Uno dei protagonisti della “Grande Guerra” è stato Giuseppe Ungaretti. Nato ad Alessandria D’Egitto nel 1888 da genitori italiani, frequenta una scuola di lingua francese dove conosce l’opera di Baudellaire, Mallarmé, e Valery. Nel 1912 si reca a Parigi, dove si iscrive alla Facoltà di lettere della Sorbona e assiste alle lezioni del Filosofo Henry Bergson. Torna in Italia e consegue l’abilitazione all’insegnamento del francese. Partecipa come soldato semplice di Fanteria alla Prima Guerra Mondiale. Nel 1916 pubblica la sua prima raccolta “ Il Porto Sepolto” che comprende poesie che mettono in risalto l’atrocità della guerra e la disumanità della vita in Trincea, scritte a San Martino del Carso, all’interno di precise coordinate geografiche e temporali, dal 1914. Finita la guerra, lavora a Parigi scrivendo per il giornale di Mussolini “Il Popolo d’Italia”. Nel 1919 pubblica un'altra raccolta “Allegria dei Naufragi” che contiene poesie scritte dopo la guerra e anche la raccolta precedente.
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Tra il 1920 e il 1936 Ungaretti viaggerà in Italia e all’estero per svolgere la sua attività di Conferenziere e Giornalista. Dopo vent’anni torna in Egitto: questo periodo è segnato da una profonda crisi religiosa che lo porterà ad accostarsi al Cattolicesimo. Da questa riflessione nascerà la raccolta “Sentimento del Tempo” (1933). Nel 1936 si trasferisce in Brasile insieme alla sua famiglia, per insegnare all’Università di San Paolo. Ritorna nel 1942: la sua vita è contrassegnata da tragedia privata, la morte del figlio e del fratello, e tragedia pubblica, la Seconda Guerra Mondiale. Le sue sono poesie di meditazione che rievocano la morte del figlio e il dramma della guerra con toni placati e malinconici (“Il Dolore” 1947). Ungaretti ottiene la cattedra di letteratura moderne e contemporanea all’Università di Roma, ma continua la sua attività di poeta e traduttore. Compone un poema drammatico che pubblica nel 1950 con il titolo “La Terra Promessa”. Nel 1952 esce un'altra raccolta “Un Grido e Paesaggi”. Ungaretti muore nel 1970.
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Anche se per chi lavora non è un giorno di vacanza, il 4 novembre è un giorno di festa in Italia: si celebra la Giornata dell’unità nazionale e delle forze armate, una festa molto sentita fino a qualche decina di anni fa e che oggi è meno nota. II 4 novembre è l’anniversario del cosiddetto armistizio di Villa Giusti del 1918, e in Italia si fa coincidere generalmente l’armistizio con la fine della Prima guerra mondiale. L’armistizio fu firmato a Padova il giorno prima, il 3 novembre 1918, da Italia e Impero austroungarico. L’Italia all’epoca era alleata con la Triplice Intesa formata da Francia, Russia e Regno Unito. Le trattative per l’armistizio erano cominciate qualche giorno prima, il 29 ottobre, durante la battaglia di Vittorio Veneto: l’ultimo scontro armato tra l’Italia e l’Impero austro-ungarico. Il comandante delle forze armate italiane, il generale Armando Diaz, comunicò con un bollettino la fine della Guerra e la vittoria: «La guerra contro l’Austria-Ungheria che l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. […] I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza». In realtà l’armistizio non fu un successo per l’Italia: gli accordi iniziali prevedevano per l’Italia l’annessione di Trentino, Tirolo meridionale, Venezia Giulia, l’intera penisola istriana (esclusa Fiume), una parte della Dalmazia, alcune isole dell’Adriatico, le città albanesi di Valona e Saseno e il bacino carbonifero di Adalia in Turchia, oltre alla conferma della sovranità su Libia e Dodecaneso; le nazioni della Triplice Intesa però decisero di non concedere all’Italia tutti i territori promessi: questa è la ragione per cui Gabriele D’Annunzio parlò di “vittoria mutilata“. L’Italia si vide riconoscere solamente il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e Trieste, ma non la Dalmazia e la Libia. Il 4 novembre si celebra comunque la giornata dell’unità nazionale per l’annessione di Trento e Trieste al Regno d’Italia (non va confusa con l’anniversario dell’unità d’Italia) e la giornata delle forze armate, poiché quei giorni del 1918 vennero dedicati alle onoranze funebri – in Italia e in Europa – per i soldati morti in guerra. La giornata dell’unità nazionale del 4 novembre è l’unica festa nazionale che sia stata celebrata dall’Italia prima, durante e dopo il fascismo: è stata istituita nel 1919 ed è durata fino al 1976, dal 1977, dopo una riforma del calendario volta ad aumentare i giorni lavorativi, si cominciò a festeggiare la giornata dell’unità nazionale e delle forze armate nella prima domenica di novembre. Negli anni Ottanta e Novanta l’importanza della festa diminuì progressivamente, rispetto agli anni precedenti Sessanta e Settanta in cui era oggetto di discussioni, polemiche e lotte politiche.
