ADESTE NR. 42 Domenica 14 Ottobre 2018

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Settimana della Lingua Italiana nel Mondo è una manifestazione promossa dalla rete culturale e diplomatica ogni anno nella terza settimana di ottobre intorno ad un tema che funge da filo conduttore per l’organizzazione di un vasto programma culturale focalizzato intorno alla diffusione della lingua italiana. L’iniziativa nasce nel 2001 da un’intesa tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e l’Accademia della Crusca cui si affiancò in seguito la Confederazione Svizzera, Paese in cui l’italiano è una delle lingue ufficiali. Nel corso di questi diciotto anni la Settimana della Lingua ha finito per rappresentare – per il numero di attività messe in cantiere in contemporanea e in tutto il mondo – l’appuntamento privilegiato di promozione linguistica del MAECI. Questo si è potuto realizzare grazie al crescente coinvolgimento delle comunità dei connazionali e degli italofoni all’estero, delle istituzioni culturali locali e di una schiera di scrittori, poeti, artisti, professori e accademici che hanno animato le edizioni di questi anni in modo appassionato in centinaia di conferenze, convegni, letture, corsi di aggiornamento, dando vita a un dialogo culturale e interculturale con altri scrittori, artisti, intellettuali e sezioni della società civile in tantissimi Paesi. Dal 2013 il tema della Settimana ruota intorno ai settori delle imprese e alle industrie culturali enfatizzando il legame esistente tra lingua e creatività. 2018: XVIII edizione della Settimana della Lingua italiana nel Mondo

La XVIII edizione della Settimana della Lingua italiana nel Mondo 2018, programmata dal 15 al 21 ottobre 2018, verte sul tema “L’italiano e la rete, le reti per l’Italiano”. L’argomento, di grande attualità, approfondirà i

legami e le influenze esistenti tra la lingua italiana, il mondo della rete internet, le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione sociale incluse le piattaforme sociali. L’Accademia della Crusca realizzerà un libro sul tema della manifestazione che sarà curato dal Prof. Giuseppe Patota e dal Prof. Fabio Rossi.


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iù di 100 anni fa fu costruita la scuola italiana Regina Margherita dal mecenate Luigi Cazzavillan, il quale la regalò allo Stato Italiano. Vi contribuì in solido e personalmente anche il re Vittorio Emmanuele III. Nel 1915-1916 fu costruita la Chiesa italiana e dopo pochi anni, nel 1923, fu fondato anche l’Istituto di Cultura Italiana dal prof. Ramiro Ortiz. Questi sono tre elementi, soprattutto i primi due, la scuola e la chiesa, che costituirono il cuore della comunità italiana. Una comunità che non era né numerosa né ricca, però possedeva qualcosa che è inimitabile, possedeva il senso di appartenenza. Attorno a questi poli sociali, religiosi, culturali, nacquero anche molte iniziative, come ad esempio il Coro Giuseppe Verdi, perché questi poli diventano delle fucine, delle occasioni per stare insieme, ma anche per diventare creativi. È quindi importante per noi riscoprire oggi e fare nostro il senso appartenenza di chi ci Il dott. Enzo Peraro, Direttore ha preceduti, l’orgoglio di essere italiani. dell’Istituto Italiano di Cultura Per me, che di lavoro promuovo e diffondo la cultura italiana, è essenziale avere coscienza della ricchezza e del patrimonio culturale che possiede il nostro Paese. Però non dobbiamo accontentarci di dichiararlo retoricamente, dobbiamo dimostrarlo nei fatti, con la nostra presenza e partecipazione. Nei momenti di italianità, come nei momenti importanti nella vita di ogni famiglia, non si può mancare, indipendentemente dal fatto che ci possa più o meno piacere, più o meno interessare l’evento. Il richiamo è la famiglia che si riunisce. Quindi, la nostra autorevolezza come italiani, il peso specifico dell’italianità in Romania si valuta anche da questo senso di coesione. Questa scuola, però, è qualcosa di più, infatti, oltre ad adempiere al compito di formare le nuove generazioni, presenta un valore aggiunto, quello di costituire un faro di cultura italiana all’estero. Questa scuola è chiamata a formare i cittadini europei di domani, con la fortuna di poter attingere a due culture, quella italiana e quella romena. Il successo di questa scuola dipenderà da quanto tutti noi, in prima persona, la sentiamo nostra e le vogliamo bene, come se fosse una nostra creatura.


