*In sinergia con Fondazione Migrantes
«Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa» (Is 43,19). L’annuncio di Isaia al popolo testimonia una speranza affidabile nel domani di ogni donna e ogni uomo, che ha radici di certezza nel presente, in quello che possiamo riconoscere dell’opera sorgiva di Dio, in ciascun essere umano e in ciascuna famiglia. È vita, è futuro nella famiglia! L’esistenza è il dono più prezioso fatto all’uomo, attraverso il quale siamo chiamati a partecipare al soffio vitale di Dio nel figlio suo Gesù. Questa è l’eredità, il germoglio, che possiamo lasciare alle nuove generazioni: «facciano del bene, si arricchiscano di opere buone, siano pronti a dare e a condividere: così si metteranno da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera» (1Tim 6, 18-19).
spondere, con coraggio, alle innumerevoli sfide», antiche e nuove. La mancanza di un lavoro stabile e dignitoso spegne nei più giovani l’anelito al futuro e aggrava il calo demografico, dovuto anche ad una mentalità antinatalista che, «non solo determina una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire». Si rende sempre più necessario un patto per la natalità, che coinvolga tutte le forze culturali e politiche e, oltre ogni sterile contrapposizione, riconosca la famiglia come grembo generativo del nostro Paese.
L’abbraccio alla vita fragile genera futuro
Per aprire il futuro siamo chiamati all’accoglienza della vita prima e dopo la nascita, in ogni condizione e circostanza in cui essa è debole, minacciata e bisognosa dell’essenziale. Nello stesso tempo ci è chiesta la cura di chi soffre per la malattia, per la violenza subita o per l’emarginazione, con il rispetto dovuto a ogni essere umano quando si presenta fragile. Non Gli anziani, che arricchiscono vanno poi dimenticati i rischi causati dall’indiffequesto nostro Paese, sono la merenza, dagli attentati all’integrità e alla salute moria del popolo. Dalla singola della "casa comune", che è il nostro pianeta. La cellula all’intera composizione vera ecologia è sempre integrale e custodisce la fisica del corpo, dai pensieri, dalvita sin dai primi istanti. le emozioni e dalle relazioni alla La vita fragile si genera in un abbraccio: «La divita spirituale, non vi è dimensiofesa dell’innocente che non è nato deve essere ne dell’esistenza che non si trachiara, ferma e appassionata, perché lì è in giosformi nel tempo, co la dignità della vita umana, sempre sacra, e «ringiovanendosi» anche nella lo esige l’amore per ogni persona al di là del maturità e nell’anzianità, quando non si spegne suo sviluppo». Alla «piaga dell’aborto» – che l’entusiasmo di essere in questo mondo. Acco«non è un male minore, è un crimine» – si aggliere, servire, promuovere la vita umana e cugiunge il dolore per le donne, gli uomini e i stodire la sua dimora che è la terra significa sce- bambini la cui vita, bisognosa di trovare rifugio gliere di rinnovarsi e rinnovare, di lavorare per in una terra sicura, incontra tentativi crescenti di il bene comune guardando in avanti. Proprio lo «respingere profughi e migranti verso luoghi sguardo saggio e ricco di esperienza degli andove li aspettano persecuzioni e violenze». ziani consentirà di rialzarsi dai terremoti - geolo- Incoraggiamo quindi la comunità cristiana e la gici e dell’anima - che il nostro Paese attraversocietà civile ad accogliere, custodire e prosa. muovere la vita umana dal concepimento al suo naturale termine. Il futuro inizia oggi: è un investimento nel presente, con la certezza che «la vita Costruiamo oggi, pertanto, una solidale è sempre un be«alleanza tra le generazioni», come ci ricorda ne», per noi e con insistenza papa Francesco. Così si consolida per i nostri figli. la certezza per il domani dei nostri figli e si spaPer tutti. È un lanca l’orizzonte del dono di sé, che riempie di bene desiderasenso l’esistenza. «Il cristiano guarda alla realtà bile e conseguifutura, quella di Dio, per vivere pienamente la bile. vita - con i piedi ben piantati sulla terra - e ri-
