Adeste nr 27 domenica 01 luglio 2018c

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*In sinergia con Fondazione Migrantes


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C’è un pezzo d’Italia nel Dna politico-culturale degli Stati Uniti. Lo si deve a Filippo Mazzei, nome che agli italiani dice poco o nulla, ma la cui importanza è stata riconosciuta dagli storici e da almeno tre presidenti americani. Nato a Poggio a Caiano (a 15 km da Firenze) nel 1730, ebbe una vita decisamente movimentata: pur non avendo mai completato gli studi si improvvisò medico a Smirne. Più tardi si trasferì a Londra, dove visse circa diciassette anni come commerciante. Lì fece amicizia con personaggi del calibro di Benjamin Franklin e John Adams, e procurò al Granduca Pietro Leopoldo di Toscana due stufe disegnate dal poliedrico scienziato (nonché politico) americano. Venuto a conoscenza che il clima e il paesaggio della Virginia non erano molto diversi da quelli della sua Toscana, nel 1773 si trasferì nella colonia, per introdurvi la coltivazione della vite e dell’olivo e, al contempo, avviare scambi commerciali tra l’America e l’Europa. Fu Thomas Jefferson a convincerlo a stabilirsi vicino alla sua tenuta di Monticello, nella contea di Albemarle. Ottenuta la cittadinanza della Virginia Mazzei si appassionò alle vicende della Rivoluzione, scrivendo numerosi pamphlet e articoli tradotti dal suo amico Jefferson, e arruolandosi come volontario per combattere contro gli inglesi. Il 6 maggio 1776 Mazzei pubblicò le Istruzioni dei possidenti della Contea di Albemarle ai loro delegati alla Convenzione. Il 12 giugno 1776, la Convenzione adottò la Dichiarazione dei diritti della Virginia. Passa meno di un mese e il 4 luglio 1776, a Filadelfia, si incontrarono i rappresentanti delle tredici colonie in Congresso Generale. Fu adottata una Dichiarazione, che più tardi risulterà abbozzata dal vicino di casa di Jefferson, Filippo Mazzei, che affermava fra l’altro: “Noi teniamo per certe queste Verità. Che tutti gli Uomini sono creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di certi diritti inalienabili…”. I pensieri di un immigrante italiano finirono, così, nel documento della fondazione degli Stati Uniti d’America: la Dichiarazione d’Indipendenza. Nelle Istruzioni Mazzei scrisse con malcelato orgoglio: “La gloria di essere stato fra i fondatori comporta una tale gratificazione ai nostri cuori da controbilanciare tutti i problemi ed i sacrifici”. “È il collegamento mancante (missing link) che pone Mazzei fra i nostri Padri fondatori. Non c’è dubbio che tale documento - “Bozza di Istruzioni”- fu scritta da Mazzei. La sua importanza è riconosciuta nel 1952 quando Julian Boyd afferma in una nota editoriale (Le Carte di Thomas Jefferson, Vol. 6) che la bozza di Costituzione redatta da Jefferson nel 1783 è influenzata dalle concezioni contenute nelle “Istruzioni degli abitanti di Alberarle”. Boyd stampò la copia trovata dall’impiegato fra le carte di Jefferson; non era consapevole che il documento è di Mazzei (Mario Biaggi, Un apprezzamento di Filippo Mazzei, Patriota americano sconosciuto; da “Congressional Record”, Washington, D.C., 12 Settembre 1984, pag. 3806). Rientrato in Europa Mazzei fu spettatore privilegiato della Rivoluzione francese(come consigliere e in seguito rappresentante a Parigi del re Stanislao Augusto di Polonia) e ne condannò la deriva giacobina. Visse gli ultimi anni a Pisa, dove morì nel 1816.


