di un medico assassino e incapace. Mengele cominciò a interrogarli. Quando finì gli brillavano gli occhi: “Ho lavoro per i prossimi venti anni”. Lo ricordava bene Perla, la più giovane con i suoi 23 anni, alla quale si deve buona parte della memoria sulla loro storia, dalla quale sono stati tratti libri e documentari. Salvi per lui. Per la sua malvagità. Li voleva vivi per i suoi esperimenti. Loro sette e altri quindici membri della famiglia sopravvissero per quello. Diventarono fra i suoi preferiti. Fu permesso di portare i loro vestiti, avere dei vasini, per i loro bisogni invece delle latrine comuni, avevano una ciotola per lavarsi. Vivevano sempre in una baracca e il cibo era scarso, una zuppa di pane, ma confronto agli altri era il Grand Hotel. Il cambio fu tremendo: esperimenti e torture, prelievi infiniti di sangue e midollo, continui raggi X, acqua bollente e poi gelata nelle orecchie, denti sani e capelli strappati… Per lui cantarono e si esibirono, cercando di circuirlo anche in questa maniera. Si mostravano sorridenti. Lui, prima o dopo le torture, ricambiava. Fu così che riuscirono, incredibilmente, a vivere sette, lunghissimi mesi. Li trovarono fra i pochi sopravvissuti, in mezzo all’orrore. Erano ancora tutti uniti. Ognuno, ogni maledetto giorno, aveva nella mente quella frase di mamma, sul letto, prima di morire: “State insieme. Sempre”.


Dello sterminio nazista in Romania, Paese che fummo costretti ad abbandonare a causa del comunismo, non si è mai parlato molto a casa nostra, nella lontana Asmara-Eritrea, dove riuscimmo a rifugiarci nei primi mesi del 1948. Mio padre, per esempio, non parlò mai dei lavori forzati a cui, come gli altri ebrei, fu costretto dai legionari nel 1938. Né io ho mai chiesto, non volevo proprio saperne… I lavori forzati non furono una passeggiata, molti ne rimasero uccisi, come un cugino di mio padre. Nella mia famiglia, fortunatamente, oltre a mia zia Mina e suo figlio Shmuel, fu l’unica vittima della Shoà, peraltro perpetrata dagli stessi romeni. La Germania, infatti, non occupò inizialmente la Romania, poiché era un suo alleato e tutte le prime criminalità furono commesse direttamente dal Generale Ion Autonescu e dai suoi legionari, Le Guardie di Ferro: i pogrom, i lavori forzati, le deportazioni con i cosiddetti “Treni della morte”, i campi di concentramento in Transnistria e in altre parti, ecc. Nel 1941, nel corso dell’Operazione Barbarossa, che rompeva il Patto di non aggressione Ribbentropp-Molotov, le truppe di Hitler passarono per la Transilvania e per l’Ungheria. Nella parte meridionale del mio Paese, invece, molti ebrei riuscirono a salvarsi, grazie all’intervento di Elena, regina reggente e madre di Michele I. Durante gli anni difficili del regime di Antonescu, infatti, ella si adoperò per fermare le deportazioni e così, circa 400mila ebrei, sugli 800mila allora ivi residenti, riuscirono a sopravvivere. Quand’ero bambina, mia madre mi parlava spesso di sua sorella Mina, di ciò che era accaduto a lei e a suo figlio Shmuel. Mia zia era sposata con un giovane di Oradea che era venuto a Tecuci, dove abitavano i miei nonni, per studiare odontoiatria. Agli inizi del 1945 fu deportata insieme a mio cugino e non tornò mai più. Suo marito, invece, in qualità di dentista, riuscì a salvarsi. Anche in Romania l’ammissione della Shoah è stata tardiva e difficoltosa. Nel 2003, nonostante la caduta del comunismo e dell’ascesa del nuovo presidente Ion Illiescu, ancora si sosteneva che nel Paese non c'era stato alcuno sterminio degli ebrei. Solamente dal 2004 iniziarono ufficialmente a commemorare ogni 9 Ottobre "La Giornata dell'Olocausto Romeno". In quel giorno, nel 2009, alla presenza dell'ex presidente Traian Basescu, dei rappresentanti delle Comunità Ebraiche e dei Rom di Romania, dei rappresentanti di altre Comunità Ebraiche Europee, di due superstiti delle deportazioni naziste, è stato finalmente inaugurato a Bucarest "Il Memoriale delle Vittime della Shoah". “E' un obbligo per i romeni - dichiarò allora l'ex presidente Traian Basescu, "riconoscere il genocidio durante la Seconda Guerra Mondiale ed onorarne le vittime." Dopo anni di dibattiti e polemiche, la Romania, almeno formalmente, lanciò un segnale concreto sulla spinosa questione della Shoah. La responsabilità romena nello sterminio di ebrei e rom negli anni del nazismo è tuttavia un tema sul quale si dibatte da anni. Durante il regime di Ceausescu, la questione dell'Olocausto venne fortemente minimizzata e delle stragi compiute verso ebrei e rom vennero accusati gli stati vicini, quali l'Ucraina e l'Ungheria. Nonostante le proteste e le richieste della comunità ebraica internazionale di fare luce sui fatti, Ceausescu riuscì fino alla fine a nascondere la verità. Un atteggiamento negazionista venne adottato anche dai successori del dittatore e, come dicevo, solamente nel 2004 venne deciso di proclamare una giornata per la Commemorazione delle vittime dell'Olocausto, idea che venne fortemente osteggiata dai partiti nazionalisti dell'estrema destra...