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urante la 1a Guerra Mondiale cavalli, muli, asini, cani, colombi viaggiatori, furono inviati al fronte a soffrire la fame, la sete e a morire per la gloria della Patria. Si stima che i cavalli impiegati sui vari fronti di guerra furono quasi dieci milioni, adibiti ai traini dei cannoni, dei carri per le colonne di salmerie. In battaglia questo animale conobbe la sua ultima primavera con Napoleone, che lo impiegò in cariche travolgenti, dopodiché il perfezionamento delle armi avviò la cavalleria al declino, cancellandola definitivamente nel conflitto 1914-18 davanti ai grovigli di filo spinato, con le sventagliate da 500 colpi al minuto delle mitragliatrici. Neanche il ruolo del mulo potè sottrarsi all'impiego in guerra, prezioso com'era per il trasporto dei bagagli in alternativa ai carri. Le sue caratteristiche fisiche lo resero indispensabile nella Grande Guerra sul fronte montano nel rapporto tre di loro per un cannone: uno per la canna, uno per l'affusto ed uno per le munizioni. Ciascun animale era in grado di portare un peso di 150 kg; sul dorso era fissato anche il recipiente dell'acqua, in questo modo si poterono accorciare i tempi di marcia delle truppe che arrivarono a coprire anche un centinaio di chilometri in tre o quattro giorni. L'asino, padre del mulo, ha svolto pure lui assai dignitosamente le mansioni di ausiliario di guerra, non meno del cavallo o del mulo, come bestia da soma o da tiro. L'invenzione della polvere da sparo moderò di molto il ricorso al cane in battaglia, senza tuttavia escluderlo del tutto, sostituito durante la Grande Guerra dal cane ausiliario. Pure se incapace delle prestazioni estreme del cavallo e del mulo, il cane risultò presto un prezioso alleato, ottimo camminatore e nuotatore e versatile sui terreni difficili. L'impiego di colombi si sviluppò nel tempo e furono soprattutto le guerre a stimolare la sua diffusione in Europa quale portatore di messaggi in leggerissimi contenitori legati alle zampette. Nel 1914 tutti gli eserciti delle grandi potenze avevano reparti di colombi viaggiatori con personale specializzato per il loro addestramento: nessuno poteva competere con un colombo in velocità e distanza raggiunte in breve tempo. In zona di guerra ogni settore divisionale aveva quattro colombaie mobili, i comandi di armata da due a quattro. L'occultamento o l'uccisione di un colombo viaggiatore da parte di un civile erano puniti alla stregua di un attentato ad un soldato. Il Generale Borojevic diffidava gli abitanti del Veneto orientale invaso a nascondere colombi lanciati dagli italiani in ritirata: chi non li consegnava ai soldati ungheresi veniva processato per alto tradimento. A pari prestazione di armamento e uomini non è sbagliato dire che la guerra la vinse chi aveva animali da tiro, da soma, da macello. Sulle urgenze alimentari delle popolazioni civili prevaleva ovunque il bisogno dei militari al fronte. Per ovviare a ciò vennero in soccorso ancora gli animali: il vettovagliamento delle truppe mediante scatolette di carne fu praticato largamente da tutti gli eserciti. Gli stabilimenti militari italiani confezionarono 173 milioni di scatolette di carne suina e bovina, altre 62 milioni né confezionò l'industria privata e nel 1917 ci si rivolse anche all'estero. Gli animali dei reparti ausiliari eroi silenziosi contribuirono alle sorti vittoriose della Grande Guerra.
