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utto è pronto per il furto del secolo. Vincenzo Peruggia - 30enne decoratore, originario di Dumenza, nel varesino - ha scelto di entrare in azione la mattina di lunedì 21, perché è il giorno di chiusura del Louvre. Si crea prima un alibi perfetto trascorrendo la sera prima in compagnia di amici, a suonare il mandolino al Cafè Rubichat (nel quartiere italiano di Parigi) e a simulare un’ubriacatura. Poco dopo le 7, esce di casa evitando sguardi indiscreti. Avendo prestato servizio al museo e in particolare avendo assistito alle operazioni per sistemare il dipinto nella teca di vetro, Peruggia conosce nei minimi particolari le abitudini del personale e sa che troverà il custode immerso nel sonno. Gli passa davanti e si dirige sicuro verso il Salon Carré che custodisce, tra le altre, opere di Raffaello, Tiziano, Giorgione, etc. Ma l’obiettivo è lei, la Gioconda di Leonardo da Vinci. Staccato il dipinto dalla cornice, se lo infila sotto il cappotto e si allontana lesto. Alle 8,30 il furto è compiuto e l'uomo si dirige in taxi all'appartamento che condivide con un cugino, dove nasconde con cura la preziosa refurtiva. Al museo si accorgono del furto soltanto il giorno dopo, dato che inizialmente si era avanzata l’ipotesi che fosse stato rimosso per fotografarlo. Quando la notizia diventa ufficiale sulla stampa si grida a una congiura contro la Francia, il che farà cadere i primi sospetti sull'odiata Germania. La ripicca di un’amante offesa porterà all'incriminazione dell’eccentrico scrittore Apollinaire e del suo amico Pablo Picasso. Mentre gli investigatori brancolano nel buio, sui giornali, nei circoli letterari e nei bar non si parla d’altro che del furto della Gioconda. È in questa fase, come sottolineano diversi studiosi, che il mito della Monna Lisa diventa popolare raggiungendo le fasce più popolari, anch'esse incuriosite dalla storia di questa donna e del suo misterioso sorriso. Peruggia, nel frattempo, raggiunge Firenze, dove si mette in contatto con l’antiquario Geri, inviandogli una lettera firmata «Leonardo», nella quale sottolinea il valore “patriottico” del gesto: per lui l’opera appartiene all'Italia ed è disposto a restituirla alla modica cifra di 500mila lire. Viene organizzato un incontro segreto alla pensione "Tripoli" (tutt’ora esistente a Firenze con il nome “La Gioconda”), cui prende parte anche il direttore degli Uffizi, Giovanni Poggi. Ma è una trappola e il fuggiasco finisce agli arresti. Si arriva al processo (giugno 1913), mentre nell'opinione pubblica italiana cresce l'immagine di Peruggia come un "Lupin" patriottico che ha riscattato il torto dello "scippo" napoleonico. I buoni rapporti tra Italia e Francia porteranno a una soluzione condivisa: il 30enne viene condannato a una pena soft (un anno, ridotto a 7 mesi); la Gioconda resterà a lungo in esposizione agli Uffizi di Firenze e a Roma (Palazzo Farnese e Galleria Borghese), prima di ritornare al Louvre. Peruggia, divenuto ormai una star, gabberà una seconda volta i francesi, ritornando in Francia con un passaporto falso, dove si aprirà un negozio di vernici, autografando cartoline della Gioconda per i turisti. Sui reali motivi del furto (patriottismo o semplice tornaconto economico) ancora oggi si discute e le diverse tesi hanno ispirato diverse pubblicazioni, oltre a tre film e due serie televisive italiane.
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il 1890 e il 1895, l'ingegnere Anghel Saligny costruì qui un ponte sul Danubio e sul braccio del Danubio, Borcea. Il ponte Re Carol I, (rinominato successivamente Ponte Anghel Saligny), con una lunghezza totale di 4087,95 m fu a quel tempo il più lungo complesso di ponti d'Europa. l ponte fra Feteşti e Cernvaodă fu inaugurato nel 1895. La sua apertura centrale era più di 190 metri e ne aveva anche quattro di 140 metri. Il ponte fu costruito a 30 metri sopra il fiume per permettere il passaggio alle navi delle varie dimensioni. A quell’epoca, il ponte di Cernavodă era il più lungo nell’Europa e il terzo nel mondo come lunghezza. La sua resistenza fu testata da un convoglio di 15 locomotive pesante e, inoltre, l’ingegnere Anghel Saligny garantì la sua sicurezza con la propria vita, salendo, insieme agli altri lavoratori, su un barcone ancorato sotto il ponte nel momento di passaggio delle locomotive.
