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ESSERE BUONI CONVIENE Riflessione è un bene o un male essere buoni? La bontà è una caratteristica positiva o negativa? Si può essere buoni e avere successo? E prima di tutto, come si può definire la bontà? La vera bontà è voler fare del bene e realizzare tale proposito. E se la motivazione di base può cambiare - può anche essere egoistica - se vi è attenzione verso il prossimo e l'azione è positiva, si può parlare di bontà. La bontà non consiste nel concepire pensieri buoni; dunque non è vero che 'basta il pensiero', ci deve essere l'azione, come dice il poeta americano J.R. Lowell: "Tutti i nobili sentimenti del mondo pesano meno di una singola buona azione". La vera bontà dunque è attiva, fattiva, coraggiosa e richiede il coraggio di prendere posizione per ciò che è giusto e far sentire la propria voce dove c'è l'errore. Il coraggio della vita quotidiana. Non si deve confondere dunque la bontà con la 'falsa bontà', passiva e arrendevole. I falsi buoni sono tendenzialmente stupidi, solitamente repressi, spesso aggressivi e comunque dannosi. Essere buoni è una vera e propria arte, richiede attenzione e intelligenza. L'uomo per sua natura possiede cinque strumenti per affrontare i problemi morali e fare scelte eticamente buone: per prima cosa leggi, principi, regole etiche, norme, una sorta di linee guida che indicano come agire, che però non sono in grado di dare tutte le risposte; poi la ragione che aiuta, tramite l'analisi delle conseguenze delle azioni, a giudicare come fare il massimo bene evitando gli effetti negativi. Terzo strumento la coscienza: come una bussola interna dice cosa è bene e cosa è male. Questo indicatore interno viene plasmato in relazione al sistema sociale e culturale nel quale si cresce e si vive. Infatti, ciascuna cultura ha i suoi valori collettivi condivisi. Il quarto strumento è l'empatia, cioè la capacità di calarci nel mondo di un altro essere umano e il quinto è il prossimo, l'altro, al quale si può ricorrere per avere consigli e come cassa di risonanza. Come tutti gli strumenti, bisogna imparare ad usarli e allenarsi per usarli bene. Vi è una serie di motivi per agire bene ed evitare il male, motivi evoluzionistici, comportamentali, religiosi: tutti portano alla conclusione che si ha solo da guadagnare ad essere buoni. Tra questi argomenti vi è l'avere successo: come ottenerlo essendo buoni? Con la generosità, l'incoraggiamento, l'empatia, la responsabilità e il buon esempio nei confronti degli altri. Senza dimenticare se stessi. Si deve aver cura e occuparsi di se stessi almeno quanto si ha cura del prossimo. Ma una cosa non è opposta all'altra. Infatti uno dei modi migliori per essere buoni con se stessi è quello di esserlo con gli altri. E prendersi cura degli altri non esclude il fatto di prendersi cura di sé. ...Le parole di Aldous Huxley, scritte verso la fine della sua esistenza: "È piuttosto imbarazzante aver dedicato tutta la propria vita al dilemma umano e rendersi conto, arrivati alla fine, di non aver altro consiglio da offrire se non 'cercate di essere un po' più buoni'".
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«Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una sola, ma riassume tutte le voci del mondo; e qui di fatto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera… Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo… Noi chiudiamo una grande giornata di pace… Sì, di pace: "Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà"... La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, un fratello divenuto padre per volontà di Nostro Signore… Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell'incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c'è, qualche cosa che ci può tenere un po' in difficoltà… Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: "Questa è la carezza del Papa". Troverete forse qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto. Sappiano gli afflitti che il Papa è con i suoi figli specie nelle ore della mestizia e dell'amarezza… E poi tutti insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino. Addio, figlioli. Alla benedizione aggiungo l'augurio della buona notte».