essuno viene al mondo per sua scelta, non è questione di buona volontà Non per meriti si nasce e non per colpa, non è un peccato che poi si sconterà Combatte ognuno come ne è capace Chi cerca nel suo cuore non si sbaglia Hai voglia a dire che si vuole pace, noi stessi siamo il campo di battaglia La vita è un dono legato a un respiro Dovrebbe ringraziare chi si sente vivo Ogni emozione che ancora ci sorprende, 'amore sempre diverso che la ragione non comprende Il bene che colpisce come il male, persino quello che fa più soffrire E' un dono che si deve accettare, condividere poi restituire Tutto ciò che vale veramente che toglie il sonno e dà felicità Si impara presto che non costa niente, non si può vendere né mai si comprerà E se faremo un giorno l'inventario sapremo che per noi non c'è mai fine
Siamo l' immenso ma pure il suo contrario, il vizio assurdo e l'ideale più sublime La vita è un dono legato a un respiro Dovrebbe ringraziare chi si sente vivo Ogni emozione, ogni cosa è grazia, l'amore sempre diverso che in tutto l'universo spazia e dopo un viaggio che sembra senza senso arriva fino a noi L' amore che anche questa sera, dopo una vita intera, è con me, credimi, è con me
. (commento di Pino Fanelli da “Se Vuoi” )
“Nessuno viene al mondo per sua scelta: all’origine di ogni vita c’è Qualcuno che, da sempre, ci ha pensati e voluti, un Amore che ha creato ogni cosa e la mantiene in vita. Ogni essere che respira sulla terra non è frutto del caso, ma nasce dal cuore di Dio. Senza di Lui non potremmo esistere! Solo in Dio, nostro Padre, troviamo la spiegazione e il senso della nostra esistenza, che è interamente nelle sue mani, dal nostro inizio al suo termine: “Nessuno può pagare il riscatto di una vita o chiederne a Dio il prezzo, per quanto si paghi il riscatto di una vita non potrà mai bastare per vivere senza fine” (Sal 49,8-10).
“Non per meriti si nasce e non per colpa”: la gratuità è la dimensione più importante della vita, che è un dono. Nessuno di noi ha fatto niente per venire al mondo, per “meritarsi” di vivere! Siamo un regalo a noi stessi! E lo stupore è l’atteggiamento giusto da coltivare davanti a un dono così grande.
“La vita è un dono legato a un respiro / dovrebbe ringraziare chi si sente vivo: in una società che mercifica anche le relazioni e dà a tutto un prezzo, la gratitudine spesso non trova cittadinanza. “Grazie”, invece, è la parola che dovremmo pronunciare di più, nella consapevolezza che niente ci è dovuto, ma tutto ci è regalato. Ringraziare è sorprendersi continuamente di fronte alla vita e ai gesti che rompono la catena del “do ut des” e del puro calcolo.
“L’amore sempre diverso che la ragione non comprende”: amare, nella sua più profonda verità, significa donarsi. Le ragioni del cuore sono diverse da quelle della razionalità, del calcolo matematico. Lo dice anche Pascal: “Il cuore ha ragioni che la ragione non comprende”. La vita è una palestra dove si impara ad amare, assumendo sempre di più questa “logica” e traducendola in gesti e atteggiamenti concreti. La vita è davvero l’arte di amare, di donarsi. Tanti testimoni lo hanno sperimentato in prima persona: S.Francesco nella “Preghiera semplice” dice: “E’ dando che si riceve”; s.Paolo, che ha speso tutta la vita per l’annuncio del Vangelo, afferma: “Dio ama chi dona con gioia” (2Cor 9,7)… e anche Giovanni Paolo II, a cui è dedicata questa canzone.
“Il bene… è un dono che si deve accettare, condividere e poi restituire”: un altro termine nel vocabolario del dono è “condividere”. E’ nella natura del dono l’apertura all’Altro, agli altri. La parabola dei talenti ce lo ricorda: i doni che abbiamo ricevuto (intelligenza, forza fisica, fede…) dobbiamo essere capaci di condividerli, di investirli senza tenerli egoisticamente per noi stessi. Di essi ci verrà chiesto conto: “A chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha” (Mt 25,29).
“… tutto ciò che vale veramente, che toglie il sonno e dà la felicità”: i semi di bene nella nostra giornata sono, in fondo, le cose che poi restano, che valgono veramente e riempiono di significato il nostro agire. Il dono è come un boomerang: lo “lanci” e ti ritorna più carico di prima. E’ il miracolo dell’amore!