Molti lavoratori Italiani contribuirono alla costruzione del ponte, soprattutto friulani, in quanto seri e forti lavoratori. Data la distanza tra il cantiere ed il paese importante più vicino, detti lavoratori raggiungevano il paese solo ogni due settimane, a piedi, quando dovevano depositare o spedire i soldi del salario per il lavoro al cantiere, cercando di proteggersi a vicenda per evitare rapine durante il viaggio.
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Scalpellini italiani di Greci da cui provenivano le pietre per il ponte di Cernavoda
e cave di Greci e dintorni dove lavorarono anche emigrati friulani sono Iacobdeal, Imbulzita, Carabal, Morsu, Tutuiatu, Baba Rada, Ghiunalt, Macin e Turcoaia. I lapicidi italiani abitavano in case coloniche alle pendici dei monti, erano dei lunghi casermoni, avevano a disposizione due stanze per famiglia; di quelle costruzioni rimane solo qualche rudere. La pietra lavorata a Greci è servita per costruire ponti (Giurgiu, Cernavoda), dighe (Bicaz), edifici (Casa Popolurui a Bucarest) e pavè che, trasportati attraverso il Danubio, venivano esportati in tutta Europa.
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Breve storia della Lira dalle sue origini Lira nasce come moneta di conto con la riforma monetaria voluta da Carlo Magno Re dei Franchi (742-814), fondatore e Imperatore del Sacro Romano Impero. Tale riforma stabiliva che da una libbra o libra d’argento (434 grammi) fossero ricavati 240 Denari oppure 20 Soldi pertanto un Soldo valeva 12 Denari. Parliamo di moneta di conto poiché, in effetti, per un lungo periodo furono coniati solo i Denari il cui peso da grammi 1,809 col passare del tempo subì molte riduzioni fino a calare a un terzo nell’Undicesimo Secolo.Tale sistema di divisione della Lira in Soldi e dei Soldi in Denari è sopravvissuto, pur con molte modificazioni, fino a tempi recenti. In Italia è stato completamente sostituito dopo l’Unificazione, mentre in Gran Bretagna ha cessato di esistere nel 1971 anno in cui è stato introdotto il Sistema Decimale Le prime vere Lire fecero la loro apparizione nella seconda metà del millecinquecento dopo tre secoli nei quali la moneta più usata e gradita era il Grosso. I primi Grossi furono battuti a Venezia sotto il Dogato di Enrico Dandolo (1192-1205), erano coniati in buon titolo d’argento (965 millesimi) e pesavano grammi 2,18 cioè 10 Denari. Sempre Venezia nel 1472 batte la prima Lira: la Lira d’argento da 20 Soldi di Niccolò Tron (grammi 6,52 titolo 948 millesimi). A Milano nel 1474, era allora duca Galeazzo Maria Sforza, fu deciso di battere una Lira in buon argento chiamata poi Testone. Testoni furono battuti anche in Piemonte da Carlo I di Savoia e a Genova sotto la dominazione milanese; in seguito questo tipo di moneta si diffuse su tutto il territorio italiano ed anche oltralpe. Queste Lire non erano tutte uguali per contenuto di metallo fino poiché ogni città faceva riferimento a libbre diverse e di conseguenza aveva un’unità di base differente. Perciò troviamo la Lira milanese, la Lira moceniga a Venezia, la Lira genovese, la fiorentina, la savoiarda, la toscana, la mantovana, la bolognese, ecc. Sotto il Regno di Vittorio Emanuele II sono state emesse dieci diverse Lire in quattro diverse Zecche: Firenze, Torino, Milano e Napoli con quattro diversi millesimi e con due diversi rovesci: lo stemma oppure il valore. Con Umberto I furono battuti sette diversi millesimi nel solo tipo testa/stemma in due sole Zecche: Milano e Roma. Vittorio Emanuele III con la sua passione per la numismatica ci ha lasciato ben cinque tipi differenti di lire con ventisette millesimi, tutti coniati nella Zecca di Roma. Se qualcuno avesse potuto accantonare durante il Regno D’Italia una lira nuova di Zecca per ogni emissione (44 Lire), oggi col valore