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F

ilippo Mazzei (1730-1816), conosciuto anche come Philip Mazzei, cadetto di una nobile famiglia toscana di proprietari terrieri originaria di Poggio a Caiano fu personaggio eccentrico e inquieto, viaggiatore del mondo, intellettuale e studioso, fu invitato da Thomas Jefferson, futuro presidente degli Stati Uniti, a piantare un vigneto nella sua residenza di Monticello. Mazzei giunse in Virginia nel 1773 con un gruppo di agricoltori toscani per avviare in America la coltivazione della vite, dell'olivo e di altre varietà mediterranee. Ben presto con Jefferson di cui egli diventò amico e vicino di casa nacque un profondo sodalizio che durò tutta la vita condividendo gli ideali di libertà e uguaglianza che sono alla base della rivoluzione americana. Nel 1777 Filippo Mazzei tornò in Italia, ufficialmente come imprenditore, in realtà era stato ingaggiato dallo stato della Virginia come agente segreto per procurare armi alla causa della rivoluzione americana. FRUTTO DELLE IDEE DI FILIPPO MAZZEI FU ANCHE LA PRIMA PROPOSTA PER LA BANDIERA AMERICANA SULLA BASE DELLO STENDARDO DI UGO DI TOSCANA. Ugo di Toscana (950-1001) della casata d'Arles fu margravio di Toscana dal 961 succedendo al padre Uberto di Toscana, un figlio naturale di Ugo d'Arles che fu re d'Italia dal 926 al 947. Ricordato da Dante nel Canto XVI del Paradiso, il suo stendardo era costituito da uno scudo rosso con tre pali d'argento, esattamente come riprodotto all'interno della Badia Fiorentina. Ugo di Toscana (950-1001) della casata d'Arles fu margravio di Toscana dal 961 succedendo al padre Uberto di Toscana, un figlio naturale di Ugo d'Arles che fu re d'Italia dal 926 al 947. Ricordato da Dante nel Canto XVI del Paradiso, il suo stendardo era costituito da uno scudo rosso con tre pali d'argento, esattamente come riprodotto all'interno della Badia Fiorentina. Il marchese ebbe come insegna uno scudo «di rosso a tre pali d'argento» ricordata anche da Dante nella Divina Commedia, canto XVI del Paradiso. In seguito l'insegna fu portata, con alcune variazione da diverse famiglie nobili fiorentine Sulla base di questo stendardo Filippo Mazzei propose a Washington una bandiera con le sette strisce bianche e rosse orizzontali. L'idea piacque e durante il secondo congresso continentale del 1777 la bandiera venne adottata, ma con tredici strisce, quanti erano gli stati fondatori dell'Unione. Sulla base di questo stendardo Filippo Mazzei propose a Washington una bandiera con le sette strisce bianche e rosse orizzontali. L'idea piacque e durante il secondo congresso continentale del 1777 la bandiera venne adottata, ma con tredici strisce, quanti erano gli stati fondatori dell'Unione. UNA DELLE PRIME BANDIERE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA, 1777 Il serpente a sonagli ed il motto "non mi calpestare" erano ispirati ad una vignetta satirica disegnata da Benjamin Franklin e pubblicata sulla Pennsylvania Gazzette nel 1751 ed è uno dei primi simboli dell'indipendenza americana, le otto parti in cui è diviso il serpente rappresentano le altrettante colonie americane e loro necessità di unirsi per conquistare l'indipendenza dall'impero britannico. Il serpente a sonagli compare anche in quella che è considerata la prima bandiera americana in assoluto, la bandiera gialla detta di Gadsden del 1775.


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Stati Uniti

in festa per il tradizionale Indipendence Day del 4 luglio, un vero e proprio compleanno della nazione: il 4 luglio 1776 infatti il Congresso continentale, ovvero l’assemblea dei 56 delegati provenienti dalle 13 colonie, adottò la Dichiarazione di Indipendenza, che sanciva la recessione dei vincoli politici di dipendenza dalla Gran Bretagna e che, complessivamente, resta l’inizio di uno straordinario esperimento statale democratico coronato da successo. Simbolo nazionale, e compendio dei nascenti valori americani (vita, libertà e perseguimento della felicità), la dichiarazione fu redatta nel 1776 da Thomas Jefferson, e del futuro presidente (dal 1801 al 1809) ne resta una sostanziale eredità. Se è vero che l’indipendenza in sé, come atto politico, fu approvata il 2 luglio, il 4 luglio fu ratificato l’atto, alla Pennsylvania State House di Philadelphia, successivamente firmato dal presidente del Congresso John Hancock. Anche la festa, nel suo consolidarsi, ha diversi passaggi: il primo 4 luglio, ben lontano dall’essere una festa federale, va in scena pubblicamente nel 1801 da Jefferson alla People’s House. Il caso volle poi che Jefferson morisse proprio nel 50esimo anniversario della dichiarazione, il 4 luglio del 1826. Nel 1870 viene stabilita come vacanza federale, non pagata, per gli impiegati governativi nel quadro di un processo di consolidamento dello stato nazionale, dopo la guerra civile mentre diventa festa federale pagata, per tutti gli impiegati federali, nel 1941.