festa odierna ci ricorda il giorno in cui i Cristiani riportarono la vittoria contro i Turchi a Lepanto nel 1571. S. Pio V la istituì sotto il titolo di S. Maria della Vittoria e due anni dopo Gregorio XIII la confermava, mutandone il nome in quello di festa del S. Rosario. A ragione questa vittoria venne attribuita alla SS. Vergine poiché, mentre a Lepanto si combatteva, in tutta la cristianità si recitava il Rosario. Erano milioni di fedeli con a capo il Papa che pregavano affinchè la scimitarra degli infedeli non giungesse a far strage nelle nostre contrade, com'era preciso disegno dei Turchi. L'armata cristiana; inferiore di numero, assalì con gran:. de fede ed ardore il nemico, e gl'inflisse una tale sconfitta che abbattè per sempre la potenza turca sul mare. Non ci dilunghiamo sui particolari di quel memorando avvenimento; vogliamo invece considerarne meglio l'arma vincitrice, ossia il Rosario. Le sue origini sono molto antiche e vanno ricercate nell'uso degli anacoreti dei primi secoli e dei frati laici i quali non potendo recitare i centocinquanta salmi dell'Ufficio vi supplivano con altrettanti Pater Noster. Verso il secolo xn si incominciò a recitare in tal modo anche l'Ave Maria che ben presto si alternò con il Pater. Più tardi vi si aggiunsero le considerazioni dei misteri e, dopo le dieci Ave Maria, il Gloria Patri. Così si giunse alla forma attuale. Il merito di aver dato il maggior impulso alla devozione del Rosario è di S. Domenico. Si dice che mentre il Santo predicava contro gli Albigesi, gli apparve la Vergine SS. e consegnandogli una corona gli disse che con quell'arma avrebbe vinto l'errore. Il grande predicatore diffuse la pratica del Rosario tra i fedeli e le sue prediche ottennero quel magnifico risultato che la storia registra. La SS. Vergine confermò più volte con prodigi la eccellenza del Rosario, specialmente apparendo a Lourdes ed a Fàtima con la corona in mano.
Il Rosario è senza dubbio la devozione più facile e più cara : è un intreccio delle preghiere che ogni bambino impara sulle ginocchia della mamma: il Pater insegnatoci parola per parola da Gesù; l'Ave Maria composta dalle parole con le quali l'arcangelo Gabriele e S. Elisabetta salutarono Maria SS.; il Gloria, inno di lode e ringraziamento alla SS. Trinità. Queste soavi preghiere vengono intrecciate con la meditazione dei tratti più notevoli della vita di Gesù e di Maria. Anzi i misteri sono l'anima del Rosario. Infatti lo scopo di questa santa istituzione è appunto quello di ricordarci quei divini misteri che ogni cristiano deve sempre avere dinanzi agli occhi, perchè lo incitino alla riconoscenza dei benefici divini e perchè possa vedere se la sua vita è conforme ai modelli contemplati. Per ottenere questi frutti dobbiamo recitare il Rosario adagio, con devozione; e mentre il labbro ripete l'Ave Maria, il pensiero deve meditare i misteri assegnati per ogni decina e trarre da essi i principali insegnamenti pratici.
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uello che dava autorità a Gesù come pastore era la sua umiltà, la vicinanza con la gente, la compassione, che si esprimeva in mitezza e tenerezza. E quando le cose andavano male, come sul Calvario, “stava zitto e pregava”. Papa Francesco, nell’ omelia della messa del mattino a Casa Santa Marta ripropone Gesù come icona e modello di pastore, con un’ autorità che è una grazia dello Spirito Santo e gli deriva dall’esser vicino alla gente, “non ai gruppetti dei potenti, degli ideologi”. La resurrezione del figlio unico di madre vedova Francesco commenta il brano del Vangelo di Luca proposto dalla liturgia, quello del miracolo della resurrezione del figlio unico di madre vedova, e sottolinea che Gesù aveva autorità davanti al popolo, non per la dottrina che predicava, che era quasi la stessa degli altri, ma perché era “umile e mite di cuore”. “Lui non