17.12.2018
ra guarigioni. 16) Offre giri gratis sulla pa-
17.12.2018 pamobile. pamobile 17) Si è innamorato di una bella ragazza, ma poi ha scoperto la sua vocazione religiosa. 18) Legge Tolkien. 19) Apre Porte Sante come un supereroe.
1) Ha fatto un salto dall’ottico più vicino per comprare delle nuove lenti per i suoi occhiali.
20) L’uomo che parla di misericordia una volta ha lavorato come buttafuori per pagarsi gli studi.
2) Le sue scarpe sembrano un po’ consumate, come le nostre. 3) È buono con sua madre, madre ed inizia e termina ogni viaggio con una visita alla Madonna, offrendole le proprie preghiere.
21) Ama il suo predecessore, predecessore il papa emerito, e lo cita ancor più di quanto gli fa visita. 22) È sempre pronto per un selfie.
4) A volte le porta anche dei doni, doni come fiori o un pallone!
23) Il suo dipinto preferito è la “Crocifissione bianca” di Chagall.
5) Porta sempre in tasca un rosario e una Via Crucis.
24) In qualsiasi momento potrebbe prendere in mano il telefono e chiamarci.
6) La sua firma è un semplice “Francesco”, ovviamente in latino.
25) Ha imparato a usare un touchtouchscreen da un allievo delle elementari.
7) Pur avendo un solo polmone, polmone sembra instancabile.
26) Ha benedetto migliaia di motociclisti in Piazza San Pietro quando hanno celebrato il 110° anniversario della Harley Davidson.
8) Ama talmente la pizza che la accetta anche mentre corre per strada! 9) Le suore vanno in estasi per lui, come se fosse Elvis.
27) Ci mostra come essere misericordiosi nelle “piccole” “piccole cose, come ha fatto Santa Teresa.
10) Beve yerba mate “a portar via”. 11) Ama il tango. tango 12) Spesso viaggia con una “Fiat”, una metafora vivente! (Ndr: ..ma anche una Logan)
28) Emoticons! 29) Chiede sempre le nostre preghiere. preghiere
13) Abbraccia e bacia persone che spesso fatichiamo a guardare e ci sfida semplicemente ad amare. 14) Le sue azioni dimostrano il valore e la dignità di ogni vita umana. 15) È Pietro, e quando passa si verificano anco2
30) Ama i bambini! Portateglieli!
Buon compleanno, papa Francesco!
Mi piacerebbe che ricordassi che essere felice, non è avere un cielo senza tempeste, una strada senza incidenti stradali, lavoro senza fatica, relazioni senza delusioni. Essere felici è trovare forza nel perdono, speranza nelle battaglie, sicurezza sul palcoscenico della paura, amore nei disaccordi. Essere felici non è solo apprezzare il sorriso, ma anche riflettere sulla tristezza. Non è solo celebrare i successi, ma apprendere lezioni dai fallimenti. Non è solo sentirsi allegri con gli applausi, ma essere allegri nell’anonimato. Essere felici è riconoscere che vale la pena vivere la vita, nonostante tutte le sfide, incomprensioni e periodi di crisi. Essere felici non è una fatalità del destino, ma una conquista per coloro che sono in grado viaggiare dentro il proprio essere. Essere felici è smettere di sentirsi vittima dei problemi e diventare attore della propria storia. È attraversare deserti fuori di sé, ma essere in grado di trovare un’oasi nei recessi della nostra anima. È ringraziare Dio ogni mattina per il miracolo della vita. Essere felici non è avere paura dei propri sentimenti. È saper parlare di sé. È aver coraggio per ascoltare un “No”. È sentirsi sicuri nel ricevere una critica, anche se ingiusta. È baciare i figli, coccolare i genitori, vivere momenti poetici con gli amici, anche se ci feriscono. Essere felici è lasciar vivere la creatura che vive in ognuno di noi, libera, gioiosa e semplice. È aver la maturità per poter dire: “Mi sono sbagliato”. È avere il coraggio di dire: “Perdonami”. È avere la sensibilità per esprimere: “Ho bisogno di te”. È avere la capacità di dire: “Ti amo”. Che la tua vita diventi un giardino di opportunità per essere felice. Che nelle tue primavere sii amante della gioia. Che nei tuoi inverni sii amico della saggezza. E che quando sbagli strada, inizi tutto daccapo.Poiché così sarai più appassionato per la vita. E scoprirai che essere felice non è avere una vita perfetta. Ma usare le lacrime per irrigare la tolleranza. Utilizzare le perdite per affinare la pazienza. Utilizzare gli errori per scolpire la serenità. Utilizzare il dolore per lapidare il piacere. Utilizzare gli ostacoli per aprire le finestre dell’intelligenza. Non mollare mai, non rinunciare mai alle persone che ami. Non rinunciare mai alla felicità, poiché la vita è uno spettacolo incredibile!”
