ADESTE NR. 08 Domenica 24 Febbraio 2019

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si pensa al Carnevale, si pensa ai carri, ai Q uando coriandoli, alle maschere, ma in fondo bisogne-

rebbe pensare a una giornata o una settimana, in cui potreste essere una persona totalmente diversa da quello che siete durante l’anno. Proprio per questo, il Carnevale dai Greci e dai Romani veniva chiamato “festa della follia” poiché mascherandosi, tutti i ruoli venivano ribaltati: il ricco diventava povero, il servo padrone. Gli storici collegano il Carnevale ai Saturnali degli antichi Romani; In Grecia vi erano “Le dionisiache greche” ovvero delle feste simili, in cui le regole sociali venivano temporaneamente eliminate, una sorta di caos prima del nuovo anno, il vecchio anno, rappresentato da un uomo coperto di pelli di capra che veniva preso a bacchettate. Il nostro Carnevale però è figlio del Cristianesimo; infatti questo viene immediatamente prima della Quaresima, il periodo di penitenza e digiuno prima della Pasqua. Carnevale e Quaresima sono considerate due festività opposte e collegate. Il Carnevale è tutto festeggiamenti, è una festa di ricchezza e spreco, infatti una tradizione del carnevale è proprio quella di lanciare coriandoli e stelle filanti. La Quaresima indica il periodo nel quale il Cristiano si pente dei suoi peccati. La parola Carnevale viene dal latino “Carnem Levare”, ovvero un riferimento alla Quaresima, il periodo nel quale non si potrà mangiare carne . Infatti il Carnevale era considerato l’ultimo momento per mandare giù un poco di cibo gustoso prima del grande atteso digiuno. Giovedì Grasso: ma ci siamo mai chiesti cosa volesse dire il termine “Grasso”? E’ un segno di abbondanza, in questo giorno, e rispettivamente il Martedì grasso, si mangiavano tutte le cose migliori rimaste in casa e che non si potevano consumare durante il periodo di digiuno della Quaresima. Venezia è considerata la città simbolo del carnevale, ma soprattutto delle maschere, per ovvie ragioni; Le elaborate maschere veneziane sono conosciute ed apprezzate in tutto il mondo per la loro bellezza e complessità. In questo periodo la cittá si trasforma in un teatro a cielo aperto. Molto importante è il giovedì grasso, il giorno della festa a Piazza San Marco, un giorno molto importante perché si festeggiava la vittoria della Serenissima Repubblica contro il patriarca Ulrico. Inizialmente, per ricordare la vittoria, ogni giovedì grasso venivano invitati i fabbri, assistiti dai macellai della città, per mozzare delle teste ai tori, un forte richiamo simbolico che significava togliere di mezzo gli ostacoli. Questi festeggiamenti divennero ogni anno sempre più pacati e divertenti, oggi si prediligono i giochi acrobatici, derivati dalle imprese dei funamboli alle prese con il “volo del Turco” dove l’artista saliva con un bilanciere in mano, sulla fune legata ad una barca in mezzo al bacino di San Marco, risalendo fino alla cella del campanile di San Marco. Da qui nasce la tradizione, ogni anno rispettata, dal lancio dell’angelo che dal campanile di Piazza San Marco “vola” sulle teste degli incantati Veneziani.



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olci e sfilate: che rapporto ha Papa Francesco con il carnevale? Il Mio Papa ha “indagato”, scoprendo qualcosa di molto interessante. Nessuna intesa di tipo pagano, ma alcune curiosità che in pochi conoscono.

Viareggio Il Papa è ben informato sul Carnevale di Viareggio, uno dei più importanti nel nostro Paese. Lo ha raccontato Luca Lunardini, ex sindaco della città che l’11 marzo 2015 ha donato al Papa una testa in cartapesta che lo raffigurava, realizzata da Emilio Cinquini, uno degli artisti che “creano” i carri della celeberrima sfilata toscana.

La maschera Vedendo quella buffa maschera con le sue sembianze, Francesco aveva esclamato ridendo: «Ma chi è questo brutto qui?»; quando Lunardini gli aveva risposto «Santità, ma è lei. Così la rappresentano i maestri del Carnevale di Viareggio», il Papa aveva proseguito nello scherzo: «Allora, oltre che brutto, ora mi dai anche del Carnevale!».

Le “bugie” In tema di dolci del carnevale sappiamo che Bergoglio, da bambino, mangiava le bugie piemontesi (in dialetto büsie), quei dolci di Carnevale che in altre regioni prendono nomi diversi come frappe o chiacchiere. Francesco, ricorda Il mio Papa, evocò questo ricordo d’infanzia per parlare d’altro. Si riferiva all’ipocrisia, definita un cattivo lievito: «Ricordo che per Carnevale, quando eravamo bambini, la nonna (nonna Rosa, ndr) ci faceva dei “biscotti”. Era una pasta molto sottile quella che faceva, poi la buttava nell’olio e quella si gonfiava… Ma quando cominciavamo a mangiarla era vuota! E la nonna ci diceva che in dialetto si chiamano bugie, perché sono come le bugie: sembrano grandi, ma non hanno niente dentro, non c’è verità, non c’è sostanza. Gesù ci dice: “State attenti al cattivo lievito dei farisei”. E qual è? È l’ipocrisia: guardatevi dal lievito dei farisei, l’ipocrisia».