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le generazioni, quando parlano, lo fanno con le canzoni, oggi come ieri. I ragazzi del '99 cantavano, tra le altre cose, anche questa: «Novantanove, m'han chiamato / m'han chiamato m'han chiamato a militar / e sul fronte m'han mandato / m'han mandato m'han mandato a sparar. / Combattendo tra le bombe / ad un tratto ad un tratto mi fermò / una palla luccicante / nel mio petto nel mio petto penetrò. / Quattro amici lì vicino/ mi portaron mi portaron all'ospedal / ed il medico mi disse / non c'è nulla non c'è nulla da sperar. / Croce Rossa Croce Rossa / per favore, per piacer, per carità / date un bacio alla mia mamma / e alla bandiera, alla bandiera tricolor». All'inizio, nonostante il feroce carnaio della guerra, non sarebbe dovuto andare a finire così. Pur precettati quando non avevano ancora diciotto anni, i componenti dei primi contingenti, circa 80mila uomini, chiamati nei primi quattro mesi del 1917, avrebbero dovuto essere inquadrati solo nella milizia territoriale. Poi ne vennero chiamati altri 180mila e poi altri ancora. Era un modo di rimpolpare reparti di riserva, non operativi. Ma arrivò Caporetto e cambiò tutto. In tanti finirono dritti al fronte. Su una famosa cartolina militare, per enfatizzare l'importanza del loro sacrificio qualcuno pensò di stampare dei versi di Dante: «Piante novelle. Rinnovellate di novella fronda». Erano versi del Purgatorio e in un purgatorio atroce quei ragazzi finirono. E in purgatorio non mollarono, anzi. Così il generale Diaz: «Li ho visti i ragazzi del '99. Andavano in prima linea cantando. Li ho visti tornare in esigua schiera. Cantavano ancora». Una descrizione eroica, a tratti veritiera. Eroi bambini. Certo in Diaz prevale l'orgoglio, non la presa d'atto della mostruosità del sacrificio richiesto. Quella la capì meglio d'Annunzio: «La madre vi ravvivava i capelli, accendeva la lampada dei vostri studi, rimboccava il lenzuolo dei vostri riposi. Eravate ieri fanciulli e ci apparite oggi così grandi!». Ma loro? Loro quando potevano scrivevano a casa. Alcune di queste lettere ci sono rimaste, la censura (altro che i post bloccati da Facebook) le ha violentate, ma molto di quel dolore è rimasto. Basti un frammento di un diciottenne originario di Laveno Mombello: «Troppo presto ci hanno voluto far diventare uomini e il nostro spirito ancora giovane non può fare a meno di ricordare le gioie passate e di rattristarsene come di una perdita troppo prematura». Ma c'era anche chi scrivere così di certo non sapeva. La trincea fu un crogiuolo che mise assieme il principe e l'ignorante, lo studente di liceo e il falciatore a giornata. Andò così anche per i ragazzi del '99. Tra loro c'era Fausto Pirandello, figlio dello scrittore e poi famoso pittore (troppo malato non arrivò mai al fronte); c'era Maceo Casadei, altro pittore, che al fronte andò e dipinse il famoso quadro Ritirata di Caporetto. Ma c'era anche Vincenzo Rabito contadino siciliano semi analfabeta autore di una delle memorie più strane del '900 italiano e a cui il fronte fece, forse, meno paura della miseria del dopoguerra. Piacerebbe, l'Italia di oggi, a quei ragazzi? Non lo sapremo mai. L'ultimo pare sia morto nel 2007
PALMANOVA. Arriva in Italia dalla Romania per partecipare a un progetto scolastico internazionale sulla Grande guerra. E finisce per scoprire casualmente la tomba di un proprio avo caduto sul Fronte dell’Isonzo, le cui tracce si erano perdute ormai da un secolo. I protagonisti di questa storia sono Julika, una tredicenne giunta da Oradea, cittadina della Transilvania situata al confine con l’Ungheria; e Franz Messaros, fante del 37° Reggimento Honved, morto a 26 anni il 7 maggio del 1917 sul Carso. La vicenda è accaduta al cimitero con le austro-ungarico di Palmanova. Di fatto, decine di migliaia di caduti (noti e ignoti) seppelliti nei diversi sacrari militari sparsi tra Italia e Slovenia, le probabilità che la ragazzina potesse imbattersi proprio nella tomba del fratello del bisnonno erano infinitesimali. Destino, caso, coincidenza, poco conta. A contare è il fatto che Julika ha fatto quello che nessuno dei suoi familiari aveva potuto ancora fare: ha deposto un fiore sulla tomba del lontano parente a nome dell’intera famiglia.
