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e ne parla ogni giorno, potremmo anzi dire che da qualche tempo se ne “sparla” ogni giorno. Ad essa si attribuiscono meriti, più spesso e di recente danni e demeriti. E’ un’idea non del tutto realizzata e qualcuno vorrebbe farla abortire. Parliamo dell’Europa, anzi di Europa. Se proviamo a chiedere in giro che cosa sia è molto difficile che si possa avere una risposta celere e chiara e soprattutto equilibrata. In buona sostanza anche se da secoli ci viviamo, definirla è cosa estremamente complessa. Eppure esiste e non da ieri, ma da oltre un millennio, il suo significato fondante, l’idea di una sua costruzione partendo da una comune visione di un futuro possibile. Proviamo allora a capire innanzitutto che cos’è l’Europa. Il suo nome anticamente - poi però questo spunto è stato dimenticato – deriverebbe da un’origine verbale semitica,‛ereb’ che sta per "occidente". Ad introdurne l’impiego sarebbero stati i Fenici, i quali, diffondendosi dalla Siria nel bacino mediterraneo, avrebbero indicato genericamente come occidente tutti i paesi successivamente scoperti fino allo Stretto di Gibilterra. Un uso forse contrapposto a quello di Asia, nome che si faceva pure derivare da un vocabolo semitico con il significato di "oriente". Per entrambi i nomi però non è esclusa l'origine greca: Europa e Asia ricorrono già infatti nella Teogonia di Esiodo, come figli di Oceano e di Teti, ma senza riferimento spaziale. Quella che oggi si definisce Europa, è in primo luogo una regione geografica della terra, comunemente considerata un continente in base a fattori economici, geopolitici e storicoculturali. Secondo il punto di vista fisico-geografico essa è in realtà l'estremità occidentale del cosiddetto supercontinente euroasiatico. Per altre teorie sarebbe anche una delle tre parti del supercontinente indicato come Eurafrasia, ossia Europa, Africa ed Asia, facendo riferimento alla comune origine nell’antichissimo continente Pangea poi divisosi tra Laurasia a nord e Gondwana a sud del globo. La storia e la cultura europea hanno influenzato notevolmente quelle degli altri continenti, verso i quali, a partire dal XVI secolo, sono state frequenti e massicce le migrazioni, specialmente nelle Americhe e in Oceania, dove gli europei hanno quasi sostituito le popolazioni locali.
Nella mitologia greca, Europa era la figlia di Agenore re di Tiro, antica città fenicia e poi colonia greca nell’area mediterraneo-mediorientale. Il racconto ancestrale narra che Zeus innamoratosi di questa giovane, decise di rapirla e si trasformò in uno splendido toro bianco. La trovò che coglieva i fiori in riva al mare. Europa vide il toro che le si avvicinava, era spaventata ma il grande animale si sdraiò ai suoi piedi ed Europa si tranquillizzò. Vedendo che si lasciava accarezzare Europa salì sulla groppa del toro che si gettò in mare e la condusse fino a Creta. Nell’isola Zeus si ritrasformò in divinità e rivelò alla giovane il suo amore. E fu così, narra il mito, che ebbero tre figli: Minosse, Sarpedonte e Radamanto. Minosse - e qui si comincia ad entrare nella storia - divenne re di Creta e diede vita alla omonima civiltà, unanimemente considerata la culla della civiltà europea. Da allora il nome Europa cominciò ad indicare le terre poste a nord del Mediterraneo.