Carnevale si avvicina e le chiacchere sulle nostre tavole non possono mancare. Friabili, leggere e golose sono, da sempre, i dolci che rappresentano questo periodo dell’anno, animato da coriandoli, stelle filanti, maschere e piatti tipici. In ogni regione si chiamano in modo diverso: in Lombardia chiacchiere o lattughe, in Emilia Romagna sfrappole o frappe, in Toscana cenci o donzelle, in Veneto galani o gale, in Trentino cròstoli, in Piemonte sono le bugie, in Lazio frappe e si potrebbe continuare ancora. Non vi resta che seguire la ricetta per avere il massimo della dolcezza in questo periodo dell’anno.

Ricetta delle Chiacchiere

Categoria: Dolci e frutta Difficoltà: Bassa Costo: Basso Dosi: per 4 persone Tempo totale di preparazione: 40 minuti circa.

Come si “chiacchera” per carnevaLE

Ingredienti ·400 gr di farina 00; ·60 gr di zucchero semolato; ·80 gr di burro; ·2 uova; ·1/2 bicchiere di vino bianco secco; ·sale q.b.; ·zucchero a velo q.b.; olio. Preparazione Nella planetaria versate la farina, aggiungete lo zucchero semolato, il burro a temperatura ambiente, le uova, un pizzico di sale e iniziate ad impastare. Unite il vino bianco poco alla volta. Appena l’impasto risulterà sodo e liscio, mettetelo a riposare per una mezz’ora coperto da un canovaccio. Trascorso questo tempo, prendete l’impasto, lavoratelo ancora un pochino. Preparate una padella e aggiungete abbondante olio da frittura e fate scaldare. Con il mattarello o con la macchina per la pasta, iniziate a tirare la sfoglia affinchè sia abbastanza sottile (circa 2 mm) per rendere più semplice la frittura. Con una rotellina incidete la sfoglia e ricavate dei rettangoli sui quali farete un paio di piccoli taglietti che aiuteranno la chiacchiera a gonfiarsi. Non appena l’olio sarà caldo tuffateci le vostre chiacchiere, poche per volta per non abbassare la temperatura dell’olio. Giratele spesso fino a cottura totale, ci metteranno un attimo. Una volta cotte, mettetele a scolare sulla carta assorbente. Lasciate raffreddare e spolverare con abbondante zucchero a velo. Chiacchiere al forno Per chi non ama il fritto, le chiacchere possono essere cucinate anche al forno. I rettangoli, precedentemente preparati andranno allineati poco alla volta su una placca foderata con carta da forno. Scaldate il forno a 180° gradi e cuocetele per circa 15 minuti, finché saranno ben dorate.


P

er i romeni il primo giorno di marzo è il sinonimo della festa del martisor (diminutivo di “martie”- marzo). Il mărţişor (che in italiano si pronuncia marzishor), simbolo della primavera, si confeziona con dei fili bianchi e rossi, di cotone o setta, intrecciati in un cordoncino che si lega a forma di otto. A questo cordoncino si appende un ciondolo portafortuna, notevole perché può assumere le più diverse forme simboliche (un tempo monetine d'oro o d'argento, ma anche fili di erba, germogli o fiori; oggi fiori, animaletti, cuoricini, eccetera). Le credenze popolari dicono che chi indossa il “martisor” sarà fortunato e in salute per tutto l'anno. Oggi l'usanza consiste nel donare questo ciondolino con il suo fiocco bianco e rosso a tutte le donne, dalle nipoti alle nonne, come augurio di buona fortuna, amore e di buon inizio di primavera. Nel nord della Romania, in Moldavia e in Bucovina, la tradizione vuole che anche gli uomini ricevano questo simbolo della primavera. Chi lo ha ricevuto lo deve portare attaccato al petto vicino al cuore. Il bello di questa festa è la gioia che si sente in tutte le vie delle città, che per l'occasione, già dai primi giorni di febbraio si riempiono di bancarelle, dove è messa in vendita una svariata scelta di martisoare di diverse forme e colori. Nei tempi antichi, il “martisor” era fatto semplicemente di due fili di lana, uno bianco e uno rosso o nero, come simbolo delle due stagioni principali: inverno ed estate. Le donne usavano fare questo lavoretto, che legavano al polso e al collo dei loro figli. Inoltre, veniva legato sulle corna delle mucche o sulla porta della stalla, per proteggere la casa. Nei tempi antichi, il primo marzo era l'inizio di un anno nuovo, un momento in cui la gente aveva bisogno di proteggersi dagli spiriti maligni. Più tardi, si appese ai fili una moneta d'oro o un medaglione, con una funzione protettiva. In diversi scavi archeologici della Romania sono stati ritrovati dei martisor datati più di 6000 anni fa. Sotto forma di piccoli sassolini di torrente, verniciati di bianco e rosso, si portavano intorno al collo appesi a un filo. Il colore rosso, quello del fuoco, del sangue e del sole, era attribuito alla vita, quindi alla donna. Invece il colore bianco, che richiama la trasparenza dell'acqua e il bianco delle nuvole, era specifico alla saggezza dell'uomo. Questi colori, che adesso ritroviamo nel cordoncino del martisor, esprimono il legame inseparabile dei due principi, come il continuo movimento della materia, il ciclo della natura, con tutte le sue forze vitali. Inoltre, il primo non è solo la festa del martisor, ma anche di Dochia, un'antica divinità che muore il primo e rivive il 9 marzo (l'equinozio di primavera nel vecchio calendario popolare). Dochia ricorda la Grande madre Terra e può essere associata con Diana e Giunone dei Romani e con Era e Artemide dei Greci. La leggenda dice che la vecchia Dochia fosse una cattiva suocera, che il primo giorno di marzo mandò sua nuora in montagna a raccogliere fragole. Per strada, la ragazza incontrò un vecchio che le diede un mucchio di fragole. Nel vedere i frutti, la vecchia Dochia credette che fosse arrivata la primavera. Così indossò le sue nove pellicce (dodici in Moldavia e Bucovina), prese le pecore e andò sulla montagna. Il tempo tiepido le fece togliere le pellicce, una ad una. Ma il freddo e la pioggia arrivarono d'improvviso e la vecchia, insieme alle sue pecore, fu trasformata in ghiaccio, che divenne poi roccia. Così si sarebbe formata la roccia chiamata Babele (le Vecchie) delle montagne Bucegi. La tradizione dice che la vecchia Dochia, che scuote le sue pellicce piene di pioggia o neve, sia tuttora responsabile del tempo pazzerello dell'inizio di marzo.