“Ogni emozione, ogni cosa è grazia”: tutto è dono: ogni incontro, ogni sorriso, ogni avvenimento, lieto o triste… Ogni giorno è un’occasione unica per diventare quello che siamo: amore che si dona! E’ il segreto che può trasformare davvero il mondo. Qualcuno su una Croce ce lo ha insegnato. Consapevole di quello che stava vivendo ha detto: “La vita non mi è tolta ma sono io che la dono” (cf Gv 10,18). Quel gesto di amore ha cambiato la storia e continua a interrogare, in ogni tempo, la coscienza degli uomini.
PER RIFLETTERE: Sei cosciente che la tua vita è dono di Dio, che niente ti è dovuto, ma che tutto è “grazia”? Ringrazi Dio per il dono della vita, per le persone che hai accanto, per i beni di cui disponi, per le meraviglie del creato…? Sei capace di condividere i tuoi doni, materiali e spirituali con i tuoi amici e con chi ne ha più bisogno? Ciò che conta è amare: nella tua scala di valori che spazio trova l’amore, la capacità di donarti?
quarant'anni, sono sposata e ho due figli grandi. Qualche anno fa ho passato l'inferno. Al quarto mese di gravidanza ho abortito. Subito ho provato un senso di liberazione, di sollievo. Se solo avessi immaginato il tormento che avrei patito non appena mi fossi resa veramente conto di quello che avevo fatto. All'inizio si riesce a ragionare con un certo distacco, ci si aggrappa alle attenuanti: la professione che non si può lasciare, i soldi che non bastano, la casa piccola... Ho reagito dedicandomi con più accanimento agli altri due figli. Agli occhi degli altri ero sempre la stessa, ma dentro di me si stava scatenando l'inferno. La prima fitta di dolore, così forte che non potei ignorarla, la provai per strada quando incrociai una donna che spingeva una carrozzina. Fui assalita dall'angoscia: vidi negli occhietti di quel bimbo lo sguardo di mio figlio non voluto. Uno sguardo che non mi abbandonò più. Ancora oggi spesso calcolo con la mente l'età che avrebbe mio figlio; con la fantasia lo plasmo più o meno alto, con i capelli chiari o scuri... Gli parlo, ma soprattutto piangendo, spesso, gli chiedo perdono. Penso e ripenso, in modo ossessivo, con ansia e rimorso. Se solo potessi tornare indietro e stringere quel figlio tra le braccia! Invece, mi rimane solo un forte senso di colpa per averlo rinnegato. Questa sofferenza ha segnato la mia vita. Tutto è cambiato da quel giorno: soprattutto il rapporto con mio marito non è più lo stesso. È come se volessi scaricare su di lui una parte della colpa. In quella circostanza si è comportato come Ponzio Pilato, se n'è lavato le mani. Persino il rapporto con gli altri due figli è cambiato. Subito dopo l'aborto ero loro morbosamente attaccata, ora molto meno, perché mi sembra di fare un torto al figlio non nato. Continuo a pensarci, soprattutto quando sono sola in casa; le notti sono tormentate dagli incubi. Quando ci penso, riemergono la superficialità, l'egoismo e l'estrema violenza che ho riservato a mio figlio; sono stata la sua condanna a morte. Se dovessi parlare a una donna con i miei stessi dubbi, la supplicherei di non abortire, di non fare il mio errore, di non credere di poter risolvere tutto senza dolore. La scongiurerei di non farlo, a costo di allevarlo io quel figlio. Le spiegherei in che oscuro tunnel precipiterebbe. Soprattutto non la lascerei sola, non le farei sentire l'indifferenza e la freddezza che ho provato io. Le donne sappiano che il bisturi della legge 194 non incide solo le carni ma anche i cuori e le coscienze.