di una volta mi sono trovata a passare, a Chieti, dalle mie parti, in via Ramiro Ortiz, per me un illustre sconosciuto fino a pochi mesi fa. Ma ritrovando molto spesso qui in Romania il suo nome, e sapendo in seguito che era nato proprio a Chieti, la curiosità mi ha spinto ad informarmi. Dopo essermi procurata la Commemorazione del Tagliavini del Dicembre 1948, ben 23 pagine sulla sua vita e i suoi scritti, gentilmente fornitami dall’Università di Padova (grazie Marco!), mi trovo di fronte ad una di quelle “microstorie” nell’ambito di un gran pezzo di storia che è l’interbellico, caratterizzato dall’avvento e dalla permanenza del Fascismo. Ramiro Ortiz è stato un professore che ha diviso la sua vita e il suo insegnamento tra Italia e Romania, che considerava entrambe “Patrie”. Titolare della prima cattedra di Lingua e Letteratura Italiana all’Università di Bucarest e ivi fondatore dell’Istituto di Italiano di Cultura. Autore del volume di letteratura comparata Per la Storia della Letteratura Italiana in Romania, che lui stesso ha definito un libro d’amore e non di erudizione, e dell’esegesi della Divina Commedia. Ma il suo merito maggiore è stato certamente quello di aver dato ai lettori italiani la prima traduzione completa del massimo poeta rumeno: Mihai Eminescu. Nel 1933 torna definitivamente in Italia come ordinario di Filologia Romanza nell’ateneo di Padova, pur non avendo mai aderito al Partito (a quei tempi per ricoprire un incarico pubblico era necessaria la tessera), i suoi meriti hanno costituito un’eccezione. E poi i suoi rapporti umani, con i suoi due assistenti, Alexandru Marcu, filonazista che lo succederà nella cattedra, e diventerà sottosegretario alla Propaganda durante il regime di Antonescu, e la giovane Nina Facon, sua prediletta ed ebrea. Il rapporto con quest’ultima è ben reso nel Carteggio di Doina Condrea Derer, ovvero lo scambio epistolare avvenuto tra loro dal 1933 al 1941. “Carteggio”, una forma letteraria praticamente

estinta, uccisa dalla posta elettronica… Tra loro un’amicizia delicata, piena di rispetto, ma che lascia intravedere il tenero sentimento nato tra il docente e la sua assistente. E’c ommovente vedere come si scusa per l’aspetto conciso delle missive (anche quando non lo erano), usando il termine “telegrafico”, ricevo mail dove alcuni, se potessero, scriverebbero direttamente in Morse… Un’amicizia durata tutta una vita, che ha conosciuto il dramma delle leggi razziali (la giovane era venuta a Padova come collaboratrice, ma dopo la promulgazione di tali leggi dovette andare via ), e che ha visto il triste epilogo della fucilazione di Alexandru Marcu nel carcere di Vacaresti, con il comunismo. L’amore per la lingua italiana ha legato queste tre persone, una passione che la Facon ha ben trasmesso ad i suoi allievi, facendo loro conoscere i poeti della Resistenza come Pavese, Vittorini, Morante. Un concetto ben difficile da far comprendere a giovani che vivevano la resistenza in maniera quasi passiva in quegli anni in Romania. Mara Chiritescu, è stata una di loro. Ora gestisce la libreria Pavesiana, alle spalle del palazzo della Securitate. Un circolo intellettuale in cui ci si occupa di far conoscere la nostra cultura letteraria attraverso incontri ed opere tradotte. Un luogo davvero piacevole, dove intrattenersi per un caffè , fare due chiacchiere “eccellenti” con la titolare e conoscere le persone interessanti che sono solite frequentarla. E proprio in occasione di una di queste conversazioni, la signora Mara mi ha ricordato che durante il regime, la conoscenza di una lingua straniera era considerato un veicolo pericoloso, e non sempre la traduzione era consentita dalla censura. Il Nome della Rosa, per esempio, tradotto da Florin Chiritescu, marito di Mara, per poter essere pubblicato, nell’84, ha richiesto la soppressione di tutti i riferimenti alla Praga del ’68. E lei stessa ha scritto una lettera all’autore in cui chiedeva il consenso a tale cancellazione, che naturalmente è stata accettata, per avere l’opera tradotta anche in Rumeno. Queste persone raccontano una vera passione per la lingua italiana…e volendo citare una frase proprio di Eminescu, tanto amato da Ortiz : “Le passioni abbassano, la passione eleva”.


