ADESTE NR.37 Domenica 15 Settembre 2019

Page 1


I

nsomma, si ricomincia. Il triste e ripetitivo copione va in scena ancora una volta.

Sì, l’estate sta finendo e, mentre torniamo alla solita routine, lancia in aria gli ultimi spruzzi di sole e di mare. Non è cambiato nulla nei miei ultimi trent’anni. La stessa sensazione soffocante, la stessa angoscia, la stessa canzone. Questo tempo piu’ di trent’anni fa era scandito da “L’estate sta finendo” dei Righeira che risuonava come un mantra sulle autoradio lungo la via del ritorno. Me la ricordo come un incubo la sera, appena rientrati a casa, di chissà quale anno, a fine agosto, dal tubo catodico di mio padre, color legno. Le serrande erano abbassate, le finestre aperte, l’abbronzatura ancora viva sulla pelle. Faceva caldo, si respirava tristezza e non avevamo l’aria condizionata. L’estate era ancora lì, viva e splendente, ma le vacanze erano finite. Era domenica ed era casa mia. Ma poteva essere un mondo parallelo, senza tempo. Il giorno dopo avrei dovuto iniziare i compiti delle vacanze e tutto sarebbe stato diverso. E poi in TV non mancavano pubblicità di zaini, astucci e grembiuli che mi ricordavano che per me la stagione bella era finita. E andavo a letto ancora caldo di sole, ma triste. “L’estate sta finendo” canticchiavo nella mente cercando di cacciare via quella canzone mentre l’amarezza saliva e qualche lacrima scendeva. Oggi non è cambiato molto. Lascio il mare all’ultimo minuto possibile. Ripongo la mia barca e lavo via il sale dalla sua vela. Poi, però, il sole tramonta e domani si ricomincia. Odio tornare qualche giorno prima per prepararmi al nuovo inizio e se fosse possibile tornerei in città la mattina stessa in cui il lavoro ricomincia. Anzi, in realtà, se fosse possibile, non tornerei più. Perché mi carico di aspettative e buoni propositi che so già non riuscirò a portare a termine. In fondo, non c’è nulla di più difficile che cambiare vita e fuggire dalle proprie abitudini e da quei fantasmi che vengono a trovarci di notte. Il primo settembre è un po’ come Capodanno, ma senza champagne. Solo l’abbronzatura che perde colore, e i soliti pensieri che ritornano come lontani e fastidiosi parenti. Così, non rimane che lavare i pavimenti e riempire il frigorifero, lasciato vuoto per qualche settimana. E respirare, godersi l’aria nuova di settembre con il suo grecale fresco e asciutto, i colori che si riaccendono, l’uva raccolta e le piogge. Poco importa che il sole tramonta sempre prima. Per essere tristi c’è tempo. Quando arriverà novembre.