in quando le circostanze lo renderanno necessario, sarete sotto la nostra protezione». Non ci pensarono più di un istante, giusto il tempo di guardarsi in faccia e capire da un rapido cenno del capo che sì, quella era l'unica opzione possibile dettata dalla coscienza. La porta fu spalancata, per poi richiudersi qualche secondo dopo alle spalle di quegli sconosciuti. Autunno 1943. Non proprio un periodo semplice per esprimere solidarietà nei confronti degli ebrei perseguitati nell'Italia nazifascista. A Firenzuola, ultima propaggine appenninica di Toscana prima dell'Emilia Romagna, quell'invito ebbe un significato ancora più forte. La Linea Gotica distava infatti una manciata di chilometri, e quindi soldati tedeschi e una vasta gamma di minacce (compresa la delazione) erano disseminati un po' ovunque. Forse il posto più pericoloso d'Italia in cui trovarsi se si era dalla parte sbagliata. Ma davanti a quella famiglia braccata, arrivata da Prato su indicazione di un conoscente, i Matti non seppero dire di no. «Entrate, presto». Fu Renato, uno dei ragazzi di casa Matti, a gestire in prima persona l'assistenza ai perseguitati. Giovane seminarista avviato alla vita ecclesiastica, sarebbe diventato un parroco di campagna molto amato. Un uomo pieno di buona volontà e spirito d'iniziativa, ricordato ancora con affetto dai suoi concittadini. In lui, nei suoi fratelli (in particolare Carlo, futuro medico condotto), nei genitori Armando e Clementina, tutti antifascisti della prima ora, quegli sventurati trovarono un sostegno fondamentale. Costretti ogni giorno ad aguzzare l'ingegno per sfuggire alle insidie, in costante pericolo ma protetti da una rete di soccorso ben strutturata, Sigismondo Smulevich e sua moglie Dora, i figli Alessandro ed Ester, il cugino Leo, ritrovarono la fiducia nell'uomo. E, nel settembre dell'anno successivo, anche la libertà. Con la recente scomparsa dell'ultima testimone diretta di quei fatti, la mia prozia Ester, ci siamo sentiti un po' spiazzati nel ripercorrere ed elaborare queste vicende. Perché se è vero che la profonda gratitudine verso i Matti è patrimonio acquisito dalle vecchie come delle nuove generazioni di Smulevich, è almeno altrettanto vero che l'assenza di un riconoscimento formale per quelle azioni pesa oggi come un macigno. I Matti hanno tutte le caratteristiche tipiche dei "Giusti", cui è stata dedicata alcuni giorni fa una nuova edizione della Giornata europea promossa da Gariwo. Hanno agito a rischio della propria vita, senza pretendere nulla in cambio. Si sono prodigati con impegno continuo, rinunciando a un pezzo della loro autonomia e della loro serenità. Un coraggio disinteressato, puro, genuino. Per questo, al più presto apriremo un fascicolo allo Yad Vashem di Gerusalemme affinché i loro nomi siano scritti per sempre sul muro del Memoriale del bene. Prima ancora che la pratica entri nelle sue fasi decisive abbiamo però deciso di darci appuntamento a Firenzuola. Smulevich e Matti, le nuove generazioni per la prima volta insieme. Insieme per rendere omaggio a una famiglia di eroi silenziosi, che mai hanno ostentato i loro meriti. Insieme per ripercorrere le strade e quegli intricati sentieri di salvezza. Insieme infine davanti alla casa della frazione di Le Ca' di sotto in cui, pensando che mancassero pochi istanti alla loro cattura, mio bisnonno Sigismondo impartì l'ultima drammatica benedizione ai suoi cari. Soltanto pochi attimi dopo, il bisnonno si sarebbe reso conto del suo errore. Alla porta non c'erano infatti soldati tedeschi, ma combattenti delle forze alleate che avevano appena sfondato la Linea Gotica. L'emozione, sia tra i liberatori che tra i salvati, fu indescrivibile. Ricorderà spesso quei momenti insieme a don Matti, in una delle molteplici occasioni di incontro che seguiranno nel tempo. Renato, il prete di campagna. Sigismondo, l'ebreo osservante venuto dall'Est. «Lechaim», alla vita, brindavano entrambi con gli occhi lucidi.