La possibilità è arrivata grazie al progetto “Sentiero della Pace” promosso dalla sezione storica del Gruppo speleologico carsico di San Martino del Carso e dall’associazione civile ungherese “Honved es Tarsadalom Barati Kor” di Szekesfehervar, progetto mirato ad accompagnare studenti di Italia, Slovenia, Ungheria e Romania sui luoghi della Grande Guerra dove cent’anni fa i loro trisavoli combatterono gli uni contro gli altri. Il programma, dipanato su cinque giorni, ha portato i ragazzi a incontrarsi e a visitare i campi di battaglia del Monte San Gabriele e del Monte Santo, oltre a quelli di San
Martino del Carso e di altre località dell’altopiano di Doberdò, al Sacrario di Redipuglia e a vari cimiteri militari. La storia di Julika ha però messo in secondo piano il resto delle iniziative e ha commosso tutti. «Prima che partisse, le è stato raccontato che il fratello del bisnonno era caduto sul fronte dell'inferno di Doberdò e che non si era mai saputo dove fosse stato sepolto, né tantomeno se ci fosse una lapide che lo ricordava o se riposasse all'interno di una fossa comune», racconta Gianfranco Simonit, anima del Gruppo speleologico carsico. Definendo «meraviglioso» quanto accaduto a Palmanova, Simonit aggiunge: «La cosa più incredibile è che ci sono nella vicenda molte coincidenze e casi fortunati. Sembra che una mano abbia guidato la ragazzina verso quella tomba». La scelta di pulire quel cimitero, anziché altri - visitati solo per deporre una corona - è stata presa dagli organizzatori perché il cimitero di Palmanova è sempre stato ai margini delle visite da parte dei turisti ungheresi, tradizionalmente interessati soprattutto a Fogliano e al Carso. A causa di un guasto, poi, il pullman su cui viaggiavano gli studenti ungheresi e rumeni è arrivato in ritardo. Alle scolaresche di Szedesfehervar e di Oradea è stata così lasciata da pulire l’ultima parte del cimitero. «Lì ci sono quattromila caduti con nominativo, mentre altri 15mila circa sono i soldati ignoti divisi in tre fosse comuni, per la maggior parte provenienti dai cimiteri del fronte del Carso, zona Gorizia e verso il San Michele», ricorda Simonit sottolineando così quanto le probabilità di ritrovare il parente disperso fossero comunque ridotte anche in un’area così circoscritta. Il cimitero era stato diviso in quattro settori, a loro volta frazionati in dieci sottosettori. Ciascun sottosettore è stato quindi affidato a due ragazzi. «Nel tempo a loro disposizione avevano la possibilità di eseguire la pulizia di non più di 20 tombe. E a Julika è capitato di ripulire proprio il sottosettore in cui riposa il suo lontano parente. È come se la stesse aspettando, a cent’anni esatti dalla sua morte». Nel precisare che le lapidi non sono disposte in ordine alfabetico e che la ragazza non è andata a cercare l’avo di cui le avevano parlato i genitori, Simonit ricorda che all’improvviso il silenzio del cimitero è stato spezzato da un grido e da un pianto. Inizialmente tutti hanno pensato a un malore. Invece, «siamo corsi a vedere cosa fosse successo e abbiamo trovato la ragazza in lacrime. In ginocchio sulla tomba, stava cercando di telefonare alla famiglia. L’emozione era tale che armeggiava con il cellulare senza riuscirci. Alla fine è stata un’amica a telefonare per lei. Ecco, quel momento da solo è bastato a ripagarci di tutti gli sforzi fatti per organizzare questo progetto». Proprio a sottolineare quanto eccezionale sia stato l’«incontro», ieri pomeriggio Julika è stata riaccompagnata al cimitero austro-ungarico di Palmanova. Una volta di fronte alla tomba di Franz, ha potuto deporre un mazzo di fiori: tre rose bianche.
