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Febbraio 2012, Anno 9 - N 24 Periodico di informazione

Riservato ai medici e agli operatori sanitari

LA LINEA GUIDA? I NOSTRI PAZIENTI anno lavorativo per il Gruppo Policlinico di Monza riapre di consueto con importanti novità. Novità di cui il destinatario ultimo, come è da sempre per nostra precisa volontà e indicazione, è il paziente. Vista la forte incidenza, sia a livello di costo sociale che di qualità della vita, delle patologie metaboliche abbiamo quindi lavorato duramente per realizzare in questi mesi un altro centro ultraspecialistico interamente dedicato a queste patologie. È quindi con estremo piacere che presentiamo in questo numero il frutto del nostro lavoro, il Centro di Medicina Metabolica. A parlarcene saranno gli esperti che abbiamo selezionato per andare a costituire un’equipe multidisciplinare e ad elevata professionalità, in grado di supportare i nostri pazienti a 360 gradi nell’affrontare la patologia. Con una breve descrizione abbiamo cercato di presentarvi ogni singolo componente di questa struttura ponendo l’accento ancor più che sul personaggio sull’apporto professionale che potrà e saprà dare. Oltre a questa importante novità, sempre in tema di centralità del paziente, ripresentiamo in questo numero alcune unità operative e servizi che in questi anni ci hanno dato molte soddisfazioni. Sarà un’occasione per conoscere meglio ognuna di queste equipe. Buona lettura. Il Presidente Gian Paolo Vergani

L’

In questo numero: SPECIALE: Al Policlinico di Monza nasce il Centro di Medicina Metabolica 2

Diagnostica per immagini d’eccellenza alla San Gaudenzio 22 Oncologia e ricerca a Monza 24

Progetto Cardiocell: tra pubblico e privato Neurobioncologia Ivrea: dieci anni di Ortopedia

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2 MEDICINA METABOLICA

GESTISCE IL MALFUNZIONAMENTO DEL METABOLISMO

IL POLICLINICO DI MONZA CREA IL CENTRO DI MEDICINA METABOLICA IL

LOGO DEL C ENTRO DI M EDICINA M ETABOLICA DEL P OLICLINICO DI MONZA

l metabolismo è il “carburatore” del corpo umano. Per poterci muovere, per pensare e lavorare, in ogni momento la macchina che ci è stata data in dotazione deve bruciare calorie, proprio come l’automobile con la quale andiamo al lavoro deve bruciare benzina. La benzina del corpo umano è il cibo, ovviamente, ed il processo con cui viene “assorbito”, sintetizzato il cibo dal nostro organismo è il metabolismo. Quando prendiamo la macchina per andare al lavoro, arriviamo più rapidamente, è vero, ma sappiamo che la combustione della benzina produce l’inquinamento dell’atmosfera con le polveri sottili; in modo del tutto analogo, la combustione degli alimenti all’interno del corpo umano produce inquinamento, in seguito alla liberazione di ciò che noi definiamo “radicali liberi”. Solo che la macchina umana è costruita estremamente bene e riesce da sola a “disinquinarsi” e a distruggere i radicali liberi inquinanti combinando e neutralizzando questi ultimi con ciò che noi definiamo “antiossidanti”. Essi vengono definiti così, perché le combustioni metaboliche che avvengono nel corpo umano sono processi chimici di ossidazione che producono sostanze instabili dal punto di vista chimico – i “radicali liberi” (come il radicale perossidico, il radicale idrossile, il superossido dismutasi, ecc.). Tutti gli esseri viventi, piante e animali, hanno alla loro base questo processo biochimico: tutti bruciano calorie e tutti si ossidano, cioè “arrugginiscono” nel momento in cui “mangiano“, nel senso chimico del fenomeno. Solo che la nostra condizione di sa-

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LA COMPLESSITÀ DELLE MALATTIE METABOLICHE IMPLICA CHE LA DIAGNOSI, LA PREVENZIONE, LO SVILUPPO TECNOLOGICO PER LA GESTIONE DELLE MALATTIE E LE TERAPIE SIANO IL FRUTTO DI UN APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE CHE PREVEDE OBBLIGATORIAMENTE LA PROFESSIONALITÀ DI DIVERSI SPECIALISTI

lute è influenzata direttamente dal livello di radicali liberi esistenti nel sangue. Quanto più cresce la loro concentrazione, tanto più risultiamo vulnerabili alle malattie: dalla aterosclerosi, all’invecchiamento, alla semplice stanchezza, alla depressione o al cancro. Per questa ragione, per potersi trovare in una condizione di equilibrio ed essere sani, gli esseri viventi (piante ed animali) sono stati dotati di questo sistema complesso di protezione, che sono gli antiossidanti. I radicali liberi aggrediscono tutte le cellule, ma soprattutto i vasi sanguigni e in primo luogo le arterie, perché sono concentrati nel sangue trovandosi così in contatto diretto con le arterie dell’organismo umano tramite l’intermediazione dell’endotelio vascolare – la membrana interna del vaso. Tutti i sistemi viventi, piante e animali, sono programmati geneticamente per sintetizzare progressivamente un numero crescente di antiossidanti durante tutto il periodo nel quale sono giovani o nel periodo di crescita, quando non hanno ancora raggiunto l’età della maturità. Una volta raggiunta la fase di maturità dell’organismo, il programma di sintesi degli antiossidanti inizia a divenire più lento e meno efficiente, mentre noi iniziamo ad avere una resa minore, ad ammalarci più facilmente e ad essere più fragili. Il nostro corpo, l’hardware, inizia a invecchiare… La Medicina Metabolica è quella disciplina che si occupa di quelle patologie connesse al malfunzionamento del metabolismo. L’EPIDEMIOLOGIA L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto negli stili di vita inappropriati ed in particolare nella dieta ricca di calorie e di grassi di originale animale, nonché nella sedentarietà, le condizioni alla base delle malattie cronico degenerative più diffuse nella nostra società, le malattie metaboliche e cardiovascolari. La mortalità in Italia si conferma in riduzione. L’aspettativa di vita alla nascita è passata dai 44-45 anni del 1900 ai 76 anni e 82 anni rispettivamente nell’uomo e nella donna nel 2000. Il miglioramento prosegue ancora, ma a partire dagli anni 90, l’a-


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3 MEDICINA METABOLICA

Nutrizione clinica

Dietologia e Chirurgia Metabolica

Medicina dell’Eserizio Fisico & dello Sport

MEDICINA METABOLICA Diabetologia

Endocrinologia & Osteoporosi

U NO

STILE DI VITA SANO, UNITO A UN’ALIMENTAZIONE EQUILIBRATA E ALL’ESERCIZIO FISICO QUOTIDIANO, PREVIENE LE MALATTIE PIÙ DIFFUSE DELLA NOSTRA SOCIETÀ, OVVERO QUELLE METABOLICHE E CARDIOVASCOLARI

Dislipidemie, prevenzione cardiovascolare

spettativa di vita in buona salute ha subito un marcato rallentamento, con un incremento proporzionalmente maggiore dell’aspettativa di vita in salute compromessa. L’incremento della vita media ottenuto nel secolo scorso ha quindi raggiunto il massimo potenziale e gli interventi medici e tecnologici che prolungano la sopravvivenza non modificano in modo significativo lo stato di salute. Più del 37% dei ricoveri ordinari e del 49% delle giornate di degenza in Italia sono a carico di persone anziane con elevata comorbilità e disabilità. L’età avanzata infatti è considerata il principale fattore di rischio per la maggior parte delle patologie: l’aumento della vita media è accompagnato da un parallelo aumento di patologie croniche e disabilità, che incidono in modo significativo sullo stato di salute della popolazione e sulla spesa sanitaria del paese. Affinché la aspettativa di vita e quella in buona salute progrediscano ad un tasso si-

mile a quello osservato in passato, sono necessarie nuove modalità di intervento. Lo sviluppo di interventi preventivi o terapeutici innovativi, capaci di aumentare la sopravvivenza libera da malattia rappresenta oggi una delle maggiori sfide per il sistema sanitario. La complessità delle malattie metaboliche implica quindi che la diagnosi, la prevenzione, lo sviluppo tecnologico per la gestione delle malattie e le terapie siano il frutto di un approccio multidisciplinare che prevede obbligatoriamente la professionalità di diversi specialisti in ambito internistico, chirurgico, di laboratorio e di diagnostica per immagini. Ogni ammalato quindi quando ne avrà bisogno avrà a disposizione un network di specialisti e di tecnologie diagnostiche necessarie alla gestione dei problemi afferenti alla sua malattia. Per questo il Policlinico di Monza ha attivato un Centro di Medicina Metabolica, primariamente focalizzato alla prevenzione, diagnosi, assistenza e cura delle malattie metaboliche e che vede al cuore delle sue attuali attività diverse discipline cliniche volte alla gestione di differentie malattie endocrino-metaboliche riassunte nella figura in alto a sinistra. La diabetologia che deve gestire pazienti complicati per la presenza di altri fattori di rischio e vere e proprie patologie. La dietologia che deve gestire non solo pazienti in sovrappeso, ma anche pazienti con obesità severa e cronicizzata nel tempo. Le dislipidemie e prevenzione cardiovascolare che si preoccupa di ridurre con approccio multidisciplinare il rischio cardiovascolare dei pazienti con malattie metaboliche. L’endocrinologia che deve gestire pazienti affetti da patologie più frequentemente della tiroide, ma non solo, e comunque frequentemente associate alle malattie metaboliche. La nutrizione clinica, per soddisfare i bisogni non solo dei pazienti che soffrono dei problemi di malnutrizione per eccesso, ma anche di coloro che hanno bisogno di supporto nutrizionale a causa di malattie croniche severe e potenzialmente invalidanti perché capaci di scatenare malnutrizione per difetto. La medicina dell’esercizio fisico perché molte delle manifestazioni metaboliche di queste malattie possono essere contrastate con l’esercizio fisico una volta che questo viene eseguito quotidianamente così come quotidianamente siamo abituati ad assumere la terapia farmacologica.


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4 MEDICINA METABOLICA

PUÒ ESSERE CRONICO SENZA COMPLICANZE O DEGENERATIVO Diabetologia

LA PRINCIPALE PATOLOGIA METABOLICA È IL DIABETE l diabete è una malattia che consiste nell’incapacità del nostro pancreas di produrre una sufficiente quantità di insulina, ormone necessario per il nostro metabolismo. In particolare l’insulina è quell’ormone che nel processo di combustione degli alimenti nel corpo umano (metabolismo) si occupa del passaggio del glucosio, degli aminoacidi e dei lipidi dal sangue alle cellule (processo di sintesi – metabolismo). In conseguenza di questa funzione chimica all’interno del processo metabolico di combustione degli alimenti, l’insulina di fatto regola il livello di zuccheri (glucosio) nel sangue. Uno squilibrio di produzione di insulina altera il nostro metabolismo manifestandosi con un eccesso di zuccheri nel nostro sangue (diabete). Il diabete può manifestarsi in due fattispecie, in funzione dello stadio di evoluzione della malattia:

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I L P ROF. G IANLUCA P ERSEGHIN È SPECIALISTA IN E NDOCRINOLOGIA E MALATTIE DEL RICAMBIO E P ROFESSORE ASSOCIATO PRESSO L’U NIVERSITÀ DEGLI STUDI DI M ILANO

DIABETE SENZA COMPLICANZE DIABETE CON COMPLICANZE

DIABETE SENZA COMPLICANZE La prevenzione e cura del diabete deve avere un approccio multidisciplinare e segnatamente dai seguenti ambulatori:

IL DIABETE PUÒ MANIFESTARSI IN DUE FATTISPECIE, IN FUNZIONE DELLO STADIO DI EVOLUZIONE DELLA MALATTIA: DIABETE SENZA COMPLICANZE E DIABETE CON COMPLICANZE. NEL PRIMO CASO LA PREVENZIONE E CURA VIENE AFFIDATA AGLI AMBULATORI DI DIABETOLOGIA, DI PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE, DI DIETOLOGIA E NUTRIZIONE CLINICA, DELL’ESERCIZIO FISICO

• ambulatorio di diabetologia, la cui funzione iniziale è quella di trattare il paziente per ridurre l’iperglicemia con l’intervento sullo stile di vita e con farmaci. I farmaci migliorano il funzionamento dell’insulina nel nostro corpo, la produzione dell’insulina stessa stimolata dal glucosio, ma anche da altri ormoni e nel caso l’insulina stessa diventa un efficiente strumento terapeutico. • ambulatorio di prevenzione cardiovascolare, la cui funzione è di pianificare diagnosi e terapia delle ipercolesterolemie e ipertrigliceridemie associate al diabete. Il diabete spesso si associa ad alterazioni del metabolismo lipidico, le dislipidemie, che inducono un aumento nei livelli dei grassi circolanti nel sangue. E questa è una condizione che promuove i fenomeni aterosclerotici. Quando si riscontrano anomalie di questo tipo è sempre necessario valutare se siano legate al fatto che il diabete non è ben controllato o se siano indipendenti dalla malattia diabetica e richiedano un trattamento specifico. I valori di colesterolo che di devono mantenere nel sangue dei pazienti diabetici sono più bassi rispetto a quelli degli individui non diabetici • ambulatorio di dietologia e nutrizione clinica per proporre al paziente interventi nutrizionali appropriati per le nostre conoscenze attuali volti a controllare l’assunzione dei nutrienti e a ottenere riduzione del peso; una riduzione del peso anche modesta del 10-15% del peso originario si accompagna infatti ad un notevole miglioramento del metabolismo degli zuccheri e dei grassi indipendentemente dall’uso dei farmaci • ambulatorio dell’esercizio fisico per proporre al paziente programmi di attività fisica volti a contribuire all’ottenimento della riduzione del peso, ma il cui scopo sia anche finalizzato semplicemente alla stimolazione del metabolismo del glucosio e dei grassi. L’esercizio fisico in particolare è quello di tipo aerobico ed è in grado di


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5 MEDICINA METABOLICA

DIABETE CON COMPLICANZE Il diabete è una malattia cronico degenerativa la cui manifestazione raramente è accompagnata da segni e sintomi importanti. Anche dopo la diagnosi il paziente non è afflitto da sintomi o disturbi fastidiosi e spesso riferisce un generale stato di buona salute. A dispetto di questa subdola manifestazione quando il paziente adulto manifesta il diabete molto frequentemente sono in parte già presenti le tipiche complicanze del diabete che costituiscono il vero pericolo per il paziente che ne è affetto. Le complicanze del diabete sono classificabili in: TEST

DELLA G LICEMIA CON L’APPOSITA APPARECCHIATURA

prevenire e/o ritardare la comparsa della sindrome metabolica riducendo i rischi di sviluppare malattie cardiovascolari (cardiopatia ischemica, ictus cerebri, ecc.). L’esercizio fisico assume una finalità terapeutica nella prevenzione e nel trattamento nei quadri clinici associati alla sindrome metabolica, inducendo: - una riduzione del colesterolo LDL - una riduzione della frequenza cardiaca a riposo - il miglioramento della sensibilità insulinica - un’aumentata capillarizzazione delle fibre muscolari di tipo rosso (con conseguente miglioramento dei valori di pressione arteriosa) Questi obiettivi possono essere raggiunti attraverso un esercizio fisico a frequenza cardiaca controllata che utilizza apparecchiature come il cicloergometro e il tapis roulant associati al controllo dietetico rappresentano per il paziente uno stile di vita da adottare.