Nell’orizzonte dell’amore, essenziale nell’esperienza cristiana del matrimonio e della famiglia, risalta anche un’altra virtù, piuttosto ignorata in questi tempi L’amore di relazioni frenetiche e superficiali: la tenerezza ● L’amore vissuto nelle famiglie è una forza permanente per la vita della Chiesa. ● L’amore comporta sempre un senso di profonda compassione, che porta ad accettare l’altro come parte di questo mondo, anche quando agisce in un modo diverso da quello che io avrei desiderato. ● L’amore ci porta a un sincero apprezzamento di ciascun essere umano, riconoscendo il suo diritto alla felicità. Amo quella persona, la guardo con lo sguardo di Dio Padre, che ci dona tutto «perché possiamo goderne ● Chi ama, non solo evita di parlare troppo di sé stesso, ma inoltre, poiché è centrato negli altri, sa mettersi al suo posto, senza pretendere di stare al centro. ● Amare significa anche rendersi amabili ● L’amore non opera in maniera rude, non agisce in modo scortese, non è duro nel tratto. I suoi modi, le sue parole, i suoi gesti, sono gradevoli e non aspri o rigidi. Detesta far soffrire gli altri ● L’amore amabile genera vincoli, coltiva legami, crea nuove reti d’integrazione, costruisce una solida trama sociale ● Chi ama è capace di dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano. ● Quando una persona che ama può fare del bene a un altro, o quando vede che all’altro le cose vanno bene, lo vive con gioia e in quel modo dà gloria a Dio, perché “Dio ama chi dona con gioia”. ● Mi ama come è e come può, con i suoi limiti, ma il fatto che il suo amore sia imperfetto non significa che sia falso o che non sia reale. È reale, ma limitato e terreno. ● L’amore ha fiducia, lascia in libertà, rinuncia a controllare tutto, a possedere, a dominare. Questa libertà, che rende possibili spazi di autonomia, apertura al mondo e nuove esperienze, permette che la relazione si arricchisca e non diventi una endogamia senza orizzonti. ● L’amore non si lascia dominare dal rancore, dal disprezzo verso le persone, dal desiderio di ferire o di far pagare qualcosa. L’ideale cristiano, e in modo particolare nella famiglia, è amore malgrado tutto. ● Dopo l’amore che ci unisce a Dio, l’amore coniugale è la “più grande amicizia”.
S
ono gli eroi della normalità. Esempi viventi di quotidiana solidarietà. Argini contro ogni discriminazione. Donne e uomini spesso invisibili. Persino un po’ fuori moda, considerato che oggi l’insulto va per la maggiore e la carezza è quasi sconosciuta. Sono persone speciali che lottano per rendere migliore un frammento di mondo. A farli diventare protagonisti per un giorno, è un uomo che si chiama Sergio Mattarella. Fa il presidente della Repubblica e anche se ogni giorno deve rammendare la Costituzione e tenere insieme un Paese spezzettato, trova il (prezioso) tempo per scovare questi simboli dell’Italia migliore. Che non grida, ma fa. Che non ostenta, ma testimonia. L’elenco degli eroi della Repubblica non è mai lunghissimo. È però bello scoprire che tra «le cittadine e i cittadini che si sono distinti per atti di eroismo, per l’impegno nella solidarietà, nel soccorso, per l’attività in favore dell’inclusione sociale, nella cooperazione internazionale, nella tutela dei minori, nella promozione della cultura e della legalità», per dirla con le parole del Quirinale, c’è sempre qualche trentino. Dopo Giovanni Coletti, premiato lo scorso anno per il suo impegno per l’autismo, quest’anno Mattarella ha infatti nominato ufficiali dell’ordine al merito della Repubblica Roberto Luigi Giuseppe Crippa e Luisa Fricchione, 57 anni, di Tione, «per lo straordinario esempio di generosità e solidarietà che li ha visti adottare otto giovani etiopi rimasti orfani in seguito alla guerra civile». Il più famoso degli otto è il grande Yemen, 22 anni, medaglia di bronzo nei 10 mila agli Europei di atletica di Berlino. Il “normale eroismo” della famiglia Crippa ha un valore ancora più alto in un tempo nel quale fatichiamo a maneggiare il vocabolario dei sentimenti e stentiamo a ritrovare il senso di parole come integrazione, altruismo e solidarietà. Non so se Mattarella farà anche cambiare idea al governatore Fugatti rispetto ai tagli che ha in animo d’attuare proprio nel campo dell’accoglienza, ma mi piace pensare che il presidente leghista, come ho scritto questa mattina sul Trentino, possa essere il primo a chiamare i coniugi Crippa, a Tione, per complimentarsi. I piccoli gesti, talvolta, valgono più di mille proclami.