sgridava, Lui non diceva ‘io sono il Messia’ o ‘sono il Profeta’; non faceva suonare la tromba quando guariva qualcuno o predicava alla gente o faceva un miracolo come la moltiplicazione dei pani. No. Lui era umile. Lui faceva”. Ed era “vicino alla gente”. Gesù è vicino alla gente, i dottori della Legge no I dottori della Legge, invece, “insegnavano dalla cattedra e si allontanavano dalla gente”. Non erano interessati alla gente, o solo per dare comandamenti, che “moltiplicavano fino a più di 300”. Ma non erano vicini alla gente. Nel Vangelo, quando Gesù non era con la gente, era con il Padre, a pregare. E la maggior parte del tempo nella vita di Gesù, nella vita pubblica di Gesù, Egli la passò sulla strada, con la gente. Questa vicinanza: l’umiltà di Gesù, quello che dà autorità a Gesù, lo porta la vicinanza con la gente. Lui toccava la gente, abbracciava la gente, guardava negli occhi la gente, ascoltava la gente. Vicino. E questo gli dava autorità. Era capace di ‘patire con’, pensava con il cuore San Luca, nel Vangelo, sottolinea la “grande compassione” che prese Gesù vedendo la madre vedova, sola, e il ragazzo morto. Lui aveva “questa capacità di patire con. Non era teorico”. Si può dire che “pensava con il cuore, non staccava la testa dal cuore”. E ci sono due tratti di questa compassione che vorrei sottolineare: la mitezza e la tenerezza. Gesù dice: “Imparate da me che sono umile e mite di cuore”: mite di cuore. Quella mitezza. Lui era mite, non sgridava. Non puniva la gente. Era mite. Sempre con mitezza. Si arrabbiava Gesù? Sì! Pensiamo quando ha visto la casa di suo Padre diventata un shopping, per vendere delle cose, i cambia-monete … lì si arrabbiò, prese la frusta e cacciò via tutti. Ma perché amava il Padre, perché era umile davanti al Padre, aveva questa forza. Una compassione fatta di tenerezza e mitezza La tenerezza, poi. Gesù non ha detto “Non piangere, signora”, stando distante. “No. Si è avvicinato, forse le ha toccato le spalle, forse l’ha accarezzata. ‘Non piangere’. Questo è Gesù. E Gesù fa lo stesso con noi, perché è vicino, è in mezzo alla gente, è pastore”. L’altro gesto di tenerezza è prendere il ragazzo e restituirlo alla madre. Insomma “Umile e mite di cuore, vicino alla gente, con capacità di compatire, con compassione e con questi due tratti di mitezza e di tenerezza. Questo è Gesù”. E fa con tutti noi, quando si avvicina, quello che ha fatto con il ragazzo e la mamma vedova. Gesù è l’icona del pastore dalla quale imparare “Questa è l’icona del pastore” sottolinea il Pontefice, e da questa dobbiamo imparare noi pastori: “vicini alla gente, non ai gruppetti dei potenti, degli ideologi … Questi ci avvelenano l’anima, non ci fanno bene!”. Il pastore, quindi, “deve avere la potenza e l’autorità che aveva Gesù, quella dell’umiltà, quella della mitezza, della vicinanza, della capacità di compassione, della tenerezza”. Il pastore accusato soffre, offre la vita e prega E quando poi le cose a Gesù sono andate male, si chiede il Papa, cosa ha fatto? Quando la gente lo insultava, quel Venerdì Santo, e gridava “crucifige”, rimaneva zitto perché aveva compassione di quella gente ingannata dai potenti del denaro, del potere … Stava zitto. Pregava. Il pastore, nei momenti difficili, nei momenti in cui si scatena il diavolo, dove il pastore è accusato, ma accusato dal Grande Accusatore tramite tanta gente, tanti potenti, soffre, offre la vita e prega. E Gesù pregò. La preghiera lo portò anche alla Croce, con fortezza; e anche lì ebbe la capacità di avvicinarsi e guarire l’anima del Ladrone. La grazia della stessa autorità per i pastori di oggi Oggi rileggiamo il brano, è l’invito finale di Papa Francesco, di Luca, capitolo VII, per vedere “dov’è l’autorità di Gesù”. E chiediamo la grazia “che tutti noi pastori abbiamo questa autorità: un’ autorità che è una grazia dello Spirito Santo”.