numismatico acquisito si troverebbe con un valore, stimato sul catalogo Gigante 2001 di Lire 184.000.000; se avesse invece accantonato monete provenienti dalla circolazione (BB), oggi avrebbe un valore di Lire 31.000.000 (16.092,44 Euro). La Repubblica Italiana ha coniato Lire con quattordici diversi millesimi in due soli tipi e tutte a Roma. Un episodio storico sulla Lira Si incontrarono segretamente a Palazzo Loup, antica residenza dell’omonima famiglia che si trova a Loiano, sull’Appennino bolognese e lì, il 28 settembre 1859, decisero di adottare la Lira come moneta unica per il futuro Regno d’Italia. All’incontro segreto parteciparono Bettino Ricasoli, Carlo Luigi Farini, Marco Minghetti, Rodolfo Audinot e Lionetto Cipriani. Insieme decisero l’abolizione delle barriere doganali e l’adozione della moneta unica, la Lira, poi rimasta in corso fino al primo marzo 2002.
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di Ştefan Damian
ll’inizio dell’Ottocento, lo spazio italiano non era ancora una meta preferita per i giovani romeni, interessati molto di più alla Francia, paese che per molti si confondeva allora col nome di Napoleone e l’ideale di libertà desiderata in un periodo politico particolare: i due principati, la Valacchia e la Moldavia, erano sotto il dominio turco e tutte le altre provincie storiche romene erano sotto il dominio austriaco o russo. È pur vero che una ben limitata parte del clero greco-cattolico romeno aveva studiato a Roma, taluni dei suoi rappresentanti rimanendo fino alla fine della loro vita nella capitale del mondo ecclesiastico, com’era successo con uno dei più insigni rappresentanti del movimento conosciuto col nome di Scuola Transilvana. Un caso interessante, però, con implicazioni profonde è quello in cui si trova un giovane moldavo, Gh. Asachi, figlio di un sacerdote ortodosso, il quale, dopo gli studi fatti a Lemberg-Leopoli, studia polacco, tedesco e latino e si decide, per motivi di salute, a passare un periodo in Italia. Ed eccolo il giorno 13 aprile 1808 abbandonare Vienna, dove aveva già trascorso tre anni e valicare i territori del Carso, fermandosi a Trieste, Venezia, Padova, Ferrara, Bologna, Firenze, Barberino, Siena, Viterbo. Nei suoi manoscritti ci sono descrizioni rilevanti di tutte le meraviglie architettoniche incontrate, perché Asachi non si era laureato in filosofia, come aveva sperato agli inizi degli studi, ma in ingegneria e, dunque, aveva rivolto all’architettura una particolare attenzione. L’11 giugno del 1808 si trovava già alle porte di Roma. Sin da Baiano, ci informa il grande storico della letteratura romena G. Călinescu[1] - ex alunno dell’Accademia di Romania in Roma - era impaziente di vedere la città, considerata romanticamente la vera culla della nazione a cui apparteneva. Arrivato alle porte di Roma, il giovane studioso romeno tentò di vedere la cupola di San Pietro attraverso la porta della piazza del Popolo, difesa allora dalle truppe francesi! Se diamo credito al già citato Călinescu, Asachi credeva di essere il primo romeno in visita a Roma, città abbandonata dai suoi antenati 1800 anni fa! In compagnia di un abate e di un pittore si diresse verso la colonna traiana, meta obbligata anche per gli altri viaggiatori romeni: Ion Codru Drăguşanu, Badea Cârţan, Sextil Puşcariu e per una lunga serie di scrittori o di semplici viaggiatori che vedevano nella celebre colonna l’atto di nascita del popolo romeno. Poi, Asachi visita San Pietro, sale nella cupola e ammira il meraviglioso e indimenticabile panorama della città, visita il Pincio, che tanto attirava l’attenzione di un altro scrittore, Ion Păun, da spingerlo ad aggiungere al proprio nome anche l’appellativo di Pincio! Poi, desideroso di capire subito in che cosa stava la grandezza della città eterna, visita con la più grande attenzione