-
-
A
gli albori del mito di Hollywood, nelle sale vennero proiettate per la prima volta le avventure di un maldestro e adorabile vagabondo; di lì a poco sarebbe entrato nei uori di tutti, diventando un'icona della storia del cinema e la principale fonte d'ispirazione per i più grandi "maestri del sorriso". Sbarcato negli Stati Uniti nel 1910 al seguito della compagnia teatrale di Fred Karno, Charles Spencer Chaplin iniziò a farsi conoscere nei teatri americani recitando nei panni di un ubriaco elegante, dotato di una straordinaria abilità acrobatica che ne accentuava le movenze buffe. Le gag divertivano molto il pubblico e qualche impresario cinematografico alla ricerca di nuovi talenti. Proprio in quell'anno Hollywood si trasformava da anonimo ranch a distretto della città di Los Angeles. Nel 1911 fu inaugurato il primo studio cinematografico, la Centaur Film Co., cui ne sarebbero seguiti altri a breve distanza. Due anni dopo, qui Chaplin cominciò la sua carriera davanti alla cinepresa. A scritturarlo fu la Keystone che lo fece debuttare in Per guadagnarsi la vita, pellicola in cui impersonava un aspirante giornalista a caccia di scoop. Nel personaggio emergevano in maniera timida alcuni tratti tipici della sua comicità. Deluso dall'esordio, Chaplin si mise a pensare a qualcosa di diverso, facendo appello a tutta la sua inventiva. Un pomeriggio entrò nei camerini e raccolse gli indumenti lasciati dai suoi colleghi, mischiando taglie diverse. Alla fine indossò dei pantaloni cascanti, una giacchetta strettissima e una minuscola bombetta. Completò l'opera applicandosi dei baffetti finti, ridotti a un piccolo ciuffetto. Nacque così la maschera di Charlot. All'inizio di febbraio lo fece debuttare nel cortometraggio Charlot si distingue, in cui il protagonista entrava continuamente nel campo di ripresa di una cinepresa, intenta a riprendere una corsa di macchine per bambini. L'effetto comico era legato al suo atteggiamento irritante nel mettersi al centro dell'inquadratura con pose e smorfie diverse, ignorando i ripetuti tentativi di allontanarlo da parte del regista e del pubblico. Già da qui si evinceva l'influenza dell'attore francese Max Linder, al quale Chaplin rivelò più tardi di essersi ispirato. Al botteghino fu un successone e la Keystone fu tempestata di ordini dai distributori che volevano proiettarlo in giro per il paese. Di qui gli venne proposto di girare altre pellicole, in cui l'attore londinese portò a piena maturazione il genere dello slapstick, la comicità basata sul linguaggio del corpo e sul moto perpetuo dei personaggi, coinvolti in baruffe, capitomboli, torte in faccia e inseguimenti. La sceneggiatura era quasi inesistente e molto era lasciato all'improvvisazione. Alla fine del 1914 era ormai una star, tanto da potersi permettere la libertà di scegliere a quale casa produttrice associarsi. Col tempo la maschera di Charlot acquisì un profilo umano più complesso, unendo l'aspetto esilarante a una forte vena malinconica. Ciò fu evidente nei film che rappresentavano la triste realtà dell'America degli anni Venti e Trenta, dove la figura del vagabondo tormentato dalla sorte simboleggiava i tanti emarginati e diseredati di quell'epoca. Parliamo di capolavori come Vita da cani, L'emigrante, Il monello e La febbre dell'oro, che diedero fama imperitura a Charlot. La sua evoluzione successiva fu quella della denuncia sociale, con l'operaio di Tempi moderni(1936), e della satira politica, attraverso la caricatura di Hitler ne Il grande dittatore (1940, il primo completamente sonoro). Protagonista di 70 film, Charlot portò a Chaplin due Oscar alla carriera, l'ultimo nel 1972, motivato «per aver fatto delle immagini in movimento una forma d'arte del Ventesimo secolo» e salutato dalla più lunga ovazione nella storia dell'Academy Awards.