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ermana ha 121 figli. A voler essere precisi 5 sono stati partoriti da lei, 8 adottati e gli altri avuti in affidamento dai Tribunali di Milano, Brescia e Venezia. Per questo il presidente Mattarella l’ha proclamata Commendatore dell’Ordine al Merito. La motivazione del titolo è così spiegata:

“Ha dedicato tutta la sua vita all’accoglienza e all’inclusione di minori in condizioni di disagio e di abbandono” Figli che arrivano da ogni parte del mondo, con il loro carico di traumi da gestire: italiani, bosniaci, nigeriani, ghanesi, tunisini, marocchini, cinesi e brasiliani. Dalla piccola Serena, arrivata che aveva solo 15 giorni e oggi ha 15 anni, a Rossella, la più grande, che ne ha invece 47: italiani, bosniaci, nigeriani, ghanesi, tunisini, marocchini, cinesi e brasiliani.

La vita di Germana Giacomelli, 71 anni, si divide in due fasi: prima e dopo i figli. Trentatré anni fa, quando ha iniziato prendere in affidamento bambini dai tribunali per minorenni, di figli ne aveva già messi al mondo quattro, ma qualcosa non andava: “Avevo un negozio di scarpe, mio marito possedeva due panifici, non sapevo come spendere i soldi”, ha raccontato di recente al Corriere della Sera. “Non mi mancava nulla, eppure mi sentivo priva di tutto. Ero in perenne attesa di qualcosa che desse un senso alla mia vita”. Quel senso che ha cercato con tutta se stessa lo ha trovato nell’altruismo: “Aiutare gli altri, in modo particolare bambini reduci da situazioni difficili”. C’è chi all’inizio voleva dormire per terra perché nella sua vecchia casa non aveva mai avuto un letto, chi era abituato a vedere la mamma picchiata dal papà, chi era stato costretto a bere candeggina per “allontanare il demonio”. Storie tragiche che Germana, insieme ad alcuni specialisti che paga di tasca sua, prova a far dimenticare dando nuova speranza. Degli otto figli a cui ha dato un cognome, la metà sono segnati da gravi malattie: Cristina, Laura, Celeste e il piccolo Roberto, morto nel 2010 a soli 18 mesi. Ricorda tutti i nomi e ogni volta che uno va via, lei si mette a pulire per non sentire il magone che le afferra lo stomaco.