la via Appia che gli lascia un’impressione indimenticabile e lo fa ripensare alla caducità della gloria. Il 18 agosto 1808 parte per Velletri e Terracina. Durante il viaggio ha il privilegio di incontrare la moglie di Murat, Charlotte. La permanenza napoletana gli permette di visitare le biblioteche, i musei, il teatro San Carlo, la chiesa di San Gennaro e, insieme ad un gruppo di quattro audaci, parte per Portici e Resina e sale sul Vesuvio, dove brucia una bandiera di carta dopo averla accesa con le fiamme del celebre vulcano! Non si lascia sfuggire Pompei e le considerazioni sulla vita dei suoi abitanti non mancheranno di trovare posto tra le sue carte. -
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’era una volta un’anziana signora che abitava nella zona più antica del porto di Brindisi, “le sciabiche”. Era una calda giornata estiva del 1997 e Teresa Borsetti si era seduta su quella sedia accanto alla porta di casa che non manca mai nei paesi del Sud Italia. Si godeva l’aria di mare e osservava il via vai dei pescatori tra i vicoli. Poco distante, sul lungomare Regina Margherita, passeggiava con la sua scorta Hamad bin Khalifa Al Thani, emiro del Qatar e fondatore della rete televisiva Al Jazeera, che era appena attraccato nel porto della città pugliese con il suo super yatch Katara. L’emiro aveva deciso di approfittare della sosta per fare un giro nel centro storico e ammirare le bellezze di quel quartiere marinaro. All’improvviso però, l’uomo aveva avuto bisogno di una toilette. All’epoca quella non era ancora una zona molto turistica e non trovò nessun locale aperto. Provò allora a chiedere indicazioni a qualche passante ma nessuno era disponibile ad aiutarlo. Così, mentre si aggirava per i vicoli alla disperata ricerca di un bagno passò per caso davanti alla casa della signora Teresa la quale, senza esitazione, gli aprì le porte di casa dandogli ospitalità: “Prego, entri, vada pure nel mio bagno” disse la donna all’emiro. Poi lui la ringraziò e ripartì. L’uomo però, rimase talmente colpito e ammirato dalla spontaneità e dalla gentilezza della signora Teresa che l’aveva ospitato senza indugi che 21 anni dopo, si ricordò di lei. Quel gesto così semplice e naturale non era stato dimenticato e così, tornato in Puglia, la mattina del 16 agosto decise di fermarsi a Brindisi e passare a salutare quella signora che l’aveva aiutato tanto tempo prima. Subito mandò le sue guardie del corpo a verificare se l’anziana abitasse ancora nella stessa casa e, una volta ritrovata, bussò ancora una volta alla porta di Teresa. Potete immaginare lo stupore della donna, ora 89enne, nel trovarsi davanti quell’uomo straniero ospitato oltre vent’anni prima, che mai più pensava di rivedere. Così, come fosse uno di famiglia, l’emiro fu accolto ancora una volta da Teresa e i due chiacchierarono e presero il caffè insieme con i figli e i nipoti, entusiasti e sorpresi al tempo stesso per quella visita inaspettata. In segno di affetto e riconoscenza per quanto accaduto 21 anni prima, l’emiro portò anche un dono. Di cosa si trattasse non è dato sapersi. Ma le sorprese non finiscono qui. Per ricambiare l’ospitalità ricevuta, il reale ha infatti invitato Teresa e tutta la sua famiglia a trascorrere il Natale a casa sua, in Qatar. Ovviamente come suoi ospiti. Così, emozionati, Teresa e Hamad bin Khalifa Al Thani si sono salutati con la promessa di rivedersi molto presto. Sembra una favola moderna invece è successo davvero. L’emiro è poi tornato a bordo del suo super yatch da 124 metri, uno dei panfili più grandi al mondo, ed ha ripreso il suo viaggio lungo le coste salentine, facendo sosta prima a Gallipoli e poi a Otranto. I familiari di Teresa, felicissimi per quanto accaduto, si sono già attivati per fare i passaporti in vista dell’importante viaggio natalizio.