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cchio alle sfilate in maschera per Halloween: c'è un rischio più alto di ben il 43% di essere investiti da un'auto. E i più vulnerabili sono chiaramente i bambini. A fotografare il fenomeno 'da paura' una ricerca condotta dall'Università della British Columbia di Vancouver, pubblicata su 'Jama Pediatrics'. L'indagine ha rilevato un aumento del rischio di morte dei pedoni nella notte fra il 31 ottobre e il 1 novembre, rispetto a giorni di controllo presi a modello una settimana prima e una settimana dopo. Per i bambini tra i 4 e gli 8 anni, il rischio di mortalità è risultato 10 volte superiore ad Halloween. "Raccogliere caramelle dai vicini è una tradizione da oltre un secolo, e anche le feste di Halloween per adulti sono diventate sempre più popolari nei bar e nei campus di tutto il Nord America e non solo", ha detto il ricercatore capo, John Staples. "Ci siamo chiesti se la combinazione di costumi di colore scuro, eccitazione e alcol rendesse le strade più pericolose per i pedoni, i nostri risultati suggeriscono che è proprio così". Staples e i suoi colleghi hanno esaminato 42 anni di dati dell'amministrazione nazionale sulla sicurezza del traffico stradale negli Stati Uniti tra il 1975 e il 2016. I ricercatori hanno confrontato il numero di incidenti mortali avvenuti tra le 17 e mezzanotte di Halloween, mettendolo a confronto con i giorni corrispondenti (ad esempio, come oggi, mercoledì e giovedì) una settimana prima e una settimana dopo. Scoprendo che nella sera delle streghe e delle zucche ci sono dei morti in più fra i pedoni rispetto alla media. L'aumento del rischio si è verificato in tutti gli Stati Uniti e quasi tutti i decessi aggiuntivi sono avvenuti fra bambini o giovani adulti. Il momento più pericoloso è risultato tra le 17 e le 20 di sera
ITALIANI NEL MONDO 2018
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nonna avevo un legame speciale perché loro i nonni abitavano a 50 metri dalla nostra casa, i nonni paterni e mia mamma ha avuto il secondo figlio 13 mesi dopo di me. La nonna veniva al mattino mi portava da loro e mi riportava a casa verso le quattro del pomeriggio. Passavo tutta la giornata con i nonni. Io potrei dire che la mia lingua madre è il piemontese perché loro parlavano in dialetto. Questa nonna ha avuto tanto influsso nella mia vita”. lo ha detti papa Francesco in una intervista che andrà in onda domani sera sulla tv cattolica TV2000 Papa Francesco cioè Jorge Maria Bergoglio è nato in Argentina da una famiglia di origini piemontesi Da parte paterna, il bisnonno Francesco era bato a Montechiaro d'Asti mentre il nonno Giovanni Angelo era di Bricco Marmorito una località di Portacomaro Stazione che è una frazione di Asti e dove vivono ancora dei parenti dell'attuale pontefice. Anche la nonna materna era di origine piemontese, della provincia di Alessandria. Il Papa ha già più volte incontrato i suoi parenti piemontesi e con loro ha parlato anche in dialetto Papa Francesco ha usato, durante l'udienza generale nel giugno 2014 per criticare le facce da immaginetta, un'espressione del dialetto piemontese "mugna quacia" traducibile con faccia da acqua cheta, dimessa e triste
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ual è, nella Legge, il più grande comandamento? Lo sapevano tutti in Israele qual era: il terzo, quello che prescrive di santificare il Sabato, perché anche Dio lo aveva osservato (Genesi 2,2).
