Ottobre 2016, Anno 13 - N 37 Periodico di informazione
Riservato ai medici e agli operatori sanitari
LA NOSTRA ECCELLENZA AL VOSTRO SERVIZIO
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ono costanti e innumerevoli i passi che ogni giorno il Gruppo Policlinico di Monza compie per salvaguardare, e migliorare sempre di più, il percorso di diagnosi e cura dei suoi pazienti. In particolare, il Policlinico di Monza rimane accanto al paziente con “la dimissione protetta” progetto spiegato nei dettagli all’interno di questo numero, dove trovano spazio altre interessanti tematiche. Si comincia con la Clinica S. Gaudenzio di Novara per parlare insieme alla dott.ssa Laudisa della Mitraclip, un’innovativa tecnica endovascolare adatta ai pazienti più a rischio. Tocca quindi alla Clinica Eporediese di Ivrea che da alcuni mesi ha accolto il dott. Chioso con la sua équipe di Urologia e per rimanere in tema si parla con il dott. Pigato del laser per la chirurgia prostatica sbarcato alla Clinica S. Rita di Vercelli. Si trattano invece di problemi respiratori alla Clinica La Vialarda di Biella con il dott. Bertone per poi concludere, tornando a Monza, con il nuovo ambulatorio di Medicina Aeronautica.
Buona lettura
Il Presidente Dott. M. De Salvo
In questo numero: La dimissione protetta: il percorso del paziente dopo l’uscita dalla clinica, un momento delicato da gestire al meglio
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Nuove frontiere per i pazienti a rischio: arriva la Mitraclip 8 Ivrea: sbarca l’équipe di urologia in arrivo da Biella 11
Passi avanti a Vercelli con l’arrivo del laser per gli interventi alla prostata 14 Monza: nuovo ambulatorio di medicina aeronautica 18
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IL POLICLINICO DI MONZA SEMPRE AL TUO FIANCO
LA DIMISSIONE: UN MOMENTO DELICATO DA GESTIRE AL MEGLIO percorso in modo da assicurare una dimissione dove servizi e strutture interagiscono per offrire al singolo paziente la cura più idonea in relazione ai bisogni e alle risorse. Questo processo avviene dall’ospedale al domicilio, e si svolge mediante due modalità.
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uando si parla di “dimissioni protette” il Policlinico di Monza riserva una speciale attenzione alla comunicazione, alla programmazione ed al coordinamento tra la struttura ospedaliera ed i servizi territoriali. Grazie alla collaborazione con le ATS, la Regione Lombardia e gli Enti Locali, si è costruita una rete impegnata ad offrire interventi sociali e sanitari integrati, rivolti alle persone anziane non autosufficienti o affette da malattie croniche ed invalidanti. La dimissione protetta pertanto costituisce lo strumento operativo che assicura alle persone con necessità assistenziali complesse, uno specifico percorso di tutela. La dimissione costituisce il momento in cui le attività dei professionisti devono trovare un filo conduttore comune per coordinare l’intero processo clinico assistenziale del paziente, garantendo un’assistenza che risponda a criteri di appropriatezza, efficienza ed equità, ponendo il paziente al centro del
LA DIMISSIONE PROTETTA COSTITUISCE LO STRUMENTO OPERATIVO CHE ASSICURA ALLE PERSONE CON NECESSITÀ ASSISTENZIALI COMPLESSE, UNO SPECIFICO PERCORSO DI TUTELA
Un processo, quello appena spiegato, la cui adozione nel Policlinico di Monza è in costante crescita, tanto che dal 1 Gennaio al 31 Dicembre 2015 il numero di pazienti che hanno fruito di questi percorsi assistenziali fortemente personalizzati che integrano l'attività ospedaliera con i servizi territoriali, ha superato la quota 600. Numeri dietro ai quali c'è un lavoro costante e impegnativo che coinvolge una pluralità di soggetti che sono chiamati a tradurre in azioni concrete ciò che spetta di diritto ai cittadini fragili secondo i principi enunciati dal SSN, ed a confrontarsi periodicamente tra loro per cercare di migliorare laddove ce ne sia bisogno. La presa in carico del paziente, con le sue fragilità legate alla malattia, richiede la necessità di affinare la capacità di ascolto e di adattare la risposta assistenziale alle reali esigenze dell'individuo, mettendo in rete tutte le competenze a disposizione, sia di carattere sanitario che di natura socio-sanitaria, dando vita a percorsi che garantiscano la continuità di cura e di assistenza al termine della fase acuta gestita all’interno del Policlinico di Monza. Il risultato finale dell’anno 2015 presentato (618 pazienti Presi in carico) è il risultato di un lungo lavoro di definizione e pianificazione dei percorsi integrati tra Ospedale e Territorio nell'ambito della gestione della delicata fase di trasferimento del paziente dal contesto ospedaliero a quello domiciliare-territoriale, con l'obiettivo di garantire: la continuità di cura e di assistenza mediante un progetto di presa in carico personalizzata del paziente al momento della dimissione, il sostegno al nucleo familiare, se presente, della persona in dimissione che si trova in uno stato di "fragilità" permanente o tempo-
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LA PERSONA CANDIDATA ALLA DIMISSIONE PROTETTA VIENE SEGNALATA DALL’OSPEDALE AL COORDINATORE DELLE DIMISSIONI PROTETTE CHE È LA FIGURA PROFESSIONALE INCARICATA DI GESTIRE LE DIMISSIONI PROTETTE
ranea, l'attivazione di interventi integrati di sostegno socio-sanitario dopo la fase acuta gestita a livello ospedaliero È utile aggiungere che i percorsi riguardano varie tipologie di pazienti con diversi livelli di complessità assistenziale socio-sanitaria alla dimissione. Tra loro l'anziano "fragile" affetto da più patologie croniche, da limitazioni funzionali o disabilità psico-fisiche, da diversi livelli di non autosufficienza; così come il paziente che necessita di un percorso riabilitativo o di recupero e mantenimento delle abilità residue (paziente neurologico, paziente anziano post- evento traumatologico, paziente con gravi disabilità), il malato terminale, il paziente con problematiche sociali, psicopatologiche o di dipendenze patologiche e, infine, quello con problematiche socio-sanitarie qualora non esista la famiglia o il coordinatore di riferimento. 1) Dimissione a domicilio Avviene quando il paziente non ha più necessità di cure in regime di ricovero e può ritornare al proprio domicilio.
