Il Polietico 40

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Aprile 2018, Anno 15 - N 40 Periodico di informazione

Riservato ai medici e agli operatori sanitari

TAPPE CONSOLIDATE, NUOVI ARRIVI E IMPORTANTI TRAGUARDI n questo numero andiamo ad illustrare l’attività ortopedica svolta dal Policlinico di Monza in Liguria che da settembre 2017 ha preso in gestione l’Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Santa Maria Misericordia di Albenga, sotto la guida dell’Équipe del Dott. Priano e del Dott. Villani. A Torino invece prosegue il lavoro del Prof. Gaita, pezzo da novanta della cardiologia nazionale che da novembre 2017 è in attività alla clinica Pinna Pintor e sempre per restare in tema “cuore” ci spostiamo ad Alessandria con il Prof. Fabbrocini e la sua innovativa tecnica “twist” per i pazienti colpiti da aneurisma post-infarto e poi a Monza con la cardiochirurgia minivasiva. La parte centrale della rivista è dedicata invece ad un ampio approfondimento sull’Istituto di Oncologia del Polilcinico di Monza, guidato dal Prof. Bajetta. Spazio poi alle patologie gastrointestinali con il dott. Barberis e ai progressi dell’Ortopedia con il Prof. Biggi, Direttore Scientifico della relativa Unità Operativa del Policlinico di Monza.

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Il Presidente Dott. M. De Salvo

In questo numero: Albenga: il Policlinico di Monza anche in Liguria Clinica Pinna Pintor: Il Prof. Gaita e la sua grande esperienza

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Ecco come si ripara il cuore con la tecnica Twist L’Istituto di Oncologia, tra convegni, innovazioni e progetti per il futuro

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Alessandria: il Dott. Barberis nuovo Resp. di Gastroenterologia 18 Al Policlinico di Monza arriva la rigenerazione tissutale lipo-derivata, parla il Prof. Biggi 20


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IL POLICLINICO DI MONZA ANCHE IN LIGURIA

IL CENTRO DI ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA DI ALBENGA el mese di settembre 2017 Policlinico di Monza ha partecipato al bando per l’affidamento in gestione dell’Unità Operativa di Ortopedia dell’Ospedale Santa Maria Misericordia di Albenga per poter attuare sul territorio ligure la propria filosofia aziendale di decentramento delle alte specialità verso il paziente. Il territorio ligure infatti nel corso degli ultimi decenni ha vissuto mobilità passive di pazienti che emigravano presso altre regioni (soprattutto Piemonte e Lombardia) anche in ambito ortopedico. La regione Liguria ha quindi inteso attuare una strategia di riduzione di tale flusso di pazienti investendo sul proprio territorio e sulle proprie strutture. Policlinico di Monza è risultato vincitore del bando al quale hanno partecipato tutti i principali Gruppi sanitari privati italiani e in data 12 settembre 2017 è iniziata l’attività clinica-chirurgica con le Équipe del Dott. Ferdinando Priano e del Dott. Giovanni Villani. Policlinico di Monza al fine di poter fornire un miglior servizio ai cittadini ha anche attivato una rete di ambulatori presso cui le équipe ortopediche svolgono la loro attività e segnatamente copre il territorio di Albenga.

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DOTT. FERDINANDO P RIANO, DIRETTORE SCIENTIFICO P OLICLINICO DI MONZA – U.O. DI ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA DELL’OSPEDALE S.M. M ISERICORDIA DI ALBENGA

DOTT. G IOVANNI VILLANI, R ESPONSABILE ÉQUIPE ORTOPEDICA P OLICLINICO DI MONZA – U.O. DI ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA DELL’OSPEDALE S.M. M ISERICORDIA DI ALBENGA

LA REGIONE LIGURIA HA QUINDI INTESO ATTUARE UNA STRATEGIA DI RIDUZIONE DI TALE FLUSSO DI PAZIENTI INVESTENDO SUL PROPRIO TERRITORIO E SULLE PROPRIE STRUTTURE. POLICLINICO DI MONZA È RISULTATO VINCITORE DEL BANDO AL QUALE HANNO PARTECIPATO TUTTI I PRINCIPALI GRUPPI SANITARI PRIVATI ITALIANI E IN DATA 12 SETTEMBRE 2017 È INIZIATA L’ATTIVITÀ CLINICA-CHIRURGICA CON LE ÉQUIPE DEL DOTT. FERDINANDO PRIANO E DEL DOTT. GIOVANNI VILLANI

LA MISSION Il Policlinico di Monza – U.O. di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale S.M. Misericordia di Albenga – è un centro specializzato in chirurgia per il trattamento delle patologie ortopediche, situato nelle vicinanze del centro della città di Albenga, lontano dal traffico cittadino e facilmente raggiungibile dal centro, dalla periferia e dall’Autostrada. L’U.O. di Ortopedia, in gestione al Policlinico di Monza dal 2017, risponde pienamente a tutti i requisiti di efficienza, sicurezza e comfort indispensabili per garantire la quiete ed il benessere dei pazienti. L’U.O. di Ortopedia è accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale per le attività di ricovero ordinario e in Day Hospital; l’attività è sinergica alle strutture pubbliche, in linea con lo spirito di collaborazione e di politica unitaria perseguito dal Piano Socio-Sanitario, in un contesto caratterizzato da elevata sensibilità verso la prerogativa di dare certezza e benessere alla popolazione. L’U.O. di Ortopedia eroga prestazioni nell’ambito della Chirurgia Ortopedica comprendente diagnosi, trattamento chirurgico, cura e primo avvio alla riabilitazione (pazienti sottoposti a interventi di impianti protesici) di pazienti affetti da patologie acute dell’apparato muscolo scheletrico. I servizi sono erogati secondo protocolli diagnostici, terapeutici e riabilitativi di carattere pluri-specialistico, multidisciplinare e multiprofessionale. LA STRUTTURA Il Centro di Ortopedia e Traumatologia dispone di un’unica Unità Operativa per la specialità di Ortopedia e Traumatologia e consta di 29 posti letto al primo piano dell’Ospedale S.M. Misericordia di Albenga, così ripartiti: • 14 camere a due posti letto • 1 camera a 1 posto letto Ogni camera, ampia e luminosa, è dotata di letti articolati, comodino e armadio dedicato, cassaforte e televisione. Il reparto di degenza dispone di segreteria ed accettazione, spazi per le attività e di prericovero, spazi per l’attesa ed il ricevimento dei familiari.


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L’U.O. DI ORTOPEDIA È SPECIALIZZATA NEL TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE PATOLOGIE ORTOPEDICHE ED È ACCREDITATA CON IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE PER LE ATTIVITÀ DI RICOVERO ORDINARIO E IN DAY HOSPITAL; L’ATTIVITÀ È SINERGICA ALLE STRUTTURE PUBBLICHE, IN LINEA CON LO SPIRITO DI COLLABORAZIONE E DI POLITICA UNITARIA PERSEGUITO DAL PIANO SOCIO-SANITARIO, IN UN CONTESTO CARATTERIZZATO STORICAMENTE DA ELEVATA SENSIBILITÀ VERSO LA PREROGATIVA DI DARE CERTEZZA E BENESSERE ALLA POPOLAZIONE

Il Blocco Operatorio dispone di 2 sale operatorie dotate di tutta la strumentazione elettromedicale per la moderna chirurgia ortopedica e di tutti gli spazi necessari all’attività chirurgica.

LE PRESTAZIONI Presso l’U.O. di Ortopedia viene trattata in elezione la totalità delle patologie interessanti gli apparati osteo-muscolare e tendineo. I principali interventi eseguiti dalle nostre Equipe sono così riassumibili: • Artroprotesi totale di ginocchio • Artroprotesi parziale di ginocchio • Artroprotesi totale d’anca • Artroprotesi di spalla • Artroprotesi di caviglia • Artroprotesi di gomito • Revisioni apparecchi protesici • Riparazione dei legamenti della spalla per via artroscopica • Riparazione dei legamenti del ginocchio per via artroscopica • Riparazione dei legamenti della caviglia per via artroscopica • Riparazione dei tendini e delle borse tendinee • Trattamenti artroscopici di lesioni del menisco • Trattamenti chirurgici delle lesioni dita mano/piede


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IL TEAM DI SPECIALISTI Ortopedici • Dott. Ferdinando Priano • Dott. Giovanni Villani • Dott. Emilio Abello • Dott. Paolo Agrimonti • Dott. Lorenzo Cavaleri • Dott. Pier Luigi Desirello • Dott. Marco Guelfi • Dott. Vittorio Lagorio • Dott. Francesco Leonardi • Dott. Renzo Orsi • Dott. Davide Pastorino • Dott. Giacomo Vona Anestesisti • Dott. Enrico Visetti • Dott. Alfredo Azzarello • Dott. Carlo Parodi • Dott. Davide Rebizzo Medici di reparto • Dott. Andrea Schivo • Dott. Roberto Lagorio L’INGRESSO

DELL’OSPEDALE DI

ALBENGA

CURRICULUM VITAE DOTT. GIOVANNI VILLANI ESPERIENZA PROFESSIONALE Dal 2002 ad oggi Dirigente Medico con incarico di collaborazione libero professionale in qualita’ di Medico Chirurgo specializzato in Ortopedia e Traumatologia c/o Clinica Santa Rita di Vercelli Dal 2011 al 2016 Dirigente medico con incarico di collaborazione libero professionale in qualità di Medico Chirurgo specializzato in Ortopedia e Traumatologia c/o il reparto di Ortopedia di Albenga gestione privata GLS Dal 2005 al 2011 Consulente con incarico libero professionale in qualità di Medico Chirurgo c/o l’Ospedale di Bordighera. Dal 2000 al 2002 Dirigente medico con incarico di collaborazione libero professionale in quali-

tà di Medico Chirurgo specializzato in Ortopedia e Traumatologia c/o l’Istituto Galeazzi di Milano.

Aprile 1975 Abilitazione professionale c/o l’Universita’ di Genova

Dal 1999 al 2000 Dirigente medico con incarico di collaborazione libero professionale in qualita’ di Medico Chirurgo specializzato in Ortopedia e Traumatologia c/o la Clinica Citta’ di Bra.

