Di fronte alle calamità, la Chiesa e i credenti, si affidano e Dio e si impegnano a ricostruire e portare speranza. Nel film il “Ritorno di Don Camillo” (1953), tra paesaggi realmente alluvionati Don Camillo pronuncia un discorso meraviglioso che è un inno alla Speranza e alla Fede.
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uando le acque del fiume escono dal loro alveo e lambiscono la terra l’immaginario popolare, nella gente della Bassa, ricorre a Don Camillo. Quel discorso, proclamato su un barca in una Chiesa deserta con le acque del Grande Fiume che avevano invaso in modo massiccio e distruttivo il Paese, è impresso nelle menti di molti. Si trattava di un’alluvione del Po…….
è la prima volta che il fiume invade le nostre case, un giorno però le acque si ritireranno ed il sole ritornerà a splendere. E allora la fratellanza che ci ha unito in queste ore terribili, con la tenacia che Dio ci ha dato, ricominceremo a lottare perchè il sole sia più splendente, perchè i fiori siano più belli e perchè la miseria sparisca dai nostri Paesi e dai nostri villaggi. Dimenticheremo le discordie e quando avremo voglia di morte cercheremo di sorridere così tutto sarà più facile e il nostro Paese diventerà un piccolo paradiso in terra. Andate fratelli, io rimango qui per salutare il primo sole che porterà a voi lontani, con la voce delle nostre campane, il lieto annuncio del risveglio. (Don Camillo) . L’alluvione del film “Il ritorno di Don Camillo” non è un’invenzione cinematografica: le scene, infatti riprendono i fatti realmente accaduti nel 1951 quando l’idrometro di Batteria di Brescello segnò quota massima a 8.50 metri e vennero allagate la Bassa reggiana e parmense e ancor più il Polesine, dove 100.000 ettari di territorio furono coperti dalle acque. Complessivamente, 113.000 ettari di terre emerse furono sommerse dall’acqua: 89 persone persero la vita.
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il cosmo abbia il suo modo di riequilibrare le cose e le sue leggi, quando queste vengono stravolte. Il momento che stiamo vivendo, pieno di anomalie e paradossi, fa pensare... In una fase in cui il cambiamento climatico causato dai disastri ambientali è arrivato a livelli preoccupanti, la Cina in primis e tanti paesi a seguire, sono costretti al blocco; l'economia collassa, ma l'inquinamento scende in maniera considerevole. L'aria migliora; si usa la mascherina, ma si respira... In un momento storico in cui certe ideologie e politiche discriminatorie, con forti richiami ad un passato meschino, si stanno riattivando in tutto il mondo, arriva un virus che ci fa sperimentare che, in un attimo, possiamo diventare i discriminati, i segregati, quelli bloccati alla frontiera, quelli che portano le malattie. Anche se non ne abbiamo colpa. Anche se siamo bianchi, occidentali e viaggiamo in business class. In una società fondata sulla produttività e sul consumo, in cui tutti corriamo 14 ore al giorno dietro a non si sa bene cosa, senza sabati nè domeniche, senza più rossi del calendario, da un momento all'altro, arriva lo stop. Fermi, a casa, giorni e giorni. A fare i conti con un tempo di cui abbiamo perso il valore, se non è misurabile in compenso, in denaro. Sappiamo ancora cosa farcene? In una fase in cui la crescita dei propri figli è, per forza di cose, delegata spesso a figure ed istituzioni altre, il virus chiude le scuole e costringe a trovare soluzioni alternative, a rimettere insieme mamme e papà con i propri bimbi. Ci costringe a rifare famiglia. In una dimensione in cui le relazioni, la comunicazione, la socialità sono giocate prevalentemente nel "non-spazio" del virtuale, del social network, dandoci l'illusione della vicinanza, il virus ci toglie quella vera di vicinanza, quella reale: che