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scuola piÚ che mai si devono sottoporre all’attenzione degli studenti tematiche afferenti i guasti dello spreco, del consumismo e dell’apatia

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, ma io non voglio fare l'Imperatore: non è il mio mestiere; non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti, se possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l'un l'altro. In questo mondo c'è posto per tutti.»

È l'incipit del discorso all'umanità che chiude Il grande dittatore, sublime capolavoro firmato da Charlie Chaplin che debuttò nelle sale americane il 15 ottobre del 1940. La storia è quella di un barbiere ebreo che, dopo aver perso la memoria in un'azione eroica durante la Prima guerra mondiale, si ritrova catapultato in una nuova fase storica che vede gli ebrei perseguitati dal dittatore di Tomania, Adenoid Hynkel (anch'esso interpretato da Chaplin). Impossibile non cogliere in quest'ultimo la caricatura di Hitler, così come nel suo fido alleato Bonito Napoloni, è facile individuare un riferimento a Mussolini. Ciò che emerge è la maniera poetica e intelligente con cui la pellicola riesce a rappresentare in forma satirica uno dei momenti più drammatici della storia. Premiato da incassi record e con cinque nomination agli Oscar, con esso Chaplin smise per la prima volta i panni di Charlot, il buffo e maldestro vagabondo che in oltre cento cortometraggi consegnò un esempio universale ai comici di ogni epoca. Tra questi c'è Roberto Benigni che, in omaggio al grande attore inglese, riprese ne "La vita è bella" il numero della divisa indossato dal protagonista de "Il grande dittatore".


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La Santa Parascheva nata a Epivat (Turchia) ed ha vissuto durante la prima meta del XI secolo. Dopo una vita dedicata ai poveri e ai piĂš bisognosi, muore a soli 27 anni e le sue reliquie, a cui vengono attribuiti tanti miracoli, sono state custodite prima nella cittĂ natale Epivat, poi a Trnovo capitale della Bulgaria, quindi a Belgrado fino al 1521, successivamente a Constantinopoli per altri 120 anni. Nel 1641 le reliquie sono state portate a Iasi dove si trovano attualmente.


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Da quando è nata fino all’Annunciazione – spiega Francesco – al momento dell’incontro con l’angelo di Dio, me l’immagino come una ragazza normale, una ragazza di oggi, una ragazza non posso dire di città, perché Lei è di un paesino, ma normale, educata normalmente, aperta a sposarsi, a fare una famiglia. Una cosa che immagino è che amasse le Scritture: conosceva le Scritture, aveva fatto la catechesi ma familiare, dal cuore». “Faceva la spesa, aiutava il marito” Poi, prosegue il Papa, «dopo il concepimento di Gesù» è rimasta «ancora una donna normale: Maria è la normalità, è una donna che qualsiasi donna di questo mondo può dire di poter imitare. Niente cose strane nella vita, una madre normale: anche nel suo matrimonio verginale, casto in quella cornice della verginità, Maria è stata normale. Lavorava, faceva la spesa, aiutava il Figlio, aiutava il marito: normale».