13/06/1975 Iscrizione all’Albo dei Medici Chirurghi della provincia di Savona al nr. 1299

Dal 1985 al 1999 Assistente Medico c/o la divisione di Ortopedia dell’ospedale di Albenga Dal 1977 al 1985 Medico dipendente con incarico di assistente al P.S. ISTRUZIONE E FORMAZIONE 21/03/1975 Laurea in Medicina e Chirurgia c/o l’Università di Genova con punti 102/110 (centodue su centodieci)

28/11/1978 Diploma di specializzazione in Ortopedia e Traumatologia con punti 50/50 (cinquanta su cinquanta) CASISTICA OPERATORIAI Interventi di artroscopia di ginocchio: 9000 Artroscopia di spalle:2500 Ricostruzioni LCA :1250 Protesi di ginocchio 3000 Protesi d’anca: 750 Protesi spalla 200 Protesi varie:800


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L’U.O. DI ORTOPEDIA È PROGETTATA PER EROGARE, IN REGIME DI RICOVERO ORDINARIO E DIURNO, SERVIZI E PRESTAZIONI NELL’AMBITO DELLA CHIRURGIA ORTOPEDICA COMPRENDENTE DIAGNOSI, TRATTAMENTO CHIRURGICO, CURA E PRIMO AVVIO ALLA RIABILITAZIONE (PAZIENTI SOTTOPOSTI A INTERVENTI DI IMPIANTI PROTESICI) DI PAZIENTI AFFETTI DA PATOLOGIE ACUTE DELL’APPARATO MUSCOLO SCHELETRICO

CURRICULUM VITAE DOTT. FERDINANDO PRIANO TITOLI ACCADEMICI Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Genova nella sessione autunnale del 1974 con il massimo dei voti Iscrizione all’Ordine dei Medici e Chirurghi della Provincia di Genova nel 1975 Diploma di Specializzazione in Ortopedia e Traumatologia presso l’Università degli Studi di Genova nel 1977 Idoneità a Medico dello Sport nel 1981 Professore a Contratto presso la Scuola di Specializzazione in Ortopedia e Traumatologia dell’Università di Genova con insegnamento di “Artroscopia in Ortopedia” dal 1996 Professore a Contratto in Ortopedia presso il Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Genova dal 1996 al 1999 Professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Otorinolaringoiatria dell’Università di Genova dal 2001 con insegnamento di Patologia cervicale Socio Ordinario della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia Socio Ordinario della Società Italiana di Chirurgia del Ginocchio Socio Ordinario della Società Italiana di Artroscopia Socio Ordinario della Società Italiana di Traumatologia dello Sport Socio Ordinario della Società Internazionale di Traumatologia degli Sport Invernali Socio Ordinario della Società Italiana di Chirurgia della spalla e gomito

Socio effettivo della Societé Europeenne de Chirurgie de l’Epaule et du Coude Socio Ordinario della Associazione Medici del Calcio Socio della Federazione Medico Sportiva Italiana tessera n° 7373 Socio Internazionale dell’Arthroscopy Association of North America Presidente dell’Associazione Ligure di Artroscopia fino al 2004 Componente del Comitato Direttivo della Società Italiana di Artroscopia dal 1999 Vice Presidente della Società Italiana di Artroscopia dal 2001 Presidente della Società Italiana di Artroscopia dal 2003 Past Presidente della Società Italiana di Artroscopia dal 2005 Faculty Member dello “Shoulder Expert Forum”- Andover USA Membro del Comitato Scientifico dell’83° Congresso della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia Membro dell’Editorial Board Journal of Sports Traumatology Membro del Comitato Scientifico del Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia (GIOT, organo ufficiale della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia) Membro del Comitato Scientifico di “Artroscopia” Organo Ufficiale della Società Italiana di Artroscopia Membro del Comitato Scientifico della Rivista Italiana di Biologia e Medicina Responsabile dei Master di Insegnamento in Artroscopia della Società Ita-

liana di Ortopedia e Traumatologia dal 1998 al 2001 Consulente Ortopedico effettivo del Fondo Assistenza del Personale della Guardia di Finanza dal 1995 Ha al suo attivo 321 Pubblicazioni Scientifiche su Riviste Italiane ed Internazionali TITOLI DI CARRIERA Assistente presso la Divisione Ortopedica dell’Ospedale S. Martino di Genova dal gennaio 1975 al agosto 1993 Aiuto Ospedaliero Corresponsabile del Servizio di Artroscopia e Traumatologia dello Sport presso il Dipartimento di Scienze motorie e riabilitative – Clinica Ortopedica dell’Università di Genova dal 1993 al 1998 Idoneità a Primario Ortopedico ottenuta nel 1987 con il massimo dei voti Dirigente di 2° livello di Unità Operativa Complessa di Ortopedia e Traumatologia presso l’Azienda Ospedaliera Villa Scassi di Genova dal ottobre 1998 al giugno 2000 Direttore del Dipartimento Ortopedico di Policlinico di Monza S.p.A. dal giugno 2000 a tutt’oggi Specializzazione aggiuntiva a quella di ortopedia Diploma di Specializzazione in Medicina dello Sport presso l’Università degli Studi di Genova nel 1980 STAGE ALL’ESTERO Fellow presso il Massachussets General Hospital – Boston USA


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DIRETTORE SCIENTIFICO CARDIOLOGIA A TORINO

IL PROF. GAITA E LA SUA ATTIVITÀ ALLA CLINICA PINNA PINTOR a qualche mese l’organico della Clinica Pinna Pintor si è arricchito di una vera a propria punta di diamante. Stiamo parlando del Prof. Fiorenzo Gaita, nuovo Direttore Scientifico Cardiologia della clinica Pinna Pintor. Questa nuova ed importante collaborazione, così come ha spiegato in prima persona il Prof. Gaita “è nata dall’intezione di creare un polo di alta eccellenza, com’è nello spirito del Gruppo Policlinico di Monza, nel campo dell’Aritmologia cardiaca”. Il Prof. Gaita è stato professore ordinario di Cardiologia presso il Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Torino. Il suo campo di interesse si è da sempre concentrato sulle aritmie cliniche e sulle tecniche di ablazione transcatetere. Negli ultimi trent’anni ha aperto

D P ROF. FIORENZO GAITA, DIRETTORE SCIENTIFICO CARDIOLOGIA DELLA C LINICA P INNA P INTOR

SCHEMA

DELLA TECNICA DI CRIOABLAZIONE CARDIACA TRANS CATETERE

QUESTO TIPO DI INTERVENTO ERA ALLORA ESEGUITO NEL MONDO DA DUE SOLI CARDIOCHIRURGHI, UNO A PARIGI E UNO NEGLI STATI UNITI, MENTRE CON LA MESSA A PUNTO DELLA PROCEDURA TRANS CATETERE SI È DIFFUSO IN TUTTO IL MONDO ED È OGGI AD APPANNAGGIO DEL CARDIOLOGO INTERVENTISTA

la strada a questo campo contribuendo direttamente alla prima ablazione transcatetere da scossa DC (corrente continua) eseguita in Europa, alle prime ablazioni chirurgiche per vie accessorie e alle tecniche di ablazione percutanea delle tachicardie rientranti nodali. “Sono stato tra i primi a livello mondiale ad aver creato ed eseguito interventi di ablazione trans catetere di aritmie sopraventricolari nel 1986 – continua il Prof.Gaita - Io e altri coetanei all’epoca eravamo entusiasti di quanto scoperto, avevamo capito che mettendo dei cateteri nei cuori dei pazienti si potevano individuare dei piccoli fasci muscolari con capacità di conduzione elettrica, responsabili di aritmie pericolose in soggetti giovani e che spesso ne causavano la morte improvvisa durante l’attività fisica. Questo tipo di intervento era allora eseguito nel mondo da due soli cardiochirurghi, uno a Parigi e uno negli Stati Uniti, mentre con la messa a punto della procedura trans catetere si è diffuso in tutto il mondo ed è oggi ad appannaggio del Cardiologo interventista”. Sempre nel 1986 il Prof. Gaita ha organizzato a Torino interventi di ablazione chirurgica delle vie anomale nella sindrome di Wolff-Parkinson-White presso la Divisione di Cardiochirurgia dell’Università di Torino. “Questo intervento – continua il Prof. Gaita ha permesso di curare un altro tipo di tachicardia parossistica sopraventricolare, questa però benigna, tipica del sesso femminile, ma estremamente fastidiosa e che costringeva giovani donne tra i 20 e 40 anni a dover assumere farmaci antiaritmici per tutta la vita. Nel 1991, insieme al Dott. Haissaguerre di Bordeaux, il Prof. Gaita ha quindi ideato la tecnica di ablazione della via lenta, guidata dalla registrazione del potenziale lento nelle tachicardie da rientro nodale. Una tecnica innovativa, a rischio estremamente basso, che ha il 99% di riuscita e che permette di risolvere anche questo tipo di aritmia non pericolosa, ma fastidiosa e limitante per le giovani pazienti. Tale tecnica ha visto poi la sua pubblicazione sulla rivista Circulation ed oggi è di comune utilizzo per la terapia di questo tipo di aritmia.


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PP To r i n o

IL FREDDO E IL CALDO SI SONO QUINDI CONDIVISI ANCHE L’ULTIMA FRONTIERA DELL’ABLAZIONE DELL’ARITMIA PIÙ FREQUENTE AL MONDO CHE SI CHIAMA FIBRILLAZIONE ATRIALE. ANCHE QUESTE PROCEDURE SONO SEMPRE NATE GRAZIE ALLA COLLABORAZIONE DEL GRUPPO DEL PROF. GAITA E DEL GRUPPO DEL DOTT. HAISSAGUERRE DI BORDEAUX

LA C LINICA P INNA P INTOR E UN SUO NUOVO AMBULATORIO DI CARDIOLOGIA

“Si procede con una piccola bruciatura (ablazione trans catetere) che può essere effettuata anche tramite il freddo (crioablazione). Questa metodica richiede più impegno e preparazione da parte del medico, ma è estremamente sicura per il paziente. La punta del catetere viene portata ad una temperatura di -20°30°C in modo che si attacchi alla superficie endocardica del cuore e permetta di verificare il potenziale risultato. Se la risposta è positiva e quindi il risultato è ottimale, una volta ibernato temporaneamente il tessuto, si procede all’eliminazione dello stesso scendendo a 70°C. Il vantaggio della crioablazione è che il catetere rimane incollato alla struttura cardiaca che si vuole asportare e quindi quest’ultima non può spostarsi in zone adiacenti del cuore”. Il freddo e il caldo sono protagonisti anche l’ultima frontiera dell’ablazione dell’aritmia più frequente al mondo che si chiama fibrillazione atriale. Anche queste procedure so-

no sempre nate grazie alla collaborazione del gruppo del Prof. Gaita e del gruppo del Dott. Haissaguerre di Bordeaux. Tali procedure, iniziate in maniera sperimentale nell’ottobre del 1996, sono ormai largamente impiegate anche perché questa patologia colpisce circa il 10% della popolazione superiore ai 65 anni ed è la causa di un terzo degli ictus nel mondo. “Il compito di un direttore scientifico – conclude il Prof. Gaita - è quello di uniformare al meglio, in base alle linee guida, l’operato dei medici che prestano servizio nelle varie Strutture del Gruppo, rielaborare poi i dati dei pazienti trattati per permettere pubblicazioni scientifiche riguardanti nuove apparecchiature, nuove tecniche e nuove conoscenze. In questo senso il Gruppo Policlinico di Monza ha già fatto delle importanti scelte negli anni, mi viene in mente il Centro di Cardiomiopatia Ipertrofica di Monza diretto dal Prof. Paolo Ferrazzi, uno dei massimi esperti nel campo. Lo scopo del Direttore Scientifico è quindi proprio quello di permettere l’interscambio tra gli operatori del Gruppo e specialisti con esperienza sia nazionale che internazionale, il tutto per un unico fine: il miglior trattamento per il singolo paziente oltre ovviamente all’attività formativa e alla ricerca”.

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MONZA: UN BINOMIO VINCENTE PER LA CHIRURGIA DEL CUORE

VALVOLA AORTICA SENZA PUNTI E I PLUS DELLA CHIRURGIA MININVASIVA a chirurgia minivasiva, a differenza dell’approccio tradizionale, agisce attraverso incisioni operatorie di piccole dimensioni. Ciò fa sì che l’intervento eseguito con questa metodica, seppur delicato, sia soggetto a meno rischi, meno complicazioni, necessiti di meno giorni di ospedalizzazione e quindi consenta al paziente una ripresa in tempi più rapidi. In questo numero della nostra rivista affrontiamo quindi il tema della chirurgia minivasiva in campo cardiaco e lo facciamo con il Dott. Pierpaolo Greco, Responsabile del Centro per la Chirurgia minivasiva della valvola aortica del Policlinico di Monza.