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Il 2 febbraio, conosciuto più comunemente come giorno della Candelora, la Chiesa Cattolica ricorda la Presentazione di Gesù al Tempio e il rito della Purificazione della SS. Vergine Maria, narrati nel Vangelo di Luca (2.2239). Secondo la legge di Mosè ogni primogenito maschio del popolo ebraico era considerato offerto al Signore, ed era necessario che dopo la sua nascita i genitori lo riscattassero con l’offerta di un sacrificio. Inoltre, secondo la stessa legge di Mosè, una donna era considerata impura del sangue mestruale, indipendentemente dal fatto che il nuovo nato fosse il primogenito o no: l’impurità durava 40 giorni se il figlio era maschio e 66 giorni se era una femmina. Il 2 febbraio cadeva, appunto, 40 giorni dopo il 25 dicembre, nascita di Gesù. Fu in quella data che Maria e Giuseppe portarono Gesù al tempio di Gerusalemme per compiere quanto stabilito dalla legge ebriaca. Si parla di Candelora perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo “luce per illuminare le genti” così come venne chiamato dal vecchio profeta Simeone al momento della presentazione al tempio di Gesù. Simeone disse: “I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele. Gesù è piccolo, ha appena 40 giorni e quello verso il tempio di Gerusalemme è il suo primo viaggio ma sappiamo che tornerà in quella città al termine della sua vita, non più offerto al tempio, non più posto tra le braccia di Simeone, ma condotto fuori le mura cittdine, inchiodato sulle braccia della crocia. Le braccia di Simeone lo prenderanno e stringernno con affetto, ma nelle parole del saggio vecchio si delinea già il futuro di Gesù: “ Sarà la rovina e la resurrezione per molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti uomini” e, guardando Maria, quasi prefigurando la scena della croce, aggiunge: “Anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Come fatto in precedenza da Maria e Giuseppe, Simeone prende il Bambino con sé ed è riempito di unaa consolazione incredibile, tanto che dal suo cuore salirà una delle preghiere più belle della Bibbia: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace… perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”. In Simeone è rappresentato Israele ma tutta l’umanità che attende la Redenzione. Simeone è un esempio eccezionale di bell’anzianità e sembra quasi dirci”E’ bello essere anziani”, ritrovando in Gesù Bambino nuova energia, un senso in più per la sua vecchiaia. Insomma, l’età anziana può essere un motivo per una nuova chiamata.

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31 gennaio 1888 muore, a Torino, don Bosco, “il grande apostolo dei giovani”. Fondò la "Società di San Francesco di Sales” - i Salesiani, e fu proclamato Santo alla chiusura dell’anno della Redenzione, il giorno di Pasqua del 1934. Il 31 gennaio 1988 (a 100 anni dalla morte) Giovanni Paolo II lo dichiarò Padre e Maestro della gioventù, “stabilendo che con tale titolo egli sia onorato e invocato, specialmente da quanti si riconoscono suoi figli spirituali”. Tre sue frasi celebri: Don Bosco e i giovani: “Voglio regalarvi la formula della santità. Primo: Allegria. Secondo: Doveri di studio e di preghiera. Terzo: Far del bene agli altri”. Don Bosco e il lavoro: “Non vi raccomando penitenze e discipline, ma lavoro, lavoro, lavoro”. Don Bosco e la preghiera: “La preghiera è come un'arma che dobbiamo sempre avere pronta per difenderci nel momento del pericolo”.

Tutti sappiamo chi è San Giovanni Bosco e dell’ammirevole apostolato che fece con giovani, e da cui deriva il nome “Padre e maestro della gioventù”. Sono innumerevoli gli aneddoti che circondano la vita di questo grande santo, ma pochi conoscono questo fatto: il cane che salvò la vita a San Giovanni Bosco. Il primo incontro Nel 1883 Don Bosco camminava per una strada molto pericolosa di Torino quando un cane di grossa taglia e peloso iniziò a seguirlo. Nel vederlo Don Bosco gli si avvicinò e lo accarezzò. Da allora ogni volta che il santo si ritrovava a camminare da solo di notte in qualche posto pericoloso il cane appariva. Avendo il pelo grigio, Don Bosco lo chiamo “Grigio”. Un cane-salvataggio Si racconta che Don Bosco era odiato dai valdesi i quali negavano il culto dei santi, il sacerdozio e i sacramenti. In un occasion uno di essi cercò di ucciderlo sparandogli ma fallì. Quando “Grigio” udì lo sparo si avventò sulla persona che cercò di sparare a Don Bosco, facendolo fuggire. In un’altra occasione un bandito attaccò Don Bosco di spalle e gli coprì la testa con una busta. Dal nulla ricomparì Grigio che saltando sul bandito lo fece cadere a terra. Lo prese dal collo ma Don Bosco gli chiese che lo lasciasse andare, facendolo scappare. Così fece l’animale. In una delle tante passeggiate di Don Bosco un uomo cercò di avventarsi sul sacerdote con un bastone, ma ricevette un pugno dal santo, che cercò di difendersi. Sorpreso dalla reazione di Don Bosco il malfattore chiamò altri suoi complici. Di nuovo, Grigio apparse. Iniziò a girargli intorno, abbaiandogli: -Per favore –gridò uno dei malfattori- richiami il suo cane, non vede che vuole mordermi? -E che cosa vuole che faccia- gli disse Don Bosco. -Perdonaci, Padre, siamo dei poveracci; ci avrebbero dato soltanto mille franchi… -E per quei soldi mi avreste ucciso? -Richiami il suo cane, per favore. -Prima promettetemi che mi lascerete tranquillo da adesso. -Glie lo giuriamo sulla Madonna. -Grigio, vieni. Bravo mi hai salvato la vita!