2) Dimissione protetta Un percorso assistenziale programmato e concordato con il paziente e la sua famiglia, che coinvolge anche strutture territoriali sanitarie e socio sanitarie. A chi è rivolta la dimissione protetta? Ai pazienti “fragili”, prevalentemente anziani con più patologie che comportano limitazioni o disabilità e che necessitano di assistenza medica, infermieristica, riabilitativa/ sociale e con insufficienza di risorse personali, familiari. La dimissione protetta consente di individuare il contesto assistenziale più idoneo alle necessità del paziente per il periodo successivo alla dimissione. Come si attiva la dimissione protetta? Viene attivata direttamente dal Policlinico di Monza, attraverso un ufficio predisposto, nel momento in cui l’équipe medico infermieristica individua condizioni di “fragilità” legate a problemi clinico-riabilitativi e/o assistenziali. Come si identificano i pazienti a rischio di ospedalizzazione prolungata? L’équipe medico infermieristica per individuare i pazienti che necessitano di dimissioni protette utilizza uno strumento chiamato Scala di Brass (Blaylock Risk Assessment Screening Score) che “identifica i pazienti a rischio di ospedalizzazione prolungata con la conseguente necessità di pianificare la dimissione protetta”. La persona candidata alla dimissione protetta viene quindi segnalata dall’ospedale al coordinatore delle dimissioni protette che è la figura professionale incaricata a gestire le dimissioni protette. Chi è il Coordinatore delle dimissioni protette nel Policlinico di Monza? Il Coordinatore delle dimissioni protette è la figura professionale che coordina il team multidisciplinare nel processo di pianificazione della dimissione, creando collegamenti con le Istituzioni territoriali che interverranno nella fase successiva alla dimissione. Il coordinatore è una figura professionale fondamentale nella gestione di tali processi, è un professionista che svolge un ruolo di collegamento tra l’azienda e i servizi sociali e sanitari territoriali per la gestione clinica dei casi complessi (ad es. pazienti terminali, pazienti anziani o da riabilitare). Tale figura
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LE CURE DOMICILIARI CONSISTONO IN TRATTAMENTI MEDICI, INFERMIERISTICI, RIABILITATIVI, PRESTATI DA PERSONALE QUALIFICATO PER LA CURA E L’ASSISTENZA ALLE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI, CON PATOLOGIE IN ATTO O ESITI DELLE STESSE, PER STABILIZZARE IL QUADRO CLINICO, LIMITARE IL DECLINO FUNZIONALE E MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA QUOTIDIANA gestisce un modello organizzativo assistenziale che si prende cura del paziente durante la fase della sua malattia con riferimento alla continuità delle cure.
LE CURE DOMICILIARI
(Assistenza Domiciliare Integrata) Avviene quando le condizioni del paziente affetto da patologie croniche, pur risultando stabilizzate, necessitano di dimissione protetta al proprio domicilio con pianificazione assistenziale e medica in carico al medico curante e agli infermieri del Servizio Territoriale. In particolare il servizio è rivolto a persone in situazioni di fragilità, caratterizzate dalla presenza di: • situazione di non autosufficienza parziale o totale, di carattere temporaneo o definitivo, una condizione di non deambulazione e di non trasportabilità presso presidi sanitari ambulatoriali in grado di rispondere ai bisogni della persona • una rete familiare e/o formale o informale di supporto • condizioni abitative che garantiscono la praticabilità dell'assistenza a domicilio.
Le cure domiciliari consistono in trattamenti medici, infermieristici, riabilitativi, prestati da personale qualificato per la cura e l’assistenza alle persone non autosufficienti, con patologie in atto o esiti delle stesse, per stabilizzare il quadro clinico, limitare il declino funzionale e migliorare la qualità della vita quotidiana.
LE CURE PALLIATIVE DOMICILIARI
Le cure palliative, come definito dell’art. 1 della Legge 38 del 15.03.10, sono l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici, assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici.
DIMISSIONE DEL PAZIENTE IN HOSPICE
L’hospice costituisce un luogo d’accoglienza e ricovero temporaneo, nel quale il paziente viene accompagnato nelle ultime fasi della vita con un appropriato sostegno medico, psicologico e spirituale. All’interno dell’hospice si attua un approccio sanitario inclusivo (globale, olistico) che va oltre all’aspetto puramente medico della cura, non tanto finalizzata alla guarigione fisica, ma identificata con il “prendersi cura” della persona nel suo insieme.
DIMISSIONE IN STRUTTURE PER SUBACUTI
L’attività di cure subacute, introdotta in Lombardia con il Piano Socio Sanitario regionale 2010-2015, nasce come nuova forma di assistenza al malato che si pone fra la fase acuta della patologia, gestita con rico-
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ETÀ MEDIA
GENERE
vero ospedaliero, e il rinvio alle strutture territoriali. L’obiettivo è favorire il recupero della maggiore indipendenza possibile e rendere più agevole, per il paziente e i suoi familiari, il ritorno a casa. Posti letto dedicati ai pazienti subacuti sono presenti in strutture sanitarie pubbliche o private accreditate. Il Policlinico di Monza dispone di due posti letto per cure subacute presso gli Istituti Clinici Zucchi di Carate Brianza. Si definisce idoneo al trattamento in cure subacute il paziente che non necessita più di permanenza in un reparto per acuti, ma richiede controllo clinico e/o follow-up stretto anche mediante eventuali esami strumentali, eccetto quelli ad alta tecnologia (ex. RM) o invasivi (ex. EGDS) e/o richiede terapie definite di media complessità ovvero terapie di tipo non interventistico o rianimatorio, ma semplici terapie mediche. I principali obiettivi del regime subacuto si possono così riassumere: • garantire il completamento del processo di guarigione
MODALITÀ DI DIMISSIONE
• gestire le comorbilità • ripristinare le normali attività quotidiane (nella maggior parte dei casi durante la degenza in unità operative per acuti il paziente è stato allettato) • evitare le ricadute ed evitare, soprattutto in caso di patologie croniche, precoci riacutizzazioni e quindi precoci e ulteriori ospedalizzazioni o accessi al Pronto Soccorso • permettere un sicuro rientro al domicilio con un programma di follow-up definito (domiciliare o ambulatoriale) • fornire al paziente e a chi se ne prende cura gli strumenti per la gestione della cronicità a domicilio Si precisa infine che, nell’ottica di favorire una de-ospedalizzazione dal regime per acuti nei casi in cui ne ricorrano le condizioni cliniche, nulla osta a che l’accesso al regime di cure subacute avvenga anche dal territorio o da un precedente ricovero riabilitativo, purchè esistano in proposito dei percorsi preventivamente definiti con le Asl di appartenenza degli erogatori coinvolti.