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DOTT. G UIDO LANZILLO, DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI CARDIOCHIRURGIA DEL P OLICLINICO DI MONZA

DOTT. P IERPAOLO G RECO, R ESPONSABILE DEL C ENTRO PER LA C HIRURGIA MINIVASIVA DELLA VALVOLA AORTICA DEL P OLICLINICO DI MONZA

Dott. Greco, che cosa si intende esattamente per chirurgia cardiaca mininvasiva ? “L’approccio mininvasivo è correlato ad una strategia specifica volta a ridurre il grado di invasività chirurgica, piuttosto che a una procedura specifica”. La riduzione dell’invasività dell’intervento cardiochirurgico attraverso mini-incisioni ha raggiunto ormai lo standard nella chirurgia mitralica. Oggi la nuova frontiera è la standardizzazione a bassisimo rischio di un approccio mini-invasivo sulla valvola aortica, per offrire al paziente una opzione ulteriore ed innovativa nel trattamento della valvulopatia aortica”. Cos’è la valvola aortica e in quali patologie valvolari può essere effettuato l’approccio mininvasivo ? “La valvola aortica si trova nell’orifizio presente tra il ventricolo sinistro del cuore e l’imbocco dell’aorta. Il suo compito è di regolare il flusso di sangue ossigenato verso i vari tessuti e organi del corpo, impedendo inoltre il reflusso di sangue nel ventricolo sinistro. È una valvola unidirezionale. Nel caso di una sua imperfetta chiusura con conseguente ritorno di sangue all’interno del ventricolo, questa viene definita “insufficiente”; quando invece si calcifica restringendosi a tal punto da costituire un ostacolo all’efflusso del sangue dal cuore agli organi, essa si definisce “stenotica”. L’approccio mininvasivo può essere effettuato sia in presenza di insufficienza che di stenosi valvolare aortica”.

In cosa consiste l’approccio mininvasivo e quali sono i vantaggi rispetto alla chirurgia tradizionale? “L’intervento tradizionale cardiochirurgico sulla valvola aortica resta il gold standard terapeutico, con ampia documentazione dei risultati sia a breve termine che a distanza di tempo. Già da alcuni anni, la sostituzione della valvola aortica in caso di stenosi severa può essere eseguita, in casi selezionati, per via percutanea (TAVI). La TAVI rappresenta un importantissimo strumento di cura nel trattamento della stenosi aortica in quei pazienti nei quali l'intervento chirurgico a cuore aperto è controindicato. Contrapporre quindi un approccio tradizionale, che comporta l’apertura completa del torace, ad un approccio totalmente percutaneo, non può che essere fuorviante. Al Policlinico di Monza si è scelta una terza via: quella, cioè, di ridurre l’invasività dell’intervento tradizionale sulla valvola aortica (che rimane lo standard terapeutico), mutuando quanto imparato dalla chirurgia mini-invasiva della mitrale. Ciascun paziente affetto da patologia aortica viene discusso collegialmente fra emodinamisti e cardhirurghi, e ciò ha il grande vantaggio di poter offrire a ciascuno la soluzione terapeutica più idonea al trattamento della rispettiva patologia, in considerazione dell’età, delle condizioni generali, cardiocircolatorie, respiratorie, metaboliche. Gli approcci mininvasivi alla valvola aortica sono essenzialmente due: la sternotomia parziale superiore o ministernotomia (tecnica più comune che prevede incisioni cutanee più corte e consente di lasciare intatta una parte dello sterno) e la minitoracotomia anteriore destra a cui si accede tramite il secondo spazio intercostale destro. Al Policlinico di Monza abbiamo adottato ormai di routine l'approccio ministernotomico, poiché esso non prevede la necessità d’impiego di accessi chirurgici vascolari periferici, consente la visione diretta dell’aorta e della sua valvola, nonchè l’utilizzo della strumentazione chirurgica standard. Lo screening dei pazienti comprende la valutazione della posizione nel


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L’APPROCCIO MININVASIVO GARANTISCE NON SOLO LA STESSA QUALITÀ E SICUREZZA DI UN APPROCCIO TRADIZIONALE, MA ANCHE MIGLIORI RISULTATI CLINICI, IN PARTICOLAR MODO LA RIDUZIONE DELL’INCIDENZA DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE POST-OPERATORIA, DEI TEMPI DI VENTILAZIONE MECCANICA E DI DEGENZA POSTOPERATORIA

tempi di ventilazione meccanica e di degenza postoperatoria. Richiedendo minore dissezione chirurgica, si riducono notevolmente le perdite ematiche e quindi il bisogno di emotrasfusioni. Assicura e riduce al contempo il trauma chirurgico, il dolore e le possibili complicanze legate all’intervento, con particolare attenzione a un recupero funzionale più rapido, tempi di ricovero estremamente più contenuti e miglior risultato estetico”. Quale tipologia di interventi può essere condotta attraverso un approccio mininvasivo? “Attraverso un’incisione di circa 4 cm praticata all’altezza della porzione centrale dello sterno, si accede all’aorta e alla valvola aortica per eseguire interventi sia di tipo riparativo che di tipo sostitutivo. In presenza di vizio valvolare condizionante insufficienza aortica, è possibile riparare la valvola nativa attraverso l’impiego di complesse tecniche di plastica valvolare tra le quali la risospensione del margine libero, la resezione parziale, l’applicazione delle cuspidi valvolari e l’anuloplastica sub commissurale. Tuttavia, l’insufficienza isolata della valvola aortica può rendere necessaria la sostituzione della valvola stessa con una protesi, e questa evenienza è la routine in caso di stenosi severa della valvola se - come accade soprattutto nel paziente anziano - sono presenti importanti calcificazioni. Nelle forme associate a dilatazione dell’aorta ascendente è possibile associare alla chirurgia riparativa o sostitutiva valvolare anche la sostituzione dell’aorta ascendente con o senza reimpianto delle coronarie (intervento di David o di Wheat/Bentall)”.

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SOPRA,

FOTO POST OPERATORIA DI STERNOTOMIA PARZIALE SUPERIORE.

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DESTRA, IMMAGINE DI STERNOTOMIA MEDIANA COMPLETA

torace dell’aorta e delle sue diramazioni principali, la valutazione della qualità della parete dell’aorta, la valutazione della morfologia della valvola mediante l’esame ecocardiografico, la valutazione dello stato e del decorso delle coronarie. L’approccio mininvasivo garantisce non solo la stessa qualità e sicurezza di un approccio tradizionale, ma dimostra migliori risultati clinici, in particolar modo la riduzione dell’incidenza della fibrillazione atriale post-operatoria, dei

Quali tipi di protesi oggi possono essere impiantate attraverso un approccio mininvasivo? “Tutte, siano esse protesi di tipo meccanico o biologico. La valvola meccanica è robusta e duratura al punto da poter essere ritenuta una soluzione definitiva. È realizzata con materiali a base di leghe metalliche, di carbonio pirolitico e da un anello di sutura in poliestere. Per via dei materiali sintetici utilizzati il paziente dovrà seguire cronicamente una terapia anticoagulante al fine di diminuire il rischio di episodi tromboembolici. La valvola biologica invece è composta da materiale di origine animale. Questa composizione da un lato non richiede che il paziente segua una terapia anticoagulante, dall’altro espone la valvola ad usura con il passare del tempo”.


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LIVANOVA PERCEVALL

EDWARDS INTUITY ELITE

Quali novità ci sono nell’ambito delle bioprotesi? “Nel corso degli ultimi anni si è osservato un incremento progressivo dei pazienti più anziani e ad alto rischio con indicazione ad intervento chirurgico di sostituzione valvolare aortica. Uno degli obiettivi del progresso tecnologico applicato alla cardiochirurgia è la riduzione del rischio operatorio, soprattutto in quei pazienti ritenuti più “fragili”, attraverso l’approccio mininvasivo e al contempo la riduzione dei tempi dell’intervento associato ad un miglioramento del risultato postoperatorio. In questa ottica di intenti, trova giustificazione l’impiego di valvole chirurgiche senza suture. Si tratta delle valvole “sutureless” e “a rapido rilascio”, i cui vantaggi sono rappresentati dall’eccellente profilo emodinamico e dalla possibilità di impiego sempre attraverso approcci mininvasivi, in situazioni anatomiche sfavorevoli, nei casi di reintervento per degenerazioni di protesi precedentemente impiantate o tubi valvolari biologici e nei pazienti più anziani”. Attualmente presso il Dipartimento di Cardiochirurgia del Policlinico di Monza, diretto dal Dott. Guido Lanzillo, vengono impiegate entrambe le tipologie di protesi suturless: la protesi Percevall della LivaNova (concepita e realizzata interamente in Italia) e la Edwards Intuity Elite (realizzata negli Stati Uniti). Entrambe sono protesi biologiche in pericardio bovino, fissate all’interno di uno stent me-

tallico e, come dice il nome stesso, non richiedono suture o punti oppure necessitano di pochi punti, per essere impiantate nell’anulus aortico. Questo approccio chirurgico richiede l’utilizzo della circolazione extracorporea (CEC), permette la rimozione delle cuspidi della valvola malata e delle calcificazioni che il processo degenerativo ha formato anche sull’anulus valvolare. L’impiego delle protesi sutureless ha l’importante vantaggio di ridurre significativamente il tempo di clampaggio aortico e, con esso, il tempo di ischemia cardiaca e, di conseguenza, permette anche una riduzione della durata complessiva dell’intervento e del trauma biologico generale. La protesi Intuity si basa sul modello convenzionale della ormai collaudatissima protesi Perimount Magna Ease. È costituita da lembi di pericardio bovino all’interno di un anello di fissaggio attraverso al quale normalmente sono passati dei punti di sutura. Alla base di questo anello in direzione ventricolare è presente uno stent in metallo espandibile. La protesi, attraverso tre punti chirurgici “guida”, è spinta all’interno dell’anulus aortico e lì impiantata. Lo stent viene aperto e fissato attraverso una dilatazione con palloncino (4 atm di pressione) e le 3 suture “guida” annodate. La presenza di queste ultime (solitamente una protesi valvolare aortica è fissata con 12-30 suture staccate o 3 suture continue in base alla tecnica di fissaggio) fa denominare questa protesi “rapid deployement system”, per la possibilità di impianto più rapido rispetto ad una protesi convenzionale. La protesi Perceval, invece, è la bioprotesi realmente sutureless anche detta “self-anchoring”, cioè impiantabile senza l'ausilio di suture di fissaggio. Questa caratteristica ne rende l'impianto molto più veloce rispetto alle protesi tradizionali: abbiamo infatti documentato una riduzione media del tempo in cui il cuore viene fermato di circa il 50%, con ovvia significativa riduzione del trauma biologico per il paziente. La parte funzionale è in pericardio bovino mentre lo stent superelastico autodilatante è in nitinolo. La protesi viene collassata subito prima dell’impianto attraverso un’attrezzatura dedicata e montata su uno specifico sostegno o “holder” per essere poi guidata nell’anulus aortico e lì espansa nuovamente, perchè rimanga stabilmente nella sua posizione definitiva. Purtroppo il costo di queste protesi valvolari è superiore rispetto alle protesi convenzionali, ma è ampiamente documentato che il migliore