La tradizione popolare romena - Dragobete La tradizione popolare romena vuol chiamare la sua festa degli innamorati e del arrivo della primavera "Dragobete". Dragobete è una divinità mitologica simile al Dio Cupido (Eros) immaginato come un uomo affascinante e virile che rappresentava per il popolo romeno antico (i daci) il Dio che fidanzava tutti gli animali della terra al inizio della primavera. Con il passare del tempo questa tradizione si è estesa anche fra la gente. Il 24 febbraio era l'inizio del anno agricolo, dunque il momento del risveglio della natura, gli uccelli cercava Dragobete, no i loro nidi e giustamente queste pulsazioni della natura, questo flusso di energia rigeneratrice, erano trasmesse anche agli esseri umani. Dragobete era anche il Dio del buon umore e si diceva che chi vi partecipava alla sua festa era allontanato da tutte le malattie di quel anno. La festa iniziava di mattino quando i giovani del paese, vestiti con il meglio che avevano s'incontravano davanti alla chiesa e poi in tanti gruppi di ragazzi e fanciulle andavano verso il bosco nella ricerca di violette e bucaneve (i fiori simbolo e messaggeri della primavera e fertilità della terra) questo era anche il momento di chiacchierare fra di loro e di darsi delle occhiate...Nel ritorno in paese le ragazze correvano per prime e se per caso erano raggiunte da qualche bel giovanotto, ricevevano un bacio...questo bacio era visto come un ludico fidanzamento che alle volte sotto le influenze divine di Dragobete si trasformava in un vero matrimonio.

Riti e tradizioni per la festa di Dragobete giorno è particolarmente noto come “il giorno in cui gli uccelli sono promessi in sposa”. È in questo periodo che gli uccelli iniziano a costruire i loro nidi e il loro compagno. In questo giorno, considerato localmente il primo giorno di primavera, ragazzi e ragazze raccolgono fiori primaverili e cantano insieme. Le ancelle raccoglievano la neve che giaceva a terra in molti villaggi e poi la scioglievano, usando l’acqua in pozioni magiche per tutto il resto dell’anno. Coloro che prendono parte alla dogana di Dragobete dovrebbero essere protetti dalla malattia, in particolare dalla febbre, per il resto dell’anno. Se il tempo lo permette, ragazze e ragazzi scelgono bucaneve o altre piante primaverili per la persona che stanno corteggiano. In Romania, Dragobete è conosciuto come un giorno per gli innamorati, un po ‘come il giorno di San Valentino. È opinione comune in alcune parti della Romania che, durante questa celebrazione, calpestare il piede di un partner porti al ruolo dominante nella relazione. Le usanze di Dragobete variano da regione a regione. In campagna c’è un’antica tradizione con ragazze e ragazzi che vanno nei boschi a raccogliere fiori. Quando tornano a casa, le tradizioni dicono che i ragazzi stavano inseguendo le ragazze per baciarle. Se alla ragazza è piaciuto il ragazzo, lei gli permette di baciarla. C’è un detto in Romania che ha molto senso in questo: “Dragobete bacia le ragazze”.