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.poi, la parola che voi due avete usato: ‘paura’. Sapete? I sogni dei giovani fanno un po’ paura agli adulti. Fanno paura, perché quando un giovane sogna va lontano. Forse perché hanno smesso di sognare e di rischiare. Tante volte la vita fa che gli adulti smettano di sognare, smettano di rischiare; forse perché i vostri sogni mettono in crisi le loro scelte di vita, sogni che vi portano a fare la critica, a criticarli. Ma voi non lasciatevi rubare i vostri sogni. C’è un ragazzo, qui in Italia, ventenne, ventiduenne, che incominciò a sognare e a sognare alla grande. E il suo papà, un grande uomo d’affari, cercò di convincerlo e lui: “No, io voglio sognare. Sogno questo che sento dentro”. E alla fine, se n’è andato, per sognare. E il papà lo ha seguito. E quel giovane si è rifugiato nel vescovado, si è spogliato delle vesti e le ha date al padre: “Lasciami andare per il mio cammino”. Questo giovane, un italiano del XIII secolo, si chiamava Francesco e ha cambiato la storia dell’Italia. Francesco ha rischiato per sognare in grande; non conosceva le frontiere e sognando ha finito la vita. Pensiamo: era un giovane come noi. Ma come sognava! Dicevano che era pazzo perché sognava così. E ha fatto tanto bene e continua a farlo. I giovani fanno un po’ di paura agli adulti perché gli adulti hanno smesso di sognare, hanno smesso di rischiare, si sono sistemati bene. Ma, come vi ho detto, voi non lasciatevi rubare i vostri sogni. “E come faccio, Padre, per non farmi rubare i sogni?”. Cercate maestri buoni capaci di aiutarvi a comprenderli e a renderli concreti nella gradualità e nella serenità. Siate a vostra volta maestri buoni, maestri di speranza e di fiducia verso le nuove generazioni che vi incalzano. “Ma come, io posso diventare maestro?”. Sì, un giovane che è capace di sognare, diventa maestro, con la testimonianza. Perché è una testimonianza che scuote, che fa muovere i cuori e fa vedere degli ideali che la vita corrente copre. Non smettete di sognare e siate maestri nel sogno. Il sogno è di una grande forza. “Padre, e dove posso comprare le pastiglie che mi faranno sognare?”. No, quelle no! Quelle non ti fanno sognare: quelle di addormentano il cuore! Quelle ti bruciano i neuroni. Quelle ti rovinano la vita. “E dove posso comprare i sogni?”. Non si comprano, i sogni. I sogni sono un dono, un dono di Dio, un dono che Dio semina nei vostri cuori. I sogni ci sono dati gratuitamente, ma perché noi li diamo anche gratuitamente agli altri. Offrite i vostri sogni: nessuno, prendendoli, vi farà impoverire. Offriteli agli altri gratuitamente.
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Un Vangelo di soli otto versetti, e Gesù a ripetere per otto volte: Chi mangia la mia carne vivrà in eterno. Quasi un ritmo incantatorio, una divina monotonia, nello stile di Giovanni che avanza per cerchi concentrici e ascendenti, come una spirale; come un sasso che getti nell’acqua e vedi i cerchi delle onde che si allargano sempre più. Per otto volte, Gesù insiste sul perché mangiare la sua carne: per semplicemente vivere, per vivere davvero. Altro è vivere, altro è solo sopravvivere. È l’incalzante certezza da parte di Gesù di possedere il segreto che cambia la direzione, il senso, il sapore della vita. Chi mangia la mia carne ha la vita eterna. Con il verbo al presente: “ha”, non “avrà”. La vita eterna è una vita libera e autentica, giusta, che si rialza e non si arrende, che fa cose che meritano di non morire. Una vita come quella di Gesù, capace di amare come nessuno. Sangue e carne è parola che indica la piena umanità di Gesù, le sue mani di carpentiere con il profumo del legno, le sue lacrime, le sue passioni, i suoi abbracci, i piedi intrisi di nardo e la casa che si riempie di profumo e di amicizia. E qui c’è una sorpresa, una cosa imprevedibile. Gesù non dice: prendete su di voi la mia sapienza, mangiate la mia santità, il sublime che è in me. Dice, invece: prendete la mia umanità, il mio modo