“Non è stata vittima dell’inganno” Maria è nata senza peccato originale, «vuol dire che è nata, come mi piace dire, anche prima di Eva. Non è vero dal punto di vista cronologico, ma mi piace pensare che sia nata prima del momento nel quale Eva è stata ingannata, sedotta, perché Lei non è stata vittima dell’inganno, non ne ha subito le conseguenze. Però è anche nata dopo perché, nella visione della Chiesa, che non sbaglia, la ri-creazione è più importante della creazione».

Una donna “sola” La creazione, evidenzia Bergoglio, «comincia con Adamo e poi Eva, e tutti e due insieme sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio. La ri-creazione comincia da Maria, da una donna sola. Possiamo pensare alle donne sole che portano avanti la casa, da sole educano i figli. Ecco, Maria è ancora più sola. Sola comincia questa storia, che prosegue con Giuseppe e la famiglia; ma all’inizio la ri-creazione è il dialogo tra Dio e una donna sola».


40 anni fa fu eletto Papa, Giovanni Paolo II dopo due giorni di conclave, cinque scrutini e tre fumate nere, nel tardo pomeriggio una fumata bianca annuncia al mondo che è stato eletto il nuovo Papa, dopo il pontificato-lampo di Albino Luciani, durato solo 33 giorni. Comincia allora l’attesa per conoscere il nome dell’eletto, fino a quando alle 18.45, dalla loggia delle benedizioni di San Pietro, il protodiacono Pericle Felici scandisce un nome sconosciuto ai più: Karol (che in latino diventa Carolum) Wojtyla. Qualcuno pensa addirittura che sia un vescovo africano e quando si chiarisce che si tratta dell’arcivescovo di Cracovia, i radiocronisti si precipitano a telefonare all’ambasciata polacca per imparare la pronuncia corretta del nome del nuovo pontefice. Intanto il prescelto si è già conquistato la simpatia di molti chiedendo scusa per il suo italiano non perfetto e scivolando su quel «se sbaglio mi corrigerete» che passa subito di bocca in bocca ed è rimasto nella memoria di tutti. Anche la scelta del nome colpisce favorevolmente: Giovanni Paolo II, nel solco del pontificato di Luciani, la cui brevità aveva costernato i cattolici e gettato nello sconforto i cardinali elettori. È questa la parte più nota dell’elezione, circa 33 anni fa, di Karol Wojtyla, aitante e affabile cardinale polacco, primo non italiano sul soglio di Pietro dopo 455 anni. Ma qualcosa si sa anche della parte segreta del conclave, da quando il 14 ottobre, era un sabato pomeriggio, il collegio cardinalizio si era chiuso nella cappella Sistina per la difficile scelta. Lo stato d’animo generale era di sbigottimento, per ritrovarsi di nuovo a dover scegliere il Papa dopo la meteora Luciani. Inoltre, specialmente il primo giorno, si respirava un certo sconcerto tra i principi della Chiesa che, si disse, avevano trovato nelle loro cartelle la copia di una intervista alla Gazzetta del Popolo dell’arcivescovo di Genova, Giuseppe Siri, in cui questi, - che

nel conclave di settembre era stato a un passo dall’essere eletto, - sparava a zero sul Vaticano II e in particolare sulla collegialità dei vescovi. Secondo alcuni fu quell’intervista, che avrebbe dovuto essere pubblicata un giorno dopo, ma che fu invece anticipata, a precludere definitivamente all’arcivescovo di Genova l’elezione al pontificato. Da quanto è filtrato su votazioni e clima, di per sé materia segretissima, ci sarebbe stato uno scontro tra lo stesso Siri e l’arcivescovo di Firenze Giovanni Benelli e, vista l’impossibilità di uscire dall’impasse, i porporati avrebbero virato su una scelta che aveva tutte le caratteristiche di una svolta: un non italiano, un vescovo dell’Est, quasi sconosciuto anche a molti di loro: tra i porporati era molto più noto un altro cardinale polacco, Stefan Wyszynski, che non Wojtyla. Subito dopo lo spoglio dei voti, quando Karol Wojtyla nella «sagrestia delle lacrime» (cosiddetta dal peso psicologico che l’elezione suscita nei neopapi, ndr) adiacente la cappella Sistina, vestiva la talare bianca, era già diffusa tra i porporati la consapevolezza di aver compiuto una scelta storica.