"Marcellino pane e vino" al cinema: Nell'elenco delle pellicole evergreen per genitori e figli, occupa un posto speciale il bambino che aveva per famiglia un gruppo di frati e per amici l'immaginario Manuel e Gesù. Verso la metà degli anni Cinquanta, nella Spagna franchista che dopo anni di isolamento tornava al centro dell'attenzione europea e degli USA in particolare, il cinema locale usciva da una profonda crisi legata in gran parte alla pesante censura del regime e iniziava a conoscere qualche segnale di ripresa. In quel periodo prese piede la moda degli attori bambini (tra cui Joselito, Marisol, Rocío Dúrcal), catapultati in tenera età sul grande schermo e destinati ad un immediato e, in molti casi, effimero successo. Il primo, e quello che ottenne maggior fama oltre i confini nazionali, fu il madrileno Pablito Calvo, che a soli sei anni si trovò a debuttare al cinema nel ruolo di primo attore. Il piccolo fu scelto dal regista ungherese Ladislao Vajda per vestire i panni del protagonista di Marcelino Pan y Vino, film tratto dall'omonimo romanzo di José María Sánchez Silva, noto come scrittore per l'infanzia. La storia nasce da una leggenda legata alla vita di San Marcellino, molto popolare in Spagna, che all'inizio del film viene raccontata da un frate francescano a una bambina gravemente malata, mentre tutto il paese si reca al convento per onorare il Santo. Finite le ostilità tra Spagna e Francia, un gruppo di frati decide di recuperare un vecchio castello per farne un convento francescano. Una mattina davanti all'ingresso dell'edificio i frati trovano una cesta con un bambino che, dopo aver cercato invano di affidare a una famiglia, decidono di allevare da soli dandogli il nome del santo del giorno in cui era stato ritrovato: Marcellino. Il bimbo cresce e non avendo altri coetanei con cui giocare, si crea un amico immaginario che chiama Manuel. La sua spensierata e frenetica quotidianità lo porta per caso a un incontro che si rivelerà straordinario. Nella soffitta, affisso alla parete c'è un crocifisso a grandezza naturale, al quale il piccolo decide di portare acqua e vino pensando così di alleviarne la sofferente magrezza. Ne nasce un'amicizia speciale che conduce Marcellino a realizzare ciò che più desidera: vedere sua madre. Alla sua prima uscita il film commosse tutti e qualche mese dopo si guadagnò il plauso della giuria all'ottavo Festival di Cannes, dove Pablito Calvo ottenne una menzione speciale. In Italia arrivò a settembre dello stesso anno e la reazione del pubblico fu altrettanto entusiasta. Tre anni dopo la piccola star spagnola recitò al fianco del "principe della risata", al secolo Antonio de Curtis, nel film "Totò e Marcellino" diretto da Antonio Musu. Allo stesso modo in diversi paesi fiorirono remake e cartoni animati ispirati al personaggio ideato dal scrittore Silva. Quest'ultimo, dal canto suo, beneficiò non poco della popolarità della pellicola: il suo romanzo, tradotto in trenta lingue, vendette oltre nove milioni di copie; tant'è che l'autore (premiato con il premio Andersen, considerato un po' il Nobel della letteratura per ragazzi) scrisse altre storie che avevano per protagonista il piccolo orfanello.


Il matrimonio ● Come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti di inferiorità di fronte al degrado morale e umano. Staremmo privando il mondo dei valori che possiamo e dobbiamo offrire. [...] Al tempo stesso dobbiamo essere umili e realisti, per riconoscere che a volte il nostro modo di presentare le convinzioni cristiane e il modo di trattare le persone hanno aiutato a provocare ciò di cui oggi ci lamentiamo, per cui ci spetta una salutare reazione di autocritica. ● Abbiamo bisogno di trovare le parole, le motivazioni e le testimonianze che ci aiutino a toccare le fibre più intime dei giovani, là dove sono più capaci di generosità, di impegno, di amore e anche di eroismo, per invitarli ad accettare con entusiasmo e coraggio la sfida del matrimonio. ● Il nostro insegnamento sul matrimonio e la famiglia non può cessare di ispirarsi e di trasfigurarsi alla luce di questo annuncio di amore e di tenerezza, per non diventare mera difesa di una dottrina fredda e senza vita. ● Il sacramento del matrimonio non è una convenzione sociale, un rito vuoto o il mero segno esterno di un impegno. Il sacramento è un dono per la santificazione e la salvezza degli sposi, perché “la loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l’uno per l’altra, e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi”. ● L’unione sessuale, vissuta in modo umano e santificata dal sacramento, è a sua volta per gli sposi via di crescita nella vita della grazia. Gli sposi che si amano e si appartengono, parlano bene l’uno dell’altro, cercano di mostrare il lato buono del coniuge al di là delle sue debolezze e dei suoi errori. In ogni caso, mantengono il silenzio per non danneggiarne l’immagine. Però non è soltanto un gesto esterno, ma deriva da un atteggiamento interiore. ● La gioia matrimoniale, che si può vivere anche in mezzo al dolore, implica accettare che il matrimonio è una necessaria combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri, sempre nel cammino dell’amicizia, che spinge gli sposi a prendersi cura l’uno dell’altro. ● Dopo aver sofferto e combattuto uniti, i coniugi possono sperimentare che ne è valsa la pena, perché hanno ottenuto qualcosa di buono, hanno imparato qualcosa insieme, o perché possono maggiormente apprezzare quello che hanno. Poche gioie umane sono tanto profonde e festose come quando due persone che si amano hanno conquistato insieme qualcosa che è loro costato un grande sforzo condiviso.