LE COMPLICANZE DEL DIABETE COSTITUISCONO IL VERO PERICOLO PER IL PAZIENTE CHE NE È AFFETTO. LE COMPLICANZE DEL DIABETE SONO CLASSIFICABILI IN: MICROVASCOLARI (VASI ARTERIOSI DI PICCOLO CALIBRO) E MACROVASCOLARI (VASI ARTERIOSI DI CALIBRO MAGGIORE)

MICROVASCOLARI (vasi arteriosi di piccolo calibro) MACROVASCOLARI (vasi arteriosi di calibro maggiore) • Le complicanze microvascolari sono: 1) la retinopatia diabetica e l’organo bersaglio è l’occhio, ma altre sono le malattie oculari che possono essere aggravate da diabete come l’edema maculare, la cataratta, il glaucoma 2) la nefropatia diabetica e l’organo bersaglio è il rene; il diabete rappresenta una delle cause più frequenti di insufficienza renale che impone il trattamento in dialisi 3) la neuropatia diabetica e l’organo bersaglio sono le fibre nervose (la neuropatia è sensitivo-motoria se interessa i nervi periferici o vegetativa se interessa i nervi che innervano gli organi viscerali come il cuore e l’apparato digerente); la neuropatia può determinare disturbi della sensibilità, dolori agli arti inferiori o alle mani (neuropatia sensitiva), digestione lenta o alterazioni dell’alvo (vegetativa). Negli uomini, un aspetto particolare è costituito dai problemi di impotenza sessuale. • Le complicanze macrovascolari I distretti interessati dalle complicanze aterosclerotiche macrovascolari possono essere tutti i distretti arteriosi del nostro organismo, ma quelli più frequentemente colpiti sono: 1) i vasi coronarici e il rischio è di cardiopatia ischemica 2) i vasi carotidei e il rischio è di eventi cerebro vascolari 3) i vasi arteriosi degli arti inferiori e il rischio è di arteriopatia obliterante periferica (piede diabetico).


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LA CURA DELLE COMPLICANZE DEL DIABETE

I L P ROF. STEFANO M IGLIOR DIRIGE LA C LINICA OCULISTICA DEL P OLICLINICO DI MONZA U NIVERSITÀ DI M ILANO B ICOCCA SOTTO: ANOMALIE

DEL CIRCOLO VENOSO ARTERIOSO RETINICO VISUALIZZATE TRAMITE FLUORANGIOGRAFIA

L’Unità di Medicina Metabolica del Policlinico di Monza dispone di tutti i Servizi necessari alla diagnosi e cura delle patologie connesse al diabete. Di seguito analizziamo tali Servizi partendo dalle complicanze microvascolari con l’ambulatorio di oculistica, il servizio di dialisi e l’ambulatorio di neurologia. A seguire illustriamo i Servizi connessi alla soluzione delle complicanze macrovascolari e segnatamente il Dipartimento di Cardio-toraco-vascolare con la Cardiologia, la Chirurgia Vascolare, la Cardiochirurgia e infine descriviamo le attività svolte presso il Centro di salvataggio dell’arto, l’Urologia-andrologia la Chirurgia Generale e bariatrica.

LA RETINOPATIA DIABETICA Il Policlinico di Monza offre un servizio all’avanguardia per quanto riguarda la diagnosi, il monitoraggio e la cura della retinopatia diabetica. La visita oculistica con esame del fondo dell’occhio effettuabile presso il poliambulatorio costituisce il primo gradino per individuare le complicanze oculari del diabete. Qualora vengano riscontrati segni di interessamento oculare, i pazienti vengono avviati agli accertamenti di secondo livello, ovvero all’esame fluorangiografico e alla tomografia a coerenza ottica. Due esami entrambi effettuabili tramite l’ausilio di apparecchiature a scansione laser, come l’Heidelberg HRA. La fluorangiografia consente di visualizzare il circolo arterioso e venoso retinico e di individuarne eventuali anomalie. La tomografia a coerenza ottica (OCT) permette di ottenere una ricostruzione degli strati della retina con una risoluzione di 3 micron. Qualora siano necessarie, presso il Policlinico di Monza si effettuano anche trattamenti laser retinici e iniezioni intravitreali di farmaci angiogenici, che costituiscono oggigiorno le terapie di maggiore efficacia nel contrastare le temibili complicanze che frequentemente colpiscono il paziente diabetico.

LA NEFROPATIA DIABETICA: L’APPROCCIO INTEGRATO DELL’AMBULATORIO DI NEFROLOGIA E DEL SERVIZIO DI DIALISI

IL POLICLINICO DI MONZA OFFRE UN SERVIZIO ALL’AVANGUARDIA PER QUANTO RIGUARDA LA DIAGNOSI, IL MONITORAGGIO E LA CURA DELLA RETINOPATIA DIABETICA. LA VISITA OCULISTICA CON ESAME DEL FONDO DELL’OCCHIO EFFETTUABILE PRESSO IL POLIAMBULATORIO COSTITUISCE IL PRIMO GRADINO PER INDIVIDUARE LE COMPLICANZE OCULARI DEL DIABETE

Nei pazienti affetti da diabete uno dei primi organi ad essere colpito è proprio il rene. La difficoltà dell’individuazione della patologia risiede nella sintomatologia che non presenta aspetti particolari. Sono due gli elementi che sono da considerarsi degli indizi: reni più grossi del normale, è sufficiente una semplice ecografia per scoprirlo, proteinuria, ovvero la perdita di proteine nelle urine, quando il dato supera i 500 milligrammi al giorno. Quando il paziente è affetto da queste sintomatologie si interviene somministrando farmaci al fine di ridurre il degeneramento dell’organo, in modo tale da procrastinare il più possibile il sorgere dell’insufficienza renale, sebbene avvenga raramente il caso in cui si riesca ad evitare del tutto l’insufficienza stessa. Nella maggior parte dei casi infatti i reni hanno già comin-


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7 MEDICINA METABOLICA

LA DOTT.SSA C INZIA BALLABENI È R ESPONSABILE DEL SERVIZIO DI DIALISI DEL P OLICLINICO DI MONZA

I L P ROF. FABIO ANTONACI È R ESPONSABILE DELL’U NITÀ OPERATIVA DI N EUROLOGIA DEL P OLICLINICO DI MONZA E DOCENTE PRESSO L’UNIVERSITÀ DI PAVIA

ciato a diventare più piccoli e a perdere progressivamente la funzione renale. Infatti pian piano la proteinuria diminuisce, ma aumenta l’insufficienza renale. Anche in questo caso si interviene con i farmaci, ad alto dosaggio. Oltre alla terapia farmacologica è indispensabile un controllo periodico, una visita ambulatoriale, esami di sangue e urine una volta al mese, il monitoraggio della pressione e una dieta speciale. È importante sottolineare come la dialisi non sia uno stadio inevitabile: se il paziente viene curato in tempo rimarrà affetto esclusivamente da insufficienza renale, che naturalmente andrà curata. Viceversa, se non si interviene per tempo, la dialisi sarà inevitabile. In questo caso il Policlinico di Monza prepara il paziente per l’ingresso in dialisi nella maniera più accurata possibile, grazie a un piccolo intervento in day hospital con il confezionamento della fistola, per evitare al paziente l’inserimento del catetere. La cura e l’attenzione rimane sempre al di sopra della media delle strutture sanitarie: per esempio gli aghi, data la particolarità dei pazienti diabetici, non vengono inseriti dagli infermieri, ma esclusivamente dai medici. È a disposizione inoltre l’emodiafiltrazione, una metodica più efficace dell’emodialisi standard. Per i pazienti in dialisi il tasso glicemico viene controllato più frequentemente, per ridurre gli episodi di ipotensione. È bene considerare che i pazienti nefropatici tendono ad essere anemici, per questo il monitoraggio sul tasso di emoglobina presente è costante. Per coloro che in dialisi dovessero soffrire di ipotensione infine, il Policlinico di Monza mette a disposizione dei pazienti metodiche alternative, come l’emodialisi con tecnica AFB, ovvero senza acetato.

LA COMPLICANZA NEUROLOGICA COLPISCE IL 30% DEI PAZIENTI DIABETICI, RISULTA PERTANTO UNA DELLE COMPLICANZE PIÙ DIFFUSE. NEI PAESI OCCIDENTALI TRA L’80% E IL 90% DELLE NEUROPATIE SONO DOVUTE AL DIABETE. TRA GLI ESAMI MEDICI A DISPOSIZIONE TROVIAMO L’ESAME NEUROLOGICO E LA VALUTAZIONE DI SENSIBILITÀ E FORZA. UN AUSILIO IMPORTANTE VIENE FORNITO DALLA ELETTROMIOGRAFIA

IL POLICLINICO E L’UNIVERSITÀ DI PAVIA INSIEME CONTRO LE NEUROPATIE DIABETICHE La complicanza neurologica colpisce il 30% dei pazienti diabetici, risulta pertanto una delle complicanze più diffuse. Non si manifesta però subito, bensì dopo 10 o 15 anni di malattia. Si tratta di un’infiammazione del sistema nervoso periferico e può interessare due settori: quello somatico, ovvero muscolo-nervoso, e quello vegetativo. Nelle normali valutazioni cliniche si riesce ad individuare una neuropatia diabetica solo nel 10% dei casi. Se invece si sottopone il paziente ad indagini più specifiche, per esempio servendosi della elettromiografia, si può arrivare fino all’80% dei casi. Nei Paesi occidentali tra l’80% e il 90% delle neuropatie sono dovute al diabete. La neuropatia diabetica si distingue in forme diffuse, le più frequenti, e in forme focali. Le sintomatologie si distinguono in negativa e positiva. Nel primo caso la sensibilità della pelle del paziente si riduce, nel secondo invece ci troviamo di fronte a parestesie, formicolii e dolore. Delle due la forma più pericolosa è quella con sintomi negativi, perché si il paziente può riscontrare disturbi alla deambulazione e può avere lesioni, fino a sfociare nella patologia del piede diabetico. Inoltre non dobbiamo dimenticarci della componente vegetativa: una delle più frequenti è l’ipotensione ortostatica, ovvero il paziente, quando da seduto si alza in piedi può subire un’alterazione della pressione. Così come sono da valutare aritmie, alterazioni sessuali o vascolari. Quali sono quindi gli esami che si possono eseguire? Abbiamo a disposizione in primis l’esame neurologico e la valutazione di sensibilità e forza. Un ausilio importante, come detto in precedenza, viene fornito dalla elettromiografia, sia da superficie (per valutare il nervo), sia ad ago (per valutare il muscolo), che utilizza i Pes, i potenziali evocati sensitivi. È importante verificare se è stato compromesso anche l’apparato motorio. Naturalmente il profilo metabolico deve essere valutato: la glicemia deve essere controllata nell’arco delle 24 ore e bisogna tenere sotto controllo anche l’emoglobina applicata. La prima valutazione va effettuata in ambulatorio, dove il paziente si reca con l’indicazione del medico di base per sospetta neuropatia o crampi o dolori agli arti inferiori. Per appurare se il paziente è affetto da ipotensione ortostatica si esegue il


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8 MEDICINA METABOLICA

I L P ROF. G IUSEPPE SPECCHIA, DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI CARDIOLOGIA DEL P OLICLINICO DI

MONZA

Tilt Table Test: il soggetto viene fatto distendere e gli si applicano elettrodi per valutare la reattività del sistema vegetativo. L’esame neurologico inoltre verifica se il paziente è affetto da ipopallestesia, ovvero un’alterazione dei riflessi, e se mostra un’instabilità nella deambulazione. Inoltre possono essere eseguiti esami clinici ancor più approfonditi, per esempio una valutazione del piano perineale. È possibile anche effettuare Holter ECG cardiaci e test neurofisiologici per scoprire se il paziente presenta disfunzioni a livello sessuale. In ultimo possono anche esserci alterazioni vescicali. Come si interviene? Innanzitutto il controllo della glicemia è fondamentale. Troppo zucchero nel sangue è tossico per il nervo ed è dall’infiammazione del nervo che si scatena la patologia. La gestione del paziente avviene in day hospital, con l’ausilio di un ambulatorio dedicato alle neuropatie diabetiche.

LE PATOLOGIE CARDIACHE DERIVANTI DAL DIABETE Il diabete di tipo 2, detto anche comunemente diabete mellito, ha un enorme impatto sulle cardiopatie e le più recenti evidenze hanno convinto che esso stesso possa essere considerato, in alcuni pazienti, un agente eziologico diretto di una cardiomiopatia. Molti meccanismi legati alla disregolazione metabolica della malattia diabetica possono infatti contribuire alla insorgenza di una malattia del miocardio, dalla alterazione del substrato energetico, al disturbo elettrolitico, alla disfunzione endoteliale, all’abnorme deposizione di tessuto connet-

SE NON COME CAUSA DIRETTA DI MALATTIA, IL DIABETE È COMUNQUE PRESENTE IN OGNI FORMA DI CARDIOPATIA, AUMENTANDONE IL RISCHIO DI INSORGENZA. I DIABETICI HANNO UNA PROBABILITÀ NETTAMENTE PIÙ ELEVATA DI ANDARE INCONTRO AD ATEROSCLEROSI E, DI CONSEGUENZA, ALLA COMPARSA DI UNA MALATTIA CORONARICA, RISPETTO AI PAZIENTI NON DIABETICI. IL DIABETE RIDUCE DRAMMATICAMENTE LA SOPRAVVIVENZA NEI PAZIENTI CHE SONO COLPITI DA UNA SINDROME CORONARICA ACUTA

tivo a spese di quello muscolare specifico. Se non come causa diretta di malattia, il diabete è comunque presente in ogni forma di cardiopatia, aumentandone il rischio di insorgenza, modulando i meccanismi eziopatogenetici, influenzando il quadro clinico, e, soprattutto, peggiorando significativamente la prognosi. I diabetici hanno una probabilità nettamente più elevata di andare incontro ad aterosclerosi e, di conseguenza, alla comparsa di una malattia coronarica, rispetto ai pazienti non diabetici. I pazienti con malattia coronarica hanno un destino molto peggiore se sono anche diabetici. In particolare il diabete riduce drammaticamente la sopravvivenza nei pazienti che sono colpiti da una sindrome coronarica acuta come l’angina instabile o l’infarto del miocardio e, d’altra parte, è molto più facile che nei pazienti diabetici, si sviluppino placche ateromasiche infarcite di lipidi, placche che, per questo, sono considerate a maggior rischio di rottura, e quindi di instabilizzazione clinica di una malattia coronarica fino ad allora stabile. Il rischio coronarico nei pazienti diabetici è accresciuto anche dal fatto che la frequente neuropatia che si associa a questa malattia fa scomparire il sintomo, il dolore al petto (angina), che è tipico nei pazienti con malattia coronarica. Nei diabetici, così privi del segnale di allarme, la malattia coronarica può produrre attacchi ischemici assolutamente silenti e perciò difficilmente diagnosticabili, con le conseguenze che è facile immaginare. I diabetici hanno poi frequentemente una esaltata attività aggregante piastrinica, che rende più facile la formazione di trombi nei vasi coronarici, determinando così crisi ischemiche acute che, come sappiamo, possono essere improvvisamente mortali. Per quel che riguarda la terapia, la presenza di diabete rende più difficili le procedure di dilatazione coronarica e facilita la comparsa di recidive delle stenosi che sono state dilatate. I diabetici sottoposti a una procedura di angioplastica, specie per sindromi coronariche acute, hanno inoltre più spesso complicazioni durante la degenza ospedaliera, e, malgrado un successo iniziale, una mortalità più alta anche a distanza, dopo la dimissione. Sebbene sia stata dimostrata nei pazienti diabetici, nei quali più spesso si trovano lesioni coronariche diffuse a più rami, un più favorevole successo delle