Badea Cârţan è rimasto nella leggenda per il suo viaggio a piedi verso Roma, verso la Colonna Traiana, «atto di nascita del popolo romeno». Partì a piedi il 3 gennaio 1896 portando con sé un pugno di terra dal giardino di casa e del grano come dono per gli avi romani, una volta arrivato in Italia. Attraversò Timişoara, dove pernottò in una delle case che circondano la piazza che oggi porta il suo nome. Qui andò a cercare Valeriu Branişte, il direttore del giornale «Dreptatea», ma costui era ancora in prigione a Vaţ e contattò il redattore George Candrea, a cui promise di scrivere da Roma. Da Timişoara si diresse verso Budapest attraversando Becicherecul Mic, Periam, Sânnicolau Mare, Macău, Seghedin, Felegyhaza, Kecskemet, Cegled, dove arrivò il 17 gennaio. Senza soldi, iniziò a lavorare presso un ceramista magiaro. Dopo aver messo da parte del denaro, si rimise in cammino, attraversando Tata, Gyor, Neusidel, arrivando a Vienna il primo febbraio. Da Vienna si diresse verso l’Italia. Arrivato a Roma, dopo quarantatré giorni, si inginocchiò davanti alla base della Colonna: «Sia il grano sia la terra provengono dai successori di Sua Altezza, dalla Dacia, mio Imperatore. È grano bagnato con il nostro sudore, è terra bagnata con il nostro sangue! E Sua Altezza deve sapere che anche il nostro animo lo è: buono come il pane e paziente come la terra, ma con la speranza che il giorno della giustizia arriverà, una giustizia per cui i nostri hanno versato troppo sangue» [6]. Trascorse lì la notte, vicino alla Colonna. Al mattino, un ufficiale stava spiegando a un gruppo di bersaglieri le immagini della guerra daco-romana. Anche Badea Cârţan era sveglio. Alla sua vista, sorpresa. Si sentì una voce: «Un daco è sceso dalla Colonna! Un daco vivo!». Badea Cârţan replicò: «Io fratel- lo, voi Roma, io România, pastore român». Il giorno dopo Badea Cârţan era già una leggenda, tutti i giornali parlavano del pastore romeno. Fu addirittura ricevuto in Vaticano, il cardinale Rompolla gli chiese se era romeno, e Badea Cârţan gli rispose in latino: «Cives romanus sum»! Il 12 ottobre 1899 si svolse a Roma una manifestazione all’insegna dell’amicizia tra i due popoli, furono pronunciati discorsi, si cantò Ginta Latină di Vasile Alecsandri, l’inno Deşteaptă-te române!, furono conferite decorazioni e Badea Cârţan portò una corona di fiori alla base della «Colonna del Popolo», come è soprannominata dai romeni la Colonna Traiana. Il pastore dell’Ardeal ebbe l’ambizione di arrivare in Francia, e ci arrivò. A Parigi, incontrando gli studenti francesi, disse: «Non dimenticate la sorte toccata a noi, romeni, rimasti soli di fronte all’invasione dei popoli barbari. Se non ci fossimo stati noi ad affrontarli, cosa ne sarebbe stato di voi? Protetti da noi avete avuto tempo per rafforzarvi e diventare sapienti. È giunto il momento che ci aiutiate a unirci e diventare un solo Paese”. Il pastore romeno arrivò anche a Gerusalemme, al Santo Sepolcro, al Monte Sion e al fiume Giordano dove pregò in «lingua romena», come lui stesso aveva poi confessato. Nel corso della sua vita, Badea Cârţan, pastore dell’Ardeal, viaggiò andando in Romania, nell’Austro-Ungheria, in Italia, Svizzera, Germania, Francia, Palestina ed Egitto. Una persona semplice, nota e stimata da politici, storici e scrittori come G. Tocilescu, N. Iorga, V.A. Urechea, G. Coşbuc, Spiru Haret, Take Ionescu ecc. Gheorghe Cârţan spirò il 7 agosto 1911 a Sinaia, dove è stato sepolto. L’epigrafe sulla sua croce recita: «Qui dorme Badea Cârţan, sognando l’unità del popolo. Non dimentichiamolo». Il grande storico Nicolae Iorga afferma con grande ammirazione: «Dietro di sé ha lasciato: la profonda convinzione di un contadino per i sogni dei pecorai del suo tempo e l’immensa fede nel libro in cui vedeva il perdono degli essere umani». Nel 1968 a Cârţişoara (Sibiu) è stato aperto il Museo Etnografico Badea Cârţan.