La storia di un bravo ragazzo italiano

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al suo Brasile al Quirinale. Dall’adozione quando aveva appena un anno da parte di una coppia siciliana al Reggimento dei Corazzieri, sull’attenti davanti al Papa. Una storia che è una favola a lieto fine, la vittoria dell’integrazione e della grande passione per l’arma dei carabinieri. Che ha portato N.T. (le iniziali per ragioni di riservatezza), 27 anni, a diventare il primo corazziere di colore nella storia del Colle, scelto anche per il picchetto d’onore in alta uniforme che ha accolto il Pontefice nella sua visita al presidente Mattarella due giorni fa. Scattando sull’attenti, dall’alto del suo metro e novantasei, prima nell’imponente cortile d’onore, dove il presidente della Repubblica ha accolto il Papa sceso dalla sua utilitaria senza insegne da capo di Stato vaticano. E poi rendendo gli onori ancora nella Galleria dei Busti, quando il presidente ha accompagnato a fine visita Bergoglio, che ha sorriso a quel ragazzone dalla pelle nera impeccabile nella scintillante divisa da grandi occasioni dei Corazzieri. Un lungo viaggio. Cominciato in una città del Brasile dove N.T. è nato, in una famiglia però che non ce l’ha fatta a tenerlo con sé. Ma il destino, stavolta, porta una bella sorpresa. In Sicilia, in quel preciso momento, c’è una coppia che ha deciso di adottare dei bambini. Lui lavora in un ufficio giudiziario dell’isola, fa il cancelliere in un tribunale. Lei lavora in casa. Ricevono delle segnalazioni dal Brasile. Partono per l’altra parte del mondo, finiscono proprio in quella città dove N.T., nato nel 1990, sta aspettando una nuova casa. E la trova in Sicilia. Non solo lui, ma anche la sorellina di poco più grande, visto che i nuovi papà e mamma non intendono separarli. E nell’isola cresce, va a scuola, prende la maturità al liceo scientifico, diventa un cittadino italiano a tutti gli effetti. Con due grandi passioni. Lo sport e i carabinieri. Supera il concorso, entra nell’Arma. Ma il sogno nel cassetto è entrare a far parte di quello storico reggimento della guardia del corpo del presidente della Repubblica, quel reparto super speciale dei carabinieri che sono appunto i Corazzieri. L’altezza c’è, ma non basta. La selezione è dura. Sarà un ostacolo il colore della pelle, il fatto che non ci sono precedenti di corazzieri neri al Quirinale? In servizio al Colle, da alcuni anni, ci sono comunque già poliziotti di colore, lavorano all’ispettorato interno. N.T. affronta la selezione, e la supera. Poi c’è il duro corso di addestramento e specializzazione da affrontare. Per gli ufficiali dei carabinieri che esaminano quel ragazzo venuto dal Brasile merita proprio la divisa da corazziere, è uno dei più bravi del suo corso. Il debutto. Il 5 giugno nel picchetto d’onore accanto al presidente della Repubblica per la Festa dei carabinieri, nella caserma Salvo D’Acquisto, a Tor di Quinto, a Roma. Poi due giorni dopo, la prima uscita di N.T. proprio al Quirinale. E il sorriso del Papa al primo corazziere nero d’Italia. ( 12.6.2017 Repubblica)


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A Nazaret il sogno di un mondo nuovo utti gli occhi erano fissi su di lui. Sembrano più attenti alla persona che legge che non alla parola proclamata. Sono curiosi, lo conoscono bene quel giovane, appena ritornato a casa, nel villaggio dov’era cresciuto nutrito, come pane buono, dalle parole di Isaia che ora proclama: «Parole così antiche e così amate, così pregate e così agognate, così vicine e così lontane. Annuncio di un anno di grazia, di cui Gesù soffia le note negli inferi dell’umanità» (R. Virgili). Gesù davanti a quella piccolissima comunità presenta il suo sogno di un mondo nuovo. E sono solo parole di speranza per chi è stanco, o è vittima, o non ce la fa più: sono venuto a incoraggiare, a portare buone notizie, a liberare, a ridare vista. Testo fondamentale e bellissimo, che non racconta più “come” Gesù è nato, ma “perché” è nato. Che ridà forza per lottare, apre il cielo alle vie della speranza. Poveri, ciechi, oppressi, prigionieri: questi sono i nomi dell’uomo. Adamo è diventato così, per questo Dio diventa Adamo. E lo scopo che persegue non è quello di essere finalmente adorato e obbedito da questi figli distratti, meschini e splendidi che noi siamo.