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iamo nel 1958. Bob Heft è un ragazzo di 17 anni che frequenta la “high school”, la scuola superiore a Lancaster, nello stato dell’Ohio. Il suo professore di “storia americana” gli assegna un compito un po’ diverso dal solito. “Fate quello che volete” gli aveva detto l’insegnante. “Proprio come una fiera della scienza, il professore ci aveva lasciati liberi di sperimentare” dice Bob mentre racconta la sua storia. In America le “science fair” sono molto comuni: i ragazzi si cimentano per mettere in pratica delle nozioni acquisite a scuola per inventare qualcosa di pratico. Così, anche il professore di Bob aveva chiesto ai suoi alunni di creare qualcosa applicando le loro conoscenze di storia americana. Bob Heft lo fece: ma ancora non poteva immaginare cosa sarebbe venuto dopo. L’ispirazione di Betsy Ross Bob trae ispirazione dalla storia di Betsy Ross, la sarta di Philadelphia che, secondo la leggenda, nel 1776 fu chiamata da George Washington in persona per confezionare la bandiera americana durante la rivoluzione. Anche Bob decide di creare la propria bandiera. Così torna a casa e prende quella a 48 stelle che i suoi genitori avevano ricevuto come regalo di nozze. Prende le forbici e comincia l’opera. Nessuno lo aiuta, anzi, la nonna si arrabbia perché ha rovinato il bel regalo. A quei tempi c’erano solo 48 stati: ma Bob anticipa che nel futuro sarebbero entrati anche l’Alaska e le Hawaii. Confeziona una bandiera con 50 stelle. “Non sai nemmeno quanti stati abbiamo” “Cos’è questa roba?” tuona il professore di storia americana quando Bob gli srotola la bandiera davanti. “Perché hai fatto così tante stelle? Non sai nemmeno quanti stati abbiamo!” e così gli mette una B-, un voto appena sopra la sufficienza. Bob è triste: aveva rovinato la bandiera dei suoi genitori, aveva trascorso 12 ore a cucire per poi ricevere un voto mediocre. “So che B- non è un cattivo voto – spiega ancora Bob nella registrazione – però vedere che il mio amico Jim, che aveva semplicemente raccolto delle foglie nel parco e le aveva incollate sul foglio scrivendoci sotto il nome, aveva preso una A, mi ha depresso”. Insomma, una A per aver incollato delle foglie su un quaderno, e una B- per aver cucito a mano l’emblema di una nazione. “Se il governo degli Stati Uniti adotta la tua bandiera ti alzo il voto” gli dice il professore. E per Bob è una sfida. Al telefono con la Casa Bianca Bob scrive ben 21 lettere e chiama 18 volte il governo per chiedere udienza. Sua mamma gli chiede a chi appartiene questo numero che continua a chiamare. “La Casa Bianca, mamma” risponde Bob. Nell’agosto 1959, finalmente arriva la risposta. Ma non una risposta qualunque: il presidente Dwight D. Eisenhower in persona lo chiama per invitarlo a mostrargli la sua bandiera appesa all’asta della Casa Bianca. Il 4 luglio del 1960 la bandiera con 50 stelle disegnata da Bob Heft viene ufficialmente issata nel Fort McHenry, il forte militare di Baltimora, nello stato federale del Maryland. Bob era lì sotto. Stando alle sue parole, il professore del liceo mantenne la promessa e gli diede la tanto sudata A. Bob Heft è cresciuto ed è diventato un professore. Nella sua vita ha visitato la Casa Bianca 14 volte, sotto 9 presidenti. Ha tenuto tantissimi discorsi per ispirare gli studenti, attività che gli era particolarmente casa. Quando è morto, nel 2009, la bandiera originale del suo progetto scolastico è stata riposta gelosamente in un museo. Buon 4 luglio!


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Q

uanti tutt’oggi sostituirebbero la propria auto per una vecchia 500? Per quante estati quest’ utilitaria ci ha accompagnati? Sono trascorsi 61 anni dal debutto della famosa “500” o, nella denominazione popolare “Cinquino”. Il veicolo fu sperimentato dalla casa automobilistica torinese “FIAT”, nel periodo compreso tra 1957 e 1975. La FIAT vantava la più grande tradizione al mondo nel campo delle utilitarie; la produzione infatti, ebbe inizio nel 1936 con la “Topolino”, conosciuta anche come l’automobile economica più piccola al mondo, fino a giungere alla “500”. Il 1 luglio del 1957 la nuova “500”, fu mostrata in anteprima al presidente del consiglio Adone Zoli. La creazione fu presentata al pubblico il giorno seguente, presso il Circolo Sporting di Torino. Ci troviamo nell’ epoca della conquista dello spazio, come del resto, la FIAT, con questa nuova vettura, conquisterà la mobilità del popolo italiano. Per gli ingegneri della casa automobilistica, l’ipotetico acquirente era la persona già in possesso della storica Topolino, oppure colui che aveva deciso di pensionare la “Vespa”, per una quattro ruote. Il debutto dell’auto non fu roseo: agli occhi degli italiani, la macchina risultava costosa e scomoda, poichè fornita di soli due posti. Il prezzo di lancio fu di 490 mila lire che vennero ribassati a 465 mila lire, proprio a causa dell’insuccesso iniziale. Tuttavia, la gran parte delle persone continuavano a scegliere il modello automobilistico “600”, competitivo rispetto al nuovo esemplare, per rapporto servizi offerti/prezzo. A pochi mesi di distanza dall’esordio, la nuova creazione subì alcune modifiche (vennero offerti maggiori contenuti e furono aggiunti i sedili posteriori), solo allora la vettura incontrerà il favore del pubblico. Un anno dopo, ritornano i due posti e nasce la “Sport 500”, che risulta avere maggior potenza. La nostra piccola “500”,con le opportune modifiche, è ancor oggi l’orgoglio dell’azienda torinese; in tanti anni nulla è riuscito a fermare la corsa di questo piccolo gioiellino.