nessuno si tocchi, niente baci, niente abbracci, a distanza, nel freddo del non-contatto. Quanto abbiamo dato per scontato questi gesti ed il loro significato? In una fase sociale in cui pensare al proprio orto è diventata la regola, il virus ci manda un messaggio chiaro: l'unico modo per uscirne è la reciprocità, il senso di appartenenza, la comunita, il sentire di essere parte di qualcosa di più grande di cui prendersi cura e che si può prendere cura di noi. La responsabilità condivisa, il sentire che dalle tue azioni dipendono le sorti non solo tue, ma di tutti quelli che ti circondano. E che tu dipendi da loro. Allora, se smettiamo di fare la caccia alle streghe, di domandarci di chi è la colpa o perché è accaduto tutto questo, ma ci domandiamo cosa possiamo imparare da questo, credo che abbiamo tutti molto su cui riflettere ed impegnarci. Perchè col cosmo e le sue leggi, evidentemente, siamo in debito spinto. Ce lo sta spiegando il virus, a caro prezzo." - R. Morelli
del Covid-19, eravamo un popolo con alta dipendenza da alcool e droghe, il bullismo nelle scuole e violenze sulle donne, con maltrattamenti agli anziani, con lo scandalo dei rifiuti e migliaia di vittime innocenti, con miliardi di euro buttati via nel gioco d'azzardo, i reparti ospedalieri che chiudono e i ponti che crollano (sigh!). Eravamo il popolo dei "Bugo e dei Morgan", dei "Preziosi71 e Ferrero vattene", degli Stefano Cucchi e dei Marco Vannini, di "Messi o Cr7???". Vi ricordate? Eravamo il popolo dei "buuuu" allo stadio, del VAR e del "rigore per la Juve". Delle Grete e delle Sardine. Del Fantacalcio, della Fantapolitica, dei governi giallo/verde e rosso come il fuoco in Amazzonia. Quelli che i "ghiacciai si stanno sciogliendo, della "terra è piatta", del "Papa è eretico" e dell'olio di palma. Dei "due centesimi a sacchetto?!?", del "c’è crisi ma i ristoranti sono sempre pieni", del "non è tanto il caldo, è l’umidità che ti frega". Eravamo quelli del salotto di Silvia Toffanin, della D'Urso, del Grande Fratello e del "Sanremo fa schifo" ma intanto lo guardo. Quelli dell' "aiutiamoli a casa loro", le Ong sono un "bisness", la Shoah un' invenzione e Achille Lauro uno scandalo. Lui. Quelli che "in Chiesa ci vanno i peggiori", quelli dei barconi, che "Dio si prende i migliori", e il prete magari... prende moglie.
Poi basta un microscopico virus a far cadere tutto il "castello". A rimettere tutto in gioco. A riflettere che un po' di virus, più o meno letali, già ce li avevamo addosso. Che forse quest'ultima bestiaccia, una volta vinta, ci aiuterà a vincere tutti gli altri; ad apprezzare chi si sacrifica per noi, che sia medico, poliziotto, infermiere, pompiere, prete, oss, carabiniere o camionista. A guardare un po' di più il Cielo e invocare Dio. Non solo quando sarà per l'ultimo appello a reti unificate. Prima cavolo.... prima. Tradotto: ORA! Don Roberto (dalla sua pagina FB)
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on è sempre stata in questa data
La devozione a San Giuseppe, sposo della Vergine Maria, è presente già nei primi tempi della Chiesa. Nell’Egitto del IV secolo c’era una festa a lui dedicata. La data in cui i fedeli omaggiavano il santo era all’inizio il 20 luglio. Una commemorazione di San Giuseppe venne poi aggiunta al calendario bizantino il 26 dicembre. Molte Chiese orientali continuano a festeggiarlo in questa data. Secondo la Chiesa ortodossa, “San Giuseppe viene commemorato la domenica successiva alla Natività. Se non c’è una domenica tra il 25 dicembre e il 1° gennaio, la sua festa sarà trasferita al 26 dicembre”. Questa celebrazione di Giuseppe lo colloca vicino alla festa della nascita di Cristo, il 25 dicembre, alla quale secondo i racconti evangelici era presente. Nella Chiesa occidentale, la festa