C –


i sono momenti della vita in cui devi scegliere da che parte stare. Uno di questi è quello del primo giorno di scuola. Devi sceglierlo da maestro, da bambino, da bidello. Se entri in un’aula per la prima volta devi scegliere il tuo banco, il tuo compagno, il tuo modo di relazionarti con quell’adulto che starà con te per anni. Se lo fai da maestro devi scegliere come lo farai: stando seduto dietro la cattedra, sopra, davanti; guardando negli occhi ogni tuo alunno; schivando il loro sguardo smarrendoti dietro un cartellone delle regole o il mantra del “apriamo il quaderno”. Se lo fai da bidello (oggi collaboratori scolastici) devi decidere se essere solo quella figura che vigilia, che lava il pavimento e i cessi o quello sguardo soccorrevole, amico, quello che tutti noi abbiamo incontrato nella vecchia scuola dove ad attenderci sulla porta al suono della campanella c’era lui o lei con lo spazzolone in mano intriso di quell’indimenticabile odore di ammoniaca. La scuola non è cambiata. Nel bene e nel male. Certo la lista delle parolone che hanno rivoluzionato la scuola (o provato a farlo) è lunga (innovazione, aula, animatore, digitale; lavagna multimediale; indicazioni al posto di programmi; competenze al posto di chissà cos’altro non si è ben capito e chi più ne ha più ne metta) ma alla fine la scuola è quella unica e originale relazione fatta di educazione, di istruzione, di passaggio di testimone (o di testimonianza) che si instaura tra un maestro e un bambino. E’ lì che passa tutto perché l’insegnante è vero che è lì per la classe ma per te bambino è il “tuo” maestro, la “tua” maestra. L’ho provato ancora una volta in questi giorni ritornando in aula. Ho sentito ancora una volta la responsabilità di essere lì con una sola pedagogia: quella del sorriso. E’ bastato un papillon arcobaleno per convincere i miei alunni che stavano per cominciare un cammino in compagnia di qualcuno che era lì per ascoltarli; per scoprire con loro (e non per inculcare qualcosa) la bellezza della conoscenza; per dire loro che quel maestro avrebbe riso, amato, sperimentato, si sarebbe stupito una, due, dieci, cento, mille volte ancora. E l’ho capito ancor più quando mi son ritrovato nel giardino con i bambini di sei anni a scavare nella terra con un bastoncino alla ricerca dei diamanti o dell’acqua (come ho suggerito loro visto che in pianura è difficile che vi siano diamanti). Ecco cos’è la scuola. Cos’era ieri, cos’è oggi, cosa sarà domani. C’è una lettera di Abramo Lincoln scritta al maestro di suo figlio che dovrebbe accompagnare ogni insegnante, in ogni scuola d’Italia. Dovrebbe essere appesa in classe accanto al crocefisso. Ve ne riporto una parte: “Caro maestro, gli insegni, se possibile, quanto i libri siano meravigliosi, ma gli conceda anche il tempo di riflettere sull’eterno mistero degli uccelli nel cielo, delle api nel sole e dei fiori su una verde collina. Gli insegni ad aver fede nelle sue idee, anche se tutti gli dicono che sbaglia. Cerchi di infondere in mio figlio la forza di non seguire la folla quando tutti gli altri lo fanno. Lo guidi ad ascoltare tutti, ma anche a filtrare quello che ode con lo schermo della verità e a prendere solo il buono che ne fuoriesce. Si tratta di un compito impegnativo, maestro, ma veda che cosa può fare. È un bimbetto così grazioso, ed è mio figlio”.