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onosco la famglia di Emanuel dal 2003. Una bella famiglia, genitori e 5 figli. Manuel è il secondogenito. Quando ho incontrato Emanuel per la prima volta a casa sua a Iasi in Romania ( si parla ormai di 13 anni fa), sua madre disse con dolcezza : " Emi è un sognatore, ha sempre la testa fra le nuvole". Si è trasferito in Italia da Iasi e l’ho visto crescere ed applicarsi con serietà negli studi. Una volta, quando ormai era diventato un bel giovanotto, incontrandolo a casa dei suoi genitori a San Giovanni Valdarno, se ne stava in camera “a giocare” fra monitor e pezzi di computer smembrati. “Sono pezzi che ho raccolto nella discarica qua vicino a casa”, mi disse, mentre mostrava e spiegava la tale o talaltra scheda di memoria. La madre ancora affermò che " le nuvole" erano ancora presenti sulla testa di Emi e che spesso si perdeva fra sogni e desideri. A me parve sì un sognatore ma con idee chiare e con determinazione nel realizzarle e dissi a sua madre: “ vedrai che Emi con la sua volontà e tenacia scenderà dalle nuvole e terrà ben saldi i piedi per terra e ti darà delle soddisfazioni“ E sembra che sia così. La Gloria lo ha raggiunto ma occorrerebbe anche una gratifica materiale visto che Emi, dopo tanti sacrifici e pizze portate a domicilio col suo motorino, e pur avendo avuto tanti riconoscimenti morali, ha solo un piccolo impiego, quasi a mezzo servizio e meriterebbe ben altro per le sue capacità. ..Insomma, detto in termini fiabeschi, “ speriamo che arrivi, nel suo caso, la principessa azzurra….” (M.P.) Cerimonia di premiazione per 10 illustri cittadini rumeni e per le loro attività svolta sul territorio italiano. Evento organizzato in occasione del Centenario della Romania dal Ministero per i Rumeni all’Estero (MRP), in collaborazione con l’Ambasciata della Romania a Roma, presso l’Academia di Romania a Roma.


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onrad Krajewski, per tutti sino ad oggi semplicemente don Corrado, da oggi diventa invece sua eminenza. Nel Concistoro del pomeriggio monsignor Krajewski è uno dei 14 prelati scelti da Bergoglio per entrare nel collegio cardinalizio. Ma Krajewski non ha una diocesi, non ha incarichi in curia, non ha una carriera ecclesiastica alle spalle. Lui è semplicemente l’elemosiniere del Papa dall’agosto del 2013, una delle prime nomine fatte da Francesco, che gli ha dato l’incarico esplicito di essere il suo braccio operativo con i poveri. In occasione della sua ordinazione episcopale, il Santo Padre gli disse «Tu non sarai un vescovo da scrivania». E gli raccomandò di farsi dare 5 euro per i poveri ogni volta che qualcuno lo avesse chiamato “eccellenza”. Una “tariffa” che potrebbe essere destinata a salire con il titolo di “eminenza”. L’impegno per i poveri. Polacco, 55 anni, Krajewski è stato un esecutore fedele dell’input di papa Francesco. Lui è il braccio della carità di Jorge Mario Bergoglio, che non può più andare di persona tra i poveri come quando era arcivescovo di Buenos Aires. Ha una grande dedizione al suo compito, ma ha anche idee coraggiose. Come quando si impegnò a costruire docce e servizi per gli homeless che stazionano nella zona di San Pietro. Più che raccogliere fondi propose a un gruppo di fedeli americani, che volevano sottoscrivere un progetto di aiuto, di andare a vedere e poi comprare e portare direttamente ciò di cui c’era bisogno. Risultato: ogni giorno alle docce per senza fissa dimora aperte da mesi sotto il Colonnato di San Pietro passano circa 150 persone, oltre 4.500 al mese. Moderne opere di misericordia corporale, rese possibili anche attraverso il coinvolgimento di tanti volontari, compreso un barbiere che tutte le settimane, per un giorno, arriva dalla Calabria a svolgere il suo compito. «Tutta l’estate, ha raccontato Krajewski a Repubblica in una delle rarissime interviste, «i nostri servizi rimangono aperti: la barberia, le docce vicino al colonnato di san Pietro, il presidio medico, i bagni pubblici. La gente ha bisogno tutti i giorni dell’anno, e in tutte le ore del giorno. Noi non chiudiamo mai. Abbiamo già iniziato la domenica a portare i disabili e i poveri nello stabilimento balneare vicino a Polidoro. La sera la giornata si chiude sempre con una pizza tutti insieme. Cose semplici ma concrete». Nel suo ufficio semplice chi arriva trova una statua di Gesù, a grandezza naturale, rappresentato come un homeless disteso su una panchina. Sulla panchina, ai piedi del corpo del Nazareno, c’è spazio per chi si vuole sedere. Nell’attesa, chi è arrivato per chiedere aiuto, con una mano sfiora i piedi di Gesù, come a chiedere a lui protezione. Il rosario. La giornata di don Corrado ha poi un appuntamento fisso: ogni pomeriggio alle 15 è nel Santuario della Divina Misericordia, a due passi dal Vaticano, per recitare la coroncina del Rosario insieme a tanti pellegrini, soprattutto polacchi come lui, devoti di santa Faustina Kowalska, amata da Giovanni Paolo II, il Papa che proprio a questo religioso ha cambiato la vita. E tutti i giorni confessa per un’ora, ma prima prega per chi si accosterà al sacramento e poi fa la stessa penitenza che ha impartito. La nomina. Naturalmente Bergoglio non gli aveva detto nulla della nomina cardinalizia, che è arrivata come una sorpresa inaspettata. Che lui ha commentato così: «Questa nomina non è per me, è per l’Elemosiniere», ha detto alla notizia. «Io ho fatto soltanto quello che voleva fare il Santo Padre. Non è una cosa mia personale, ma dell’incarico che svolgo, che è il suo braccio caritativo.