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In epoca greca e romana l'Europa era un termine geografico indefinito, indicante una terra a nord del Mediterraneo della quale non si conoscevano con esattezza i confini settentrionali. Nella ricostruzione del geografo greco Ecateo di Mileto (V secolo a.C.) la Terra comprendeva due continenti divisi dal Mediterraneo, centro del mondo: da una parte l'Europa confinata a nord dalle sconosciute regioni iperboree; dall'altra l'Asia, nella quale erano compresi anche l'Egitto e la Libia. La civiltà greca si può considerare alla base di quella che viene indicata come cultura europea e della forma di pensiero relativa. Una cultura ed un pensiero che con l’impero romano si diffonderà nel resto del continente, attraverso la lingua latina ed il diritto. Alla fine dell’epoca romana sarà attraverso la religione cristiana che si tornerà a parlare esplicitamente di Europa ed essa si identificherà in quel mondo che si opporrà all’espansione dell’Islam. Il primo significato storico-politico si affermerà con l’impero di Carlo Magno, una nuova entità nella quale convergono la potenza dei popoli germanici, ciò che sopravvisse di Roma, dei Celti e di tutti i popoli precedenti fino al paleolitico. lungo excursus per sottolineare come di questa entità complessa, si parli da tempi non sospetti. E se ne parli come di un unicum, di qualcosa di reale e di valore unificante di genti e culture. Non tanto di comuni radici prima religiose, poi sociopolitiche, quanto di un idem sentire, di un idem vivere. Il valore e forse il fascino oggi un po’ appannato dell’Europa sta proprio nella sua stessa complessità e difficoltà di definizione. Ma è proprio dal passato e pure dalle sue anche feroci divisioni che deriva la sensazione di appartenenza a qualcosa di specifico e di incredibile. Potremmo dire che oggi, come ieri, l’Europa esiste nonostante gli europei, il loro egoismo, la loro rissosità. E’ un paradosso storico e concettuale e nel corso delle epoche è divenuto anche qualcosa di più, un orizzonte possibile per un insieme di paesi e di origini etniche accomunati da una comune e indivisibile eredità culturale e filosofica, che proprio nel passato trova la sua fonte di ispirazione che la rende un incredibile esperimento di convivenza e di potenzialità di sviluppo e crescita! Un unicum che, se solo volesse avere coscienza di sé, costituirebbe uno degli elementi forti del mondo contemporaneo. La sua incompiutezza invece fa rischiare a tutti i suoi popoli e nazioni, l’irrilevanza dinanzi ai grandi attori che appaiono sul proscenio mondiale. Fa dunque impressione – pur se si comprende lo smarrimento dei popoli di fronte alle crisi economiche e alle difficoltà della globalizzazione - la crassa ignoranza e la poca lungimiranza di classi politiche che in questa Europa di oggi non serbano memoria e valori di un’ispirazione originale e fatta apposta per rendere un continente, devastato da secoli di odii e guerre senza fine, un luogo della storia e della geografia nel quale si realizzi la pacifica e proficua convivenza tra genti diverse. Un luogo di eguaglianza economica e politica, un luogo di libertà costruite e difese senza remore, un luogo di accoglienza come è stato per secoli e secoli (non solo terra di conquista, ma anche rifugio da violenze e soprusi). Un’idea, anzi un compendio di idee, che non hanno perso la loro carica vitale, quella loro impressa dai fondatori, dalle menti teoriche che l’hanno immaginata, ma che deve recuperare la spinta anch’essa vitale di quelle idee e saperle sovrapporre al puro sommarsi di economie diverse e distanti per qualità e quantità, ma interdipendenti tra loro molto più di quanto non si pensi e non si ritenga. La vera sfida non è una “exit” - un passaporto per irrilevanza e isolamento - ma una più forte integrazione fatta di diritti per tutti ma anche di doveri per tutti e di quel particolare valore che alle sue origini nel dopoguerra era la pietra angolare, nello spettacolo agghiacciante delle rovine umane e materiali: la solidarietà!