DIMISSIONE IN STRUTTURE PER CURE INTERMEDIE
Le cure intermedie rappresentano un punto nodale della rete d’offerta sociosanitaria in grado di: • prendere in carico il soggetto in fase di post acuzie e assisterlo in regime di degenza e domiciliare • orientare ed accompagnare la persona fragile e portatrice di bisogni complessi in area assistenziale, clinica e sociale Obiettivo prioritario delle cure intermedie è quello di assistere l’utente per completare l’iter di cura, portandolo al miglior stato di
DA QUALI REPARTI PROVENGONO LE DIMISSIONI PROTETTE
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medico ospedaliero o dal medico di unità d’offerta sociosanitaria (es. Residenza Socio Assistenziale - RSA) in base alla provenienza della persona. Le prestazioni erogate nell’ambito delle unità d’offerta di Cure Intermedie sono a totale carico del fondo sanitario regionale senza compartecipazione per l’utente, fatta eccezione di eventuali servizi alberghieri aggiuntivi che la singola struttura può mettere a disposizione dell’assistito, il quale ha facoltà di scegliere se usufruirne o meno.
salute e benessere possibile, per favorirne il reinserimento nel proprio contesto di vita e accompagnarlo alla risposta assistenziale più appropriata. A chi è rivolta la Rete delle Cure Intermedie: • ai residenti in Lombardia • alle persone adulte in condizioni cliniche stabilizzate, che a seguito di un episodio di acuzie o di riacutizzazione, richiedono interventi specifici nella sfera sanitaria ed assistenziale che non possono essere erogati al domicilio o in ospedale. Non rientrano nell’unità d’offerta Cure Intermedie i pazienti con: • instabilità clinica • acuzie non risolta • percorso diagnostico incompleto o in corso di definizione • patologia psichiatrica attiva condizione cui sono già previsti interventi specifici specializzati (esempio: le persone in stato vegetativo permanente, affette da sclerosi laterale amiotrofica - SLA.). Modalità d’accesso e condizioni economiche: L’accesso avviene su prescrizione medica con la compilazione della “scheda unica di invio e valutazione per ricovero in unità di cure intermedie”. La scheda può essere redatta dal medico di medicina generale, dal
L’OBIETTIVO È FAVORIRE IL RECUPERO DELLA MAGGIORE INDIPENDENZA POSSIBILE E RENDERE PIÙ AGEVOLE, PER IL PAZIENTE E I SUOI FAMILIARI, IL RITORNO A CASA
Residenze sanitarie assistenziali (RSA) Sono residenze collettive per anziani, di norma oltre i 65 anni di età, che forniscono la possibilità di un ricovero temporaneo da 30 giorni a 60 giorni qualora la famiglia abbia la necessità di un periodo di sollievo o in caso non abbia la possibilità di fare assistere il paziente a domicilio.
PRESCRIZIONE DI AUSILI DIRETTAMENTE DAL POLICLINICO DI MONZA
Che cos’é un ausilio? È uno strumento che serve alla persona disabile (e/o a chi lo aiuta) per fare ciò che altrimenti non potrebbe fare o per farlo in modo più sicuro e rapido o per prevenire l’aggravarsi di una disabilità (letto, carrozzina, comoda, materiale per medicazioni, ecc.) Chi può ricevere ausili? • Chi ha presentato domanda per il riconoscimento di invalidità civile (ricevuta presentazione domanda). • Chi ha già ottenuto il riconoscimento di invalidità civile da parte dell’apposita commissione medica. Modalità di erogazione Durante il ricovero, l’équipe sanitaria del Policlinico di Monza (Medico di reparto, Fisiatra, Coordinatore dimissioni protette), attraverso un’attenta valutazione funzionale sul paziente ed una valutazione ambientale del suo domicilio, individua ausili che saranno necessari per il raggiungimento di una migliore autonomia. Come ottenere un ausilio durante la degenza ospedaliera? Attraverso la prescrizione Informatica eseguita dal Medico Specialista Prescrittore
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SI RICORDA CHE GLI AVENTI DIRITTO AGLI AUSILI DEVONO ESSERE IN POSSESSO DEL CERTIFICATO DI INVALIDITÀ RILASCIATO DALL’UFFICIO INVALIDI DELL’ATS DI COMPETENZA OPPURE DELLA RICEVUTA CHE ATTESTI LA PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA
del Policlinico di Monza (Fisiatra, Ortopedico, Oncologo, Neurologo) che attesta la necessità della fornitura di uno o più ausili. La prescrizione deve contenere una diagnosi circostanziata, programma terapeutico e indicazione del dispositivo completa di codice identificativo riportato nel Nomenclatore. Si ricorda che gli aventi diritto agli ausili devono essere in possesso del certificato di invalidità rilasciato dall’Ufficio Invalidi dell’ATS di competenza oppure della ricevuta che attesti la presentazione della domanda. Scelta dell’ausilio Si possono distinguere due tipologie di ausili, in base alle loro caratteristiche e alla loro destinazione. 1) Protesica maggiore La prescrizione di presidi per l’assistenza e gestione a domicilio (letti, materassi e cuscini antidecubito, carrozzine, comode, sollevatori) per pazienti in assistenza domiciliare o malati terminali può essere effettuata sia dallo Specialista prescrittore che dal Medico di famiglia o dal Medico responsabile dell’UO Cure Primarie del distretto. La prescrizione avviene per via informatica, l’Ufficio protesica del distretto ATS di residenza la rileva direttamente mediante il sistema informatico e si attiva per la fornitura del presidio. In ogni caso la fornitura dell’ausilio protesico prescritto è garantita direttamente dall’ATS, che provvede alla consegna diretta al paziente oppure al suo domicilio. Le consegne avvengono previo appuntamento telefonico con l’utente o con i suoi familiari entro tre giorni dalla data della prescrizione. Tutti gli ausili non personalizzati sono di proprietà dell’ATS, vengono consegnati in comodato d’uso gratuito e vanno restituiti
all’ATS a fine utilizzo (es: cessato utilizzo per sostituzione con diverso dispositivo, ingresso in Casa di riposo, decesso o trasferimento in altra ATS). Con richiesta telefonica al distretto di riferimento il dispositivo verrà ritirato direttamente dall’ATS presso il domicilio dell’utente. Costo per l’utente e modalità di versamento Non è previsto alcun costo, fatta eccezione per i dispositivi che il medico non ha ritenuto necessari per il paziente. Non è altresì prevista alcuna possibilità di rimborso per dispositivi acquistati direttamente dall’assistito. 2) Protesica minore (incontinenza a raccolta, stomie, medicazioni) Avente diritto: Pazienti uro-ileo e colonstomizzati, portatori di catetere vescicale/ auto cateterismo, lesioni cutanee. Procedura Ai pazienti che si trovano in una delle condizioni indicate viene rilasciata dallo specialista ospedaliero di struttura pubblica o privata accreditata, una richiesta di presidi e/o ausili mediante un apposito modello. La richiesta riporta quantità e qualità dei presidi. Il paziente, con la richiesta, si reca al suo Distretto di residenza dove un Medico “autorizzatore” verifica la congruenza della richiesta in termini qualitativi e quantitativi. La fornitura autorizzata sarà inserita in un applicativo on line visibile da tutte le farmacie del territorio dell’ATS. Per il ritiro dei prodotti spettanti il paziente si reca in farmacia dove, mediante lettura della tessera sanitaria, il farmacista visualizza il fabbisogno mensile di ausili e/o presidi inserito dal Distretto. La farmacia stampa la ricevuta ed eroga quanto autorizzato. Il servizio non prevede alcun costo per l’utente.