Le
mani dell'arcivescovo di Cordoba, monsignor Ramon José Castellano, sul capo di Jorge Mario Bergoglio. E’ il 13 dicembre 1969, quattro giorni prima del suo 33esimo compleanno. In quella data si porta a compimento un percorso iniziato a 17 anni quando si accende in lui la scintilla della vocazione. Nella chiesa del Colegio Máximo de San José a Buenos Aires accorse tutta la sua famiglia, tranne il padre Mario José Francisco che era morto nel 1961. Nonna Rosa, emigrante piemontese che gli insegnò a recitare il rosario, si emozionò profondamente quando l'arcivescovo emerito di Córdoba, Ramón José Castellano impose le mani sulla testa di suo nipote. Papa Francesco ancora oggi conserva una lettera che sua nonna, piena d'orgoglio per quell'ordinazione, gli scrisse quasi mezzo secolo fa: "In questo giorno meraviglioso, in cui d'ora in poi potrai tenere tra le tue mani consacrate il Cristo Salvatore e nel quale ti si apre il cammino privilegiato verso l'apostolato più profondo, ti lascio questo modesto dono, di poco valore materiale ma di altissimo valore spirituale. Desidero che i miei nipoti abbiano una vita lunga e felice. Se un giorno il dolore, la malattia o la perdita di una persona cara li riempirà di sconforto ricordino che un sospiro verso il Tabernacolo, dove giace il martire più grande e augusto e uno sguardo a Maria ai piedi della croce saranno una goccia di balsamo sulle ferite più profonde e dolorose". Nel corso di un colloquio con la giornalista argentina Olga Wornat, Papa Francesco ha confessato: "Ciò che mi piace di più è essere prete" e per questo "preferisco essere chiamato padre". 3
Natale,
è un momento di gioia, di doni, ma spesso di consumo superfluo di chi ha già tanto. Un regalo che aiuti chi è povero può arricchirci di un contenuto speciale e prezioso. Un regalo, quando è anche un gesto d’aiuto, rende felice più di una persona: chi lo riceve e chi lo fa. Come afferma James Joyce: “Mentre tu hai una cosa, questa può esserti tolta. Ma quando tu la dai, ecco, l’hai data. Nessun ladro te la può rubare. E allora è tua per sempre.” C’è chi festeggia perché è felice, perché sta bene, perché la vita gli sorride. C’è chi invece può trovarsi in situazioni difficili, per malattia, povertà, abbandono. Può essere vicino a noi o in posti dove i diritti umani sono calpestati. Basterebbero i tanti bambini seppelliti in mare per farci sospendere il mercato degli auguri. Natale, è il momento di dare senso alle nostre scelte e propositi. In fondo, a chi ha bisogno, non interessa sapere se e quanto siamo buoni. Forse neppure esistono le persone buone! Ciò che conta è vedere persone che compiono atti di bontà. Più di tante frasi vuote, ci vogliono gesti concreti di solidarietà, che smentiscano la simpatica frase sarcastica di Marcello Marchesi: “Nessuno si è mai ammazzato perché non riusciva ad amare il prossimo suo come sé stesso!” Scrivere o dire che i poveri ci fanno pena, è facile, ormai ci siamo abituati a vedere sul piccolo schermo televisivo bambini che muoiono di fame e tantissime persone disperate in balia di un gommone o che passano la notte dentro un cartone o avvolte in una coperta. Le parole inutili abbondano, i gesti di solidarietà scarseggiano. Giovanni Verga ci suggerisce di “fare come le tegole del tetto, a darsi l’acqua l’un l’altro. Proviamo a immaginarci tutti tegole di uno stesso tetto. E capiremo che “aridità” e “siccità” non sono soltanto fenomeni climatici. Il Natale è anche il ricordo di una donna che diede alla luce un bambino, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia perché per loro non c’era posto…
Sono i regali il simbolo del Natale? Caro direttore,
f
orse riesco anche ad accettare chi annulla la recita scolastica per Natale, chi vuole togliere il Crocifisso dalle scuole perché credo siano persone ignoranti, in quanto ignorano il significato simbolico e culturale profondo di certe tradizioni e simboli, riducendoli solo a un’espressione religiosa. Non accetto però e mi indigna profondamente lo scempio che stiamo facendo del Natale noi, cosiddetti, cristiani. Non accetto lo scempio e la dissacrazione che ne sta facendo, in questi giorni, la Wind. «Il Natale, solo regali», recita Fiorello. Niente albero di Natale, niente, famiglia riunita a festeggiare, niente di niente, solo regali. No, non l’accetto. La nostra Festa, l’evento che ha cambiato il mondo. L’amore donato diventa un grande monomero commerciale. Comprare, comprare, comprare. Solo regali. E, di più, non accetto la passività con cui noi cristiani, lasciamo fare tutto questo. Non ho sentito nessuno condannare queste immagini. Nessuno che si sia ribellato. Tutti zitti. Ma cosa siamo diventati? Burattini nelle mani di chi ci considera polli da spennare. No, non l’accetto. Non posso accettarlo. Vorrei che qualcuno, insieme a me proclamasse sui tetti che il Natale è il regalo, l’unico vero regalo di cui possiamo godere tutta la vita. Qualcuno che ci svegliasse, che ci ricordasse che è per il Natale che abbiamo la speranza. No, il Natale non è solo regali. Grazie.
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Si è ammalata quando aveva 6 anni e per quattro anni e mezzo ha lottato senza mai smettere di pregare. Prima di morire ha chiesto alla madre di donare i suoi giochi ai bambini bisognosi. la fede è una cosa da piccoli.
Ho
pensato questo dopo aver letto la storia di Giulia Zedda apparsa sul sito de L’Unione Sarda in un articolo a firma di Sara Marci. Tumore, la parola più terribile per una bambina 10 anni, di Cagliari, è morta dopo aver combattuto coraggiosamente per quattro anni e mezzo contro un tumore. Il giornale ha intervistato sua mamma Eleonora Galia che con il cuore pieno di dolore e gratitudine ha raccontato qualcosa della sua piccina e della sua incrollabile fede. Eleonora ricorda il giorno in cui i dottori la informarono della malattia della figlia: “(…) Il 6 febbraio del 2014, ci dissero che l’encefalogramma era disastroso, il 12 che aveva un tumore di sei centimetri. La parola più terribile, quella inaccettabile a qualsiasi età. Figurarsi per una bambina. Per tua figlia di sei anni” (Ibidem). Non hai mai smesso di affidarsi alla Madonna Il 12 febbraio del 2014 cominciò il percorso di Giulia che, nonostante la paura e la sofferenza, ha affrontato il tumore con forza e tenacia senza mai perdere la speranza. Le cure pesanti, la chemioterapia, le analisi, gli aghi, le visite, tutto troppo impegnativo e doloroso per una bambina così piccola eppure, racconta sua mamma, non ha mai smesso di pregare Gesù e invocare Maria che teneva sempre con sé (Unione Sarda.it). Voleva guarire e nelle sue preghiere lo chiedeva al Signore con la fede che solo i bambini posseggono. Mamma, vorrei donare i miei giocattoli ai bambini bisognosi Prima di morire ha confidato alla madre il suo ultimo desiderio: “Mamma, vorrei che prendessi tutti i miei giocattoli e li regalassi ai bambini bisognosi. Io voglio fare del bene al prossimo” (Unione Sarda.it) Quanta tenerezza e struggimento! Una testimonianza grandissima e commovente: Giulia prima di noi tutti ha capito che non rende felici accumulare tesori sulla terra dove tignola e ruggine consumano ma accumularli in cielo. Come? con l’amore che è dono totale, senza trattenere nulla per sé. E così la mamma, che ha preso a cuore il suo testamento, ha creato insieme ad alcune amiche, un gruppo chiamato “Il sogno di Giulia”. Il sogno di Giulia