uscito sulla strada, e vuol dire: Gesù libero mae-

stro, aperto a tutti gli incontri, a chiunque incroci il suo cammino o lo attenda alla svolta del sentiero. Maestro che insegna l’arte dell’incontro. Ed ecco un tale, uno senza nome, gli corre incontro: come uno che ha fretta, fretta di vivere. Come faccio per ricevere la vita eterna? Termine che non indica la vita senza fine, ma la vita stessa dell’Eterno. Gesù risponde elencando cinque comandamenti e un precetto (non frodare) che non riguardano Dio, ma le persone; non come hai creduto, ma come hai amato. Questi trasmettono vita, la vita di Dio che è amore. Maestro, però tutto questo io l’ho già fatto, da sempre. E non mi ha riempito la vita. Vive quella beatitudine dimenticata e generativa che dice: “Beati gli insoddisfatti, perché diventeranno cercatori di tesori”. Ora fa anche una esperienza da brivido, sente su di sé lo sguardo di Gesù, incrocia i suoi occhi amanti, può naufragarvi dentro: Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò. E se io dovessi continuare il racconto direi: adesso gli va dietro, adesso subisce l’incantamento del Signore, non resiste a quegli occhi… Invece la conclusione del racconto va nella direzione che non ti aspetti: Una cosa ti manca, va’, vendi, dona ai poveri… Sarai felice se farai felice qualcuno; fai felici altri se vuoi essere felice. E poi segui me: capovolgere la vita. Le bilance della felicità pesano sui loro piatti la valuta più pregiata dell’esistenza, che sta nel dare e nel ricevere amore. Il maestro buono non ha come obiettivo inculcare la povertà in quell’uomo ricco e senza nome, ma riempire la sua vita di volti e di nomi. E se ne andò triste perché aveva molti beni. Nel Vangelo molti altri ricchi si sono incontrati con Gesù: Zaccheo, Levi, Lazzaro, Susanna, Giovanna. Che cosa hanno di diverso questi ricchi che Gesù amava, sui quali con il suo gruppo si appoggiava? Hanno saputo creare comunione: Zaccheo e Levi riempiono le loro case di commensali; Susanna e Giovanna assistono i dodici con i loro beni (Luca 8,3). Le regole del Vangelo sul denaro si possono ridurre a due soltanto: a) non accumulare, b) quello che hai, ce l’hai per condividerlo. Non porre la tua sicurezza nell’accumulo, ma nella condivisione. Seguire Cristo non è un discorso di sacrifici, ma di moltiplicazione: lasciare tutto ma per avere tutto. Infatti il Vangelo continua: Pietro allora prese a dirgli: Signore, ecco noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, cosa avremo in cambio? Avrai in cambio cento volte tanto, avrai cento fratelli e un cuore moltiplicato. Non rinuncia, se non della zavorra che impedisce il volo, il Vangelo è addizione di vita. p. Ermes Ronchi