A

lessandra raccoglie velocemente i fogli sul tavolo della vicepresidenza. Guarda l’orologio sulla parete: decisamente in ritardo. I ragazzi saranno ancora davanti al monumento di Dante ad aspettarla. Prende il cellulare e invia un sms a Stefano: «Ci vediamo direttamente all’osteria. Cominciate ad ordinare». Ha ancora alcuni moduli da compilare... Una collega si affaccia sulla porta: «Ancora qui? La mia quinta è un disastro. Nella verifica di Greco tre sufficienze! Meno male che è sabato, fino a lunedì non li rivedo. Buona domenica». Chissà cosa direbbe se sapesse che lei volontariamente alcuni studenti li rivede tra pochi minuti. Ogni quindici giorni si trova a pranzo con un gruppetto di ragazzi di Gs, alcuni suoi alunni, e poi amici invitati. È un appuntamento che non perderebbe per nulla al mondo. Di corsa scende le scale, attraversa la città e arriva a destinazione. All’ingresso il cameriere, riconoscendola, le dice: «Sono nella solita stanzetta. Però, professoressa, mi raccomando, non fate troppo rumore. Non siete soli». Un po’ ha ragione, il loro non è mai un pranzo silenzioso. Appena varca la soglia, si alza un coro di voci: «Eccoti!». «Chi ti ha bloccato?». «Siediti al centro». Nel tavolo accanto, tre signori distinti si voltano a guardare. «Ragazzi, abbassate la voce». «Dai Ale, non siamo in convento!». Emma, la creativa del gruppo, mostra la sua nuova collezione di anelli e braccialetti. Matteo, in fondo al tavolo, chiede: «Ti sei ispirata all’alfabeto greco o ai capitelli romani?». «Prendi in giro? Intellettualone! Vieni poi a chiedermi lo sconto per il regalo alla tua fidanzata». Partono le risate. È una giornata particolarmente allegra, c’è la voglia di stare insieme, di mettere in comune la vita. Non accade sempre. Tutti hanno qualcosa da raccontare. A un certo punto, Stefano alza il calice: «Voglio fare un brindisi: al mio primo sei in matematica. E speriamo non ultimo». Giulia si alza in piedi: «Allora brindiamo a tutte le sufficienze. Anche tu Carla, anche se per te i voti vanno solo dall’otto in su: ti accettiamo ugualmente». Altre risate. Con la coda dell’occhio, Alessandra guarda i tre signori del tavolo accanto: non sembrano disturbati dal loro rumore. Anzi, ha quasi l’impressione che stiano seguendo i loro discorsi. Ma forse si sbaglia. Eppure, quando butta lì la domanda: «Ragazzi, ma voi per che cosa studiate?», le sembra che uno dei tre uomini voglia addirittura aprire bocca e rispondere. La discussione è animata. Riccardo è duro: «Accidenti, studiare per me è solo una gran fatica. Io desidero qualcosa di più. C’entra con il fatto che tutto quel che accade è per il mio bene? Dove sta il mio bene?». Anna butta lì: «Perché non studiamo insieme latino? ». Lo sanno tutti che è un genio, ma che studia sempre da sola. Ormai sono le tre. È ora di andare. Alessandra raccoglie i soldi per pagare. Arrivata alla cassa, sta per consegnare il denaro quando il solito cameriere le dice: «Non c’è bisogno. Ha pagato quel signore là in fondo». Alessandra è allibita: «Per tutti?». «Sì, per tutti e dodici». Sulla porta, uno dei tre uomini del tavolo a fianco sta per uscire. I ragazzi hanno sentito e uno allegramente dice: «Ci troviamo ogni quindici giorni. Se vuol tornare è il benvenuto». L’uomo sorride: «L’ho fatto perché è bello che vi incontriate così. È un piccolo contributo perché possiate vedervi di nuovo». E dopo qualche secondo: «Grazie». Fuori dall’osteria, tutti commentano. Giovanni: «Ma cosa avrà mai visto?». E Giulia: «Noi».


Giornata internazionale della democrazia di quest'anno è un'occa-

sione per ricordare che la democrazia riguarda le persone. La democrazia si basa sull'inclusione, sulla parità di trattamento e sulla partecipazione - ed è un elemento fondamentale per la pace , lo sviluppo sostenibile e i diritti umani . La Dichiarazione universale dei diritti umani , in cui si afferma che "la volontà popolare sarà la base dell'autorità del governo" (articolo 21.3), ha ispirato la creazione di costituzioni in tutto il mondo e ha contribuito all'accettazione globale di valori e principi democratici. La democrazia, a sua volta, fornisce l'ambiente naturale per la protezione e l'effettiva realizzazione dei diritti umani. La vera democrazia è una strada a doppio senso, costruita su un dialogo costante tra la società civile e la classe politica. Questo dialogo deve avere un'influenza reale sulle decisioni politiche. Ecco perché la partecipazione politica, lo spazio civico e il dialogo sociale costituiscono le basi stesse del buon governo. È ancora più vero con l'impatto della globalizzazione e del progresso tecnologico. Eppure oggi lo spazio civico si sta riducendo in tutto il mondo a un ritmo allarmante. Gli attivisti della società civile trovano sempre più difficile operare. Difensori dei diritti umani e parlamentari sono sotto attacco. Le donne rimangono ampiamente sottorappresentate. I giornalisti affrontano interferenze e in alcuni casi violenza. Questa giornata internazionale della democrazia è un'opportunità per esortare tutti i governi a rispettare il diritto dei loro cittadini a una partecipazione attiva, sostanziale e significativa alla democrazia. L' agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile affronta la democrazia nell'obiettivo di sviluppo sostenibile 16 riconoscendo i legami indivisibili tra società pacifiche e istituzioni efficaci, responsabili e inclusive


Sono passati 26 anni da quel "Me l’aspettavo". Da quelle ultime parole pronunciate da Don Pino Puglisi prima di essere freddato dalla mafia. Era il 15 settembre del 1993, il giorno del suo 56° compleanno.