Rapporto sulla situazione delle famiglie italiane emigrate nella zona di Macin per lavorare nelle cave di Iacobdeal

NELLA GIURISDIZIONE DEL R. CONSOLATO GENERALE DI GALATZ. di cinquanta famiglie italiane, oltre 200 individui, quasi tutti della provincia di Udine, alcuni di Belluno, pochi di altre province del nord d’Italia. Di meridionali vi è (maggio 1912) un cosentino e due casertani. Sono tutti tagliapietre. Hanno le case presso la cava di granito nella quale lavorano; esse appartengono all'impresa che ne cede l'uso gratuitamente ai propri operai. Le stanze sono di 4,80 per 4,30, alcune di 4 per 4 metri, alte 3 metri circa. Le case sono tutte costruite con pietre della cava e sono coperte di zinco. Come tutte le case operaie in Romania, non hanno né cantine né vespai, il pavimento è fatto di terra battuta; in nessuna di esse la terra è coperta da tavole o quadrelli (le tavole marciscono); non tutte sono elevate dal suolo; esse però sono sufficientemente illuminate ed areate. Fino al 1900 gli operai della cava alloggiavano in rifugi scavati nella terra chiusi da pietre e tavole, alcuni coperti da paglia e mota impastati con sterco di cavallo. L'acqua è buona è fornita da due pozzi non lontani dall'abitato. Le condizioni di salute dei coloni sono ottime. I viveri sono in vendita in un magazzino generale, gestito dalla impresa, nel quale trovasi tutto quanto può occorrere agli operai ed alle loro famiglie. I coloni pagano: per il pane di qualità media, 30 centesimi al chilo; per la carne di manzo da 0,90 ad 1 lira il chilo, per quella di agnello 0,80. Il grasso per cucina si vende a 2,20 al chilo, i maccheroni (rumeni) a 0,65; il petrolio a 0.35 al litro; il vino da 1 a 1,40 e la birra ad una lira al litro. L'olio costa 2 lire al chilo, lo zucchero 1,30, il caffè 3,80, il sale 0,15. Le scarpe da lavoro non si possono acquistare per meno di 22 lire al paio, le altre da 14 a 18 lire; gli abiti costano da 22 a 25 lire; le camice 4 lire ciascuna, i cappelli da 4 a 7, le calze da 0,70 a 0,80, le mutande da 2 a 3 lire, le maglie da 5 a 6, i pantaloni da lavoro da 12 a 15 lire . Nel 1909 i coloni fondarono un forno cooperativo ma l’esperimento non riuscì. I celibi mangiano con le famiglie degli ammogliati, alcuni pagano da 40 a 45 lire al mese per il vitto senza bevanda, altri fanno accordi speciali in base ai quali pagano L. 0,10 al giorno per ciascuno alla donna della casa che prepara le vivande che essi acquistano a parte con denaro proprio: questi ultimi spendono qualche franco di meno. Nessun celibe spende per il mantenimento proprio, bevande comprese, meno di 2 lire al giorno; la maggioranza, in media, spende lire 2,50. Per quelli con famiglia le spese di mantenimento variano secondo il numero dei figli i quali, abitualmente, sono molti. Quasi ogni famiglia alleva maiali e galline. Vi è una chiesa; il prete è un Tedesco che parla l’italiano e lo insegna per un’ora al giorno in una scuola che è gestita dall’impresa e per la quale gli operai pagano 3 franchi al mese per ogni due alunni. L’insegnamento è impartito in rumeno. Quasi tutti i coloni sono membri di una Associazione di Mutuo Soccorso, ed hanno organizzato anche un circolo sociale nel quale vi è un bigliardo ed *Per fare l’equivalenza in Euro di oggi una sala di lettura. Per la Croce Rossa Italiana handella Lira del 1912, moltiplicare per 3,70 no recentemente raccolte 116 lire, per la flotta ae-