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UNA CHANCE PER PAZIENTI AD ELEVATO RISCHIO CHIRURGICO
NUOVE FRONTIERE IN S. GAUDENZIO GRAZIE ALL’ÉQUIPE MITRACLIP
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DOTT.SSA MARIA LUISA LAUDISA, R ESPONSABILE DEL SERVIZIO DI E MODINAMICA DELLA C LINICA S. GAUDENZIO
COME E FATTA E COME AGISCE LA
M ITRACLIP
a qualche mese alla Clinica San Gaudenzio di Novara c’è una chance in più per i pazienti ad elevato rischio chirurgico. Si chiama Mitraclip ed è il primo trattamento “non-chirurgico” in grado di ridurre l’insufficienza della valvola mitralica. “È emozionante pensare che questo strumento terapeutico possa essere la chance per pazienti che altrimenti sarebbero condannati a una qualità di vita progressivamente peggiore ed una prognosi sicuramente sfavorevole – esordisce la Dott.ssa Maria Luisa Laudisa, Responsabile del Servizio Emodinamica della Clinica San Gaundezio di Novara - Lo scompenso cardiaco refrattario è una condizione clinica severa e la Mitraclip rappresenta al momento uno dei mezzi più efficaci per ridurre le ri-ospedalizzazioni per recidiva di scompenso”.
È EMOZIONANTE PENSARE CHE QUESTO STRUMENTO TERAPEUTICO POSSA ESSERE LA CHANCE PER PAZIENTI CHE ALTRIMENTI SAREBBERO CONDANNATI A UNA QUALITÀ DI VITA PROGRESSIVAMENTE PEGGIORE ED UNA PROGNOSI SICURAMENTE SFAVOREVOLE
La valvola mitralica regola il passaggio di sangue tra l’atrio sinistro e il ventricolo sinistro, impedendo il reflusso nella fase di contrazione del cuore. Se i due lembi della valvola, per varie ragioni: funzionali, degenerative o infettive, non si chiudono adeguatamente, il sangue rigurgita in misura variabile compromettendo le condizioni cliniche del paziente. Oltre alla terapia farmacologica questa patologia viene normalmente trattata mediante intervento chirurgico, un’opzione non proponibile in pazienti ad alto rischio. Uno sguardo all’epidemiologia dà la reale dimensione del problema: l’insufficienza mitralica è la valvulopatia più diffusa nei paesi occidentali ed ha importanti implicazioni prognostiche. La severità dell’insufficienza mitralica è direttamente correlata con l’aumento di mortalità. Un paziente con insufficienza mitralica di grado severo ha una mortalità a cinque anni pari al 50% oltre ad un tasso di ospedalizzazione che si avvicina drammaticamente al 100%. Per molti pazienti il trattamento è chirurgico (tradizionale o mini-invasivo) con ottimi risultati e un basso rischio. Tuttavia la Euro Heart Survey ha evidenziato che oltre il 50% dei pazienti con insufficienza mitralica severa non viene riferita alla chirurgia per la presenza di comorbilità o di età avanzata. Ma che cos’è esattamente la Mitraclip? Si tratta di una terapia dedicata a quei pazienti troppo malati per la chirurgia, è una procedura transcatetere e percutanea (senza apertura del torace) che consente di ridurre l’insufficienza mitralica mediante posizionamento di una o più clip sui lembi valvolari, mimando una tecnica chirurgica, aprendo quindi un orizzonte a quei pazienti che altrimenti avrebbero poche prospettive. “Una volta mi è stato chiesto di riassumere con un’immagine il paziente affetto da insufficienza mitralica severa non operabile e scorrendo fra i volti della mia esperienza clinica mi è sovvenuto un fiore che appassisce – spiga la Dott.ssa Laudisa - Capite così quale possa essere l’impegno nel ridare una chance a chi altrimenti non ne avrebbe. Sempre più lavori e dati scientifici dimostrano che questa
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LA SEVERITÀ DELL’INSUFFICIENZA MITRALICA È DIRETTAMENTE CORRELATA CON L’AUMENTO DI MORTALITÀ. UN PAZIENTE CON INSUFFICIENZA MITRALICA DI GRADO SEVERO HA UNA MORTALITÀ A CINQUE ANNI PARI AL 50% OLTRE AD UN TASSO DI OSPEDALIZZAZIONE CHE SI AVVICINA DRAMMATICAMENTE AL 100%
LA DOTT. LAUDISA DURANTE LA PROCEDURA DI INSERIMENTO DELLA M ITRACLIP
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terapia è in grado di aumentare l’aspettativa di vita in confronto al solo trattamento farmacologico, e pertanto la tendenza attuale è quella di trattare i pazienti in una fase più precoce”. La prima clip fu posizionata nel 2003 ed i test di laboratorio ne hanno validato la durabilità e diversi studi clinici ne hanno confermato l’efficacia e la sicurezza. Allo stato attuale, conta oggi più di 36000 pazienti trattati in tutto il mondo e rappresenta l’unica soluzione totalmente percutanea disponibile, scientificamente riconosciuta (Marchio CE del 2009, approvazione FDA del 2014) e validata da tutte le società scientifiche. Le linee guida internazionali: ESC/HFA/EACTS (2012), ACC/AHA (2014), tedesche (2012-2013) e italiane (2014) indicano questa terapia per pazienti sintomatici con severa insufficienza mitralica che rispondono ai criteri di eleggibilità, giudicati inoperabili o ad alto rischio chirurgico da un “heart team”, e con un’aspet-
tativa di vita maggiore di 1 anno (classe di raccomandazione IIb, livello di evidenza C)”, recentemente aggiornate ed estese a pazienti con rigurgito moderato-severo. L’equipe o Heart Team che valuta e pone indicazione a questo trattamento comprende: • cardiochirurgo esperto in trattamento della valvola mitralica • cardiologi esperti che valutano i segni clinici sia l’etiologia sia le caratteristiche anatomiche della patologia valvolare • cardioanestesista: figura strategica per la valutazione del profilo di rischio globale del paziente (comorbilità condizionanti il rischio chirurgico: epatopatia, malattie autoimmuni, patologie degenerative del sistema nervoso centrale, insufficienza renale cronica) e/o le controindicazioni alla circolazione extracorporea. Imprescindibile e prezioso è il ruolo del cardiologo ecografista che valuta i criteri anatomici della valvola e ne stabilisce la fattibilità tecnica. Ma ancora più delicato è il suo contributo durante tutto lo svolgimento della procedura, perché il posizionamento della clip sui lembi mitralici è guidata dal monitoraggio ECO trans-esofageo, oltre che dai raggi X. I pazienti che più beneficiano della terapia