di San Giuseppe non è stata fissata fino al XV secolo. In base ad alcune tradizioni, il 19 marzo è il giorno della morte di Giuseppe, anche se ci sono poche prove a sostegno di questa data. La Bibbia non dice nulla sulla morte del padre adottivo di Gesù, e la Chiesa si basa quindi su tradizioni orali trasmesse nel corso dei secoli. Nel 1621, Papa Gregorio XV estese la festa di San Giuseppe a tutta la Chiesa. Già nel 1870, Papa Pio IX dichiarò Giuseppe “Patrono della Chiesa universale”. Per molti decenni, il 19 marzo è stato un giorno di precetto nella Chiesa, ovvero si doveva andare a Messa. La celebrazione di San Giuseppe a marzo lo colloca vicino a un altro episodio biblico, in cui viene menzionato direttamente. Il 25 marzo, la Chiesa commemora l’Annunciazione del Signore, quando l’angelo Gabriele fece visita alla Santissima Vergine Maria. Come narra il Vangelo di Matteo, “la nascita di Gesù Cristo avvenne in questo modo. Maria, sua madre, era stata promessa sposa a Giuseppe e, prima che fossero venuti a stare insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe, suo marito, che era uomo giusto e non voleva esporla a infamia, si propose di lasciarla segretamente” (Matteo 1, 18-19). Il fulcro della festa il 19 marzo è comunque rivelato nel titolo liturgico “Giuseppe, Marito della Beata Vergine Maria”. Questa solennità – con la più alta posizione liturgica attribuita ai santi – onora il suo impegno con Maria e la sua dedizione come marito fedele e devoto. Il giorno di San Giuseppe è una bella festa, amata dai cattolici di tutto il mondo.
Siamo obbligati a restare a casa, siamo costretti per il bene nostro e altrui a ridurre al minimo le uscite, a sospendere tutte le occasioni di incontro. Ma abbiamo già “il nostro prossimo”, proprio accanto a noi: è tuo marito, sono i tuoi figli. Di Daina Prato e Davide Rubino ! Non c’è situazione peggio-
re di quando, come da bambini per conto dei genitori, ci viene imposto qualcosa, perché, da che mondo è mondo, anche se è qualcosa che normalmente desideriamo e sogniamo, tendiamo a rifiutare “gli obblighi” ed a rivendicare la libertà che ci viene limitata. Siamo sicuramente in un periodo delicato della nostra storia, dove ci viene imposto di “chiudere il mondo fuori dalle nostre porte”. Quanti di noi possono negare di aver desiderato, in tempi di frenesia lavorativa e non quotidiane, di stare a casa a rilassarsi, a riposare o semplicemente a vivere la famiglia? Beh, con una imposizione necessaria, si sta chiedendo proprio questo: Stiamo a casa!!! E allora perché non approfittare di questa possibilità, seppur forzata, di vivere e di riprendere in mano la nostra vita familiare tanto sacrificata dai ritmi della società moderna? È da questa riflessione che siamo “ri”partiti noi: Siamo Davide è Daina, sposi da maggio del 2013 e genitori di due piccoli terremoti di due e cinque anni, Matteo e Michele. Tante volte, nella nostra routine, abbiamo rivendicato la voglia di stare tutti insieme e non farci sotterrare dai mille impegni. Se pur con le difficoltà del caso, perché ovviamente la vita “chiusa” esclusivamente tra le mura domestiche non è il massimo, stiamo riscoprendo il valore dello stare insieme con calma e tempo; il tempo , ragazzi, è qualcosa di molto prezioso che scivola velocemente , ma che in questi giorni è lento e Sacro. Riscopri la bellezza dello svegliarsi insieme la mattina… La bellezza di vivere senza la frenesia e ansia di prepararsi per correre a scuola o al lavoro o a sbrigare faccende, facendo colazione rispettando i tempi dei tuoi figli ed anche i tuoi. Riscopri come inventare giochi nuovi, seppur tra una lite e l’altra ed un gioco lanciato o una spinta