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L’IMPIEGO DI QUESTA NUOVA GENERAZIONE DI PROTESI SUTURELESS RAPPRESENTA UNA CONCRETA ED EFFICACE ALTERNATIVA PER LA TERAPIA CHIRURGICA DELLA STENOSI AORTICA SINTOMATICA SEVERA, SOPRATTUTTO NEI PAZIENTI AD ALTO RISCHIO PER L’INTERVENTO TRADIZIONALE decorso postoperatorio dei pazienti trattati con tecnica mini-invasiva (meno dolore, decorso più rapido, minor ricorso alle trasfusioni, ridotta ospedalizzazione) ripaghi ampiamente i maggiori oneri che la nostra Amministrazione si è sobbarcata, consentendo quindi di ottenere risultati di indiscutibile valore. La qualità e durata di queste protesi sutureless sono sovrapponibili a quelle delle migliori attuali protesi tradizionali? “Sebbene non esistano ancora follow-up a lungo termine, recenti studi dimostrano un vantaggio nel risultato finale. Sono già noti invece i follow-up per le protesi convenzionali in commercio alla cui parte biologica è stato solo aggiunto un sistema di impianto senza sutura”. Le tecniche mininvasive sono gravate da intenso dolore post-operatorio o espongono il paziente ad un maggior rischio chirurgico? Assolutamente no. “L’approccio mininvasivo dimostra una riduzione del dolore operatorio e post-operatorio, minimizzando rischi e complicanze”. Dopo la dimissione, quale iter deve seguire il paziente? “Ad un mese dall’intervento è previsto un controllo post-operatorio con esami specifici a supporto della visita (radiografia al torace, ecocardiografia ed elettrocardiogramma). Successivamente il paziente viene riaffidato al cardiologo di fiducia con cui programmerà i controlli annuali”. Possiamo quindi dire che l’impiego di questa nuova generazione di protesi sutureless rappresenta una concreta ed efficace alternativa per la terapia chirurgica della stenosi aortica sintomatica severa, soprattutto nei pazienti ad alto rischio per l’intervento tradizionale. Tutti i modelli sutureless garantiscono una riduzione dei tempi di impianto e quindi di ischemia cardiaca e questo può rappresentare un grosso

vantaggio specialmente in caso di interventi complessi, combinati o nei reinterventi. Inoltre in presenza di pazienti con una piccola radice aortica, che non potrebbero quindi ottenere un buon risultato con una protesi tradizionale o stented o una procedura TAVI, è possibile avere un ottimo effetto emodinamico con l’impiego di una protesi sutureless grazie al suo ingombro estremamente ridotto (manca infatti lo stent delle protesi tradizionali). L’impiego delle protesi sutureless in chirurgia mininvasiva, il breve tempo di impianto e il facilitato posizionamento legato al collasso della protesi, sono dei grossi vantaggi per l’impianto attraverso piccoli accessi chirurgici. La sostituzione valvolare aortica isolata effettuata nel Centro per la Chirurgia minivasiva della valvola aortica del Policlinico di Monza, avviene di routine per via mininvasiva attraverso una ministernotomia o una minitoracotomia laterale destra. Quando poi ad un approccio mininvasivo si aggiunge la possibilità di impiego di una protesi sutureless, si associa al beneficio di un minore trauma chirurgico il beneficio di una procedura con un tempo di ischemia cardiaca e di circolazione extracorporea significativamente minori. “La nostra attuale speranza, ma che diviene con il passare dei giorni consolidata certezza, è che questo tipo di protesi senza necessità di suture possa essere adoperata anche in pazienti più giovani e con rischio chirurgico più basso dal momento che la tecnologia sutureless è già compatibile con gli impianti futuri trans-catetere. Questo non comporterebbe la necessità di un reintervento in futuro né l’impiego cronico di terapia anticoagulante con i rischi tromboemorragici ad essa relati”. I risultati dei primi 200 interventi consecutivi eseguiti al Policlinico di Monza mediante approccio mininvasivo sono estremamente incoraggianti, tanto da ricevere riscontro a livello internazionale ed essere presentati ai congressi delle Società Italiana ed Europea di Cardiochirurgia. Data l’esperienza raggiunta ed i risultati incoraggianti, all’interno del Dipartimento di Cardiochirurgia del Policlinico di Monza è stato sviluppato un programma di formazione sulla chirurgia sostitutiva della valvola aortica con tecnica mininvasiva ed utilizzo di protesi sutureless. Questo programma formativo ha visto la presenza al Policlinico di cardiochirurghi provenienti dal Sud Africa, Ungheria, Gran Bretagna ed India.


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L’ISTITUTO DI ONCOLOGIA DEL POLICLINICO DI MONZA

TRA CONVEGNI E INNOVAZIONI PER UN UNICO OBIETTIVO: LA TUA SALUTE ncora passi avanti per l’IDO, l’Istituto di Oncologia del Policlinico di Monza, che prosegue senza sosta la sua crescita nella lotta contro il cancro. Abbiamo nuovamente incontrato il suo Direttore, il Prof. Emilio Bajetta che ha illustrato i nuovi sviluppi dell’Istituto e del prossimo importante seminario “Oncologia: evoluzione nelle conoscenze” organizzato dall’ITMO e Fondazione G. Facchetti che si terrà il 25 maggio proprio al Policlinico di Monza. Una giornata ricca di interventi tra cui verranno trattati argomenti pressochè inediti come la fertilità, la gravidanza e le terapie in ambito oncologico; i primi passi dell’immunoterapia S sui tumori intestinali; le problematiche legate

alla mastectomia profilattica; le terapie avanzate per il carcinoma alla prostata; la legge Gelli un anno dopo le responsabilità delle decisioni di gruppo e il tema dei centri di radioterapia del domani.

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P ROF. E MILIO BAJETTA, DIRETTORE DELL’ISTITUTO DI ONCOLOGIA DEL P OLICLINICO DI MONZA

Ma torniamo all’IDO di cui uno dei punti fondamentali che in questi anni ha fatto di questa struttura uno dei Centri di riferimento dell’Oncologia lombarda è senz’altro il suo approccio nei confronti della malattia e del malato. “La miglior cosa che oggi l’oncologia possa offrire – spiega il Prof. Bajetta – è l’introduzione di una nuova metodologia di lavoro che preveda la decisione multidisciplinare. Ciò significa che è ormai finito il tempo del singolo primario, della decisio-

Presentazione Policlinico di Monza Istituto di Oncologia

Il palinsesto dei Congressi I.T.M.O. - Fondazione G. Facchetti è tendenzialmente standard ed ha finalità gruppo.itmo@tiscali.it educazionale e formativa. Italian Trials in Medical Oncology

I titoli A delle sessioni tendono ad essere stabili: l’innovazione è nella scelta ad hoc dell’Oratore che farà una lezione di qualificato e aggiornato profilo.

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Ogni due anni abbiamo un selezionato adeguamento alla naturale evoluzione delle conoscenze, che realizziamo modulando il contenuto delle lezioni. Il significativo numero di partecipanti ci stimola a proseguire secondo la linea che abbiamo privilegiato.

Associazione Italiana di Oncologia Medica

Fondazione Giacinto Facchetti per lo studio e la cura dei tumori O.N.L.U.S.

Centro ad Alta Specializzazione per lo Studio e la Cura dei Carcinoidi e dei Tumori Neuroendocrini

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XXIII Riunione Nazionale I.T.M.O.

ONCOLOGIA: UNA GIORNATA RICCA DI INTERVENTI TRA CUI VERRANNO TRATTATI ARGOMENTI PRESSOCHÈ INEDITI COME LA FERTILITÀ, LA GRAVIDANZA E LE TERAPIE IN AMBITO ONCOLOGICO; I PRIMI PASSI DELL’IMMUNOTERAPIA SUI TUMORI INTESTINALI; LE PROBLEMATICHE LEGATE ALLA MASTECTOMIA PROFILATTICA; LE TERAPIE AVANZATE PER IL CARCINOMA ALLA PROSTATA; T C LA LEGGE GELLI UN ANNO DOPO E LE RESPONSABILITÀ DELLE DECISIONI DI GRUPPO E IL TEMA SUI CENTRI DI RADIOTERAPIA DEL DOMANI

EVOLUZIONE A DELLE CONOSCENZE Coordinatore: Prof. Emilio Bajetta Monza, 25 maggio 2018 Sede: Aula “Faggi” Policlinico di Monza Istituto di Oncologia Via Carlo Amati, 111

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ne terapeutica presa da un solo professionista. E’ necessario riunirsi, confrontarsi, discutere e far nascere la migliore scelta terapeutica per il paziente”. Cosa si intende quindi per “multidisciplinarietà decisionale”? Per spiegarlo è necessario parlare di MOC (Multidisciplinare Oncologia Chirurgia). “Ogni settimana avviene un incontro tra gli specialisti di chirurgia e quelli di oncologia per un reciproco scambio e confronto – spiega ancora il Prof. Bajetta - Durante queste riunioni vengono esposti i casi oncologici e ne viene discusso e deciso l’approccio migliore, ad esempio se il paziente sia operabile o meno e se sia opportuna una terapia pre operatoria”.

DA SINISTRA: DOTT. LORENZO DOTTORINI, DOTT.SSA LAURA CATENA, DOTT. ITALO SARNO, P ROF. E MILIO BAJETTA, DOTT. G IANDOMENICO DI M ENNA, DOTT.SSA ANNAMARIA MARTE LA

SEDE DELL’IDO AL

P OLICLINICO

DI

MONZA

In molti casi di patologia tumorale, come mammella e stomaco, si tende infatti a sottoporre il paziente ad un ciclo di chemioterapia prima di passare all’atto chirurgico, questo per far regredire il tumore e riportare all’operabilità un paziente che prima non lo era. Ruolo fondamentale in questi casi è quello dell’esame istologico che permette di ricavare informazioni biologiche sul tipo di tumore al fine di trattarlo nel modo più specifico possibile.


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LA BREAST UNIT Da molti anni ormai è nota sul territorio l’attività della Breast Unit dell’Istituto di Oncologia del Policlinico di Monza, un polo di riferimento per tutte le donne che si trovano ad affrontare un tumore al seno.

DOTT. FRANCESCO D’E RRICO, R ESPONSABILE DELLA B REAST U NIT DEL P OLICLINICO DI MONZA

“La Breast Unit - spiega il suo coordinatore, Dott. Francesco d’Errico - svolge attività multidisciplinare con specialisti di vario settore, che collaborano per arrivare ad una diagnosi condivisa e garantire a tutte le donne, in egual modo, un percorso diagnostico-terapeutico di eccellenza secondo linee guida emesse e riconosciute a livello Internazionale”. All’interno della Breast Unit, le pazienti troveranno cure e tecniche chirurgiche all’avanguardia, non ultima quella del lipofilling come supporto alla ricostruzione del seno dopo l’intervento demolitivo. Le donne che hanno subito una mastectomia o una quadrantectomia possono oggi contare su un valido alleato per tornare ad avere un seno il più possibile naturale: il proprio grasso ricco di cellule staminali, utilizzato dal chirurgo plastico come adiuvante alla ricostruzione mammaria.

DOTT. G IOVANNI PALITTA, R ESPONSABILE DELL’U NITÀ OPERATIVA DI C HIRURGIA PLASTICA DELLA B REAST U NIT DEL P OLICLINICO DI MONZA

“Grazie al lipofilling - spiega il Dott. Giovanni Palitta, Responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia plastica della Breast Unit del Policlinico di Monza - il grasso viene prelevato dall’addome o dall’interno delle cosce (le zone adipose più ricche di staminali), purificato e reiniettato per ripristinare forme e volumi originari, a completamente dell’impianto di protesi mammarie o per andare a riempire i vuoti e correggere difetti lasciati dalla quadrantectomia (asportazione parziale del seno).