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I L P ROF. P IER PAOLO ZANETTI, R ESPONSABILE DELL’U NITÀ OPERATIVA DI C HIRURGIA VASCOLARE DEL P OLICLINICO DI MONZA

procedure di rivascolarizzazione chirurgiche mediante by pass rispetto alle procedure di angioplastica, anche l’intervento chirurgico ha un rischio più elevato, sia peri-operatorio sia post-operatorio nei pazienti diabetici rispetto a coloro che non hanno questa malattia. Il diabete rappresenta un importante fattore prognostico indipendente di mortalità anche nei pazienti con scompenso di cuore. Il diabetico scompensato rischia di morire 2/3 volte di più rispetto ai non diabetici e questo rischio aumenta ancora di più se il paziente con scompenso di cuore è una donna. Questa maggiore elevata mortalità dei pazienti con scompenso cardiaco affetti da diabete ha probabilmente molteplici cause, tra le quali, particolarmente importante, è la disfunzione del sistema nervoso autonomo, con una spiccata attivazione simpatica e conseguente improprio e mal tollerato aumento della frequenza cardiaca. La malattia diabetica quindi, oltre a poter rappresentare essa stessa, una prima, diretta causa di cardiomiopatia, incombe sulla origine, sul decorso della cardiopatia ischemica e dello scompenso di cuore, rendendo più difficile la diagnosi, peggiorando la prognosi, rendendo più complesse e insicure terapie che, nei non diabetici, si dimostrano estremamente efficaci. Il diabete, insieme con un’altra patologia, l’insufficienza renale, anch’essa determinante nella prognosi dei cardiopatici, specie se affetti da cardiopatia ischemica e da scompenso di cuore, ha stimolato in questi ultimi anni una sempre più intensa collaborazione multidisciplinare per raggiungere risultati terapeutici altrimenti non ottenibili.

LA MALATTIA DIABETICA, OLTRE A POTER RAPPRESENTARE ESSA STESSA, UNA PRIMA, DIRETTA CAUSA DI CARDIOMIOPATIA, INCOMBE SULLA ORIGINE, SUL DECORSO DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA E DELLO SCOMPENSO DI CUORE, RENDENDO PIÙ DIFFICILE LA DIAGNOSI, PEGGIORANDO LA PROGNOSI, RENDENDO PIÙ COMPLESSE E INSICURE TERAPIE CHE, NEI PAZIENTI NON DIABETICI, SI DIMOSTRANO INVECE ESTREMAMENTE EFFICACI

IL SISTEMA VASCOLARE E IL DIABETE Le patologie vascolari derivanti dal diabete sono le cosidette patologie ostruenti, che si differenziano da quelle definite “ectasanti” e caratterizzate da un assottigliamento delle pareti esposte così a rischio di rottura, come l’aneurisma. Le “ostruenti” sono invece generate da un’alterazione nella placca arteriosclerotica, che genera uno squilibrio con una maggior quantità di grassi e una minore quantità di calcio o, viceversa, una maggior quantità di calcio a dispetto di una ridotta quantità di grassi. Questo squilibrio è causato, per quanto riguarda soprattutto le popolazioni occidentali, da un’imperfetta combustione dei grassi nel metabolismo. I composti derivati dalla combustione finiscono per intasare le arterie, generando appunto delle ostruzioni. Nel paziente diabetico si aggiunge purtroppo un’ulteriore problematica. Nel metabolismo dello zucchero si verifica un’incapacità da parte del pancreas di generare una regolazione della glicemia nel sangue attraverso insulina. Questo significa dunque che, quando il paziente si trova in regime di iper-alimentazione, la glicemia raggiunge livelli elevati e il sangue è ricco, oltre che di grassi, anche di zuccheri. Questo purtroppo prepara un terreno fertile per lo sviluppo di patologie come l’arteriosclerosi. Sintomi tipici del problema sono dolori alle gambe dopo anche una lieve camminata. Per questo tipo di problematiche si può intervenire a livello farmacologico, dove il farmaco è assunto per via orale nel cosidetto diabete di tipo 1, o tramite iniezioni di insulina nel diabete di tipo 2, quello più aggressivo. Per quanto concerne le patologie “ectasanti”, si procede infatti sostituendo la parte dilatata con protesi sintetiche e imperiture. Per le patologie “ostruenti” si interviene invece in due differenti modalità. Nel caso di ostruzioni circoscritte si esegue un’asportazione dei trombi dall’arterie o tromboendoarteriectomia, intervento durante il quale si rende necessaria anche l’eliminazione del tessuto endoteliale della stessa arteria. In caso di ostruzioni più estese si interviene eseguendo un by-pass, con lo scavalcamento, grazie a una protesi, delle zone affette da trombi che colleghi tra loro le pareti sane.


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10 MEDICINA METABOLICA

LA CARDIOCHIRURGIA E IL DIABETE

I L P ROF. SALVATORE SPAGNOLO È DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI CARDIOCHIRURGIA DEL P OLICLINICO DI MONZA

I L P ROF. E MILIO CALABRESE È R ESPONSABILE DEL C ENTRO DI SALVATAGGIO DELL’ARTO DEL G RUPPO DEL P OLICLINICO DI MONZA

Il diabete, tra le varie complicazioni, presenta un’alta incidenza di coronaropatie. Il Dipartimento di Cardiochirurgia del Policlinico di Monza opera ogni anno un’alta percentuale (30%) di coronaropatici affetti da diabete. Si tratta di pazienti più complessi poiché presentano associata una patologia multivascolare che riguarda le carotidi o gli arti inferiori. Complessa è anche la gestione intra e post operatoria poiché i diabetici vanno incontro a crisi di scompenso glicemico per cui la glicemia deve essere monitorata nel corso delle 24 ore, avendo premura di correggere i valori evitando così complicazioni aggiuntive. I pazienti diabetici hanno infatti la caratteristica di soffrire di una malattia coronarica diffusa e questa condizione li pone ad alto rischio di occlusione precoce post operatoria del bypass. Il Policlinico di Monza utilizza da diversi anni per gli interventi di by-pass aortocoronarico la tecnica della microchirurgia. Con questa tipologia di interventi i by-pass hanno un’elevatissima percentuale di pervietà, sia immediata che a distanza. Un controllo fatto tra pazienti diabetici operati con tecniche standard e pazienti operati con tecnica microchirurgica a distanza media di 12 anni ha provato come i primi presentino una per-

C UORE OPERATO DAL P ROF. SPAGNOLO FOTOGRAFATO IN AMBITO POSTCHIRURGICO CON PUNTI DI SUTURA NON VISIBILI AD OCCHIO NUDO

centuale di occlusione del 75%, mentre i secondi arrivino al 38%. Questa differenza di pervietà ha il beneficio di non sottoporre i pazienti a un reintervento o a rivascolarizzazione mediante angioplastica. Dagli interventi eseguiti, la tecnica microchirurgica presenta una mortalità operatoria maggiore, in virtù della maggiore complessità rispetto a un intervento standard.

IL PIEDE DIABETICO Ulcerazioni nella pianta del piede sono frequenti nei diabetici. Alcune guariscono con appropriato trattamento locale, altre utilizzando calzature idonee, altre ancora diventano croniche e le tecniche correntemente utilizzate appaiono inefficaci. A causa di ulcerazioni intrattabili o di infezioni che raggiungono l’osso (osteomielite) molti di questi pazienti vengono sottoposti ad amputazioni delle dita o dell’intera metà anteriore del piede. Spesso la rimozione di un singolo dito del piede è seguita dalla necrosi di uno o più dita contigue, così a volte ci si ritrova ad amputare un dito dopo l’altro. Nel tentativo di risolvere il problema estetico e quello funzionale legato alle amputazioni a livello del piede, l’equipe del A SINISTRA, UN PIEDE MOSTRANTE I SEGNI DI EVIDENTE OSTEOMIELITE. A DESTRA, UNA RADIOGRAFIA SUCCESSIVA ALLA RIMOZIONE DEI FISSATORI DOPO L’INTERVENTO


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11 MEDICINA METABOLICA

NEL TENTATIVO DI RISOLVERE IL PROBLEMA ESTETICO E QUELLO FUNZIONALE LEGATO ALLE AMPUTAZIONI A LIVELLO DEL PIEDE, L’EQUIPE DEL PROF. EMILIO CALABRESE, DEL GRUPPO POLICLINICO DI MONZA, HA SVILUPPATO UN NUOVO INTERVENTO DEFINITO COME «AMPUTAZIONE VIRTUALE DELL’AVAMPIEDE»

I L DOTT. MASSIMO TURA È RESPONSABILE DELL’U NITÀ OPERATIVA DI U ROLOGIA DEL P OLICLINICO DI MONZA

Professor Emilio Calabrese ha sviluppato un nuovo intervento definito come “Amputazione Virtuale dell’Avampiede”. Con questa tecnica vengono rimosse tutte le ossa della metà anteriore del piede, includendo i due terzi dei metatarsi, tutte le falangi prossimali e medie e mantenendo parte delle falangi distali. Vengono rispettati e mantenuti i tendini, le arterie, vene e nervi delle dita vengono escisse le aree intorno alle ulcerazioni. La tecnica, piuttosto complessa, richiede un approccio microchirurgico in quanto è a volte necessaria la ricostruzione di piccole arterie digitali o delle arterie dell’arcata plantare. Il piede, che a questo punto è de-strutturato in quanto non ha più le ossa che lo sostengono viene stabilizzato con piccolissimi fissatori esterni snodabili interposti fra le falangi ungueali e le ossa prossimali del piede.

L’APPARATO GENITALE

I L DOTT. ADELMO ANTONUCCI È R ESPONSABILE DEL CENTRO SPECIALISTICO DI CHIRURGIA ONCOLOGICA ED EPATOBILIOPANCREATICA DEL P OLICLINICO DI MONZA

In ambito urologico, il diabete di tipo 2 può provocare come conseguenza l’impotenza maschile e quindi la comparsa della disfunzione erettile. Questa particolare forma diabetica può infatti provocare sia danni vascolari sia neurologici, soprattutto per quanto concerne la microcircolazione periferica e quindi anche le arterie cavernose del pene, responsabili dell’erezione peniena. La prevalenza di disfunzione erettile è tre volte superiore nei pazienti affetti da diabete mellito rispetto a quanto accade nella popolazione sana. Inoltre la disfunzione erettile tende a presentarsi nei pazienti diabetici con circa 15 anni di anticipo rispetto al resto della popolazione, rendendo ulteriormente necessario l’intervento degli specialisti per garantire ai pazienti una vita sessuale soddisfacente. Si va dall’anamnesi a un esame obiettivo, proseguen-

do con gli esami di laboratorio come tsa, glicemia e controllo delle urine. Si esegue poi ecodoppler penieno basale e dinamico, che rappresenta l’esame più importante per accertare o meno la presenza di disfunzione erettile. Vi è poi la possibilità di eseguire uno studio urodinamico dei potenziali evocati sacrali e la stimolazione del nervo pudendo. Infine è possibile eseguire un esame di tipo rigiscan, ovvero la misurazione delle erezioni notturne. Per quanto concerne la terapia essa è essenzialmente di tipo medico, ma può essere anche considerata l’opzione chirurgica. I farmaci consentono l’erezione in pazienti affetti da impotenza. Se questi dovessero rivelarsi non sufficienti, in caso di compromissione delle arterie cavernose, si può arrivare ad interventi chirurgici di rivascolarizzazione. In alternativa è oggi possibile iniettare prostaglandine direttamente all’interno del pene e favorendo così un’erezione temporanea anche in assenza di stimoli. In casi estremi si può poi ricorrere all’impianto chirurgico di protesi all’interno del pene.

IL SISTEMA EPATOPANCREATICO La sindrome metabolica è correlata prevalentemente con obesità e cardiopatia. Per quanto concerne il diabete, è invece stata dimostrata la correlazione tra diabete non insulinodipendente e l’insorgere di patologie tumorali del fegato e del pancreas oltre che dell’apparato genitale femminile. Un’altra complicanza del diabete è infatti la steatosi epatica che in una percentuale di casi (5%) può comunque dar luogo ad epatocarcinoma. Nel caso di un tumore del pancreas purtroppo l’unica terapia possibile è la resezione della massa tumorale. Per il tumore del fegato invece si ha a disposizione un ventaglio di possibilità terapeutiche. Una terapia potenzialmente curativa è anche in questo caso la resezione del fegato, un complesso intervento che comporta l’asportazione di una parte del fegato contenente il tumore. Ma, in caso la resezione non fosse possibile per le condizioni generali del paziente o per via di altri fattori di comorbidità (cardiopatia, vasculopatia, etc.), il tumore primitivo del fegato può essere trattato mediante termoablazione, cioè con l’innesto percutaneo di un ago mirato sul tumore, che con onde a radiofrequenza de-


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12 MEDICINA METABOLICA

LA CHIRURGIA BARIATRICA

I L P OLICLINICO

DI MONZA È UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER LA CHIRURGIA EPATOBILIOPANCREATICA E BARIATRICA

termina la necrosi delle cellule tumorali. In caso di multifocalità (nodi multipli) il trattamento di scelta è la chemioembolizzazione, ossia una procedura di radiologia interventistica che permette di somministrare il farmaco chemioterapico selettivamente all’interno del tumore, ottenendo così la massima concentrazione del farmaco all’interno del tumore stesso senza avere gli effetti collaterali sistemici.

Obesità e diabete spesso, purtroppo, si accompagnano. La chirurgia dell’obesità si effettua con interventi di bendaggio gastrico. È stata evidenziata ancor più la stretta correlazione tra diabete ed obesità, per due motivi. In primis per la quantità del cibo e, in secondo luogo, l’obesità, con l’incremento dell’età, porta spesso all’insorgere di diabete mellito. Elevata è l’incidenza del peso sul diabete, soprattutto quello di tipo 2. Allo stesso modo alcuni tipi di interventi chirurgici per l’obesità determinano poi una maggiore possibilità di guarigione dal diabete di tipo 2. I principali sono la diversione biliopancreatica, il by-pass gastrico e il bendaggio gastrico. Con questi interventi il cibo non transita più a livello duodenale, causando un miglioramento sostanziale della patologia metabolica. Ultimamente si è pensato di abbassare il limite della massa corporea per consentire l’accesso a questo tipo di interventi, che secondo le linee guida nazionali si attesta sui 40 punti in assenza di patologie associate e sui 35 in presenza di ulteriori problematiche. Attualmente si stanno attuando degli studi pilota per cercare di portare l’indice di massa corporea massimo per avere accesso agli interventi intorno ai 3035 punti, in presenza di un diabete di tipo 2. Prima di un intervento in chirurgia bariatrica è sempre necessario il tentativo di una dieta controllata e, solo dopo almeno 4 tentativi con esito negativo è da considerare la soluzione chirurgica.