È un gruppo


rea 71. Come tutti quelli che risiedono in Rumania, cittadini o stranieri che siano, gli operai di Jacob Deal debbono pagare la tassa personale (L. 7,20 all’anno se hanno famiglia, più la tassa per la guardia notturna la quale oscilla, secondo i comuni rurali, da 15 a 20 lire l’anno ed, infine, la tassa per il mantenimento delle strade che è di 15 franchi l’anno. Tutti gli uomini lavorano: i ragazzi cominciano a lavorare a 12 anni. Sono pagati a cottimo meno i braccianti i quali, per altro, non sono italiani (serbi, bulgari e rumeni). Lavorano dalle 5 alle 8 – dalle 8 ½ alle 12 – dalle 14 alle 19; 11 ore e mezzo al giorno, alcuni anche 12 ore. Sono divisi in gruppi: ogni gruppo ha un capo, il quale impiega da 6 a 40 operai secondo l’ampiezza e la ricchezza della sezione di cava che è incaricato di sfruttare. I capigruppo, quando io visitai la GLI ITALIANI LAVORANO TUTcava (19 maggio 1912), erano 12 dei quali 11 italiani. In TI COME MAESTRI; I BRACogni gruppo gli operai sono divisi in tre classi: i cosiddetti minatori che preparano i fori per le mine, i tagliatori che CIANTI SONO BULGARI, SERrompono i massi, gli squadratori che riducono i massi in quadrelli. Questi (quadrelli) costituiscono il prodotto della BI, RUMENI, MONTENEGRINI, cava e sono esclusivamente usati per la pavimentazione RUSSI delle strade. Il capo gruppo, il quale abitualmente è uno squadratore e lavora anche lui, riceve dieci centesimi per ogni quadrello prodotto, e paga due centesimi e venticinque per quadrello ai tagliatori e 5 centesimi agli squadratori da lui dipendenti. Sui due centesimi e settantacinque che gli restano egli deve pagare i minatori in ragione di lire 6 per ogni metro (in profondità) scavato, i manovali con salari che oscillano da 2,50 a 3,25 al giorno e la polvere che costa 1,75 al chilo. I capigruppo guadagnano da quattro a dieci lire al giorno, gli squadratori da 4 a 7, i tagliatori da 5 a 7, i minatori da 4 a 5. In media, i guadagni dei capigruppo e degli squadratori sono di cinque lire al giorno; quelli degli altri proporzionalmente minori. I ragazzi da 12 a 15 anni lavorano alle stesse condizioni ed in media guadagnano 1,25 al giorno. Oltre questi vi sono alcuni fabbri i quali sono pagati dall'impresa in ragione di lire 5,25 per ogni 100 quadrelli che la cava produce. Il risparmio degli operai senza famiglia oscilla intorno alle lire 30 al mese; pochi sono quelli con famiglia che riescono a risparmiare. Da Jacob Deal vanno in Italia circa 800 franchi al mese. La cava di Jacob Deal, che è la più importante in Rumania, lavora, ad eccezione di una trentina di giorni, costantemente tutto l’anno. Essa produce da 2 milioni e mezzo a 3 milioni di quadrelli all’anno ed ha il lavoro assicurato da un contratto col municipio di Bucarest al quale deve fornire da un minimo di un milione e mezzo ad un massimo di due milioni di quadrelli l’anno. Venti anni fa la produzione era maggiore: allora vi erano circa 500 tagliapietre italiani i quali erano pagati in ragione di L. 0,24 a quadrello; in seguito – dodici anni fa – i prezzi furono diminuiti a 0,12 ed è dal 1899 che vige la tariffa attuale. A Jacob Deal negli ultimi ventiquattro anni vi sono stati 21 infortuni seguiti da morte, tredici delle vittime erano italiane. Le ultime due rimasero uccise nel 1910: una non lasciò eredi, la vedova dell’altro liquidò 5000 lire di danni. Dal 1909 l’impresa assicura gli operai: questi nei casi di inabilità temporanea, ora, ricevono assistenza medica gratuita e lire 2,50 al giorno di sussidio. Sullo stesso territorio dove è sita la cava di Jacob Deal vi sono altre cave di granito: Turcoaia, nella quale lavorano circa 50 italiani; Greci, con circa 100 italiani dei quali diversi si sono naturalizzati cittadini rumeni: Pietrarossa, con venti italiani. In tutte queste cave la popolazione operaia è fissa e le condizioni di lavoro e di vita sono simili a quelle di Jacob Deal. Gli italiani lavorano tutti come maestri; i braccianti sono bulgari, serbi, rumeni, montenegrini, russi.

*Per fare l’equivalenza in Euro di oggi della Lira del 1912, moltiplicare per 3,70


Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito a Dicembre 2018, motu proprio, trentatré onorificenze al Merito della Repubblica Italiana a cittadine e cittadini che si sono distinti per atti di eroismo, per l’impegno nella solidarietà, nel soccorso, per l’attività in favore dell’inclusione sociale, nella cooperazione internazionale, nella tutela dei minori, nella promozione della cultura e della legalità. Tra i tanti esempi presenti nella società civile e nelle istituzioni, Mattarella ha individuato alcuni casi significativi di impegno civile, di dedizione al bene comune e di testimonianza dei valori repubblicani. Tra questi anche la storia di Don Renzo Zocca. Nato nel 1943 a Settimo di Pescantina da una famiglia contadina, terzo di sette fratelli, Eugenio Renzo Zocca è stato ordinato sacerdote il 27 marzo 1967 edopo una breve esperienza ai Santi Apostoli ha operato come vicario parrocchiale ad Avesa e nella parrocchia di San Pietro Apostolo. Nel 1980 don Renzo è stato chiamato, nella periferia ovest di Verona denominata “Saval”, a gettare le fondamenta di una parrocchia, Santa Maria Maddalena, che ben presto è diventata il fulcro delle attività di un quartiere in cui non c’era nulla se non il capolinea dell’autobus ed una scuola elementare, sotto il cui portico, temporaneamente, si celebrava l’Eucaristia. Durante il suo sacerdozio don Renzo ha pubblicato diversi libri, con le Edizioni “Il Messaggero e con L’Acciarino Pubblicazioni; in preghiera nei luoghi più disparati, col telefonino mai spento, a braccia sempre aperte e con il cuore in ascolto dei bisogni della gente, ha continuato a seguire con straordinaria passione le innumerevoli iniziative de “L’Ancora”, da lui fondata nel 1985. L’Ancora, impegnata a Settimo con L’oasi di Gina e Enrico, struttura di accoglienza inaugurata nel 2011, offre ospitalità ad anziani in condizione di disagio economico e sociale. L’idea alla base della casa-famiglia “è quella della corte contadina, di una comunità solidale”. Il Centro si avvale di molti giovani volontari e in generale della partecipazione della comunità locale. Nello scorso novembre don Renzo è andato in pensione e si è ritirato a Casa Adele, ultima struttura dell’associazione L’Ancora, dedicata all’accoglienza. Il Presidente Mattarella lo ha insignito dell’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana con la seguente motivazione: «Per la dedizione e il quotidiano impegno a favore di anziani in condizioni di disagio economico e sociale». A complimentarsi con don Renzo è il Ministro per la Famiglia e le Disabilità Lorenzo Fontana: “Congratulazioni a don Renzo Zocca, premiato oggi dal Presidente Mattarella con la prestigiosa onorificenza al Merito della Repubblica Italiana. Un riconoscimento all’opera di un uomo che ha fatto tantissimo per le persone più deboli. – ha dichiarato Fontana – Sono felice per lui e di aver fatto, grazie a lui, la prima comunione e la cresima nel quartiere Saval, dove don Renzo ha fatto tanto, soprattutto per le persone più bisognose“.