IL GRASSO VIENE PRELEVATO DALL’ADDOME O DALL’INTERNO DELLE COSCE (LE ZONE ADIPOSE PIÙ RICCHE DI STAMINALI), PURIFICATO E REINIETTATO PER RIPRISTINARE FORME E VOLUMI ORIGINARI, A COMPLETAMENTO DELL’IMPIANTO DI PROTESI MAMMARIE O PER ANDARE A RIEMPIRE I VUOTI E CORREGGERE DIFETTI LASCIATI DALLA QUADRANTECTOMIA (ASPORTAZIONE PARZIALE DEL SENO)

Ma non è tutto perché le cellule staminali del grasso migliorano le cicatrici (specie quelle retraenti molto antiestetiche) e la qualità della pelle del seno, migliorandone la vascolarizzazione. “Questa tecnica – conclude il Dott. Palitta – viene anche utilizzata per rigenerare l’epidermide della parete toracica affetta da radiodermite ovvero quando la pelle è assottigliata e ustionata a causa della radioterapia. In questo caso, prima di procedere alla ricostruzione mammaria, si effettua una lipostruttura della parete”. All’interno della Breast Unit cooperano diversi specialisti quali: Senologo, Radiologo, Chirurgo Senologo, Chirurgo Plastico, Anatomopatologo, Oncologo Medico, Radioterapista, Psicologo, Genetista, Fisiatra, Case Manager. Oggi chi sceglie di affidarsi ad un Centro di Senologia troverà l’esperienza di medici “dedicati”, che lavorano in sinergia e condividono un obiettivo comune. CENTRO PER LO STUDIO E LA CURA DI DONNE DI ETÀ >-70 ANNI CON CARCINOMA MAMMARIO Un altro importante progetto portato avanti dall’IDO è quello chiamato “Elderly”, scopriamo quindi di che cosa si tratta. L’invecchiamento della popolazione è una caratteristica che ritroviamo nella maggior parte dei Paesi industrializzati. Il progresso scientifico, il miglioramento delle condizioni di vita, associati a fattori genetici e al mantenimento di uno stile di vita salubre, hanno determinato un allungamento della vita media della popolazione. L’Italia è tra i Paesi con il più alto indice di vecchiaia al mondo. In particolare, negli ultimi decenni, si è avuto un notevole incremento dell’aspettativa di vita, che nel corso di circa un secolo è quasi raddoppiata. Gli ultimi dati a disposizione, ci dicono che l’aspettativa di vita alla nascita per le donne è di 85,0 anni, quella degli uomini di 80,3 anni. L’invecchiamento è un fattore importante nello sviluppo del cancro a causa di molteplici meccanismi, tra cui l’accumulo di fattori cancerogeni e mutazioni nell’organismo e la ridotta capacità di riparazione dei danni genetici, l’incidenza dei tumori aumenta drasticamente con l’età a partire dai 55 anni.


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I L G RUPPO MULTIDISCIPLINARE DELL’ISTITUTO DI ONCOLOGIA DEL P OLICLINICO DI MONZA

Il cancro potrebbe essere quindi definito come una patologia tipica della popolazione geriatrica. Quest’ultima risulta ormai costituita da due gruppi di soggetti, i cosiddetti “anziani giovani” con un’età compresa tra i 65 e gli 80 anni e i “grandi anziani” con un’età sopra gli 80 anni; i due gruppi hanno caratteristiche spesso differenti. In generale, l’insorgenza della patologia oncologica nei pazienti anziani pone spesso il clinico in grande difficoltà in quanto si vede costretto ad affrontare una patologia dall’andamento evolutivo e potenzialmente letale in soggetti che molto spesso presentano patologie concomitanti, condizioni socio-familiari o condizioni cliniche generali che non consentono un utilizzo completo delle terapie chirurgiche, mediche e radianti di cui si dispone o perlomeno costringono il medico a chiedersi se quel paziente sia in grado di tollerare un trattamento standard o se questo debba essere eseguito con dosi personalizzate o ancora se il paziente che si ha di fronte non sia in grado di tollerare alcun tipo di terapia e debba essere avviato alla sola terapia di supporto. Nell’ambito della patologia mammaria, il tumore al seno è la neoplasia più frequente nella popolazione femminile in tutte le classi di età e, tra i 70 e gli 84 anni, si stima che colpisca una donna ogni 21, con l’età che è tra i maggiori fattori di rischio per il cancro al seno e con il 21% dei casi che si verifica sopra i 70 anni.

La mortalità è in calo da anni, ma non per le donne sopra i 70 anni, rappresentando questo un dato che vuole essere un campanello di allarme: significa che le pazienti over 70 oggi non sono trattate in modo adeguato. Bisogna evitare di sotto-trattarle, cioè di non prescrivere le cure adeguate solo perché anziane e di fare cure eccessive in chi è fragile. Questo rischio, a cui i medici sono esposti, è frutto di una variabile combinazione derivante da alcune motivazioni tra cui spiccano la mancata inclusione delle over 70 negli studi clinici e nei programmi di screening. Nella casistica del Centro di Senologia del Policlinico di Monza, nelle ultime occasioni di confronto sui dati clinici, è stato più volte sottolineato il numero particolarmente rappresentato di pazienti ultrasettantenni. “Questa osservazione - aggiunge il Prof. Bajetta - se da una parte non ha comportato particolari problemi gestionali, da un’altra ci ha spinti a considerare quella della paziente anziana che afferisce al nostro Centro, come un’occasione di sviluppo e approfondimento per migliorare lo standard qualitativo delle cure prestate, individuando, con i supporti del caso, un percorso particolare, in linea con le esigenze prima evidenziate e, a nostra conoscenza, unico. A queste donne noi proporremmo in un’unica convocazione: visita senologica con impegnativa rilasciata dal Medico di Medicina Generale, eventuale mammografia con impegnativa dello Specialista Senologo, appuntamento tramite un numero telefonico dedicato e con uno sportello di accettazione ubicato a Monza 2, essendo in tale sede presenti sia l’ambulatorio senologico che il relativo studio mammografico”. Nei casi di patologia accertata, si renderà disponibile un’équipe multidisciplinare per la valutazione di un percorso terapeutico ottimale presso il Centro. Nei casi di assenza di patologia, le donne verranno calendarizzate per un controllo senologico periodico. “Con l’appoggio e l’assistenza del Gruppo I.T.M.O. e della Fondazione Giacinto Facchetti - prosegue il Prof. Bajetta - si potrebbe formalmente dare vita, all’interno del Policlinico di Monza, al Centro per lo studio e la cura di donne di età >_ 70 anni con carcinoma mammario”.


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I TUMORI RARI Esiste poi un altro campo all’interno dell’IDO di fondamentale importanza ed è quello dei tumori rari.

DOTT.SSA LAURA CATENA, RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI ONCOLOGIA DEL P OLICLINICO DI MONZA

“La famiglia dei tumori rari – spiega la Dott.ssa Laura Catena - è costituita da neoplasie molto differenti per sede di insorgenza e per istotipo. Per identificare questo gruppo di neoplasie, si è scelto, a livello internazionale, di ricorrere al criterio dell’incidenza, cioè del numero di nuovi casi anno per una determinata patologia”. Il progetto europeo sui tumori rari, RARECAREnet (Information network on rare cancers), finanziato dalla Commissione Europea, ha definito tumori rari le malattie oncologiche con un tasso di incidenza inferiore a 6 ogni 100.000 persone ogni anno. Nell’ambito del progetto è stato stilato un elenco di 198 entità classificate come rare. “Pur in considerazione della bassa incidenza di ogni singolo tumore raro – continua la Dott.ssa Catena - la somma di tutte le persone affette da tumori rari in Europa è molto elevata: infatti circa il 20-25% dei tumori diagnosticati in un anno nel nostro continente, può rientrare nel gruppo dei tumori a bassa incidenza. In Italia in totale 89.000 persone hanno una diagnosi di tumore raro ogni anno, cioè 1 neoplasia diagnosticata su 4 è rara”. All’interno di questa famiglia si collocano i tumori neuroendocrini (4% di tutte le neoplasie rare in Italia) che contano quindi per 4 nuovi casi/anno ogni 100.000 abitanti. Il rapporto di AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori) del 2015 ha indicato come vi sia un’incidenza pari a 2697 nuovi casi e una prevalenza (numero totale di pazienti con questa diagnosi/anno) di 23937 casi.

LA FAMIGLIA DEI TUMORI RARI È COSTITUITA DA NEOPLASIE MOLTO DIFFERENTI PER SEDE DI INSORGENZA E PER ISTOTIPO. PER IDENTIFICARE QUESTO GRUPPO DI NEOPLASIE, SI È SCELTO, A LIVELLO INTERNAZIONALE, DI RICORRERE AL CRITERIO DELL’INCIDENZA, CIOÈ DEL NUMERO DI NUOVI CASI ANNO PER UNA DETERMINATA PATOLOGIA

Estrapolando i dati per la Regione Lombardia, si evince come i nuovi casi stimati, valutati sulla popolazione nel 2010, siano circa 400, la casistica più grande tra le regioni italiane. I tumori endocrini sono neoplasie che originano dalle cellule del sistema neuroendocrino diffuso che si trova dislocato in molti organi del corpo umano (polmone, tratto gastroenterico, cute, etc.). Le sedi di insorgenza di queste neoplasie sono molte (circa il 46% insorge nel tratto gastro-enterico) e il grado di aggressività può essere molto variabile, da forme indolenti a lenta evoluzione e bassa malignità, a neoplasie altamente aggressive con prognosi infausta. La sopravvivenza a 1 e 5 anni per la totalità di queste neoplasie è rispettivamente del 79 e 63%, leggermente più alta della media europea che si colloca al 71 e 54%. Nelle forme più indolenti, in Italia, la sopravvivenza a 5 anni è stimata attorno al 76%, mentre nelle forme aggressive è del 44%. I fattori eziologici di queste neoplasie sono ad oggi sconosciuti, fatta eccezione per le rare forme che insorgono nell’ambito di sindromi genetiche a carattere familiare come le MEN (multiple endocrine neoplasia). “Il trattamento di queste neoplasie - prosegue la Dott.ssa Catena - è chirurgico nelle fasi più precoci della malattia, mentre si avvale di farmaci antiblastici, terapie a bersaglio molecolare e immunoterapia nelle fasi più avanzate. Rimangono comunque, a tutt’oggi, numerosi bisogni clinici insoddisfatti”. Come accade per la maggior parte delle malattie rare, la presa in carico dei soggetti con tumore a bassa incidenza è spesso difficile e complessa. Per la loro rarità, i pazienti colpiti da questi tumori incontrano maggiore difficoltà nell’ottenere una diagnosi adeguata e di conseguenza un trattamento idoneo e probabilmente ciò spiega il riscontro di sopravvivenze a 1,3,5 anni, a parità di stadio, inferiori rispetto alle neoplasie più frequenti. La gestione clinica dei tumori rari richiede approcci multidisciplinari ancora più dettagliati di quanto non avvenga nei tumori frequenti, per migliorare i tempi alla diagnosi, la precisione della stessa, un approccio terapeutico mirato e coronato da miglior successo, in modo da incidere favorevolmente sulla prognosi. “Accade spesso, però – spiega il Prof. Emilio Bajetta - che le professionalità e le competenze ne-


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LE SEDI DI INSORGENZA DI QUESTE NEOPLASIE SONO MOLTE (CIRCA IL 46% INSORGE NEL TRATTO GASTRO-ENTERICO) E IL GRADO DI AGGRESSIVITÀ PUÒ ESSERE MOLTO VARIABILE, DA FORME INDOLENTI A LENTA EVOLUZIONE E BASSA MALIGNITÀ, A NEOPLASIE ALTAMENTE AGGRESSIVE CON PROGNOSI INFAUSTA cessarie per la gestione di un tumore raro siano distribuite sul territorio e non presenti in un unico Centro. Di qui il problema della frammentazione dell’assistenza alla base della migrazione sanitaria in ambito nazionale e internazionale con conseguenti elevati costi economici e sociali. Da queste considerazioni nasce l’esigenza di strutturare Centri di riferimento per la gestione di queste neoplasie per ottimizzare il percorso del paziente, come quello oggi presente presso la nostra struttura”.