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M

olti bambini sognano di diventare una stella del calcio per amore della fama, della gloria o semplicemente dello sport, ma un calciatore di classe mondiale, Romelu Lukaku, ha deciso che sarebbe diventato un campione di calcio alla tenera età di sei anni, di modo che i suoi genitori poveri non avrebbero più dovuto fare a meno dell’elettricità o allungare il latte con l’acqua. In una forte intervista concessa a The Players’ Tribune, l’attaccante belga ha raccontato un episodio della sua infanzia che lo ha influenzato così profondamente da determinare il suo futuro. Durante la pausa pranzo a scuola, Lukaku tornò a casa trovando la madre che gli preparava da mangiare: sempre pane e latte – ed era anche il suo primo pasto della giornata, visto che non facevano mai colazione. Vide sua madre aggiungere dell’acqua al latte e capì che erano non solo poveri, ma completamente al verde. Al padre non era rimasto più un soldo della sua carriera da calciatore professionista, e sua madre non aveva un lavoro. Stavano senza elettricità per settimane, e una tazza di acqua calda diventava una doccia di fortuna. Quando si rese conto di tutto questo Lukaku rimase in silenzio, non volendo che la madre “si stressasse”. Bevve il suo latte annacquato, ma ricorda quel momento come se fosse accaduto solo ieri: “Quel giorno ho fatto una promessa a me stesso… Sapevo esattamente cosa dovevo fare e cosa avrei fatto”. La risposta era il calcio. Determinato a offrire alla madre una vita migliore, ha riunito tutte le sue forze e le sue preghiere per trasformare il suo sogno in realtà. “Ricordo che ero seduto al buio con mio fratello e mia madre. Recitavo le preghiere e allo stesso tempo pensavo, credevo, sapevo che sarebbe succeso”, ha confessato il giocatore. Il devoto cattolico, che legge la Bibbia tre volte al giorno, ha condiviso la sua promessa con il resto della famiglia quando un giorno è tornato a casa da scuola e ha trovato la madre in lacrime. Ha detto ai suoi cari del suo progetto di giocare per un’importante squadra belga. All’epoca non sapeva che avrebbe dovuto avere un po’ più di sei anni! Quando suo padre gli ha detto che per iniziare una carriera professionale avrebbe dovuto aspettare di averne 16 non si è scoraggiato. Anche a scuola “ogni partita che ho giocato era una finale”. L’incredibile motivazione in un bambino così piccolo derivava semplicemente dall’amore e dalla devozione nei confronti della madre. Ogni anno che passava, Lukaku aumentava i goal segnati: a 12 anni ne segnò 76 in 36 partite. A motivarlo c’era anche una promessa che aveva fatto al nonno, che viveva in Congo, Paese d’origine di entrambi i suoi genitori. “Puoi prenderti cura di mia figlia?”, gli aveva chiesto il nonno. Un confuso Lukaku gli aveva assicurato che sarebbe andato tutto bene. L’anziano era morto appena cinque giorni dopo. Quattro anni dopo, a 16, la forza mentale combinata con la necessità di mantenere le sue promesse, Lukaku ha firmato un contratto con la squadra belga dell’Anderlecht. Nei play off di fine stagione, il giovane adolescente ha debuttato a livello professionale come sostituto, mentre i suoi amici lo guardavano ammirati. “Quel giorno abbiamo perso la finale, ma ero già in Paradiso”, ha confessato Lukaku. “Avevo mantenuto la promessa fatta a mia madre e a mio nonno. In quel momento ho capito che ce l’avremmo fatta”. L’attaccante oggi 25enne continua a colpire giocando per una delle squadre inglesi più importanti, il Manchester United, e ai Mondiali di quest’anno rappresenta anche il suo Belgio natale. Continua sempre a nutrire la propria fede, e nel 2014 ha anche compiuto un pellegrinaggio a Lourdes. Il giovane giocatore è sempre pronto a farsi il segno della croce quando segna un goal, cosa che grazie ai talenti che Dio gli ha donato succede spesso e volentieri. ( ex Aleteia)