La comunità Papa Giovanni XXIII ha dato loro la possibilità di usare uno stanzino dove il mercoledì e il venerdì si riunisco per raccogliere e distribuire giocattoli, seggiolini, passeggini, abbigliamento ma anche corredi, che giungono a Cagliari da ogni angolo della Sardegna. Una generosità incredibile che ha stupito la signora Eleonora. “Giulia aveva due sogni: diventare veterinaria e aiutare le persone bisognose. Il primo non lo ha potuto realizzare perché la malattia se l’è portata via prima. Il secondo lo sta realizzarlo attraverso me, grazie alle volontarie che mi aiutano e alla generosità dei benefattori che ci fanno offerte da tutta l’Isola” (Ibidem). Il dolore di una madre per la morte della sua bambina La mamma di Giulia racconta nell’intervista il grande conforto che la fede e il dialogo con Dio le donano: “Esistono tanti modi per superare il dolore, ma per quello di una madre che perde un figlio purtroppo non ci sono cure né antidoti. Si cerca di farsi forza e andare avanti, soprattutto quando hai un altro figlio che ha già subìto la perdita della sorellina. E poi si prega. Si prega tanto (…) La fede aiuta, è indispensabile. È l’unica strada a disposizione per riuscire ad accettare qualcosa di così innaturale”. (Unione Sarda.it) (ALETEIA) 5
Una
LA CAGNOLINA CHE ALLATTA UN GATTINO
cagnolina che allatta un gatto rimasto senza mamma e gli salva la vita. Una storia commovente e rarissima, che sta accadendo nella campagna di Montelaterone (Arcidosso), sotto gli occhi stupefatti del padrone del cane e del gatto e di qualche vicino che scende al Poderino del Marracone per assistere all'evento. Una storia iniziata alcuni giorni fa, quando la gatta di Adelmo, il padrone degli animali, dà alla luce due gattini. Ma subito, il giorno dopo, la gatta scompare e lascia i due cuccioli. Nello stesso poderino, che si trova a un paio di chilometri da Montelaterone, in aperta campagna, Adelmo tiene quattro cani bastardini, tutti giovanissimi di poco più di un anno. Fra questi una cagnolina, che non mai è rimasta incinta. «I miei cani - racconta Adelmo - convivono con i gatti e vanno d'amore e d'accordo, anzi, costituiscono un gruppo unico e solidale. Giocano, mangiano e dormono insieme». È per questa fraternità, credo, che la cagnolina (che non ha un nome) dopo un paio di giorni di assenza della gatta-mamma ha preso i due micini e li ha portati al sicuro in un vecchio letto dentro il casottino. «L'ho seguita, perché li aveva presi in bocca e pensavo che potesse fare loro del male. Ma lei, invece, si è adagiata nel letto e ha offerto loro i capezzoli. Il latte non c'era, naturalmente, perché la cagna non ho mai partorito e non ha cuccioli. Ma i gattini succhiavano ugualmente, a vuoto. All'inizio non veniva nulla. Intanto, quando gli altri cani si avvicinavano ai gatti o la cagna sentiva qualche presenza non sicura, abbaiava, e teneva lontano gli intrusi. Intanto i gattini stavano digiunando da ormai tre giorni. Ma erano sempre lì, a cercare il latte da quelle mammelle che a un tratto si sono riempite». La cagnolina "gattara" ha avuto tanta voglia di maternità, da riuscire a salvare la prole della sua amica gatta scomparsa, e si è fatta venire pure il latte. «Quel latte, continua Adelmo, ha salvato uno dei gattini, mentre l'altro non ce l'ha fatta. Il micio sopravvissutoha 15 giorni e sta benissimo. Ogni momento si attacca al seno della cagnolina, la quale gli fa da balia. Lo lecca, lo accarezza col muso mentre dorme o succhia e continua a proteggerlo e a accudirlo. Nella mia esperienza - conclude Adelmo - non ho mai visto un comportamento del genere».
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La
Costituzione italiana è appro-
vata: Montecitorio, lunedì 22 dicembre 1947. L'aula della Camera è gremita in ogni scranno per il grande appuntamento con la storia: all'ordine del giorno c'è la votazione della Costituzione della Repubblica italiana, cui hanno lavorato per oltre un anno tutte le forze politiche. D'altronde i 556 deputati (tra di loro 21 donne) sono stati votati il 25 giugno 1946 per formare quell'Assemblea Costituente (la prima in Italia eletta a suffragio universale), il cui principale compito era di redigere la nuova carta costituzionale. Il tutto a cento anni di distanza dall'adozione dello Statuto Albertino, che era diventato il testo fondamentale del Regno d’Italia nel 1861 ma che, dopo la sconfitta della monarchia al referendum del ’46, non era più conciliabile con il mutato assetto repubblicano. All'apertura dei lavori, prende la parola Meuccio Ruini, presidente della Commissione per la Costituzione, di cui fanno parte 75 membri incaricati di stendere il progetto generale del prezioso documento. Nelle sue parole emerge il momento difficile che attraversa la Nazione, colpita da una grave crisi economica e sociale, di fronte alla quale le istituzioni sono chiamate a dare un segnale di solidità e di lungimiranza per le future generazioni. Questo segnale, per Ruini, è nella libera Costituzione che l'Italia sta per darsi, da lui definita «inno di speranza e di fede» e in grado di porre un argine invalicabile agli errori e ai soprusi del recente passato. Si arriva al fatidico momento del voto e la procedura adottata è a scrutinio segreto. Un'ora dopo il Presidente dell'Assemblea Costituente, Umberto Terracini, dà lettura dell'esito della votazione: presenti 515; maggioranza 258; voti favorevoli 453; voti contrari 62. La Costituzione è approvata! Tra gli applausi dei presenti levatisi in piedi, si alza il coro unanime «Viva la Repubblica!». Firmata cinque giorni dopo, in una cerimonia solenne a Palazzo Giustiniani dal Capo dello Stato (carica provvisoria in attesa di assumere il titolo di Presidente della Repubblica) Enrico De Nicola, dal Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e dallo stesso Terracini, entrerà in vigore dal 1° gennaio del 1948. La legge fondamentale dello Stato italiano è composta da 139 articoli (cinque dei quali saranno abrogati con la legge costituzionale del 2001) divisi in quattro sezioni: Principi fondamentali(articoli 1-12); Diritti e doveri dei cittadini (articoli 13-54); Ordinamento della Repubblica (articoli 55-139); Disposizioni transitorie e finali (articoli I-XVIII). È imperniata su una concezione antiautoritaria dello Stato, che si traduce nell'assegnare un ruolo centrale al Parlamento rispetto al potere esecutivo. Aspetto quest'ultimo che rimanda a un'altra peculiarità: è una costituzione "rigida", con riferimento sia al fatto che è modificabile soltanto con una maggioranza qualificata di ciascuna camera; sia all'eventualità che leggi in contrasto con essa vengano poste al vaglio della Corte Costituzionale. La discussione parlamentare sul testo, passata attraverso 170 sedute, è stata tutt'altro che agevole e su ogni singolo articolo si sono scontrate le diverse sensibilità politiche. A partire dal 1° articolo su cui si sono trovati tutti concordi che dovesse indicare il tipo di democrazia adottato: la versione finale «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» è nata come sintesi tra la «Repubblica democratica dei lavoratori» di Palmiro Togliatti e della sinistra e la «Repubblica fondata sui diritti della libertà e sui diritti del lavoro» dei repubblicani di Ugo La Malfa. Del testo approvato nel 1947 si conservano tre originali, uno dei quali presso l'archivio storico della Presidenza della Repubblica.
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B
ambino è un ladro di cavalli evaso dal carcere, che si finge sceriffo; a mettergli i bastoni tra le ruote arriva il fratello, che scombina i suoi piani "predatori" e lo costringe a difendere gli agricoltori dal prepotente Maggiore Harriman. Alla fine troverà un validissimo alleato proprio nel fratello, perché lui è... Trinità, la mano destra del Diavolo. Diretto da Enzo Barboni, Lo chiamavano Trinità... debuttò nelle sale italiane il 22 dicembre 1970, portando una piccola grande rivoluzione nel genere western. Per la prima volta le vicende di pistoleri e cowboy dell'ovest d'America lasciavano entrare la comicità, grazie alle scazzottate e alle battute memorabili della coppia d'oro Bud Spencer e Terence Hill. Vittorioso al botteghino (con oltre tre miliardi d'incasso), il film entrò tra i classici dello spaghetti-western, seppur in chiave umoristica. Girato in provincia di Roma (tra Camposecco e Campo della Pietra), ebbe un seguito in ...continuavano a chiamarlo Trinità (1971).
perché quegli occhi azzurri scintillano Sarà ancora come ai tempi di Trinità, oppure perché al suo don Matteo riesce il miracolo di sbancare i dati Auditel, ma alla fine con Terence Hill i conti dei produttori tornano sempre. Non siamo sul set, ma in un bar-libreria di Roma, tra una bevanda e quattro chiacchiere con Mario Girotti. Detto così, viene in mente la frase di moda della politica: “Girotti chi?”. Ma se al posto del nome e del cognome usiamo lo pseudonimo, Terence Hill, allora tutto diventa più chiaro. Sì, proprio lui, il don Matteo sta spopolando su Rai 1, giunto alla nona serie al ritmo di un italiano su tre Si doveva chiamare che incollato davanti al video: insomma, il prete più popolare d’Italia. «Se avessimo DON TEODORO avuto cinque milioni di spettatori saremmo stati soddisfatti», dice a voce bassa l’attore: «Ne sono arrivati molti di più; un bel successo, vero?». Già, un clamoroso successo, visti i tempi difficili che sta vivendo la televisione. Nove mesi di lavorazione per una fiction che ormai corre su un binario tutto suo rispetto a qualsiasi altro prodotto per il piccolo schermo. Alla Lux Vide, che produce Don Matteo, si fregano le mani mentre lui, Terence Hill, mostra la propria soddisfazione in maniera pacata: «Ormai quel set è una piccola famiglia. Anzi, a dire il vero, stiamo più insieme fra di noi mentre lavoriamo che con i nostri cari ». Tentiamo di stanarlo, dunque, ’sto prete di provincia così amato dagli italiani di ogni fascia d’età. Certo che per un attore, un personaggio di così grande successo rischia di diventare un pericolo, no? Finirà che tutti la ricorderanno per questo e basta. Non le dispiace? «Ma no, anzi, sono felice che il pubblico ami questo personaggio. E io cerco di proteggerlo al massimo da ogni involontaria invasione». In che senso? «Mi offrono copioni a cui rinuncio, perché troppo distanti dal mio don Matteo e non voglio rischiare confronti tra un prete a cui tutti vogliono bene e personaggi magari diametralmente opposti. Vale anche per la pubblicità, che continuo a rifiutare nonostante le molte offerte che ricevo. No, preferisco restare vicino a don Matteo e rinunciare ad altro. Anche perché nove mesi di lavoro impongono rigore e al tempo stesso impediscono, o quasi, altri impegni». Inevitabilmente, si va alle origini di Don Matteo. «All’inizio», racconta Terence, «si sarebbe dovuto chiamare don Teodoro, ma avevo qualche dubbio, pensavo che non fosse il nome adatto. In ogni caso, l’idea nasceva da quel padre Brown creato da Gilbert Chesterton. Sa cosa diceva lo scrittore inglese del suo personaggio? “Il prete conosce meglio l’animo umano e quindi arriva prima della polizia”. Don Matteo nasce anche da lì». ( DA UNA INTERVISTA DEL 2014) 8
L'attore e regista: la svolta è arrivata grazie ai libri di fratel Carlo Carretto In occasione dell’uscita di “Il mio nome è Thomas“, l’ultimo film diretto e interpretato da Terence Hill, l’attore e regista ha rilasciato a Famiglia Cristiana (5 dicembre) un clip in cui svela che un religioso italiano gli ha fatto cambiare il suo rapporto con la fede. Siamo negli anni ’70 e Terence Hill (pseudonimo di Mario Girotti) è nel pieno del successo. Ha girato i primi “spaghetti western” insieme all’amico Bud Spencer, incassando un buon successo di pubblico e critica, e decide di trasferirsi per un periodo negli Stati Uniti, partecipando ad alcune produzioni hollywoodiane. La scoperta di fratel Carlo In America l’attore scopre i libri di un religioso, allora vivente, fratel Carlo Carretto (1919-1988), autore di “Lettere nel deserto” e di altri volumi in cui Terence rispecchia il suo pensiero. «Molti negli Usa lo conoscevano e lo apprezzavano. Giravano una ventina di libri di Carretto che in Italia neppure si trovavano. Io mi sono subito entusiasmato per il modo suo di rapportarsi con il mistero (di Cristo ndr). Le parole con cui si esprimeva erano semplici, dirette: non c’era tutta quella costruzione pesante che si ritrovava nei testi della chiesa americana del tempo». “Ha anticipato il messaggio di Papa Francesco” «A me – prosegue l’attore – Carretto ha dato l’entusiasmo di essere cristiano», nonostante in quel periodo, «se tu avevi delle cose dentro era meglio che non le dicevi, se no passavi per stupidello». E’ come se gli avesse mostrato il bello di manifestare la fede, senza remore. «Ha anticipato il messaggio di Papa Francesco», si spinge a dire Terence Hill. La vita contemplativa Religioso della congregazione cattolica dei Piccoli Fratelli del Vangelo, fratel Carlo a 44 anni abbracciò la vita contemplativa nel deserto del Sahara, in una fraternità nel cuore dell’Algeria. Fu la svolta della sua vita: Dio e la preghiera caratterizzavano le sue giornate, insieme alla passione per la scrittura. “Vero impenetrabile mistero” Ecco uno dei passi nei suoi scritti, che ha conquistato anche Terence Hill: «Il mistero della Chiesa di Cristo, vero impenetrabile mistero, ha il potere di darmi la santità ed è fatta tutta quanta, dal primo all’ultimo, di soli peccatori, e che peccatori! Ha la fede onnipotente e invincibile di rinnovare il mistero eucaristico, ed è composta di uomini deboli che brancolano nel buio e che si battono ogni giorno contro la tentazione di perdere la fede. Porta un messaggio di pura trasparenza ed è incarnata in una pasta sporca, come è sporco il mondo. Parla della dolcezza del Maestro, della sua non-violenza, e nella storia ha mandato eserciti a sbudellare infedeli e torturare eresiarchi. Trasmette un messaggio di evangelica povertà, e non fa che cercare denaro e alleanze con i potenti».
1: “Ma un amore che chiede in cambio qualcosa non è amore” 2: “Perchè c’è una sola cosa di cui non puoi fare a meno; l’amore” 3: “Dopo la notte, viene il giorno. Sii umile. E apri il tuo cuore alla speranza” 4: “La persona giusta non si cerca. La persona giusta si diventa” 5: “La rivoluzione di Cristo inizia con il dare conciliazione. Ora tocca a noi portare avanti” 9
Dagli Archivi Nazionali della Contea di Vrancea e da uno studio di Cezar Cherciu, è emersa la storia del musicista emiliano Lucio Vecchi (18541930) trascritta da Catalina Bonciu della comunità emiliano-romagnola di Bucarest ucio Vecchi nasce nel 1854 a Guastalla, in provincia di Reggio Emilia. Studia presso la scuola della sua città fino a 14 anni, continuando poi gli studi al Conservatorio di Milano, dove ottiene il diploma. Ha solo 19 anni quando comincia la sua avventura romena, che l’avrebbe legato definitivamente a questo Paese. Vecchi giunge a Focşani, capoluogo del distretto di Vrancea, nella regione della Moldavia, con un gruppo operistico, accompagnando i suoi fratelli Contardo e Olivier. Tra i membri del gruppo, si ricorda anche il nome di Ettore Sorani, un altro italiano che sarebbe diventato una personalità del mondo di Focşani, notevole pedagogo e docente amato dagli allievi. Il gruppo italiano ITALIANI NEL tiene una serie di concerti, con brani operistici, nella nuova sala del Teatro Lupescu. Gli sforzi di attirare il pubblico agli spettacoli del gruppo risultano però MONDO vani, e il gruppo si smembra. Il pubblico di quei tempi non era ancora preparato per questo tipo di arte. Come diceva lo scrittore Duiliu Zamfirescu degli spettatori dell’epoca, “eccetto qualche famiglia, gente di provincia, semplice, senza spirito e gusto, tra cui alcuni notai, membri della corte di giustizia o del tribunale, (tutti gli altri) girano come dei pavoni, ammirandosi le piume quando sono presenti, e ridendosi poi alle spalle. Quelli che sono diversi, stanno da parte”. Nonostante questo, Lucio Vecchi resta a Focşani, al Teatro di commedia dell’artista Ion Lupescu (1837-1893). Grazie al matrimonio si lega alla famiglia di Dimitrie Prisecaru, una persona importante a Focşani, e alla terra di Romania. Qui rimarrà tutta la vita, dedicandosi alla musica. Nel 1875 diventa direttore d’orchestra del gruppo di operetta di Theodor Aslan. L’anno seguente, insieme con un gruppo di professori e di appassionati, fonda la Società filarmonica Milcovul, che svolgerà la sua attività fino al 1903. Nel 1901, la Filarmonica organizza la commemorazione del grande compositore italiano Giuseppe Verdi, e la fanfara del Reggimento 10, diretta da Lucio Vecchi, anima gli eventi. Dal 1877 l’emiliano è dipendente del Comune della città di Focşani, dove si occupa dell’organizzazione e della direzione della fanfara, e il 10 luglio 1881 è nominato capo della fanfara del Reggimento 10 Putna, che sarebbe diventata in breve tempo una delle più rinomate del paese. Nel 1896 l’Imperatore d’Austria, Franz Josef, è in visita nei Principati Romeni, e in questa occasione vengono invitati a suonare a Sinaia solo due gruppi, quello del Reggimento 1 del Genio di Bucarest e quello del Reggimento 10 di Putna. Si dice che, impressionato dall’interpretazione musicale di Lucio Vecchi, nel frattempo diventato “Luciu di Focşani”, l’Imperatore abbia espresso il desiderio di conoscerlo personalmente. Accompagnato dalla Regina alla postazione della fanfara, Franz Josef stringe la mano di Lucio Vecchi e gli conferisce una decorazione. Il musicista emiliano Vecchi rimane con la famiglia reale durante la visita alle località romene e, su invito espresso dell’Imperatore, diletta gli ospiti con la musica della sua fanfara durante tutti i pranzi e nel corso della crociera dei reali sul Danubio e il Mar Nero. Dal 1908 e fino all’inizio della prima guerra mondiale, l’attività di Vecchi si confonde con quella della Società Doina Vrancei, con la quale collabora con il professor Nănulescu. Dopo la guerra, tra il 1920 ed il 1922, lo troviamo coinvolto nell’attività di un’associazione filarmonica di nuova fondazione, sotto la presidenza dell’avvocato Leonida Bălan. Lucio Vecchi ha amato il luogo in cui si è stabilito, che ha vissuto e cantato come un romeno, ispirandosi al folclore locale. Le sue composizioni sono diventate famose e suonate sempre con grande piacere. Ricordiamo titoli come Coca vals, Pe malul Milcovului (sulle rive del Milcov), Pe malul Trotuşului (Sulle Rive del Milcov) o la famosa marcia militare Trece, trece Regimentul 10 (Passa, passa il Reggimento 10). Lucio Vecchi ha contribuito, insieme ai suoi fratelli e al professor Ettore Sorani, alla formazione della cultura musicale del pubblico di Focşani. Alla sua morte, avvenuta il 28 febbraio 1930, è pianto da tutti gli Sissi e Francesco Giuseppe.Il loro palazzo reale(in rovina) a Baile Herculane abitanti della città.
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Un italiano a Focsani che suono’ per l’Imperatore Francesco Giuseppe
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«Impara a fischiettar, vedrai che tutto il mondo più giocondo sembrerà». Un motivo che rimase impresso sulle labbra degli spettatori che, il 21 dicembre del 1937, assistettero alla prima di Biancaneve e i sette nani (titolo originale "Snow White and the Seven Dwarfs") al Carthay Circle Theater di Los Angeles. Ispirato alla celebre fiaba dei fratelli Grimm, fu il primo lungometraggio prodotto dal genio insuperabile di Walt Disney e in assoluto il primo film d'animazione completamente a colori. Nei mesi successivi entrò nel cuore di milioni di spettatori, conquistati dalla storia della giovane protagonista, perseguitata dalla perfida matrigna, la regina Grimilde. Premiata con una candidatura agli Oscar del 1938 per la "miglior colonna sonora" (indimenticabili i motivi di "Ehi-Ho!", "Il mio amore un dì verrà" e "Impara a fischiettar"), la pellicola permise a Walt Disney di conquistare l'anno seguente un Oscar alla carriera. E per il celebre produttore americano fu solo l'inizio di una serie destinata a fare la storia dei film d'animazione, nota come i classici Disney.
Biancaneve e i sette nani è il primo lungometraggio nella storia del cinema realizzato totalmente con la tecnica del disegno animato, ed è il primo lungometraggio animato Disney. Il film inaugura la tradizione seguita da molti dei lungometraggi Disney di attingere alla letteratura fiabesca europea, e istituisce molti dei principali punti tematici e formali dell’opera disneyana e del film classico a disegni animati: il realismo magico, che coniuga impossibile e plausibile, sogno e realtà, fantastico verosimile e realismo paradossale; il tema del rapporto tra sogno e realtà, la celebrazione del sogno, del principio di piacere; l’umanizzazione degli animali; la contaminazione di generi cinematografici; la divisione dei personaggi in gruppi (divisione etica, tra buoni e cattivi; divisione per specie, tra personaggi umani, animali e fantastici; divisione grafica, tra i personaggi disegnati in modo realistico e quelli disegnati in modo caricaturale). Secondo tradizione fiabesca, il film si basa sulla contrapposizione tra Male e Bene. Il mondo del Male è quello della Regina/Strega, figura della duplicità, dell’artificialità, della perfida vacuità, del potere individuale e gerarchico. Il mondo del Bene è quello di Biancaneve, figura della purezza, della naturalezza: il film è anche il racconto del suo passaggio dall’adolescenza alla maturità. Biancaneve è portatrice della classica triade bellezza-gioventù-amore, è la forza che si oppone al potere accentratore, è «il gesto artistico, il momento estetico di un’industria specializzata, i nani» (Fabre), è l’alter ego di Disney, l’artista che non realizza tutto in prima persona, ma «come una piccola ape volo da una zona all’altra dello Studio, raccolgo il polline e stimolo un po’ tutti» (Disney).
La pecora nera , l’asino, il Natale La pecora nera
C’
era una volta una pecora diversa da tutte le altre. Le pecore, si sa, sono bianche; lei invece era nera, nera come la pece. Quando passava per i campi tutti la deridevano, perché in un gregge tutto bianco spiccava come una macchia di inchiostro su un lenzuolo bianco: «Guarda una pecora nera! Che animale originale; chi crede mai di essere? ». Anche le compagne pecore le gridavano dietro: «Pecora sbagliata, non sai che le pecore devono essere tutte uguali, tutte avvolte di bianca lana?». La pecora nera non ne poteva più, quelle parole erano come pietre e non riusciva a digerirle. E così decise di uscire dal gregge e andarsene sui monti, da sola: almeno là avrebbe potuto brucare in pace e riposarsi all’ombra dei pini. Ma nemmeno in montagna trovò pace. «Che vivere è questo? Sempre da sola!», si diceva dopo che il sole tramontava e la notte arrivava. Una sera, con la faccia tutta piena di lacrime, vide lontano una grotta illuminata da una debole luce. «Dormirò là dentro » e si mise a correre. Correva come se qualcuno la attirasse. «Chi sei?», le domandò una voce appena fu entrata. «Sono una pecora che nessuno vuole: una pecora nera! Mi hanno buttata fuori dei gregge». «La stessa cosa è capitata a noi! Anche per noi non c’era posto con gli altri nell’albergo. Abbiamo dovuto ripararci qui, io Giuseppe e mia moglie Maria. Proprio qui ci è nato un bel bambino. Eccolo!». La pecora nera era piena di gioia. Prima di tutte le altre poteva vedere il piccolo Gesù. «Avrà freddo; lasciate che mi metta vicino per riscaldarlo!». Maria e Giuseppe risposero con un sorriso. La pecora si avvicinò stretta stretta al bambino e lo accarezzò con la sua lana. Gesù si svegliò e le bisbigliò nell’orecchio: «Proprio per questo sono venuto: per le pecore smarrite!». La pecora si mise a belare di felicità. Dal cielo gli angeli intonarono il «Gloria». (Autore ignoto)
La ragione dell'asino
Una
volta gli animali fecero una riunione. La volpe chiese allo scoiattolo:"Che cos'è per te Natale?" Lo scoiattolo rispose: "Per me è un bell'albero con tante luci e tanti dolci da sgranocchiare appesi ai rami". La volpe continuò: "Per me naturalmente è un fragrante arrosto d'oca. Se non c'è un bell'arrosto d'oca non c'è Natale". L'orso l'interruppe: "Panettone! Per me Natale è un enorme profumato panettone!". La gazza intervenne: "Io direi gioielli sfavillanti e gingilli luccicanti. Il Natale è una cosa brillante!". Anche il bue volle dire la sua: "E' lo spumante che fa il Natale! Me ne scolerei anche un paio di bottiglie". L'asino prese la parola con foga: "Bue sei impazzito? E' il Bambino Gesù la cosa più importante del Natale. (Bruno Ferrero)
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«E
sulterà, si rallegrerà, griderà di gioia per te, come nei giorni di festa». Sofonia racconta un Dio che esulta, che salta di gioia, che grida: «Griderà di gioia per te», un Dio che non lancia avvertimenti, oracoli di lamento o di rimprovero, come troppo spesso si è predicato nelle chiese; che non concede grazia e perdono, ma fa di più: sconfina in un grido e una danza di gioia. E mi cattura dentro. E grida a me: tu mi fai felice! Tu uomo, tu donna, sei la mia festa. Mai nella Bibbia Dio aveva gridato. Aveva parlato, sussurrato, tuonato, aveva la voce interiore dei sogni; solo qui, solo per amore, Dio grida. Non per minacciare, ma per amare di più. Il profeta intona il canto dell’amore felice, amore danzante che solo rende nuova la vita: «Ti rinnoverà con il suo amore». Il Signore ha messo la sua gioia nelle mie, nelle nostre mani. Impensato, inaudito: nessuno prima del piccolo profeta Sofonia aveva intuito la danza dei cieli, aveva messo in bocca a Dio parole così audaci: tu sei la mia gioia. Proprio io? Io che pensavo di essere una palla al piede per il Regno di Dio, un freno, una preoccupazione. Invece il Signore mi lancia l’invito a un intreccio gioioso di passi e di parole come vita nuova. Il profeta disegna il volto di un Dio felice, Gesù ne racconterà il contagio di gioia (perché la mia gioia sia in voi, Giovanni 15,11). Il Battista invece è chiamato a risposte che sanno di mani e di fatica: «E noi che cosa dobbiamo fare?». Il profeta che non possiede nemmeno una veste degna di questo nome, risponde: «Chi ha due vestiti ne dia uno a chi non ce l’ha». Colui che si nutre del nulla che offre il deserto, cavallette e miele selvatico, risponde: «Chi ha da mangiare ne dia a chi non ne ha». E appare il verbo che fonda il mondo nuovo, il verbo ricostruttore di futuro, il verbo dare: chi ha, dia! Nel Vangelo sempre il verbo amare si traduce con il verbo dare. La conversione inizia concretamente con il dare. Ci è stato insegnato che la sicurezza consiste nell’accumulo, che felicità è comprare un’altra tunica oltre alle due, alle molte che già possediamo, Giovanni invece getta nel meccanismo del nostro mondo, per incepparlo, questo verbo forte: date, donate. È la legge della vita: per stare bene l’uomo deve dare. Vengono pubblicani e soldati: e noi che cosa faremo? Semplicemente la giustizia: non prendete, non estorcete, non fate violenza, siate giusti. Restiamo umani, e riprendiamo a tessere il mondo del pane condiviso, della tunica data, di una storia che germogli giustizia. Restiamo profeti, per quanto piccoli, e riprendiamo a raccontare di un Dio che danza attorno ad ogni creatura, dicendo: tu mi fai felice.
p. Ermes Ronchi
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B : Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balcescu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021314.18.57, don Valeriano Giacomelli mail:valeriangiac@gmail.com Tel.: 0787 804666 –0039 3341335596 Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", b-dul. Eroilor 124-126 Voluntari.
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I .: Cappella dell’Istituto San Luigi Orione, Soș Rediu 22 Iasi: Domenica ore 11,00 Istituto S. Luigi Orione – Iasi, Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: Alelembo73@gmail.com
C5 6: Chiesa romano-cattolica dei Piaristi. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: veresstelian@yahoo.com Domenica alle ore 12,00 *°*
A5; I 5. : Domenica ore 11:00 nella Chiesa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262 *°*
T.=. > : Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regina Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:parohiafabric@googlemail.com
tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. In quel giorno si dirà a SALUTO Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il C. Nel nome del Padre e del Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un Figlio e dello Spirito Santo. salvatore potente. Gioirà per te, ti A. Amen. rinnoverà con il suo amore, esulteC. La grazia del Signore nostro rà per te con grida di gioia». Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre Parola di Dio. e la comunione dello Spirito Santo A. Rendiamo grazie a Dio. siano con tutti voi. SALMO RESPONSORIALE A. E con il tuo spirito. R. Canta ed esulta, perché INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE grande in mezzo a te è il Santo ATTO PENITENZIALE d’Israele. C. Per lasciarci afferrare dal SiEcco, Dio è la mia salvezza; io gnore Gesù che ci è vicino e vuole avrò fiducia, non avrò timore, pervenire ad abitare nei nostri cuori, e ché mia forza e mio canto è il Siper non averlo riconosciuto nelle gnore; egli è stato la mia salvezza. tante gioie quotidiane chiediamo R/. perdono. Attingerete acqua con gioia Breve pausa di riflessione personale alle sorgenti della salvezza. RenTu che sei venuto a portare la dete grazie al Signore e invocate il vera gioia, abbi pietà di noi. suo nome, proclamate fra i popoli Signore, pietà. le sue opere, fate ricordare che il Tu che vieni a chiamarci a suo nome è sublime. R/. conversione, abbi pietà di noi. Cantate inni al Signore, perCristo, pietà. ché ha fatto cose eccelse, le conoTu che verrai alla fine del sca tutta la terra. Canta ed esulta, mondo per separare i buoni dai tu che abiti in Sion, perché grande cattivi, abbi pietà di noi. in mezzo a te è il Santo d’Israele. Signore, pietà. R/. C. Dio Onnipotente abbia miseSeconda Lettura ricordia di noi, perdoni i nostri Dalla lettera di san Paolo apostolo ai peccati e ci conduca alla vita eter- Filippesi na. Fratelli, siate sempre lieti nel SiA. Amen. gnore, ve lo ripeto: siate lieti. La ( Non Si dice il Gloria) vostra amabilità sia nota a tutti. Il COLLETTA Signore è vicino! Non angustiatevi C. O Dio, fonte della vita e della per nulla, ma in ogni circostanza gioia, rinnovaci con la potenza del fate presenti a Dio le vostre richietuo Spirito, perché, corriamo sulla ste con preghiere, suppliche e rinvia dei tuoi comandamenti, e por- graziamenti. E la pace di Dio, che tiamo a tutti gli uomini il lieto ansupera ogni intelligenza, custodirà nunzio del Salvatore, Gesù Cristo i vostri cuori e le vostre menti in tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e reCristo Gesù. Parola di Dio. gna con te, nell'unità dello Spirito A. Rendiamo grazie a Dio Santo, per tutti i secoli dei secoli. Canto al Vangelo (seduti) A. Amen ALLELUIA. ALLELUIA LITURGIA DELLA PAROLA Lo Spirito del Signore è sopra di me, mi ha mandato a portare ai poPrima Lettura veri il lieto annuncio. ALLELUIA. Dal libro del profeta Sofonìa C. Il Signore sia con voi Rallègrati, figlia di Sion, grida di A. E con il tuo spirito. gioia, Israele, esulta e acclama con C. Dal Vangelo secondo LUCA
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A.