di troppo, da fare in famiglia o semplicemente tra fratelli. Riscopri quei baci, quegli abbracci (oggi vietati in società, ma in famiglia te li puoi godere) quei sorrisi che, con la fretta a volte ti lasci sfuggire o non godi fino in fondo. Riscopri com’è bello e divertente ballare, anche se papà sembra un manico di scopa e fa ridere tanto , e mamma si gasa così tanto da non fare caso che i vicini al balcone potrebbero prenderla poi per un’invasata. Riscopri la bellezza di cucinare, lavare i piatti, piegare le lenzuola o passare l’aspirapolvere insieme al tuo compagno/alla tua compagna tra una battuta e l’altra ed uno scherzo e l’altro. Riscopri la meravigliosa sensazione di andare a dormire con tuo marito, il che, avendo spesso turni notturni, non è tanto scontato. Riscopri, insomma, di Essere Famiglia! E come famiglia Cristiana vorremmo solo dire a tutti (noi compresi) che in questo periodo ci sentiamo oppressi dalle necessarie direttive date dal Governo: questo è il momento di prendersi cura del “Noi”, partendo dal nucleo familiare e finendo con i fratelli concittadini e connazionali. Prendiamolo come un periodo di sanificazione , oltre che fisica, del cuore e dei rapporti. Viviamo questo momento Quaresimale pienamente ed iniziamo a Sentirlo davvero come una preparazione alla Risurrezione di Cristo nei nostri cuori ed alla “Rinascita” sociale che avverrà presto se tutti collaboreremo: INSIEME! Come diceva Don Pino Puglisi : “Se ognuno fa qualcosa, tutto può cambiare”.
la peste ha devastato l’Europa, le vittime si rivolgevano spesso a San Giuseppe e alla sua intercessione miracolosa La peste ha una lunga storia in Europa, e quando i cristiani si sono trovati in mezzo a crisi simili si sono spesso rivolti a San Giuseppe. Al di là di chiedere la sua potente intercessione, molti cristiani facevano consacrazioni personali al santo, offrendogli la propria vita nella speranza di essere risparmiati dalla peste insieme alle proprie famiglie. Nel libro The Glories of the Catholic Church si legge: “Quanto è potente San Giuseppe nel curare chi si affida a lui, mettendolo al sicuro anche dal più grande di tutti i mali, la peste! Ha difeso la città di Alenson dall’esserne completamente distrutta circa dieci anni fa, per via di un voto solenne di celebrare per sempre la sua festa”. Oltre alla città di Avenson, anche quella di Lione fu teatro di una guarigione miracolosa. Il signor Augery, avvocato presso il Parlamento del Delfinato, trovandosi a Lione e capendo, il 15 luglio 1638 che Theodore Augery, suo figlio, di sette anni, era stato colpito dalla peste, fece un voto a Dio che se San Giuseppe, mediante la sua intercessione, avesse fatto riprendere il figlio e preservato la sua famiglia dalla peste avrebbe ascoltato per nove giorni la Messa nella sua chiesa in suo onore… Il giovane malato, visitato dai medici che si occupavano della peste, che lo davano per spacciato, venne fatto uscire di casa e portato a St. Laurence, la casa degli appestati, per paura che infettasse gli altri. Qui guarì perfettamente, e nessun altro della sua famiglia, composta da nove membri, fu contagiato”. Non si trattò di un incidente isolato, visto che San Giuseppe è stato ripetutamente un intercessore per le vittime della peste e Dio ha curato la loro malattia. Tevenet, un buon uomo di età avanzata di St. Laurence Dauger, un villaggio vicino Lione, contagiato dalla peste, chiese al vicario del luogo se ci fossero dei mezzi per guarire. Il vicario gli disse che si poteva solo ricorrere a San Giuseppe facendo voto di rispettare ogni anno la sua festa. Il pio anziano fece subito il voto, e venne liberato dalla peste. Se si deve sempre cercare l’assistenza medica adeguata e vanno seguite le indicazioni delle autorità governative, i cristiani nel corso dei secoli hanno sottolineato la necessità di includere la preghiera nella propria risposta a una peste. Dio risponderà sempre a un cuore contrito, e se è sua volontà può guarire e proteggere le persone dalle malattie. Al riguardo, San Giuseppe si è dimostrato un potente intercessore, portando le anime cristiane più vicine a Dio, chiedendo al Signore di avere misericordia dei malati e dei sofferenti. Al di sopra di tutto, San Giuseppe ci insegna a confidare in Dio in tutte le circostanze, e a mettere la nostra vita nelle sue mani