con Mitraclip sono affetti da: • insufficienza mitralica (da moderato-severa a severa) su base degenerativa giudicati ad alto rischio chirurgico. Ovvero quei pazienti con funzione del cuore conservata ma con alterazioni anatomiche della valvola • insufficienza mitralica (da moderato-severa a severa) su base funzionale, ovvero con malattia inizialmente del ventricolo sinistro che condiziona un malfunzionamento della valvola. Questi pazienti hanno una severa riduzione della contrattilità cardiaca, scompenso cardiaco refrattario alla terapia medica ed alcuni non rispondenti alla resincronizzazione con PM –biventricolare • valvulopatia mitro-aortica combinata. Ed è così che alla Clinica San Gaudenzio, il cui Centro Cuore è già un fiore all’occhiello, vengono esplorati nuovi orizzonti. “L’opportunità di aver conosciuto e condiviso questo progetto con il Responsabile della Cardiochirurgia, Dott. Marco Diena – spiega ancora la Dott. Laudisa - ha fatto si che grazie alla sua esperienza e alla sua abilità chirurgica, si sia
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LE VARIE FIGURE LAVORANO IN SINTONIA: CARDIOLOGO INTERVENTISTA, CARDIOCHIRURGO, ECOCARDIOGRAFISTA E ANESTESISTA. POTREI ANNOVERARE LE QUALITÀ DELL’ÉQUIPE CARDIOCHIRURGICA, DEI CARDIOLOGI E DEGLI ANESTESISTI, SENZA TRALASCIARE LE QUALITÀ DEL PERSONALE INFERMIERISTICO CHE CI ASSISTE IN TUTTE LE FASI DEL NOSTRO LAVORO
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ECOGRAFICA DEL POSIZIONAMENTO DELLA M ITRACLIP
LA CLIP VIENE POSIZIONATA, SOTTO GUIDA ECOGRAFICA, A LIVELLO DEI LEMBI MITRALICI E CATTURANDOLI, MIMA IL GESTO CHIRURGICO DELLA SUTURA E RIDUCE L’INSUFFICIENZA DELLA VALVOLA. SE NECESSARIO LA CLIP PUÒ ESSERE RIAPERTA E RIPOSIZIONATA FINO AD OTTENERE IL MIGLIOR RISULTATO
potuta formare l’équipe Mitraclip, una realtà realizzatasi con buoni risultati e grande entusiasmo. Qui le varie figure lavorano in sintonia: cardiologo interventista, cardiochirurgo, ecocardiografista e anestesista. Potrei annoverare le qualità dell’équipe cardiochirurgica, dei cardiologi e degli anestesisti, senza tralasciare le qualità del personale infermieristico che ci assiste in tutte le fasi del nostro lavoro”. La riduzione dell’insufficienza mitralica comporta benefici clinici che si manifestano come risoluzione o riduzione dei sintomi di scompenso cardiaco, miglioramento della qualità della vita e riduzione delle ri-ospedalizzazioni. Questa terapia che si può definire “soft” perché non prevede lo stress chirurgico (sternotomia, by-pass cardiopolmonare/circolazione extracorporea, cardioplegia, etc), si limita ad un accesso venoso femorale e ad un cateterismo cardiaco a cuore battente. L’accesso venoso femorale, permette di inserire il sistema di rilascio e di controllo del dispositivo nell’atrio sinistro, spiega la dr.ssa Laudisa. Un ulteriore vantaggio di questa “terapia” è il limitato periodo di degenza post-operatoria che prevede un breve tempo di osservazione in terapia intensiva che varia da poche ore ad un paio di giorni. I pazienti sono solitamente in dimissione tra la terza/quinta giornata e non necessitano generalmente di riabilitazione post-operatoria. La clip viene poi posizionata, sotto guida ecografica, a livello dei lembi mitralici e catturandoli, mima il gesto chirurgico della sutura e riduce l’insufficienza della valvola. Se necessario la clip può essere riaperta e riposizionata fino ad ottenere il miglior risultato. “La cardiologia interventistica grazie a tecnologie sempre più sofisticate e dedicate ai bisogni dei pazienti – conclude la Dott.ssa Laudisa - guadagna nuove frontiere e ci permetterà di trattare in maniera meno aggressiva patologie complesse, rispondendo ai bisogni dei pazienti più delicati. Basti pensare che sono stati recentemente effettuati nel mondo i primi casi sperimentali utilizzando la Mitraclip può essere utilizzata per correggere l’insufficienza tricuspidalica. L’interesse per il paziente è il nostro obiettivo e lo si può raggiungere coinvolgendo sempre di più le varie professionalità in gioco”:
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ECCO LA NUOVA UROLOGIA DELLA CLINICA EPOREDIESE
DA BIELLA A IVREA: L’ESPERIENZA DEL DOTT. CHIOSO E DEL SUO TEAM
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DOTT. P IER CARLO C HIOSO, DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI U ROLOGIA DELLA C LINICA E POREDIESE DI IVREA SOTTO,
INTERVENTO AL RENE IN LAPAROSCOPIA; IN BASSO, LA LOGGIA RENALE SINISTRA VISTA DALLA TELECAMERA DURANTE LA LAPAROSCOPIA
opo più di dieci anni di attività svolti all’interno della Clinica La Vialarda di Biella, l’équipe di Urologia, guidata dal Dott. Piercarlo Chioso, ha iniziato da pochi mesi una nuova avventura alla Clinica Eporediese di Ivrea. Negli anni trascorsi nella Struttura biellese il team, di cui oggi fanno parte anche il Dott. Tullio Borella, il Dott. Enzo Pugno, il Dott. Fabrizio Merlo e come collaboratore esterno il Dott. Paolo Pierini, ha sviluppato ottime competenze specialistiche nei campi della chirurgia urologica e andrologica. Tra le maggiori patologie trattate sono da annoverare le
TRA LE MAGGIORI PATOLOGIE TRATTATE SONO DA ANNOVERARE LE NEOPLASIE DELLA PROSTATA CON UN NUMERO MEDIO ANNUALE DI CIRCA 70 PROSTATECTOMIE RADICALI, 20 NEFRECTOMIE PER LE NEOPLASIE RENALI E 15 CISTECTOMIE PER LA PATOLOGIA NEOPLASTICA AVANZATA DELLA VESCICA