9 OTTOBRE 1963 IL DISASTRO DEL VAJONT Vajont è il nome del torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per confluire nel Piave, davanti a Longarone e a Castellavazzo, in provincia di Belluno (Italia). UN'IMMANE SCIAGURA - La storia di queste comunità venne sconvolta dalla costruzione della diga del Vajont, che determinò la frana del monte Toc nel lago artificiale. La sera del 9 Ottobre 1963 si elevò un immane ondata, che seminò ovunque morte e desolazione. La stima più attendibile è a tutt'oggi di 1910 vittime. ERRORI UMANI - Sono stati commessi tre fondamentali errori umani che hanno portato alla strage: l'aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico; l'aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza; il non aver dato l'allarme la sera del 9 Ottobre per attivare l'evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione. CRONACA DI UN EVENTO TRAGICO - La frana che si staccò alle ore 22.39 dalle pendici settentrionali del monte Toc precipitando nel bacino artificiale sottostante aveva dimensioni gigantesche. Una massa compatta di oltre 270 milioni di metri cubi di rocce e detriti furono trasportati a valle in un attimo, accompagnati da un'enorme boato. Tutta la costa del Toc, larga quasi tre chilometri, costituita da boschi, campi coltivati ed abitazioni, affondò nel bacino sottostante, provocando una gran scossa di terremoto. Il lago sembrò sparire, e al suo posto comparve una enorme nuvola bianca, una massa d'acqua dinamica alta più di 100 metri, contenente massi dal peso di diverse tonnellate. Gli elettrodotti austriaci, in corto-circuito, prima di esser divelti dai tralicci illuminarono a giorno la valle, lasciando nella più completa oscurità i paesi vicini. DUE ONDATE GIGANTESCHE - La forza d'urto della massa franata creò due ondate. La prima, a monte, fu spinta ad est verso il centro della vallata del Vajont che in quel punto si allarga. Questo consentì all'onda di abbassare il suo livello e di risparmiare, per pochi metri, l'abitato di Erto. Purtroppo spazzò via le frazioni più basse lungo le rive del lago, quali Frasègn, Le Spesse, Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana e San Martino.
La seconda ondata si riversò verso valle superando lo sbarramento artificiale, innalzandosi sopra di esso fino ad investire, ma senza grosse conseguenze, le case più basse del paese di Casso. Il collegamento viario eseguito sul coronamento della diga venne divelto, così come la palazzina di cemento, a due piani, della centrale di controllo ed il cantiere degli operai. L'ondata, forte di più di 50 milioni di metri cubi, scavalcò la diga precipitando a piombo nella vallata sottostante con una velocità impressionante. La stretta gola del Vajont la compresse ulteriormente, facendole acquisire maggior energia. DISTRUZIONE OVUNQUE - Allo sbocco della valle l'onda era alta 70 metri e produsse un vento sempre più intenso, che portava con se, in leggera sospensione, una nuvola nebulizzata di goccioline. Tra un crescendo di rumori e sensazioni che diventavano certezze terribili, le persone si resero conto di ciò che stava per accadere, ma non poterono più scappare. Il greto del Piave fu raschiato dall'onda che si abbatté con inaudita violenza su Longarone. Case, chiese, porticati, alberghi, osterie, monumenti, statue, piazze e strade furono sommerse dall'acqua, che le sradicò fino alle fondamenta. Della stazione ferroviaria non rimasero che lunghi tratti di binari piegati come fuscelli. Quando l'onda perse il suo slancio andandosi ad infrangere contro la montagna, iniziò un lento riflusso verso valle: una azione non meno distruttiva, che scavò in senso opposto alla direzione di spinta.Altre frazioni del circondario furono distrutte, totalmente o parzialmente: Rivalta, Pirago, Faè e Villanova nel comune di Longarone, Codissago nel comune di Castellavazzo. A Pirago restò miracolosamente in piedi solo il campanile della chiesa; la villa Malcolm venne spazzata via con le sue segherie. Il Piave, diventato una enorme massa d'acqua silenziosa, tornò al suo flusso normale solo dopo una decina di ore. Alle prime luci dell'alba l'incubo, che aveva ossessionato da parecchi anni la gente del posto, divenne realtà. Gli occhi dei sopravvissuti poterono contemplare quanto l'imprevedibilità della natura, unita alla piccolezza umana, seppe produrre. La perdita di quasi duemila vittime stabilì un nefasto primato nella storia italiana e mondiale... Si era consumata una tragedia tra le più grandi che l'umanità potrà mai ricordare.