Lotta alla mafia I sicari lo aspettarono davanti al portone della sua casa, al numero 5 di piazzale Anita Garibaldi, nel quartiere di Brancaccio. Un solo colpo alla nuca per chiudere la bocca per sempre a quel prete che, dopo essere stato per dieci anni parroco di Godrano (piccolo paese del palermitano), nel 1990 era tornato a Palermo, nel suo quartiere d’origine, e aveva cominciato a svolgere il suo lavoro senza tenere conto delle regole di Cosa Nostra. A raccontare gli ultimi istanti della vita di Padre Puglisi è stato proprio il suo assassino, Salvatore Grigoli, oggi collaboratore di giustizia. (Repubblica, 14 settembre)

Paura dell’omertà «Non ho paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti» era lo slogan del prete siciliano. "Voleva fare il prete fino in fondo, e forte del Vangelo sottrarre i ragazzi alle grinfie della malavita, far pensare, ridare fiducia alla gente." scrive sulle pagine di Avvenire (13 settembre) mons. Bertolone, postulatore della causa di beatificazione di don Puglisi. "Era, ed è, l’emblema della Chiesa che testimoniando Cristo e annunciando il Vangelo, fa male alla mafia perché cerca di saldare la terra al cielo. Come la Chiesa di Papa Francesco, che – egli ce lo ricorda sempre – deve camminare nella quotidianità con la matura consapevolezza che «una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo» da parte di cristiani che non siano «vino annacquato».

Testimone di vita Che cosa ci ha consegnato don Puglisi, col suo martirio? Lo ricordava proprio don Ciotti, in un articolo all’epoca per molti versi profetico, pubblicato su Avvenire il 5 settembre del 1994: «Egli ha incarnato pienamente la povertà, la fatica, la libertà e la gioia del vivere come preti, in parrocchia. Con la sua testimonianza ci sprona a sostenere quanti vivono questa stessa realtà con impegno e silenzio. Non il silenzio di chi rinuncia a parlare e denunciare, ma quello di chi, per la scelta dello stare nel suo territorio, rifiuta le passerelle o gli inutili proclami». Pochi cenni che restituiscono il ritratto dell’uomo che nella primavera del 1990 approda a Brancaccio, iniziando a bussare a tutte le porte perché, diceva, «bisogna prima conoscere, poi capire, infine agire». Don Puglisi non è stato ucciso perché dal pulpito annunciava princìpi astratti, ma perché è stato un testimone nella vita quotidiana, dove le relazioni e i problemi assumono la dimensione più vera. Più cruda. Più drammatica. Ed è proprio lì, tramite la sua instancabile presenza, che