M
ilano città dell'Expo e dei grattacieli conserva ancora, all'ombra della Madonnina, qualcuna delle sue antiche tradizioni, legata a un passato dal sapore contadino e a una città che non aveva ancora intrapreso la strada per diventare una metropoli. Tra queste la tradizione, quasi d'obbligo, di mangiare a San Biagio un boccone dell’ultimo panettone avanzato fino a febbraio. San Biagio è una tradizione di Milano poco conosciuta al di fuori dei confini della città, ma utilissima per finire i panettoni avanzati dalle feste di Natale. Perché viene chiamato il panettone di San Biagio? Presto detto: il 3 febbraio è la giornata che la chiesa cattolica dedica alla celebrazione di San Biagio, una figura che secondo la tradizione popolare milanese ‘benedis la gola e él nas‘, insomma "benedisce la gola e il naso". I milanesi, infatti, sono soliti mangiare un panettone proprio in questa giornata (anche se non è freschissimo, anzi meglio). San Biagio era un medico armeno, vissuto nel III secolo d.C.: si narra che compì un miracolo quando una madre disperata gli portò il figlio morente per una lisca conficcata in gola. San Biagio gli diede una grossa mollica di pane che, scendendo in gola, rimosse la lisca salvando il ragazzo. Inutile aggiungere che, dopo aver subito il martirio, Biagio venne fatto santo e dichiarato protettore della gola. Il legame con la città di Milano, però, arrivò molto più tardi ed è riferito a una leggenda contadina: una massaia prima di Natale portò a un frate un panettone, perché lo benedicesse. Essendo molto impegnato, il frate – che si chiamava Desiderio ed era evidentemente molto goloso – le disse di lasciarglielo e passare nei giorni successivi a riprenderlo. La donna se ne dimenticò e frate Desiderio, dopo averlo benedetto, iniziò a sbocconcellarlo, finché si accorse di averlo finito. La donna si ripresentò a chiedere il suo panettone benedetto proprio il 3 febbraio, giorno di San Biagio: il frate si preparò a consegnarle l’involucro vuoto e a scusarsi, ma al momento di consegnarglielo si accorse che nell’involucro era comparso un panettone grosso il doppio rispetto a quello originale. Il miracolo fu attribuito a San Biagio, che diede il via alla tradizione di portare un panettone avanzato a benedire ogni 3 febbraio per poi mangiarlo a colazione con la famiglia per proteggere dai malanni della gola.
D
alla Madre di Gesù si va in pellegrinaggio, non solo ad agosto, ma anche a Pentecoste, l’8 ottobre (Madonna del Rosario) e l’8 dicembre (Festa dell’Immacolata Concezione). Ogni anno, la veglia di Pentecoste, migliaia di fedeli romano-cattolici di lingua ungherese, provenienti da ogni dove, raggiungono a piedi il santuario francescano, dedicato a Maria, di Sumuleu-Ciuc, nella Transilvania orientale, per partecipare alla tradizionale veglia.
PAPA FRANCESCO, visiterà questo santuario
Lo scorso giugno erano almeno 120mila a pregare per la pace nel mondo, per la salute, perché Dio perdoni i peccati degli uomini e per una vita migliore. Hanno percorso, in processione, con bandiere ornate da rami di betulla e con il laborum, la collina di Sumuleu-Piccolo, seguendo il tracciato chiamato Via Crucis, o collina del Golgota, segnato da quattordici croci, che simboleggiavano le varie fermate del Salvatore nel cammino verso il supplizio. Il laborum è il vessillo che, dai tempi di Costantino il Grande (306337 d.C.), simboleggia la lotta e la vittoria della fede cattolica; in particolare, a Sumuleu, il riferimento è al 1567, quando il principe di Transilvania, Giovanni II Sigismondo Zapolya, cercò di convertire il principato cattolico di Ciuc, Gheorgheni e Casin, al protestantesimo. I fedeli, guidati dal prete Istvan di Joseni, affrontarono l’armata e, il sabato di Pentecoste, vinsero, sostenuti dalla preghiera di vecchi, donne e bambini, riuniti in chiesa. Ad aprire la processione è il labaro, che pesa circa 25 chili. Come da tradizione, davanti alla cappella del Salvatore, la processione si ferma per cantare “Tutta bella sei”, o Maria”, e poi continua il cammino fino al santuario, dove la messa viene officiata dai vescovi della regione. Nel santuario, le cui origini risalgono al Medioevo, vi è, sull’altare principale, una statua lignea della Madonna con in braccio il Bambino, capolavoro dell’arte religiosa del XVI secolo. Nella finestra in vetro sopra l’ingresso principale, si possono vedere i monogrammi di Gesù e Maria e il segno dei Francescani, costruttori del santuario, elevato da papa Pio XII a Basilica minore. Dal XV secolo, per volere di papa Eugenio IV, che diceva: “Un gran numero di fedeli è abituato a radunarsi qui per pregare la Santa Maria”, questo è il luogo del più grande pellegrinaggio cattolico del centro e del sud-est Europa.