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na scena dolcissima. Lui, alto, capelli lunghi e biondi, tiene la mano agganciata a quella della sua ragazza. Avanzano dondolandosi, quasi danzando. Scherzano, si fanno le coccole. Ogni tanto si fermano, si guardano negli occhi, si abbracciano. Poi riprendono a saltellare, a correre, a rincorrersi. A fare girotondi. C’è poco da fare, le persone innamorate fanno più bello il mondo. Quel giovanotto lo conosco, è Alberto. La mente allora va indietro nel tempo. Era una bella e luminosa mattina di primavera. Me ne stavo seduto sul sagrato di una chiesa ad aspettare una persona. Una donna che non conoscevo, passando, mi salutò con cordialità. Fece pochi passi, poi ritornò indietro: “Padre, mi scusi – disse – sento il dovere di dirle una cosa importante. Sara, la figlia di un’amica è rimasta incinta. Il fidanzato, appena saputo la notizia, non si è fatto più vedere. Sara ha deciso di abortire. Se può, cerchi di aiutarla”. Annotai nome e indirizzo. Un’ora dopo bussai alla sua porta. Mi presentai, ma mi accorsi che Sara e la famiglia mi conoscevano già. Spiegai loro il motivo della mia visita. Rimasero meravigliati ma accettarono di parlare. Sara era distrutta. Un mare di lacrime e di amarezza. All’improvviso le era caduto il mondo addosso. Portava in grembo un figlio, suo figlio, che avrebbe potuto essere la sua gioia ma che per adesso rappresentava il suo tormento. Non era facile per lei accettare quella gravidanza inaspettata. Michele, il fidanzato, aveva fatto perdere le sue tracce e lei era tanto giovane. “Come faccio, padre? Se ci fosse anche lui sarebbe diverso, insieme avremmo affrontato i problemi, ma da sola come faccio?” Povera figlia, aveva ragione da vendere. Non è facile a 20 anni diventare mamma senza il sostegno di chi, fino al giorno prima, giurava di amarti. “ Hai ragione, Sara; ricordati però che noi ci siamo e non ti abbandoneremo. Se avrai il coraggio di far nascere il bambino che porti in grembo, ti assicuro che non te ne pentirai. Fidati. La vita è troppo bella, unica, preziosa per gettarla via. Con il tempo le cose cambieranno, solo se decidi di abortire non potrai più
tornare indietro”. Sara passava da uno stato d’animo a un altro alla velocità del lampo. A momenti di ansia e depressione ne alternava altri di speranza e di fede. Mille dubbi le inondavano il cuore. La paura era tanta. Povera ragazza. Aveva riposto fiducia nel suo Michele, gli aveva concesso tutto, e lui, nel momento più delicato, l’aveva abbandonata. Alla delusione per l’amore perduto si aggiungeva adesso la paura di diventare ragazza madre. La sua mamma in un angolo piangeva. “La vita è tua, Sara. Devi decidere tu che cosa fare. Sappi che noi, qualsiasi sia la tua scelta, non ti abbandoneremo”. Che fare? Guardavo Sara con tenerezza immensa. In cuor mio pregavo. Il pensiero correva a tutte le ragazze come lei ingannate e abbandonate. Povere ragazze sulle quali cade tutto il peso della gravidanza, della maternità o la lacerante scelta di eliminare il bambino. Sara era credente anche se con la chiesa e i sacramenti non aveva troppa confidenza. Però pregava. Si, sapeva bene che l’aborto era un delitto. Sapeva che anche suo figlio aveva il diritto di nascere. Sapeva tutto, ma era decisa a tutto. L’aborto in quelle ore le sembrava l’unica soluzione per uscire da quel labirinto in cui era finita. Sembrava proprio che lo spazio per la speranza andasse scemando. Ci incontrammo ancora. Dopo i giorni dell’incertezza e dell’angoscia, dopo le lacrime versate e le preghiere innalzate al Signore della vita, Sara prese la sua decisione. Suo figlio sarebbe nato. “In questo mondo tanto grande ci sarà posto anche per lui” disse. Da quel giorno, come per incanto, divenne più serena. Alberto nacque. Ebbi la gioia di battezzarlo. Mantenemmo la promessa fatta. Gli anni iniziarono a volare. Una domenica, con il giglio in mano, emozionato, ricevette per la prima volta Gesù nell’Eucarestia. In seguito la sua famiglia cambiò casa e non ebbi più modo di vederlo. L’ho incontrato l’altro giorno. Uno spilungone innamorato e felice. Luminoso come quella mattina di tanti anni prima, quando, senza saperlo, la Provvidenza mi aveva dato appuntamento sul sagrato di una chiesa. Sii felice, Alberto.