neoplasie della prostata con un numero medio annuale di circa 70 prostatectomie radicali, 20 nefrectomie per le neoplasie renali e 15 cistectomie per la patologia neoplastica avanzata della vescica. Oltre alle neoplasie renali per le quali è stata necessaria la nefrectomia, sono stati trattati mediamente ogni anno circa 10 nefrectomie parziali o enucleoresezioni per le masse di piccole dimensioni conservando la maggior parte di tessuto renale funzionante. Alla Clinica Eporediese l’équipe del Dott. Chioso ha anche portato una innovativa metodica per il trattamento chirurgico del tumore al rene: la nefrectomia “hand assisted”. “Si interviene per via laparoscopica, ma con una novità – spiega il Dott. Chioso – questa tecnica offre ulteriori vantaggi durante l'intervento in termini di sicurezza e velocità di esecuzione. Si tratta di eseguire un’incisione di 6-7 cm a livello dei quadranti addominali inferiori, oltre ai 2-3 piccoli buchi nella parete addominale superiore attraverso i quali vengono inseriti gli strumenti laparoscopici. L'incisione, tramite l'utilizzo di una membrana in gel perforata e lubrificata, permette al chirurgo di introdurre una mano nella cavità addominale che aiuta a spostare le strutture che ricoprono il rene. In questo modo l'intervento è decisamente più breve e sicuro. In più, in caso di sanguinamenti importanti che a volte rendono necessaria la conversione della tecnica laparoscopica in tradizionale (a cielo aperto), la mano in addome è in grado di gestire meglio la complicanza. La piccola in-
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L'INCISIONE, TRAMITE L'UTILIZZO DI UNA
MEMBRANA IN GEL PERFORATA E LUBRIFICATA, PERMETTE AL CHIRURGO DI INTRODURRE UNA MANO NELLA CAVITÀ ADDOMINALE CHE AIUTA A SPOSTARE LE STRUTTURE CHE RICOPRONO IL RENE
I MMAGINE
DI NEOPLASIA ALLA VESCICA
IL TRATTAMENTO, RISERVATO AI PAZIENTI CHE A SEI MESI DALL'INTERVENTO PRESENTANO ANCORA UN’INCONTINENZA DI GRADO MEDIO/ELEVATO, PREVEDE L'APPLICAZIONE DI UNA PROTESI REGOLABILE ANCHE SUCCESSIVAMENTE
TALI COMPLICANZE SONO, PURTROPPO, INDIPENDENTI DALLA METODICA UTILIZZATA PER L'INTERVENTO: A SEI MESI DALLA CHIRURGIA RADICALE PROSTATICA INFATTI, LE PERCENTUALI DI TALI COMPLICANZE SONO IDENTICHE SIA PER LA CHIRURGIA A CIELO APERTO CHE PER LA CHIRURGIA LAPAROSCOPICA O ROBOTICA
cisione servirà anche per estrarre il rene dalla cavità addominale; un’incisione che deve comunque essere sempre fatta per asportare l'organo, semplicemente con la nostra metodica viene praticata all’inizio, anziché solo alla fine”. Altro importante capitolo riguarda la gestione delle complicanze a seguito di prostatectomia radicale (asportazione della prostata) rappresentate nella maggior parte dei casi da incontinenza urinaria e deficit erettile. Tali complicanze sono, purtroppo, indipendenti dalla metodica utilizzata per l'intervento: a sei mesi dalla chirurgia radicale prostatica infatti, le percentuali di tali complicanze sono identiche sia per la chirurgia a cielo aperto che per la chirurgia laparoscopica o robotica. “Alla Clinica Eporediese, rispetto ad altri centri, – prosegue il Dott. Chioso - l’incontinenza urinaria che non risponde positivamente alle terapie mediche e fisiche, viene gestita chirurgicamente. Il trattamento, riservato ai pazienti che a sei mesi dall'intervento presentano ancora un’incontinenza di grado medio/elevato, prevede l'applicazione di una protesi regolabile anche successivamente. In sostanza se la continenza non viene ottenuta in maniera ottimale, la protesi permette un aggiustamento a posteriori, da eseguirsi in anestesia locale, anche a mesi di distanza dal suo impianto”. Per quanto riguarda invece un’altra importante patologia urologica ovvero la neoplasia vescicale infiltrante o aggressiva, trattata con cistectomia radicale (asportazione della vescica), in circa il 50% dei casi è stata effettuata una ricostruzione vescicale mediante l’utilizzo di un tratto di intestino ileale, mentre nei rimanenti casi è stata eseguita una derivazione esterna sempre utilizzando un tratto di intestino ileale. Le indicazioni alla ricostruzione vescicale sono determinate dall'età del paziente, dal sesso, dal tipo di neoplasia (dalla sua estensione o invasività) e da eventuali altri precedenti chirurgici. Altro grande capitolo della chirurgia urologica di tipo benigno riguarda il trattamento della calcolosi urinaria che, negli anni, ha visto notevoli evoluzioni diventando una patologia meno traumatica per i pazienti con una percentuale di interventi a cielo aperto < al 5%. “Disponiamo delle più recenti innovazioni tecnologiche che comprendono strumentario endoscopico (rigido e flessibile) e percutaneo
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LA RISONANZA MAGNETICA È IN GRADO DI INDIVIDUARE LE AREE MAGGIORMENTE SOSPETTE ED INDIRIZZARE COSÌ L’UROLOGO A PRELIEVI BIOPTICI PIÙ SELETTIVI E MIRATI RISPETTO ALLA BIOPSIA TRADIZIONALE
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MAGNETICA DI ULTIMA GENERAZIONE DELLA C LINICA E POREDIESE
- prosegue il Dott. Piercarlo Chioso - associati all’ attrezzatura per la litotrissia (frantumazione dei calcoli) che comprende il laser, l’elettroidraulico e il balistico. La frantumazione dei calcoli può anche avvenire per via extracorporea, sempre tramite specifica apparecchiatura”. L’èquipe del Dott. Chioso guarda anche al futuro con un progetto che punta a sviluppare una ancora più stretta collaborazione con l’attrezzatissimo Dipartimento di Diagnostica per Immagini della Clinica Eporediese. Proprio qui infatti è possibile effettuare esami di risonanza magnetica multiparametrici per la ricerca delle neoplasie prostatiche. Se la prima biopsia, eseguita per un
aumento del PSA, ha dato esito negativo e se persiste il sospetto della patologia tumorale, la Risonanza Magnetica è in grado di individuare le aree maggiormente sospette ed indirizzare così l’urologo a prelievi bioptici più selettivi e mirati rispetto alla biopsia tradizionale. “La nostra speranza – conclude il Dott. Chioso - è quella di riuscire ad eseguire a breve una biopsia di fusione tra le immagini ecografiche e quelle della risonanza che, secondo la più recente bibliografia mondiale, risulta essere la migliore metodica per individuare le neoplasie prostatiche significative. Ovviamente tutte le metodiche utilizzate per anni alla Clinica La Vialarda sono state portate anche a Ivrea, con un vantaggio ulteriore che è dato dalla presenza di una terapia intensiva post operatoria di notevole efficienza che ci permette di intervenire anche su pazienti con altre criticità. Un particolare ringraziamento va pertanto al personale della terapia intensiva per averci permesso di intervenire su pazienti che altrimenti non avremmo potuto operare”.