LA CHIRURGIA ONCOLOGICA EPATO-BILIO-PANCREATICA

DOTT. ADELMO ANTONUCCI, R ESPONSABILE DELL’U NITÀ OPERATIVA DI CHIRURGIA ONCOLOGICA EPATO - BILIO - PANCREATICA DEL P OLICLINICO DI MONZA

Diretta dal Dott. Adelmo Antonucci, l’Unità Operativa di Chirurgia oncologica ed epatobilio-pancreatica del Policlinico di Monza continua a svilupparsi e a sperimentare nuove tecniche chirurgiche, proprio come quella laparoscopica (tecnica chirurgica che non prevede l’apertura della parete, ma che invece utilizza una telecamera collegata a un monitor e sottili strumenti chirurgici che vengono introdotti attraverso piccoli fori effettuati nell’addome). “Al Policlinico di Monza abbiamo iniziato e perseguito negli anni la strada della chirurgia laparoscopica applicata ai tumori epatici – spiega il

ABBIAMO CAPITO CHE LA CHIRURGIA MININVASIVA, IN CUI RIENTRA QUELLA LAPAROSCOPICA, DA GRANDI BENEFICI AL PAZIENTE IN TERMINI DI RIPRESA E RECUPERO, SICUREZZA A RIDUZIONE DELLE COMPLICANZE. LA DISCRIMINANTE PER L’UTILIZZO O MENO DELLA TECNICA LAPAROSCOPICA NON È IL TIPO DI TUMORE, MA LA SUA LOCALIZZAZIONE E LA SUA ESTENSIONE

Dott. Antonucci - ci siamo adeguati e soprattutto allineati con le tecniche che si sviluppano nel resto del mondo, mettendo a punto modifiche e apportando innovazioni. Abbiamo capito che la chirurgia mininvasiva, in cui rientra quella laparoscopica, da grandi benefici al paziente in termini di ripresa e recupero, sicurezza a riduzione delle complicanze. La discriminante per l’utilizzo o meno della tecnica laparoscopica non è il tipo di tumore, ma la sua localizzazione e la sua estensione”. L’Unità Operativa di Chirurgia oncologica epato-bilio-pancreatica del Policlinico di Monza conta il 20% di resezioni epatiche eseguite per via laparoscopica. “Qui – continua il Dott. Antonucci – eseguiamo 50 interventi di resezione epatica all’anno. Da gennaio 2016 registriamo un tasso di mortalità operatoria pari allo zero e una bassissima incidenza di complicanze. Su 250 resezioni epatiche contiamo un 6% di incidenza di fistola biliare, in letteratura, ancora oggi si parla di percentuali che vanno dall’8% al 17%”. Tutto questo è possibile, oltre alla preparazione e all’esperienza dei professionisti facenti parte dell’U.O., anche grazie all’approccio all’intervento dove entra in gioco il protocollo ERAS (che approfondiremo più avanti); alla somministrazione di farmaci intra e post operatori che non comprendano oppiacei, responsabili di una più lenta ripresa della motilità intestinale; alla colangiografia intraoperatoria che permette di vedere se ci siano delle perdite dei dotti biliari e, in caso di necessità, di suturarle immediatamente per non avere complicanze nel post operatorio (fistola bilirare). “Inoltre – prosegue il Dott. Antonucci – durante l’operazione al clampaggio vascolare totale del fegato, optiamo per un clampaggio selettivo in modo che il fegato rimanga vascolarizzato per tutto il tempo dell’intervento con intuibili benefici”. Ogni anno all’interno dell’IDO vengono discussi quasi 200 casi di pazienti con metastasi epatiche e oggi, grazie ai progressi in ambito oncologico e grazie alle terapie pre operatorie (chemioterapia, radioterapia), si possono rendere operabili pazienti che prima non lo erano. Questo significa che da una sopravvivenza del 20% a 5 anni, si è arrivati ad una sopravvivenza del 50% a 5 anni.


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DA ALESSANDRIA LA TWIST TECHNIQUE DEL PROF. FABBROCINI

RICONOSCIMENTO MONDIALE PER UNA TECNICA POST-INFARTO na tecnica innovativa per la ricostruzione del ventricolo sinistro del cuore in pazienti colpiti da aneurisma post-infarto, introdotta dal Prof. Mario Fabbrocini del Centro Cuore della Clinica Città di Alessandria, è stata pubblicata sull’ultimo numero del World Society of CardioVascular and Thoracic Surgeons Journal, la rivista della Società mondiale dei Chirurghi cardiovascolari e toracici. La tecnica - rientrata tra i 16 lavori pubblicati su 1.400 partecipanti al relativo congresso annuale tenutosi a luglio, dopo essere già stata premiata negli Stati Uniti - è la Twist Technique, “twist” come il ballo. Si tratta di una procedura chirurgica che restituisce forma e volume fisiologici al ventricolo sinistro, quello che pompa il sangue in tutto il corpo, e che, in più, ripristina il movimento fisiologico di torsione dell’apice cardiaco, aiutando il cuore a contrarsi più efficacemente. Con il vantaggio di registrare un basso rischio di mortalità e permettere un’eccellente sopravvivenza a lungo termine. A proporla, primo e unico al mondo dal 1996, è il Prof. Fabbrocini, Direttore del Dipartimento Cardiovascolare “Centro Cuore” della Clinica Città di Alessandria.

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I L P ROF. MARIO FABBROCINI, DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO CARDIOVASCOLARE DELLA C LINICA C ITTÀ DI ALESSANDRIA

A differenza delle procedure già in uso, oltre al ripristino dei volumi e della geometria del ventricolo sinistro, questa tecnica chirurgica permette, quando possibile, di ripristinare la torsione antioraria dell’apice cardiaco, che diversamente viene persa se c’è l’apposizione di materiale protesico (patch) o una sutura lineare”.

SI TRATTA DI UNA PROCEDURA CHIRURGICA

Nel dettaglio, le tecniche di sutura lineare e quelle di ventricoloplastica tramite patch, sviluppate a partire dal 1944 per il trattamento della dilatazione dell’apice del ventricolo sinistro (ovvero l’aneurisma) con l’obiettivo di prevenirne ulteriori allargamenti o rotture, si limitano a ripristinare la forma geometrica e il volume fisiologico del ventricolo sinistro. Inoltre, l’applicazione di patch può predisporre nel lungo periodo a sviluppare una cardiomiopatia ischemica dilatativa, dal momento che il materiale protesico non è in grado di contrarsi. L’innovazione introdotta dalla Twist Technique consiste nell’aggiungere al ripristino di forma e volume del ventricolo sinistro, già ottenuto con le procedure finora in uso, anche la riattivazione della naturale torsione antioraria dell’apice cardiaco. Il Prof. Fabbrocini spiega così questo nuovo passaggio: “Per ricostruire l’apice si riutilizzano le fibre stesse del cuore del paziente. In particolare, durante l’intervento le pareti anteriore e laterale del cuore vengono riorientate in modo da ricomporre l’apice cardiaco, restituendogli il movimento di torsione che aggiunge ulteriore efficacia all’attività espulsiva del ventricolo sinistro. Questo avviene perfino in presenza di un’ampia area aneurismatica”.

CHE RESTITUISCE FORMA E VOLUME FISIOLOGICI AL VENTRICOLO SINISTRO, QUELLO CHE POMPA IL SANGUE IN TUTTO IL CORPO, E CHE, IN PIÙ, RIPRISTINA IL MOVIMENTO FISIOLOGICO DI TORSIONE DELL’APICE CARDIACO, AIUTANDO IL CUORE A CONTRARSI PIÙ EFFICACEMENTE. CON IL VANTAGGIO DI REGISTRARE UN BASSO RISCHIO DI MORTALITÀ E PERMETTERE UN’ECCELLENTE SOPRAVVIVENZA A LUNGO TERMINE

Come si pratica nel dettaglio la tecnica? Una volta rimosso ogni trombo dalla cavità aneurismatica, la dilatazione del ventricolo sinistro viene ridimensionata secondo la tecnica di Jatene, mediante una sutura circolare applicata tra la porzione di muscolo sano e la porzione aneurismatica. Serrando questa sutura si forma un colletto poco più grande di un dito. Ciò determina il volume e la geometria della neo-cavità. La Twist Technique pre-

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DOTT. G IUSEPPE P ETRONE, CHE HA PRESENTATO LA TWIST TECHNIQUE ALLA COMUNITÀ SCIENTIFICA

“Abbiamo voluto chiamare questa tecnica – afferma il Prof. Fabbrocini – “twist” come il ballo: in condizioni fisiologiche, l’apice cardiaco infatti effettua una torsione antioraria, in senso contrario rispetto al resto del cuore.


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UNA VOLTA RIMOSSO OGNI TROMBO DALLA CAVITÀ ANEURISMATICA, LA DILATAZIONE DEL VENTRICOLO SINISTRO VIENE RIDIMENSIONATA SECONDO LA TECNICA DI JATENE, MEDIANTE UNA SUTURA CIRCOLARE APPLICATA TRA LA PORZIONE DI MUSCOLO SANO E LA PORZIONE ANEURISMATICA. SERRANDO QUESTA SUTURA SI FORMA UN COLLETTO POCO PIÙ GRANDE DI UN DITO. CIÒ DETERMINA IL VOLUME E LA GEOMETRIA DELLA NEO-CAVITÀ

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FOTOGRAMMI IN SALA OPERATORIA DELLA TWIST TECHNIQUE A DESTRA, DISEGNO SCHEMATICO DELLA TWIST TECHNIQUE

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vede poi una doppia sutura, che si realizza usando monofilamenti di polipropilene 2-0. La prima sutura orienta le fibre cardiache in modo da restituire all’apice una forma a cono che distribuisce le forze di tensione e riattiva la sua naturale torsione antioraria. In questo modo si migliora il movimento fisiologico dell’intero muscolo cardiaco, riducendone al tempo stesso i possibili movimenti anomali (discinesia). La seconda sutura, anche questa in monofilamento di polipropilene 2-0, vie-

ne invece applicata con funzione di rinforzo e antiemorragica. Dal 1996 al 2015, la Twist Technique è stata eseguita su 265 pazienti colpiti, dopo un infarto, da un aneurisma. In particolare, l’uso di questa innovativa procedura è raccomandato in caso di aneurisma che colpisce l’apice cardiaco con possibile coinvolgimento della regione settale e/o anteriore e/o laterale del ventricolo sinistro. Come viene sottolineato nella pubblicazione scientifica dedicata alla Twist Technique, la selezione del paziente che può beneficiare di questa procedura è essenziale, soprattutto in considerazione del fatto che esistono differenze regionali in termini di contrattilità tra il setto interventricolare e la parete posteriore e inferiore del ventricolo sinistro, determinate dall’evoluzione embriologica del cuore. Dopo un ventennio di utilizzo della tecnica e centinaia di pazienti operati, per il Prof. Fabbrocini è possibile valutare i risultati: “La mortalità legata all’intervento è limitata al 2,4% e la sopravvivenza a 13 anni è del 73%. In più, nell’88,9% dei casi, la procedura ha portato a un recupero della contrattilità dell’intero muscolo cardiaco”. Dopo essere stata praticata con successo su centinaia di pazienti negli ultimi 20 anni, nel 2016 è iniziato il percorso per il riconoscimento della tecnica da parte della comu-


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ne scientifica: l’intero articolo è stato pubblicato sul World Society of CardioVascular and Thoracic Surgeons Journal con il titolo The Twist Technique: an innovative surgical treatment to remodel the left ventricle apex in patients affected by ischemic cardiomyopathy.