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portiere “deve bloccare la palla là dove viene calciata, non sa da dove arriverà. E la vita è così”. È l’omaggio a coloro che, in genere, nelle squadre di calcio indossano la maglia con il numero 1. A tributarlo ai portieri è stato il Papa, ricevendo oggi in udienza, nella Sala Clementina, i calciatori e i dirigenti della squadra spagnola del Villareal. “Il calcio, come gli altri sport, è l’immagine della vita e della società”, ha esordito Francesco nel discorso pronunciato in spagnolo: “Se si gioca pensando al bene del gruppo, allora è più facile ottenere la vittoria”, ha osservato il Papa, esortando i presenti ad agire “con spirito di cameratismo, lasciando da parte individualismo o aspirazioni personali”. In campo, ha precisato infatti Francesco, i calciatori non giocano soltanto, ma “educano e trasmettono valori”, poiché “molte persone, specialmente giovani, li ammirano e li osservano”. Trasmettere “un modo di essere a quelli che li seguono” è “una responsabilità”, ha ammonito il Papa, invitando i calciatori a testimoniare valori come “il cameratismo, lo sforzo personale, la bellezza del gioco, il gioco di squadra”. Altro valore raccomandato da Francesco, “la gratitudine”, che “ci aiuta a crescere come persone”, perché il gioco “non è solo il nostro, ma anche degli altri, che in qualche modo sono parte della nostra vita.”

«Desidero


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casa di Giairo è una nave squassata dalla tempesta: la figlia, solo una bambina, dodici anni appena, è morta. E c’era gente che piangeva e gridava. Di fronte alla morte Gesù è coinvolto e si commuove, ma poi gioca al rialzo, rilancia, e dice a Giairo: tu continua ad aver fede. E alla gente: la bambina non è morta, ma dorme. E lo deridevano. Allora Gesù cacciò tutti fuori di casa. Costoro resteranno fuori, con i loro flauti inutili, fuori dal miracolo, con tutto il loro realismo. La morte è evidente, ma l’evidenza della morte è una illusione, perché Dio inonda di vita anche le strade della morte. Prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui. Gesù non ordina le cose da fare, prende con sé; crea comunità e vicinanza. Prende il padre e la madre, i due che amano di più, ricompone il cerchio degli affetti attorno alla bambina, perché ciò che vince la morte non è la vita, è l’amore. E mentre si avvia a un corpo a corpo con la morte, è come se dicesse: entriamo insieme nel mistero, in silenzio, cuore a cuore: prende con sé i tre discepoli preferiti, li porta a lezione di vita, alla scuola dei drammi dell’esistenza, vuole che si addossino, anche per un’ora soltanto, il dolore di una famiglia, perché così acquisteranno quella sapienza del vivere che viene dalla ferite vere, la sapienza sulla vita e sulla morte, sull’amore e sul dolore che non avrebbero mai potuto apprendere dai libri: c’è molta più “Presenza”, molto più “cielo” presso un corpo o un’anima nel dolore che presso tutte le teorie dei teologi. Ed entrò dove era la bambina. Una stanzetta interna, un lettino, una sedia, un lume, sette persone in tutto, e il dolore che prende alla gola. Il luogo dove Gesù entra non è solo la stanza interna della casa di Giairo, è la stanza più intima del mondo, la più oscura, quella senza luce: l’esperienza della morte, attraverso la quale devono passare tutti i figli di Dio. Gesù entrerà nella morte perché là va ogni suo amato. Lo farà per essere con noi e come noi, perché noi possiamo essere con lui e come lui. Non spiega il male, entra in esso, lo invade con la sua presenza, dice: Io ci sono. Talità kum. Bambina alzati. E ci alzerà tutti, tenendoci per mano, trascinandoci in alto, ripetendo i due verbi con cui i Vangeli raccontano la risurrezione di Gesù: alzarsi e svegliarsi. I verbi di ogni nostro mattino, della nostra piccola risurrezione quotidiana. E subito la bambina si alzò e camminava, restituita all’abbraccio dei suoi, a una vita verticale e incamminata. Su ogni creatura, su ogni fiore, su ogni bambino, ad ogni caduta, scende ancora la benedizione di quelle antiche parole: Talità kum, giovane vita, dico a te, alzati, rivivi, risorgi, riprendi il cammino, torna a dare e a ricevere amore.