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LA RIVOLUZIONE PER GLI INTERVENTI ALLA PROSTATA
NON IL SOLITO LASER: L’ECCELLENZA SBARCA ANCHE A VERCELLI
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DOTT. MASSIMO P IGATO, SPECIALISTA IN U ROLOGIA
luova tecnologia all’avanguardia alla Clinica Santa Rita di Vercelli dove è arrivato il Laser ad Holmio (HoLEP - Holmium laser enucleation of prostate). Dal marzo scorso l’Unità operativa di Urologia può contare su questa innovativa apparecchiatura per l’intervento di enucleazione prostatica. “L’utilizzo del laser ad Holmio di ultima generazione – spiega il Dott. Massimo Pigato, specialista in Urologia - associato ad una tecnica che prevede l’enucleazione laser della prostata e la demolizione meccanica dei grossi frammenti è ritenuta oggi un’alternativa efficace al trattamento endoscopico, ma soprattutto offre la possibilità di trattare le voluminose prostate che oggi richiedono ancora l’intervento a cielo aperto (con taglio) nonché la calcolosi vescicale a volte associata”. Sono anni ormai che vengono testate diverse tecniche chirurgiche che sfruttano la tecnologia LASER con intenti disostruttivi mediante vaporizzazione dei tessuti, ma con risultati incerti o poco soddisfacenti per la minima quantità di adenoma asportato in
OFFRE LA POSSIBILITÀ DI TRATTARE LE VOLUMINOSE PROSTATE CHE OGGI RICHIEDONO ANCORA L’INTERVENTO A CIELO APERTO (CON TAGLIO) NONCHÉ LA CALCOLOSI VESCICALE A VOLTE ASSOCIATA”
relazione alla bassa potenza di esercizio e al tipo di lunghezza d’onda del Laser. La tecnica con il Laser ad Holmio (HoLEP Holmium laser enucleation of prostate) rappresenta invece, ad oggi, il trattamento endoscopico più innovativo e di comprovata efficacia per la cura dell’ipertrofia prostatica benigna. L’approccio chirurgico HoLEP, che utilizza uno specifico laser ad Olmio di ultima generazione, viene concordemente riconosciuta dalle linee guida internazionali come il “gold standard” per prostate di medio-grandi dimensioni. Tale metodica risulta quella meno traumatica per trattamenti definitivi connessi all’ingrandimento prostatico (ipertrofia prostatica o adenoma della prostata) senza dover ricorrere ad interventi endoscopici e chirurgici tradizionali. “L’adenoma prostatico – continua il Dott. Pigato - è una patologia comune nei maschi sopra i 50 anni, ed è responsabile, in un’alta percentuale di casi, di disturbi quali la difficoltà ad urinare e/o la necessità di mingere frequentemente sia durante il giorno che durante la notte. Ciò è dovuto alla compressione dell’adenoma sul canale uretrale ed al sollevamento del collo vescicale con effetti ostruttivi ed irritativi”. La tecnica offre alcuni significativi vantaggi per il paziente: • intervento chirurgico meno invasivo • scarsa penetrazione tissutale dell’energia calorica (2-3 mm) • scarso o nullo sanguinamento. (l’emissione di energia pulsata permette un’incisione precisa ed esangue) con eliminazione dei trattamenti trasfusionali • degenza ospedaliera post-operatoria ridotta a 48 ore • minori rischi in pazienti cardiopatici e/o con problemi di coagulazione Nonostante l’indubbia valenza terapeutica solo pochi centri in Italia hanno potuto implementare tale metodica per la professionalità ed esperienza di alto livello richiesta al medico chirurgo nell’uso del Laser endoca-
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L’INTERVENTO DI ENUCLEAZIONE PROSTATICA HOLEP OFFRE INDUBBI VANTAGGI A TUTTI I PAZIENTI CON SINTOMI OSTRUTTIVI (MINZIONE DEBOLE, DOLENZIA PERINEALE, AUMENTATA FREQUENZA DIURNA E NOTTURNA, URGENZA DI MINZIONE CON EPISODI DI INCONTINENZA ETC.)
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I MMAGINI ESPLICATIVE DELL’AZIONE DEL LASER OLMIO SULLA PROSTATA
vitario che per i costi di gestione necessari al corretto e sicuro funzionamento dell’apparecchio. Il Policlinico di Monza, molto sensibile alle novità scientifiche di settore e con un’attenzione particolare nel voler fornire le migliori terapie ai pazienti che si rivolgono alle proprie strutture ha inteso investire in tale tecnica di chirurgia endoscopia acquisendo, all’interno del gruppo sanitario, le migliori specialità mediche presenti sul mercato nonché le migliori attrezzature acquisibili installati presso i due centri di riferimento del Gruppo Sanitario Policlinico di Monza: Clinica Santa Rita di Vercelli e Clinica Pinna Pintor di Torino. Nelle due strutture sanitarie sono quindi stati attivati due impianti laser ad olmio necessari all’erogazione di prestazioni sia in regime privatistico che in convezione con il SSN. La specialità medica viene garantita dalla professionalità, competenza ed esperienza del Dott. Massimo Pigato, già responsabile per il Piemonte della diffusione dell’HoLEP, di riconosciuta fama nazionale con più di mille interventi eseguiti e che da anni opera a Torino. La Holep pur avendo in comune con gli altri trattamenti endoscopici ( Laser o elettrici) la stessa via di accesso, cioè l’uretra, si distingue nettamente dagli altri, come ad esempio quelli eseguiti con laser vaporizzanti, per il risultato ottenuto cioè l’asportazione com-
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pleta dell’adenoma (enucleazione) con netta separazione tra il tessuto prostatico e quello adenomatoso, consentendo l’esecuzione dell’esame istologico sui frammenti asportati. La vaporizzazione al contrario distrugge i tessuti in maniera uniforme senza distinzione e senza tessuto da esaminare. Mentre la HoLEP è definitiva, la vaporizzazione molto frequentemente non lo è per i residui lasciati in sede. Il Laser ad Holmio 120 watt della società LUMENIS è un laser pulsato regolabile in frequenza, ampiezza e potenza, maneggevole e versatile potendo essere utilizzato sia per interventi prostatici che per la calcolosi urinaria. L’intervento di enucleazione prostatica HoLEP offre indubbi vantaggi a tutti i pazienti con sintomi ostruttivi (minzione debole, dolenzia perineale, aumentata frequenza diurna e notturna, urgenza di minzione con episodi di incontinenza etc.) con ingrossamenti al di sopra dei 30 gr in peso valutato ecograficamente anche in trattamento antiaggregante piastrinico (cardioaspirina) L’intervento viene, in genere, eseguito in anestesia spinale con accesso all’organo è per via trans uretrale, come nella TUR-P. Attraverso un video-endoscopio rigido nel quale si inserisce la fibra laser (da 550 micron) collegata alla fonte di energia si stacca l’adenoma dalla falsa capsula fino ad asportarlo completamente. Dopo l’enucleazione l’adenoma viene spinto in vescica e mediante uno strumento detto morcellatore viene spezzettato ed aspirato per essere sottoposto all’esame istologico. Al termine dell’intervento viene posizionato un catetere vescicale che verrà rimosso dopo 1 o 2 giorni. I tempi dell’intervento variano dai 40 ai 90 minuti in base alle dimensioni della prostata ed alla eventuale presenza di calcoli vescicali che vengono frantumati ed asportati nella stessa seduta operatoria. Rispetto alle altre metodiche di intervento la HoLEP ha oggettivi vantaggi per il paziente grazie alla minore invasività dell’intervento chirurgico, al decorso post operatorio solitamente privo di dolore, allo scarso o nullo sanguinamento (l’emissione di energia pulsata permette un’incisione precisa ed esangue) con eliminazione dei trattamenti trasfusionali ed alla degenza ospedaliera post-operatoria ridotta a 48 ore