sinagoga è rimasta incantata davanti al sogno di un mondo nuovo che Gesù ha evocato: tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati! Poi, quasi senza spiegazione: pieni di sdegno, lo condussero sul ciglio del monte per gettarlo giù. Dalla meraviglia alla furia. Nazaret passa in fretta dalla fierezza e dalla festa per questo figlio che torna circondato di fama, potente in parole ed opere, ad una sorta di furore omicida. Come la folla di Gerusalemme quando, negli ultimi giorni, passa rapidamente dall'entusiasmo all'odio: crocifiggilo! Perché? Difficile dirlo. In ogni caso, tutta la storia biblica mostra che la persecuzione è la prova dell'autenticità del profeta. Fai anche da noi i miracoli di Cafarnao! Non cercano Dio, cercano un taumaturgo a disposizione, pronto ad intervenire nei loro piccoli o grandi naufragi: uno che ci stupisca con effetti speciali, che risolva i problemi e non uno che ci cambi il cuore. Vorrebbero dirottare la forza di Dio fra i vicoli del loro paese. Ma questo non è il Dio dei profeti. Gesù, che aveva parlato di una bella notizia per i poveri, di sguardo profondo per i ciechi, di libertà, viene dai compaesani ricondotto dalla misura del mondo al piccolo recinto di Nazaret, dalla storia profonda a ciò che è solo spettacolare. E quante volte accadrà! Assicuraci pane e miracoli e saremo dalla tua parte! Moltiplica il pane e ti faremo re (Gv 6,15). Ma Gesù sa che con il pane e i miracoli non si liberano le persone, piuttosto ci si impossessa di loro e Dio non si impossessa, Dio non invade. E risponde quasi provocando i suoi compaesani, collocandosi nella scia della più grande profezia biblica, raccontando di un Dio che ha come casa ogni terra straniera, protettore a Zarepta di Sidone di vedove forestiere, guaritore di generali nemici d'Israele. Un Dio di sconfinamenti, la cui patria è il mondo intero, la cui casa è il dolore e il bisogno di ogni uomo. Gesù rivela il loro errore più drammatico: si sono sbagliati su Dio. «Sbagliarci su Dio è il peggio che ci possa capitare. Perché poi ti sbagli su tutto, sulla storia e sul mondo, sul bene e sul male, sulla vita e sulla morte» (D.M. Turoldo). Allora lo condussero sul ciglio del monte per gettarlo giù. Ma come sempre negli interventi di Dio, improvvisamente si verifica uno strappo nel racconto, un buco bianco, un ma. Ma Gesù passando in mezzo a loro si mise in cammino. Un finale a sorpresa. Non fugge, non si nasconde, passa in mezzo a loro, aprendosi un solco come di seminatore, mostrando che si può ostacolare la profezia, ma non bloccarla. «Non puoi fermare il vento, gli fai solo perdere tempo» (G. Gaber). Non puoi fermare il vento di Dio. p. Ermes Ronchi
-
-
– -
-
–
SALUTO
+Nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo. A. Amen. C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE C. Nel profondo del cuore ci riconosciamo divisi: il nostro uomo vecchio ci impedisce di rischiare l’amore autentico. Imploriamo il perdono del Padre e chiediamo a lui di liberarci dalle nostre paure per camminare alla sequela del Signore Gesù. Breve pausa di riflessione personale Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà.
fa' che nella tua Chiesa non venga meno il coraggio dell'annunzio missionario del Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te... A. Amen (seduti)
LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura
Dal libro del profeta Geremia Nei giorni del re Giosìa, mi fu rivolta questa parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni. Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.