di abitare la terra e di vivere le relazioni come lievito delle vostre. Nutritevi del mio modo di essere umano, come un bimbo che è ancora nel grembo della madre si nutre del suo sangue. Gesù non sta parlando del sacramento dell’Eucaristia, ma del sacramento della sua esistenza: mangiate e bevete ogni goccia e ogni fibra di me. Vuole che nelle nostre vene scorra il flusso caldo della sua vita, che nel cuore metta radici il suo coraggio, perché ci incamminiamo a vivere l’esistenza umana come l’ha vissuta lui. Si è fatto uomo per questo, perché l’uomo si faccia come Dio. Allora mangiare e bere Cristo significa prenderlo come misura, lievito, energia. Non “andare a fare la Comunione” ma “farci noi sacramento di comunione”. Allora il movimento fondamentale non è il nostro andare fino a lui, è invece Lui che viene fino a noi. Lui in cammino, Lui che percorre i cieli, Lui felice di vedermi arrivare, che mi dice: sono contento che tu sia qui. Io posso solo accoglierlo stupito. Prima che io dica: “ho fame”, ha detto: “Prendete e mangiate”, mi ha cercato, mi ha atteso e si dona. Prendete, mangiate! Parole che mi sorprendono ogni volta, come una dichiarazione d’amore: “io voglio stare nelle tue mani come dono, nella tua bocca come pane, nell’intimo tuo come sangue, farmi cellula, respiro, pensiero di te. Tua vita”. ( Padre Ermes Ronchi)
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mo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.
C.
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+Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. A. Amen. C. Il Dio della speranza, che ci riempie di ogni gioia e pace nella fede per la potenza dello Spirito Santo, sia con tutti voi. A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE A Cristo, Pane per la nostra vita, chiediamo perdono dei nostri peccati e delle nostre infedeltà. Domandiamoci quanta nostalgia abbiamo di lui, quale bisogno sentiamo del cibo della sua parola e del suo Corpo. Chiediamoci dove dobbiamo cambiare perché la nostra vita sia più consapevole della sua presenza e del suo amore, che ancora oggi ci dona nel banchetto che ha preparato per noi. Breve pausa di riflessione personale Signore, tu sei l’unico pane di vita capace di comunicarci la vera vita, abbi pietà di noi. Signore, pietà. Cristo, Sapienza del Padre che ci inviti al banchetto preparato per noi, abbi pietà di noi. Cristo, pietà. Signore, che ti offri in cibo di comunione per restare con noi, abbi pietà di noi. Signore, pietà. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen.
prendere qual è la volontà del Signore. E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate inCOLLETTA C. O Dio della vita, che in que- vece ricolmi dello Spirito, intrattesto giorno santo ci fai tuoi amici e nendovi fra voi con salmi, inni, commensali, guarda la tua Chiesa canti ispirati, cantando e innegche canta nel tempo la beata spe- giando al Signore con il vostro cuore, rendendo continuamente ranza della risurrezione finale, e donaci la certezza di partecipare al grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù festoso banchetto del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, Cristo. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio tuo Figlio, che è Dio, e vive e reCanto al Vangelo gna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. ALLELUIA. ALLELUIA Chi mangia la mia carne e beve il A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA mio sangue, dice il Signore, rimane in me e io in lui. Prima Lettura ALLELUIA. Dal libro dei Proverbi La sapienza si è costruita la sua ca- C. Il Signore sia con voi E con il tuo spirito. sa, ha intagliato le sue sette colon- A. C. Dal Vangelo secondo GIOVANNI ne. Ha ucciso il suo bestiame, ha A. Gloria a te o Signore preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: «Chi è inesperto venga qui!». A chi è privo di senno ella dice: «Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza».Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio. R.