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RINNOVATO AMBULATORIO OTORINOLARINGOIATRICO
PROBLEMI A RESPIRARE? TUTTO SULL’IPERTROFIA DEI TURBINATI
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DOTT. FABIO BERTONE, SPECIALISTA IN OTORINOLARINGOIATRIA DELLA CLINICA LA VIALARDA DI BIELLA
ostruzione respiratoria nasale da ipertrofia dei turbinati è un disturbo molto comune e fastidioso, soprattutto in determinati periodi dell’anno. I turbinati inferiori sono strutture ossee localizzate all’interno delle cavità nasali e rivestite da mucosa ipervascolarizzata. Sono strutture fondamentali per una corretta respirazione, in quanto svolgono la funzione di depurare, riscaldare ed umidificare l’aria inspirata. Proprio l’elevata componente vascolare (tessuto cavernoso) al di sotto della mucosa dei turbinati, li rende strutture molto sensibili a diversi stimoli, siano essi di natura allergica, termica, emozionale, olfattiva, che ne provocano un repentino incremento o decremento volumetrico, a seconda dei giochi di vasodilatazione/vasocostrizione che si instaurano. È esperienza comune verificare come la respirazione nasale non sia costante nel corso della giornata, ma che si alternino momenti in cui una narice respi-
MOMENTI IN CUI UNA NARICE RESPIRA MEGLIO DELL’ALTRA OPPURE COME IN POSIZIONE SUPINA O IN SEGUITO A UNA REPENTINA ESPOSIZIONE AL SOLE O AI VAPORI DELLA DOCCIA O ALL’INALAZIONE DI QUALCHE PROFUMO, LA RESPIRAZIONE NASALE PEGGIORI
ra meglio dell’altra oppure come in posizione supina o in seguito a una repentina esposizione al sole o ai vapori della doccia o all’inalazione di qualche profumo, la respirazione nasale peggiori. Tutte queste sensazioni sono dovute a momenti in cui si sviluppa una ipertrofia dei turbinati inferiori. Alcuni soggetti tuttavia sviluppano un persistente incremento volumetrico dei turbinati inferiori (ipertrofia), che può comportare, oltre all’ostruzione respiratoria nasale bilaterale o alternante, una incrementata produzione di muco, episodi frequenti di cefalea o di senso di peso in regione periorbitaria, russamento notturno (anche se raramente ne è l’unica causa) che può accompagnarsi a prurito nasale, starnutazione, lacrimazione accentuata, iposmia (riduzione dell’olfatto). Da segnalare come molti dei pazienti affetti da ipertrofia dei turbinati inferiori ricorra spontaneamente all’uso di vasocostrittori, rimedio del tutto controproducente. Il sollievo risulta infatti del tutto momentaneo, mentre gli effetti indesiderati sono molti e rilevanti (assuefazione con necessità di incrementare progressivamente la dose del farmaco per ottenere l’efficacia desiderata, irritazione della mucosa nasale, “effetto rimbalzo” con un peggioramento dell’ipertrofia al termine delle poche ore di efficacia, assorbimento dei vasocostrittori anche a livello sistemico, con ripercussioni sul sistema cardiocircolatorio). Le cause principali di tale ipertrofia sono uno stato allergico dovuto alla sensibilizzazione ai più comuni allergeni come peli di animali, acari, pollini oppure a una iperreattività della mucosa nasale non mediata da uno stimolo allergico, ma da altre situazioni scatenanti come le suddette variazioni di posizione, di temperatura, di umidità o dello stato emozionale. Alla Clinica La Vialarda, nel rinnovato ambulatorio otorinolaringoiatrico, è possibile effettuare un completo inquadramento medico di tale disturbo, attraverso le moderne strumentazioni endoscopiche. L’esame endoscopico consente non solo di
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TALE PROCEDURA È SEMPLICE ED EFFICACE E PUÒ ESSERE EFFETTUATA IN REGIME DI DAY HOSPITAL. VIENE SVOLTA IN ANESTESIA LOCALE (TRAMITE L’UTILIZZO DI PICCOLI TAMPONI DI COTONE IMBEVUTI DI ANESTETICO E POSIZIONATI PER 15 MINUTI NELLE FOSSE NASALI) valutare l’eventuale ipertrofia dei turbinati inferiori, ma anche di accertare o escludere altre situazioni concomitanti come una deviazione del setto nasale, una poliposi nasale o situazioni anatomiche rinosinusali che favoriscono sinusiti ricorrenti. Sono inoltre indicate una valutazione allergologica, per accertare eventuali sensibilizzazioni, e pneumologica, per escludere misconosciute forme asmatiche, che spesso sono presenti anche se in forma lieve in pazienti affetti da rinopatia ipertrofica. Una volta accertata la rinopatia ipertrofica, il trattamento si divide in una terapia medica ed in una terapia chirurgica. La terapia medica consiste principalmente nell’utilizzo ciclico, spesso prolungato, di spray steroidei nasali eventualmente associati ad antistaminici allo scopo di ridurre prurito e starnutazione. Tali spray sono stati recentemente validati anche per l’utilizzo in gravidanza, allattamento ed in età pediatrica. Ciò dimostra come l’assorbimento sia per la massima parte locale e come solo una minima parte degli steroidi finisca per essere assorbita a livello sistemico. Tutto ciò rende l’utilizzo di tali spray sicuro ed esente dagli effetti collaterali tipici delle molecole steroidee. In associazione e come supporto a tali
spray topici, molto importanti sono i lavaggi nasali con soluzione fisiologica. Nel caso in cui un ciclo prolungato di terapia medica non sia risultato efficace od anche in pazienti con scarsa motivazione all’utilizzo ripetuto e costante degli spray, alla Clinica La Vialarda è anche proponibile la decongestione dei turbinati inferiori in anestesia locale. Tale procedura è semplice ed efficace e può essere effettuata in regime di Day Hospital. Viene svolta in anestesia locale (tramite l’utilizzo di piccoli tamponi di cotone imbevuti di anestetico e posizionati per 15 minuti nelle fosse nasali). Il trattamento dura circa 20 minuti e consiste nel decongestionare, sotto visione endoscopica, la mucosa ipertrofica dei turbinati con strumenti (pinza bipolare o radiofrequenze) che provocano una riduzione dei tessuti sottomucosi. La procedura è generalmente tollerata ottimamente dal paziente che non necessita del posizionamento di tamponi nasali e può riprendere, se necessario, l’attività lavorativa già nelle prime giornate post operatorie. Per alcuni giorni si manifesta una leggera cefalea e un’ostruzione respiratoria nasale dovuta alla formazione di piccole croste e secrezioni. Il tasso di soddisfazione dei pazienti dopo tale procedura è molto elevato tuttavia è sempre cura dell’otorinolaringoiatra sottolineare come l’ipertrofia potrebbe nuovamente manifestarsi nel corso degli anni, dato che l’iperreattività nasale predisponente è una caratteristica costante, che non viene risolta dall’intervento. La procedura tuttavia è così ben tollerata ed efficace, che può essere ripetuta, dopo un adeguato lasso di tempo, in caso di recidiva.
Direttore Scientifico: Prof. Elio Guido Rondanelli Monza
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Istituto ad Alta Specializzazione
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Anno XIII numero 37 - Ottobre 2016 Autorizzazione del Tribunale di Monza n. 1724 del 5 marzo 2004 Direttore responsabile: Francesca Giusti - Stampa: Polisystem Progetto grafico: Marco Micci - Immagini: Policlinico di Monza