La risposta di Gesù, come al solito, spiazza e va oltre: non cita nessuna delle dieci parole, ma colloca al cuore del Vangelo la stessa cosa che sta nel cuore della vita: tu amerai. Un verbo al futuro, come per un viaggio mai finito… che è desiderio, attesa, profezia di felicità per ognuno. Il percorso della fede inizia con un «sei amato» e si conclude con un «amerai». In mezzo germoglia la nostra risposta al corteggiamento di Dio. Amerai Dio con tutto il tuo cuore e il prossimo tuo come te stesso. Gesù non aggiunge nulla di nuovo: la prima e la seconda parola sono già scritte nel Libro. La novità sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, la prima. L’averle separate è l’origine dei nostri mali, dei fondamentalismi, di tutte le arroganze, del triste individualismo. Ma amare che cosa? Amare l’Amore stesso. Se amo Dio, amo ciò che lui è: vita, compassione, perdono, bellezza; ogni briciola di pane buono, un atto di coraggio, un abbraccio rassicurante, un’intuizione illuminante, un angolo di armonia. Amerò ciò che Lui più ama: l’uomo, di cui è orgoglioso. Ma amare come? Mettendosi in gioco interamente. Lasciando risuonare e agire la forza di quell’aggettivo «tutto», ribadito quattro volte. Il tutto di cuore, mente, anima, forza. Noi pensiamo che la santità consista nella moderazione delle passioni. Ma dov’è mai questa moderazione nella Bibbia? L’unica misura dell’amore è amare senza misura. Amerai con tutto, con tutto, con tutto… Fare così è già guarigione dell’uomo, ritrovare l’unità, la convergenza di tutte le facoltà, la nostra pienezza felice: «Ascolta, Israele. Questi sono i comandi del Signore… perché tu sia felice» (Deuteronomio 6,1-3). Non c’è altra risposta al desiderio profondo di felicità dell’uomo, nessun’altra risposta al male del mondo che questa soltanto: amerai Dio e il prossimo. Per raccontare l’amore verso il prossimo Gesù regala la parabola del samaritano buono (Luca 10,2937). Per indicare come amare Dio con tutto il cuore, non sceglie né una parabola, né una immagine, ma una donna, Maria di Betania «che seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola» (Luca 10, 38). Gesù ha trovato che il modo di ascoltare di Maria fosse la «scelta migliore», la più idonea a raccontare come si ami Dio: come un’amica che siede ai suoi piedi, sotto la cupola d’oro dell’amicizia, e lo ascolta, rapita, e non lascerà cadere neppure una delle sue parole. Amare Dio è ascoltarlo, come bambini, come innamorati. p. Ermes Ronchi
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SALUTO
Vangelo del tuo Figlio, nostro sommo ed eterno sacerdote. Egli è C. Nel nome del Padre e del Dio, e vive e regna con te, nell'uniFiglio e dello Spirito Santo. tà dello Spirito Santo, per tutti i seA. Amen. coli dei secoli. La grazia e la pace di Dio nostro A. Amen (seduti) Padre e del Signore nostro Gesù LITURGIA DELLA PAROLA Cristo siano con tutti voi Prima Lettura A. E con il tuo spirito. Dal libro del Deuteronòmio INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE Mosè parlò al popolo dicendo: ATTO PENITENZIALE «Temi il Signore, tuo Dio, osserC. All’inizio di questa celebravando per tutti i giorni della tua zione eucaristica, chiediamo la conversione del cuore, fonte di ri- vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi conciliazione e di comunione con comandi che io ti do e così si proDio e con i fratelli. Breve pausa di riflessione personale lunghino i tuoi giorni. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratiConfesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto pecca- ca, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove to in pensieri, parole, opere e scorrono latte e miele, come il Siomissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E gnore, Dio dei tuoi padri, ti ha detsupplico la beata sempre vergi- to. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu ne Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutSignore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia mise- te le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore». ricordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eter- Parola d Dio. A. Rendiamo grazie a Dio. na. SALMO RESPONSORIALE A. Amen. R. Ti amo, Signore, mia forza. Signore, pietà. Signore, pietà. Ti amo, Signore, mia forza, Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, mia roccia, mia fortezza, Signore, pietà. Signore, pietà. mio liberatore. R/. Mio Dio, mia rupe, in cui mi GLORIA rifugio; mio scudo, mia potente salGloria a Dio nell'alto dei cieli e vezza e mio baluardo. Invoco il Sipace in terra agli uomini di buo- gnore, degno di lode, e sarò salvana volontà. Noi ti lodiamo, ti be- to dai miei nemici. R/. nediciamo, ti adoriamo, ti gloriViva il Signore e benedetta la fichiamo, ti rendiamo grazie per mia roccia, sia esaltato il Dio della la tua gloria immensa, Signore mia salvezza. Egli concede al suo Dio, Re del cielo, Dio Padre on- re grandi vittorie, si mostra fedele nipotente. Signore, figlio unige- al suo consacrato. R/. nito, Gesù Cristo, Signore Dio, Seconda Lettura Agnello di Dio, Figlio del Padre, Dalla lettera agli Ebrei tu che togli i peccati dal mondo Fratelli, nella prima alleanza in abbi pietà di noi; tu che togli i gran numero sono diventati sacerpeccati dal mondo, accogli la doti, perché la morte impediva lonostra supplica; tu che siedi alla ro di durare a lungo. Cristo invece, destra del Padre, abbi pietà di poiché resta per sempre, possiede noi. Perché tu solo il Santo, tu un sacerdozio che non tramonta. solo il Signore, tu solo l'AltissiPerciò può salvare perfettamente mo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre Amen. vivo per intercedere a loro favore. COLLETTA Questo era il sommo sacerdote che C. O Dio, tu sei l'unico Signore e ci occorreva: santo, innocente, non c'è altro Dio all'infuori di te; senza macchia, separato dai pecdonaci la grazia dell'ascolto, percatori ed elevato sopra i cieli. Egli ché i cuori, i sensi e le menti si non ha bisogno, come i sommi saaprano alla sola parola che salva, il
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cerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso. La Legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio
Canto al Vangelo
ALLELUIA. ALLELUIA Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui. ALLELUIA. C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo MARCO A. Gloria a te o Signore
VA N G E L O
In quel tempo, In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. Parola del Signore A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( seduti) CREDO Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C. Gesù ci ha donato i due comandamenti dell’amore. Chiediamo la sua grazia per poterli vivere. Preghiamo insieme e diciamo: Dio dell’amore, ascoltaci. 1. Signore Gesù, tu ci hai donato il comandamento dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo come strada per una vita buona e felice; donaci la grazia di praticarli ogni giorno. Noi ti preghiamo. 2. Signore Gesù, tu sei il gran sacerdote che offre al Padre la vita, ti preghiamo per coloro che hai chiamato a partecipare alla tua stessa missione. Rendi santi i nostri sacerdoti. Noi ti preghiamo. 3. Rinnova o Signore la nostra fede nella vita oltre la morte; ti preghiamo per coloro che hanno concluso il cammino terreno: concedi ad essi la pienezza della tua felicità in Paradiso. Noi ti preghiamo. 4. Dona alla nostra nazione e a tutti popoli il coraggio di vivere e sperare, la forza della carità e della condivisione; dona alla nostre famiglie fede, unità, amore. Noi ti preghiamo. C. Dio onnipotente ed eterno, tu sei l'unico Signore, e ci dai i tuoi comandamenti perché ci accompagnino in tutte le nostre vie; fa' che ti amiamo con tutto il nostro cuore, tutta la nostra intelligenza e tutte le nostre forze, e che amiamo il nostro prossimo come noi stessi. Per