B ENDAGGIO GASTRICO

CATETERE

DI COLLEGAMENTO COL P ORT

TASCA GASTRICA

IL DOTT. P IETRO P IZZI È RESPONSABILE DELL’U NITÀ OPERATIVA DI C HIRURGIA GENERALE DEL P OLICLINICO DI MONZA

STOMACO


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13 MEDICINA METABOLICA

COME SI PREVIENE, SI INDIVIDUA E SI CURA L’ATEROSCLEROSI Dislipidemie, prevenzione cardiovascolare

LE DIFFERENTI DISLIPIDEMIE E PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE olesterolo e trigliceridi elevati e colesterolo HDL ridotti costituiscono le caratteristiche più comuni con cui si manifestano le alterazioni dei grassi circolanti nel sangue note come dislipidemie.

C

Il ruolo delle dislipidemie e l’ambulatorio della prevenzione cardiovascolare al Policlinico di Monza L’attività dell’ambulatorio del Policlinico di Monza consiste nel valutare il rischio cardiovascolare di ciascun individuo e/o paziente che viene visitato per stabilire il livello di intervento con il quale prevenire o curare le malattie cardiovascolari con un’ottica particolare al trattamento dell’ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia. Gli studi clinici hanno dimostrato che modificando la concentrazione dei grassi nel sangue (il colesterolo, i

QUANDO VENGONO RISCONTRATI

LIVELLI DI COLESTEROLO E TRIGLICERIDI ELEVATI E L’INDICE DEL COLESTEROLO HDL RIDOTTO, SIAMO SOGGETTI AD ALTERAZIONI DEI GRASSI NEL SANGUE NOTE COME DISLIPIDEMIE. RIDUCENDO IL TASSO DI GRASSI NEL SANGUE SI RIDUCONO ANCHE LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI

trigliceridi e il colesterolo HDL) mediante la dieta, l’esercizio fisico e terapia farmacologica le malattie cardiovascolari possono essere sostanzialmente ridotte. È quindi importante controllare i propri grassi nel sangue almeno ogni 5 anni. Ma diventa opportuno e raccomandato farlo con maggiore frequenza negli individui: - di età > 35 anni se maschi e 45 se femmine - fumatori ( >10 sigarette/die) - ipertesi - diabetici - con obesità addominale - con anamnesi familiare positiva per malattie cardiovascolari in parenti di primo grado (maschi età < 55 anni, femmine < 65) La diagnostica L’attività dell’ambulatorio delle dislipidemie è primariamente diagnostica. Infatti, prima di iniziare ad ipotizzare una terapia farmacologica delle dislipidemie occorre escludere la presenza di malattie che possono indurre le dislipidemie secondariamente. Ad esempio, l’eccesso di alcolici, il diabete, l’ipotiroidismo, l’obesità le malattie renali croniche, nonché escludere che sia l’utilizzo di certi farmaci, anche di uso comune, che possano favorire l’insorgenza della dislipidemia stessa (tra i più comuni i cortisonici, l’anticoncezionale ormonale, alcuni anti ipertensivi).

Stili di vita a rischio

Fattori di rischio modificabili

Fattori di rischio non modificabili

- dieta ricca di grassi di origine animale, colesterolo e calorie in generale

- pressione arteriosa elevata

- età

- abitudine al fumo

- sesso - colesterolo totale elevato (colesterolo LDL elevato) ridotto colesterolo HDL ipertrigliceridemia

- storia famigliare di malattia coronaria o di altra malattia vascolare precoce

- sedentarietà - iperglicemia / diabete obesità

- anamnesi personale di malattia coronarica o di altra malattia vascolare


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14 MEDICINA METABOLICA

PARETE DELL’ARTERIA

DEPOSITO DI COLESTEROLO

CAVITÀ DELL’ARTERIA MOLTO RIDOTTA A CAUSA DELL’OSTRUZIONE C ELLULE

L’OSTRUZIONE DI UN’ARTERIA

PROVOCATA DAL COLESTEROLO

ENDOTELIALI

Inoltre con l’aiuto del laboratorio del Policlinico di Monza è possibile misurare la concentrazione nel sangue non solo dei lipidi più comuni e noti, ma anche la concentrazione del sangue delle apoproteine che trasportano i grassi nel sangue e che li rendono più o meno in grado di favorire le malattie cardiovascolari. La terapia La dieta e una normalizzazione di un eventuale eccesso ponderale sono alla base del trattamento di ogni forma di iperlipidemia; negli individui in prevenzione primaria va quindi tentata per almeno 2-6 mesi prima di iniziare un trattamento più aggressivo. Anche l’attività fisica può essere di grande aiuto, purché fatta costantemente e razionalmente. Infatti oltre a ridurre il colesterolo e i trigliceridi nel sangue aiuta a ridurre la pressione arteriosa e il peso corporeo, altri due fattori di rischio molto importanti. L’ambulatorio di prevenzione cardiovascolare presso il Policlinico di Monza fornisce consulenza nutrizionale e pietistica per il trattamento delle dislipidemie e i fattori di rischio associati.

L’ATTIVITÀ DELL’AMBULATORIO DEL POLICLINICO DI MONZA È QUELLA DI VALUTARE IL RISCHIO CARDIOVASCOLARE DI CIASCUN PAZIENTE CHE VERRÀ VISITATO PER STABILIRE IL LIVELLO DI INTERVENTO CON IL QUALE PREVENIRE O CURARE LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI CON UN’OTTICA PARTICOLARE AL TRATTAMENTO DELL’IPERCOLESTEROLEMIA E IPERTRIGLICERIDEMIA. L’ATTIVITÀ DELL’AMBULATORIO DELLE DISLIPIDEMIE SARÀ PRIMARIAMENTE DIAGNOSTICA

Da ultimo, presso l’ambulatorio nel caso dovesse rendersi necessario, verrà impostata anche la terapia farmacologica che una volta instaurata deve essere continuata per tutta la vita. Per questo motivo nell’ambito dell’attività ambulatoriale viene valutato il quadro clinico del paziente, nell’ambito del suo rischio cardiovascolare globale, prima di iniziare la terapia farmacologica. Nel caso questa venga introdotta l’attività ambulatoriale prevede anche il controllo e valutazione dei potenziali effetti collaterali della terapia. I pazienti con malattia cardiovascolare, i diabetici di tipo 2 ed i soggetti ad alto rischio di malattia coronarica a causa di associazione di fattori di rischio (rischio assoluto di malattia coronarica >=20% a 10 anni) e i cui livelli di colesterolo non sono ridotti con la dieta, necessitano di trattamento farmacologico ipolipemizzante. Questo concetto è supportato dagli studi di prevenzione con terapie ipocolesterolemizzanti che hanno dimostrato effetti positivi, con riduzione della morbilità e della mortalità cardiovascolare. Non in tutti i pazienti sarà possibile ottenere un assetto lipidico soddisfacente con la dieta o con un farmaco ipolipemizzante al dosaggio massimo: in alcuni pazienti sarà necessaria una terapia di associazione. I pazienti con colesterolo totale o LDL molto elevato possono non raggiungere l’assetto lipidico desiderabile anche con terapia ottimale, ma comunque trarranno beneficio nella misura in cui il colesterolo sarà ridotto. Le dislipidemie familiari I pazienti con ipercolesterolemia familiare sono un gruppo di pazienti a parte. Essi hanno un rischio elevato di malattia cardiovascolare per definizione e il trattamento farmacologico è sempre necessario. Lo scopo globale della attività di prevenzione presso l’ambulatorio del Policlinico di Monza è quindi sia di prevenzione primaria che secondaria e quindi sia nei pazienti già ammalati che in quelli a rischio di ammalarsi. Le azioni che si intraprendono sono quindi indirizzate a: 1) diagnosi della dislipidemia 2) determinazione del profilo di rischio 3) intervento sugli stili di vita (dieta ed esercizio fisico) 4) intervento farmacologico 5) follow-up dei pazienti in trattamento.


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15 MEDICINA METABOLICA

LA SCIENZA CHE STUDIA LA PRODUZIONE DEGLI ORMONI Endocrinologia & Osteoporosi

IL RUOLO DELL’ENDOCRINOLOGIA E LE GHIANDOLE ENDOCRINE endocrinologia studia le ghiandole che nel nostro organismo hanno il compito di produrre gli ormoni. Gli ormoni sono delle sostanze che vengono prodotte da queste ghiandole e vengono riversati nel sangue dove raggiungono altri organi e tessuti anche a distanza. La funzione degli ormoni una volta raggiunti gli organi e i tessuti bersaglio è di regolare e modulare la loro funzione. Il sistema endocrino costituisce una rete molto fitta di informazioni in cui queste ghiandole “comunicano” tra loro e con i tessuti proprio tramite gli ormoni. Le ghiandole endocrine classiche sono l’ipofisi, la tiroide, le paratiroidi, le isole pancreatiche, i surreni, le gonadi (testicolo e ovaio). Non si deve dimenticare che il sistema nervoso centrale a sua volta è in grado di controllare l’attività di queste ghiandole endocrine tramite la produzione di ormoni a partire da una ghiandola che si chiama ipotalamo e tramite l’innervazione delle ghiandole stesse. Sono poi sempre più robuste le dimostrazioni di come altri organi e tessuti siano in grado di produrre sostanze che possono essere del tutto considerate simili agli ormoni. Il tessuto adiposo, il tratto gastro-enterico (stomaco e intestino), il muscolo scheletrico, il rene, il fegato, il cuore e i globuli bianchi sono infatti capaci di produrre sostanze che possono agire esattamente come fossero ormoni.

L’

LA DOTT.SSA G IUSEPPINA MANZONI E NDOCRINOLOGA DEL P OLICLINICO DI MONZA

GLI ORMONI SONO DELLE SOSTANZE CHE VENGONO PRODOTTE DALLE GHIANDOLE ENDOCRINE E VENGONO RIVERSATI NEL SANGUE DOVE RAGGIUNGONO ALTRI ORGANI E TESSUTI ANCHE A DISTANZA. LA FUNZIONE DEGLI ORMONI UNA VOLTA RAGGIUNTI GLI ORGANI E I TESSUTI BERSAGLIO È DI REGOLARE E MODULARE LA LORO FUNZIONE. IL SISTEMA ENDOCRINO COSTITUISCE UNA RETE FITTA DI INFORMAZIONI IN CUI QUESTE GHIANDOLE «COMUNICANO» TRA LORO E CON I TESSUTI PROPRIO TRAMITE GLI ORMONI STESSI

Le funzioni degli ormoni Le funzioni degli ormoni sono molte, complesse e non ancora completamente chiarite nel dettaglio. In generale i loro effetti possono essere riassunti in tre gruppi principali: 1) Crescita e sviluppo (in età infantile e adolescenziale) 2) Controllo del metabolismo 3) Riproduzione In particolare nell’età adulta gli ormoni sono coinvolti nel controllo del metabolismo e nel dettaglio le funzioni principali sono quelle di a) regolare il metabolismo energetico grazie all’azione degli ormoni tiroidei b) regolare il metabolismo dei nutrienti e la produzione di altri ormoni grazie all’azione del cortisolo che viene prodotto dal surrene e che costituisce il cortisonico endogeno (quello prodotto dal nostro organismo) c) regolare il metabolismo di calcio e fosforo, grazie agli ormoni prodotti dalle paratiroidi d) regolare il metabolismo dell’acqua e dei liquidi corporei grazie agli ormoni prodotti dal surrene e dal rene e) regolare la pressione arteriosa grazie agli ormoni prodotti dal surrene, dal rene e dal cuore f ) regolare il metabolismo degli zuccheri, dei grassi e delle proteine grazie agli ormoni prodotti dal pancreas ed in particolare l’insulina Le malattie endocrine Le malattie endocrine vengono classificate in tre gruppi: 1) da eccesso ormonale (da neoplasia ipersecernente, da malattie autoimmunitarie, dall’eccessiva somministrazione di ormone stesso) 2) da deficit ormonale (da cause autoimmune, chirurgica, infettiva, infiammatoria o tumorale) 3) da resistenza all’azione dell’ormone da difetto dei recettori a livello degli organi e tessuti periferici


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16 MEDICINA METABOLICA

IL LABORATORIO ANALISI DEL POLICLINICO DI MONZA PERMETTE LA DETERMINAZIONE DEI LIVELLI EMATICI ED URINARI NON SOLO DEGLI ORMONI PIÙ COMUNI E NOTI, MA ANCHE AD ESEMPIO DEI LORO METABOLITI INTERMEDI SIA IN CONDIZIONI DI DIGIUNO SIA DURANTE LA GIORNATA

LE

PRINCIPALI GHIANDOLE ENDOCRINE DEL CORPO UMANO: IPOFISI, TIROIDE, PARATIROIDI, ISOLE PANCREATICHE, SURRENI E GONADI

L’ambulatorio di endocrinologia al Policlinico di Monza L’attività dell’ambulatorio è quindi quella di diagnosticare, trattare e seguire nel follow-up i pazienti con queste patologie. In particolare - malattie dell’ipotalamo ipofisarie da deficit (ipopituitarismo) e da iperproduzione (acromegalia, malattia di Cushing, adenomi ipofisari non secernenti e secernenti) - malattie della tiroide da deficit (ipotiroidismo), da iperproduzione (ipertiroidismo), o il gozzo nodulare normofunzionante, nonchè il follow-up di pazienti con carcinoma della tiroide - malattie del surrene da iperproduzione (Sindrome di Cuishing, iperaldosteronismo, feocromocitoma) e gli incidentalomi surrenalici - malattie del metabolismo calcio fosforo (iperparatiroidismo, pseudoipoparatiroidismo) - malattie gonadiche (ipogonadismo) La diagnostica L’attività in ambulatorio dell’endocrinologia è primariamente diagnostica. Si focalizzerà sull’esclusione di forme secondarie di malattie endocrino metaboliche. Il Laboratorio Analisi del Policlinico di Monza permette la determinazione dei livelli ematici ed urinari non solo degli ormoni più comuni e noti, ma anche ad esempio dei loro metaboliti intermedi sia in condizioni di digiuno che durante la giornata, nonché durante l’esecuzione di tests dinamici di stimolazione o soppressione degli assi endocrini. L’attività diagnostica si svilupperà anche nell’attività di prevenzione secondaria grazie a procedure di screening nei parenti di primo grado degli individui affetti dalle patologie endocrine che molto spesso si caratterizzano per marcata predisposizione ereditaria come nel caso delle malattie tiroidee più comuni (ipotiroidismo) o delle sindromi da neoplasie endocrine multiple più rare.

La terapia Le malattie endocrine più comuni prevedono la possibilità di cura che può essere definita a seconda che essa si caratterizzi per un eccesso o difetto di produzione. Nel caso del difetto di produzione viene instaurata la terapia sostitutiva che prevede per esempio la somministrazione dell’ormone tiroideo nell’ipotiroidismo, del corticoide dell’iposurrenalismo, dello steroide androgeno nell’ipogonadismo. Nel caso di eccesso di produzione gli strumenti che vengono utilizzati per la gestione della patologia sono più eterogenei. In ambulatori vengono gestiti pazienti con l’utilizzo di: - terapia medica, come nel caso dell’ipertiroidismo indotto da gozzo diffuso autoimmune con l’utilizzo di farmaci antitiroidei - terapia radiometabolica per il trattamento ad esempio dell’ipertiroidismo recidivante e che prevedono poi il follow-up ambulatoriale per il resto della vita del paziente - terapia chirurgica isolata o affiancata a quella medica e/o radiometabolica Una volta introdotti questi presidi terapeutici l’attività ambulatoriale prevede il controllo e valutazione dei potenziali effetti collaterali delle terapie stesse. Lo scopo globale della attività dell’Ambulatorio di Endocrinologia del Policlinico di Monza è quindi di prevenzione primaria e secondaria con procedure diagnostiche e nel caso di screening famigliari e quindi di terapia medica sostitutiva nei pazienti già ammalati affetti da deficit ormonali piuttosto che soppressiva medica, radiometabolica o chirurgica nei pazienti affetti da iperproduzione. Soprattutto in questo ultimo caso è molto importante l’attività di monitoraggio e follow-up del paziente per il controllo di effetti collaterali e recidive che possono seguire all’intervento terapeutico. Le azioni che si potranno intraprendere saranno quindi indirizzate a: 1) diagnosi delle malattie endrocrine 2) screeening nei parenti di primo grado dei pazienti affetti 3) terapia sostitutiva ormonale nei pazienti con deficit 4) terapia medica soppressiva ove possibile (metimazolo nell’ipertiroidismo o cabergolina negli adenomi ipofisari PRL secernenti) 5) follow-up dei pazienti trattati con terapia radiometabolica 6) follow up dei pazienti trattati con terapia chirurgica


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17 MEDICINA METABOLICA

L’IMPORTANZA DELL’EVITARE UN’ALIMENTAZIONE CARENTE

VERSO UNA DIETA EQUILIBRATA: NUTRIZIONE CLINICA COME AIUTO

Nutrizione clinica

na nutrizione umana perfetta è in grado di mantenere lo stato di salute? In realtà in merito ci sono davvero poche certezze. Sin dall’antichità si è ritenuto che il mantenimento dello stato di salute, i processi di invecchiamento e la predisposizione a contrarre malattie cronico-degenerative fossero dipendenti dall’alimentazione dell’individuo e di conseguenza che l’accurata pianificazione dell’alimentazione potesse avere questa prerogativa. Lo scopo della prevenzione primaria in nutrizione sarebbe quello di riuscire a rispondere alla domanda “è possibile identificare il regime nutrizionale ottimale?”. A dispetto di quel che possiamo credere, i dati a sostegno di un regime nutrizionale rispetto ad un altro nel promuovere lo stato di salute non sono solidi. Ad esempio, l’intervento nutrizionale volto a ridurre la quota di grassi totali nella dieta con un simultaneo incremento dell’apporto di verdure, frutta e cereali (una dieta con caratteristiche vicine a quella “Mediterranea”) non ha dimostrato nell’arco di 8 anni di ridurre significativamente la malattia cardiovascolare e i suoi fattori di rischio e il cancro del colon nelle donne in età post-menopausale americane. Anche l’integrazione della dieta con complessi vitaminici non ha generato dati incoraggianti quando la malattia cardiovascolare, il cancro o la mortalità sono stati presi in considerazione come end-points. È verosimile che i risultati negativi di questi studi dipendano soprattutto dalla mancanza di studi epidemiologici di popolazione o di coorte che fotografino in modo appropriato le interazioni tra le abitudini alimentari degli individui e altri fattori ambientali senza contare che erano sconosciuti i fattori costituzionali e geneticamente determinati. Non si tratta più di controllare un effetto dell’ambiente, ma di manipolare l’interazione tra un fattore ambientale (l’eccesso di calorie) e il nostro patrimonio genetico. La domanda che dobbiamo quindi porci è se sia possibile identificare estratti di piante, animali, minerali e microrganismi, impiegati come nutrienti isolati, supplementi o diete specifiche capaci di modulare

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EFFETTI DI UNA DIETA EQUILIBRATA HANNO MOLTEPLICI BENEFICI SULLA SALUTE E LA PREVENZIONE

LA DOTT.SSA CARMEN R USCA, PSICOLOGA E PSICOTERAPEUTA DEL P OLICLINICO DI

MONZA

il metabolismo energetico. Non è ancora conosciuto in che modo alcuni alimenti riescano a generare cambiamenti positivi sul metabolismo. La nutraceutica può fornire questi alimenti funzionali e ci sono già alcuni esempi. L’interesse scientifico nell’area della nutrizione è volto quindi a cercare di stabilire l’interazione tra il nostro patrimonio genetico e gli alimenti e i nutrienti per stabilire la dieta ideale per mantenere e implementare lo stato di salute e di contrastare l’insorgenza di malattie cronico degenerative quali il cancro, le malattie cardiovascolari, l’osteoporosi. Ma i disturbi dell’alimentazione necessitano di un approccio, oltre che dietologico, anche psicologico, essendo in genere derivanti da disturbi della personalità o da depressione. L’ambulatorio di Psicologia del Policlinico di Monza è integrato nel Centro di Medicina Metabolica per poter diagnosticare correttamente eventuali disturbi metabolici derivanti dalla sfera psicologica. L’alimentazione infatti per l’essere umano non ha valore esclusivamente nutrizionale, ma anche simbolico. Si pensi alla dimensione di convivialità che trascina con sé e quindi alla dimensione sociale dell’uomo a cui l’alimentazione è inscindibilmente legata. L’ambulatorio di Psicologia, nella persona della Dott.ssa Carmen Rusca, affronta i disturbi dell’alimentazione da questo punto di vista tramite colloqui individuali volti da un lato, ad una diagnosi corretta del problema metabolico, alimentare e quindi psicologico, e dell’altro fornisce un supporto in ambito di iter di cura del paziente che afferisce al Centro di Medicina Metabolica. In quest’ultima accezione il supporto psicologico è fornito al paziente affinché acquisisca consapevolezza dell’iter di cura che sta affrontando, al fine di poter ottenere dal paziente stesso quella disponibilità di cura (ad esempio il percorso dietologico) essenziale perché la cura medesima vada a buon fine. La prevenzione secondaria e terziaria: diagnosi e cura della malnutrizione al Policlinico di Monza Nell’area della prevenzione secondaria e ter-


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LA CALORIMETRIA INDIRETTA MISURANDO IL CONSUMO DI OSSIGENO E PRODUZIONE DI ANIDRIDE CARBONICA PERMETTE LA STIMA DEL METABOLISMO BASALE IN VIVO

ziaria invece la nostra società deve rispondere a due bisogni essenziali della popolazione: il primo è quello di contrastare la pandemia dell’obesità e il secondo e diametralmente opposto è quello di far fronte al problema della malnutrizione in diverse patologie cronico degenerative. L’attività dell’ambulatorio di Nutrizione Clinica si focalizza proprio sulla diagnosi e sulla cura della malnutrizione energetico/proteica. La malnutrizione energetico/proteica costituisce una importante causa di morbidità e mortalità tra i pazienti con cancro e malattie cronico degenerative del sistema nervoso centrale (Parkinson, SLA, Sclerosi multipla). Lo stato nutrizionale può però fortemente influenzare la qualità di vita, ma anche il decorso delle malattie cronico degenerative quando queste si sono pienamente manifestate e un suo miglioramento entra a pieno titolo nell’ambito delle attività di prevenzione terziaria. Un inadeguato stato nutrizionale infatti mina l’efficacia della risposta alla chemioterapia, si associa a durata di degenza ospedaliera prolun-

L’ATTIVITÀ DELL’AMBULATORIO DI NUTRIZIONE CLINICA DEL POLICLINICO DI MONZA SI FOCALIZZERÀ PROPRIO SULLA DIAGNOSI E LA CURA DELLA MALNUTRIZIONE ENERGETICO/PROTEICA. LA MALNUTRIZIONE ENERGETICO/PROTEICA COSTITUISCE INFATTI UNA IMPORTANTE CAUSA DI MORBIDITÀ E MORTALITÀ TRA I PAZIENTI CON CANCRO E MALATTIE CRONICO DEGENERATIVE DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE, COME PARKINSON, SLA E SCLEROSI MULTIPLA

gata, programmi di riabilitazione meno efficaci e costi maggiori e soprattutto un marcato peggioramento della prognosi di questi malati. Diventa necessario supportare i pazienti affetti da tali malattie croniche anche dal punto di vista nutrizionale. Anche l’attività di prevenzione secondaria, cioè l’identificazione di individui malnutriti, ma che non sanno di esserlo o a elevato rischio di sviluppare la malnutrizione clinica, diventa un’azione fondamentale che richiede l’identificazione, la proposta e la validazione di nuovi strumenti di screening. Non deve essere dimenticato che anche la nutrizione artificiale sarà un’area dove lo sviluppo di nutraceutici da integrare ai prodotti già disponibili attualmente non potrà che rivelarsi una nuova arma terapeutica per una gestione più dignitosa di questi malati. L’attività dell’ambulatorio di Nutrizione Clinica del Policlinico di Monza si compone quindi di tre aree: 1) Screening Screening della malnutrizione energetico/ proteica domiciliare e ospedaliera Questa attività è utile in previsione di: a) interventi chirurgici aggressivi/demolitivi o che determinano incapacità di alimentarsi normalmente per più di 3-5 giorni b) chemioterapia c) presenza di malattie cronico degenerative che riducono la capacità di alimentarsi regolarmente 2) Diagnostica - Valutazione dello stato nutrizionale con determinazione antropometriche ambulatoriali generali o di composizione corporea (bioimpedenziometria), laboratoristiche o strumentali per la determinazione del metabolismo basale (calorimetria indiretta), Holter metabolico (registrazione del dispendio energetico per 2-3 giorni) o se non perseguibile stima metabolismo basale e metabolismo energetico totale - Determinazione dell’apporto calorico giornaliero totale e per macronutrienti 3) Terapia - Programma nutrizionale servendosi del supporto di integratori ricchi in calorie e/o proteine - Programma nutrizionale artificiale enterale per os - Programma di nutrizione artificiale enterale tramite sonda


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LA DIETOLOGIA CLINICA E LE SUE MOLTEPLICI APPLICAZIONI Dietologia e Chirurgia Metabolica

I PROBLEMI LEGATI ALL’OBESITÀ E IL SUPPORTO DIETOLOGICO uando si parla di obesità accanto all’approccio chirurgico, vi è anche l’approccio medico, perché l’obesità non rappresenta solamente una complicanza del diabete, ma è anche una specifica patologia in sé e per sé.

Q

L’OBESITÀ

È ORMAI DIVENUTA A TUTTI GLI EFFETTI UN PROBLEMA SOCIALE

L’ambulatorio di dietologia al Policlinico di Monza L’attività dell’ambulatorio di Dietologia Clinica del Policlinico di Monza garantisce la gestione unitaria delle problematiche del paziente obeso con opera di prevenzione, diagnosi e nel caso terapia. Diagnosi - Esclusione di forme secondarie ad endocrinopatie In collaborazione con il Laboratorio Analisi è di fondamentale importanza escludere la presenza di quadri di sovrappeso-obesità secondarie a disfunzioni tiroidee (funzionalità tiroidea), ipercorticosurrenalismi (cortisolo libero urinario nella raccolta urine 24 ore, test Nugent, cortisolemia ore 8 e ore 15), disfunzioni ipofisarie (iperprolattinemie) e deficit ormoni ipofisari e in primo luogo deficit del GH (GH, IGF1), ovaio policistico (con inquadramento metabolico e nel caso test con medrossi progesterone acetato). - Determinazione del profilo di rischio metabolico In collaborazione con il Laboratorio Analisi si studiano alterazioni del metabolismo glucosio-insulina (glicemia, Hb glicosilata, insulina), rischio di epatopatie metaboliche, dislipidemie, stato nutrizionale per escludere soprattutto nei grandi obesi la cosiddetta obesità sarcopenica.

LA DOTT.SSA SIMONA VILLA, SPECIALISTA IN SCIENZA DELL'ALIMENTAZIONE DEL P OLICLINICO DI MONZA

- Determinazione della Sindrome Metabolica La sindrome metabolica è la presenza simultanea nello stesso individuo di più fattori di rischio senza che questi si manifestino in mo-

do eclatante. Un esempio classico è quello del paziente che ha valori di pressione arteriosa che non sono francamente aumentati ma spesso definiti come border-line per il quale molto spesso non viene attivata la terapia farmacologia. Un’altra possibilità è quella dell’individuo che presenta livelli di glicemia alterati, ma non sufficientemente alti da stabilire la presenza di un vero e proprio diabete mellito; anche in questo caso non viene di solito introdotta terapia farmacologia. Questo esempio può essere ripetuto anche per livelli modestamente/moderatamente aumentati di trigliceridi nel sangue piuttosto che per livelli di colesterolo HDL (il colesterolo buono) ridotto. Si tratta in tutti i casi di condizioni per le quali on viene presa un’azione terapeutica farmacologia. Se questi fattori di rischio sono presenti simultaneamente nello stesso individuo e non viene presa un’azione terapeutica per nessuna di queste problematiche il soggetto deve essere considerato con particolare attenzione perché potrebbe “nascondere” un rischio cardiovascolare e metabolico molto più alto di quanto si possa credere. Alla base della simultanea presenza di tutti questi fattori di rischio si ritiene possa giocare un ruolo fondamentale una ridotta capacità dell’insulina di stimolare il metabolismo dei nutrienti che generalmente si manifesta con una forma particolare di obesità definita come centrale o viscerale che caratterizza soprattutto gli individui i sesso maschile ma anche le donne dopo lo menopausa. Il cardine diagnostico di questo particolare tipo di obesità e la circonferenza vita che costituisce una misurazione surrogato dell’adiposità viscerale. - Determinazione e cura della steatosi epatica La sindrome metabolica sopra descritta si caratterizza spesso per un altro tratto clinico del paziente che ne è affetto: la presenza di fegato grasso così frequentemente riscontrabile in ecografia. L’obesità infatti, e in particolare quella viscerale, si caratterizzano per un aspetto per certi versi curioso: l’insufficienza del tessuto adiposo. Come qualsiasi altro organo, quando questo va incon-


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tro ad insufficienza la prima manifestazione clinica sarà la sua capacità di svolgere in modo inefficiente la funzione che è deputato ad assolvere. Nell’individuo obeso ed in particolare nell’obeso con accumulo addominale ad un certo punto della storia naturale più o meno precoce il tessuto adiposo cessa di accumulare i trigliceridi nel citoplasma dell’adipociti; questi diventano disponibili per l’accumulo in sede inappropriate, definite ectopiche, e il fegato è la principale di questa. L’accumulo di grasso nel fegato, noto come statosi epatica diventa quindi la spia di un rischio cardiovascolare e metabolico che deve essere previsto, preso in considerazione per le sue implicazioni (l’infiammazione sistemica in particolare) e trattato opportunamente.

QUANDO

IL TESSUTO ADIPOSO NON È PIÙ IN GRADO DI ACCUMULARE TUTTI I GRASSI NELLE SUE CELLULE ADIPOSE, L’ECCESSO LIPIDICO DIVENTERÀ DISPONIBILE PER L’ACCUMULO IN ORGANI PIÙ NOBILI COME IL MUSCOLO, IL CUORE, IL PANCREAS E IL FEGATO; QUEST’ULTIMO COSTITUISCE DAL PUNTO DI VISTA CLINICO LA SPIA PIÙ FREQUENTE DI QUESTA CONDIZIONE DI OBESITÀ VISCERALE

- Determinazione del profilo di rischio cardiovascolare Mediante algoritmi di calcolo del rischio cardiovascolare globale e determinazione all’approfondimento diagnostico mediante indagini strumentali di tipo Radiologico e Cardiovascolare. In collaborazione con la Cardiologia è attiva la diagnostica relativa alla diagnostica delle apnee notturne con il monitoraggio protratto del ciclo sonno-veglia. - Determinazione della composizione corporea e del metabolismo energetico Valutazione dello stato nutrizionale con determinazione antropometriche ambulatoria-

li generali o di composizione corporea (bioimpedenziometria), laboratoristiche o strumentali per la determinazione del metabolismo basale (calorimetria indiretta), Holter metabolico (registrazione del dispendio energetico per 2-3 giorni) o se non perseguibile stima metabolismo basale e metabolismo energetico totale. - Determinazione dell’apporto calorico giornaliero totale e per macronutrienti In relazione alla composizione corporea e alle alterazioni del metabolismo fosfo calcico di questi pazienti in accordo con la Radiologia è anche possibile ottenere indagine di densitometria corporea total body per la quantificazione topografica di massa grassa e massa magra (MOC total body) nonché MOC femorale dell’arto non dominante e MOC lombare. Terapia - La Chirurgia Bariatrica. Il Policlinico di Monza dispone di un gruppo di chirurghi bariatrici che vanta un’esperienza più che decennale in questo tipo di chirurgia dei pazienti obesi. Come descritto nell’area specificatamente dedicata alla Chirurgia Bariatrica i potenziali interventi sono diversi con diversi livelli di invasività, reversibilità ed efficacia terapeutica. L’ambulatorio di dietologia ha in atto un protocollo d intesa con la Chirurgia Bariatrica per la gestione dei pazienti che potrebbero beneficiare questo tipo di approccio terapeutico sia per stabilirne le indicazioni, la gestione e il follow-up. - La terapia farmacologica. La terapia farmacologica attualmente riconosciuta a livello Ministeriale dell’obesità è costituita da un solo potenziale intervento costituito dall’inibitore della lipasi intestinale. Esistono però farmaci con indicazioni specifiche per altre patologie quali il diabete che possonotrovare applicazione alla cura dell’obesità. - La terapia nutrizionale. A tutt’oggi la prescrizione del programma nutrizionale individualizzato costituisce ancora il cardine dell’intervento terapeutico in dietologia. Nella sua attività l’ambulatorio di dietologia che prevede il supporto dell’attività dietistica e psicologica con specifica attività ambulatoriale.


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I VANTAGGI DI UNA STRUTTURA ALTAMENTE SPECIALIZZATA Medicina dell’Eserizio Fisico & dello Sport

QUANDO L’OBIETTIVO È LA SALUTE C’È LA MEDICINA DELLO SPORT esercizio fisico è uno strumento terapeutico La regolare attività fisica costituisce un efficace strumento di prevenzione delle malattie cronico degenerative che affliggono la nostra società. Le maggiori organizzazioni per la salute internazionali hanno generato rapporti ufficiali che sostengono sulla evidence-based medicine il suo utilizzo su larga scala e a tutti i livelli della popolazione. Le metanalisi prodotte dimostrano che con l’aumento dell’attività fisica si possa ottenere una significativa riduzione della mortalità per tutte le cause sia nelle persone anziane sia nei giovani. Con l’esercizio fisico si determinano infatti: 1) un miglioramento della funzione cardiaca, circolatoria e respiratoria 2) una diminuzione della pressione arteriosa nei pazienti ipertesi 3) la prevenzione di alcune patologie tumorali ed in particolare quelle associate a condizioni di insulino resistenza 4) aumento dell’insulino sensibilità con riduzione significativa della glicemia in pazienti diabetici 5) mantenimento della massa e quindi della forza muscolare 6) sviluppo e mantenimento della struttura scheletrica durante l’infanzia, l’adolescenza e in età adulta 7) contribuisce a ridurre i sintomi della depressione, dell’ansietà e migliorare lo stato di umore

L’

I L P ROF. B RUNO CARÙ, DIRETTORE SCIENTIFICO DEL P OLICLINICO DELLO SPORT

Un intervento strategico L’attività fisica non è solo un efficace strumento di prevenzione, ma è ormai diventata una precisa strategia di intervento nei confronti di persone con diverse tipologie di malattia, al punto che l’esercizio fisico dovrebbe essere inserito nel normale iter terapeutico per il trattamento di molte patologie. I miglioramenti delle tecniche diagnostiche consentono di identificare le malattie nel loro stadio iniziale da un lato ed il miglioramento delle terapie (farmacologiche e

interventistiche) hanno determinato negli anni un aumento della aspettative di vita nel Mondo e in Italia. In parallelo è aumentata l’abitudine ad uno stile di vita sedentario con aumento della prevalenza delle malattie cronico degenerative sopra descritte e generando un aumento dell’aspettativa di vita, ma non in stato di buona salute bensì in condizioni di malattia. Per contrastare questa tendenza è strategico investire risorse nell’aumento dell’uso dell’esercizio fisico come un “farmaco allunga vita”. La diminuzione del costo sociale Investire nell’esercizio fisico come terapia di supporto per le persone colpite da malattie croniche, implica a lungo termine anche una diminuzione dei costi sociali per la maggiore possibilità di vita indipendente che ne consegue. Interventi tramite attività ed esercizio fisico consentono non solo di diminuire i rischi (o recidive) di malattie dovute all’inattività, ma sono in grado di elevare l’efficienza cardiocircolatoria a livelli adeguati per sostenere le attività di base di tutti i giorni. I vantaggi di una struttura dedicata Il Policlinico di Monza dispone in tal senso di un centro che presenta tutte le caratteristiche per poter seguire il paziente a 360 gradi nell’individuare il possibile sostegno ad uno stile di vita sano. È il Policlinico dello Sport, un centro multidisciplinare nato per gestire la medicina dello sport a livelli di eccellenza assoluta, nei presidi di Monza e di Verano Brianza, presso l’Istituto Clinico Universitario. Il centro collabora attualmente con realtà come la Federazione Italiana Sport Invernali e il Novara Calcio. L’attività della Medicina dello Sport al Policlinico di Monza prevede il monitoraggio della performance dell’atleta e del paziente semplice a diversi livelli: cardio-polmonare (VO2max), forza, potenza e capacità di generare lavoro meccanico (tests isocinetici sia per gli arti superiori sia per gli arti inferiori), nonché di esplosività muscolare (test dei salti).


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RADIAZIONI RIDOTTE ALLA CLINICA SAN GAUDENZIO

IL RISPETTO DELL’INDIVIDUO? PASSA ANCHE DALLA TECNOLOGIA tre anni e mezzo dal suo arrivo a Novara, il numero di pazienti ha avuto un incremento del 40-50% nelle varie tipologie di esami. Il Professor Toufic Khouri non potrebbe che esprimersi in termini positivi relativamente al Servizio di Radiologia Tradizionale e Diagnostica per Immagini della Clinica San Gaudenzio. Una struttura che può contare sull’apporto di sei radiologi dedicati e un’intera squadra di tecnici di radiologia. “L’incremento maggiore in questi quasi quattro anni – ha spiegato il

A

I L P ROF. TOUFIC KHOURI DEL DIPARTIMENTO DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI DELLA C LINICA SAN GAUDENZIO DI NOVARA SOTTO: R ISONANZA MAGNETICA 1,5 TESLA HD XTE

«LA NOSTRA RADIOLOGIA È DIGITALIZZATA. QUESTO SIGNIFICA CHE GLI ESAMI EFFETTUATI PRESSO LE NOSTRE STRUTTURE PRESENTANO UN LIVELLO DI RADIAZIONI MOLTO INFERIORE RISPETTO AI TRADIZIONALI ESAMI IN RADIOLOGIA ANALOGICA. I NOSTRI ECOGRAFI SONO DI ULTIMA GENERAZIONE, DOTATI DI SONDE PER GLI ESAMI RELATIVI A TESSUTI MOLLI, MUSCOLOSCHELETRICA, ADDOME E PER L’ENDOCAVITARIA»

professor Khouri – lo abbiamo avuto negli esami effettuati con Tomografia assiale computerizzata e Risonanza magnetica, per i quali abbiamo a disposizione tecnologie all’avanguardia”. Come ad esempio la Tac VCT xt 64 strati con software “Asir” (per riduzione della dose) prodotta da GE Healthcare. “La nostra radiologia – prosegue Khouri – è interamente digitalizzata. Questo significa che gli esami effettuati presso le nostre strutture presentano un livello di radiazioni molto inferiore rispetto ai tradizionali esami in radiologia analogica. I nostri ecografi sono di ultima generazione, prodotti da GE Healthcare e dotati di sonde per gli esami relativi a tessuti molli, muscoloscheletrica, addome e l’endocavitaria utilizzata per la prostata. Infine dispongono di sonde vascolari per ecocolordoppler”. Il tutto, come anticipato, a un livello di radiazioni ridotto. “La nostra Tac – continua Khouri – riduce la dose di radiazioni in modo variabile dal 30% al 50% su tutti i distretti corporei. E quando dico tutti intendo veramente tutti: dal cardiovascolare al torace, dall’addome all’encefalo fino alla muscoloscheletrica e al dental scan”. Sì, perché per il Gruppo Policlinico di Monza l’individuo, il paziente devono essere messi al centro a qualunque costo. E garantire un livello ridotto di radiazioni vuol dire anche un maggior rispetto dell’individuo stesso. Ecco perché le apparecchiature delle cliniche del Gruppo, come la San Gaudenzio, sono tutte di altissimo livello. IL VOLUME DI ATTIVITÀ DELLA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI DEL GRUPPO POLICLINICO DI MONZA NEL 2011

TAC OPT RMN Ecografia Radiologia Tradizionale Mammografia Altri esami

31.861 4.295 57.771 67.798 105.544 7.898 30.727

TOTALE ESAMI

305.894


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SOPRA: TAC VCT XT 64 SLICES CON SOFTWARE ASIR SOTTO: MOC DEXA LUNAR P RODIGY ADVANCED (M INERALOMETRIA OSSEA COMPUTERIZZATA)

E, parlando di strumentazioni all’avanguardia, non si può non citare anche quelle utilizzate per gli esami svolti con Risonanza magnetica. Di alto livello anche le apparecchiature a disposizione per la Risonanza magnetica.

“La Rm di cui disponiamo alla Clinica San Gaudenzio – puntualizza il professor Khouri – è una Risonanza Magnetica 1,5 Tesla HD xte dotata di bobine dai quattro agli otto canali. Questo vale a dire uno strumento tecnologico al top che può essere utilizzato per gli esami più svariati: neurologici, muscoloscheletrici, addominali e cardiovascolari”. Il Servizio della San Gaudenzio di Novara dispone infine anche di una Moc Dexa Lunar Prodigy (Mineralometria Ossea Computerizzata). Si tratta di una moderna tecnica di investigazione medica diagnostica, il cui scopo è quello di indagare lo stato di mineralizzazione delle ossa. La Moc infatti misura la densità della massa ossea, rivelando la degenerazione della struttura. “Con la Moc – sottolinea Khouri – possiamo effettuare esami ‘total body’, della colonna lombare, del femore, del radio e dell’ulna nonché misurazioni del BMI”. Ovvero della massa corporea, che permettono di individuare le percentuali di massa grassa e massa magra. “E questo – conclude Khouri – viene utilizzato per quanto concerne problemi dell’apparato muscolare, dell’osteoporosi e dell’obesità”. La Moc trova per questo notevole applicazione anche in campo sportivo.


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IL CENTRO OPERA ALL’INTERNO DELL’ISTITUTO DI ONCOLOGIA

RICERCA E TUMORI NEUROENDOCRINI CE.RI.CA. RIFERIMENTO NAZIONALE tumori neuroendocrini (NETs) rappresentano un gruppo eterogeneo di neoplasie con caratteristiche clinicobiologiche peculiari che li differenziano dalle altre forme tumorali. Sono neoplasie rare e, come tali, se ne parla poco, alcune sono particolarmente aggressive e in continuo aumento. Negli ultimi 10 anni la loro incidenza è cresciuta del 2%. Secondo

I

LA DOTT.SSA MONICA VALENTE ONCOLOGA DELL’ISTITUTO DI ONCOLOGIA DEL P OLICLINICO DI MONZA

Istituto di Oncologia Istituto di Ricovero e Cura ad Alta Specializzazione

I L DOTT. E UGENIO NOVELLLI DELL’U NITÀ DI B IO -STATISTICA DELLA C LINICA SAN GAUDENZIO DI NOVARA

IL CENTRO DI RIFERIMENTO, IN ITALIA, PER LA CURA E IL TRATTAMENTO DEI TUMORI NEUROENDOCRINI, SI CHIAMA CE.RI.CA. (CENTRO DI RIFERIMENTO PER LO STUDIO E LA CURA DEI CARCINOIDI E DEI TUMORI NEUROENDOCRINI) E HA SEDE PRESSO L’IDO (ISTITUTO DI ONCOLOGIA) DEL POLICLINICO DI MONZA DIRETTO DA UN LUMINARE COME IL PROFESSOR EMILIO BAJETTA

le stime fornite dal Rarecare (Rare Cancers in Europe) l’incidenza annua in Europa è di 2,53 casi su 100.000 abitanti con una stima di nuovi casi di circa 12.587/anno. In Italia colpiscono ogni anno oltre 1200 persone, in prevalenza uomini, tra i 50 e i 60 anni. Sono più frequenti nel tratto gastroenteropancreatico (circa il 70% dei casi segnalati) e presentano spesso caratteristiche tali da renderne difficile la diagnosi. Sono spesso accompagnati da una Sindrome che si caratterizza con arrossamento diffuso, crampi addominali e spesso diarrea. Alcuni di questi tumori sono del tutto asintomatici. Essendo i NETs delle neoplasie rare e ad eziologia sconosciuta, presentano molte delle difficoltà proprie delle malattie rare. Queste difficoltà riguardano sia l’assistenza al paziente che la ricerca clinica. È molto difficile riconoscere un malato con tumore neuroendocrino e la non individuazione è spesso determinata, all’esordio, dall’assenza di una adeguata conoscenza di questa patologia tumorale. Sebbene la diagnostica dei NETs abbia registrato negli ultimi anni rilevanti miglioramenti, esistono ancora importanti limitazioni nella gestione clinica. Pertanto sempre più forte è la necessità di seguire i pazienti affetti in strutture di elevata competenza. Il centro di riferimento, in Italia, per la cura e il trattamento di questa patologia, si chiama Ce.Ri.Ca.(Centro di Riferimento per lo Studio e la Cura dei Carcinoidi e dei Tumori Neuroendocrini) e ha sede presso l’Ido (Istituto di Oncologia) del Policlinico di Monza. Il centro è diretto dal Prof. Emilio Bajetta, Direttore dell’Ido che vanta una lunga esperienza nel trattamento di questo tipo di patologie. Presso l’Ido del Policlinico di Monza è stato creato un team che garantisce competenza professionale, unitamente a produzione scientifica, che non ha eguali nel nostro Paese. Nel primo anno di attività dell’Ido al Policlinico di Monza sono stati visitati circa 90 pazienti affetti da tumore neuroendocrino.


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IL FINE ULTIMO DEL PROGETTO È QUELLO DI IDENTIFICARE I POTENZIALI FATTORI PROGNOSTICI IN GRADO DI INFLUENZARE LA SOPRAVVIVENZA E INDIRIZZARE AL MEGLIO LE SCELTE TERAPEUTICHE PER I PAZIENTI AFFETTI DA TUMORI RARI, CHE IN FINE DEI CONTI COSÌ RARI NON SONO. L’INCIDENZA DEI TUMORI NEUROENDOCRINI SI STA INFATTI RIVELANDO IN CONTINUA CRESCITA

I L P ROF. E MILIO BAJETTA DIRETTORE C LINICO E SCIENTIFICO DELL’ISTITUTO DI ONCOLOGIA DEL P OLICLINICO DI MONZA

Contestualmente è nata la volontà e la necessità di realizzare uno studio specifico su questa patologia. Lo studio è promosso dal Gruppo I.T.M.O. (Italian Trials in Medical Oncology), organizzazione no profit sulla ricerca clinica, ed è patrocinato dall’Ido del Policlinico di Monza, dal Ce.Ri.Ca. e dalla Fondazione Giacinto Facchetti, dedicata alla figura dello storico campione e dirigente dell’Inter. Il progetto è stato coordinato dal Prof. Emilio Bajetta, in collaborazione con la Dr.ssa Monica Valente (Sperimentatore Responsabile), la Dr.ssa Laura Catena, la Dr.ssa Nadia Bianco, la Dr.ssa Fernanda Bellomo, la Dr.ssa Palma Giglione. Collaborano al progetto il Prof. Antonucci (Direttore della Chirurgia Oncologica del-

l’Istituto di Oncologia - Policlinico di Monza) e la Dr.ssa Maria Laura Fibbi, Patologo dedicato. L’assistenza statistica è stata affidata al Dr. Eugenio Novelli (Clinica San Gaudenzio di Novara) e il supporto informatico è stato realizzato dal gruppo It-Impres. Il centro coordinatore del progetto è l’Ido del Policlinico di Monza e saranno coinvolti circa 30 centri oncologici italiani. La collaborazione tra i vari centri italiani avverrà tramite collegamento al sito internet http://progetti.itmo.it/. Sarà inoltre prevista una revisione centralizzata dei preparati istologici con riclassificazione della diagnosi, secondo le più recenti acquisizioni anatomo-patologiche sui tumori neuroendocrini. Obiettivo del progetto, studio di tipo osservazionale multicentrico e prospettico, è di valutare il percorso diagnostico/terapeutico e di follow-up dei pazienti affetti da tumore neuroendocrino, sia in fase iniziale che avanzata, con lo scopo di indagare le caratteristiche epidemiologiche, le possibili correlazioni tra parametri anotomo-clinici e l’andamento della malattia. Il principale problema di organizzazione dell’assistenza per questi pazienti è mantenere un numero adeguato di Centri che maturino negli anni un’esperienza clinica che possa garantire un riferimento appropriato. Il problema principale della ricerca è la difficoltà a realizzare studi clinici validi, considerata la bassa numerosità dei casi. Questo si traduce in incertezza nelle decisioni di gestione di queste neoplasie, causata dalla mancanza di consuetudine clinica nella maggior parte dei Centri oncologici. Altrettanto variabili sono le modalità con cui viene impostato il follow-up, non esistendo chiare ed univoche indicazioni sulla frequenza dei controlli clinico-strumentali e sulle procedure diagnostiche da attuare. Pertanto, sebbene considerate neoplasie rare, questi tumori, che stanno registrando un aumento di incidenza, hanno sollevato un bisogno urgente di diagnosi precoci e di scelte terapeutiche tempestive. Il fine ultimo del progetto è, dunque, quello di identificare i potenziali fattori prognostici in grado di influenzare la sopravvivenza e indirizzare al meglio le scelte terapeutiche per i pazienti affetti da tumori rari, che in fine dei conti così rari non sono.


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CLINICA S.GAUDENZIO E UNIVERSITÀ DEL PIEMONTE ORIENTALE

SINERGIA TRA PUBBLICO E PRIVATO NASCE IL PROGETTO «CARDIOCELL» ggi il trattamento delle patologie cardiovascolari ha portato al dimezzamento della mortalità rappresentando in Italia un punto di eccellenza grazie alla prevenzione, alla tempestività della diagnosi e alla somministrazione di terapie adeguate. Nonostante i risultati incoraggianti, secondo le stime dell’Unione Europea, le malattie cardiovascolari rappresentano ancora circa il 40% dei decessi all’anno (http://ec.europa.eu). Una stima dell’UE del 2006 mette in evidenza che l’onere finanziario per le patologie cardiovascolari grava sui sistemi sanitari degli stati membri con un valore che si aggira attorno ai 110 miliardi di Euro l’anno. Quest’astronomica cifra è legata al fatto che spesso le malattie cardiovascolari portano a conseguenze permanenti sui soggetti colpiti con il conseguente abbandono del mercato del lavoro e talora infermità anche di lunga durata. La complicanza più grave delle cardiopatie è rappresentata dall’insufficienza cardiaca, una condizione per la quale il cuore malato non riesce più a soddisfare la richiesta di sangue da parte dell’organismo. Tale incapacità del cuore, dovuta ad alterazioni dell’architettura del muscolo quali ipertrofia e/o dilatazione, può condurre all’insufficiente perfusione sanguigna degli organi, instaurando così una reazione a catena fino a portare all’immobilità del paziente. In

O

I L DOTT. STEFANO P IETRONAVE DEL DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA SALUTE DELL’ U NIVERSITÀ DEL P IEMONTE ORIENTALE (NOVARA)

IL PROGETTO DENOMINATO CARDIOCELL CHE PARTE UFFICIALMENTE NELL’AUTUNNO DEL 2011 HA COME OBIETTIVO PRINCIPALE QUELLO DI CERCARE DI COSTRUIRE UN NETWORK A LIVELLO NAZIONALE ED INTERNAZIONALE, E CON IL GIAPPONE IN PARTICOLARE. TRA I PRINCIPALI OBIETTIVI VI È QUELLO DI ORGANIZZARE UN CONVEGNO ALLA SAN GAUDENZIO, NEI PRIMI MESI DEL 2013

questi casi la terapia farmacologica è talora una “lancia spuntata” e l’ausilio di apparecchi sostitutivi del cuore o addirittura il trapianto sono le uniche soluzioni. Un approccio assolutamente innovativo, complementare alla chirurgia, potrebbe essere rappresentato dalla cosiddetta terapia cellulare. Questa strategia terapeutica, che è ancora nelle primissime fasi di sviluppo e validazione, si basa sul trapianto di cellule staminali adulte nell’organo danneggiato al fine di indurre una rigenerazione dei tessuti e un recupero della funzionalità. La scoperta che il cuore è un organo che possiede intrinseca capacità di rinnovamento, anche durante la vita adulta, ha destato grande entusiasmo nella comunità scientifica. Ricerche condotte negli ultimi 10 anni hanno dimostrato che questo possiede cellule progenitrici/staminali responsabili del normale rinnovamento; tale osservazione ha aperto scenari del tutto nuovi ad esempio la possibilità di utilizzare cellule staminali residenti nel cuore come sorgente per il trapianto nello stesso paziente (trapianto autologo) o in pazienti compatibili (trapianto allogenico). Le cellule staminali cardiache, contenute all’interno di un piccolo frammento di organo, possono essere espanse in laboratorio ed essere usate per scopi di studio, congelate per la conservazione a lungo termine e potenzialmente usate come fonte per il trapianto nell’uomo. Nel novembre del 2011 sono stati pubblicati su Lancet, una tra le riviste mediche più prestigiose a livello mondiale, i risultati preliminari del primo studio clinico (fase I) basato sull’infusione intracoronarica di cellule staminali cardiache in pazienti colpiti da cardiomiopatia ischemica. Questo tipo di strategia terapeutica sta muovendo i primi passi, ma molta strada resta da percorrere prima che possa essere considerata una via praticabile a livello clinico. Diversi aspetti devono essere ancora appieno compresi, ad esempio le reali potenzialità di queste cellule nel ricostruire il tessuto cardiaco, la miglior strategia chirur-


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C ELLULE

STAMINALI CARDIACHE UMANE OSSERVATE AL MICROSCOPIO

I L DOTTOR MARCO DIENA DELL’U NITÀ OPERATIVA DI CARDIOCHIRURGIA DELLA C LINICA SAN GAUDENZIO DI NOVARA

gica di trapianto, il possibile utilizzo di biomateriali come supporto per le cellule (aiutandone la sopravvivenza e il differenziamento in vivo), ed infine un’attenta valutazione dei possibili effetti tossici o collaterali per i pazienti che hanno subito il trapianto. “La volontà del Dottor Marco Diena, cardiochirurgo alla Clinica San Gaudenzio di Novara - spiega Stefano Pietronave del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università del Piemonte Orientale - ed il mio entusiasmo nel portare avanti la ricerca sulle cellule staminali cardiache si sono incontrati, dando vita così ad una proficua collaborazione tra il laboratorio di Istologia diretto dalla Professoressa Maria Prat del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università del Piemonte Orientale, presso il quale svolgo questo progetto di ricerca e la Divisione di Cardiochirurgia della Clinica San Gaudenzio di Novara. Il progetto

«LA VOLONTÀ DEL DOTT. MARCO DIENA DELLA CLINICA SAN GAUDENZIO DI NOVARA E IL MIO ENTUSIASMO NELLA RICERCA SULLE STAMINALI SI SONO INCONTRATI DANDO VITA A UNA PROFICUA COLLABORAZIONE TRA IL LABORATORIO DI ISTOLOGIA DEL DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA SALUTE DELL’UNIVERSITÀ DEL PIEMONTE ORIENTALE E LA DIVISIONE DI CARDIOCHIRURGIA DELLA CLINICA STESSA»

denominato Cardiocell che parte ufficialmente nell’autunno del 2011 ha come obiettivo principale quello di cercare di costruire un network a livello nazionale ed internazionale, e con il Giappone in particolare dove io ho lavorato per un anno, con le finalità di condividere i risultati e standardizzare le procedure. È auspicabile che tale impegno possa realmente contribuire alle conoscenze sulle cellule staminali cardiache e velocizzarne l’impiego nella pratica clinica. Presso la Cardiochirurgia della Clinica San Gaudenzio di Novara è in corso uno studio clinico approvato dal Comitato Etico dell'Asl di Novara che coinvolge pazienti sottoposti a intervento cardiochirurgico, i quali dopo aver espresso libera adesione allo studio con la firma del consenso informato, acconsentono al prelievo non invasivo di un piccolo campione di tessuto miocardico. Ad oggi sono stati trattati in laboratorio quindici campioni provenienti da tessuto miocardico e si prevede di continuare la raccolta di campioni anche da altri distretti anatomici quali il tessuto adiposo epicardico e il tessuto sotto-cutaneo in modo tale da avere dei dati confrontabili. I risultati preliminari ottenuti ci hanno permesso di studiare le caratteristiche di staminalità delle cellule progenitrici cardiache tramite tecniche di biologia molecolare nonchè l’espressione di determinati geni coinvolti nel differenziamento cardiaco in seguito a stimoli di natura elettrica. I dati ottenuti dai suddetti esperimenti sono stati presentati al Congresso Nazionale della Società Italiana Ricerche Cardiovascolari svoltosi ad Imola lo scorso settembre e saranno divulgati al Congresso Mondiale della Società di Ingegneria Tissutale e Medicina Rigenerativa che si terrà a Vienna nel settembre 2012. Tra i principali obiettivi del progetto Cardiocell vi è quello di organizzare a Novara presso la Clinica San Gaudenzio, nei primi mesi dell’anno prossimo, un incontro scientifico a cui parteciperanno esperti nazionali e internazionali per dibattere sul lavoro compiuto e tracciare le linee per il futuro. Questo progetto credo rappresenti un concreto esempio di collaborazione, tanto spesso auspicata e raramente attuata, tra Istituzione privata e pubblica e speriamo possa dare un contributo ad avvicinare il laboratorio al letto del paziente”.


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CONTRIBUTO DEL CENTRO RICERCA PER UN LIBRO SUI TUMORI

LA NEUROBIONCOLOGIA SALE IN CATTEDRA A LIVELLI INTERNAZIONALI ecentemente, come Centro di ricerca in Neurobioncologia, ci è stato richiesto di partecipare alla stesura di un volume internazionale sui tumori cerebrali intitolato “Managemenet of brain tumors” edito da Miklos Garami, Intetechweb.org, Rijeka, Croatia, 2011, e di proporre un capitolo. Questo è stato da noi presentato con il titolo “Brain adjacent to tumor (BAT)” ed è stato accettato e pubblicato. È stato veramente un successo, perché è risultato che in internet è stato consultato da 142 lettori e ne è stato fatto un download da parte di 52 di loro. Questo è un indice di validità del prodotto scientifico, senz’altro superiore all’Impact Factor che in fondo valuta la rivista e non i lavori ivi pubblicati. Penso che il motivo fondamentale di tale interesse da parte della comunità neuroscientifica debba essere ricercato nell’importanza dell’argomento trattato, sia dal punto di vista teorico-scientifico sia clinico-pratico. Il “brain adjacent to tumor” o BAT non è altro che il tessuto nervoso che sta attorno ad un glioma e rappresenta un punto critico nella strategia diagnostica e terapeutica del tumore. Il glioma maligno, meglio conosciuto come “glioblastoma”, è un tumore a pessima prognosi, con una sopravvivenza che non supera i 12-14 mesi dall’intervento, rapidamente proliferante e infiltrante (fotografia in alto a destra). Esso cresce alla periferia per infiltrazione e cioè invia cellule tu-

R

I L P ROF. DAVIDE SCHIFFER, DIRETTORE DEL C ENTRO DI RICERCA IN

N EUROBIONCOLOGIA DELLA C LINICA SANTA R ITA DI VERCELLI

LA COPERTINA DEL LIBRO «MANAGEMENT OF BRAIN TUMORS »

IL CENTRO HA REDATTO UN CAPITOLO DEL VOLUME «MANAGEMENT OF BRAIN TUMORS», INCENTRATO SUL BAT (BRAIN ADJACENT TO TUMOR). IN INTERNET È STATO CONSULTATO DA 142 LETTORI E NE È STATO FATTO UN DOWNLOAD DA PARTE DI 52 DI LORO. IL MOTIVO DI TALE INTERESSE RISIEDE NELL’IMPORTANZA DELL’ARGOMENTO TRATTATO, SIA DAL PUNTO DI VISTA TEORICO-SCIENTIFICO, SIA CLINICO-PRATICO

morali che migrano nel tessuto sano, anche a distanza e per di più si circonda di un alone di edema (fotografia in basso a destra) che può o no includere le cellule infiltranti. L’esame microscopico del tumore dopo asportazione dimostra come talora i suoi margini sono netti e tal’altra invece sfumano per l’esistenza di un gradiente di cellule che si spingono nel tessuto sano adiacente. Spesso è difficile stabilire microscopicamente con tecniche istologiche il limite di questa infiltrazione e stabilire se essa sia presente o no. A maggior ragione il suo riconoscimento con procedure neuro-radiologiche mediante Risonanza Magnetica, anche a diffusione, prima dell’intervento è ancora più difficile e spesso impossibile. Gli sforzi di molti ricercatori sono diretti a superare questo ostacolo sfruttando le varie tecniche di Risonanza Magnetica a diffusione e con Spettroscopia. L’importanza del problema ha due motivi sostanziali. In primo luogo è stato dimostrato che se nell’intervento chirurgico si asporta il tumore includendo il tessuto edematoso circostante, che può contenere le cellule tumorali infiltranti, la sopravvivenza del paziente sarà maggiore. In secondo luogo, la terapia radiante, che di solito segue la chirurgia, è diretta ad un volume-bersaglio che ha un limite esterno a due cm dal bordo del tumore così come viene rilevato con la Risonanza Magnetica, proprio per includere nel campo di irradiazione l’infiltrazione peri-tumorale. Questo è un limite convenzionale adottato da un lato per salvaguardare il tessuto sano dall’irradiazione e dall’altro per includere nel campo di irradiazione le cellule di invasione. È ovvio che sarebbe oltremodo importante sapere prima dell’intervento dove e a che profondità si svolge l’infiltrazione tumorale. È da tenere presente che il fallimento della neurochirurgia e della radioterapia nel curare il glioblastoma sta proprio nel mancato controllo locale della proliferazione cellulare maligna. È comprensibile quindi come l’interesse dei ricercatori si concentri sul depistaggio del-


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IL BAT NON È ALTRO CHE IL TESSUTO NERVOSO CHE STA ATTORNO AD UN GLIOMA E RAPPRESENTA UN PUNTO CRITICO NELLA STRATEGIA DIAGNOSTICA E TERAPEUTICA DEL TUMORE. IL GLIOMA MALIGNO, MEGLIO CONOSCIUTO COME «GLIOBLASTOMA» È UN TUMORE A PESSIMA DIAGNOSI, CON UNA SOPRAVVIVENZA CHE NON SUPERA I 12-14 MESI DALL’INTERVENTO, RAPIDAMENTE PROLIFERANTE E INFILTRANTE

l’infiltrazione tumorale, anche in aree di edema, prima dell’intervento chirurgico, per offrire vantaggi sia al neurochirurgo prima che al radioterapista dopo l’atto chirurgico. Nel nostro Centro Ricerche – e questo è il motivo per cui abbiamo proposto il capitolo sul BAT – abbiamo in corso una ricerca volta a depistare l’infiltrazione peritumorale usando tecniche di immunoistochimica, di genetica molecolare e di coltura in vitro, condotta su prelievi chirurgici di tumori in cui stata previamente attuata una ricerca con varie forme di Risonanza Magnetica a diffusione e con Spettroscopia. Le tecniche di immunoistochimica si avvalgono di anticorpi, fra i quali del tutto recentemente si annoverano quelli anti-IDH1, capaci spesso di distinguere le cellule tumorali da quelle sane. Le tecniche di genetica sono molto utili perché molto sensibili e evidenziano marker tumorali anche quando le cellule tumorali sono poche. È da tenere presente che l’infiltrazione tumorale si svolge in un tessuto, come quello nervoso, ricco di forme cellulari. La coltura in vitro ci darà informazioni sul potenziale staminale delle cellule in questione e comunque ne fornirà la cinetica proliferativa. La ricerca tiene conto che il BAT è un crogiuolo di elementi normali e tumorali con interazioni fra diverse vie molecolari ed influenze fattoriali fra tumore e tessuto sano. In questo bailamme non va dimenticata la possibilità che cellule staminali normali dagli strati sub-ependimali migrino verso il tumore alimentandolo. Il capitolo è stato scritto concentrandovi il succo delle nostre indagini e ha la pretesa di voler arricchire le nostre conoscenze ultime su di un argomento di grande attualità diagnostica e terapeutica. Devo anche aggiungere che sullo stesso argomento il sottoscritto è stato invitato a intervenire in una tele-conferenza sui tumori, la “First on-line world conference on tumors” organizzata da Houston, Texas, con la partecipazione di 80 scienziati da ogni parte del mondo. Il nostro lavoro rientra nell’attività del Centro volta a contribuire quanto più possibile all’avanzamento scientifico in campo neuro-oncologico. Davide Schiffer Direttore del Centro di ricerca in Neurobioncologia della Clinica Santa Rita di Vercelli


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L’APPUNTAMENTO È FISSATO PER IL PROSSIMO 26 MAGGIO

IVREA: DIECI ANNI DI ORTOPEDIA SI CELEBRANO CON UN CONVEGNO ieci anni di ortopedia alla Clinica Eporediese di Ivrea. Un traguardo importante, di quelli che lasciano il segno sul territorio. Così, il Dottor Angelo Bertelli, responsabile dell'Unità Operativa di Ortopedia all'Eporediese ha deciso di celebrare la ricorrenza con un convegno al quale parteciperanno diverse professionalità provenienti da tutto il territorio nazionale. Il Dottor Angelo Bertelli è approdato in qualità di responsabile all'Eporediese sin da subito, dal 1 settembre del 2002. “Qui all'Eporediese – spiega il Dottor Bertelli - L’ortopedia è par-

D I L DOTT. ANGELO B ERTELLI R ESPONSABILE DELL’U NITÀ OPERATIVA DI ORTOPEDIA ALLA C LINICA E POREDIESE DI IVREA (SOTTO)

ATTUALMENTE ALLA CLINICA EPOREDIESE DI IVREA SI REALIZZANO IN MEDIA 2MILA E 500 INTERVENTI DI ORTOPEDIA L'ANNO, SUDDIVISI TRA LE DIVERSE EQUIPE. MA NON SOLO. A LIVELLO SCIENTIFICO INFATTI LA STRUTTURA È ATTIVA ANCHE NEL CAMPO DELLA FORMAZIONE, ALLE CUI INIZIATIVE ADERISCONO PROFESSIONISTI DA TUTTA ITALIA. QUEST’ANNO È PARTITO UN CORSO PRATICO IN CHIRURGIA DEL PIEDE

tita come una singola equipe. Successivamente si sono aggiunte la Chirurgia e la Neurochirurgia. Ricordo ancora gli inizi di questa ‘avventura’. Il 16 settembre del 2002 dopo una serie di riunioni con il gruppo di infermieri della clinica, abbiamo cominciato a operare in chirurgia ortopedica usufrendo di due letti operatori”. La crescita della struttura fu immediata. “Successivamente – continua a raccontare il Dottor Bertelli - nell’arco di un anno abbiamo organizzato altre due equipe. Ma non solo. Grazie all’appartenenza a un grande gruppo sanitario come quello del Gruppo Policlinico di Monza, nel tempo come ortopedia abbiamo visto l’aggiunta di equipe esterne da Monza, come quella del Professor Bruno Arosio e quella del Dottor Piergiorgio Castelli dalla Clinica La Vialarda di Biella. Quello del Policlinico di Monza e del Gruppo sono un sostegno importante per noi, poiché ci danno la garanzia di avere coperti differenti tipologie di problematiche per lavorare in maniera più che serena”. Attualmente alla Clinica Eporediese si realizzano in media 2mila e 500 interventi di ortopedia l’anno, suddivisi tra le diverse equipe. Ma non solo. A livello scientifico infatti la struttura è attiva anche nel campo della formazione, alle cui iniziative aderiscono professionisti da tutta Italia. “Quest’anno – racconta il Dottor Bertelli con una punta d’orgoglio – abbiamo dato vita a un corso pratico di chirurgia del piede. Ma non solo. Qui all’Eporediese abbiamo anche dato vita a un teaching sul legamento crociato. Tutti progetti che hanno goduto di molti consensi da parte dei professionisti”. E così, il prossimo 26 maggio, l’appuntamento è con il Congresso “Novita in chirurgia ortopedica”, che avrà luogo proprio alla Clinica Eporediese. Il Congresso sarà aperto da una “lectio magistralis” tenuta dal Professor Francesco Pipino e saranno presenti gli interventi di diversi relatori sulle varie specialità della chirurgia ortopedica. A conclusione si terrà anche una tavola rotonda. All’incontro ci sarà anche l’apporto dei professionisti della Spimec, la Società piemontese medici del calcio, fondata dai professionisti che si occupano del Novara Calcio.


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IL PROFESSOR VINCENZO PIROLA PUBBLICA CINQUE RACCONTI

DALLA FISIATRIA ALLA SCRITTURA IN NOME DELLA MOGLIE SCOMPARSA

I L P ROF. VINCENZO P IROLA M EDICO FISIATRA E M EDICO LEGALE IN SERVIZIO AL P OLICLINICO DI MONZA

LA COPERTINA DEL LIBRO «AMORE, DOLORE E MORTE (SOTTO IL CIELO DI LOMBARDIA)»

di recente pubblicazione un nuovo libro del Professor Vincenzo Pirola, medico fisiatra e medico legale del Policlinico di Monza, dal titolo “Amore, dolore e morte (sotto il cielo di Lombardia)”. Dopo essere stato l’autore di dieci libri scientifici, di cui ricordiamo il ‘classico’ “Cinesiologia: il movimento umano in rieducazione e nello sport ” e una recente seconda edizione, ampiamente riveduta e integrata, del noto testo “Rieducazione delle scoliosi (e delle lombalgie)”, al quale ha dato il suo contributo con un capitolo il Dott. Alberto Messina, responsabile dell’Unità Operativa di Neurochirurgia I del Policlinico di Monza, e la sua equipe, entrambi editi dalla ediErmes di Milano, il Professor Vincenzo Pirola ha rispolverato l’antica passione per la scrittura pubblicando un libretto con cinque racconti. Fra essi troviamo “El garitt”, primo classificato al Concorso nazionale “Salvatore Quasimodo” e due racconti, ovvero “Il nostro viaggio” e “Andare oltre”, vincitori, rispettivamente, della XXXIIa edizione del Con-

È

MEDICO FISIATRA E MEDICO LEGALE DEL POLICLINICO DI MONZA, IL PROF. VINCENZO PIROLA HA SEMPRE CONIUGATO LA PASSIONE PER LA MEDICINA CON L’AMORE PER LA SCRITTURA. «AMORE, DOLORE E MORTE (SOTTO IL CIELO DI LOMBARDIA)» RACCOGLIE RACCONTI VINCITORI DI IMPORTANTI CONCORSI LETTERARI A LIVELLO NAZIONALE. STORIE DEDICATE ALLA COMPIANTA MOGLIE DEL PROFESSORE, ROSANNA LISSONI, FILOSOFA E PER 10 ANNI ASSESSORE ALLA CULTURA NEL COMUNE DI VILLASANTA, NONCHÉ DOCENTE DI STORIA E FILOSOFIA PER OLTRE 20 ANNI AL LICEO CLASSICO ZUCCHI DI MONZA

corso letterario della Lilt di Parma e del I° Concorso letterario dell’Ordine dei medici di Milano. I racconti sono stati dedicati a Rosanna Lissoni, compianta moglie del medico, filosofa, già assessore alla cultura per 10 anni nel Comune di Villasanta e, per oltre 20 anni, docente di storia e filosofia al liceo classico Zucchi di Monza. I cinque racconti, alcuni in maniera indiretta, altri esplicitamente, rappresentano la cronaca, talora la metafora e il ricordo di una vita insieme, così ricca da attenuare, tuttavia senza mai spegnere, una passione per la scrittura iniziata a otto anni, in seconda elementare e proseguita negli anni successivi. Nel ricordare le parole del celebre scrittore russo Anton Cechov “La medicina è mia moglie, la letteratura è la mia amante”, con l’umiltà di chi non vuole confrontarsi con questo gigante della letteratura russa, Vincenzo Pirola ci ha riferito di aver sempre voluto privilegiare la medicina, non solo con la cura delle persone, ma anche attraverso la scrittura di tante sue opere scientifiche. L’umanità, il calore umano, le capacità comunicative, l’intelligenza e l’interesse ricambiato per la filosofia e la medicina hanno così arricchito e stimolato le conoscenze di entrambi i coniugi nell’adempimento delle diverse professionalità. Il libro del professor Pirola, edito da “La riflessione – Davide Zedda editore” di Cagliari, può essere richiesto in libreria da ottobre 2011 al costo di 12 euro. Vincenzo Pirola, ricordando una frase del Professor Davide Schiffer, direttore del Centro di ricerca in Neurobioncologia della Clinica Santa Rita di Vercelli, si associa al suo pensiero nel sottolineare che “Schiffer fa della necessità che le scienze mediche non possano privarsi dell’utilizzo delle scienze umane”. Una linea sposata in pieno dal neoautore. “Amore, dolore e morte (sotto il cielo di Lombardia)” si può perciò considerare rappresentativo dei sentimenti dell’uomo, ai quali anche i medici debbono prestare attenzione.


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LO/0200/2008

Direttore Scientifico: Prof. Elio Guido Rondanelli Monza Via Amati 111 - Monza Tel. 039 28101 www.policlinicodimonza.it Dir. Sanitario: Prof. Guido Broich

Cardiochirurgia, Chirurgia generale, Chirurgia plastica e maxillo facciale, Chirurgia toracica, Chirurgia vascolare, Neurochirurgia, Ortopedia e traumatologia, Urologia, Cardiologia, Medicina generale, Neurologia, Riabilitazione cardiologica, Riabilitazione neuromotoria, Emodinamica, Pronto Soccorso, Terapia intensiva, Unità coronarica

Novara Via Bottini 3 - Novara Tel. 0321 3831 www.clinicasangaudenzio.com Dir. Sanitario: Dott. Alfredo Lamastra

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Anno VII numero 23 - Novembre 2011 Autorizzazione del Tribunale di Monza n. 1724 del 5 marzo 2004 Direttore responsabile: Marco Pirola Stampa: Novarello Servizi, Vercelli Progetto grafico: Marco Micci Immagini: Policlinico di Monza


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