IL P ROF. MARIO FABBROCINI SI PREPARA A OPERARE

nità scientifica internazionale. A settembre dell’anno scorso un membro dell’équipe del Prof. Fabbrocini, il Dott. Giuseppe Petrone, ha presentato la procedura a Cape Town, al “26th World Society of Cardiothoracic Surgeons 2016 Congress Combined With South African Heart Association Annual Meeting 2016”, a cui hanno partecipato tre istituti clinici italiani. Il Centro Cuore della Clinica Città di Alessandria è stato invitato a esporre di nuovo la procedura a Chicago, al “Global Summit on Heart Diseases and Therapeutics” dell’ottobre 2016. Il “15th World Cardiac Surgery & Angiology Conference”, che si è tenuto a dicembre scorso a Philadelphia, ha poi premiato come migliore e originale presentazione quella dedicata alla Twist Technique. A luglio di quest’anno è arrivato l’ultimo tassello per l’approvazio-

DOPO UN VENTENNIO DI UTILIZZO DELLA TECNICA E CENTINAIA DI PAZIENTI OPERATI, PER IL PROF. FABBROCINI È POSSIBILE VALUTARE I RISULTATI: “LA MORTALITÀ LEGATA ALL’INTERVENTO È LIMITATA AL 2,4% E LA SOPRAVVIVENZA A 13 ANNI È DEL 73%. IN PIÙ, NELL’88,9% DEI CASI, LA PROCEDURA HA PORTATO A UN RECUPERO DELLA CONTRATTILITÀ DELL’INTERO MUSCOLO CARDIACO”

Quello dedicato alla Twist Technique è solo l’ultimo riconoscimento scientifico che il Dipartimento Cardiovascolare della Clinica Città di Alessandria ha ricevuto e che ne rafforza la vocazione all’attività di ricerca e formazione. “Un’attività di ricerca e formazione – precisa il Prof. Fabbrocini – che ha visto 14 specializzandi in Cardiochirurgia, 4 specializzandi in Cardiologia e 6 specializzandi in Anestesia e Rianimazione svolgere periodi di tutoraggio (da un semestre a un anno) presso la nostra struttura”. Dal 2007, è infatti attiva la convenzione con l’Università Campus Bio-Medico di Roma per la scuola di specializzazione in Cardiochirurgia e, dal 2015, quella con il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università Magna Graecia di Catanzaro. La stretta collaborazione del Centro Cuore con le Università ha inoltre contribuito a molte attività di ricerca con studi, presentazioni di lavori a congressi e pubblicazioni su riviste internazionali. Il 18 ottobre scorso la Clinica Città di Alessandria ha ospitato un incontro proprio con gli storici partner universitari, ma anche con l’Università del territorio, l’Università del Piemonte Orientale, e con i rappresentanti delle istituzioni sanitarie e politiche. L’obiettivo? “Rinnovare e ampliare il nostro impegno per lo sviluppo ulteriore delle attività – sottolinea il Prof. Fabbrocini – sia con la tecnologia di ultima generazione per l’imaging cardiovascolare (TAC-RM-Emodinamica) che con l’innovazione chirurgica: interventi ibridi, in mininvasiva e altre tecniche all’avanguardia. A ciò si aggiunge una costante attenzione verso la ricerca, portata avanti in collaborazione con queste istituzioni”. Nei 20 anni di attività che compirà nel 2018, il Centro Cuore di Alessandria non ha già mancato di mettere a punto tecniche originali e innovative: dall’utilizzo dell’arteria quadricipite femorale come condotto per il bypass aorto-coronarico alla sostituzione di valvola


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NEI 20 ANNI DI ATTIVITÀ CHE COMPIRÀ NEL 2018, IL CENTRO CUORE DI ALESSANDRIA NON HA GIÀ MANCATO DI METTERE A PUNTO TECNICHE ORIGINALI E INNOVATIVE: DALL’UTILIZZO DELL’ARTERIA QUADRICIPITE FEMORALE COME CONDOTTO PER IL BYPASS AORTO-CORONARICO ALLA SOSTITUZIONE DI VALVOLA AORTICA, AORTA ASCENDENTE, ARCO AORTICO E AORTA DISCENDENTE SENZA ARRESTO DI CIRCOLO E IPOTERMIA PROFONDA IN UN UNICO TEMPO CON TECNICA IBRIDA

L’ÉQUIPE DEL P ROF. MARIO FABBROCINI IN SALA OPERATORIA

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aortica, aorta ascendente, arco aortico e aorta discendente senza arresto di circolo e ipotermia profonda in un unico tempo con tecnica

ibrida. Entrambi gli interventi sono stati eseguiti per la prima volta a livello mondiale proprio nella Clinica alessandrina, che è anche centro di riferimento per l’impianto delle valvole sutureless (senza punti di sutura) e delle procedure cardiochirurgiche in approccio mininvasivo. Sono anche primati come questi che spiegano i numeri del Centro Cuore della Clinica Città di Alessandria: un centro all’avanguardia, concepito con logica dipartimentale e completato, nel 2015, con la riabilitazione cardiologica. Oggi il Centro Cuore ha all’attivo oltre 8.000 interventi di Cardiochirurgia, 3.000 di Chirurgia Vascolare, 20.000 procedure di Emodinamica e 5.000 di Elettrofisiologia, eseguiti con risultati che rientrano nelle casistiche di mortalità e morbilità dei centri di eccellenza.


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IL DOTT. BARBERIS APPRODA ALLA CLINICA DI ALESSANDRIA

PATOLOGIE GASTROINTESTINALI: IN SERVIZIO UN NUOVO SPECIALISTA a squadra di professionisti del Gruppo Policlinico di Monza si arricchisce ancora con l’arrivo, alla Clinica Città di Alessandria, del Dott. Mauro Barberis, che si occupa di Endoscopia Digestiva e Gastroenterologia. Dopo 37 anni di attività al “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” di Alessandria, dove è stato tra i fondatori del Servizio di Endoscopia Digestiva, da settembre il Dott. Barberis mette al servizio della Clinica alessandrina la sua attenzione verso i pazienti e le sue competenze. Competenze maturate soprattutto nel campo dell’attività endoscopica dell’apparato digerente, anche in urgenza, con particolare riferimento alle patologie che colpiscono le vie biliari.

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DOTT. MAURO BARBERIS, R ESPONSBAILE DEL SERVIZIO DI E NDOSCOPIA DIGESTIVA E GASTROENTEROLOGIA DELLA C LINICA C ITTÀ DI ALESSANDRIA

È stato anche grazie al forte radicamento nel territorio alessandrino, dove è nato e dove dopo la laurea all’Università degli Studi di Pavia e la specializzazione in quella di Genova, ha esercitato la professione, che è avvenuto il passaggio alla Clinica Città di Alessandria. “Qui – afferma il Dott. Barberis – ho trovato professionalità e un clima collaborativo: si lavora con il sorriso sulle labbra. Un’altra cosa che mi ha fatto molto piacere trovare è la fidelizzazione dei pazienti che ritornano anche per patologie diverse da quelle per cui hanno effettuato il primo accesso in Clinica. Questo significa che, dal punto di vista della popolazione, c’è un’ottima considerazione della struttura e del suo personale”.

HO TROVATO PROFESSIONALITÀ E UN CLIMA COLLABORATIVO: SI LAVORA CON IL SORRISO SULLE LABBRA. UN’ALTRA COSA CHE MI HA FATTO MOLTO PIACERE TROVARE È LA FIDELIZZAZIONE DEI PAZIENTI CHE RITORNANO ANCHE PER PATOLOGIE DIVERSE DA QUELLE PER CUI HANNO EFFETTUATO IL PRIMO ACCESSO IN CLINICA

Alla Clinica Città di Alessandria il Dott. Barberis si occupa principalmente di diagnosi e cura delle patologie gastrointestinali e della prevenzione dei tumori a carico dell’apparato digerente, con un ambulatorio dedicato alle visite gastroenterologiche, alla gastroscopia e alla colonscopia. Si prepara inoltre a esercitare la sua attività anche al Policlinico di Monza, dove effettuerà soprattutto le ERCP, che sono gli esami endoscopici per le vie biliopancreatiche. Per tutte queste prestazioni il Dott. Barberis può contare su un’esperienza maturata eseguendo ogni anno circa 1.500 gastroscopie e colonscopie, diagnostiche e operative, oltre alle ERCP. L’esperienza del Dott. Barberis è rafforzata anche dall’aver praticato sin dai suoi inizi l’Endoscopia, la branca medica che permette di studiare dall’interno i principali organi cavi dell’apparato gastrointestinale, avvalendosi di strumenti chiamati endoscopi, sempre più avanzati tecnologicamente e dotati di sonde miniaturizzate, che vengono introdotti attraverso gli orifizi naturali. Così racconta il Dott. Barberis: “Sono entrato nel 1980 nella Chirurgia Generale dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria. Appena un anno prima era arrivato il primo strumento endoscopico: poco dopo sono così passato in Endoscopia Digestiva con il Dott. Domenico Drago. Insieme abbiamo creato questo Servizio, che per parecchi anni abbiamo gestito solo in due”. Del Servizio di Endoscopia Digestiva il Dott. Barberis è stato anche Responsabile per tre anni. Le procedure praticate dal Dott. Barberis portano notevoli benefici ai pazienti, come spiega il medico stesso: “I calcoli del coledoco (il condotto attraverso cui la bile secreta dal fegato arriva al duodeno) vengono rimossi con un piccolo intervento chirurgico per via endoscopica, meno invasivo rispetto a un intervento chirurgico tradizionale: in questo modo si riducono i tempi di degenza e si risolvono quadri clinici acuti legati alla presenza di calcoli nelle vie biliari con un più rapido


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I CALCOLI DEL COLEDOCO (IL CONDOTTO ATTRAVERSO CUI LA BILE SECRETA DAL FEGATO ARRIVA AL DUODENO) VENGONO RIMOSSI CON UN PICCOLO INTERVENTO CHIRURGICO PER VIA ENDOSCOPICA, MENO INVASIVO RISPETTO A UN INTERVENTO CHIRURGICO TRADIZIONALE: IN QUESTO MODO SI RIDUCONO I TEMPI DI DEGENZA

GASTROSCOPIA

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ritorno alla normalità. Ci sono poi anche situazioni dove si pratica la palliazione (trattamento somministrato al fine di alleviare il dolore) di lesioni neoplastiche delle vie biliari

e del pancreas per consentire una migliore qualità del periodo di vita che rimane. Un altro importante aspetto è quello legato alla prevenzione del tumore colorettale attraverso le colonscopie con polipectomie”. Quanto ai prossimi obiettivi professionali che si prefigge di raggiungere all’interno del Gruppo Policlinico di Monza, il Dott. Barberis dichiara: “Intendo mettere a frutto la mia esperienza per migliorare ulteriormente il servizio offerto ai pazienti, su quattro principali fronti: apparecchiature, esami che si effettuano, procedure che si adottano e lavoro di équipe, per esempio con l’anatomopatologo”.

CURRICULUM VITAE DOTT. MAURO BARBERIS

Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Pavia nell’ottobre 1978, si è specializzato in Chirurgia Addominale ed Endoscopia Digestiva all’Università degli Studi di Genova nell’ottobre 1985.

zione e in urgenza, eseguendo ogni anno circa 1.500 esofagogastroduodenoscopie e colonscopie, diagnostiche e operative (polipectomie complesse; protesi esofagee, duodenali ed enterali; PEG; asportazioni di corpi estranei) e, dal 2009, anche esami endoscopici delle vie biliopancreatiche (ERCP).

Dall’ottobre 1980 al luglio 2017 è stato dipendente dell’Azienda Ospedaliera “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” di Alessandria, dove ha svolto attività endoscopica del tubo digerente, in ele-

Dall’aprile 2014 al luglio 2017 è stato Responsabile del Servizio di Endoscopia Digestiva dell’Azienda Ospedaliera “SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” di Alessandria.

Nato ad Alessandria il 12/07/1952

Da settembre 2017 esercita la professione alla Clinica Città di Alessandria e, da novembre, anche al Policlinico di Monza. Dal 2004 al 2008, per due mandati, è stato consigliere regionale della SIED Piemonte, la Società Italiana di Endoscopia Digestiva. Ha partecipato alla stesura di due pubblicazioni scientifiche e preso parte a decine di congressi nazionali e internazionali.