Dio non pone come fine della storia se stesso o i propri diritti, ma uomini e donne dal cuore libero e forte. E guariti, e con occhi nuovi che vedono lontano e nel profondo. E che la nostra storia non produca più poveri e prigionieri. Gesù non si interroga se quel prigioniero sia buono o cattivo; a lui non importa se il cieco sia onesto o peccatore, se il lebbroso meriti o no la guarigione. C’è buio e dolore e tanto basta per far piaga nel cuore di Dio. Solo così la grazia è grazia e non calcolo o merito. Impensabili nel suo Regno frasi come: «È colpevole, deve marcire in galera». Il programma di Nazaret ci mette di fronte a uno dei paradossi del Vangelo. Il catechismo che abbiamo mandato a memoria diceva: «Siamo stati creati per conoscere, amare, servire Dio in questa vita e poi goderlo nell’eternità». Ma nel suo primo annuncio Gesù dice altro: non è l’uomo che esiste per Dio ma è Dio che esiste per l’uomo. C’è una commozione da brividi nel poter pensare: Dio esiste per me, io sono lo scopo della sua esistenza. Il nostro è un Dio che ama per primo, ama in perdita, ama senza contare, di amore unilaterale. La buona notizia di Gesù è un Dio sempre in favore dell’uomo e mai contro l’uomo, che lo mette al centro, che dimentica se stesso per me, e schiera la sua potenza di liberazione contro tutte le oppressioni esterne, contro tutte le chiusure interne, perché la storia diventi totalmente “altra” da quello che è. E ogni uomo sia finalmente promosso a uomo e la vita fiorisca in tutte le sue forme p. Ermes Ronchi


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LITURGIA DELLA PAROLA SALUTO

C.

+Nel nome del Padre e del

Figlio e dello Spirito Santo. A. Amen. C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE C. La Parola di Dio ci raduna e convoca, ci fa essere Chiesa. Non sempre l’ascoltiamo con il cuore e la pratichiamo con la vita. Prima che lui oggi parli nuovamente a noi, chiediamogli perdono con la promessa di custodirla in un cuore buono. Breve pausa di riflessione personale Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà.

GLORIA

Prima Lettura

Dal libro di Neemìa In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore. I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura. Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza». Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio. R.

SALMO RESPONSORIALE

Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio (in piedi)

Le tue parole, Signore, sono spirito e vita. La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore è stabile, rende saggio il semplice. R/. I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi. R/. Il timore del Signore è puro, COLLETTA rimane per sempre; i giudizi del C. O Padre, tu hai mandato il Cri- Signore sono fedeli, sono tutti giusto, re e profeta, ad annunziare ai sti. R/. poveri il lieto messaggio del tuo Ti siano gradite le parole delCanto al Vangelo regno, fa che la sua parola che og- la mia bocca; davanti a te i pensieri gi risuona nella Chiesa, ci edifichi del mio cuore, Signore, mia roccia ALLELUIA. ALLELUIA Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri in un corpo solo e ci renda strue mio redentore. R/. il lieto annuncio, a proclamare ai mento di liberazione e di salvezza. Seconda Lettura prigionieri la liberazione. ALL. Per il nostro Signore Gesù Cristo... Dalla prima lettera di san Paolo C. Il Signore sia con voi A. Amen (seduti) apostolo ai Corinzi