SALMO RESPONSORIALE R. ·
·
GLORIA
·
·
COLLETTA
C. O Dio, che nel profeta accolto dai pagani e rifiutato in patria manifesti il dramma dell'umanità che accetta o respinge la tua salvezza,
La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza. In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso. Per la tua giustizia, liberami e difendimi, tendi a me il tuo orecchio e salvami. R/. Sii tu la mia roccia, una dimora sempre accessibile; hai deciso di darmi salvezza: davvero mia rupe e mia fortezza tu sei! Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio. R/. Sei tu, mio Signore, la mia speranza, la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza. Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno. R/. La mia bocca racconterà la tua giustizia, ogni giorno la tua salvezza. Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito e oggi ancora proclamo le tue meraviglie. R/.
si il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo, per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio (in piedi)
Canto al Vangelo
ALLELUIA. ALLELUIA Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione. ALL. C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo LUCA A. Gloria a te o Signore
VA N G E L O
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è Seconda Lettura compiuta questa Scrittura che voi Dalla prima lettera di san Paolo avete ascoltato». Tutti gli davano apostolo ai Corìnzi testimonianza ed erano meravigliaFratelli, desiderate intensamente i ti delle parole di grazia che uscivacarismi più grandi. E allora, vi mo- no dalla sua bocca e dicevano: stro la via più sublime. Se parlassi «Non è costui il figlio di Giuseple lingue degli uomini e degli anpe?». Ma egli rispose loro: geli, ma non avessi la carità, sarei «Certamente voi mi citerete questo come bronzo che rimbomba o co- proverbio: “Medico, cura te stesso. me cimbalo che strepita. E se aves- Quanto abbiamo udito che accad-
de a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.Parola del Signore. A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( Seduti) CREDO in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
logora abitudine. Preghiamo. 2. Perché, impegnati a ricercare la verità, non trascuriamo i piccoli segni d’amore che abbiamo intorno. Preghiamo. 3. Perché sappiamo essere coraggiosi nell’addentrarci nella conoscenza di te. Preghiamo. 4. Perché sappiamo aprirci sempre al dialogo con i non cristiani, coscienti che la voce del Padre risuona anche in loro e attraverso di loro. Preghiamo. C. O Padre, fa’ che, anche in una società intrisa dei segni della sua presenza nella Storia, sappiamo riconoscere la meraviglia e la novità che Gesù Cristo è tuo Figlio e nostro fratello. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. A. Amen
LITURGIA EUCARISTICA
C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)
Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta. DOPOLA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire:
PADRE NOSTRO
Padre nostro ….. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli
R ITO DELLA PACE
C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. SULLE OFFERTE A. Amen C. Accogli con bontà, o Signore, C. La pace del Signore sia sempre questi doni che noi, tuo popolo con voi. E con il tuo spirito. santo, deponiamo sull'altare, e tra- A. Come figli del Dio della pasformali in sacramento di salvezza. C. Per Cristo nostro Signore. ce, scambiatevi un gesto di coA. Amen. munione fraterna.
PREGHIERA EUCARISTICA
C. A. C. A. C.
Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio .A. E’ cosa buona e giusta C. 7 È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Nella tua misericordia hai tanto amato gli uomini da mandare il tuo Figlio come Redentore a condividere in tutto, fuorché nel peccato, la nostra condizione umana. Così PREGHIERA DEI FEDELI hai amato in noi ciò che tu amavi C. Gesù è nato e cresciuto in nel Figlio; e in lui, servo obbedienmezzo a noi. La nostra assemblea te, hai ricostruito l'alleanza distrutci testimonia ancora oggi questa ta dalla disobbedienza del peccasua vicinanza. Siamo chiamati a riconoscere sempre tutto ciò come to. Per questo mistero di salvezza, uniti agli angeli e ai santi, cantiamo un dono. Preghiamo insieme e diciamo: Si- con gioia l'inno della tua lode: gnore, fa’ che accogliamo la tua Santo, .. (In ginocchio) parola. C. Mistero della fede 1. Perché l’esperienza liturgica sia A. Annunciamo la tua morte, sempre consuetudine serena e mai
A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.
A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato.
DOPO LA COMUNIONE
C. O Dio, che ci hai nutriti alla tua mensa , fa' che per la forza di questo sacramento, sorgente inesauribile di salvezza, la vera fede si estenda sino ai confini della terra. Per Cristo nostro Signore. A. Amen C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo A. Amen. C. Nel nome del Signore: andate in pace. A. Rendiamo grazie a Dio