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non c'è creatura che possa nascondersi davanti a te; penetra nei nostri cuori con la spada della tua parola, perché alla luce della tua sapienza possiamo valutare le cose terrene ed eterne, e diventare liberi e poveri per il tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Nel nome del Padre e del Figlio, che è Dio, e vive e regna Figlio e dello Spirito Santo. con te, nell'unità dello Spirito SanA. Amen. to, per tutti i secoli dei secoli. C. Il Dio della speranza, che ci A. Amen riempie di ogni gioia e pace nella LITURGIA DELLA PAROLA fede per la potenza dello Spirito Prima Lettura Santo, sia con tutti voi. Dal libro della Sapienza A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di ATTO PENITENZIALE C. Nel giorno in cui celebriamo sapienza. La preferii a scettri e a la vittoria di Cristo sul peccato e troni, stimai un nulla la ricchezza al sulla morte, anche noi siamo chia- suo confronto, non la paragonai mati a morire al peccato per risor- neppure a una gemma inestimabigere a vita nuova. Riconosciamoci le, perché tutto l’oro al suo conbisognosi della misericordia del fronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte Padre. Breve pausa di riflessione personale a lei l’argento. L’ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto pecca- avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei to in pensieri, parole, opere e non tramonta. Insieme a lei mi soomissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E no venuti tutti i beni; nelle sue masupplico la beata sempre vergi- ni è una ricchezza incalcolabile Parola d Dio. ne Maria, gli angeli, i santi e Rendiamo grazie a Dio. voi, fratelli, di pregare per me il A. S ALMO RESPONSORIALE Signore Dio nostro. R. Saziaci, Signore, con il tuo Breve pausa di riflessione personale C. Dio Onnipotente abbia amore:gioiremo per sempre. Insegnaci a contare i nostri misericordia di noi, perdoni i nogiorni e acquisteremo un cuore stri peccati e ci conduca alla vita saggio. Ritorna, Signore: fino a eterna. Amen. quando? Abbi pietà dei tuoi servi! Signore, pietà. Signore, pietà. R/. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Saziaci al mattino con il tuo Signore, pietà. Signore, pietà. amore: esulteremo e gioiremo per GLORIA tutti i nostri giorni. Rendici la gioia Gloria a Dio nell'alto dei cieli e per i giorni in cui ci hai afflitti, per pace in terra agli uomini di buo- gli anni in cui abbiamo visto il na volontà. Noi ti lodiamo, ti be- male. R/. nediciamo, ti adoriamo, ti gloriSi manifesti ai tuoi servi la tua fichiamo, ti rendiamo grazie per opera e il tuo splendore ai loro la tua gloria immensa, Signore figli. Sia su di noi la dolcezza del Dio, Re del cielo, Dio Padre on- Signore, nostro Dio: rendi salda nipotente. Signore, figlio unige- per noi l’opera delle nostre mani, nito, Gesù Cristo, Signore Dio, l’opera delle nostre mani rendi Agnello di Dio, Figlio del Padre, salda. R/. tu che togli i peccati dal mondo Seconda Lettura abbi pietà di noi; tu che togli i Dalla lettera agli Ebrei peccati dal mondo, accogli la La parola di Dio è viva, efficace e nostra supplica; tu che siedi alla più tagliente di ogni spada a destra del Padre, abbi pietà di doppio taglio; essa penetra fino al noi. Perché tu solo il Santo, tu punto di divisione dell’anima e solo il Signore, tu solo l'Altissidello spirito, fino alle giunture e mo, Gesù Cristo, con lo Spirito alle midolla, e discerne i Santo: nella gloria di Dio Padre. sentimenti e i pensieri del cuore. Amen. Non vi è creatura che possa COLLETTA nascondersi davanti a Dio, ma tutto O Dio, nostro Padre, che scruti i è nudo e scoperto agli occhi di sentimenti e i pensieri dell'uomo, C.