esù ha appena proiettato nel cielo della pianura umana il sogno e la rivolta del Vangelo. Ora pronuncia il primo dei suoi “amate”. Amate i vostri nemici . Lo farai subito, senza aspettare; non per rispondere ma per anticipare; non perché così vanno le cose, ma per cambiarle. La sapienza umana però contesta Gesù: amare i nemici è impossibile. E Gesù contesta la sapienza umana: amatevi altrimenti vi distruggerete. Perché la notte non si sconfigge con altra tenebra; l’odio non si batte con altro odio sulle bilance della storia. Gesù vuole eliminare il concetto stesso di nemico. Tutti attorno a noi, tutto dentro di noi dice: fuggi da Caino, allontanalo, rendilo innocuo. Poi viene Gesù e ci sorprende: avvicinatevi ai vostri nemici, e capovolge la paura in custodia amorosa, perché la paura non libera dal male. E indica otto gradini dell’amore, attraverso l’incalzare di verbi concreti: quattro rivolti a tutti: amate, fate, benedite, pregate; e quattro indirizzati al singolo, a me: offri, non rifiutare, da’, non chiedere indietro. Amore fattivo quello di Gesù, amore di mani, di tuniche, di prestiti, di verbi concreti, perché amore vero non c’è senza un fare. Offri l’altra guancia, abbassa le difese, sii disarmato, non incutere paura, mostra che non hai nulla da difendere, neppure te stesso, e l’altro capirà l’assurdo di esserti nemico. Offri l’altra guancia altrimenti a vincere sarà sempre il più forte, il più armato, e violento, e crudele. Fallo, non per passività morbosa, ma prendendo tu l’iniziativa, riallacciando la relazione, facendo tu il primo passo, perdonando, ricominciando, creando fiducia. «A chi ti strappa la veste non rifiutare neanche la tunica», incalza il maestro, rivolgendosi a chi, magari, non possiede altro che quello. Come a dire: da’ tutto quello che hai. La salvezza viene dal basso! Chi si fa povero salverà il mondo con Gesù (R. Virgili). Via altissima. Il maestro non convoca eroi nel suo Regno, né atleti chiamati a imprese impossibili. E infatti ecco il regalo di questo Vangelo: come volete che gli uomini facciano a voi così anche voi fate a loro. Ciò che desiderate per voi fatelo voi agli altri: prodigiosa contrazione della legge, ultima istanza del comandamento è il tuo desiderio. Il mondo che desideri, costruiscilo. «Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo» (Gandhi). Ciò che desideri per te, ciò che ti tiene in vita e ti fa felice, questo tu darai al tuo compagno di strada, oltre l’eterna illusione del pareggio del dare e dell’avere. È il cammino buona della umana perfezione. Legge che allarga il cuore, misura pigiata, colma e traboccante, che versa gioia nel grembo della vita.


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SALUTO

+Nel nome del Padre e del Figlio

e dello Spirito Santo. A. Amen. C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE C. Il Signore, che è buono e grande nell’amore, ci invita oggi a rendere bene per male, a benedire coloro che ci maledicono, a pregare per quelli che ci maltrattano. Non sempre siamo capaci di corrispondere alle esigenze dell’amore cristiano; per questo domandiamo il perdono del Signore e il dono della sua misericordia che ci rende nuovi. Breve pausa di riflessione personale Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà.

GLORIA

gratuito e universale, donaci un cuore nuovo, perché diventiamo capaci di amare anche i nostri nemici e di benedire chi ci ha fatto del male. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli A. Amen (seduti)

LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura

Dal primo libro di Samuele In quei giorni, Saul si mosse e scese al deserto di Zif conducendo con sé tremila uomini scelti di, Israele, per ricercare Davide nel deserto di Zif. Davide e Abisai scesero tra quella gente di notte ed ecco Saul giaceva nel sonno tra i carriaggi e la sua lancia era infissa a terra a capo del suo giaciglio mentre Abner con la truppa dormiva all'intorno. Abisai disse a Davide: «Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico. Lascia dunque che io l'inchiodi a terra con la lancia in un sol colpo e non aggiungerò il secondo». Ma Davide disse ad Abisai: «Non ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?». Davide portò via la lancia e la brocca dell'acqua che era dalla parte del capo di Saul e tutti e due se ne andarono; nessuno vide, nessuno se ne accorse, nessuno si svegliò: tutti dormivano, perché era venuto su di loro un torpore mandato dal Signore. Davide passò dall'altro lato e si fermò lontano sulla cima del monte; vi era grande spazio tra di loro. E Davide gridò: «Ecco la lancia del re, passi qui uno degli uomini e la prenda! Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà, dal momento che oggi il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano sul consacrato del Signore». Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio. R.