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Di ritorno a casa continuò a svolgere la professione di pastore, ma pianificò di diffondere i libri in lingua romena. Presentò addirittura richiesta per l’approvazione di uno spaccio per «portare la lettera e il pensiero romeno tra i romeni della Transilvania in modo legale». Non ricevendo l’autorizzazione, Cârţan iniziò da solo a diffondere i libri romeni, portandoli lui stesso attraverso i «sentieri nascosti degli orsi» e le «dogane delle pecore». Ha affrontato molte situazioni, fu insultato, torturato, arrestato dalle autorità, accusato di spionaggio e di essere un sovvertitore contro lo stato ungherese. Il pastore autodidatta trasportò sulle spalle 100.000 abbecedari e libri in lingua romena portati dal «Paese», aprendo biblioteche di campagna e diffondendo «la luce» tra i romeni. Nel 1892 i rappresentanti dei romeni della Transilvania avevano presentato all’imperatore un Memorandum per richiedere diritti e libertà per i romeni. I petitori furono fermati, processati, condannati e arrestati. Cârţan Gheorghe, presente in aula, da bravo romeno ritenne suo dovere andare a visitarli nelle prigioni di Seghedin e Vaţ. Se a Seghedin fu fatto entrare, a Vaţ il direttore gli negò il permesso perché era stato un sovvertitore. Un aneddoto degno di essere ricordato è stato colto dal pubblicista D. Comşa: «Allora Badea Cârţan per dimostrare che non aveva dimenticato i martiri della sua stirpe, si sedette, quieto, davanti ai cancelli del penitenziario e, tirato fuori il flauto dalla cintola, iniziò a suonare a lungo una melodia come un lamento, per la sorpresa dei passanti ungheresi e per la gioia dei rinchiusi, usciti nel cortile e sui quali questo segno di vita trasmesso da al di là dei muri ebbe un profondo impatto ». Nel 1895 Gheorghe Cârţan andò nella capitale della Romania, a Bucarest. Aveva letto Cronica di Gheorghe Şincai, rilesse Istoria Românilor supt Mihai Vodă Viteazul (La storia del Popolo Romeno sotto il Voivoda Michele il Coraggioso)scritta da Nicolae Balcescu e volle vedere la statua del grande regnante. Arrivato davanti alla statua si inginocchiò come in un rituale: «Lode a te mio Signore, padrone di tutti i popoli, per aver aiutato il grande regnante Mihai il Coraggioso a sottomettere i turchi pagani e gli ungheresi truffatori. Fa sì che i suoi successori possano nuovamente attraversare le vette dei Carpazi e con le loro armate scacciare dalle pianure di Făgăraşi e dell’Ardeal tutti gli invasori e fa sì che nella fortezza di Alba Iulia possa nuovamente sorgere il sole della giustizia romena. Mio Signore, un gregge senza pastore si perde e viene divorato dai lupi, fa sì Signore che il nostro popola abbia bravi pastori che lo proteggano dai lupi. E lo portino alla liberazione. Amen [5]». Quella sera dormì sotto la statua di Michele il Coraggioso. A Bucarest ebbe la fortuna di conoscere Ion Grama, proveniente dalla regione dell’Ardeal, impiegato presso il professore V. Alexandrescu Urechia, scrittore, storico, ministro della pubblica istruzione, accademico e presidente della lega per l’unità culturale dei romeni di tutto il mondo. Fu il professore a chiamarlo «Badea Cârţan» e questo gli rimase sia come nome che cognome. A Bucarest conobbe gli intellettuali dell’epoca, membri della «Lega culturale». Alcuni giornali hanno pubblicato degli articoli sul pastore proveniente dall’Ardeal che era venuto a Bucarest per vedere la statua di Mihai il Coraggioso. Andò via da Bucarest con giornali, ma soprattutto libri: di storia, geografia, grammatica e letteratura romena
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lcuni farisei si avvicinarono a Gesù per metterlo alla prova: «è lecito a un marito ripudiare la moglie?».
Chiaro che sì, è pacifico, non solo la tradizione religiosa, ma la stessa Parola di Dio lo legittimava. Gesù invece prende le distanze dalla legge biblica: «per la durezza del vostro cuore Mosè scrisse per voi questa norma». Gesù afferma una cosa enorme: non tutta la legge, che noi diciamo di Dio, ha origine divina, talvolta essa è il riflesso di un cuore duro. Qualcosa vale più della lettera scritta. Simone Weil lo dice in modo luminoso: «Mettere la legge prima della persona è l’essenza della bestemmia». E per questo Gesù, infedele alla lettera per essere fedele allo spirito, ci «insegna ad usare la nostra libertà per custodire il fuoco e non per adorare la cenere!» (G. Mahler). La Bibbia non è un feticcio, vuole intelligenza e cuore. Gesù non intende redigere altre norme, piantare nuovi paletti. Non vuole regolamentare meglio la vita, ma ispirarla, accenderla, rinnovarla. E allora ci prende per mano e ci accompagna dentro il sogno di Dio, sogno sorgivo, originario, a guardare la vita non dal punto di vista degli uomini, ma del Dio della creazione. Dio non legifera, crea: «dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina, per questo l’uomo lascerà il padre e la madre, si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola». Il sogno di Dio è che nessuno sia solo, nessuno senza sicurezza, più che di padre, senza tenerezza, più che di madre. Gesù ci porta a respirare l’aria degli inizi: l’uomo non separi quello che Dio ha congiunto. Il nome di Dio è dal principio “colui-che-congiunge”, la sua opera è creare comunione.