ittorio Emanuele III in persona inaugura a Lainate la nuova «via per sole automobili» che collega Milano a Varese. È il primo tratto della futura Autostrada dei Laghi, la prima autostrada a pedaggio della storia. Presente alla cerimonia anche l'ingegnere Piero Puricelli, conte di Lomnago e promotore dell'idea di realizzare una via di comunicazione riservata esclusivamente alle automobili e fruibile attraverso il pagamento di un pedaggio, che permettesse di coprire i costi di realizzazione e gestione dell'opera. Un'idea più avanti rispetto ai tempi, dal momento che le auto in circolazione in quel periodo sono poco più di cinquantamila. La nuova autostrada, costata 90 milioni di lire, è a una sola corsia per senso di marcia e il pedaggio non viene pagato al casello (che ancora non esiste) ma nell’area di servizio e sosta, dove la fermata è obbligatoria. Il costo del pedaggio è commisurato alla potenza dei cavalli, per cui si va dalle 12 (per i veicoli a 17 cavalli) alle 20 lire (oltre 26 cavalli). Previsti sconti per i biglietti di andata e ritorno. Aperta dalle 6:00 del mattino fino all’1:00 di notte, la MilanoVarese avrà per i primi anni un traffico medio di poco più di 1.100 veicoli al giorno. L'anno dopo verrà ampliata con il tratto da Lainate a Como e quello da Gallarate a Sesto Calende. Nata dalla necessità di unire il capoluogo lombardo alle mete turistiche del Lago di Como e del Lago Maggiore, l’opera aprirà una fase importante di interventi infrastrutturali che avrà il suo traguardo cruciale nel completamento dell’Autostrada del Sole tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Furono movimentati due milioni di metri cubi di terra, utilizzate cinque gigantesche betoniere statunitensi per il calcestruzzo e all’impresa lavorarono ogni giorno 4.000 operai per poco più di un anno. Da notare che la legge che regolamentava la costruzione delle autostrade fu emanata solo nel 1933, e anche in questo senso l’impresa di Puricelli fu davvero pionieristica. Infine, i casellanti avevano l’obbligo di vestire la divisa e salutare militarmente gli utenti che passavano. Va detto anche che dopo il 1924 vennero in Italia esperti e tecnici da tutto il mondo per sviluppare nei loro Paesi questa nuova “invenzione”.


Cari amici, la pace, oltre ad essere uno dei bisogni principali dell’umanità, e il suo conseguimento é il compito più importante delle Nazioni Unite. La pace definisce la nostra missione, guida i nostri discorsi e accomuna tutte le attività che svolgiamo in ogni parte del mondo, dal mantenimento della pace e dalla diplomazia preventiva al sostegno dei diritti umani e dello sviluppo. Pur non essendo facile, il lavoro che svolgiamo per la pace è di importanza vitale, in quanto resta un traguardo lontano per tante comunità, sparse per il mondo. Dai campi profughi del Ciad o del Darfur ai vicoli di Baghdad, la ricerca della pace è accompagnata da ostacoli e sofferenze. Il 21 settembre, Giornata Internazionale della Pace, è l’occasione per fare un attento bilancio degli sforzi che stiamo compiendo per promuovere la pace e il benessere per tutte le popolazioni di questa terra. Al tempo stesso si tratta di un’opportunità per valutare gli obiettivi realizzati finora e iniziare a concentrarsi su tutto quello che rimane ancora da fare. La Giornata vuole anche essere un’occasione per proclamare il cessate il fuoco nel mondo intero per un giorno: ventiquattro ore di tregua dalla paura e dall’incertezza che affliggono così tante regioni del pianeta. Oggi, quindi, invito tutti i paesi e tutti i combattenti a rispettare la cessazione delle ostilità e chiedo che alle 12, ora locale, si osservi un minuto di silenzio. Dovremmo sfruttare il silenzio delle armi come occasione per riflettere sul prezzo che tutti noi stiamo pagando a causa dei conflitti e dovremmo inoltre impegnarci con decisione a trasformare questo giorno di tregua in una pace duratura. Durante questa Giornata Internazionale, facciamo a noi stessi la promessa: che la pace diventi una passione e non una mera priorità. Impegniamoci a fare di più, ovunque e in qualunque modo possibile, affinché ogni giorno sia un giorno di pace. Grazie. Progettata da Chiyogi Nakagawa e fusa con il metallo di monete raccolte in sessanta Paesi diversi, la Campana venne presentata all'Onu a New York nel 1954 dall'Associazione delle Nazioni Unite in Giappone. È situata all'interno di una struttura tipicamente giapponese - simile ad un tempio shintoista - costruita in legno. È divenuta una tradizione suonare la Campana due volte l'anno: il primo giorno di primavera e il giorno di apertura della sessione autunnale dell'Assemblea Generale, in settembre .