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lla prima Lettura della liturgia di oggi che Francesco dedica la sua riflessione questa mattina alla Messa a Casa santa Marta. Si tratta del brano degli Atti degli Apostoli che riporta il discorso di Paolo nella sinagoga di Antiochia. Gli abitanti di Gerusalemme e i loro capi, dice l’apostolo, non hanno riconosciuto Gesù e lo hanno condannato, ma lui dopo essere morto è resuscitato. “E noi, conclude, vi annunciamo che la promessa fatta ai Padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, resuscitando Gesù”.
Camminare con la promessa di Dio nel cuore Con nel cuore questa promessa di Dio, prosegue il Papa, il popolo si è messo in cammino e con la sicurezza che gli derivava dal sapersi “un popolo eletto”. Il popolo, spesso infedele, “si fidava della promessa, perché sapeva che Dio è fedele”. E per questo andava avanti, fidandosi della fedeltà di Dio. Anche noi siamo in cammino: noi siamo in cammino. Siamo in cammino … e quando facciamo questa domanda – “Sì, in cammino: ma in cammino, dove?” – “Sì, in cielo!” – “E cosa è, il cielo?”. E lì, incominciamo a scivolare nelle risposte, non sappiamo bene come dire “cosa è il cielo”. E tante volte pensiamo a un cielo astratto, un cielo lontano, un cielo … sì, si sta bene lì … Alcuni pensano: “Ma, sarà un po’ noioso stare lì, tutta l’eternità?”. No: il cielo non è quello. Noi camminiamo verso un incontro: l’incontro definitivo con Gesù. Il cielo è l’incontro con Gesù.
Gesù lavora per noi, prega per noi Il Papa dice che dobbiamo tornare su questo pensiero: “Io sto camminando nella vita per incontrare Gesù”. Un incontro che ci farà godere per sempre, afferma Francesco. Ma poi si domanda: “cosa fa Gesù, nel frattempo? E risponde: non sta seduto ad aspettarmi ma, come dice il Vangelo, lavora per noi. Lui stesso infatti ha detto: “Abbiate fede anche in me” e ”Vado a prepararvi un posto”. “E qual è il lavoro di Gesù? L’intercessione. La preghiera di intercessione”. Gesù prega per me, per ognuno di noi. Ma questo dobbiamo ripeterlo per convincerci: Lui è fedele e Lui prega per me. In questo momento.
Lui è fedele e ci prepara un posto Francesco ricorda le parole di Gesù nell’Ultima Cena, quando a Pietro promette: “io pregherò per te”. E dice: quello che dice a Pietro l’ha detto a tutti noi: “Io prego per te” . E ognuno di noi deve dire: ‘Gesù sta pregando per me’, sta lavorando, ci sta preparando quel posto. E Lui è fedele; Lui è fedele: lo fa, perché lo ha promesso. Il cielo sarà questo incontro, un incontro con il Signore che è andato lì a preparare il posto, l’incontro di ognuno di noi. E questo ci dà fiducia, fa crescere la fiducia.
