ADESTE NR. 48 DOMENICA 25 NOVEMBRE 2018

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*In sinergia con Fondazione Migrantes


nel calendario ortodosso ma anche cattolico, è la festa del Santo Apostolo Andrea. Partecipante al battesimo di Gesù nelle acque del Giordano e alla scelta degli altri apostoli, Sant’Andrea ha raccolto intorno a sé le prime persone che dovevano essere convertite al cristianesimo. Esistono vari riti legati alla festa di Sant’Andrea. Il più delle volte, il suo nome è legato agli antichi rituali di protezione contro i lupi. Nella notte che precede la festa di Sant’Andrea, i romeni di tempi remoti proteggevano le loro case e i cortili contri gli attacchi dei lemuri mettendo dell’aglio alle porte, alle finestre e sotto la soglia della casa. Delia Suiogan, etnologa presso l’Università del Nord di Baia Mare, spiega: L’aglio può legare la bocca ai lupi, perché abbiamo anche questo simbolo in questa notte magica. Si pratica anche la veglia dell’aglio. La gente usava riunirsi nella casa di un’anziana che conosceva tutte le regole di questo rito. Venivano tutte le ragazze del villaggio e ciascuna portava con sé tre teste di aglio. Passavano poi una notte bianca sorvegliando questo aglio accanto al quale veniva messo un pupazzo detto proprio Indrei, che rappresentava una divinità precristiana sotto la forma di Babbo Andrea, che doveva morire. Si faceva così una veglia allegra, anche se tutto ciò succedeva durante il periodo di digiuno che precedeva il Natale.” La festa è chiamata negli ambienti rurali anche l’Andrea delle ragazze. In questo periodo si praticavano più rituali tramite cui le ragazze potevano conoscere il loro futuro sposo e se si sarebbero sposate l’anno successivo. Sono ancora presenti nei rituali romeni i chicchi di grano che la ragazze si mettono sotto il cuscino, per sognare il ragazzo che verrà a chiedere quel grano per seminarlo. E’ evidente la dimensione simbolica legata alla fertilità, il grano avendo un significato di particolare importanza in tutte le feste invernali e non solo. Sant’Andrea è considerato anche il patrono dei lupi, simbolo che i vecchi daci avevano collocato proprio sulla loro bandiera da combattimento. Sant’Andrea è arrivato a predicare il Vangelo di Cristo anche in Dacia Minor. Dopo aver concluso l’apostolato nella Dobrugea di oggi, Sant’Andrea è giunto poi in Grecia, nella città di Patras, dove è morto crocefisso, diventando martire cristiano. E’ conosciuto per il simbolo del suo sacrificio per la fede, la croce a „X”. Sant’Andrea è il santo patrono di stati come la Romania, la Grecia e la Russia, e la sua croce compare anche sulla bandiera della Scozia. Il 30 novembre, pellegrini di tutta la Romania e non solo vanno alla grotta in cui si dice che abbia abitato Sant’Andrea nel periodo della sua missione di cristianizzazione della Dobrugea.


prima chiesa cristiana apparsa sul territorio romeno fu la Chiesa di Sant’Andrea, apostolo che convertì al cristianesimo i romeni, adibita in una grotta della regione Dobrugia, nel sud-est della Romania. Attualmente, la chiesetta nella grotta fa parte di un complesso monastico vicino al fiume Danubio che include anche altre due chiese e più eremi. Si racconta che l’Apostolo Andrea, il primo discepolo di Cristo, giunto in Scizia Minore, sul cui territorio ricade l’odierna Dobrugia, per diffondere la parola del Redentore, si rifugiò in questa zona dalle persecuzioni dei romani e i sacerdoti del culto locale lo ricevettero a braccia aperte, ospitandolo in questa grotta in cui fu ulteriormente scavata la chiesa a lui dedicata. Dopo aver battezzato i primi cristiani della Dobrugia, parti’ da qui a diffondere la parola di Cristo nell’intera Dobrugia e nell’odierna Ucraina. Non si sa esattamente come fu scoperta questa grotta, in quanto la Dobrugia fu per quattro secoli, fino alla Guerra di Indipendenza del 1877, sotto dominio ottomano. Si racconta però che nel 1918 un importante avvocato di Costanza, capoluogo dell’omonima provincia della Dobrugia, mentre era in viaggio nella zona, scopri’ dopo un sogno ricorrente la Grotta di Sant’Andrea e cosi’ fu riportato alla luce il primo altare cristiano sul territorio romeno. L’avvocato vi fece costruire alcuni piccoli eremi e con la loro costruzione cominciarono ad arrivare anche i primi monaci che celebravano le messe nella grotta. Durante il periodo comunista, un periodo buio per la chiesa ortodossa, la chiesetta nella grotta fu distrutta e la grotta fu adoperata dai pastori come riparo per le pecore. Fu dopo il crollo del comunismo che due padri del monastero Sihastria della provincia di Neamt, nel nord del Paese, fecero costruire l’attuale complesso monastico, dove viene custodita una bara con reliquie di Sant’Andrea. Nelle vicinanze si trova la Sorgente di Sant’Andrea. Secondo la tradizione, quando il Santo Apostolo Andrea giunse in queste terre non trovò in nessun posto dell’acqua, e allora colpi’ con il suo bastone nella roccia nel posto dove c’è oggi la sorgente e l’acqua cominciò a sgorgare. Non lontano dalla grotta in cui fu scavata la Chiesa di Sant’Andrea si vedono ancora le tracce delle 9 sorgenti con l’acqua delle quali si dice siano stati battezzati i primi cristiani sul territorio romeno. Ai giorni nostri, la Grotta del Santo Apostolo Andrea è un’importante meta di pellegrinaggio e di turismo religioso in Dobrugia.


regione storica del Goceano, in provincia di Sassari, si trova il comune di Bono, adagiato ai piedi del Monte Rasu. I suoi dintorni sono caratterizzati da una grande varietà di paesaggi che si estendono dalla Valle del Tirso fino alla vetta di Sa Punta Manna, che arriva a toccare la quota di 1259 metri, il tutto in un alternarsi di pianure, colline e montagne. Le attrazioni naturalistiche sono di particolare rilievo, come in località di Sos Nibberos dove la foresta di Taxus baccata è stata dichiarata monumento naturale essendo la più grande d’Italia con esemplari millenari di 16 metri di altezza per un metro di diametro. Ma anche sul Monte Pisanu, dove sono state impiantate diverse specie arboree tra cui il cedro dell’Atlante, la roverella, le tuie giganti, l’abete bianco: la natura è un vero vanto del territorio e per questo protetta e salvaguardata dall’intensa attività del Corpo Forestale e di vigilanza ambientale. A rendere speciale Bono in questo periodo dell’anno c’è, però, anche una festa popolare di antiche tradizioni pagane, legata all’antico culto di Bacco, Dio del Vino, chiamato in sardo Sant’Andria, ma che inevitabilmente ricorda Halloween anche se si tramanda da secoli nel paese. Il 30 novembre di ogni anno, infatti, secondo una tradizione tramandata di padre in figlio, i giovani del paese, riuniti in gruppo già dal mattino, si procurano le zucche di forma allungata che, una volta svuotate dei semi e rese sottilissime, vengono intagliate in modo tale da assumere le sembianze di un volto umano. Una candela posta all’interno illumina la zucca e al calar della sera, con la cucurbitacea appesa al collo, prende il via il tragitto per le strade del paese. Si inizia a bussare alle porte delle abitazioni gridando "Sant’Andria" e facendo suonare varie campanelle, mentre si raccolgono delle offerte che possono essere i dolci tipici come passassini, tilicche e altri o noci, caramelle e denaro. Al termine del giro di raccolta i giovani si ritrovano per concludere i festeggiamenti in una piazza del centro storico, che cambia di anno in anno, dove vengono offerte a tutti castagne arrosto, provenienti dalla montagna di Bono, bibite ai più piccoli e vino locale ai più grandi.


comunità di origine italiana in Scozia può vantare numeri di tutto rispetto. Si calcola che gli italo-scozzesi (Italian Scots) siano tra i 70,000 e i 100,000. La maggior parte di questa considerevole minoranza etnica è originaria del centro-sud dell’Italia, in particolare delle provincie di Lucca, Frosinone ed Isernia. I primi italiani a raggiungere i territori scozzesi furono gli antichi Romani. Intorno all’anno 40 le truppe di Roma si fecero largo tra i ITALIANI NEL territori celtici alzando il famoso Vallo di Adriano (Hadrians MONDO Wall), che avrebbe segnato il confine tra le terre imperiali e i territori “barbari” al nord della Britannia e successivamente il Vallo Antonino, a nord di Edimburgo, il confine più settentrionale di tutto l’Impero. Nonostante questa imponente presenza italiana in tempi antichi, un’effettiva identità italo-scozzese non si configurò prima del secolo scorso. Negli ultimi decenni dell’800 moltissimi italiani emigrarono alla ricerca di fortuna un po’ ovunque, non solo oltreoceano ma anche nelle regioni d’Europa che davano più possibilità di una svolta. Tra queste la Germania, i Paesi Scandinavi, l’Irlanda e… la Gran Bretagna! Dopo la Prima Guerra Mondiale iniziò ad emergere la prima vera comunità italiana in Scozia, con Glasgow ad ospitare la terza più numerosa di tutto il Paese (più di 4000 persone). Durante il periodo fascista, con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale molti degli italiani residenti in Scozia dovettero arruolarsi per le campagne d’Africa e divenenro così prigionieri di guerra nel loro stesso Paese, essendo scesa la Gran Bretagna ufficialmente in guerra contro l’asse Roma-Berlino. Per questo motivo molte famiglie vennero separate e dovettero subire le discriminazioni dei britannici che consideravano gli emigrati italiani dei “nemici in casa propria”. A un buon numero di prigionieri italiani venne dato l’ingrato e pericoloso compito di costruire le barriere antisottomarino lungo le remote coste scozzesi delle Isole Orcadi (le cosiddette “Churchill Barriers”) per contrastare la minaccia di un attacco tedesco alla flotta della Corona che aveva una base in queste acque. Altri prigionieri finirono relegati in Irlanda del Nord o sulla piccola e solitaria Isola di Man. Proprio sulle Orcadi, per la precisione sulla piccola isola di Lamb Holm, è possibile trovare una piccola cappella chiamata “Italian Chapel” (in foto), costruita dai circa 550 prigionieri italiani catturati in Africa durante quegli anni difficili. Oggi questo piccolo santuario dall’esterno bianco e rosso e dall’interno abilmente decorato ed affrescato da Domenico Chiocchetti (un prigioniero originario di Moena, in Trentino) è una delle attrazioni turistiche più conosciute e fotografate di queste isole!


La Croce di S.Andrea sulla Bandiera di Scozia

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ratach na h-Alba è effettivamente il nome originale di quella che è più famosa come Croce di Sant’Andrea (St Andrew’s Cross). A essere precisi ho sentito chiamare la bandiera scozzese con milioni di parole, tra cui Saltire rimane ancora diffusa. A quanto pare, la croce richiama il martirio di Sant’Andrea, patrono della Scozia appunto, che fu crocifisso in Grecia su una croce a forma di X (ovvero la famosa crux decussata). Nella versione nordica, il primo presunto imperatore romano viene sostituito dal Re Angus MacFergus che, nel 832, si trovò a comandare un’armata di Pitti contro i barbari Northumbri. Il copione rimane praticamente invariato: la notte prima della battaglia, il re sogna Sant’Andrea e racconta l’aneddoto alle truppe che ne riconoscono l’alto valore apotropaico. Il giorno dopo, magicamente, nel cielo sopra il campo di battaglia appare la crux decussata sul quale aveva trovato il martirio Sant’Andrea. Cotanta apparizione gonfiò definitivamente il coraggio dei Pitti e ne assicurò la vittoria. Da quel giorno in poi, secondo la leggenda, l’area poi conosciuta come Scozia sarà rappresentata da una croce bianca (le nuvole che formano la crux sopra il campo di battaglia) su sfondo blu (il cielo stesso). E, ovviamente, Re Angus fece di Sant’Andrea il santo patrono della Scozia (o regno dei Pitti). La genesi storica della bandiera non è conosciuta. Le prime attestazioni rimangono di natura esclusivamente religiosa, soprattutto sottoforma di sigilli di vescovi e simboli di cattedrale. La prima versione Il vessillo così come si presenta al Museo di Scozia “laica” della Croce appare grazie ai Guardiani di Scozia nel 1286 che la rappresentano, assieme al santo eponimo, in occasione della morte di Alessandro III. La prima versione “canonica” della bandiera è invece conservata al National Museum of Scotland ed è chiamata “Douglas Standard“. Descritta come la bandiera personale di Archibald Douglas of Cavers, il figlio del secondo Conte di Douglas, che l’avrebbe portata con se alla battaglia di Otterburn nel 1388. Nell’antico stemma, la croce di Sant’Andrea è delimitata da due cuori irregolari rossi e delimitata da un bellissimo e vigoroso leone araldico. Ai lati, invece, una croce Tau e il motto dei Douglas Jamais areyre. Dopo alterne vicende, dove la bandiera fu usata sporadicamente, il XVII secolo vide affermarsi la Croce di Sant’Andrea come simbolo nazionale politico della Scozia. Nel 1606, re Giacomo VI addirittura la combinò con la croce di San Giorgio e creò il primo embrionale simbolo del Regno Unito (sancito poi con l’Atto di Unione nel 1707): l’Union Jack.


uando si arriva ai piedi del castello di Peleş si resta a bocca aperta, sembra proprio quello delle fiabe! Nel bel mezzo di una foresta montana, nei pressi di Sinaia, località sciistica che dispone di ben 22 km di piste, è preferibile visitarlo in inverno. La neve ne accresce il fascino. Esternamente tipico esempio di architettura bavarese, all’interno diversi stili si accostano magicamente di tra loro, barocco, neorinascimentale tedesco e italiano e perfino rococò. Inaugurato nel 1883 da Carlo I di Romania, ha il primato di essere il primo maniero al mondo alimentato completamente con energia elettrica prodotta in loco. All’ingresso vi è la statua di Carol I di Raffaello Romanelli, lo stesso della statua equestre di Carlo Alberto dei giardini del Quirinale. Ha una superficie di 3.200 metri quadrati, 160 stanze, ognuna con un tema che rispecchia diverse culture del mondo. Questi variano a seconda della funzione (uffici, biblioteche, armerie, gallerie d’arte) o per stile (fiorentino, turco, arabo, francese, imperiale). Tutte le camere sono estremamente e lussuosamente arredate, decorate nei minimi dettagli. I lampadari sono in vetro di Murano, le porcellane di Sèvre, e alle pareti pelli di Cordoba. Si tratta della residenza preferita di Carlo I ma soprattutto di sua moglie Elisabetta di Wied, scrittrice conosciuta col nome d’arte di Carmen Sylva. Quest’ultima ha seguito personalmente i lavori, per i quali sono stati necessari 400 artigiani, provenienti da tutta Europa, e così annotava nel suo diario:” Gli italiani erano muratori, i romeni costruivano terrazze, gli albanesi e i greci lavoravano la pietra, i tedeschi e gli ungheresi lavoravano il legno. I turchi costruivano mattoni. Gli ingegneri erano polacchi, mentre gli scalpellini erano cecoslovacchi. I francesi erano disegnatori, gli inglesi erano alle misure. Si potevano osservare centinaia di costumi nazionali e parlavano, litigavano e cantavano in quattordici lingue in tutti i dialetti e desinenze, un mix gioioso di uomini, cavalli, carri, buoi e bufali domestici.” Il castello ha avuto il suo periodo di gloria, quando ha ospitato, oltre a re ed imperatori (tra cui Francesco Giuseppe I d’Austria e l’imperatrice Sissi, grande amica di Elisabetta) anche tanti grandi artisti dell’epoca: Sarah Bernhardt, George Enescu, Pierre Loti, Gustav Klimt (che ha dipinto le pareti della sala del teatro in cui, per la prima volta in Romania è stata proiettata una pellicola cinematografica). Elisabetta, era una grande mecenate ed uno spirito piuttosto anticonformista per l’epoca, è sua questa frase: ” La moda è fatta per le persone prive di gusto, l’ etichetta per le persone sprovviste di educazionen cui, per la prima volta in Romania è stata proiettata una pellicola cinematografica).


Melegatti riparte: la fabbrica ricomincerà ad impastare pandori, panettoni e dolci grazie ad una cordata italiana. Le ricette, fatte con l'antico lievito madre, sopravviveranno grazie alla dedizione di Davide Stupazzoni e Matteo Peraro, parte dell'azienda di Verona rispettivamente dal 1995 e dal 2004: sono loro i due dipendenti che, mentre lo stabilimento era fermo, si sono alternati per poter mantenere in vita il prezioso lievito. "Nominateli Cavalieri del Lavoro della Repubblica italiana": online è già partita una compagna per dare ai due i giusti meriti.

Il lievito di Melegatti ha oltre 124 anni e deve essere mantenuto quotidianamente. Nei mesi in cui l'azienda è stata travolta dalla bufera che ne preannunciava la chiusura, la sopravvivenza dell'antico segreto non era così scontata. Ma Stupazzoni e Peraro, senza alcun obbligo e senza stipendio, si sono presi la briga di alimentare il lievito permettendo alla ricetta originale di continuare a deliziare i palati. Dopo la crisi, la Melegatti ha riaperto i battenti con 35 dipendenti, assunti a tempo indeterminato, per lo più ex impiegati. "Terminate le procedure di acquisto da oggi saremo ancor più concentrati sul ritorno del tradizionale pandoro e panettone Melegatti sulle tavole degli italiani - ha detto tempo fa il presidente dell'azienda, Giacomo Spezzapria -. Abbiamo puntato molto sullo sviluppo del territorio e sulla valorizzazione delle sue competenze. Ora la nostra presenza a Natale sarà importante perché dimostra la concreta volontà di ripartire con la tradizione, la qualità e il prestigio di un marchio dolciario unico in Italia e nel mondo". (Huffington Post)


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…il capitale, dai miei esecutori testamentari impiegato in sicuri investimenti, dovrà costituire un fondo i cui interessi si distribuiranno annualmente in forma di premio a coloro che, durante l'anno precedente, più abbiano contribuito al benessere dell'umanità». Sono le ultime volontà del chimico svedese Alfred Nobel (già famoso per l'invenzione della dinamite), che firma il suo testamento mercoledì 27 novembre 1895. Questa data segna la nascita ufficiale del Premio Nobel, destinato a diventare il massimo riconoscimento per coloro che, con la loro opera, hanno aperto nuove frontiere all'umanità nel campo della ricerca scientifica, degli studi umanistici e della convivenza tra i popoli. Nelle stesse volontà testamentarie vengono indicati cinque campi specifici per il nuovo premio, unitamente ai soggetti incaricati di assegnarlo: 1) per la scoperta o l'invenzione più importante nel campo della fisica; 2) per la scoperta più importante o il più grosso incremento nell'ambito della chimica (assegnato insieme a quello della fisica dall'Accademia Reale Svedese delle Scienze); 3) per la maggior scoperta nel campo della fisiologia o della medicina (dal Karolinska Instituet di Stoccolma); 4) per il lavoro di tendenza idealistica più notevole nell'ambito della letteratura (dall’Accademia di Stoccolma); 5) per il miglior lavoro ai fini della fraternità tra le nazioni, per l'abolizione o la riduzione di eserciti permanenti e per la formazione e l'incremento di congressi per la pace (da una commissione di cinque persone eletta dal Parlamento norvegese). Fondamentale anche l'universalità del riconoscimento su cui Alfred insiste, sottolineando che nella sua attribuzione non avrà alcuna influenza la nazionalità dei candidati, «siano essi scandinavi o meno». I motivi che abbiano spinto il chimico svedese a destinare gran parte del proprio patrimonio (più di 30 milioni di corone svedesi, pari oggi a circa 340 milioni di euro) all'istituzione del premio, sono da ricondurre a un episodio legato alla morte del fratello. Un giornae francese, scambiandolo per Alfred, aveva scritto un feroce necrologio, in cui, alludendo alla sua invenzione della dinamite, si ricordava che era diventato ricco, trovando un modo veloce per uccidere più persone in una sola volta. Deluso da queste parole e preoccupato da come sarebbe stato ricordato dopo la morte, Alfred ha iniziato a maturare l'idea di un premio filantropico intitolato alla sua memoria. Il Nobel è assegnato per la prima volta nel 1901 e da allora la cerimonia di consegna è fissata al 10 dicembre, anniversario della morte del fondatore. Ai premiati viene consegnata una medaglia, un diploma e un premio in denaro. Il primo italiano a ricevere il Nobel sarà Giosuè Carducci (per la letteratura) nel 1906.


potere di un bambino indifeso, nato in una culla di fortuna, al freddo che da duemila anni racconta a chiunque, povero o ricco, un percorso di rinascita del cuore. «A Betlemme si è creata una piccola apertura per quelli che hanno perso la terra, la patria, i sogni; persino per quelli che hanno ceduto all’asfissia prodotta da una vita rinchiusa». La messa di mezzanotte a San Pietro è solenne: fuori dalla basilica l'abete polacco addobbato di mille luci e il presepe napoletano allestito nei giorni scorsi restano i simboli di un momento privilegiato per una riflessione collettiva. Papa Bergoglio predica sui testi dell'evangelista Luca. «La fede di questa notte ci porta a riconoscere Dio presente in tutte le situazioni in cui lo crediamo assente. Egli sta nel visitatore indiscreto, tante volte irriconoscibile, che cammina per le nostre città, nei nostri quartieri, viaggiando sui nostri autobus, bussando alle nostre porte». Luca racconta che Maria «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio», prendendo per mano chi ascolta per andare alle radici. «Maria diede alla luce, Maria ci ha dato la Luce. Un racconto semplice per immergerci nell’avvenimento che cambia per sempre la nostra storia. Tutto, in quella notte, diventava fonte di speranza». Allora come oggi il filo della speranza avvolge invisibile tante esistenze, le collega, capace di sprigionare energie per neutralizzare l'oscurità interiore, la depressione, lo scoraggiamento, l'aridità, l'indifferenza. Papa Bergoglio insiste sul passaggio dal buio alla luce. «E lì... in mezzo all’oscurità di una città che non ha spazio né posto per il forestiero che viene da lontano, in mezzo all’oscurità di una città in pieno movimento e che in questo caso sembrerebbe volersi costruire voltando le spalle agli altri, proprio lì si accende la scintilla rivoluzionaria della tenerezza di Dio». La sacra famiglia rimanda a tante esperienze simili che molti nuclei famigliari rivivono anche oggi. Immigrati, disoccupati. «Nei passi di Giuseppe e Maria si nascondono tanti passi. Vediamo le orme di intere famiglie che oggi si vedono obbligate a partire. Vediamo le orme di milioni di persone che non scelgono di andarsene ma che sono obbligate a separarsi dai loro cari, sono espulsi dalla loro terra. In molti casi questa partenza è carica di speranza, carica di futuro; in molti altri, questa partenza ha un nome solo: sopravvivenza. Sopravvivere agli Erode di turno che per imporre il loro potere e accrescere le loro ricchezze non hanno alcun problema a versare sangue innocente». «Maria e Giuseppe, per i quali non c'era posto, sono i primi ad abbracciare Colui che viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza». In quella notte il simbolo dell'amore universale viene annunciato ai più semplici, ai pastori, «uomini e donne che dovevano vivere ai margini della società». Papa Francesco spiega che proprio per le “loro condizioni di vita, e i luoghi in cui erano obbligati a stare, impedivano loro di osservare tutte le prescrizioni rituali di purificazione religiosa e, perciò, erano considerati impuri. La loro pelle, i loro vestiti, l’odore, il modo di parlare, l’origine li tradiva. Venivano considerava pagani tra i credenti, peccatori tra i giusti, stranieri tra i cittadini. A loro – pagani, peccatori e stranieri – l’angelo dice: Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore». Il significato di quell'annuncio si ripete, viene riproposto, attualizzato. «Dio, nella sua infinita misericordia, ha abbracciato noi pagani, peccatori e stranieri, e ci spinge a fare lo stesso».


si andava a cercare nel ripostiglio agli inizi di ottobre, quando le prime nebbie cominciavano ad ovattare Telese e la luce debole dell’inverno sfumava sul viale già ricoperto dalle foglie gialle dei platani. Si spostavano scatoloni, borsoni e legni accatastati per estrarli da quel disordine e rimetterli in uso, dopo averli spolverati e liberati dai ricami di qualche ragnatela. Solo a rivederli si pregustava già il tepore che avrebbero regalato durante le serate invernali. Portati nel soggiorno, gli si faceva posto, quasi fossero ospiti d’onore, spostando sedie e tavolo per dare a loro lo spazio necessario. Per prima si sistemava la base, una pedana circolare in legno a forma di ciambella, alta un palmo da terra, con il foro centrale dove si infilava il braciere. Con gli anni il legno di abete ingrigito testimoniava tutt’intorno l’impronta delle scarpe che avevano consumato più i bordi che la parte centrale. C’era il braciere bello, di rame ed ottone lucido, con i risvolti e i manici intarsiati, e quello di ferro, annerito e cotto dal fuoco. Sulla pedana, a protezione del braciere, si appoggiava l’asciugapanni a forma di cupola in legno o in giunco. A casa mia era in ferro, come una gabbia cilindrica a due facciate piane. Quella inferiore era aperta e copriva il braciere, mentre da quella superiore s’ irradiavano a stella i listelli di ferro che poi scendevano lungo i lati e, incrociando quelli orizzontali concentrici, formavano una griglia a maglie larghe. Quel tipo di asciugapanni aveva una doppia funzione. Al mattino poteva essere ricoperto da mutandine, fazzoletti ed altri panni appena lavati, messi lì ad asciugare al calore del braciere, con i calzini infilati nei vari riquadri. Nel pomeriggio, tolti i panni, si stendeva sopra una bella coperta di lana che cadeva giù fino a sfiorare la pedana. Quando la famiglia era tutta in casa, e non si sceglieva il camino della cucina come punto di raccolta, si stava seduti intorno al braciere, con i piedi appoggiati sulla pedana e la coperta poggiate sulle gambe. Più era grande e lambiva la base di legno più contribuiva a non disperdere il dolce tepore. Nelle giornate più fredde, rientrati a casa, si andava a cercare il braciere e si infilavano le mani sotto la coperta per riscaldarsi prima. Il compito di ravvivare la brace con la paletta di ferro non era un compito da bambini. Si alzava un lembo della coperta, si chinava la testa di lato per guardare meglio e si nterveniva con delicatezza, accostando a poco a poco la carbonella esterna, ancora spenta, a quella centrale, rossa di fuoco. Se si mescolava alla rinfusa, la carbonella nuova e la cenere soffocavano la brace e bisognava riattizzarla con il ventaglio, di cartone o di penne di gallina. Lo si oscillava a mezz’altezza, senza guardare, con un movimento del polso lento e continuo per evitare di sollevare cenere e scintille.


Verrà il re. Il Flauto un vecchio pastore, che amava la notte e conosceva bene il percorso degli astri. Appoggiato al suo bastone, con lo sguardo rivolto verso le stelle, il pastore stava immobile sul campo. "Egli verrà!" disse. "Quando verrà?" chiese il suo nipotino. "Presto!". Gli altri pastori risero. "Presto!", lo schernirono. "Lo dici da tanti anni!". Il vecchio non si curò del loro scherno. Soltanto il dubbio che vide sorgere negli occhi del nipote lo rattristò. Quando fosse morto, chi altri avrebbe riferito la predizione del profeta? Se lui fosse venuto presto! Il suo cuore era pieno di attesa. "Porterà una corona d'oro?". La domanda del nipote interruppe i suoi pensieri. "Sì!". "E una spada d'argento?". "Sì!". "E un mantello purpureo?". "Sì! Sì!". Il nipotino era contento. Il ragazzo era seduto su un masso e suonava il suo flauto. Il vecchio stava ad ascoltare. Il ragazzo suonava sempre meglio, la sua musica era sempre più pura. Si esercitava al mattino e alla sera, giorno dopo giorno. Voleva essere pronto per quando fosse venuto il re. Nessuno sapeva suonare come lui. "Suoneresti anche per un re senza corona, senza spada e senza mantello purpureo?", chiese il vecchio. "No!", disse il nipote. Un re senza corona, senza spada e senza mantello purpureo, come avrebbe potuto ricompensarlo per la sua musica? Non certo con oro e argento! Un re con corona, con spada e mantello purpureo l'avrebbe fatto ricco e gli altri sarebbero rimasti a bocca aperta, l'avrebbero invidiato. Il vecchio pastore era triste. Ahimé, perché aveva promesso al nipote ciò a cui egli stesso non credeva? Come sarebbe venuto? Su nuvole dal cielo? Dall'eternità? Sarebbe stato un bambino? Povero o ricco? Di certo senza corona, senza spada e senza mantello purpureo, e tuttavia sarebbe stato più potente di tutti gli altri re. Come poteva farlo capire al suo nipotino? Una notte in cielo comparvero i segni che il nonno così a lungo aveva cercato con gli occhi. Le stelle splendevano più chiare del solito. Sopra la città di Betlemme c'era una grande stella. E poi apparvero gli angeli e dissero: "Non abbiate paura! Oggi è nato il vostro Salvatore!". Il ragazzo corse avanti, verso la luce. Sotto il mantello sentiva il flauto sul suo petto. Corse più in fretta che poteva. Arrivò per primo e guardò fisso il bambino, che stava in una greppia ed era avvolto in fasce. Un uomo e una donna lo contemplavano lieti. Gli altri pastori, che l'avevano raggiunto, si misero in ginocchio davanti al bambino. Il nonno lo adorava. Era dunque questo il re che gli aveva promesso? No, doveva esserci un errore. Non avrebbe mai suonato qui. Si voltò deluso, pieno di dispetto. Si allontanò nella notte. Non vide né l'immensità del cielo, né gli angeli che fluttuavano sopra la stalla. Ma poi sentì piangere il bambino. Non voleva sentirlo. Si tappò le orecchie e corse via. Ma quel pianto lo perseguitava, gli toccava il cuore e infine lo costrinse a tornare verso la greppia. Eccolo là, per la seconda volta. Vide che Maria, Giuseppe e anche i pastori erano spaventati e cercavano di consolare il bambino piangente. Ma tutto era inutile. Che cosa poteva avere il bimbo? Non c'era altro da fare. Tirò fuori il suo flauto da sotto il mantello e si mise a suonare. Il bambino si quietò subito. Si spense anche l'ultimo, piccolo singhiozzo che aveva in gola. Guardò il ragazzo e gli sorrise. Allora egli si rallegrò, e sentì che quel sorriso lo


sserviamo la scena: due poteri uno di fronte all’altro; Pilato e il potere inesorabile dell’impero; Gesù, un giovane uomo disarmato e prigioniero. Pilato, onnipotente in Gerusalemme, ha paura; ed è per paura che consegnerà Gesù alla morte, contro la sua stessa convinzione: non trovo in lui motivo di condanna. Con Gesù invece arriva un’aria di libertà e di fierezza, lui non si è mai fatto comprare da nessuno, mai condizionare. Chi dei due è più potente? Chi è più libero, chi è più uomo? Per due volte Pilato domanda: sei tu il re dei Giudei? Tu sei re? Cerca di capire chi ha davanti, quel Galileo che non lascia indifferente nessuno in città, che il sinedrio odia con tutte le sue forze e che vuole eliminare. Possibile che sia un pericolo per Roma? Gesù risponde con una domanda: è il tuo pensiero o il pensiero di altri? Come se gli dicesse: guardati dentro, Pilato. Sei un uomo libero o sei manipolato? E cerca di portare Pilato su di un’altra sfera: il mio regno non è di questo mondo. Ci sono due mondi, io sono dell’altro. Che è differente, è ad un’altra latitudine del cuore. Il tuo palazzo è circondato di soldati, il tuo potere ha un’anima di violenza e di guerra, perché i regni di quaggiù, si combattono. Il potere di quaggiù si nutre di violenza e produce morte. Il mio mondo è quello dell’amore e del servizio che producono vita. Per i regni di quaggiù, per il cuore di quaggiù, l’essenziale è vincere, nel mio Regno il più grande è colui che serve. Gesù non ha mai assoldato mercenari o arruolato eserciti, non è mai entrato nei palazzi dei potenti, se non da prigioniero. Metti via la spada ha detto a Pietro, altrimenti avrà ragione sempre il più forte, il più violento, il più armato, il più crudele. La parola di Gesù è vera proprio perché disarmata, non ha altra forza che la sua luce. La potenza di Gesù è di essere privo di potenza, nudo, povero. La sua regalità è di essere il più umano, il più ricco in umanità, il volto alto dell’uomo, che è un amore diventato visibile. Sono venuto per rendere testimonianza alla verità. Gli dice Pilato: che cos’è la verità? La verità non è qualcosa che si ha, ma qualcosa che si è. Pilato avrebbe dovuto formulare in altro modo la domanda: chi è la verità? È lì davanti, la verità, è quell’uomo in cui le parole più belle del mondo sono diventate carne e sangue, per questo sono vere. Venga il tuo Regno, noi preghiamo. Eppure il Regno è già venuto, è già qui come stella del mattino, ma verrà come un meriggio pieno di sole; è già venuto come granello di senapa e verrà come albero forte, colmo di nidi. È venuto come piccola luce sepolta, che io devo liberare perché diventi il mio destino.


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A. E con il tuo spirito. schiavitù del peccato, ti serva e ti lodi senza fine. Per il nostro Signo- C. Dal Vangelo secondo GIOVANNI re Gesù Cristo, tuo Figlio, che è A. Gloria a te o Signore C. Nel nome del Padre e del Dio, e vive e regna con te, nell'uniVA N G E L O Figlio e dello Spirito Santo. tà dello Spirito Santo, per tutti i seA. Amen. coli dei secoli dei secoli. quel tempo, Pilato disse a Il Dio della speranza, che ci riem- A. Amen (seduti) Gesù: «Sei tu il re dei Giupie di ogni gioia e pace nella fede LITURGIA DELLA PAROLA dei?». Gesù rispose: «Dici questo per la potenza dello Spirito Santo, Prima Lettura da te, oppure altri ti hanno parlato sia con tutti voi. Dal libro del profeta Daniele di me?». Pilato disse: «Sono forse io A. E con il tuo spirito. Guardando nelle visioni notturne, Giudeo? La tua gente e i capi dei INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ecco venire con le nubi del cielo sacerdoti ti hanno consegnato a ATTO PENITENZIALE Fratelli e sorelle, per celebrare uno simile a un figlio d’uomo; giun- me. Che cosa hai fatto?». Rispose degnamente i santi misteri, ricono- se fino al vegliardo e fu presentato Gesù: «Il mio regno non è di quea lui. Gli furono dati potere, gloria sto mondo; se il mio regno fosse di sciamo i nostri peccati. e regno; tutti i popoli, nazioni e lin- questo mondo, i miei servitori Breve pausa di riflessione personale Confesso a Dio onnipotente e a gue lo servivano: il suo potere è un avrebbero combattuto perché non voi, fratelli, che ho molto pecca- potere eterno, che non finirà mai, e fossi consegnato ai Giudei; ma il to in pensieri, parole, opere e il suo regno non sarà mai distrutto. mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei omissioni, per mia colpa, mia Parola Di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio. re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io colpa, mia grandissima colpa. E sono re. Per questo io sono nato e S ALMO R ESPONSORIALE supplico la beata sempre vergiper questo sono venuto nel mondo: R. Il Signore regna, * ne Maria, gli angeli, i santi e per dare testimonianza alla verità. si riveste di splendore. voi, fratelli, di pregare per me il Il Signore regna, si riveste di Chiunque è dalla verità, ascolta la Signore Dio nostro. maestà: si riveste il Signore, si cin- mia voce». Parola del Signore. C. Dio Onnipotente abbia miseA. Lode a te, o Cristo. ge di forza. R/. ricordia di noi, perdoni i nostri OMELIA ( Seduti) È stabile il mondo, non potrà peccati e ci conduca alla vita eterCREDO vacillare. Stabile è il tuo trono da na. Credo in un solo Dio, Padre onniposempre, dall’eternità tu sei. R/. A. Amen. tente, creatore del cielo e della terra, Davvero degni di fede i tuoi Signore, pietà. Signore, pietà. di tutte le cose visibili e invisibili. insegnamenti! La santità si addice Cristo, pietà. Cristo, pietà. Credo in un solo Signore, Gesù Crialla tua casa per la durata dei giorSignore, pietà. Signore, pietà. sto, unigenito Figlio di Dio, nato dal ni, Signore. R/. Padre prima di tutti i secoli: Dio da Seconda Lettura GLORIA Dal libro dell'Apocalisse di san Gio- Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio Gloria a Dio nell'alto dei cieli e vero, generato, non creato, della stespace in terra agli uomini di buo- vanni apostolo sa sostanza del Padre; per mezzo di na volontà. Noi ti lodiamo, ti be- Gesù Cristo è il testimone fedele, il lui tutte le cose sono state create. Per nediciamo, ti adoriamo, ti glori- primogenito dei morti e il sovrano noi uomini e per la nostra salvezza fichiamo, ti rendiamo grazie per dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri pec- discese dal cielo, e per opera dello la tua gloria immensa, Signore Spirito santo si è incarnato nel seno Dio, Re del cielo, Dio Padre on- cati con il suo sangue, che ha fatto della vergine Maria e si è fatto uomo. di noi un regno, sacerdoti per il nipotente. Signore, figlio unigesuo Dio e Padre, a lui la gloria e la Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pinito, Gesù Cristo, Signore Dio, lato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno Agnello di Dio, Figlio del Padre, potenza nei secoli dei secoli. è risuscitato, secondo le Scritture, è tu che togli i peccati dal mondo Amen. Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli salito al cielo, siede alla destra del abbi pietà di noi; tu che togli i Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, che lo trafissero, e per lui tutte le peccati dal mondo, accogli la per giudicare i vivi e i morti, e il suo nostra supplica; tu che siedi alla tribù della terra si batteranno il regno non avrà fine. Credo nello Spipetto. Sì, Amen! Dice il Signore destra del Padre, abbi pietà di rito Santo, che è Signore e dà la vita, e Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui noi. Perché tu solo il Santo, tu procede dal Padre e dal Figlio. Con il che è, che era e che viene, l’Onnisolo il Signore, tu solo l'AltissiPadre e il Figlio è adorato e glorificapotente! Parola di Dio. mo, Gesù Cristo, con lo Spirito to, e ha parlato per mezzo dei profeti. A. Rendiamo grazie a Dio Santo: nella gloria di Dio Padre. Credo la Chiesa, una santa cattolica e Canto al Vangelo Amen. apostolica. Professo un solo battesiALLELUIA. ALLELUIA COLLETTA mo per il perdono dei peccati. AspetDio onnipotente ed eterno, che hai Benedetto colui che viene nel no- to la risurrezione dei morti e la vita me del Signore! Benedetto il Regno voluto rinnovare tutte le cose in del mondo che verrà. Amen. Cristo tuo Figlio, Re dell'universo, che viene, del nostro padre Davide C. Nella festa di Cristo Re dell'uALLELUIA. fa' che ogni creatura, libera dalla niverso, innalziamo la nostra preC. Il Signore sia con voi

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SALUTO


ghiera perché il regno di Dio trasformi tutta l'umanità, rendendola capace di sostegno verso i deboli e coloro che vivono ai margini della vita. Preghiamo insieme e diciamo: Signore, re dell'universo, ascoltaci. 1. Per la Chiesa santa, cattolica e apostolica: porti a tutti l'annuncio del regno di Dio, facendo comprendere a ogni uomo il tempo in cui Dio vuole essere nostro padre, e ci invita a vivere come fratelli e sorelle, preghiamo. 2. Per coloro che ci governano: Dio pieghi le volontà ambiziose che cercano privilegi e ricchezze, e le guidi verso mete di giustizia, di pace e di solidarietà, preghiamo. 3. Per i cristiani che vivono in terre dilaniate dalla guerra e sono vittime di violenza e di odio: la fede li sostenga nella lotta per la libertà, preghiamo. 4. Per i fratelli e le sorelle che si sono addormentati nel Signore: possano celebrare la bontà e la gloria di Dio con gli angeli del cielo, preghiamo. 5. Per la nostra assemblea cristiana: Dio sia sempre il nostro sostegno e ci aiuti a metterci a sua disposizione per trasformare noi stessi e il mondo in cui viviamo, preghiamo. C. O Padre, aiutaci a imitare, nella nostra vita, il modo di pensare e la vita di Gesù, nostro fratello e salvatore, perché ogni giorno possiamo far avanzare il suo regno ed aver parte della tua eredità nella vita eterna. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. A. Amen

LITURGIA EUCARISTICA

C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)

PREGHIERA EUCARISTICA

C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. RendiamograziealSignorenostroDio. A. E’ cosa buona e giusta È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Tu con olio di esultanza hai consacrato Sacerdote eterno e Re dell'universo il tuo unico Figlio, Gesù Cristo nostro Signore. Egli, sacrificando se stesso immacolata vittima di pace sull'altare della Croce, operò il mistero dell'umana redenzione; assoggettate al suo potere tutte le creature, offrì alla tua maestà infinita il regno eterno e universale: regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace. E noi, uniti agli Angeli e agli Arcangeli, ai Troni e alle Dominazioni e alla moltitudine dei Cori celesti, cantiamo con voce incessante l'inno della tua gloria: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli. (In ginocchio) C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta. DOPOLA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A.

Amen

C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire:

PADRE NOSTRO

Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il Tuo nome venga SULLE OFFERTE C. Accetta, o Padre, questo sa- il Tuo Regno sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra. crificio di riconciliazione, e per i meriti del Cristo tuo Figlio concedi Dacci oggi il nostro pane quotidiano rimetti a noi i nostri debiti a tutti i popoli il dono dell'unità e come noi li rimettiamo ai nostri della pace. Per Cristo nostro Sidebitori e non ci indurre in tentagnore. zione ma liberaci dal male A. Amen. C. Liberaci, o Signore, da tutti i

mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE

C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C. Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna.

A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.

A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE

C. O Dio, nostro Padre, che ci hai nutriti con il pane della vita immortale, fa' che obbediamo con gioia a Cristo, Re dell'universo, per vivere senza fine con lui nel suo regno glorioso. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. . A. Amen C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: andate in pace. A. Rendiamo grazie a Dio


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