-

-



S –

– -


N no.

essuna pagina al mondo raggiunge come questa l’essenziale del nostro vivere con Dio, con noi stessi, con gli altri. Un padre aveva due figli. Se ne va, un giorno, il giovane, in cerca di se stesso, in cerca di felicità, la cerca nelle cose che il denaro procura, ma le cose tutte hanno un fondo e il fondo delle cose è vuoto. Il libero principe diventa servo, a disputarsi l’amaro delle ghiande con i porci. Allora ritorna in sé, dice il racconto, chiamato da un sogno di pane (la casa di mio padre profuma di pane…) e si mette in cammi-

Non torna per amore, torna per fame. Non torna per pentimento, ma per paura della morte. Ma a Dio non importa il motivo per cui ci mettiamo in viaggio. È sufficiente che compiamo un primo passo. L’uomo cammina, Dio corre. L’uomo si avvia, Dio è già arrivato. Infatti: il padre, vistolo di lontano, gli corse incontro… E lo perdona prima ancora che apra bocca. Il tempo della misericordia è l’anticipo. Si era preparato delle scuse, il ragazzo, ma il Padre perdona non con un decreto, ma con un abbraccio; non sono più tuo figlio, dice il ragazzo, e il padre lo interrompe perché vuole salvarlo proprio dal suo cuore di servo e restituirgli un cuore di figlio. Il padre è stanco di avere per casa dei servi invece che figli veri. Il peccato dell’uomo è uno: sentirsi schiavo anziché figlio di Dio. Il padre non domanda: dove sei stato, cosa hai fatto, da dove vieni? Chiede invece: dove sei diretto? Vuoi che ci andiamo insieme? Il territorio di Dio è il futuro. I gesti che il padre compie sono insieme materni, paterni e regali (R. Virgili): materno è il suo perdersi a guardare la strada; paterno è il suo correre incontro da lontano; regali sono l’anello e la tunica e la grande festa. Ciò che vuole è riconquistarsi i figli, anche nell’ultima scena, quando esce a pregare il figlio maggiore, che torna dai campi, vede la festa e non vi entra, sente la musica e non sorride. Un uomo nel cui cuore non c’era mai festa, perché si concepiva come un dipendente: «Io ho sempre ubbidito, io ho sempre detto di sì e a me neanche un capretto !» ; ubbidiente e infelice perché il cuore è assente, non ama ciò che fa, alle prese con l’infelicità che deriva da un cuore di servo e non di figlio, quando invece «il segreto di una vita riuscita è amare ciò che fai, e fare ciò che ami» (Dostoevskij). Il padre della parabola invece è immagine di un Dio scandalosamente buono, che preferisce la felicità dei suoi figli alla loro fedeltà, che non è giusto, è di più, esclusivamente amore. Allora Dio è così? Così eccessivo, così tanto, così esagerato? Sì, il Dio in cui crediamo è così. Immensa rivelazione per cui Gesù darà la sua vita. Padre Ermes Ronchi


-

– -

-


Parrocchia Cattolica Italiana Virtuale Iasi


Accogli con bontà, Signore, i doni e le preghiere del tuo popolo, e ciò che ognuno offre in tuo onore giovi alla salvezza di tutti. Per Cristo nostro Signore.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Nella tua misericordia hai tanto amato gli uomini da mandare il tuo Figlio come Redentore a condividere in tutto, fuorché nel peccato, la nostra condizione umana. Così hai amato in noi ciò che tu amavi nel Figlio; e in lui, servo obbediente, hai ricostruito l'alleanza distrutta dalla disobbedienza del peccato. Per questo mistero di salvezza, uniti agli angeli e ai santi, cantiamo con gioia l'inno della tua lode:

La potenza di questo sacramento, o Padre, ci pervada corpo e anima, perché non prevalga in noi il nostro sentimento, ma l'azione del tuo Santo Spirito. Per Cristo nostro Signore.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.