L’intercessione di Gesù Gesù è il sacerdote intercessore, fino alla fine del mondo. “Che il Signore ci dia questa consapevolezza di essere in cammino con questa promessa – conclude il Papa – il Signore ci dia questa grazia: di guardare su e pensare: ‘Il Signore sta pregando per me’ ”. (Aleteia.org 27 Aprile 2018)
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Aldo Moro (9 Maggio 1978) Presidente della Democrazia Cristiana, il partito che dal 1948 era il fulcro del sistema democratico italiano nato con la sconfitta del fascismo. Professore universitario di diritto costituzionale, esponente di spicco dell’ala sinistra del partito. Fautore del Compromesso Storico con il Partito Comunista Italiano, voleva che la democrazia italiana entrasse alla fine nella sua Terza Fase, quella dell’alternanza dei due partiti alla guida del Paese. Inviso ad Henry Kissinger e ad una parte della stessa gerarchia ecclesiastica, come lo stesso leader comunista Enrico Berlinguer lo era al Pcus. Le Brigate Rosse Gruppo terrorista di estrema sinistra – non l’unico – che agisce dall’inizio degli anni ’60. Le Brigate Rosse sono contro lo stato borghese che reprime le classi lavoratrici, o almeno così dicono. Ma il loro apparato ideologico appare sostanzialmente poco elaborato, limitandosi ad una confusa sintesi di marxismo, trozkismo e leninismo. Il rapimento di Moro è la loro azione più importante, ma non certo l’unica: si calcola che le vittime dei loro attentati siano almeno 87. Tutte ben calcolate: le Br non usavano le bombe per cercare le stragi, ma colpivano obiettivi precisi e ben studiati, per scardinare quello che loro chiamavano il Regime. Dopo il sequestro entreranno in un lento ma inarrestabile declino. Il rapimento
Dura 55 giorni, nel corso dei quali Moro viene tenuto in una cella segreta (non si è mai saputo con certezza dove) per essere interrogato e processato da un cosidetto “tribunale del popolo”, che alla fine gli comminerà la pena di morte. In questo periodo comunica con l’esterno scrivendo delle lettere che i suoi carcerieri leggono, controllano e provvedono nel caso a recapitare. Nel frattempo l’Italia conosce la sua crisi più profonda: non tanto politica (il governo che Moro avrebbe dovuto votare proprio la mattina del suo rapi-
mento, a guida democristiana ma con l’appoggio esterno dei comunisti, regge) quanto semmai morale e civile. La società e la politica sono dilaniate da una scelta drammatica: decidere se trattare oppure no. La mancata trattativa Fin dalle prime ore della vicenda emerge, all’interno dei vertici democristiani, l’orientamento a non trattare con i rapitori di Moro, che altrimenti si vedrebbero riconosciuti nel loro preteso ruolo di interlocutori dello Stato, su una base di pari dignità. Immediato anche il no del Pci, ma l’idea di un accordo, casomai sottobanco, è una sirena cui cedono una parte della Dc, diversi esponenti comunisti e il Partito Socialista Italiano guidato da Bettino Craxi. Il mancato raggiungimento dell’intesa provoca la morte di Moro, ma si può dire che nel lungo periodo determina la sconfitta dei brigatisti, che non ottengono quello che era il risultato desiderato. Paolo VI Il Papa di quegli anni è amico personale di Moro, nonché figlio di un deputato cattolico antifascista del Partito Popolare. È dotato di una sviluppatissima sensibilità politica, vive i 55 giorni del rapimento come un dramma personale. Quasi alla fine della vicenda scriverà di suo pugno una lettera agli “uomini delle Brigate Rosse”. Chiede loro di restituire il rapito alla sua famiglia “senza condizioni”. Anche lui è per la fermezza. Ma celebrando a San Pietro il funerale di Moro esploderà in una terribile preghiera: “Chi può ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte? Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico”. Morirà pochi mesi dopo. Dopo il 16 marzo 1978 l’Italia non sarebbe stata più la stessa.