Cristo nostro Signore. A. Amen
PADRE NOSTRO
Padre nostro che sei nei cieli LITURGIA EUCARISTICA sia santificato il Tuo nome venga C. Pregate, fratelli e sorelle, il Tuo Regno sia fatta la Tua voperché portando all’altare la gioia lontà come in cielo così in terra. e la fatica di ogni giorno, ci dispo- Dacci oggi il nostro pane quotiniamo a offrire il sacrificio gradito diano rimetti a noi i nostri debiti a Dio Padre onnipotente. come noi li rimettiamo ai nostri A. Il Signore riceva dalle tue debitori e non ci indurre in tentamani questo sacrificio a lode e zione ma liberaci dal male gloria del suo nome, per il bene C. Liberaci, o Signore, da tutti i nostro e di tutta la sua santa mali, concedi la pace ai nostri giorChiesa. (in piedi) ni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal pecSULLE OFFERTE C. Questo sacrificio che la Chie- cato e sicuri da ogni turbamento, sa ti offre, Signore, salga a te come nell'attesa che si compia la beata offerta pura e santa, e ottenga a noi speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. la pienezza della tua misericordia. A. Tuo è il regno, tua la potenPer Cristo nostro Signore. za e la gloria nei secoli A. Amen. R ITO DELLA PACE PREGHIERA EUCARISTICA C. Signore Gesu’ che hai detto ai C. Il Signore sia con voi. tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi A. E con il tuo spirito. do la mia pace” non guardare ai C. In alto i nostri cuori. nostri peccati ma alla fede della A. Sono rivolti al Signore. tua Chiesa, e donale unità e pace C. RendiamograziealSignorenostroDio. secondo la tua volontà. Tu che vivi A. E’ cosa buona e giusta e regni nei secoli dei secoli. È veramente giusto benedirti e rin- A. Amen graziarti, Padre santo, sorgente C. La pace del Signore sia sempre della verità e della vita perché in con voi. questo giorno di festa ci hai convo- A. E con il tuo spirito. cato nella tua casa. Oggi la tua fa- C. Come figli del Dio della pamiglia, riunita nell'ascolto della ce, scambiatevi un gesto di coparola e nella comunione dell'uni- munione fraterna. co pane spezzato fa memoria del A. Agnello di Dio, che togli i pecSignore risorto nell'attesa della do- cati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) menica senza tramonto, quando Agnello di Dio, che togli i pecl'umanità intera entrerà nel tuo riposo. Allora noi vedremo il tuo vol- cati del mondo, dona a noi la pace. Beati gli invitati alla cena del to e loderemo senza fine la tua mi- C. Signore Ecco l’Agnello di Dio che tosericordia. Con questa gioiosa speranza, uniti agli angeli e ai san- glie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono degno ti, proclamiamo a una sola voce di partecipare alla tua mensa: l'inno della tua gloria: Santo, Sanma di’ soltanto una parola e io to, Santo il Signore Dio dell'unisarò salvato. verso. I cieli e la terra sono pieni DOPO LA COMUNIONE della tua gloria. Osanna nell'alto C. Continua in noi, o Dio, la tua dei cieli. Benedetto colui che opera di salvezza, perché i sacraviene nel nome del Signore. menti che ci nutrono in questa vita Osanna nell'alto dei cieli. (In ginocchio) ci preparino a ricevere i beni proC. Mistero della fede messi. Per Cristo nostro Signore. A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua ri- A. Amen surrezione nell’attesa della tua C. Il Signore sia con voi. venuta. A. E con il tuo spirito. DOPOLA PREGHIERA EUCARISTICA C. Vi benedica Dio onnipotente, C. Per Cristo, con Cristo e in CriPadre, Figlio e Spirito Santo. sto, a te Dio, Padre onnipotente, A. Amen. nell’unità dello Spirito Santo, ogni C. Nel nome del Signore: andate onore e gloria, per tutti i secoli dei in pace. secoli. A. Rendiamo grazie a Dio A.
Amen
C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire: