ultimi anni si sta diffondendo fuori dagli US.A. l'assurda pretesa di festeggiare la festa di Halloween, scimmiottando in tutto e per tutto gli americani. Ma è una ricorrenza che non ha niente a che vedere con la nostra cultura e la nostra religione... «Treat or trick?», ovvero «Dolcetto o scherzetto?»... grandi consumatori di fiction americana abbiamo sempre guardato con curiosità e fascinazione un po' provinciale questa modo di festeggiare il 31 ottobre Halloween, la vigilia di Ognissanti (in inglese All Hallow’ Eve) tipica dei paesi anglosassoni. Gruppi di bambini riuniti a guardare film dell'orrore e poi travestiti in giro per le strade a bussare alle porte del vicinato a chiedere dolciumi e caramelle per evitare una simpatica rappresaglia: sono realtà che fanno parte del nostro immaginario riguardante gli Usa, un po' come il surf, l'hamburger, i grattacieli. Immagini che improvvisamente e subdolamente qualche anno fa hanno cominciato ad apparire anche in un Paese, come il nostro, che sino a ieri ha sempre celebrato solennemente i giorni dei Santi e dei morti in quanto festa religiosa. Halloween è sicuramente molto più divertente e attrae i bambini più di una visita al cimitero o una messa per Santi della Chiesa Cattolica. Ma soprattutto fa spendere i genitori. La forza economica del merchandising sta avendo la meglio e pian piano nelle vetrine dei negozi di giocattoli, nelle cartolerie hanno cominciato ad apparire: streghe, teschi, ragni, fantasmi, zucche e gatti. Divertenti e simpatici simboli di una festa che in realtà non ci appartiene per nulla. L’origine di Halloween come tutti sanno è molto antica, risale ai tempi, prima del dominio dell’Impero Romano, in cui i Celti abitavano le isole britanniche. L'anno nuovo cominciava a metà autunno in occasione della conclusione dei lavori dei campi, quando i contadini potevano riposare e godersi il frutto del loro lavoro. Ritenevano che quella notte dell’anno fosse un momento di passaggio tra il vecchio e il nuovo e si aprissero le porte che dividono il mondo degli spiriti dal mondo dei vivi. I contadini per non farsi riconoscere dalle creature ultraterrene si travestivano da folletti, angeli, diavoli e streghe. Per mandare via la paura organizzavano delle burle, dei balli intorno ai falò e costruivano lanterne svuotando grosse rape. Gli irlandesi ereditarono dagli antichi Celti la tradizione di Halloween e nei secoli scorsi la importarono nel Nord America dove, con il tempo, divenne la più popolare celebrazione per bambini dopo il Natale. Festeggiamo pure la notte di Halloween, con tutte le sue tradizioni, i suoi riti, il suo esorcismo verso la paura per l'aldilà, ma facciamolo quando siamo in un Paese dove questa tradizione è parte della cultura locale.
contempliamo la gloria di tutti i santi. Contempliamo la nostra vocazione eterna di essere santi come è santo il nostro Dio. Il paradiso ci appartiene e noi gli apparteniamo dal giorno del nostro Battesimo. Il seme della vita eterna fu seminato nel nostro cuore, e da quel giorno il nostro nome è scritto nel palmo della mano di Dio. Per noi è stato già preparato un posto, e quel posto lo dobbiamo occupare! La chiesa, in questo giorno, ci propone il brano delle Beatitudini. Gesù ci indica quale è la vera strada della santità. Il percorso obbligato per noi cristiani è proprio quello delle Beatitudini. Come vorremmo far diventare vere in noi quegli inviti: beati, i poveri in spirito,beati i misericordiosi. Beati gli operatori di pace,.beati noi se ci ritroveremo tutti in paradiso a godere per sempre la gioia eterna di Dio.
I santi che oggi festeggiamo ci invitano ad avere pazienza e a camminare spediti nella via della nostra santità. Se loro sono stati capaci di perfezionare - per quanto possibile umanamente - la loro esistenza, la loro vita quotidiana, lo possiamo anche noi. Loro nostri compagni di viaggio, intercedono per noi e ci spronano a perfezionarci attraverso le attività di ogni giorno. La palestra della nostra santità è il nostro lavoro, il servizio quotidiano nelle nostre case, il fare le pulizie di casa, la spesa, accudire i nostri cari, fare la fila agli sportelli, gioire per le nostre relazioni ben riuscite, piangere con chi piange e gioire con chi è nella gioia. La pazienza del vivere sia il campo d'azione di ciascuno di noi. Coraggio abbiamo un traguardo da raggiungere: il paradiso, là diamoci appuntamento. Auguri (Rivista S.Francesco)
si celebra quella che è comunemente detta Festa dei Morti. In realtà più che una festa è una giornata di ricordo, di commemorazione dei propri defunti (ed infatti essa è "ufficialmente" chiamata Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti, in latino: Commemoratio Omnium Fidelium Defunctorum). Essa, nonostante sia ritenuta da molti un giorno festivo, in realtà non è mai stata riconosciuta come festività civile, diversamente dal 1 Novembre giornata in cui si festeggia Ognissanti. La Festa dei Morti, in alcune regioni italiane, è stata in passato un antica versione di Halloween infatti i bambini si recavano di casa in casa per ricevere il " ben dei morti ", ovvero fave, castagne e fichi secchi. Dopo aver detto le preghiere, i nonni raccontavano loro storie e leggende paurose. Molte tradizioni sono ancora collegate a questa giornata. Ad esempio in Lombardia tra la notte del 1 e del 2 novembre viene posto in cucina un vaso di acqua fresca per far dissetare i morti. In Friuli è lasciato un lume acceso , un secchio d’acqua e un po’ di pane. In Trentino, Piemonte e Val d'Aosta vengono fatte suonare le campane per richiamare i morti mentre in casa viene lasciato la tavola apparecchatia e il focolare acceso per i defunti. In Liguria vengono preparati i bacilli (fave secche) e i balletti (castagne bollite). In Umbria si preparano gli stinchetti dei morti che sono dolci a forma di fave. In Abruzzo, oltre a lasciare la tavola preparata, si lasciano tanti lumini accesi alla finestra quante sono le anime care oppure si scavano e intagliano le zucche e inserire una candela all'interno usandole come lanterne, proprio come ad Halloween. A Roma è tradizione tenere compagnia ad un defunto consumando un pasto vicino alla sua tomba. In Sicilia molti riti sono collegati ai bambini. Se hanno fatto i buoni, riceveranno dai morti i doni che troveranno la mattina sotto il letto (giochi ma soprattutto di dolci, come i pupi di zuccaro cioè le bambole di zucchero). Tipici sono anche gli scardellini, dolci fatti di zucchero e mandorle (o nocciole) a forma di ossa dei morti e si mangia la frutta martorana, fatta di pasta di mandorle colorata. Anche nel resto del mondo si celebra la Festa dei Morti. In America Centrale e Latina nel giorno dei morti (Día de Muertos), oltre a visitare i cimiteri, si addobbano le tombe con fiori, e vi si depositano giocattoli (se il defunto è un bambino) o alcolici. Il Dia de Muertos Messicano è diventato addirittura patrimonio dell'umanità il 7 novembre 2003. Vi è, in alcune abitazioni, ancora la consuetudine di preparare l'altare dei morti arricchito con immagini del defunto, una croce, un arco e incenso. I festeggiamenti durano molti giorni e si rifanno alle tradizioni precolombiane, con musica, bevande e cibi tradizionali dai colori vivi. Per le strade si possono ammirare rappresentazioni caricaturali della morte.
N
on piangere per la mia dipartita. Ascolta questo messaggio. Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo; se tu potessi vedere e sentire ciò che io vedo e sento in questi orizzonti senza fine, e in quella luce che tu tto investe e penetra, non piangeresti. Sono ormai assorbito dall’incanto di Dio, dalla sua sconfinata bellezza. Le cose di un tempo sono così piccole e me schine al confronto. Mi è rimasto l’affetto per te, una tenerezza
che non hai mai conosciuto. Ci siamo visti e amati nel tempo: ma tutto era allora fugace e limitato. Ora vivo nella serena speranza e nella gioiosa attesa del tuo arrivo tra noi. Tu pensami così. Nelle tue battaglia, orièntati a questa meravigliosa casa dove non esiste la morte e do ve ci disseteremo insieme, nell’anelito più puro e più intenso, alla fonte inestinguibile della gioia e dell’amore. Non piangere, se veramente mi ami Sant'Agostino
Fortunata Evolo, detta Natuzza (Paravati, 23 agosto 1924; † Paravati, 1º novembre 2009), è stata una mistica e veggente italiana. Nacque a Paravati, una frazione del comune di Mileto, antica città della Calabria, dove Ruggero il normanno aveva stabilito la capitale della sua contea e la prima Diocesi di Mileto-NicoteraTropea di rito latino dell'Italia meridionale. Il padre, Fortunato, qualche mese prima che lei nascesse, nella speranza di poter aiutare la famiglia, era emigrato in Argentina, da dove non tornò mai più. La madre, Maria Angela Valente, rimasta sola con una numerosa famiglia da accudire, si adattò ai lavori più umili per sfamare la famiglia. Natuzza (un diminutivo di Fortunata molto diffuso in Calabria) cercò di aiutarla accudendo gli altri fratelli: non poté quindi frequentare regolarmente la scuola e restò di conseguenza con un livello di istruzione molto limitato, quasi analfabeta. A 14 anni, per aiutare la famiglia, andò a lavorare come domestica in casa dell’avvocato Silvio Colloca, guadagnandosi subito la fiducia di quella famiglia. Ma dopo poco tempo Natuzza fu al centro di episodi strani e apparentemente inspiegabili, definibili oggi come paranormali, quali la vista per lei reale di persone che invece erano già defunte. …. Nel 1941 Natuzza si ritirò da quel lavoro, andò a vivere presso la nonna materna e pensò di farsi suora, ma venne dissuasa, proprio perché protagonista di tutti quegli episodi inquietanti. La madre decise allora di farla sposare e le propose il matrimonio con un giovane, figlio di amici, di professione falegname, che in quel momento prestava servizio nell’esercito. Il futuro marito accettò di sottoscrivere un contratto in cui si impegnava ad accettare di avere una moglie un po' particolare, lasciandole tutta la libertà possibile per poter seguire la sua vocazione di disponibilità verso il prossimo. Trovandosi lo sposo in guerra, il matrimonio avvenne per
procura il 14 agosto 1943. Fu un matrimonio felice e la coppia ebbe cinque figli. Per tutta la vita si moltiplicarono gli episodi paranormali, quali apparizioni e colloqui con Gesù Cristo, la Madonna, Angeli, Santi e defunti, inoltre la comparsa di stigmate ed effusioni ematiche, accompagnate da stati di sofferenza durante il periodo Pasquale, e anche momenti di estasi. Svariate testimonianze le attribuirono anche il "dono dell'illuminazione diagnostica". Per decine di anni ricevette presso la sua abitazione migliaia di persone provenienti da tutto il mondo per incontrarla, principalmente nella speranza di avere notizie dall'aldilà dai propri defunti o indicazioni sulle proprie malattie. Moltissimi testimoniarono di aver ricevuto grazie e benefici dopo averla incontrata. Su sua ispirazione si costituì nel 1987 un'associazione (poi diventata fondazione, presso cui Natuzza ha trascorso il resto della sua vita), con l'obiettivo di creare a Paravati un complesso che inglobasse un santuario mariano, strutture per l'assistenza medica e centri per giovani, anziani, disabili, tra cui, già realizzati, il centro anziani "Pasquale Colloca" e quello per i servizi alla persona "San Francesco di Paola". Ispirati da Natuzza e dalla sua testimonianza di fede sorsero inoltre, dal 1994, dei "Cenacoli di preghiera" riconosciuti dalle autorità ecclesiastiche e diffusi sul territorio nazionale e all'estero. Il 9 aprile 2007 Rai International trasmise da Paravati di Mileto lo spettacolo "Notte degli angeli", a lei dedicato, organizzato dal promoter musicale Ruggero Pegna e condotto da Lorena Bianchetti, ispirato al libro "Miracolo d'amore" (Rubbettino Editore), storia della guarigione dello stesso Pegna dalla leucemia. Morì alle 5 di mattina del 1º novembre 2009, nel centro per anziani che lei stessa aveva fondato grazie alle offerte dei fedeli, a causa di un blocco renale. Il 1º novembre 2014 il vescovo della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Luigi Renzo, nel giorno del quinto anniversario della morte di Natuzza, annunciò che era iniziato il processo di beatificazione presso la Congregazione per le cause dei Santi.
«
Ho bisogno di credere perché – nonostante il mio peso – mi sento piccolo di fronte a quello che c'è intorno a me. Se non credo sono fregato», disse una volta Bud Spencer che non a caso in molti, sull'onda dell'emozione per la sua morte improvvisa, ora ricordano come il gigante buono del cinema. Quello della fede era un tema ricorrente nei pensieri dell'attore e sportivo che a una conferenza disse: «Non esiste al mondo un uomo o una donna che non ha bisogno di credere in qualche cosa». Un ragazzo si è alzato dicendo: «Io sono ateo!». «Bene», gli ho risposto, «lei allora crede che Dio non esiste, quindi crede in qualche cosa». E ancora, in un'intervista ad Avvenire: «Io credo perché ho bisogno di credere in Dio e nel "dopo" che c'è oltre la vita. La fede, per me, è un dogma. Un valore assoluto. Che fa parte della vita di chiunque, anche di quelli che dicono di non credere». E poi scherzava spesso sulla propria mole, quasi un refrain che torna insistente in alcune tra le sue dichiarazioni più celebri e i suoi aforismi: «Non ho mai rincorso le donne degli altri perché non riesco a entrare negli armadi quando i mariti tornano all'improvviso», ammetteva.
C
rescono ancora gli italiani all’estero, e non solo i giovani: il “Rapporto Italiani nel mondo” 2018 della Fondazione Migrantes (Cei) certifica che aumentano gli over 50 che lasciano l’Italia in cerca di lavoro mentre sale il numero di pensionati che scelgono di trascorrere la vecchiaia in Paesi fiscalmente e meteorologicamente vantaggiosi come Portogallo, Thailandia, Cuba, o negli Stati del Maghreb. Il rapporto è stato presentato oggi 24 Ottobre 2018, a Roma, presso l’Auditorium “V. Bachelet” del The Church Palace: si tratta dell’unica pubblicazione, edita in Italia, che studia la mobilità degli italiani e rappresenta un ulteriore segno dell'impegno della Chiesa italiana per l’emigrazione. Sono, infatti, circa 500 i sacerdoti italiani al fianco dei nostri connazionali che vivono all’estero insieme alle religiose, ai religiosi e ai laici impegnati perché evangelizzazione e promozione umana continuino a essere binomio inscindibile anche nel sevizio degli emigrati. Intervenendo alla presentazione, il vescovo Guerino Di Tora, presidente di Migrantes, ha sottolineato che sulla realtà migratoria l’informazione appare «distorta» e «fuorviante». «A poco serve distinguere la direzione dei flussi, ovvero se coinvolgi chi arriva o chi parte, stranieri o italiani. Ciò che appare compromettere ogni cosa è la rappresentatività che si fa della mobilità migratoria, non corrispondente assolutamente a ciò che accadde, in quanto distorta, fuorviante e fuorviata», ha detto il presule. Secondo lui «viviamo il tempo della mal-informazione» e la «mobilità è stata, e lo è tuttora, il tema più preso di mira dalle distorsioni del dibattito pubblico, probabilmente perché diventato capro espiatorio del disagio sociale avvertito da tempo in Italia e che stenta ad essere risolto». Per Di Tora, la «guerra tra poveri sta causando diffuse folle rabbiose, ripetuti episodi di violenza e razzismo, numeri sempre più ampi di cittadini disillusi e stanchi e crescita inesorabile di partenze». Dal documento emergono diversi dati. Dai 422 italiani in Australia portati in centri di detenzione per immigrati irregolari negli ultimi sette anni, all’aumento degli italiani tra senzatetto e persone con problemi psichiatrici a Londra, dalla crescita del numero di studenti di lingua cinese già durante le superiori al crollo del Regno Unito del dopo Brexit tra le mete scelte per l’emigrazione (la Germania torna ad essere invece la prima scelta). Più nel dettaglio, nel rapporto si legge che dal 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64,7% passando,
ITALIANI NEL MONDO 2018
in valore assoluto, da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire) a più di 5,1 milioni, con un aumento di oltre 140 mila unità (variazione 2,7% rispetto al 2017). Soffermandosi alla sola percentuale per espatrio (52,8%), si tratta in valore assoluto di 128.193 italiani partiti dall’Italia nel corso del 2017 spostando la loro residenza fuori dei confini nazionali. Le partenze, in questo ultimo anno, sono state generalmente più contenute in valore assoluto, ma resta un trend che merita attenzione e analisi in quanto, se nell'ultimo anno la crescita è stata del +3,3%, considerando gli ultimi tre anni la percentuale sale a +19,2% e per l’ultimo quinquennio addirittura a +36,2%. A partire sono sicuramente i giovani (37,4%) e i giovani adulti (25,0%), ma le crescite più sostanziose, come detto, si notano dai cinquant’anni in su. Un fenomeno che Migrantes identifica come la risposta alle necessità di provvedere alla precarietà lavorativa di italiani over 50 rimasti disoccupati e soprattutto privi di prospettive in patria. «Migranti maturi disoccupati», vengono definiti nel documento: si tratta di persone lontane dalla pensione o che hanno bisogno di lavorare per arrivarvi e che, comunque, hanno contemporaneamente la necessità di mantenere la famiglia. I pensionati, da parte loro, definiti «migranti previdenziali», scelgono mete come Marocco, Thailandia, Spagna, Portogallo, Tunisia, Santo Domingo, Cuba, Romania; dunque luoghi in cui la vita è climaticamente piacevole, spiega il rapporto, dove è possibile fare una vita più che dignitosa (affitto, bolletta, spesa alimentare) e dove a volte con il costo delle assicurazioni sanitarie private si riesce a curarsi (o almeno a incontrare un medico specialista rispetto al problema di salute avvertito) molto più che in Italia. In generale, gli italiani partiti da gennaio a dicembre 2017 sono andati in 193 località del mondo di ciascuna realtà continentale ma soprattutto in Europa (70%) e in America (22,2%) e, più nel dettaglio, nel Sudamerica (14,7%). Tra le mete dell’America Latina, entro le prime dieci posizioni, vi sono il Brasile (9.016) e l’Argentina (5.458), rispettivamente in quinta e ottava posizione. La Germania (20.007) torna ad essere, quest’anno, la destinazione preferita distanziando, di molto, il Regno Unito (18.517), la Francia (12.870). Con oltre 6 mila arrivi in meno, il Regno Unito registra un decremento del -25,2%. Per quanto riguarda i ragazzi, il “Rapporto Italiani nel mondo” 2018 rileva che i genitori dei giovani espatriati, combattuti tra ammirazione verso le scelte dei figli, sindrome del «nido vuoto» e crescente disillusione nei confronti della politica e del futuro del nostro Paese, manifestano aspettative eterogenee rispetto al ritorno dei figli. La maggioranza dei genitori non augura loro di tornare, soprattutto nel breve periodo, rinunciando così all’aspettativa di una prossimità spaziale e di una convivenza diretta che non esclude, tuttavia, momenti di temporaneo ricongiungimento. Dal lavoro di Migrantes emerge inoltre che 279 istituti, nel 2017, hanno attivato su tutto il territorio nazionale l’insegnamento del cinese (l’8% del totale delle nostre scuole superiori), con il coinvolgimento di circa 17.500 studenti di scuole superiori. Il report evidenzia infine un dato singolare riguardante Londra: «Sulla base dell’esperienza che noi abbiamo - afferma il console generale Marco Villani - c’è stato un incremento dei senzatetto così come c’è stato un incremento dei connazionali ricoverati nei centri di salute mentale».
erano nel loro viaggio il sole e la nebbia, fame e pazienza, resa e sfida, precarietà e speranza. Respiravano due vite insieme gli emigranti che negli Anni ‘50 e ‘60 salivano al Nord (altri muovevano verso Lombardia e Piemonte dal Triveneto) portando miseria e dignità in valigie e grandi pacchi chiusi con le corde. La Torino della Fiat era una delle stazioni più calde di arrivi nell’Italia di un boom economico, il «miracolo», che aveva messo casa soltanto lassù lasciando al Meridione echi di richiamo. Il «miracolo» cominciò a svanire nel 1963, cinquant’anni fa. E il 1963 è uno dei confini temporali di ricerche, statistiche, analisi su milioni di vite partite dalle campagne scolpite da Rocco Scotellaro, il poeta di Tricarico che leggeva il cuore della società contadina e al quale, come a cementare un legame, fu dedicata una delle vie torinesi dell’edilizia popolare. Che è stato di ciascuna di quelle esistenze ancorate al passato e tese al domani, colte dai fotografi in un presente che conteneva entrambi, ai binari, ai finestrini dei convogli, nelle roulotte fatte abitazione, nei cortili di ballatoio, all’uscita dalla fabbrica, nei condomini delle periferie e tra le mura fatiscenti di antichi borghi, a caccia di lavoro in metropoli spaventate dall’onda dei «napoli» (tutti i meridionali erano «napoli», che in piemontese si pronuncia «napuli»). La città dei Santi sociali era percorsa dalla diffidenza e questa tracimava nel razzismo. Negli annunci matrimoniali si cercava «giovane settentrionale». Nella rubrica «Posta NORD/ SUD», creata dalla Stampa negli Anni 60, l’operaio di Foggia piangeva l’umiliazione per il rifiuto del suo amore: «Meglio zitella che sposa a un terrone». Quella pagina di giornale cuciva un epistolario pubblico - in luogo della lettera privata - con i parenti rimasti giù: «Si guadagna per il necessario, ma i bambini crescono con mentalità più aperta e disinvolta». Sui portoni apparivano gli impietosi cartelli «non si affitta a meridionali», colpevoli di entrare in due e poi ospitare parenti e altri parenti ancora, in cerca d’un lavoro nell’industria, nell’indotto, nei cantieri edili dove corregionali mettevano in piedi il racket delle braccia. Gli immigrati dal Sud erano imprigionati nel racconto beffardo di chi giurava d’aver visto vasche da bagno trasformate in orti di ceramica, terra al posto dei saponi: i «napoli» puzzano, si diceva, perché per ricreare un frammento di radici non hanno dove lavarsi tutti interi. Verità è che tanti - meno fortunati di chi accedeva alle case popolari create dalla Fiat già negli Anni 50 - nemmeno avevano una
vasca e una doccia, stretti, come oggi gli extracomunitari, nelle brande affiancate in soffitte marce da voraci razzisti che guadagnavano e disprezzavano, guadagnavano e umiliavano. Eppure l’integrazione maturava. La donnetta torinese con stupore ai cronisti diceva dei vicini: «Vengono da giù, MA sono brave persone». In osteria calabresi o siciliani si facevano tradurre i versi di Roberto Balocco: il musicologo e chansonnier cantava l’arrivo dei «marziani», che facevano bip bip e a ogni bip davano al mondo un «cit», un figlio. Prolifici padri sorridevano orgogliosi di veder musicata con ironia benevola la loro virilità. L’immigrazione a Milano e Torino era nel cinema - «Rocco e i suoi fratelli» di Luchino Visconti ispirato ai racconti de «Il ponte della Ghisolfa» di Giovanni Testori, più avanti «Trevico-Torino» di Ettore Scola, sceneggiato dal giornalista e futuro sindaco Diego Novelli - e cronisti lungimiranti scrutavano sotto le notizie di giornata, infilavano i taccuini nell’immensità del partire e reinventarsi. I fotografi rapivano storie e anime da volti, occhi, gesti, fiancate dei vagoni: sopravvivenza, paura, tenacia, crimine, gelosia, coltelli così come riscatto sociale, futuro edificato con pervicacia per i figli, i «cit» dei marziani, che sarebbero andati all’Università e per intanto dai prati guardavano i casermoni, stupefatti e un po’ fuori luogo come l’inurbato Marcovaldo raccontato da Italo Calvino nel 1963. Erano un emblema le stazioni come Porta Nuova, binario 18, dove scendevano il diciottenne che fino a ieri aveva «gridato il ghiaccio» nella calura delle ripide vie di paese o la innamorante «Maria con due labbra di corallo» e «due occhi grandi così» cantata da Bruno Lauzi, al quale rispondeva Sergio Endrigo: «Il treno che viene dal Sud / non porta soltanto Marie/ con le labbra di corallo». Alle banchine di quello che gioiosamente le Ferrovie avevano battezzato Treno del Sole Endrigo incontrava «sudore e mille valigie / uomini cupi che hanno in tasca la speranza». E sulla bocca un «ciao amore» come quello di Luigi Tenco. Erano i giovani di queste foto, vite in viaggio in pianeti nuovi, dove ricreare la sera i capannelli di paese rimettendo in ordine i pezzi di ieri e costruendo domani, legandoli con un filo indistruttibile e invisibile a tutti, non ai fotografi.
NOTIZIE (Vere) DA RIDERE
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Santo Padre, ho avuto il privilegio di trascorrere un anno raccogliendo la saggezza dagli anziani di tutto il mondo per il libro La saggezza del tempo. Mi è accaduto di chiedere ad alcuni anziani come affrontano le loro fragilità, le loro incertezze per il futuro. Una donna saggia, Conny Caruso, mi ha detto che io non devo mai darmi per vinta. Devo darmi da fare, lottare, avere fiducia nella vita. Ma oggi la fiducia non la si può dare per scontata. Anche da Lei io avverto personalmente questo messaggio di fiducia. Mi fa riflettere che la fiducia mi venga da persone che hanno vissuto già a lungo. Noi giovani viviamo una vita difficile, viviamo in un mondo instabile e pieno di sfide. Che cosa direbbe Lei, da nonno, a giovani che vogliono avere fiducia nella vita, che desiderano costruirsi un futuro all’altezza dei loro sogni?
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Che cosa direbbe Lei, da nonno, a giovani che vogliono avere fiducia nella vita, che desiderano costruirsi un futuro all’altezza dei loro sogni?”. Questa è la domanda. Un bel lavoro hai fatto, con queste interviste! E’ una bella esperienza che non dimenticherai mai, mai! Una bella esperienza. Prendo l’ultima parola: “all’altezza dei loro sogni”. Sogni è l’ultima parola. E la risposta è: incomincia a sognare. Sogna tutto. Mi viene in mente quella bella canzone: “Nel blu dipinto di blu, felice di stare lassù”. Sognare così, sfacciatamente, senza vergogna. Sognare. Sognare è la parola. E difendere i sogni come si difendono i figli. Questo è difficile da capire ma è facile da sentire: quando tu hai un sogno, una cosa che non sai come dirla, ma la custodisci e la difendi perché l’abitudine quotidiana non te la tolga. Aprirsi a orizzonti che sono contro le chiusure. Le chiusure non conoscono gli orizzonti, i sogni sì! Sognare, e prendere i sogni dagli anziani. Portare su di sé gli anziani e i loro sogni. Portare addosso questi anziani, i loro sogni; non ascoltarli, registrarli, e poi dire “adesso andiamo a divertirci”. No. Portarli addosso. Il sogno che noi riceviamo da un anziano è un peso, costa portarlo avanti. E’ una responsabilità: dobbiamo portarli avanti. C’è un’icona che viene dal Monastero di Bose, che si chiama “la Santa Comunione”, e cioè un monaco giovane che porta avanti un anziano, porta avanti i sogni di un anziano, e non è facile, si vede che fa fatica in questo. In questa immaginetta tanto bella si vede un giovane che è stato capace di prendere su di sé i sogni degli anziani e li porta avanti, per farli fruttificare. Questo forse sarà di ispirazione. Tu non puoi portarti tutti gli anziani addosso, ma i loro sogni sì, e questi portali avanti, portali, che ti farà bene. Non solo ascoltarli, scriverli, no: prenderli e portarli avanti. E questo ti cambia il cuore, questo ti fa crescere, questo ti fa maturare. E’ la maturazione propria di un anziano. Loro, nei sogni, ti diranno anche cosa hanno fatto nella vita; ti racconteranno gli sbagli, i fallimenti, i successi, ti diranno questo. Prendilo. Prendi tutta questa esperienza di vita e vai avanti. Questo è il punto di partenza. “Cosa direbbe Lei ai giovani che vogliono avere fiducia nella vita?”: prendi su di te i sogni degli anziani e portali avanti. Questo ti farà maturare. Grazie.
mendicante cieco: l’ultimo della fila, un naufrago della vita, relitto abbandonato al buio nella polvere di una strada di Palestina. Poi improvvisamente tutto si mette in moto: passa Gesù ed è come un piccolo turbine, si riaccende il motore della vita, soffia un vento di futuro. Bartimeo comincia a gridare: Gesù, abbi pietà. È, tra tutte, la preghiera più cristiana ed evangelica, la più umana. Rimasta nelle nostre liturgie, nel suono antico di «Kyrie eleison» o di «Signore, pietà», confinata purtroppo nell’ambito riduttivo dell’atto penitenziale. Non di perdono si tratta. Quando preghiamo così, come ciechi, donne o lebbrosi del Vangelo, dobbiamo liberare in volo tutto lo splendido immaginario che preme sotto questa formula, e che indica grembo di madre, vita generata e partorita di nuovo. La misericordia di Dio comprende tutto ciò che serve alla vita dell’uomo. Bartimeo non domanda pietà per i suoi peccati, ma per i suoi occhi spenti. Invoca il Donatore di vita in abbondanza: mostrati padre, sentiti madre di questo figlio che ha fatto naufragio, ridammi alla luce! La folla fa muro al suo grido: Taci! Disturbi! Terribile pensare che davanti a Dio la sofferenza sia fuori luogo, che il dolore possa disturbare. Ma è così ancora, abbiamo ritualizzato la religione e un grido fuori programma disturba. Ma la vita è un fuori programma continuo: la vita non è un rito. C’è nell’uomo un gemito, di cui abbiamo perso l’alfabeto; un grido, su cui non riusciamo a sintonizzarci. Invece il rabbi ascolta e risponde. E si libera tutta l’energia della vita. Lo notiamo dai gesti, quasi eccessivi: Bartimeo non parla, grida; non si toglie il mantello, lo getta; non si alza da terra, ma balza in piedi. La fede porta con sé un balzo in avanti, porte che si spalancano, sentieri nel sole, un di più illogico e bello. Credere è acquisire bellezza del vivere. Bartimeo guarisce come uomo, prima che come cieco. Guarisce in quella voce che lo accarezza: qualcuno si è accorto di lui, qualcuno lo tocca, anche solo con una voce amica, e lui esce dal suo naufragio umano: l’ultimo comincia a riscoprirsi uno come gli altri. È chiamato con amore e allora la sua vita si riaccende, si rialza in piedi, si precipita, anche senza vedere, verso una voce, orientato da una parola buona che ancora vibra nell’aria. Sentire che qualcuno ci ama rende fortissimi. Anche noi ci orientiamo nella vita come il mendicante cieco di Gerico, forse senza vedere chiaro, ma sull’eco della Parola di Dio, ascoltata nel Vangelo, nella voce intima che indica la via, negli eventi della storia, nel gemito e nel giubilo del creato. E che continua a seminare occhi nuovi e luce nuova sulla terra. p. Ermes Ronchi
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SALUTO
C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. A. Amen. La grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore nostro Gesù Cristo siano con tutti voi A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE C. Fratelli e sorelle, Il Vangelo di oggi ci presenta un cieco che cerca in Gesù la luce e la salvezza; anche noi vogliamo essere come lui nel cercare luce sulla nostra vita e perdono per i nostri peccati. Breve pausa di riflessione personale
Signore, tu sai compatire le nostre infermità. Signore, pietà. O Cristo, tu sei stato provato in ogni cosa come noi. Cristo, pietà. Signore, tu hai dato la tua vita in riscatto per noi. Signore, pietà. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen.
GLORIA
Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati dal mondo abbi pietà di noi; tu che togli i peccati dal mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.
COLLETTA
C. O Dio, luce ai ciechi e gioia ai tribolati, che nel tuo Figlio unigenito ci hai dato il sacerdote giusto e compassionevole verso coloro che gemono nell'oppressione e nel pianto, ascolta il grido della nostra preghiera: fa' che tutti gli uomini riconoscano in lui la tenerezza del tuo amore di Padre e si mettano in cammino verso di te.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen
come fa per il popolo. Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria LITURGIA DELLA PAROLA di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti Prima Lettura ho generato», gliela conferì come Dal libro del profeta Geremìa è detto in un altro passo: «Tu sei Così dice il Signore: «Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esul- sacerdote per sempre, secondo tate per la prima delle nazioni, fate l’ordine di Melchìsedek». Parola di Dio. udire la vostra lode e dite: “Il SiA. Rendiamo grazie a Dio gnore ha salvato il suo popolo, il Canto al Vangelo resto d’Israele”. Ecco, li riconduco ALLELUIA. ALLELUIA dalla terra del settentrione e li raIl salvatore nostro Cristo Gesù ha duno dalle estremità della terra; vinto la morte e ha fatto risplendefra loro sono il cieco e lo zoppo, la re la vita per mezzo del Vangelo. donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla. Erano ALLELUIA. partiti nel pianto, io li riporterò tra C. Il Signore sia con voi E con il tuo spirito. le consolazioni; li ricondurrò a fiu- A. C. Dal Vangelo secondo MARCO mi ricchi d’acqua per una strada A. Gloria a te o Signore dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per IsraeVA N G E L O le, Èfraim è il mio primogenito». , mentre Parola d Dio. Gesù parA. Rendiamo grazie a Dio. tiva da Gèrico insieme ai suoi diSALMO RESPONSORIALE scepoli e a molta folla, il figlio di R. Grandi cose ha fatto il SiTimèo, Bartimèo, che era cieco, gnore per noi. sedeva lungo la strada a mendicaQuando il Signore ristabilì la re. Sentendo che era Gesù Nazaresorte di Sion, ci sembrava di sono, cominciò a gridare e a dire: gnare. Allora la nostra bocca si «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà riempì di sorriso, la nostra lingua di me!». Molti di gioia. R/. lo rimproveraAllora si diceva tra le genti: vano perché «Il Signore ha fatto grandi cose per tacesse, ma loro». Grandi cose ha fatto il Signoegli gridava re per noi: eravamo pieni di gioia. ancora più forR/. te: «Figlio di Ristabilisci, Signore, la nostra Davide, abbi sorte, come i torrenti del Negheb. pietà di me!». Chi semina nelle lacrime mieterà Gesù si fermò e nella gioia. R/. disse: Nell’andare, se ne va pian«Chiamatelo!». Chiamarono il ciegendo, portando la semente da co, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, gettare, ma nel tornare, viene con ti chiama!». Egli, gettato via il suo gioia, portando i suoi covoni. R/. mantello, balzò in piedi e venne da Seconda Lettura Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che Dalla lettera agli Ebrei cosa vuoi che io faccia per te?». E Ogni sommo sacerdote è scelto fra il cieco gli rispose: «Rabbunì, che gli uomini e per gli uomini viene io veda di nuovo!». E Gesù gli discostituito tale nelle cose che ri- se: «Va’, la tua fede ti ha salvato». guardano Dio, per offrire doni e E subito vide di nuovo e lo seguiva sacrifici per i peccati. Egli è in gra- lungo la strada. Parola del Signore do di sentire giusta compassione A. Lode a te, o Cristo. per quelli che sono nell’ignoranza OMELIA ( seduti) e nell’errore, essendo anche lui CREDO rivestito di debolezza. A causa di Credo in un solo Dio, Padre onnipoquesta egli deve offrire sacrifici tente, creatore del cielo e della terra, per i peccati anche per se stesso, di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI Come il cieco di Gerico, anche noi gridiamo a Gesù la nostra fede, per ottenere da lui misericordia e perdono. E ci facciamo voce delle tante persone che non sanno o non vogliono più rivolgersi al Signore, chiedendo per loro il dono della fede. Preghiamo insieme e diciamo: Figlio di Davide, abbi pietà di noi. 1. Per la Chiesa: non impedisca come la folla di Gerico di avvicinarsi a Gesù, ma faccia risuonare davanti a lui le grida dei poveri, degli ammalati, di coloro che sono in difficoltà, preghiamo. 2. Per gli ammalati: perché non siano costretti a vivere in solitudine e nella tristezza, e trovino in Gesù conforto, luce per dare senso alla propria esistenza e speranza nella risurrezione, preghiamo. 3. Per tutti i credenti: riscoprano il senso profondo della liberazione e della salvezza donata da Gesù e siano testimoni autentici della fede, preghiamo. 4. Per la nostra comunità, che ha ricevuto la grazia della fede e cammina seguendo il Signore Gesù: cresca nella capacità di contemplare la bellezza del dono ricevuto e di adorarlo nella vita quotidiana, preghiamo. C. O Padre, aiutaci a ritrovare in Gesù il senso festoso della vita, perché è il pensiero di camminare sulla sua strada l'unica certezza che
ci da gioia profonda e illumina la nostra esistenza. Per Cristo nostro Signore. A. Amen
LITURGIA EUCARISTICA
C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)
secoli. A. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire:
PADRE NOSTRO
Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il Tuo nome venga il Tuo Regno sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorSULLE OFFERTE C. Guarda, Signore, i doni che ti ni, e con l'aiuto della tua misericorpresentiamo: quest'offerta, espres- dia vivremo sempre liberi dal pecsione del nostro servizio sacerdo- cato e sicuri da ogni turbamento, tale, salga fino a te e renda gloria nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatoal tuo nome. Per Cristo nostro Sire Gesù Cristo. gnore. A. Tuo è il regno, tua la potenA. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA za e la gloria nei secoli R ITO DELLA PACE C. Il Signore sia con voi. C. Signore Gesu’ che hai detto ai A. E con il tuo spirito. tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi C. In alto i nostri cuori. do la mia pace” non guardare ai A. Sono rivolti al Signore. C. RendiamograziealSignorenostroDio. nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace A. E’ cosa buona e giusta È veramente giusto benedirti e rin- secondo la tua volontà. Tu che vivi graziarti, Padre santo, sorgente e regni nei secoli dei secoli. Amen della verità e della vita perché in A. C. La pace del Signore sia sempre questo giorno di festa ci hai convo- con voi. cato nella tua casa. Oggi la tua fa- A. E con il tuo spirito. miglia, riunita nell'ascolto della C. Come figli del Dio della paparola e nella comunione dell'uni- ce, scambiatevi un gesto di coco pane spezzato fa memoria del munione fraterna. Agnello di Dio, che togli i pecSignore risorto nell'attesa della do- A. cati del mondo, abbi pietà di noi.(2 menica senza tramonto, quando VOLTE) l'umanità intera entrerà nel tuo riAgnello di Dio, che togli i pecposo. Allora noi vedremo il tuo vol- cati del mondo, dona a noi la pace. Beati gli invitati alla cena del to e loderemo senza fine la tua mi- C. Signore Ecco l’Agnello di Dio che tosericordia. Con questa gioiosa glie i peccati del mondo. speranza, uniti agli angeli e ai san- A. O Signore, non sono degno ti, proclamiamo a una sola voce di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io l'inno della tua gloria: sarò salvato. Santo, Santo, Santo il Signore Dio DOPO LA COMUNIONE dell'universo. I cieli e la terra C. Signore, questo sacramento sono pieni della tua gloria. della nostra fede compia in noi ciò Osanna nell'alto dei cieli. Bene- che esprime e ci ottenga il possesdetto colui che viene nel nome so delle realtà eterne, che ora cedel Signore. Osanna nell'alto dei lebriamo nel mistero. Per Cristo cieli. nostro Signore. C. Mistero della fede A. Amen A. Annunciamo la tua morte, C. Il Signore sia con voi. Signore, proclamiamo la tua ri- A. E con il tuo spirito. surrezione nell’attesa della tua C. Vi benedica Dio onnipotente, venuta. Padre, Figlio e Spirito Santo. DOPOLA PREGHIERA EUCARISTICA A. Amen. C. Per Cristo, con Cristo e in CriC. Nel nome del Signore: andate sto, a te Dio, Padre onnipotente, in pace. nell’unità dello Spirito Santo, ogni A. Rendiamo grazie a Dio onore e gloria, per tutti i secoli dei