A. C. A.

E con il tuo spirito. Dal Vangelo secondo LUCA Gloria a te o Signore

la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccaVA N G E L O Poiché molti hanno cercato di rac- ti. Aspetto la risurrezione dei contare con ordine gli avvenimenti morti e la vita del mondo che verrà. Amen. che si sono compiuti in mezzo a PREGHIERA DEI FEDELI noi, come ce li hanno trasmessi C. Il Signore è sceso sulla terra coloro che ne furono testimoni ocuin mezzo a noi, si è seduto nelle lari fin da principio e divennero nostre assemblee e in esse ha anministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate nunciato la vittoria della vita. su ogni circostanza, fin dagli inizi, Preghiamo insieme e diciamo: Sie di scriverne un resoconto ordina- gnore, completa la nostra speranza. to per te, illustre Teòfilo, in modo 1. Perché i nostri incarichi e i nostri che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai impegni siano sempre svolti nella ricevuto. In quel tempo, Gesù ritor- gioia. Preghiamo. 2. Perché sappiamo essere profonnò in Galilea con la potenza dello di nella nostra fede, coscienti che Spirito e la sua fama si diffuse in Tu l’hai resa salda con la tua venututta la regione. Insegnava nelle ta nel mondo. Preghiamo. loro sinagoghe e gli rendevano 3. Perché la nostra testimonianza lode. Venne a Nàzaret, dove era sia sempre pubblica ma mai ostencresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si tata. Preghiamo. alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo 4. Perché sappiamo leggere i segni della storia alla luce del fatto del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo che Tu sei il suo compimento. PreSpirito del Signore è sopra di me; ghiamo. C. O Padre, la lunga attesa del per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a porta- popolo d’Israele è stata premiata re ai poveri il lieto annuncio, a pro- dalla venuta di Gesù Cristo. Rendiclamare ai prigionieri la liberazio- ci pazienti e capaci di riconoscerti. Te lo chiediamo per Cristo nostro ne e ai ciechi la vista; a rimettere Amen in libertà gli oppressi e proclama- Signore . A. LITURGIA EUCARISTICA re l’anno di grazia del Signore». C. Pregate, fratelli e sorelle, Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella si- perché portando all’altare la gioia nagoga, gli occhi di tutti erano fissi e la fatica di ogni giorno, ci disposu di lui. Allora cominciò a dire lo- niamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. ro: «Oggi si è compiuta questa Il Signore riceva dalle tue Scrittura che voi avete ascoltato». A. mani questo sacrificio a lode e Parola del Signore. gloria del suo nome, per il bene A. Lode a te, o Cristo. nostro e di tutta la sua santa OMELIA ( Seduti) Chiesa. (in piedi) CREDO in un solo Dio, Padre SULLE OFFERTE onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibi- C. Accogli i nostri doni, Padre misericordioso, e consacrali con la li e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito potenza del tuo Spirito, perché diFiglio di Dio, nato dal Padre pri- ventino per noi sacramento di salvezza. Per cristo nostro Signore. ma di tutti i secoli: Dio da Dio, A. Amen. Luce da Luce, Dio vero da Dio PREGHIERA EUCARISTICA vero, generato, non creato, della C. Il Signore sia con voi. stessa sostanza del Padre; per A. E con il tuo spirito. mezzo di lui tutte le cose sono C. In alto i nostri cuori. state create. Per noi uomini e A. Sono rivolti al Signore. per la nostra salvezza discese Rendiamo grazie al Signore dal cielo, e per opera dello Spiri- C. nostro Dio to santo si è incarnato nel seno .A. E’ cosa buona e giusta della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto C. È veramente cosa buona e Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cie- ogni luogo a te, Signore, Padre lo, siede alla destra del Padre. E santo, Dio onnipotente ed eterno. di nuovo verrà, nella gloria, per Con il sangue del tuo Figlio e la giudicare i vivi e i morti, e il suo potenza dello Spirito tu hai ricostiregno non avrà fine. Credo nello tuito l'unità della famiglia umana Spirito Santo, che è Signore e dà disgregata dal peccato perché il la vita, e procede dal Padre e dal tuo popolo, radunato nel vincolo di Figlio. Con il Padre e il Figlio è amore della Trinità a lode e gloria adorato e glorificato, e ha parla- della tua multiforme sapienza, formi la Chiesa, corpo del Cristo e to per mezzo dei profeti. Credo tempio vivo dello Spirito. Per que-

sto mistero di salvezza, uniti ai cori degli angeli, proclamiamo esultanti la tua lode: Santo, .. (In ginocchio) C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta. DOPOLA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire:

PADRE NOSTRO

Padre nostro ….. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE

C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C. Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna.

A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.

A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE

O Dio, che in questi santi misteri ci hai nutriti col corpo e col sangue del tuo Figlio, fa’ che ci rallegriamo sempre del tuo dono, sorgente inesauribile di vita nuova. Per Cristo nostro Signore. D. A. Amen C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo A. Amen. C. Nel nome del Signore: andate in pace. A. Rendiamo grazie a Dio


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