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Un Dio che da signore e re si fa amico, alla pari con noi
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na di quelle pagine in cui pare custodita l’essenza del cristianesimo, le cose determinanti della fede: come il Padre ha amato me, così io ho amato voi, rimanete in questo amore. Un canto ritmato sul vocabolario degli amanti: amare, amore, gioia, pienezza… «Dobbiamo tornare tutti ad amare Dio da innamorati, e non da servi» (L. Verdi). E una strada c’è, perfino facile, indicata nelle parole: rimanete nel mio amore. Ci siete già dentro, allora restate, non andatevene, non fuggite via. Spesso noi resistiamo, ci difendiamo dall’amore, abbiamo il ricordo di tante ferite e delusioni, ci aspettiamo tradimenti. Ma il Maestro, il guaritore del disamore, propone la sua pedagogia: Amatevi gli uni gli altri. Non semplicemente: amate. Ma: gli uni gli altri, nella reciprocità del dare e del ricevere. Perché amare può bastare a riempire una vita, ma amare riamati basta per molte vite. Poi la parola che fa la differenza cristiana: amatevi come io vi ho amato. Come Cristo, che lava i piedi ai suoi; che non giudica e non manda via nessuno; che mentre lo ferisci, ti guarda e ti ama; in cerca dell’ultima pecora con combattiva tenerezza, alle volte coraggioso come un eroe, alle volte tenero come un innamorato. Significa prendere Gesù come misura alta del vivere. Infatti quando la nostra è vera fede e quando è semplice religione? «La fede è quando tu fai te stesso a misura di Dio; la religione è quando porti Dio alla tua misura» (D. Turoldo) Sarà Gesù ad avvicinarsi alla nostra umanità: Voi siete miei amici. Non più servi, ma amici. Parola dolce, musica per il cuore dell’uomo. L’amicizia, qualcosa che non si impone, non si finge, non si mendica. Che dice gioia e uguaglianza: due amici sono alla pari, non c’è un superiore e un inferiore, chi ordina e chi esegue. È l’incontro di due libertà. Vi chiamo amici: un Dio che da signore e re si fa amico, che si mette alla pari dell’amato! Ma perché dovrei scegliere di rimanere dentro questa logica? La risposta è semplice, per essere nella gioia: questo vi dico perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. L’amore è da prendere sul serio, ne va del nostro benessere, della nostra gioia. Dio, un Dio felice (“la mia gioia”), spende la sua pedagogia per tirar su figli felici, che amino la vita con libero e forte cuore e ne provino piacere, e ne gustino la grande bellezza. La gioia è un sintomo: ti assicura che stai camminando bene, che sei sulla via giusta, che la tua strada punta diritta verso il cuore caldo della vita. Gesù, povero di tutto, non è stato però povero di amici, anzi ha celebrato così gioiosamente la liturgia dell’amicizia, da sentire vibrare in essa il nome stesso di Dio. P.Ermes Ronchi
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i sono dei segni tangibili della primavera, che varrebbe la pena di raccontare, scavando nel tempo. L'arrivo delle giostre nei nostri paesi è fra questi e la loro stagionalità secolare segue l'evoluzione tecnologica. Quando ero bambino, a Verrès, l'arrivo dei piccoli "Luna park" itineranti spezzava la routine. Era anzitutto una presenza "sociale": i nomadi che li gestivano - penso le stesse famiglie di oggi - erano assieme simbolo di trasgressione per una vita immaginata avventurosa (le ragazzine andavano matte per i giovani giostrai che si atteggiavano a maudit) e dall'altra oggetto dei pregiudizi per le molte raccomandazioni di approcciarli, della serie - tipico ammonimento della nonna - «gli zingari ti portano via». Capitava che, come avveniva anche con i circhi, qualche bambino dei "baracconi" (si definivano anche così) finisse nella nostra scuola, ti invitava lui ai "giochi" e le diffidenze sparivano. Ma, soprattutto. c'era il divertimento. Due i preferiti: gli autoscontri su cui si sperimentava anzitempo la guida e il "calci in culo", la giostra con seggiolini legati a catene sulla quale ci si spingeva alla conquista della "coda di volpe" posta in alto come trofeo.
Nell'occasione spendevamo tutto quello che ragionevolmente i genitori ci davano ed era, specie nel pomeriggio, uno dei casi in cui si sperimentava con gli amici una piccola forma di autonomia personale, andando con i soldi in tasca in un posto considerato fuori dal normale. Nella società multietnica la presenza "trasgressiva" delle giostre fa ormai sorridere, mentre la componente "piacere" resta intatta come si sente dalle grida entusiaste dai bambini, pronti a tutto per un giro in più e per impadronirsi di una leccornia dei "baracconi".
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+Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. A. Amen. C. Il Dio della speranza, che ci riempie di ogni gioia e pace nella fede per la potenza dello Spirito Santo, sia con tutti voi. A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE CONFESSO a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà. GLORIA Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati dal mondo abbi pietà di noi; tu che togli i peccati dal mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen. COLLETTA C. O Dio, che ci hai amati per primo e ci hai donato il tuo Figlio, perché riceviamo la vita per mezzo di lui, fa' che nel tuo Spirito impariamo ad amarci gli uni gli altri come lui ci ha amati, fino a dare la vita per i fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'u-
nità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura Dagli Atti degli Apostoli Avvenne che, mentre Pietro stava per entrare nella casa di Cornelio, questi gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!». Poi prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga». Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio. Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio. SALMO RESPONSORIALE Alleluia, alleluia, alleluia. Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie. Gli ha dato vittoria la sua destra e il suo braccio santo. R/. Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa d’Israele. R/. Tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria del nostro Dio. Acclami il Signore tutta la terra, gridate, esultate, cantate inni! R/. Seconda Lettura Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore
di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio Canto al Vangelo ALLELUIA. ALLELUIA Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui. ALLELUIA. ALLELUIA C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo GIOVANNI A. Gloria a te o Signore
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VA N G E L O
quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». Parola del Signore A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( seduti)
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CREDO Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C. La gloria di Dio, che risplende nella morte e risurrezione di Gesù, ci viene donata attraverso lo Spirito Santo, che ci permette di vivere nella fede, nella speranza e nella carità. Preghiamo insieme e diciamo: Donaci, Signore, il tuo Spirito d'amore. 1. Agnello di Dio, rendi la tua Chiesa risplendente di gloria, per essere segno già in questo mondo dell'amore pieno che tu ci doni, preghiamo. 2. Principe della pace, spegni l'odio nel mondo, poni fine ai conflitti, riconcilia le famiglie divise, concedi a tutti il dono della pace pasquale, preghiamo. 3. Figlio del Padre, unisci le nostre comunità cristiane, perché nella diversità dei carismi si manifesti l'unico dono dello Spirito Santo, preghiamo. 4. Signore risorto, fa' che tutti noi che partecipiamo a questa Eucaristia passiamo dalle tenebre del
peccato alla splendida luce della tua risurrezione, preghiamo. C. Signore, che risorgendo da morte ci hai resi partecipi dei tuoi doni pasquali, fa' che, fedeli ai tuoi comandamenti, ti serviamo sempre con cuore puro e riconoscente. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. .A. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE C. Accogli, Signore, l'offerta del nostro sacrificio, perché, rinnovati nello spirito, possiamo rispondere sempre meglio all'opera della tua redenzione. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. RendiamograziealSignorenostroDio. A. E’ cosa buona e giusta È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, proclamare sempre la tua gloria, o Signore, e soprattutto esaltarti in questo tempo nel quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato. Egli continua a offrirsi per noi e intercede come nostro avvocato: sacrificato sulla croce più non muore, e con i segni della passione vive immortale. Per questo mistero, nella pienezza della gioia pasquale, l'umanità esulta su tutta la terra, e con l'assemblea degli angeli e dei santi canta l'inno della tua gloria Santo, Santo, Santo… C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta. DOPOLA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino
insegnamento, osiamo dire: PADRE NOSTRO Padre nostro che sei nei cieli, / sia santificato il tuo nome; / venga il tuo regno;/ sia fatta la tua volontà, / come in cielo così in terra. / Dacci oggi il nostro pane quotidiano, / e rimetti a noi i nostri debiti / come noi li rimettiamo ai nostri debitori,/ e non ci indurre in tentazione,/ ma liberaci dal male». C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE C. Dio grande e misericordioso, che nel Signore risorto riporti l'umanità alla speranza eterna, accresci in noi l'efficacia del mistero pasquale con la forza di questo sacramento di salvezza. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: andate in pace. A. Rendiamo grazie a Dio