Gloria a te o Signore
VA N G E L O In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo. Parola del Signore. A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( Seduti) CREDO Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello
Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
PREGHIERA DEI FEDELI
e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)
PADRE NOSTRO
Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il Tuo nome venga il Tuo Regno sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri SULLE OFFERTE debitori e non ci indurre in tentaC. Sempre si rinnovi, Signore, zione ma liberaci dal male C. Liberaci, o Signore, da tutti i l'offerta di questo sacrificio, che attua il mistero da te istituito, e con mali, concedi la pace ai nostri giorla sua divina potenza renda effica- ni, e con l'aiuto della tua misericorce in noi l'opera della salvezza. Per dia vivremo sempre liberi dal pecCristo nostro Signore. cato e sicuri da ogni turbamento, A. Amen. nell'attesa che si compia la beata PREGHIERA EUCARISTICA speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. C. Il Signore sia con voi. A. Tuo è il regno, tua la potenA. E con il tuo spirito. za e la gloria nei secoli C. In alto i nostri cuori. R ITO DELLA PACE A. Sono rivolti al Signore. C. RendiamograziealSignorenostroDio. C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi A. E’ cosa buona e giusta do la mia pace” non guardare ai È veramente cosa buona e giusta renderti grazie e innalzare a te l’in- nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace no di benedizione e di lode, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo secondo la tua volontà. Tu che vivi Signore nostro. Egli fu annunziato e regni nei secoli dei secoli. Amen da tutti i profeti, la Vergine Madre A. C. La pace del Signore sia sempre l’attese e lo portò in grembo con ineffabile amore, Giovanni procla- con voi. A. E con il tuo spirito. mò la sua venuta e lo indicò preCome figli del Dio della pasente nel mondo. Lo stesso Signo- C. ce, scambiatevi un gesto di core, che ci dona di prepararci con munione fraterna. gioia al mistero del suo Natale, ci A. Agnello di Dio, che togli i pectrovi vigilanti nella preghiera, esultanti nella sua lode. Per questo cati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) dono della tua benevolenza, uniti Agnello di Dio, che togli i pecagli angeli e ai santi, con voce unacati del mondo, dona a noi la pace. nime cantiamo l’inno della tua loC. Beati gli invitati alla cena del de: Santo, Santo, Santo il Signo- Signore Ecco l’Agnello di Dio che tore Dio dell'universo. I cieli e la glie i peccati del mondo. terra sono pieni della tua gloria. A. O Signore, non sono degno Osanna nell'alto dei cieli. Bene- di partecipare alla tua mensa: detto colui che viene nel nome ma di’ soltanto una parola e io del Signore. Osanna nell'alto dei sarò salvato. (In ginocchio) cieli. DOPO LA COMUNIONE C. Mistero della fede C. O Dio, nostro Padre, la forza A. Annunciamo la tua morte, di questo sacramento ci liberi dal Signore, proclamiamo la tua ri- peccato e ci prepari alle feste orsurrezione nell’attesa della tua mai vicine. Per Cristo nostro Signovenuta. re. DOPOLA PREGHIERA EUCARISTICA A. Amen C. Per Cristo, con Cristo e in CriC. Il Signore sia con voi. sto, a te Dio, Padre onnipotente, A. E con il tuo spirito. nell’unità dello Spirito Santo, ogni C. Vi benedica Dio onnipotente onore e gloria, per tutti i secoli dei Padre e Figlio e Spirito Santo secoli. A. Amen.
C. Tristezza, disperazione, angoscia, ansia per il domani. Sono atteggiamenti e sentimenti frequenti nella nostra vita. Spesso legittimi, ma mai giusti. Oltre che gettare ombre sulla vita, sono la prima contro-testimonianza della nostra fede. Rinnoviamo la nostra speranza pregando: Vieni Signore Gesù. 1. Perché la Chiesa nei momenti difficili della sua storia e nelle persecuzioni per causa del Vangelo si abbandoni con fiducia alla potenza e la fedeltà di Dio. Preghiamo. 2. Perché la nostra comunità continui a testimoniare con perseveranza la buona notizia della salvezza. Preghiamo. 3. Signore, custodisci i nostri pensieri e i nostri cuori nella tua pace. Rendici tenaci costruttori di percorsi di riconciliazione per chi incontriamo sul nostro cammino. Preghiamo. 4. Perché coloro che sono oppressi dalla sofferenza e tentati dalla disperazione siano toccati dal tuo annuncio di salvezza, e trovino in noi la sollecitudine capace di restituire speranza. Preghiamo. C. Signore ascolta la nostra preghiera. Fa’ che ci disponiamo ad accogliere nella letizia e con fede sincera il Tuo Figlio che viene a salvare tutti gli uomini. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. A. Amen A. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Obbedienti alla parola del C. Pregate, fratelli e sorelle, Salvatore e formati al suo divino perché portando all’altare la gioia insegnamento, osiamo dire: 16
C. A.
Nel nome del Signore: andate in pace. Rendiamo grazie a Dio