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colui al quale noi dobbiamo rendere conto. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio

Canto al Vangelo

ALLELUIA. ALLELUIA Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. ALLELUIA. C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo MARCO A. Gloria a te o Signore

VA N G E L O

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mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato


casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà». Parola del Signore A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( seduti) CREDO Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C. La Parola di Dio ci stimola a riflettere sulle nostre abitudini e sicurezze e a non confidare soltanto nei beni materiali. Preghiamo perché il nostro cuore sia sempre aperto alla parola di Dio e disponibile ad affidarsi a Lui. Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore. 1. Per i pastori, i vescovi e i sacerdoti: sappiano dare un esempio concreto di distacco dai beni materiali, scegliendo la via della povertà, preghiamo. 2. Per il mondo ricco e industrializzato, perché le nuove politiche non spingano soltanto alla difesa dei propri interessi e confini, ma sappiano invece valorizzare e stimolare l'economia e lo sviluppo dei Paesi più poveri, preghiamo. 3. Per coloro che in questo tempo di crisi hanno serie difficoltà economiche, perché trovino persone

di buona volontà che diano loro idee, energie e stimoli per superare le ristrettezze e la povertà, preghiamo. 4. Per la nostra comunità cristiana, perché sappia organizzarsi con gesti concreti di solidarietà verso i fratelli e le sorelle in difficoltà, a cui manca un posto di lavoro o la possibilità di vivere con dignità, preghiamo. C. O Padre, spesso siamo tentati dalle cose materiali e facciamo fatica ad affermare i valori veri: l'onestà, la generosità, l'amore verso i piccoli e verso Dio, più preziosi di ogni altra cosa. Donaci la forza di essere cristiani sinceri e uomini coerenti. Per Cristo nostro Signore. A. Amen

LITURGIA EUCARISTICA

C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)

SULLE OFFERTE

Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta. DOPOLA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire: A.

PADRE NOSTRO

Padre Nostro che sei nei Cieli, ... C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE

C. Signore Gesu’ che hai detto ai

tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi.

C. Accogli, Signore, le nostre offerte e preghiere, e fa' che questo santo sacrificio, espressione E con il tuo spirito. perfetta della nostra fede, ci apra il A. Come figli del Dio della papassaggio alla gloria del cielo. Per C. ce, scambiatevi un gesto di coCristo nostro Signore A.Amen. PREGHIERA EUCARISTICA munione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i pecC. Il Signore sia con voi. cati del mondo, abbi pietà di noi.(2 A. E con il tuo spirito. VOLTE) C. In alto i nostri cuori. Agnello di Dio, che togli i pecA. Sono rivolti al Signore. cati del mondo, dona a noi la pace. C. RendiamograziealSignorenostroDio. C. Beati gli invitati alla cena del A. E’ cosa buona e giusta Signore Ecco l’Agnello di Dio che toÈ veramente cosa buona e giusta glie i peccati del mondo. renderti grazie e innalzare a te l'in- A. O Signore, non sono degno no di benedizione e di lode, Dio di partecipare alla tua mensa: onnipotente ed eterno, dal quale ma di’ soltanto una parola e io tutto l'universo riceve esistenza, sarò salvato. energia e vita. Ogni giorno del noDOPO LA COMUNIONE stro pellegrinaggio sulla terra é un Padre santo e misericordioso, che dono sempre nuovo del tuo amore ci hai nutriti con il corpo e sangue per noi, e un pegno della vita imdel tuo Figlio, per questa partecimortale, poiché possediamo fin da pazione al suo sacrificio donaci di ora le primizie del tuo Spirito, nel comunicare alla sua stessa vita. quale hai risuscitato Gesù Cristo Egli vive e regna nei secoli dei sedai morti e viviamo nell'attesa che coli. A. Amen si compia la beata speranza nella C. Il Signore sia con voi. Pasqua eterna del tuo regno. Per A. E con il tuo spirito. questo mistero di salvezza, insieme C. Vi benedica Dio onnipotente, agli angeli e ai santi, proclamiamo Padre, Figlio e Spirito Santo. a una sola voce l'inno della tua glo- A. Amen. ria: C. Nel nome del Signore: andate in pace. : Santo, Santo, Santo A. Rendiamo grazie a Dio C. Mistero della fede


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