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AL POLICLINICO LA RIGENERAZIONE TISSUTALE LIPO-DERIVATA

GRASSO È MALE? NON SEMPRE, ECCO PERCHÈ a tempo l’Ingegneria tissutale è il settore terapeutico interdisciplinare che si pone l’obiettivo di soddisfare le esigenze mediche legate a tessuti e organi ricreandoli, ingegnerizzandoli o favorendone la riparazione (nel caso siano danneggiati, stimolando gli automeccanismi di riparazione dell’organismo); ristabilendo, ricreando o migliorando, quindi, le loro originarie funzioni biologiche (Fig.1)

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I L P ROF. FRANCESCO B IGGI, DIRETTORE SCIENTIFICO DEL DIPARTIMENTO DI ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA DEL P OLICLINICO DI MONZA

C ICLO ESPLICATIVO DELL’INGEGNERIA TISSUTALE

Essa rappresenta anche uno degli strumenti utilizzati dalla medicina rigenerativa. L’ingegneria tissutale, inoltre, studia la progettazione e la realizzazione di bioreattori dove vengono prodotti organi e tessuti, partendo dall’inseminazione di cellule in opportuni scaffold; ovvero delle impalcature tridimensiona-

SI È CONSOLIDATO L’UTILIZZO DI COMPONENTI RICCHE DI FATTORI DI CRESCITA TISSUTALE, IN GRADO DI FAVORIRE E PROMUOVERE LA RIGENERAZIONE CELLULARE E STRUTTURALE DI TESSUTI DANNEGGIATI, RICAVATI DA ELEMENTI CELLULARI DEL PAZIENTE STESSO

li, di varia natura, che sostengono l’architettura cellulare. Gli scaffold, che in genere sono in materiale nanocomposito polimerico biocompatibile, sono ingegnerizzati al fine di permettere una miglior adesione, crescita, differenziazione e diffusione cellulare; definendo la forma finale dell’organo o tessuto da rigenerare. È altresì noto da tempo il ruolo delle cellule staminali, ricavate da midollo emopoietico, cordone ombelicale, sacco amniotico, placenta, tessuto adiposo e polpa dentale: la loro caratteristica principale è la capacità di indurre stimolazione cellulare produttiva nei distretti in cui vengono innestate. Negli ultimi anni, infine, si è consolidato l’utilizzo di componenti ricche di fattori di crescita tissutale, in grado di favorire e promuovere la rigenerazione cellulare e strutturale di tessuti danneggiati, ricavati da elementi cellulari del paziente stesso, in particolare sangue periferico (piastrine, leucociti e monociti): in ambito ortopedico/traumatologico il loro utilizzo si è esteso al trattamento di lesioni che abbiano determinato perdita di sostanza o danneggiamento di cute e sottocute, tendini, muscoli, cartilagine, osso. Fondamentale risulta essere la diagnosi precoce, in grado di poter indirizzare il nostro trattamento anche agli stadi degenerativi pre-lesionali. L’evoluzione costante della ricerca clinica, e la necessaria integrazione con l’industria, ha condotto, nell’ultimo decennio, allo sviluppo di biotecnologie che consentono il prelievo delle cellule ed il loro innesto in tempo unico, anche in regime ambulatoriale in rapporto alla patologia da trattare. Disponiamo, attualmente, di due biotecnologie: emoderivata (meglio nota come gel piastrinico o PRP, Platelets Rich Plasma degli autori anglosassoni),e lipoderivata, più recente ma estremamente promettente, che utilizza il tessuto adiposo (grasso sottocutaneo del paziente stesso). Sono classificabili sia come procedura percutanea mini-invasiva che come innesto autologo autoplastico: in entrambi i casi è ne-


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IN ENTRAMBI I CASI È NECESSARIA LA MASSIMA STERILITÀ, LA PRESENZA DI PERSONALE QUALIFICATO IN STRUTTURE IDONEE, IL SUPPORTO ANESTESIOLOGICO E LA POSSIBILITÀ DI DISPORRE DI APPARECCHIO RADIOLOGICO OD ECOGRAFICO

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TECNICA

LIPOGEMS

cessaria la massima sterilità, la presenza di personale qualificato in strutture idonee, il supporto anestesiologico e la possibilità di disporre di apparecchio radiologico od ecografico. Il progressivo allungamento dell’età media della popolazione e l’incremento di attività sportive praticate in età medio-avanzata, hanno determinato un aumento di incidenza delle patologie degenerative che coinvolgono una larga percentuale di soggetti. Tali patologie influenzano notevolmente la qualità di vita e determinano limitazioni nelle attività lavorative e nella vita quotidiana. Le capacità intrinseche rigenerative della cartilagine in seguito a lesione sono estremamente limitate, pertanto processi patologici a livello articolare possono facilmente condurre a quadri di grave artrosi. Se negli stadi più precoci è possibile intervenire con terapie sintomatiche gli stadi più avanzati richiedono il ricorso a trattamenti chirurgici più impegnativi e gravati da maggiori rischi quali interventi di sostituzione protesica. Studi recenti hanno dimo-

strato che con l’impiego di nuove tecniche di “bio-ortopedia”, è possibile rigenerare un tessuto simil-cartilagineo, ritardare l’evoluzione fisiologica dei processi artrosici ed ottenere un miglioramento del quadro clinico. In particolar modo è stata messa in luce l’efficacia del trattamento con cellule mesenchimali staminali nella terapia dell’osteoartrosi in virtù del loro potenziale di guarigione nell’ambito della medicina rigenerativa. Tali cellule possono essere ottenute dal tessuto adiposo in modo semplice ed efficace infatti il grasso è di facile accesso e contiene cellule mesenchimali stabili e poco sensibili all’età del paziente. Grazie a queste caratteristiche è possibile un loro immediato utilizzo senza necessità di coltivazione in laboratorio. COS’È LIPOGEMS E QUAL È LA SUA FUNZIONE Il sistema LIPOGEMS è un kit monouso per la lipoaspirazione, preparazione ed innesto di tessuto adiposo prelevato dallo stesso paziente. L’intera procedura avviene in un unico tempo, sterilmente ed a livello ambulatoriale. Il prodotto ottenuto con la tecnica LIPOGEMS è tessuto adiposo ridotto in piccoli frammenti che vengono progressivamente ridotti di dimensioni e purificati dai residui oleosi ed ematici. Tutto il processo avviene in un sistema chiuso, ad immersione completa in soluzione fisiologica in modo da minimizzare qualsiasi azione traumatica e os-


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RM: LESIONE TENDINE DI ACHILLE CON PERDITA DI SOSTANZA

sidativa a carico delle popolazioni cellulari del tessuto adiposo. Il prodotto ottenuto con la tecnica LIPOGEMS conserva le caratteristiche biologiche del tessuto connettivo adiposo naturale, ma, grazie alle ridotte dimensioni può essere iniettato attraverso aghi sottili con minimo traumatismo. LIPOGEMS, essendo tessuto adiposo autologo in forma fluida, oltre al suo ruolo nella rigenerazione tissutale grazie all’elevato contenuto in cellule mesenchimali, è da conside-

TUTTO IL PROCESSO AVVIENE IN UN SISTEMA CHIUSO, AD IMMERSIONE COMPLETA IN SOLUZIONE FISIOLOGICA IN MODO DA MINIMIZZARE QUALSIASI AZIONE TRAUMATICA E OSSIDATIVA A CARICO DELLE POPOLAZIONI CELLULARI DEL TESSUTO ADIPOSO

rarsi un filler che, infiltrato nella cavità articolare del ginocchio, svolge una funzione viscosupplementativa. L’intera procedura viene condotta a livello ambulatoriale ed in anestesia locale. Si aspirano circa 60cc di tessuto adiposo dal grasso comunemente presente a livello dell’addome o della coscia; si procede a questo punto alla preparazione del grasso aspirato ed alla sua iniezione nell’articolazione degenerata. Si consiglia un periodo di riposo di circa 2448 ore dopo la procedura per ridurre la possibilità di processi infiammatori ed è consigliato applicare ghiaccio più volte al giorno. Da diversi anni, il tessuto adiposo sta riscuotendo crescente interesse come fonte ideale di cellule staminali mesenchimali per il trattamento rigenerativo di una corolla eterogenea di patologie e processi degenerativi cui è soggetto il nostro organismo. Tuttavia, l’utilizzo di cellule staminali mesenchimali isolate o coltivate è ancora oggetto di riserve e perplessità correlate alla sicurezza e all’efficacia. Grazie alla tecnologia LIPOGEMS, diffusa attualmente in 27 paesi nel mondo si ha oggi la possibilità di utilizzare in maniera del tutto naturale e sicura le proprietà rigenerative del tessuto adiposo. LIPOGEMS consente di processare in un sistema completamente chiuso anche quantità minime di tessuto adiposo, prelevate con minimo trauma da un sito donatore (regione addominale, fianchi, regione glutea, cosce). La processazione del tessuto adiposo elimina le componenti infiammatorie (olio, sangue, detriti cellulari) e riduce le dimensioni dei cluster di tessuto, ottenendo un prodotto finale omogeneo e di notevole maneggevolezza, idoneo per l’infiltrazione intra-articolare di spalla, ginocchio, anca, caviglia e altre strutture tendinee e legamentose. Il tessuto adiposo micro-frammentato così ottenuto conserva intatte le nicchie adipose, ovvero le unità morfo-funzionali fondamentali del tessuto stesso, dotate di rete vascolo-stromale in cui le cellule staminali mesenchimali e i loro precursori possono svolgere la loro funzione rigenerativa in maniera ottimale. È questo che differenzia la tecnologia Lipogems dalle altre metodiche tradizionali che utilizzano le cellule staminali mesenchimali: preservare il microambiente naturale della nicchia adiposa per conservare al meglio il potenziale rigenerativo delle cellule staminali e le loro funzioni. Quindi la tecnologia Lipogems utilizza tessuto adiposo


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GRAZIE ALLA TECNOLOGIA LIPOGEMS, DIFFUSA ATTUALMENTE IN 27 PAESI NEL MONDO SI HA OGGI LA POSSIBILITÀ DI UTILIZZARE IN MANIERA DEL TUTTO NATURALE E SICURA LE PROPRIETÀ RIGENERATIVE DEL TESSUTO ADIPOSO

A R ISCONTRO INTRA- OPERATORIO B P RELIEVO C P RODOTTO FINALE PRONTO PER L’INNESTO D R ICOSTRUZIONE FINALE

minimamente manipolato e non frazioni cellulari estratte da quest’ultimo. Le principali indicazioni ortopediche al trattamento rigenerativo con Lipogems sono i processi degenerativi su base artrosica a carico delle cartilagini articolari (condropatia degenerativa), la degenerazione e/o lesioni infiammatorie a carico dei menischi e di tutte le strutture tendinee e legamentose peri-articolari, che causano dolore e limitazione della funzionalità articolare. Lipogems può inoltre essere utilizzato per favorire qualunque processo di ricostruzione tissutale in associazione con interventi chirurgici.

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E’ iniziato l’utilizzo di questa bio-tecnologia anche presso il Policlinico di Monza, dove si è tenuto in Aprile un Convegno che ha visto la partecipazione, in qualità di relatore, dei principali esperti ed utilizzatori italiani: le immagini relative al primo intervento effettuato, mostrano una grave lesione del tendine di Achille con perdita di sostanza (RM); il riscontro intra-operatorio; il prelievo del tessuto adiposo; il prodotto rivavato; l’innesto e la ricostruzione finale Ortopedia e Traumatologia hanno stabilito un rapporto sempre più stretto con la Bio-Ingegneria: poter immaginare un futuro in cui si possa pensare di ricostruire, rigenerandoli, i tessuti patologici è, al momento, solo una affascinante prospettiva di ricerca: è, però, sicuramente già possibile offrire ai Pazienti trattamenti validati scientificamente, meno invasivi, ed in grado di promuovere una risposta biologica dell’individuo in grado di condurre ad una soddisfacente qualità di vita.


Direttore Scientifico: Prof. Elio Guido Rondanelli Policlinico di Monza Via Amati 111 - Monza Tel. 039 28101 - www.policlinicodimonza.it Dir. Sanitario: Dott. Alfredo Lamastra San

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Anno XIV numero 40 - Aprile 2018 Autorizzazione del Tribunale di Monza n. 1724 del 5 marzo 2004 Direttore responsabile: Francesca Giusti - Stampa: Polisystem Progetto grafico: Marco Micci - Immagini: Policlinico di Monza


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