O Maria, tu risplendi sempre nel nostro cammino come segno di salvezza e di speranza. Noi ci affidiamo a te, Salute dei malati, che presso la croce sei stata associata al dolore di Gesù, mantenendo ferma la tua fede. Tu, Salvezza del popolo romano, sai di che cosa abbiamo bisogno e siamo certi che provvederai perché, come a Cana di Galilea, possa tornare la gioia e la festa dopo questo momento di prova. Aiutaci, Madre del Divino Amore, a conformarci al volere del Padre e a fare ciò che ci dirà Gesù, che ha preso su di sé le nostre sofferenze e si è caricato dei nostri dolori per condurci, attraverso la croce, alla gioia della risurrezione. Amen. Sotto la Tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.
Padre Ermes Ronchi
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C Il Signore sia con voi. T E con il tuo spirito. Il Dio della speranza, che ci riempie di ogni gioia e pace nella fede per la potenza dello Spirito Santo, sia con tutti voi. A E con il tuo spirito.
ATTO PENITENZIALE
C Fratelli e sorelle, come Israele nel deserto, anche noi dubitiamo della presenza di Dio quando lo vogliamo indurre a fare la nostra volontà. Chiediamo perdono al Signore per la nostra mancanza di fiducia in Lui e per non essere veri “adoratori del Padre” (Breve pausa di silenzio) Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa e supplico la Beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e voi fratelli di pregare per me il Signore Dio nostro. C Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A Amen Signore Pietà Signore Pietà Cristo Pietà Cristo Pietà Signore Pietà Signore Pietà C Preghiamo: O Dio, sorgente della vita, tu offri all'umanità riarsa dalla sete l'acqua viva della grazia che scaturisce dalla roccia, Cristo salvatore; concedi al tuo popolo il dono dello Spirito, perché sappia professare con forza la sua fede, e annunzi con gioia le meraviglie del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo... T .
mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore - gli dice la donna –, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: "Io non ho marito". Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, suoi discepoli e si meravigliavano vicina al terreno che Gia- che parlasse con una donna. Nescobbe aveva dato a Giu- suno tuttavia disse: «Che cosa cerseppe suo figlio: qui c'era chi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua un pozzo di Giacobbe. anfora, andò in città e disse alla Gesù dunque, affaticato gente: «Venite a vedere un uomo per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa che mi ha detto tutto quello che ho
fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore. Egli chiese alla Samaritana l'acqua da bere per farle il grande dono della fede, e di questa fede ebbe sete così ardente da accendere in lei la fiamma del tuo amore. E noi ti lodiamo e ti rendiamo grazie e, uniti agli angeli, celebriamo la tua gloria
C Per questo sacrificio di riconciliazione perdona, o Padre, i nostri debiti e donaci la forza di perdonare ai nostri fratelli. Per Cristo nostro Signore.
C.
E' veramente cosa buona e
C Preghiamo : O Dio, che ci nutri in questa vita con il pane del cielo, pegno della tua gloria, fa' che manifestiamo nelle nostre opere la realtà presente nel sacramento che celebriamo. Per Cristo nostro Signore.