SALMO RESPONSORIALE
Gustate e vedete com’è buono il Signore. Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode. Io mi glorio nel Signore: i poveri ascoltino e si rallegrino. R/. emete il Signore, suoi santi: nulla manca a coloro che lo temono. I leoni sono miseri e affamati, ma a chi cerca il Signore non manca alcun bene. R/. GLORIA Venite, figli, ascoltatemi: vi Gloria a Dio nell'alto dei cieli e insegnerò il timore del Signore. pace in terra agli uomini di buoChi è l’uomo che desidera la vita e na volontà. Noi ti lodiamo, ti beama i giorni in cui vedere il bene? nediciamo, ti adoriamo, ti gloriR/. fichiamo, ti rendiamo grazie per Custodisci la lingua dal male, la tua gloria immensa, Signore le labbra da parole di menzogna. Dio, Re del cielo, Dio Padre onSta’ lontano dal male e fa’ il bene, nipotente. Signore, figlio unigecerca e persegui la pace. R/. nito, Gesù Cristo, Signore Dio, Seconda Lettura Agnello di Dio, Figlio del Padre, Dalla lettera di san Paolo apostolo tu che togli i peccati dal mondo agli Efesini abbi pietà di noi; tu che togli i Fratelli, fate molta attenzione al peccati dal mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, fadestra del Padre, abbi pietà di cendo buon uso del tempo, perché noi. Perché tu solo il Santo, tu i giorni sono cattivi. Non siate persolo il Signore, tu solo l'Altissiciò sconsiderati, ma sappiate com-
VA N G E L O
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Parola del Signore A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( seduti) CREDO
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Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI Nutriti dalla Parola di Dio e invitati alla sua mensa, offriamo con fiducia al Signore le nostre preoccupazioni e quelle dei nostri fratelli. Lui, che conosce tutto della nostra vita, saprà ascoltare la nostra preghiera. Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore. 1. Per il Papa e i vescovi: continuino a offrire agli uomini la sapienza di Dio e ad invitare i cristiani a nutrirsi della sua Parola e dell'Eucaristia, preghiamo. 2. Per tutti i cristiani: la mensa del mondo è spesso più allettante di quella di Dio. Preghiamo perché abbiano il coraggio di non attaccare il cuore agli idoli della terra, ma di impegnarsi in una vera vita cristiana, preghiamo. 3. Per quanti hanno responsabilità politiche e civili: non si preoccupino di rafforzare il benessere di pochi, ma di aiutare le persone prive del necessario, nelle quali Cristo soffre e muore, preghiamo. 4. Per la nostra comunità: l'Eucaristia ci faccia sentire uniti a Gesù, uniti tra di noi, uniti a coloro che tutti gli uomini dimenticano, preghiamo. C. O Padre, bontà infinita, ti ringraziamo di averci nutriti con la Parola e l'Eucaristia. Concedici di
avere sempre fame di ciò che è veramente necessario, e di essere sensibili ai poveri in cui Gesù continua a soffrire. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. A. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE C. Accogli i nostri doni, Signore, in questo misterioso incontro tra la nostra povertà e la tua grandezza; noi ti offriamo le cose che ci hai dato, e tu donaci in cambio te stesso. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. RendiamograziealSignorenostroDio. A. E’ cosa buona e giusta C. È veramente giusto benedirti e ringraziarti, Padre santo, sorgente della verità e della vita perché in questo giorno di festa ci hai convocato nella tua casa. Oggi la tua famiglia, riunita nell'ascolto della parola e nella comunione dell'unico pane spezzato fa memoria del Signore risorto nell'attesa della domenica senza tramonto, quando l'umanità intera entrerà nel tuo riposo. Allora noi vedremo il tuo volto e loderemo senza fine la tua misericordia. Con questa gioiosa speranza, uniti agli angeli e ai santi, proclamiamo a una sola voce l'inno della tua gloria: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli. C. Mistero della fede
C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire: PADRE NOSTRO Padre Nostro che sei nei Cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. C.
E con il tuo spirito.
Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna.
A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.
A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE C. O Dio, che in questo sacramento ci hai fatti partecipi della vita del Cristo, trasformaci a immagine del tuo Figlio, perché diventiamo coeredi della sua gloria nel cielo. Per A. Annunciamo la tua morte, Si- Cristo nostro Signore. gnore, proclamiamo la tua risurreAmen zione nell’attesa della tua venuta. C. Il Signore sia con voi. DOPOLA PREGHIERA EUCARISTICA A. E con il tuo spirito. C. Per Cristo, con Cristo e in CriC. Vi benedica Dio onnipotente, sto, a te Dio, Padre onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. nell’unità dello Spirito Santo, ogni A. Amen. onore e gloria, per tutti i secoli dei C. Nel nome del Signore: andate secoli. in pace. A. Amen A. Rendiamo grazie a Dio