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tra Italia e Francia, nel Parco delle Alpi Marittime, immerso tra alberi, torrenti e laghi, sorge Vernante, un piccolo comune in provincia di Cuneo, famoso in tutto il mondo come “il paese di Pinocchio”. No, non sto parlando del “paese dei balocchi”, ma del luogo che ospita oltre 150 murales raffiguranti le avventure del celebre burattino. Attilio Mussino, conosciuto anche come “lo zio di Pinocchio”, illustrò la prima edizione dell’opera di Collodi. Egli si trasferì a Vernante in seguito alla perdita del figlio e della moglie, e qui restò fino alla fine. Nel 1954, Bruno Carlet e Meo Cavallera decisero di omaggiare l’opera di Mussino, riproponendo alcune delle sue illustrazioni sui muri delle abitazioni del centro storico. Anno dopo anno, i murales si sono moltiplicati, superando i 150, creando così uno scenario suggestivo unico al mondo. Passeggiando tra le vie del centro, infatti, è possibile incontrare tutti i personaggi della fiaba di Collodi: Geppetto, il Gatto e la Volpe, il terribile Pescecane, la Fatina Turchina, Mangiafuoco e così via, e insieme si ripercorrono così le avventure di Pinocchio. Ad Attilio Mussino è stato anche dedicato un intero museo, in cui sono esposte: la prima edizione illustrata di Pinocchio del 1911, il libro con le pagine animate del 1942 e 33 tavole illustrate dell’ultima edizione apparsa su Il Giornalino del 1952. Se oltre alla passeggiata nel borgo, amate anche fare delle vere e proprie camminate, il mio consiglio è quello di visitare la Tourusela, il castello medievale di Vernante, eretto tra il 1275 e il 1280, facilmente raggiungibile attraverso una strada panoramica e dal quale si gode una meravigliosa vista del paese e delle montagne circostanti. Inoltre, potreste decidere di passare qui qualche giorno per esplorare il Parco delle Alpi Marittime. Insomma, se per voi la fiaba di Pinocchio racchiude una magia speciale, non potete di certo perdervi una gita in questo magnifico paesino.


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omenica scorsa, 24 giugno, nella cattedrale romano cattolica di Iaşi in Romania si è tenuta la grande concelebrazione per le ordinazioni di 18 novelli sacerdoti tra cui tre diaconi orionini: Cătălin Ioan Gaşpel, Andrei Lorent e Fabian Pitreţi.

A presiedere la celebrazione il vescovo di Iaşi Mons. Petru Gherghel, l'Ausiliare, Mons. Aurel Percă. Tanti i concelebranti circa 130, tra cui una ventina di sacerdoti orionini provenienti, oltre che dalle 3 comunità orionine in Romania, anche dall'Italia. Tra i concelebranti orionini anche il Superiore provinciale Don Aurelio Fusi. Folta anche la rappresentanza di chierici e di laici orionini provenienti da Milano, Palermo, Mestre e una buona presenza orionina anche delle altre due comunità di Oradea e Bucarest. Dopo il rito di ordinazione il “gruppo orionino” si è spostato al Seminario Don Orione di Iaşi per un po' di festa e, a metà pomeriggio, tutti si sono diretti a Mircești, dove alle 18.00 Don Fabian ha presieduto la sua prima Messa nella parrocchia del suo paese natale. È stato affiancato dagli altri due neo sacerdoti e da Don Francis Lăcătuş e Don Gabriel Ciubotariu ordinati recentemente in Italia. Domenica prossima ci saranno le altre due prime Messe: Don Cătălin presiederà la sua prima Messa a Tămăşeni mentre Don Gabriel Ciubotariu celebrerà nel suo paese natale, poi domenica 8 luglio Don Andrei celebrerà la prima Messa a Mircești. ( ex Don Orione Italia)


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+Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. C. Il Dio della speranza, che ci riempie di ogni gioia e pace nella fede per la potenza dello Spirito Santo, sia con tutti voi. A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE C. Per celebrare bene i santi misteri riconosciamo i nostri peccati. Breve pausa di riflessione personale

C.A. Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà.

GLORIA

Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati dal mondo abbi pietà di noi; tu che togli i peccati dal mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.

COLLETTA

O Padre, che nel mistero del tuo Figlio povero e crocifisso hai voluto arricchirci di ogni bene, fa' che non temiamo la povertà e la croce, per portare ai nostri fratelli il lieto annunzio della vita nuova. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito San-

to, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen

supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supLITURGIA DELLA PAROLA plisca alla vostra indigenza, e vi Prima Lettura sia uguaglianza, come sta scritto: Dal libro della Sapienza «Colui che raccolse molto non abDio non ha creato la morte e non bondò e colui che raccolse poco gode per la rovina dei viventi. Egli non ebbe di meno».Parola di Dio. infatti ha creato tutte le cose perA. Rendiamo grazie a Dio ché esistano; le creature del monCanto al Vangelo do sono portatrici di salvezza, in ALLELUIA. ALLELUIA esse non c’è veleno di morte, né il Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplenderegno dei morti è sulla terra. La giustizia infatti è immortale. Sì, Dio re la vita per mezzo del Vangelo. ha creato l’uomo per l’incorruttibi- ALLELUIA. lità, lo ha fatto immagine della pro- C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. pria natura. Ma per l’invidia del C. Dal Vangelo secondo MARCO diavolo la morte è entrata nel mon- Gloria a te o Signore do e ne fanno esperienza coloro VA N G E L O che le appartengono. In quel tempo, essendo Gesù pasParola di Dio. sato di nuovo in barca all’altra riva, A. Rendiamo grazie a Dio. gli si radunò atSALMO RESPONSORIALE torno molta folla R. Ti esalterò, Signore, pered egli stava lunché mi hai risollevato. go il mare. E venne uno dei capi Ti esalterò, Signore, perché mi hai della sinagoga, di risollevato, non hai permesso ai nome Giàiro, il miei nemici di gioire su di me. Siquale, come lo gnore, hai fatto risalire la mia vita vide, gli si gettò dagli inferi, mi hai fatto rivivere ai piedi e lo supperché non scendessi nella fossa. plicò con insistenR/. za: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia Cantate inni al Signore, o suoi fesalvata e viva». Andò con lui. Molta deli, della sua santità celebrate il ricordo, perché la sua collera dura folla lo seguiva e gli si stringeva un istante, la sua bontà per tutta la intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e vita. Alla sera ospite è il pianto aveva molto sofferto per opera di e al mattino la gioia. R/. molti medici, spendendo tutti i suoi Ascolta, Signore, abbi pietà di me, averi senza alcun vantaggio, anzi Signore, vieni in mio aiuto! Hai mu- piuttosto peggiorando, udito parlatato il mio lamento in danza, Signo- re di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva re, mio Dio, ti renderò grazie per infatti: «Se riuscirò anche solo a sempre. R/. toccare le sue vesti, sarò salvata». Seconda Lettura E subito le si fermò il flusso di sanDalla seconda lettera di san Paolo gue e sentì nel suo corpo che era apostolo ai Corìnzi guarita dal male. E subito Gesù, Fratelli, come siete ricchi in ogni essendosi reso conto della forza cosa, nella fede, nella parola, nella che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le conoscenza, in ogni zelo e nella mie vesti?». I suoi discepoli gli discarità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’o- sero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha tocpera generosa. Conoscete infatti la cato?”». Egli guardava attorno, per grazia del Signore nostro Gesù vedere colei che aveva fatto queCristo: da ricco che era, si è fatto sto. E la donna, impaurita e trepovero per voi, perché voi diven- mante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti taste ricchi per mezzo della sua povertà. Non si tratta di mettere in e gli disse tutta la verità. Ed egli le difficoltà voi per sollevare gli altri, disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal ma che vi sia uguaglianza. Per il tuo male». Stava ancora parlando, momento la vostra abbondanza quando dalla casa del capo della


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sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare. Parola del Signore A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( seduti) CREDO Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C. Fratelli e sorelle, solo la fede ci rende graditi a Dio. A nome di tutti gli uomini eleviamo al Padre la nostra supplica. Preghiamo insieme dicendo:

Ascoltaci, o Signore. Per la Chiesa: perché seguendo il suo Signore, sia attenta ai corpi e alle anime, preghiamo. Per coloro che soffrono e sono soli: perché abbiano la consolazione di Dio e la solidarietà della comunità cristiana, preghiamo. Per la nostra comunità parrocchiale: perché questo periodo estivo non ci isoli dagli altri suoi membri, preghiamo. C. Accogli, o Dio, le preghiere che ti presentiamo nel nome di Cristo: la certezza di trovare grazia ed essere esauditi sia per noi motivo di lode e di gratitudine. Per Cristo nostro Signore. A. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE C. O Dio, che per mezzo dei segni sacramentali compi l'opera della redenzione, fa' che il nostro servizio sacerdotale sia degno del sacrificio che celebriamo. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. RendiamograziealSignorenostroDio. A. E’ cosa buona e giusta C. È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo Signore nostro. Nella sua misericordia per noi peccatori egli si è degnato di nascere dalla Vergine, morendo sulla croce, ci ha liberati dalla morte eterna, e con la sua risurrezione ci ha donato la vita immortale. Per questo mistero di salvezza, uniti agli angeli e ai santi, proclamiamo con gioia l'inno della tua lode: :Santo, Santo... C. Mistero della fede

secoli. A. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire: PADRE NOSTRO Padre Nostro che sei nei Cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. C.

E con il tuo spirito.

Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna.

A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.

A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE C. La divina Eucaristia, che abbiamo offerto e ricevuto, Signore, sia per noi principio di vita nuova, perché, uniti a te nell'amore, portiamo frutti che rimangano per sempre. Per Cristo nostro Signore. Amen C. Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. A. Annunciamo la tua morte, Si- A. C. Vi benedica Dio onnipotente, gnore, proclamiamo la tua risurrePadre, Figlio e Spirito Santo. zione nell’attesa della tua venuta. Amen. DOPOLA PREGHIERA EUCARISTICA A. C. Nel nome del Signore: andate C. Per Cristo, con Cristo e in Criin pace. sto, a te Dio, Padre onnipotente, Rendiamo grazie a Dio nell’unità dello Spirito Santo, ogni A. onore e gloria, per tutti i secoli dei


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