La risposta di Gesù provoca la reazione non dei farisei, ma dei discepoli che trovano incomprensibile questo linguaggio e lo interrogano di nuovo sullo stesso argomento. «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei». Gesù risponde con un’altra presa di distanza dalla legislazione giudaica: «E se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Nella legge non c’era parità di diritti; alla donna, la parte più debole, non era riconosciuta la possibilità di ripudiare il marito. E Gesù, come al suo solito, si schiera dalla parte dei più deboli, e innalza la donna a uguale dignità, senza distinzioni di genere. Perché l’adulterio sta nel cuore, e il cuore è uguale per tutti. Il peccato vero più che nel trasgredire una norma, consiste nel trasgredire il sogno di Dio. Se non ti impegni a fondo, se non ricuci e ricongiungi, se il tuo amore è duro e aggressivo invece che dolce e umile, tu stai ripudiando il so-
gno di Dio, sei già adultero nel cuore
p. Ermes Ronchi
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la, principio dell'armonia libera e necessaria che si realizza nell'amore; per opera del tuo Spirito riporta i figli di Adamo alla santità delle prime origini, e dona loro un cuore fedele, perché nessun potere umano osi dividere ciò che tu stesso hai unito. Per il nostro Signore GeNel nome del Padre e del sù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e Figlio e dello Spirito Santo. vive e regna con te, nell'unità dello A. Amen. Spirito Santo, per tutti i secoli dei C. Il Dio della speranza, che ci secoli. riempie di ogni gioia e pace nella A. Amen fede per la potenza dello Spirito LITURGIA DELLA PAROLA Santo, sia con tutti voi. Prima Lettura A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE Dal libro della Gènesi Il Signore Dio disse: «Non è bene ATTO PENITENZIALE C. Nel giorno in cui celebriamo che l’uomo sia solo: voglio fargli la vittoria di Cristo sul peccato e un aiuto che gli corrisponda». Allosulla morte, anche noi siamo chia- ra il Signore Dio plasmò dal suolo mati a morire al peccato per risor- ogni sorta di animali selvatici e tutgere a vita nuova. Riconosciamoci ti gli uccelli del cielo e li condusse bisognosi della misericordia del all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque Padre. Breve pausa di riflessione personale modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto pecca- doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il beto in pensieri, parole, opere e stiame, a tutti gli uccelli del cielo e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E a tutti gli animali selvatici, ma per supplico la beata sempre vergi- l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore ne Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli Signore Dio nostro. tolse una delle costole e richiuse la Breve pausa di riflessione personale C. Dio Onnipotente abbia carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva misericordia di noi, perdoni i notolta all’uomo, una donna e la constri peccati e ci conduca alla vita dusse all’uomo. Allora l’uomo diseterna. Amen. se: «Questa volta è osso dalle mie Signore, pietà. Signore, pietà. ossa, carne dalla mia carne. La si Cristo, pietà. Cristo, pietà. chiamerà donna, perché dall’uomo Signore, pietà. Signore, pietà. è stata tolta». Per questo l’uomo GLORIA lascerà suo padre e sua madre e si Gloria a Dio nell'alto dei cieli e unirà a sua moglie, e i due saranno pace in terra agli uomini di buo- un’unica carne. .Parola d Dio. na volontà. Noi ti lodiamo, ti be- A. Rendiamo grazie a Dio. nediciamo, ti adoriamo, ti gloriSALMO RESPONSORIALE fichiamo, ti rendiamo grazie per R. Ci benedica il Signore, la tua gloria immensa, Signore tutti i giorni della nostra vita. Dio, Re del cielo, Dio Padre on- Beato chi teme il Signore e camminipotente. Signore, figlio unige- na nelle sue vie. Della fatica delle nito, Gesù Cristo, Signore Dio, tue mani ti nutrirai, sarai felice e Agnello di Dio, Figlio del Padre, avrai ogni bene. R/. tu che togli i peccati dal mondo La tua sposa come vite feconda abbi pietà di noi; tu che togli i nell’intimità della tua casa; i tuoi peccati dal mondo, accogli la figli come virgulti d’ulivo intorno nostra supplica; tu che siedi alla alla tua mensa. R/. destra del Padre, abbi pietà di Ecco com’è benedetto l’uomo che noi. Perché tu solo il Santo, tu teme il Signore. Ti benedica il Sisolo il Signore, tu solo l'Altissignore da Sion. R/. mo, Gesù Cristo, con lo Spirito Possa tu vedere il bene di GerusaSanto: nella gloria di Dio Padre. lemme tutti i giorni della tua vita! Amen. Possa tu vedere i figli dei tuoi figli! COLLETTA Pace su Israele!. R/. Dio, che hai creato l'uomo e la donSeconda Lettura na, perché i due siano una vita soC.