SALMO RESPONSORIALE

Il Signore è buono e grande nell'amore. Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare COLLETTA tanti suoi benefici. R. C. Padre clementissimo, che nel Egli perdona tutte le tue coltuo unico Figlio ci riveli l'amore pe, guarisce tutte le tue malattie;

salva dalla fossa la tua vita, ti corona di grazia e di misericordia. R. Buono e pietoso è il Signore, lento all'ira e grande nell'amore. Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe. R. Come dista l'oriente dall'occidente, così allontana da noi le nostre colpe. Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di quanti lo temono. R.

Seconda Lettura

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi Fratelli, il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo. Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti. E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio (in piedi)

Canto al Vangelo

ALLELUIA. ALLELUIA Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: che vi amiate a vicenda, come io ho amato voi. ALLELUIA C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo LUCA A. Gloria a te o Signore

VA N G E L O

quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «A voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Da' a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a colo-


ro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato. una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio». Parola del Signore. A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( Seduti) CREDO in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

tutti, preghiamo:R/. Per tutti i popoli della terra, perché superino le barriere dell’odio e della violenza e il mondo conosca finalmente un’èra di fraternità e di pace, preghiamo: R/. Per tutti i credenti in Cristo, perché, nel silenzio, vincano ogni giorno il male con il bene, le offese con il perdono, la violenza con la mitezza, diventando così testimoni del tuo amore, preghiamo: R/. C. Radunati nella tua casa, o Signore, ricordiamo e celebriamo la tua misericordia; fa’ che l’umanità intera possa riconoscere l’efficacia della tua salvezza nella faticosa gestazione di un mondo nuovo. Per Cristo nostro Signore.C. Amen

LITURGIA EUCARISTICA

C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)

sto, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire:

PADRE NOSTRO

Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE

C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi SULLE OFFERTE do la mia pace” non guardare ai C. Accogli, Signore, quest'offerta, nostri peccati ma alla fede della espressione della nostra fede; fa' tua Chiesa, e donale unità e pace che dia gloria al tuo nome e giovi secondo la tua volontà. Tu che vivi alla salvezza del mondo. Per Cristo e regni nei secoli dei secoli. nostro Signore. A. Amen. A. Amen PREGHIERA EUCARISTICA C. La pace del Signore sia sempre con voi. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. A. E con il tuo spirito. C. Come figli del Dio della paC. In alto i nostri cuori. ce, scambiatevi un gesto di coA. Sono rivolti al Signore. munione fraterna. C. Rendiamo grazie al Signore A. Agnello di Dio, che togli i pecnostro Dio cati del mondo, abbi pietà di noi.(2 .A. E’ cosa buona e giusta VOLTE) C. È veramente cosa buona e Agnello di Dio, che togli i pecgiusta, nostro dovere e fonte di sal- cati del mondo, dona a noi la pace. vezza, rendere grazie sempre e in C. Beati gli invitati alla cena del ogni luogo a te, Signore, Padre Signore Ecco l’Agnello di Dio che santo, Dio onnipotente ed eterno. toglie i peccati del mondo. Abbiamo riconosciuto il segno del- A. O Signore, non sono degno la tua immensa gloria quando hai di partecipare alla tua mensa: ma mandato tuo Figlio a prendere su di’ soltanto una parola e io sarò di sé la nostra debolezza; in lui salvato. nuovo Adamo hai redento l'umaniDOPO LA COMUNIONE tà decaduta e con la sua morte ci C, Preghiamo hai resi partecipi della vita immorIl pane che ci hai donato, o Dio, in tale. Per mezzo di lui si allietano gli PREGHIERA DEI FEDELI questo sacramento di salvezza, sia C. Fratelli e sorelle, consapevoli angeli e nell'eternità adorano la per tutti noi pegno sicuro di vita gloria del tuo volto. Al loro canto di dover perdonare tutti, anche i eterna. Per Cristo nostro Signore. nemici, ci rivolgiamo a Dio nostro concedi, o Signore, che si uniscano A. Amen Padre, che per primo ci ha amati e le nostre umili voci nell'inno di lo- C. Il Signore sia con voi. de: Santo, (In ginocchio) in Cristo ci ha perdonati. A. E con il tuo spirito. C. Mistero della fede Preghiamo insieme e diciamo: C. Vi benedica Dio onnipotente A. Annunciamo la tua morte, SiR/. Ascoltaci, o Signore. Padre e Figlio e Spirito Santo Per la Chiesa, popolo santo di Dio, gnore, proclamiamo la tua risurre- A. Amen. perché manifesti la fedeltà al mes- zione nell’attesa della tua venuta. C. Nel nome del Signore: andate DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA saggio evangelico nell’amore ai in pace. C. Per Cristo, con Cristo e in Crinemici e nella solidarietà verso A. Rendiamo grazie a Dio


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