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Dalla lettera agli Ebrei Fratelli, quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti. Conveniva infatti che Dio – per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria – rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli. . Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio
Canto al Vangelo
ALLELUIA. ALLELUIA Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. ALLELUIA. C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo MARCO A. Gloria a te o Signore
VA N G E L O
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Dal vangelo secondo Marco In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Gli presentavano
dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro. Parola del Signore A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( seduti) CREDO Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C. La Parola di Gesù, in questa Eucaristia, illumina e fortifica l'amore che noi cerchiamo di vivere nelle nostre famiglie. Preghiamo perché all'interno di ciascuna di esse egli rafforzi l'amore fedele e perenne al quale Lui ci chiama. Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore. 1. Per la Chiesa, sposa di Cristo, perché aiuti le nostre famiglie a rinnovare l'amore sereno e fedele, unica fonte di autentica felicità, e offra vicinanza e misericordia a chi soffre per il dolore della separazione, preghiamo. 2. Per i bambini in attesa di una famiglia, perché, dopo aver vissuto l'abbandono, possano trovare l'amore di una famiglia che, acco-
gliendoli, risani le loro ferite, preghiamo. 3. Per i giovani che si preparano al matrimonio, perché non si chiudano nel benessere materiale, ma progettino una casa aperta alla generosità e allo spirito di servizio nella società e nella Chiesa, preghiamo. 4. Per le famiglie della nostra comunità, perché siano nel mondo segni vivi dell'amore di Cristo per la Chiesa e testimoni della bellezza del matrimonio cristiano, preghiamo. C. O Padre, dona alle nostre famiglie la capacità di rinnovare sempre l'impegno di amore fedele e perenne, e a trovare in esso la serenità nei momenti difficili della vita. Per Cristo nostro Signore. A. Amen
LITURGIA EUCARISTICA
C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)
Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta. DOPOLA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire: A.
PADRE NOSTRO
Padre Nostro che sei nei Cieli, ... C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli
R ITO DELLA PACE
C. Signore Gesu’ che hai detto ai
tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. SULLE OFFERTE A. Amen C. Accogli, Signore, il sacrificio C. La pace del Signore sia sempre che tu stesso ci hai comandato d'of- con voi. A. E con il tuo spirito. frirti e, mentre esercitiamo il noC. Come figli del Dio della pastro ufficio sacerdotale, compi in ce, scambiatevi un gesto di conoi la tua opera di salvezza. Per munione fraterna. Cristo nostro Signore. A. Agnello di Dio, che togli i pecA.Amen. cati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Il Signore sia con voi. Agnello di Dio, che togli i pecE con il tuo spirito. cati del mondo, dona a noi la pace. In alto i nostri cuori. C. Beati gli invitati alla cena del Sono rivolti al Signore. Signore Ecco l’Agnello di Dio che toRendiamograziealSignorenostroDio. glie i peccati del mondo.
PREGHIERA EUCARISTICA
C. A. C. A. C. A. E’ cosa buona e giusta È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Abbiamo riconosciuto il segno della tua immensa gloria quando hai mandato tuo Figlio a prendere su di sé la nostra debolezza; in lui nuovo Adamo hai redento l'umanità decaduta e con la sua morte ci hai resi partecipi della vita immortale. Per mezzo di lui si allietano gli angeli e nell'eternità adorano la gloria del tuo volto. Al loro canto concedi, o Signore, che si uniscano le nostre umili voci nell'inno di lode: Santo, Santo, Santo C. Mistero della fede
A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato.
DOPO LA COMUNIONE
La comunione a questo sacramento sazi la nostra fame e sete di te, o Padre, e ci trasformi nel Cristo tuo Figlio. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. A. Amen C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: andate in pace. A. Rendiamo grazie a Dio